Mio figlio

Ringrazio tutti per le belle recensioni.

Mentre scrivevo questa parte della storia mi è venuto in mente quando il mio prof di scienze ha raccontato a tutta la mia classe il momento delle doglie di sua moglie, pronta per partorire il loro primo figlio.
Ci ha detto che sua moglie gli stringeva fortissimo la mano, tanto che quando poi il dolore passava, il mio prof cambiava subito mano, da tanto gliela stringeva forte la moglie.
Comunque, in quel momento ha realizzato che siamo noi donne i supereroi, perché lui non ce l'avrebbe fatta a sopportare tutto il dolore che stava provando la moglie.

Magari non ve ne frega niente di tutto ciò e magari volete solo leggervi il capitolo.
Comunque ho voluto condividere questo mio ricordo con voi.

Capitolo nono

Ormai il momento era arrivato.
Il bambino stava per uscire.
“Ran, ora spinga!” disse l'ostetrica.
Ran strinse ancora più forte la mano di Shinichi, che si accasciò con le ginocchia per terra, le lacrime agli occhi, un dolore tremendo mai provato prima d'ora.
Ora che sapeva che avere un figlio comportava anche a lui dolore, ci avrebbe pensato almeno una decina di volte prima di acconsentire al secondo figlio.
“forza Ran, puoi farcela!” disse Shinichi, rimettendosi faticosamente in piedi, facendo più forza a sé stesso che a Ran con quella frase.
“ecco, vedo la testa!” urlò l'ostetrica.
Ran continuò a spingere, stringendo sempre più la mano del suo amore, che sentiva che la sua mano lo avrebbe lasciato per sempre.
Chissà se esisteva qualcuno che gli avrebbe costruito una mano artificiale, pensò Shinichi.
Il bambino uscì e venne subito preso in braccio e avvolto in una coperta.
Una delle ostetriche si avvicinò a Shinichi.
“vuole tagliargli il cordone ombelicale, signore?”
Shinichi sentì che era arrivato il momento che tanto aspettava.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare, svenendo sul pavimento.

Quando Shinichi riprese i sensi, si accorse di essere sdraiato su delle sedie e in parte a lui era seduta Shiho, che sorseggiava un caffè.
“sai, Shiho, ho fatto un sogno molto strano.” raccontò Shinichi, mettendosi seduto. “ho sognato che mio figlio nasceva in anticipo.”
“ma tu non l'hai sognato.” gli disse lei, dritta e concisa, senza delicatezza. “e hai anche assistito al parto. Dopodiché sei svenuto e tuo padre e Kogoro ti hanno adagiato qui. Mi pare che Kogoro ti abbia affibbiato un paio di aggettivi, tra cui 'smidollato'.”
“e da quant'è che sono qui?”
“una mezz'ora, mi pare, minuto più, minuto meno.” rispose lei, con un tono disinvolto, come se stessero parlando delle previsioni del tempo.
Shinichi si alzò, volendo andare a vedere Ran.
Camminò per il corridoio, quando a metà si fermò e tornò indietro.
“un'ultima cosa, Shiho. In che stanza sta Ran?” chiese un sorrisetto da 'da che parto devo andare?'
“prima stanza a destra del corridoio.”
“grazie.” e si bevve tutto d'un fiato il caffè di lei, dato che aveva bisogno di energie.
“ehi!” sbottò Shiho, indignata.
Ma chi si credeva di essere quell'essere non identificato per rubarle il caffè (che aveva pagato con i suoi soldi) e sgolarselo fino all'ultima goccia?

Siamo all'ultimo capitolo!
Vi chiedo scusa se il nome del pupo vi sembrerà prevedibile, banale e scontato, ma era l'unico adatto.
E vi chiedo anche scusa se magari la fine vi sembra brutta, quasi non una fine, ma non mi veniva in mente nient'altro (quella storia di Harry Potter da cui ho preso spunto per scrivere questa non mi ha fatto venire in mente una fine decente.)

Capitolo decimo

Shinichi entrò nella stanza in cui Ran stava riposando, e, senza neanche farlo apposta, assieme a lui arrivò anche un infermiera che spingeva una culla con dentro il piccolo.
Shinichi e Ran guardarono dentro la culla, vedendo che il pupo stava dormendo.
Entrambi gli fecero una carezza sulla testa, dandogli un bacio, e poi si abbracciarono.
L'infermiera prese una cartelletta con alcuni fogli.
“che cognome devo mettere?”
“Kudo.” rispose Shinichi.
“e per il nome?”

Il momento tanto atteso era arrivato.
Il nome.
Una combinazione di lettere che, unite, ti contraddistinguono da gli altri.
Ran e Shinichi avevano affrontato parecchi mesi prima la questione del nome.
Era successo a cena, dopo un'intensa giornata lavorativa.
“il dottore ci ha dato conferma che è un maschio.” cominciò Ran. “tu a che nomi avevi pensato?”
“Sherlock.” rispose Shinichi tranquillo, come se chiamare un bambino Sherlock nel 2000 andasse ancora di moda.
“Sherlock?” ripeté Ran, visibilmente orripilata. “hai in mente qualche nome che non abbia a che fare coi tuoi gialli strampalati?”
“ma come, amore... non ti piace Sherlock?”
Certo che sua moglie era proprio strana!
Come faceva a non capire che per loro figlio, per un Kudo, il nome Sherlock sarebbe stato adattissimo?
“non ho mai sentito che una persona reale si potesse chiamare così. E poi ci vuole un nome bello, originale e non antico.”
“be', se la metti così, allora rimane solo...”

“Conan.” dissero all'unisono Ran e Shinichi.
L'infermiera annotò.
“senta, già che ci siamo, non potrebbe mettere come secondo nome 'Sherlock'?” domandò Shinichi, speranzoso, in quanto sua ultima possibilità.
“non ci faccia caso. Mio marito è un gran burlone. Per lui ogni momento è buono per scherzare.” disse Ran, dando un pizzicotto a Shinichi.
Così l'infermiera diede retta a Ran, lasciando la nuova famiglia da sola.
“ti avevo detto che quel nome era tabù.”
“ma cara!” riuscì a ribattere debolmente Shinichi.
“accontentati di Conan, perché sarà così per tutta la vita.”
“Conan Kudo.” mormorò Shinichi. “suona benissimo.”
“e ora promettimi una cosa.”
“tutto per te, amore mio.”
“se avremo un altro figlio, non fare il testone e lascia che sia Shiho a guidare e a portarmi all'ospedale.”

E qui la storia termina!
Forse scriverò delle altre storielline, che sarebbero come il continuo di questa, in quanto si vedrebbero Shinichi e Ran alle prese col pargoletto.
Non so se lo farò, perché ora voglio riposarmi un po' anch'io, e mi aspetta la visione di un bel po' di episodi di Conan, dato che per fare spazio in camera metterò su dvd tutti gli episodi di Conan che ho su cassetta.

Mi ha fatto piacere, molto piacere, che anche questa storia ha attirato i lettori e le risate.
Be', arrivederci a una nuova storia!