Traendo spunti dalle mie inspirazioni varie (vero Saguru? xD) ho elaborato questa shot un po'
hot. In edizione riveduta e corretta da Eri Kisaki, alla quale la dedico, ecco a voi la storia,integrata con la copertina e... a voi l'ardua sentenza!!! xD
La Visita “Il prossimo!”
Ran si lasciò andare sullo schienale della sua poltrona. Era stata una giornata più pesante del solito:bambini con la febbre,bambini con problemi gastro-intestinali,orecchioni,morbilli... insomma, sembrava fosse scoppiata una pandemia!
Sbuffò pazientemente ripensando al trambusto affrontato però le scappò un sorriso: le erano sempre piaciuti i bambini (uno in particolare), tale da impuntarsi a iscriversi a medicina e optare per la specializzazione in ”pediatria”.
Così fece.
In breve tempo si laureò ed ebbe fortuna, si aprì uno studio e nel giro di poco era conosciuta e stimata da moltissime famiglie, sia per la sua dolcezza che riaffiorava sempre dal suo viso sia per la sua testardaggine nel compiere a dovere il suo lavoro sia per tutte le qualità positive che la caratterizzavano.
Scosse il capo per scacciare quella nube di pensieri che l’aveva per un attimo rapita e si aggiustò gli occhialetti che da poco portava e che le davano un’aria di grande professionalità. Si alzò dalla comoda posizione di malavoglia, ma doveva controllare se ci fossero ancora pazienti da visitare: spesso dilatava l’orario serale perché le dispiaceva tremendamente rimandare le ultime famiglie ritardatarie o i “casi improvvisi”.
Sicura che non fosse rimasto nessuno (anche perché non aveva ricevuto alcuna risposta) si sorprese quando, invece, vide seduto nella sala d’aspetto un ragazzo molto giovane e, accovacciato sulle sue gambe, un bambino che giocava con l’aeroplano della cesta giocattoli che Ran, ogni sera, riordinava accuratamente.
Non curante della cosa,si avvicinò a loro e bisbigliò: ”Prego, si accomodi pure.”
Però c’era qualcosa che non andava: il ragazzo sembrava non muoversi anzi, stava proprio russando.
“Scusi...” azzardò Ran. Ma quello dormiva beato e di gusto mentre il bambino con l’aeroplano continuava a tracciare linee immaginarie per aria.
Era un ragazzo senza dubbio carino e giovane: forse un po’ troppo per Ran che da tempo, ormai, non aveva trovato un ragazzo giusto per far ingelosire Shinichi, quello scapestrato di un detective, finito chissà dove e chissà con chi. Solo brevi telefonate e qualche messaggino per tenere i rapporti ancora lievemente duraturi. Solo un:
”Ciao,come va?” a settimane rade. Ran ormai si era stufata di questo ridicolo discorso, così aveva finito per rispondergli raramente, per poi non rispondergli affatto e addirittura, per cambiare numero di cellulare. Più volte aveva tentato di metterci una pietra sopra e dimenticarlo definitivamente,ma ogni luogo sembrava parteggiare per Shinichi, dipingendolo ogni volta nella mente della povera Ran.
Erano passati 5 lunghi anni dall’ultima volta che si erano visti; l’aveva lasciata alla stazione di Tokyo con un: “Farò il possibile per tornare presto, la mia carriera è piuttosto lunga... Io ci sarò sempre se tu mi vorrai ancora”.
Tentò di svegliare il ragazzo poggiando entrambe le mani sulle sue spalle e scuotendolo dolcemente, ma quello, con scatto fulmineo, le afferrò i polsi allarmato, spalancò gli occhi verdi e si alzò subito dopo: ”Scusi,pensavo che …”
Ma la donna lo precedette e con un sorriso angelico gli disse: ”Non si preoccupi, se vuole continuare faccia pure! Tanto devo visitare solo lui,vero?” e rivolse un occhiolino al piccoletto.
“E’ meglio se l’accompagno” ribatté il ragazzo che ora sembrava attentissimo e soprattutto sveglio.
Prese la mano del bambino (che non faceva altro che lamentarsi) e seguirono la pediatra nel suo studio.
Ran si sedette sulla poltrona e iniziò a digitare le prime informazioni sul suo nuovo piccolo paziente.
“E’ suo figlio?” domandò Ran.
“Sì” rispose prontamente lui.
“Ah... scusi la mia sfrontatezza, ma devo ammettere che lei è davvero giovane!” ridacchiò la donna.
“Veramente ho la sua stessa età, solo che li porto molto bene” calcò il ‘molto’ in maniera palese e sfoderò un bel sorriso.
Ran rimase perplessa. Aveva dei capelli castani, lisci, occhi verdi smeraldo una corporatura atletica (un fisico che non dispiace mai) eppure era convinta di non conoscerlo e anzi, di non averlo mai visto prima.
Decise di essere indifferente ma infastidita chiese:
“Il bambino ha 5 anni, almeno?”
“Si lui si.” rispose divertito il ‘ragazzo‘.
“Sintomi particolari?” continuò la schedatura non badando alla provocazione.
Il ragazzo però non rispose, aveva lo sguardo fisso sulle calze a rete di Ran.
Accortasi, accavallò le gambe e sollevò il ginocchio facendolo colpire contro la scrivania che vibrò.
Il ‘ragazzo’ distolse subito gli occhi e rispose impacciato: ”No.”
“Nome, cognome e data di nascita...”
“Yasuke Kudo nato il 3/03/05”. Ran rabbrividì.
Quel cognome lo conosceva alla perfezione.
Ma c’erano molti ’Kudo’ in Giappone, non poteva essere suo figlio.
Mentre spogliava il bambino per controllare il battito cardiaco, Yasuke esclamò:
”Mia mamma fa la scienziata ed è americana! E’ famosa in tutto il mondo!”.
“Davvero?!” Ran resse l’entusiasmo del piccolo Yasuke.
“Si! Alcune medicine me le prepara lei, ma vuole lo stesso che venga controllato dalle pediatre!” continuò il bambino.
Nel frattempo il ’ragazzo’ non mollava un secondo Ran. Era troppo intento a guardarla in ogni gesto, lo incuriosiva il suo comportamento professionale, il suo modo di fare e soprattutto...le calze a rete.
Ran si girò verso il ‘ragazzo’ e puntualizzò:
“...è in perfetta forma” e mentre conduceva il bambino alla bilancia,disse:
“C’è qualche problema particolare che l’ha spinta a farlo visitare?”
“Non dorme la notte” rispose titubante il’ragazzo’.
“Riposa durante il pomeriggio?” chiese Ran aggiustando la scala numerica della bilancia.
“E’ una macchina che non si spegne mai, dice mia moglie. Io faccio il detective, sono poche le opportunità in cui posso vedere mio figlio” rispose chiaramente il ’ragazzo’.
Un altro brivido la percosse.
Ah-ah-ah. Non è possibile. “Questa è senz’altro una coincidenza”, pensò.
“Capisco... Beh,dovrebbe dedicare più tempo a suo figlio...” contrattaccò nervosa mentre misurava ora l’altezza al piccolo Yasuke.
“Lui risente di questo distacco da entrambe le parti, cerca attenzioni, rimane sveglio fin che può, segue la madre nei laboratori (per quanto ho capito)… Credo che sia comprensibile..”.
Fece scendere Yasuke e lo intimò di rivestirsi.
“Rimane sveglio grazie alle caramelle al caffè che, presuppongo, prende dalla madre per restare anche lei sveglia al lavoro” concluse sicura Ran andandosi a risedere nella sua poltrona a rotelle.
Una deduzione che non faceva una grinza, perfetta. Ora il ‘ragazzo’ era anche attratto maggiormente e mentalmente da lei.
“Dovete assolutamente fare in modo che dorma, non può avere una stanchezza fisica del genere alla sua età. Vi consiglio caldamente anche di fargli assumere una camomilla e questo prodotto...”.
Trascrisse il nome del medicinale sulla ricetta, lo consegnò al ‘ragazzo’e riportò tutti i dati sul computer.
“Yasuke, puoi andare un attimo in sala a giocare? Devo scambiare due parole con la dottoressa...” supplicò dolcemente ‘il ragazzo’.
Ran si trovò spiazzata. Era stata chiara dopo tutto. Perché?!
“Va bene, ma fai veloce che mi stufo!!!” e detto ciò il bambino corse via nell’altra sala.
Fu un attimo: il ’ragazzo’ girò la chiave (sbadatamente dimenticata dentro l’infisso), fece scattare la serratura e chiuse la porta dello studio.
Ran cercò di mantenere la calma: dopo anni era riuscita a controllare il suo istinto di urlare ma sentì lo stesso il sangue raggelarsi nelle vene. La determinatezza e l’impulsività che aveva acquisito dal karate ormai l’avevano lasciata da tempo. Rimase li, immobile e agghiacciata sulla sua poltrona.
Intanto il ‘ragazzo’ si avvicinava con passo felpato, appoggiò un ginocchio, poi fece lo stesso anche con l’altro, salì con fare deciso sulla scrivania dove fece scorrere le mani e le distese sulla superficie facendo cadere le carte che vi erano sopra. Le fece fermare sul bordo, per poi aggrapparsi ai braccioli della poltrona: si avvicinò pericolosamente al viso di Ran e in quel momento parve un ghigno, simile a un sorriso sboronico famigliare.
“Ora non dovresti visitare anche me?” bisbigliò con fare seducente il ‘ragazzo’.
Ran arretrò ma era completamente in trappola: nonostante si fosse tirata indietro con la poltrona, era andata a sbattere contro lo scaffale facendo cadere anche lì medicinali e riviste varie.
“T-ti prego vattene v-via” disse col fiato corto.
“Ti ripeto che devi solo visitarmi” ricambiò lui.
“N-non ci vuole una visita per capire che sei completamente fuori di testa” riuscì a dire Ran, acquistando maggior sicurezza nelle sue parole.
“Si è c’è un motivo ben preciso. Mi mandi fuori controllo ogni volta che ti rivedo dopo molto tempo” ammise il ‘ragazzo’.
Fece scivolare una mano sulla spalla di Ran e poi la fece proseguire verso il basso, infilandola nel taschino del camice all’altezza del cuore ed estrasse il suo cellulare.
“Come lo chiameresti questo comportamento, allora?” proseguì di nuovo il’ragazzo’ facendo penzolare l’oggetto davanti al naso di Ran.
“C-che,che cosa?” balbettò Ran in fiamme dall’imbarazzo.
“E questi... non ti servono ora” le sfilò con delicatezza gli occhiali e con un gesto rapido li lanciò in aria.
Ran, pietrificata, non capiva.
“Uh uh uh” ridacchiò consapevole e maliziosamente lui, strappandosi dal viso la maschera che l’aveva nascosto per tutto questo tempo e facendo apparire così il volto ventiseienne del giovane Shinichi Kudo.
“TU” urlò sprezzante Ran con le guance in fiamme e carica di odio. Ora era completamente accecata dalla rabbia e cominciò a dimenarsi sulla poltrona.
“Cavolo, Ran stai ferma che sennò sembra che ti stia molestando, ahahah!” rise di gusto Shinichi che teneva ancora ben salda la presa dei braccioli della poltrona.
“Idiota, lasciami!!” urlò nuovamente Ran che cercava in tutti i modi di divincolarsi.
“Uff, va bene...” e mollò la presa.
Ma qualcosa andò storto: Ran, che aveva proteso entrambe le mani sul torace di Shinichi per respingerlo, finì lo stesso sopra di lui facendogli perdere l’equilibrio. Shinichi ,d’altro canto,la trascinò impulsivamente e sbatté la schiena contro la scrivania, finendoci sopra con Ran.
“Si può sapere cosa ti frulla in quel cervello bucato?!!” sibilò lei che aveva ancora una volta i polsi immobilizzati.
“Sapessi... tanti di quei pensieri...” rispose Shinichi in tono supermalizioso incatenando gli occhi di Ran.
“Ti odio” disse lei in modo netto.
“Ah ah ah” e dopo quella finta risata, con uno slancio imprevisto, la baciò come avrebbe sempre voluto fare.
Inutile muoversi. Ran fu presa da un’infinità di sensazioni ma, soprattutto, da una confusione tremenda. Dopo 5 anni aveva avuto la faccia tosta di comparire dal nulla, di inscenare questa commedia e, cosa più grave, di baciarla. Anche la sicurezza di come agire sembrava abbandonarla.
Furono interrotti dallo squillo del telefono dello studio. Ran colse l’occasione per potersi staccare da quel contatto ma la mano di Shinichi la precedette e alzò la cornetta.
“Pronto?” rispose col fiatone ”...La Dottoressa Mouri? Sta visitando il suo ultimo paziente, la richiamerà più tardi!” e riagganciò.
“Ma sei impazzito?! Poteva essere un caso urgente!!” tuonò Ran staccandosi definitivamente da lui e dirigendosi verso la porta.
“Ah, la donna delle pulizie la chiami un ’caso urgente‘?” rispose puntiglioso Shinichi mentre si rialzava. Aveva colto che ormai non c’era nulla da fare, l’aveva persa per sempre.
“Dammi la chiave” ordinò Ran.
“Voglio solo parlare con te” dichiarò serio Shinichi incrociando le braccia al petto.
“Non ho niente da dirti.”
“Io sì. Non mi sono inventato questo teatrino solo per farti saltare i nervi” accentuò ironico lui.
“Non mi interessa, mi hai preso in giro fin troppe volte e ormai non sono più una ragazzina. Dammi la chiave”
“Ho finalmente trovato un posto di lavoro qui vicino, non sai che corse tremende ho dovuto fare per arrivare oggi per... incontrarti”
“Al diavolo! Come pensi che torni tutto come prima?! Ti devo anche ricordare che sei sposato con Shiho e che hai un figlio??! Ma bene.. Ora la chiamo e le descrivo che tipo di ”uomo” si è andata a sposare.”
Fece per andarla a chiamare ma venne bloccata da Shinichi che le chiuse la linea premendo il bottone.
“Credi davvero che io mi sia sposato e che Yasuke sia mio figlio?” chiese serio.
“Ormai ci si può aspettare di tutto da uno come te” commentò Ran.
“Ascoltami Ran… Non era mia intenzione farti arrabbiare né tanto meno farti soffrire”
“Certo...”e si avvicinò a lui con intenzioni ambigue.
“Non possiamo lasciare il tutto al passato? Non stavi male solo tu in questi 5 anni...” disse tristemente lui.
Ran deglutì. Ma allora era vero?
“Perché non sei apparso prima e hai aspettato 5 anni per farlo?” si informò Ran mentre gli prendeva una mano.
“Volevo che ti dimenticassi di me e che ti trovassi qualcuno di più adatto alla tua situazione” affermò misteriosamente Shinichi.
“Mi stai dando dell’incapace? Ho un fidanzato se tu ancora non lo sapessi” mentì lei mentre avvicinava la mano libera verso di lui.
“Peccato che questo fidanzato si chiami ‘Inesistente‘” contrattaccò smascherandola: ”...a quanto pare ti rimane solo l’’Idiota’ ” disse ridacchiando.
“Forse...” e si avvicinò ancora di più al viso di Shinichi che, con l’altra mano, la cinse da dietro improvvisamente.
“Ran…” e l’abbracciò dolcemente”...so che stai facendo di tutto per prendermi le chiavi ma” un brivido la attraversò. Era stata colpita in pieno: la conosceva fin troppo bene.
“...vuoi proprio che finisca così?” e la guardò intensamente negli occhi.
Ran di scatto gli prese la chiave e andò ad aprire la porta dello studio. Si trovava in uno stato contraddittorio: lo voleva mandare via, si sentiva ingiustamente presa in giro, era confusa... Ma un briciolo di lei era felice di averlo visto dopo tanto tempo.
“Spero che il giapponese tu lo capisca...Fuori!” esclamò Ran con un pizzico di tristezza.
“Si ho capito...prima però...” e corse, la prese da dietro e l’abbracciò un’ultima volta.
“Io ci sarò sempre per te,ricordatelo.” confessò Shinichi che ormai sembrava aver perso ogni speranza.
“???AAAAAAAH!” urlò una voce infantile. Yasuke con una mano davanti alla bocca comparve sulla soglia della porta.
“Che state facendo?! Chi è questo qui! Signorina pediatra, la difendo io!” e si lanciò contro il povero Shinichi che, imbarazzato nell’esser stato preso in castagna, aveva tentato di normalizzare la situazione in qualche modo.
“No, ehm...ecco...vedi...Sto aiutando la dottoressa a sfilare la penna, guarda...” e fece comparire una stilografica dalla tasca dei jeans senza essere visto dal piccolo facendo finta di togliere il cappuccio con estrema difficoltà.
Ran rimase stupita con quanta rapidità si era inventato una bugia del genere. Chissà quante gliene aveva raccontate.
“Ma tu chi sei? Dov’è mio zio Shinosuke?” chiese il piccolo sull’orlo del pianto non vedendo nessun volto famigliare.
“Ehi, è solo andato a fare la spesa...” lo consolò Shinichi “ti riaccompagno io dalla mamma,non preoccuparti” continuò rivolgendogli un sorriso.
“Non mi faccio portare a casa dagli sconosciuti, tanto meno da questo signore che fa cose strane con la signorina pediatra!” disse sulla difesa Yasuke.
Entrambi arrossirono.
“Yasuke... Questo qui è un amico della mamma anche se è abbastanza idiota per essere suo amico!” gli spiegò Ran accentuando la parola ‘idiota’.
“Ma perché visita anche questo signore?” chiese Yasuke incuriosito.
“Veramente non lo sto visitando...” gli rispose Ran con un velo di imbarazzo.
“No Yasuke sono io che la sto visitando” concluse Shinichi.
“Ma se è una dottoressa, non ne ha bisogno!!!” esclamò il piccolo.
“La signorina-pediatra, come dici tu, ha un caratterino anche lei sebbene lo nasconda da questa faccia angelica” precisò Shinichi fissando ora il volto di Ran.
“Ma lei non è cattiva...” affermò Yasuke che non stava capendo molto.
“No lei non lo è, Yasuke. Sono io il cattivo che sta cercando di migliorare la situazione” confessò lui inginocchiandosi verso il piccoletto.
“E ci stai riuscendo, signor cattivo?” chiese Yasuke.
Shinichi sospirò. “Non proprio... Sono arrivato troppo tardi,come al solito” sorrise tristemente lui accarezzando ora i capelli castani di Yasuke.
“E la signorina pediatra visto che è buona,non può fare qualcosa?”chiese dispiaciuto il piccolo.
“Lei ci ha già provato”.
Ran aveva ascoltato tutto. Sapeva quando Shinichi faceva sul serio,ormai lo conosceva bene anche lei. Si girò con aria triste quando sentì le ultime parole.
Shinichi si rialzò e afferrò la maniglia della porta.
“Stiamo andando a casa?”chiese Yasuke.
“Si” disse lui passandogli vicino e prendendogli la mano. Si incamminarono verso l’uscio della porta,mentre Ran rimase nel suo studio in preda a mille pensieri.
Era troppo orgogliosa per rincorrerlo. Troppo per urlargli “Aspetta!”. Troppo per ricominciare tutto da capo.
Appoggiò la schiena al muro e scivolò fino a terra. Passarono i minuti e lei rimase ancora lì, nella stessa posizione.
“Io ci sarò sempre se tu mi vorrai ancora”. Era vero. Gliel’aveva dimostrato.
“Io ci sarò sempre se tu mi vorrai ancora”. Lo sapeva.
“Io ci sarò sempre se tu mi vorrai ancora”. Che scatole, l’aveva capito!!!
“Eh??” sobbalzò quando si accorse che il cellulare stava vibrando.
“Io ci sarò sempre se tu mi vorrai ancora” era diventata la sua nuova suoneria.
Sorrise spontaneamente e rispose alla chiamata.
“Pronto?” ma nessuno gli rispose. Il suo ‘chiamatore’ era apparso di nuovo nello studio e aveva uno sguardo dispiaciuto dipinto sul volto.
Un’altra volta.
“Ran” , “Shinichi” dissero contemporaneamente e si zittirono.
“Pensi che ti perdonerò ancora?” disse Ran impacciata.
“Non lo so. So solo che vorrei che tutto ciò non fosse mai successo.”
“A chi lo dici.”
Non tentò di avvicinarsi a Ran perché non sapeva come avrebbe reagito.
Anche Ran non si mosse per lo stesso motivo.
Poi però uno dei due cedette. Aveva gettato l’orgoglio dietro di sé e ora stava correndo verso l’altro.
“Te ce ne è voluto di tempo” sorrise Shinichi mentre teneva stretto Ran.
“Finiscila.” rispose lei acida.
“Posso dire una cosa, almeno?
“No.”
“Vabbè te la dico lo stesso.” spostò i capelli di Ran e si avvicinò al suo orecchio.
“Prova a dirmi ‘Baka’ e ti uccido” minacciò ancora acida.
“Tornerei volentieri Conan solo per farmi visitare da te...” ammise Shinichi.
“O torneresti Conan per vedermi di nuovo sotto la gonna come hai sempre fatto?” contraccambiò lei.
“Uhuhuh, siamo nervosette!”
“Mi irriti”
“Scherzi a parte... Ti conviene togliere le calze a rete prima che non mi controlli davvero” rivelò Shinichi leggermente accaldato.
“Vabbè rinuncerò ad indossarle”
“Posso aiutarti io?” disse ironico Shinichi.
“Solo se provi a decifrare la mia faccia” e tenne un voto impassibile.
“Io decifro di si!” rise lui.
Anche Ran scoppiò a ridere. Era un caso perso ormai.
“… e Ran… la mia visita?”
“Mmm... Posso fare un’eccezione per sta volta”.
Edited by Yukiko Fujimine - 12/7/2012, 12:57