bene..rieccomi dopo...quanto tempo? forse troppo...
vi rinnovo qui le mie scuse e posto la dodicesima parte...spero vi piaccia....fatemi sapere, va bene? ogni commento, o critica..saranno ben accetti! spero di non aver fatto molti errori di battitura..
ehm..ancora una cosa...questo capitolo èparticolare...il nodo focale del racconto...
e l'ho postato oggi come "regalo" per il mio compleanno...che, per chio non lo sapesse, è domani!
12.
NEW YORK
L'ispettore Dippet era pensieroso...non riusciva proprio a smettere di pensare all'omicidio di quel giovane buttafuori.. In quella storia c'era qualcosa di losco, d'inquietante.
L'interrogatorio della coppia che aveva scoperto il cadavere non aveva dato alcun frutto.. Quello della giovane promessa sposa della vittima, poi..era stato straziante!
Non c'era un colpevole, nè tanto meno un sospettato...non c'era un movente..non c'era un testimone.
Solo un morto.
Senza precedenti penali e con una vita esemplare..
L'ispettore sospirò piano, espirando, al contempo, il fumo della sigaretta..o di quelo che era stata una sigaretta, dato che ormai era diventata poco più di un mozzicone..
Più ci pensava e più la testa gli doleva..possibile che, per una volta nella vita, si stesse trovando di fronte ad un “delitto perfetto”?!
Aveva visto tanti omicidi, da quando aveva deciso di intraprendere quella carriera..e in tutti, in ogni singolo caso..era riuscito a trovare anche solo un indizio che lo avvicinasse al colpevole...ma in questo non c'era niente, Niente!
Imprecò piano, a bassa voce...non gli piaceva trovarsi così in alto mare..
Era come..se un perfetto sconosciuto avesse deliberatamente deciso di uccidere il ragazzo per diletto. Non poteva essere l'opera di un pazzo...no, su questo non aveva dubbi..non c'erano stati errori di sorta...la pistola era stata tenuta ben salda da una mano esperta...i tecnici, questo glielo avevano assicurato...sicuramente l'arma non aveva tremato tra le mani dell'omicida.. ma qual'era stato il fine? Un movente! La sua mente logica non riusciva a concepire un omicidio senza uno scopo...era assurdo! Ed estremamente crudele.
Jacob Dippet spense definitivamente sfregandola sul posacenere quel che restava del suo mozzicone di sigaretta e si alzò pesantemente dalla scomoda poltroncina di legno del suo angolino d'ufficio, spostandosi dalla nube azzurrognola del suo stesso fumo e accostandosi al largo finestrone.. il panorama di cui godeva non era tra i più belli...era una stradina squallida di periferia...grigia...che si incrociava con una strada ancor più squallida, all'angolo della quale c'era un vecchio magazzino che poteva benissimo essere stato un negozio ormai da tempo abbandonato, sopra la cui porta pendeva, sbilenca, una vecchia, vecchissima insegna nera di un vecchio antiquario italiano...erano anni, forse decenni che quel negozio era chiuso, ma il poliziotto ne era sempre stato affascinato...soprattutto per quella vecchia storia, così triste..così..strana.
Jacob Dippet, che fino a quel momento aveva osservato la via di fronte a lui con sguardo opaco e distante, si scosse...chiuse di scatto le veneziane, prese il suo vecchio impermeabile e uscì nel freddo inverno newyorkese.
21 Dicembre
BEIKA h. 6.00 del mattino.
Shinichi Kudo spalancò gli occhi alla tenue luce dell'alba..aveva dormito male...o forse non aveva neanche dormito.
Quel che era certo, però, era che il suo cervello non aveva smesso di lavorare...ed era giunto ad un collegameno... Continuava a ripetersi come un mantra la frase che Sharon gli aveva lasciato come indizio..
...Trova orecchie nuove, altrimenti presto
non sentirai più il nuovo, ma solo
i resti della tua memoria secolare.
K. Stockhousen.
E se fosse...
Improvviso, nel silenzio irreale del mattino squillò, argentino, il telefono.
Faticosamente, con i muscoli intorpiditi dalla notte agitata, si sporse, con una smorfia, per prendere la cornetta dell'apparecchio appoggiato, ovviamente, sul punto più lontano del comodino..
La voce ancora fredda e arrochita per il disuso notturno, rispose: “ qui Shinici Kudo”.
“Shi...Shinichi?”..una voce sottile, all'altro capo del telefono aveva faticato a rispondere...sembrava impastata di pianto...una voce terrorizzata, stentorea.. “Sono in ospedale..è..è successa una cosa!” Shinichi si sollevò di scatto a sedere, terreo in volto...le pupille dilatate, lo sguardo spaventato... “Arrivo!” disse solo, e, senza darsi pena di rimettere a posto la cornetta, balzò giù dal letto, infilò di corsa un paio di pantaloni appoggiati la sera prima sulla poltroncina e un golfino e partì di corsa, badando, però, di chiudere bene a chiave sia la porta dell'ufficio che il portone di casa...all'altro capo della cornetta,rimasta sganciata, si sentiva ancora un singhiozzare disperato e irregolare.
Lungo il tragitto per arrivare all'ospedale, Shinichi Kudo si rese conto di non avere neanche avuto il tempo di capire cosa fosse successo..o forse non lo aveva neanche chiesto...mossa decisamente stupida. Che permetteva alla sua fervida ed allenata di volare verso le paure che lo attanagliavano da sempre... L'auto sfrecciava lungo la statale a velocità folle...le dita del detective tamburellavano impazienti sul volante.. “Accidenti...controllati!” Si ripeteva...lo sguardo attento alla strada, ma gravato da una immensa preoccupazione. “Eccolo, finalmente!” Era arrivato...la struttura si ergeva imponente e silenziosa, sopra di lui...anche se c'era comunque un gran vai-vai di persone in camice bianco..scese dalla vettura sbattendo la portiera e corse a perdifiato verso l'ingresso dell'ospedale. Ad aspettarlo, di fronte alla porta a vetri, una figuretta sottile ed incappucciata che tremava da capo a piedi...L'andarle incontro e lo stringerla forte per scaldarla e farla smettere di tremare, fu un unico gesto...poi, lentamente le abbassò il cappuccio della giacca e le accarezzò i corti capelli color del miele, mentre calde lacrime scorrevano copiose dagli azzurri occhi smarriti.
“Su, dimmi...cos'è successo?” chiese il detective..impaziente e divorato dall'angoscia, ma allo stesso tempo calmo e rassicurante...
“E'...è lei! Sta morendo!! sta molto male! Ed è solo colpa mia...”disse, con un filo di voce..e si strinse ancora più forte al petto dell'uomo che la sorreggeva e la guardava sorpreso...era la prima volta che la vedeva così.
“Ver..Vermouth! Mi ha telefonato ieri sera..ed io ero con Jim...io..sono andata più tardi...dovevo farle vedere alcuni progressi del progetto al qule sto lavorando...e, quando sono arrivata...aveva delle fitte al petto...stava male..e poi, poi è svenuta! Ed io l'ho portata qui..ma..non può, non DEVE succederle nulla! Perchè...”
Lo Sherlock Holmes del terzo millennio la allontanò gentilmente dal suo petto, per poterla guardare in volto...era perplesso...era convinto che se Vermouth fosse morta, per lei sarebbe stata una liberazione.. “Aì..” cominciò...ma lei lo zittì posandogli l'indice sulle labbra e scuotendo piano il capo, lo prese per mano e lo condusse in una stanzetta oscurata...fredda, asettica...dove giaceva, priva di conoscenzala donna, che un tempo era nota anche con il nome di un alcolico...
Era arrivato il momento di porre fine ai misteri.
Lo sguardo della ragazza adesso era fermo, negli occhi del detective, risoluto e forte come lo era stato tanto tempo fa..ed ora, in quella stanza d'ospedale, l'uno di fronte all'altro...uno sguardo franco, come mai, prima di allora era stato.
Gli unici suoni all'interno della stanza erano i loro respiri, l'uno lento e regolare, ma trepidante d'attesa, l'altro calmo e quasi rassegnato...a intervallare quei respiri il suono penetrante e regolare delle macchine monitoratrici alle quali era attaccata Sharon Vineyard...inconsapevole che una piccola parte del suo grande mistero stava per essere svelata.
allora? che ve ne pare? commentate numerosi!! e segnalatemi eventuali sbagli! ripeto...le critiche e i commentoi sono preziosi, per me...mi fanno venire la voglia e l'ispirazione per scrivere! quindi, se vi va....commentate, commentate, commentate!
Edited by insospettabile - 21/4/2008, 23:28