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Kokoro no uragiri

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view post Posted on 15/3/2012, 11:41     +1   +1   -1
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Black Lady

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Ecco qua la mia prima Hot-shot...
Spero vi piaccia...

Kokoro no uragiri

Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte
Nona parte
Decima parte
Undicesima parte
Dodicesima parte
Tredicesima parte
Quattordicesima parte
Quindicesima parte
Sedicesima parte
Diciasettesima parte
Diciottesima parte
Diciannovesima parte
Ventesima parte
Ventunesima parte
Ventiduesima parte
Ventitreesima parte
Ventiquattesima parte
Venticinquesima parte
Ventiseiesima parte
Ventisettesima parte
Ventottesima parte
Ventinovesima parte




Parte prima
Si stava chiedendo ancora come fosse stato possibile.
Si era risvegliata lì, nel suo letto, in cui riusciva ancora a sentire il suo profumo. Quel profumo che l'aveva inebriata, che le aveva fatto perdere la testa.
Non le era mai successo di perdere in quel modo il controllo di sé. Era sempre stata molto razionale nelle sue scelte, a meno che non si trattasse di lui, ma forse era proprio lui la causa di tutto. Se non fosse sparito, se fosse rimasto sempre accanto a lei, forse non si sarebbe sentita tanto disperata e non avrebbe fatto quell'errore.
Eppure era lì, nuda, su un letto che non era quello di camera sua. E al pensiero di quella notte, un macigno le si posò sul cuore.
Si rigirò nel letto e lo vide. Anche lui era nudo. La pelle abbronzata, i capelli biondi spettinati. Dormiva come un angelo.
La ragazza si alzò, senza fare troppo rumore. Non voleva svegliarlo. Non avrebbe saputo cosa dirgli.
Si vestì, prese la borsa e uscì da quella casa, mentre ancora mille pensieri le frullavano nella testa.
Quel macigno che si era posato sul suo petto, premette ancora più forte, quando uscendo dal cancello della villa e svoltando a destra per tornare a casa, vide casa sua. L'aveva tradito, proprio a due passi da lui. Certo, ora non era a casa. Era chissà dove dietro a uno stupido caso, ma l'aveva tradito. Provava a convincersi che probabilmente lui aveva fatto lo stesso, ma una strana sensazione le diceva che non era così.
S'incamminò verso casa e quando passò davanti alla villa, chiuse gli occhi per cercare di non pensare a ciò che aveva fatto. Appena li chiuse però, attraverso le sue palpebre chiuse, vide il suo volto. Lo sguardo triste, come non l'aveva mai visto in vita sua, se non pochissime volte. Quegli occhi azzurri trasmettevano una tristezza palpabile. Riaprì gli occhi di colpo per non vedere quel volto, che non faceva altro che far premere ancora di più il masso sul suo petto. La luce le ferì gli occhi, ma si abituò di nuovo dopo poco. Continuò a camminare. Ora la sua mente riusciva solo a pensare che era una traditrice, una traditrice vigliacca.
Non si rese neanche conto del tempo che era passato, perché si ritrovò sotto casa. Alzò lo sguardo. La scritta "Agenzia investigativa Mouri" risaltava sulle finestre. Fece un grosso respiro e prese le chiavi dalla borsa. Dopodiché aprì ed entrò in casa. Sapeva che erano appena le otto del mattino, e che sicuramente quei dormiglioni di Conan e di suo padre, stavano ancora dormendo alla grande.
Si diresse in punta dei piedi in camera sua. Appena entrata chiuse la porta a chiave e posò la borsa sulla scrivania. Poi si accorse di cosa non andava nella sua stanza.
Sul suo letto, sotto le coperte, c'era un corpicino tutto rannicchiato. Il suo petto si alzava e si abbassava.
Nel comodino accanto i suoi occhiali.
La ragazza sorrise e si avvicinò al letto. Si sedette a fianco al bambino e lo guardò. Quel visetto, quante volte aveva guardato quel bambino ripensando ai bei momenti passati con lui quando erano più piccoli anche loro.
Il bambino, però aveva percepito il movimento del letto e si stropiccio gli occhi con la mano, che poi allungò per prendere gli occhiali. Messi gli occhiali aprì gli occhi.
"Che ci fai qui?" chiese con la voce impastata dal sonno.
"Potrei chiedere la stessa cosa a te piccolo birbante. Per tua informazione questa è la mia camera" disse lei incrociando le braccia.
"E' che…beh ecco…io…avevo fatto un'incubo e…" arrossì.
Aveva davvero fatto un incubo, ma stranamente era la prima volta che non sognava Gin e Vodka. Anzi probabilmente se fosse stato il solito incubo, avrebbe fatto finta di niente, si sarebbe girato dall'altro lato e si sarebbe addormentato. Ma l'incubo di quella notte, non solo aveva spaventato Conan, ma aveva spaventato anche Shinichi. Per questo si era diretto in camera sua e si era messo sul suo letto. Adesso che ci pensava, non aveva nemmeno idea di come si fosse addormentato. Si ricordava solo di essersi sdraiato nel letto inebriato dal suo profumo, e aveva stretto a se il suo cuscino. Poi non ricordava più niente.
La ragazza era zitta e lo guardava, non aveva più le braccia incrociate, ma sembrava avesse altri pensieri per la testa.
"E comunque tu non dovevi essere da Sonoko?" chiese Conan tirandosi su dal letto.
"Sì - disse lei riprendendosi dai suoi soliti pensieri che l'avevano riaccompagnata fino a casa - ma ecco…il fatto è che Sonoko ha avuto un contrattempo ed è dovuta andare via. Così non potendo rimanere a casa sua, sono tornata a casa anche io"
Per fortuna, aveva mandato un messaggio la sera prima all'amica dicendole di coprirla e lei stranamente non aveva fatto domande. Forse però sarebbe stato meglio. Se Sonoko avesse capito le sue intenzioni, l'avrebbe fermata in tempo. Se lei gli avesse raccontato tutto, a quest'ora non sarebbe in quella brutta situazione. Si alzò.
"Io vado a farmi la doccia, tu vai pure in cucina a fare colazione ok?" disse al bambino.
"Va bene" disse lui guardandola allontanarsi.
Che le prendeva? Non si era mai comportata così. Riusciva a capire che c'era qualcosa che la turbava. Ma cosa? Cosa poteva mai far sentire così tanto in ansia la sua piccola Ran? Forse avrebbe dovuto chiamarla. Sì, forse era il modo migliore. Era sicuro che con lui si sarebbe tranquillizzata.
Scese al piano di sotto diretto alla cucina.
Ran si stava facendo la doccia, ma neanche quello funzionava. Pensava che almeno quei dieci minuti sotto l'acqua calda potessero farle dimenticare tutto. Pensava che ciò che aveva fatto poteva essere lavato via. Ma si sbagliava. Quel corpo, il suo corpo, in quel momento la inorridiva. Era stato toccato da mani che non erano le sue, baciato da labbra che non erano le sue e soprattutto non era stato violato da lui. No quella doccia non le aveva affatto lavato via il peso. Anzi, le aveva fatto provare ancora più disgusto per se stessa.
Quando scese in cucina era vestita con jeans e maglietta, i capelli già asciutti. Conan stava bevendo il suo latte e la guardò entrare, senza dire una parola.
Lei si avvicinò al frigo e si verso anche lei un bicchiere di latte fresco, che iniziò a bere in piedi.
Poco dopo Kogoro entrò in cucina.
"Ehi Ran! Com'è an-an-an-ahhhh-andato il tuo pigiama party con Sonoko?" chiese il padre sbadigliando.
"Benissimo" rispose lei freddamente.
"Sono contento. Io scendo sotto, portami un caffè ok?" e uscì dalla stanza.
Il bambino lo guardò uscire. Era furibondo. Possibile che non capisse che sua figlia aveva qualcosa che non andava? Va bene che non era mai stato un grande investigatore, ma almeno capire quando sua figlia è giù di morale. Non c'era tempo da perdere, doveva capire cosa stava succedendo. Doveva chiamarla, e doveva farlo in quel preciso istante.
Finì tutto il latte che era rimasto nel bicchiere in un sorso, poi uscì senza dire una parola. Corse in camera sua prese il cellulare e il farfallino, infine si diresse in bagno, per poi chiudersi a chiave.
Digitò il numero, mentre spostava la rotella del farfallino rosso. Dopodiché aspettò.
Il cellulare le stava squillando, lo prese e lesse il nome sullo schermo. Rimase paralizzata. Perché mai la chiamava? Perché proprio quel giorno? Forse sapeva già tutto? Impossibile. Erano passate appena tre ore da quando aveva lasciato quella casa. Forse voleva solo sapere come stava. Doveva rispondere, altrimenti si sarebbe insospettito.
Finalmente rispose.
"Ciao Ran"
"Ciao" rispose lei.
Sempre fredda. Pure con Shinichi. Stava davvero male. Doveva aiutarla, doveva capire.
"Ran tutto ok? Ti sento strana"
"No, no, sto bene tranquillo. Sono solo un po' stanca. Stanotte sono stata - stette un'attimo zitta poi continuò - sono stata da Sonoko e siamo state sveglie fino alle tre"
"Capisco"
Non ci era riuscito neanche così. Ran era muta come un pesce. Ma in fondo se lo aspettava, molto spesso faceva la finta forte, e si sfogava solo quando era al limite.
"Come mai hai risposto così tardi?" riprovò, prendendo il discorso da un'altro lato.
"Ero in bagno"
Ma cosa stava dicendo? In bagno c'era lui. Perché gli mentiva anche su questo? Cosa diavolo stava succedendo?
Un pensiero orribile gli passò per la mente. L'incubo di quella notte. No. Non era possibile. Lei non l'avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai preso una decisione del genere. Scosse la testa per cercare di togliersi quei pensieri.
"Ran, che ne dici se ci vediamo?"
"Cosa?" chiese lei stupita.
Non poteva chiederle quello, non in quel momento. Cos'avrebbe fatto?
"Sì, tra due giorni" rispose lui.
"Perché?" la domanda le uscì spontanea.
Non voleva vederlo. Non in quel momento. Probabilmente il giorno prima avrebbe pagato chiunque milioni di yen per poterlo rivedere. Ma ora no. Non dopo quello che gli aveva fatto.
"Come perché? Perché è da un sacco che non ci vediamo!"
"Va…va bene"
"Allora ci vediamo tra due giorni al bar vicino a casa mia, ciao"
"Ciao" e chiuse la chiamata.
Giusto quel bar. Quel bar dov'era iniziato tutto. E se sul serio sapesse già tutto? Oppure era solo una coincidenza che avesse deciso quel bar?
Ran gli aveva praticamente chiuso il telefono in faccia. E' vero l'aveva salutata, ma sembrava avesse avuto fretta di staccare. Gli nascondeva qualcosa, questo era sicuro. Ma non gl'importava. Lui voleva solo che lei fosse felice. In fondo anche lui le nascondeva parecchie cose, non poteva pretendere che lei dovesse fare il contrario.
Fece un sospiro e uscì dal bagno.

Heiji era stato invitato a casa di Kazuha assieme ai suoi genitori, per una cena. Tutti gli adulti però erano usciti per una passeggiata e sarebbero tornati per ora di cena.
I due ragazzi erano in una piccola stanza vicino alla sala da pranzo, stavano giocando a scacchi, quando squillò il telefono di casa. Kazuha si alzò, uscì dalla camera e andò a rispondere.
Era Ran e sembrava preoccupata.
Poco dopo, Heiji passò dal corridoio per dirigersi verso il bagno.
"Che cosa?" urlò la ragazza attaccata alla cornetta del telefono.
Il ragazzo si bloccò all'angolo e tese l'orecchio. Sapeva che non doveva origliare, ma era più forte di lui. In fondo, cosa poteva nascondergli Kazuha? Si distolse dai quei pensieri perché la ragazza iniziò a bisbigliare e quindi dovette concentrarsi di più su ciò che diceva.
"Com'è potuto succedere?"
Sembrava preoccupata. Il ragazzo era curioso di sapere chi c'era dall'altra parte della cornetta, ma la risposta gli arrivò quasi subito.
"Senti Ran, stai tranquilla. In fondo è anche colpa sua. Insomma se non fosse sparito così tu non l'avresti mai fatto"
Quindi stava parlando con Ran. E probabilmente l'argomento della questione era Shinichi. Ma cos'è che non avrebbe dovuto fare? Il ragazzo si distrasse di nuovo dai suoi pensieri perché Kazuha ricominciò a parlare.
"Su Ran non piangere, vedrai che andrà bene. Tu vai lì e evita il discorso. Fai come se fosse tutto come al solito. Vedrai che sarai così felice di rivederlo che dimenticherai tutto"
Dopodiché salutò l'amica e chiuse la chiamata.
Appena abbassò la cornetta telefonica, Heiji uscì dall'angolo in cui era rimasto nascosto ad origliare.
"Cos'è successo?"
Kazuha si girò, il ragazzo aveva lo sguardo serio e per niente ironico come quando la stava per prendere in giro. Le mani in tasca e quegli occhi verde scuro penetranti.
"Niente era Ran che mi ha chiesto un consiglio" disse lei deglutendo, non l'aveva mai visto così serio, o almeno non con lei. Di solito si comportava così, quando faceva domande a un criminale.
"Non mi mentire Kazuha, non ci riesci con me. Stavate parlando di Shinichi. Cos'è successo?"
Si stava avvicinando pericolosamente a lei che iniziò a indietreggiare.
"Non è niente davvero solo…" non finì la frase. Anzi la finì con un gemito.
Heiji con uno scatto fulmineo aveva coperto la distanza fra di loro e le aveva bloccato i polsi sopra la testa. I loro visi erano a pochissimi centimetri di distanza l'uno dall'altro.
"Parla" disse il ragazzo.
Il suo profumo le inondò i polmoni. Iniziò a tremare, come glielo poteva dire? Sicuramente lui sarebbe andato a riferirlo all'amico. E Ran sarebbe stata nei guai. Rimase pochi secondi a pensare, ma poi il ragazzo allentò la presa. Fino a lasciarle i polsi. Lo sguardo era ancora serio, indagatore. Sembrava volesse vederle l'anima attraverso i suoi occhi.
"Perché l'ha fatto?" chiese poi.
La ragazza rimase interdetta. Possibile che avesse capito tutto? Possibile che solo origliando la telefonata e vedendo la sua reazione aveva capito la situazione? Eppure era stata attenta a non far trapelare niente in quello che diceva mentre era al telefono con l'amica.
"Rispondimi!" disse alzando la voce.
"Io…io… non lo so… dice che ha incontrato questo ragazzo al bar vicino a casa di Shinichi. Era andata lì per una commissione di Kogoro. A quanto ho capito dice che il ragazzo era un cliente di suo padre e le avrebbe dovuto dare una busta in cui c'era scritto l'incarico. Poi dice che si son messi a parlare e che si è sfogata con questo ragazzo che si è mostrato molto gentile…e poi dice che ha bevuto… non so quanto abbia bevuto ma… ma il ragazzo l'ha portata a casa sua che era là vicino e… ed è successo…"
Stava piangendo. Ora che l'aveva detto ad alta voce finalmente capiva davvero. Capiva cosa doveva provare la sua amica. Se lei avesse fatto una cosa simile ad Heiji non avrebbe più avuto la forza di guardarlo in faccia. Con quale coraggio le aveva detto di stare tranquilla. Con quale sfacciataggine le aveva consigliato di andare lo stesso all'appuntamento.
Heiji sembrava una statua di pietra. Non riusciva a capire come poteva essere successo.
"Heiji ti prego non lo dire a Shinichi" disse la ragazza ancora tra le lacrime.
"Stai scherzando per caso? - urlò il ragazzo - Ci mancherebbe solo questo. Quel poveraccio, ha già un sacco di problemi così, ci manca solo sapere che la ragazza che gli piace si è fatta un'altro!"
"Non dire così - urlò in risposta Kazuha - E' colpa sua se è sparito. Ran era disperata. Aveva solo da starle vicino quando…"
Si zittì. Heiji aveva tirato un pugno alla parete su cui era ancora appoggiata. Poi si allontanò senza fiatare, lasciando la ragazza inerme nel corridoio.

"Ti prego Ai, mi serve"
In quel momento sembrava davvero un bambino, che fa i capricci quando non ottiene quel che vuole. Ci mancava solo che battesse i piedi ed era perfetto.
"Ti ho detto di no! Questi antidoti non crescono sugli alberi, inoltre se li usi troppo potresti assuefarti e non funzionerebbero più! E poi mi spieghi perché vorresti tornare Shinichi?"
"Perché mi sono preso un'impegno e non posso disdirlo! Per favore"
"Dai Ai, lasciaglielo prendere. Una volta in più non cambierà le cose" intervenne il dottor Agasa.
La ragazza sbuffò, ma poi cedette. No riusciva a dirgli di no. Quel suo dolce viso, come si poteva dire no a quegli occhi azzurri? Come si poteva dire di no a un angelo del genere? Il suo angelo, che si preoccupava per lei. Che ogni volta che era in pericolo la salvava anche contro la sua volontà. Che quando era spaventata la rassicurava con un sorriso.
Gli porse la pillola.
"Non sprecarla" disse soltanto.
"Grazie Ai. Ti devo un favore" disse il bambino prendendo la pillola e mettendola in tasca.
Dopodiché uscì e si diresse a casa sua. La sua vera casa. Quella in cui adesso viveva Subaru Okya. Il cancello era aperto, così entrò. Il suo giardino. Quanti ricordi. Non si potevano neanche contare. Suonò al campanello e aspettò che gli aprisse.
"Ciao Conan che ci fai qui?" disse il ragazzo facendogli segno di accomodarsi.
"Oh no grazie, devo scappare a casa. Sono qui perché Shinichi mi ha detto di chiederti se puoi lasciargli la casa questo fine settimana"
"Questo? Intendi, domani e dopodomani?" chiese il ragazzo.
"Esatto, ti chiede scusa del poco anticipo, ma ha detto che è importante"
"Ma certo non c'è problema. Vado volentieri in qualche Hotel in centro per il fine settimana. Dì pure a Shinichi che non ci sono problemi" rispose con un sorriso.
"Grazie Subaru, ciao" salutò il bambino allontanandosi, mentre il ragazzo rientrava in casa.
Ora era tutto pronto. Nulla doveva andare storto. Aveva preso quella decisione e non sarebbe tornato indietro. Ora non restava altro che aspettare il fatidico giorno. Aspettare l'appuntamento con Ran. Stavolta doveva farcela. Secondo i calcoli di Ai, il nuovo antidoto sarebbe durato 48 ore. L'avrebbe preso solo un'ora prima dell'appuntamento, giusto il tempo di riprendersi, poi avrebbe incontrato Ran al caffè. Niente sarebbe andato storto sta volta.

Uscì di casa e iniziò a camminare.
Si sentiva la testa completamente vuota. Non sapeva neanche come si fosse convinta ad uscire.
Nel momento in cui aveva aperto l'armadio per scegliere i vestiti da mettere, il suo cervello sembrava avesse smesso di funzionare. Aveva fatto tutto ad istinto.
Eppure l'aria fredda la risvegliò. Mentre si avvicinava, a passo lento, a quel maledetto bar iniziò a capire cosa stava facendo.
Perché stava andando da lui? Perché si era convinta ad andare all'appuntamento? Cosa gli avrebbe detto? Come si sarebbe comportata? Erano diecimila quesiti. Tutti senza una risposta accettabile da dare.
Ma le sue gambe continuavano da sole verso quel luogo.
Arrivò pochi minuti dopo. L'insegna rosa in cima al locale. Strinse forte il cinturino della borsetta che aveva in spalla, poi fece un grosso respiro ed entrò.
Si guardò subito intorno, per vedere se era già lì, ma non sembrava esserci. Pensò che forse era meglio, perché così avrebbe avuto il tempo di trovare una soluzione al suo problema.
Poi però si accorse che si sbagliava. Era in un angolo lontano dall'entrata. Era seduto ad un tavolino per due. Indossava un paio di jeans, una camicia bianca e sopra una giacca blu scuro. Il mento appoggiato sul palmo della mano destra, le punte delle dita poggiate proprio sotto la bocca. Sembrava assorto nei suoi pensieri e guardava dall'altro lato.
La ragazza strinse di nuovo il cinturino della borsa tanto che le nocche le diventarono bianche, e si diresse al tavolo.
Appena fu vicina il ragazzo si girò e le sorrise.
Quegli occhi, quel sorriso, quel volto. Avrebbe voluto scoppiare a piangere, buttarsi tra le sue braccia e dirgli tutto. Invece strinse più forte la cinghia e si sedette alla sedia di fronte.
Il ragazzo alzò la mano per chiamare la cameriera.
"Desiderate?" chiese con un sorriso.
"Io prendo un caffè!" disse schietta Ran.
Era ancora fredda. Iniziava davvero a preoccuparsi. Se neanche la vista di Shinichi la faceva stare meglio, voleva dire che il problema era davvero serio. Ordinò anche lui e quando la cameriera se ne andò.
"Allora, che mi racconti?" chiese con un sorriso.
"Niente di nuovo" rispose stringendo ancora la borsa.
Lui si mise di nuovo nella posizione di quando era entrata al bar, ma stavolta la guardava fissa. I suoi occhi di un azzurro perfetto trafiggevano i suoi.
"Mi dici cosa di prende?"
"Niente" disse lei.
Era arrossita, ne era sicura. Si sentiva le guance bollenti. Sebbene fosse nervosa, quello sguardo l'aveva fatta emozionare ancora una volta. Come aveva potuto tradirlo. Come aveva potuto fare un atto così deplorevole.
"Ran - sorrise di nuovo - Ti conosco troppo bene per capire quando menti"
Calò di nuovo il silenzio e poco dopo tornò la cameriera con le loro ordinazioni che poggiò sul tavolino. Sul vassoio però c'era qualcosa in più.
"Questi ve li manda il ragazzo del tavolo cinque" disse lasciando sul tavolo due cioccolatini e indicando un tavolo vicino alla porta.
Entrambi guardarono verso il tavolo indicato. A Ran si gelò il sangue nelle vene. Al tavolo, con un altrettanto attraente sorriso c'era lui che li salutava.
"Lo conosci?" chiese Shinichi.
La ragazza si rigirò di nuovo, voltando le spalle al biondo.
"E' un cliente di papà"
Sicuramente era quel ragazzo che Ran avrebbe dovuto incontrare per ricevere l'incarico di Kogoro.
"Ciao tu devi essere Shinichi"
Si era alzato dal tavolo. Ran s'irrigidì sentendolo così vicino. Perché doveva andare così? Perché non potevano passare un normale pomeriggio, per poi tornare alla sua depressione?
"Esatto piacere" disse il ragazzo stringendogli la mano.
"Mi chiamo Ikuto. Sai ho avuto l'occasione di conoscere la tua Ran. E' una ragazza splendida, sei davvero fortunato. Trattala bene"
A ogni parola Ran stringeva sempre più convulsamente la cinghia della borsa che non si era ancora tolta dalla spalla.
Il ragazzo biondo si allontanò di nuovo senza aspettare una risposta.
Shinichi lo stava ancora guardando allontanarsi. Ora era tutto chiaro. Gli era bastato fare due più due e ora era tutto chiaro. La scelta improvvisa del pigiama party da Sonoko, il comportamento di quegli ultimi due giorni.
Per un attimo gli mancò il fiato, strinse il pugno sul tavolo, come aveva fatto a non capirlo prima?
"Scusami devo andare in bagno" disse alzandosi e allontanandosi.
Tirò un pugno al muro del bagno. Come aveva potuto farlo? E soprattutto perché? Forse sarebbe stato meglio se non l'avesse scoperto. Forse sarebbe stato meglio rimanere ignaro di tutto e continuare con il piano. Il piano. Aveva organizzato quell'appuntamento nei minimi dettagli. E ora non sapeva neanche se aveva un senso andare avanti.
Eppure c'era qualcosa che avrebbe dovuto provare in quel momento e che non sentiva. Avrebbe dovuto essere deluso. Deluso del comportamento di Ran. E invece niente. Anzi nella sua testa ronzava il fatto che lui era sparito. Già lui era Conan. Lui non c'era mai stato per lei. La chiamava ogni tanto e basta. Non poteva pretendere che durante la sua assenza si sentisse sicura di sé, invece che persa.
Era deciso. L'appuntamento avrebbe continuato il suo corso. Proprio come aveva pianificato. Poi se mai lei avesse confessato, lui con un po' di rancore l'avrebbe perdonata.
Sì l'avrebbe perdonata. Perché l'amava troppo per perderla per sempre.
Si lavò la faccia con l'acqua ghiacciata e uscì dal bagno.
Passarono il resto del tempo al bar in assoluto silenzio.
Poi, quando ebbero svuotato le loro tazze, Shinichi si alzò e lo stesso fece la ragazza.
Lui pagò entrambe le consumazioni, poi le prese la mano e la trascinò fuori dal bar.
Appena fuori girò a sinistra e andò spedito verso casa sua, trascinando Ran dietro a sé.

Arrivarono a casa pochi secondi dopo. Non solo perché il bar era vicinissimo, ma perché Shinichi si era messo a camminare a passo svelto.
Appena superato il portone il ragazzo lo chiuse sbattendolo.
"Vado a farmi una doccia, siediti pure" disse sbrigativo, poi sparì dalla sua vista.
Lei ormai era perfettamente lucida. Sì era lucida. Gli avrebbe raccontato tutto. Appena si sarebbe presentata l'occasione avrebbe raccontato tutto quanto.
Ci aveva pensato per tutto il tempo, da quando avevano incontrato Ikuto al bar. Doveva dirglielo.
In quasi tre giorni, sarebbe riuscita a dirglielo. Tre giorni. Solo in quel momento le venne in mente.
Prese la borsa e cercò freneticamente il cellulare. Il messaggio era ancora salvato.
Allora ci vediamo domani alle 17…Dì a tuo padre che dormi da Sonoko per due notti. Voglio stare con te il più possibile prima di ripartire.
Tre giorni da sola con lui. Tre giorni da sola con Shinichi. Tre giorni soli a casa sua.
Si sentì bollire. Era arrossita. Ne era sicura.
L'aveva tradito. Eppure continua ad arrossire al suo pensiero.
"Finalmente sorridi"
Si girò. Si girò e divenne paonazza.
Era lì davanti a lei. A petto nudo. Con solo un paio di boxer. I capelli ancora umidi, erano appiccicati al viso e ogni tanto gocciolavano sul pavimento.
Non riusciva a proferire parola. Era paralizzata. Il cuore le batteva a raffica. Con uno sforzo immane cercò di tenere la bocca chiusa.
Lui le si avvicinò. Le sembrava che il cuore le dovesse, da un momento all'altro, uscire dal petto. L'abbracciò.
Un abbraccio normalissimo. Eppure il cuore continuava a martellarle il petto.
Il profumo del suo deodorante le inondava i polmoni. Il corpo nudo premeva contro il suo. il suo mento appoggiato nell'incavo del suo collo.
S'irrigidì. Non riusciva a ricambiare quell'abbraccio. Eppure lui sembrava non preoccuparsene.
Anzi si staccò dall'abbraccio e le prese il viso tra le mani.
La ragazza sentì di nuovo il sangue salire alle guance, mentre quei due zaffiri la guardavano seri. Sembravano volessero leggere la sua colpa attraverso la sua anima.
Forse era quello sguardo serio. Forse il macigno dei giorni prima che sembrava essere tornato a pesare sul petto.
Ma decise che era il momento. Sì era il momento. Doveva confessarlo, doveva dirgli tutto. Probabilmente sarebbe finito tutto. Ma non poteva illuderlo in quel modo.
"Shinichi io…"
Non finì. Le aveva messo un dito sulla bocca.
"Zitta…dopo" le sussurrò.
Poi, senza darle il tempo di farla rispondere, o farle dire un'altra parola, la baciò. La baciò.
Non un bacio qualunque. Un bacio di quelli veri, di quelli che creano emozioni in soli due secondi.
Le labbra erano dischiuse e il suo respiro le entrava in bocca. La lingua s'intrecciò alla sua. La inseguiva, in un girotondo dentro le loro bocche. Lui poi si allontanava e le mordicchiava il labbro. Poi tornava alla sua bocca. Si allontanava di nuovo e seguiva il profilo delle sue labbra con la lingua.
Lei dal suo canto non stava ferma. Non riusciva. La sua mente le diceva che avrebbe dovuto allontanarsi e scappare, dirgli ciò che la turbava. Ma il suo istinto diceva il contrario.
Le mani si alzarono automaticamente verso la sua nuca. Iniziò a intrecciare le dita della mano destra in mezzo ai suoi capelli castani, e premette ancora di più il suo corpo a quello nudo di lui.
Appena notata la reazione della ragazza, lui con un movimento fluido, che mostrava tutta la sua forza, la sollevò dai fianchi e la adagiò sulle scale che portavano al piano di sopra della villa. Senza scollarsi dalle sue labbra.
Si mise sotto di lei e con la mano seguì il profilo del suo corpo.
La sua mano veloce le sfilò la ballerina rossa e poi salì verso la gamba nuda. Saliva verso la coscia incrociando il pantaloncini di jeans. Passo oltre ad essi e salì verso il fianco.
Salì verso la camicia rossa smanicata.
La mano dal lato del suo corpo passò al centro. I baci continuavano. Lei era sempre più presa sempre più sua. Si sentiva posseduta dalla sua passione. Era così inebriata che quando lui iniziò a sbottonarle la camicia non disse niente. Anzi lo aiutò. Lo aiutò per velocizzare il tutto.
Lui si staccò finalmente dalla sua bocca e iniziò a baciarle il collo scoperto, scendendo sempre di più fino ad arrivare in mezzo al suo petto. Ran sentì il suo reggiseno nero come un ostacolo. Era già pronta a toglierlo, ma lui fu più veloce e con una sola mano fece scattare il gancio e glielo sfilò.
Appoggiò la testa sul suo seno nudo. Era proprio come se lo immaginava. Perfetto. Non troppo grande e neanche piccolo. Perfetto. Così morbido, che avrebbe potuto stare lì per ore. Perfetto.
La sua mano però sembrava essere affamata d'altro. Scese di nuovo ai pantaloncini. Stavolta perfettamente al centro.
Con lo stesso gesto veloce con cui aveva sganciato il reggiseno, sbottonò il jeans.
In un attimo Ran si sentì priva di ogni velo. E non solo emotivo, ma anche fisico.
Era nuda. Era nuda, davanti a lui. Era nuda davanti alla persona giusta. Era nuda davanti all'uomo che amava.
Shinichi la guardò meravigliato per qualche secondo. Dopo che era diventato Conan, aveva perso le speranze che quel giorno arrivasse.
Invece erano lì. Nudi. Sulle scale di casa sua.
Forse sarebbe durato per solo un fine settimana, ma almeno ci era riuscito.
E non gli importava se non era stato il primo. In quel momento non gli importava.
L'importante era stare lì con lei. Vederla finalmente sua. Sentirla finalmente sua.
E il momento arrivò. Entrò. La sensazione di non sentire il bloccò gli contorse per un attimo lo stomaco.
Ma non si fermò. Anzi sfogò la sua frustrazione nel primo movimento, facendola gemere.
Faceva tutto lui. Lei continuava a baciargli il collo e tirargli i capelli per il piacere.
Gemeva. Gemeva come non mai. E questo lo eccitava a dismisura.
Ad un tratto quando ormai erano a un ritmo pieno, suonò il campanello.
Shinichi pensò velocemente. Senza fermarsi, premette la mano sulla bocca di lei.
Non si sarebbe fermato. Non ora che era sua. Chiunque fosse stato alla porta, avrebbe aspettato o sarebbe tornato più tardi.
Accelerò i movimenti. Voleva possederla, ancora di più di quanto stava facendo.
Ran si sentiva completamente in estasi.
Non si era mai sentita così. Assolutamente.
Pochi giorni prima con Ikuto, non aveva provato niente. Non c'era la passione, non c'era la soddisfazione. Era sfogo. Nient'altro che sfogo.
Con lui no. Con lui le piaceva. Neanche. Era più che piacere.
Lui andava sempre più veloce e lei provava sempre più godimento.
Arrivò al culmine. Arrivò al culmine poco prima di lui. La mano di lui ancora premuta sulla bocca che non le permetteva di sfogarsi buttando fuori la voce. Così si morse l'interno della bocca.
Poco dopo lui si sciolse dall'intreccio dei corpi.
Non gli importava se aveva sporcato il pavimento. Avrebbe lavato anche ore poi. Ma la soddisfazione di ciò che era successo gli inondava il cuore.
Si accasciò a fianco a lei. Entrambi avevano il fiatone. Entrambi ansimavano entusiasti.
"Shinichi - disse lei dopo avere ripreso un po' di fiato - io…"
"No Ran, ti prego…Non ora…Non rovinare questo momento…"
Era vero. Avevano un intero week-end per parlare.
Ma quel momento era magico. Non l'avrebbe dovuto rovinare per una cosa del genere.
Ormai l'aveva scoperto. Se prima non lo sapeva, ormai l'aveva capito.
L'avrebbe scoperto poi se l'aveva perdonata per quel gesto disperato. Ma ora l'importante era essere stata sua per quel momento.
Chissà quanto tempo era passato. Chissà quanto era durato tutto quanto. Quanto tempo era passato da quando lui era uscito nudo dalla doccia?
Non lo sapeva. E non le importava più di tanto.
Era tra le sue braccia. Tra le sue braccia al fondo delle scale di casa sua.
E in quel momento le bastava quello.

Erano nella seconda camera da letto della casa.
"Non ci ero mai stata in quest'ala di casa tua" disse lei prendendo due lembi del lenzuolo candido.
"Io invece ci venivo sempre a giocare da piccolo" rispose lui prendendo gli altri due lembi e tirando in modo che si adagiasse perfettamente sul materasso.
Dopodiché misero anche la coperta azzurra e due cuscini col le federe nuove e candide.
"E anche il letto e pronto, considerata l'ora dovremmo pensare a qualcosa da mangiare, perché non credo che tu viva solo d'amore" disse il ragazzo con un sorriso.
La ragazza non sapeva se prenderla come una frecciatina. Forse si sentiva ancora tanto in colpa e pensava che ce l'avesse con lei quando invece non era così.
O forse era davvero così. Forse voleva davvero fare quella battuta così tagliente. In quel caso, però, se lo sarebbe meritato.
"Ehi cos'è quella faccia? Forza vuoi mangiare sì o no?" le prese la mano e la trascinò al piano di sotto.
In cucina tirarono fuori un po' di ingredienti. Il minimo indispensabile. Giusto per fare un sugo per condire la pasta.
"Ti dispiace mettere su l'acqua e ogni tanto controllare il sugo? Io vado un attimo in bagno"
La ragazza rispose solo con un cenno di testa. Era davvero taciturna. Shinichi si stava preoccupando. Forse pensava che lui ce l'avesse ancora con lei. Ma come poteva. Come poteva portare rancore a quegli occhi azzurri. A lui gli bastava la promessa che da quel giorno in poi ci sarebbe stato solo lui. Non gli importava di prima. Non gli importava di Ikuto o come si chiamasse. Eppure tra meno di 48 ore sarebbe tornato Conan, e allora come avrebbe potuto sperare che lei le tenesse fede se lui spariva di nuovo?
Stava ancora a rimestare il sugo. Era soprappensiero. Seguiva i disegni che il cucchiaio di legno faceva sulla superficie rossa della salsa. Solo dopo un po' si accorse che stava continuamente scrivendo il suo nome. Scriveva Shinichi, poi lo cancellava passandoci il cucchiaio in mezzo. Shinichi e riga in mezzo. Shinichi e riga in mezzo. Arrossì continuando quello strano gioco. Nello stesso istante in cui sparì quell'emozione ne arrivò un altra.
Il ragazzo era tornato dal bagno e l'aveva presa per i fianchi. Ora le baciava il collo in modo molto sensuale. Anche troppo. La punta della lingua seguì il profilo del suo collo. Decisamente troppo sensuale.
Tentò di girarsi, inutilmente. Lui la teneva ferma, di spalle. Giocava coi suoi capelli, le mordicchiava l'orecchio, poi ad un certo punto sentì il suo respiro vicino al lobo e avvertì appena un sussurro.
"Pronta al secondo round?"
Senza aspettare risposta il ragazzo spense il fuoco del sugo, perché non si bruciasse. Poi la prese e la mise sul tavolo. La baciò su tutte le parti non coperte dai vesititi. Questa volta fu lei ad afferrargli i capelli corti e mori e a giocarci, tirarli, intrecciarli.
La scena che si era creata in fondo alle scale all'ingresso, prese di nuovo vita sul tavolo della cucina.
Ran era distesa sul tavolo, mentre Shinichi la sovrastava.
La passione non sembrava essersi affievolita con la stanchezza. Anzi sembrava essere aumentata, da parte di entrambi.
Finirono esattamente allo stesso modo.
Sul tavolo. Abbracciati e nudi.
"Promettimi che d'ora in poi sarai solo mia. Promettimi che non ci sarà più nessun altro al mio posto" sussurrò continuando a stringerla.
"Lo prometto" rispose lei.
"Anche quando me ne andrò di nuovo via?" chiese lui.
"Lo prometto. Non ti tradirò mai più in vita mia. Lo giuro sulla mia vita e su tutto ciò che ho caro"
L'aveva detto col cuore. E lui lo sapeva.
Ora era contento. Ora era sicuro che quel fine settimana sarebbe stato perfetto.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:12
 
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view post Posted on 16/3/2012, 11:41     +1   -1
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Ho letto ora questa prima parte. Brava Kiaretta!!
Non è scritta bene, di più!
Hai creato una situazione assolutamente intrigante a mio avviso e sono davvero curiosa di leggere il seguito :clap: :clap:
 
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view post Posted on 16/3/2012, 17:50     +1   -1
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Carina ed intrigante.. mi piacerebbe sapere il continuo ;) un bacio
 
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view post Posted on 16/3/2012, 23:25     +1   -1
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Grazie mille ragazze *-* beh avverto che la seconda parte non ho ancora incominciato a scriverla e ci vorrà un bel po'...
 
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view post Posted on 30/5/2012, 20:51     +1   +1   -1
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Parte seconda
La bambina si continuava a rigirare nel letto. Quel caldo era davvero insopportabile.
Era da ore che cercava di addormentarsi, ma era tutto inutile. Goccioloni di sudore le bagnavano il viso dolce ed esile.
Si alzò. Non poteva continuare in quel modo. Si diresse verso la cucina e bevve un bel sorso di acqua fredda. Pensò dopo che era già a metà bicchiere che con quell'acqua le sarebbe potuta venire una congestione, ma poco importava, avrebbe sofferto un po' di mal di pancia. Finì il bicchiere e andò in bagno a darsi una rinfrescata.
Ora si sentiva molto meglio.
Si rimise a letto solo dopo aver aperto un po' la finestra in modo che entrasse un po' d'aria.
Le mani sotto la testa. Fissava il soffitto. I suoi pensieri invece volavano a un ragazzo. Un ragazzo che all'apparenza sembrava molto più grande di lei.
Chissà perché aveva voluto l'antidoto. Chissà qual era quell'importante impegno che si era preso. A giudicare dai capricci da bambino che aveva fatto per ottenerlo doveva essere qualcosa a cui teneva molto.
Ripensò a quel pomeriggio. Era andata a casa sua convinta di trovarlo e invece, quando suonò il campanello non rispose nessuno.
Dove se n'era andato?
La bambina si addormentò col pensiero che probabilmente era andato a risolvere uno dei suoi soliti casi.

Ran aprì lentamente gli occhi, quando la luce del sole, che entrava dalla finestra, iniziò a baciarle il viso.
Quando la sua vista tornò perfetta si guardò attorno. Per un attimo, quell'attimo prima di rendersi conto di cos'era successo nelle ultime ventiquattr'ore, rimase stupita di dove si trovava.
Era nuda. La testa appoggiata sul petto di Shinichi, anche lui senza vestiti, che ancora la teneva stretta a se, mentre dormiva beatamente.
La ragazza rimase incantata nel vedere il suo volto. Era perfetto. Anche lui baciato dalla luce ramata del sole mattutino.
La ragazza intenerita gli diede un lieve bacio sulla guancia.
Il ragazzo a quel contatto si svegliò e si stropicciò gli occhi proprio come un bambino, dopodiché li aprì.
La ragazza rimase, per l'ennesima volta, folgorata da quell'azzurro intenso, ma ricambiò il sorriso che lui le aveva porto.
Poco dopo si ritrovarono in cucina, entrambi ancora assonnati, a sorseggiare del latte fresco.
"Sai pensavo - disse Shinichi dopo aver mandato giù un biscotto - che sta sera volevo portarti in un posto"
"In un posto?" chiese stupita dell'atteggiamento del ragazzo.
"Sì, sempre se non ti dispiace ovvio" rispose lui risoluto bevendo un altro sorso di latte.
"No, credo di no. Ma che posto è?" continuò lei, sempre più stupita e confusa.
"Questo non voglio dirtelo. Sarà una sorpresa" rispose lui con un sorrisino tutt'altro che rassicurante.

La ragazza stava dormendo beatamente nel suo letto, quando qualcosa disturbò il suo sonno.
Non riconobbe subito il suono. Sembrava un ronzio. No più che un ronzio sembrava qualcosa che grattava sul suo comodino.
Allungò la mano e sentì che il suo cellulare vibrava. Guardò il display era un messaggio di Ran.
La ragazza con uno sbuffo poggiò di nuovo il cellulare sul comodino e si girò dall'altro lato per poi riaddormentarsi.
Qualche ora dopo era già vestita e si stava tirando su i capelli nella sua solita coda di cavallo.
"Ciao" disse una voce all'ingresso.
La ragazza riconobbe subito dalla voce il visitatore e dopo poco lo vide sbucare all'ingresso di camera sua.
Lei finì di sistemarsi il fiocco della coda sui capelli poi si girò verso di lui e gli sorrise.
"Allora? Sei pronta ad uscire?" chiese il ragazzo.
Lui indossava un paio di jeans e una maglia verde scuro che s'intonava perfettamente col suo solito cappellino firmato "Sax". Le mani in tasca e lo sguardo divertito.
"Prontissima rispose la ragazza" prendendo la borsa, già pronta, da sopra il letto e uscendo dalla camera.
I due stavano passeggiando da un po'.
"Come sta Ran?" chiese il ragazzo.
"Oh cavolo! Ran! Mi aveva mandato un messaggio!" disse prendendo il cellulare dalla borsa.
La ragazza lesse il messaggio. Era molto lungo. Eppure ad ogni parola il sorriso di Kazuha aumentava. Ad ogni parola la ragazza riconosceva la gioia unica dell'amica.
Heiji vide il volto della ragazza. Era sorridente, tranquilla, felice, solare.
Che cosa poteva dire? Che Ran avesse deciso di tradire per sempre il suo amico senza più soffrire? Che Shinichi non ha capito cosa è successo?
La ragazza appena finì di leggere si voltò verso di lui. Aveva lo sguardo interrogativo, che trasmetteva dubbio e angoscia. Lei senza perdere il suo sorriso gli porse il suo cellulare.
Il ragazzo all'inizio non credette a ciò che stava leggendo. Quel messaggio gli sembrava quasi surreale.
Lo dovette leggere una seconda volta e ancora gli sembrava che in quelle parole ci fosse qualcosa di assurdo.
Kazuha non hai idea di cosa sia successo in un solo giorno. Sono andata all'appuntamento. Ero terrorizzata, non sapevo come reagire, al bar abbiamo incontrato addirittura Ikuto. Eppure questa mattina mi sono svegliata tra le braccia di Shinichi. E' qui. E' qui vicino a me. Ieri dopo essere stati al bar siamo andati a casa sua. E…beh ecco…è successo! Capisci Kazuha, dopo quel folle errore che ho fatto. Lui mi ha perdonata e non solo. Mi ha perdonata e mi ha dimostrato il suo amore. Vorrei che questo fine settimana non finisse mai. Ma gliel'ho promesso. Gli ho promesso che quando ripartirà gli terrò fede. Non lo tradirò più. Lui in cambio ieri sera prima di addormentarmi mi ha promesso che mi chiamerà almeno una volta alla settimana. Non lo tradirò più, perché lui non mi ha mai abbandonato.
"Però poteva rimanere un po' di più che un fine settimana" disse Kazuha mentre il ragazzo le riporse il cellulare.
"Un fine settimana è anche tanto, rispetto a quello che poteva un tempo" disse invece il ragazzo.
"Ma cosa dici? Se la ama davvero dovrebbe abbandonare qualsiasi stupido caso e starle vicino. Non farle fare promesse in cambio di qualche telefonata. Lei ha bisogno che le sia accanto" protestò la ragazza.
"Kazuha non può! Capito? Non può! Tu non hai idea di cosa sta passando quel ragazzo, non sai quanto vorrebbe starle vicino. Ma non può!"
La ragazza rimase per un'attimo sconvolta dalla reazione del vecchio amico. Quindi lui sapeva perché Shinichi compariva solo ogni tanto. Lui sapeva il segreto di quel misterioso ragazzo.
Eppure non glielo chiese. Non volle saperlo. Perché sapere qualcosa che poi avrebbe dovuto nascondere a una delle sue migliori amiche? Perché tradirla in quel modo, come già stava facendo il ragazzo che amava? No, non l'avrebbe fatto. Non lo voleva sapere. E continuò la sua passeggiata con il ragazzo.

Ran uscì dal bagno paonazza.
"Sei sicuro che debba per forza? Mi sento a disagio"
Il ragazzo però non sembrava d'accordo perché la stava guardando meravigliato.
Sarà stato perché ormai si erano vissuti, sarà stato che erano dei vestiti davvero adatti a quel corpo perfetto, ma la vedeva in tutt'altra prospettiva.
Un paio di scarpe lucide e nere col tacco. Le gambe perfette e sensuali, salendo erano fasciate dal vestito bianco a fiori neri. Il vestito era molto corto e le copriva appena la parte più alta della coscia. La parte di sopra del vestito era divisa da una cintura nera e sottile e arrivava fin sotto le ascelle. Spalle e collo della ragazza erano completamente scoperte, non fosse stato per una catenina argentata attorno al collo. I capelli erano sciolti come al solito, ma sembravano avere una piega particolare.
Il ragazzo si soffermò molto sul suo viso. Era bellissimo, le guance leggermente arrossate per la vergogna gli occhi celesti perfettamente truccati.
"Ti sbagli - rispose dopo averla guardata - Sei un spettacolo! E non devi vergognarti di niente"
Poi le prese la mano e la porto al piano di sotto.
"Però non è giusto - borbottò la ragazza alla fine delle scale - insomma tu sei vestito normale, con camicia e pantaloni"
"E' la dura legge dell'eleganza, mia piccola Ran - disse lui con un sorriso sornione - Per essere eleganti le donne devono scoprirsi e gli uomini coprirsi"
Lei sbuffò, ma poi gli riprese la mano e lo seguì fuori dalla porta.
Ancora non sapeva dove la portava, non ne aveva la minima idea. Certo era che vestita così, non l'avrebbe portata in un luogo scontato. No, non era neanche da lui portarla in un luogo scontato. Eppure in quel momento non le veniva in mente neanche un luogo adatto. Nemmeno uno. Vuoto totale.
Presero un taxi, tutto in assoluto silenzio. Sembrava che da dopo la colazione a parte qualche sporadica frase, quel giorno il ragazzo avesse fatto il voto di silenzio.
Il ragazzo disse al tassista la destinazione, dopodiché si mise tranquillamente seduto.
Ran cercò di ricordare se aveva già sentito il nome della via, ma niente. Non aveva proprio la minima idea di dove la stava portando.
Per tutto il tragitto la ragazza continuò a guardare fuori dal finestrino. I grandi palazzi di Tokyo sfrecciavano sotto ai suoi occhi, mentre il suo pensiero era a quel bel ragazzo che sedeva nel posto davanti di fianco al tassista. Chissà come avrebbe fatto quando se ne sarebbe andato di nuovo. Chissà se sarebbe riuscita a sopportare la sua lontananza, o avrebbe ceduto di nuovo. Forse, era vero quello che aveva detto a Kazuha, forse ora che l'aveva vissuto, ora che era diventata in tutto e per tutto sua ci sarebbe riuscita. Sì. Sì, ne era sicura al cento per cento. Non avrebbe mai più tradito, neanche col pensiero, il suo Shinichi. Mai.
Arrivarono dopo una ventina di minuti.
Scesi dal taxi, Ran vide finalmente il luogo in cui il ragazzo aveva deciso di portarla.
Era un locale moderno. L'insegna a neon bianco citava "MollyDance".
I ragazzi entrarono. Anche l'interno era moderno. Era un locale molto grosso. Al lato destro un bancone in marmo occupava tutta la parete mentre il lato sinistro era occupato da divanetti e poltroncine in pelle bianca. Al fondo in centro un'uomo al mixer. Tutto il locale era illuminato da una luce soffusa che dava un'emozionante atmosfera densa.
La ragazza si guardò intorno spaesata. Sul serio Shinichi l'aveva portata lì? In un tipico locale notturno? Per un attimo la assalì un pensiero orribile. Il ragazzo con cui aveva aveva passato il week-end, che l'aveva posseduta in modo così naturale ed esperto e che l'aveva portata in quel locale. Quel ragazzo era davvero il suo Shinichi? Sì girò verso di lui e lo vide sorridere. Un sorriso dolcissimo, che le faceva martellare il cuore. Sì era lui, di questo ne era certa, forse era solo un sogno, ma di certo quello era il suo Shinichi.
Il ragazzo l'accompagnò fino al bancone.
"Che vuoi ordinare?" le chiese elegantemente.
"Un analcolico" rispose lei arrossendo.
Il ragazzo allora chiamò un barman e ordinò.
"Un analcolico speciale e un Gin per favore"
Gli vennero per un attimo i brividi, nel sentire ciò che aveva detto. Chissà perché poi. Non gli erano mai piaciuti gli alcolici forti. La sua lingua aveva agito da sola, e in un secondo la sua bocca aveva sputato quel maledetto nome. Se non era per lui e tutta quella banda di pazzi, quelle non sarebbero state le ultime quattro ore con la ragazza che amava. Sì, forse un alcolico forte era quello che ci voleva. Quella serata se la doveva godere al massimo. Sì, aveva proprio bisogno di quel Gin.
Poco dopo arrivarono le loro ordinazioni e i due ragazzi iniziarono a bere.
Quando erano già a metà della loro prima consumazione, ecco che il dj finalmente si avvicina al microfono e chiama tutti i ragazzi in mezzo al locale.
Finalmente il momento che aspettava. Era il momento. Aveva organizzato quell'appuntamento perfettamente, ma quell'idea gli era venuta solo il giorno prima. Con questa mossa però era sicuro che l'avrebbe conquistata in tutto e per tutto. Voleva che quel fine settimana non se lo dimenticasse mai. Voleva che quando sarebbe tornato Conan, lei non si dimenticasse di Shinichi così facilmente. Che quel week-end le potesse dare la forza per andare avanti senza la sua presenza. Anche se in realtà lui le era sempre accanto.
Le prese la mano e la trascinò in mezzo alla pista.
Ran per un'attimo rimase paralizzata. Lui con una sensualità inimmaginabile, comparsa solo in quel week-end la afferrò per i fianchi e la premette contro il suo corpo. Si muoveva in modo allucinante. Non avrebbe mai scommesso neanche un centesimo su di lui per un'abilità del genere. Chissà perché aveva sempre pensato che era scarso a ballare quanto a cantare. Invece sapeva ballare, eccome se sapeva ballare.
La maggior parte della serata passò così, tra un drink e un ballo. Ran dal suo primo analcolico, passò pian piano a roba più forte. Non ne sapeva il motivo, ma si sentiva così contenta che in qualche modo doveva festeggiare.

La ragazza si svegliò con un forte mal di testa.
Era sdraiata sul letto matrimoniale della camera degli ospiti a casa Kudo. Tentò di mettersi a sedere, ma la testa le esplodeva e aveva anche un po' di nausea.
Cercò di ricordarsi cos'era successo la sera prima, ma dopo il quinto o il sesto ballo tutto le appariva molto sfocato. Non ricordava bene cos'era successo. Cercò di chiamare Shinichi, per chiedergli sostegno, ma la nausea era talmente insopportabile che non le permetteva di parlare.
Si sedette bene sul letto, facendo respiri profondi e cercando di trattenersi al vomitare sulle lenzuola pulite.
Poco dopo fortunatamente il ragazzo, arrivò con una bacinella.
"Oh, ti sei svegliata - disse con un sorriso dolcissimo - Tieni questa è per te - continuò mettendo la bacinella sul letto accanto a lei - Forse ieri ti ho fatto esagerare un pochino, perdonami. Spero solo che tu ti senta meglio presto, non voglio andarmene mentre stai ancora male" concluse il ragazzo.
Ran tentò di parlare, ma per tutta risposta rovesciò nella bacinella. Quando si riprese si sciacquò la bocca con un po' d'acqua che le aveva portato il ragazzo, fece due grossi respiri e riuscì a parlare.
"Devi partire?" chiese.
"Sì, te l'ho detto che sarei stato solo un week-end. Ho il treno a mezzogiorno" disse con un'altro sorriso da mozzare il fiato.
La ragazza si girò verso l'orologio sul comodino. Era uno di quegli orologi con i grossi numeri rossi a carattere digitale. Quei grossi numeri che ora segnavano le undici. La ragazza sgranò gli occhi.
"Ma manca solo un'ora!"
"Tranquilla piccola, io sono pronto. Appena ti senti meglio ti saluto come si deve e vado, tanto di solito i treni stanno sempre dieci minuti in più in stazione"

Poco dopo la ragazza si sentiva meglio. Si stava lavando i denti. La menta del dentifricio le rinfrescava la bocca e si sentiva finalmente libera dalla sbornia. Cavolo aveva proprio dato i numeri quella sera, chissà quanto aveva bevuto e ballato. Chissà se era successo qualcosa con Shinichi anche se non se lo ricordava.
Sorrise, mentre si risciacquava la bocca. Se suo padre avesse saputo tutto quello che era successo in un solo week-end. Probabilmente l'avrebbe messa in punizione a vita.
Si sciacquò la bocca per l'ultima volta. Si diede di nuovo una controllata allo specchio e uscì.
Lui era dietro la porta. Chissà se l'aveva aspettata per tutto il tempo.
La prese per la vita e senza una parola la baciò. Lei ormai troppo abituata a quel nuovo Shinichi sicuro di sé rispose subito al bacio.

Era di nuovo davanti all'agenzia. Questa volta sorridente e felice. Entrò in casa e salutò contenta.
"Ehi Ran com'è andata?" chiese il padre che era di nuovo davanti alla televisione con una birra in mano.
"Benissimo papà, ci siamo divertite un sacco! A proposito dov'é Conan?" chiese la ragazza non vedendo il bambino.
"Ah già è vero, doveva tornare oggi dal campeggio, chissà per che ora rincaserà!" borbottò Kogoro, continuando a fissare il televisore.
"Beh lo chiamo, così inizio a cucinare qualcosa per pranzo" disse poi la ragazza salendo in camera sua e tirando fuori il cellulare dalla borsa.
Digitò il numero e attese. Il cellulare stava facendo troppi squilli. Perché non rispondeva? Poi finalmente ecco che qualcuno risponde.
"Pronto?" chiese una vocina debole e affannata.
"Conan che ti è preso, cosa ti è successo?" chiese la ragazza preoccupata.
"Ah Ran, sei tu? Niente tranquilla. Io e gli altri abbiamo fatto una gara e mi è venuto il fiatone tutto qui. Ma dimmi avevi bisogno di qualcosa?" rispose il bambino.
"No, in realtà no. Volevo sapere se tornavi a casa per pranzo" rispose la ragazza ancora un po' dubbiosa della salute del bambino dall'altra parte del telefono.
"Certo, tra un'oretta credo di arrivare, allora ci vediamo Ran, ciao"
Tu tu tu…
Le aveva chiuso la chiamata. Certo che quel bambino era proprio strano.

"Cavolo, c'è mancato poco" sospirò il bambino, abbottonandosi la camicia bianca.
"Ora mi vorresti dire dove sei stato per un intero week-end con le sembianze di Shinichi?" chiese la bambina con sguardo serio, incrociando le braccia al petto.
"Affari miei" rispose il bambino aggiustandosi gli occhiali sul naso.
"Non sono affari tuoi hai capito? - disse la bambina prendendolo per il colletto della camicia - Ti rendi conto che se uno di loro ti scopre è la fine?"
"Ai, smettila, nessuno sa la nostra identità. Possibile che sei sempre così cinica?"
"Io non sono cinica, sono solo preoccupata, mentre tu caro mio - e gli puntò un dito sul petto - tu sei un…"
"Un'amante del rischio? Lo so, e ne vado fiero" disse col suo solito tono da leader.
"Stavo per dire uno scemo, ma se ti senti così orgoglioso di te non voglio smontarti"
Dopodiché la bambina se ne andò lasciando il piccolo Conan con un palmo di naso.

"Sono tornato!" urlò il piccolo Conan togliendosi e scarpe.
"Bene - sorrise Ran affacciandosi sulla scala - perché è pronto!"
"Ok, poso lo zaino da campeggio in camera e arrivo" rispose il bambino.
Poco dopo.
"Wow Ran - disse stupito il padre guardando stralunato il tavolo al centro della stanza - ma questo è un pranzo da re. Che ti succede?"
"Sono contenta" rispose tranquillamente la ragazza con sorriso sincero.
Il bambino non riuscì a trattenessi e sorrise anche lui. Ci era riuscito. Era riuscito a farla tornare su di morale. Ora, non si sarebbe più dimenticata che Shinichi la pensava in ogni istante. Sì, ora era sicuro che sarebbe stato tutto più facile. Certo una chiamata alla settimana sarà difficile. Ma per la sua Ran questo ed altro.
Il pranzo continuò tranquillamente, tra le risate di tutti e tre.

Era seduta in una delle due poltrone di velluto rosso che c'erano nella stanza, le gambe accavallate. Il suo sguardo era più freddo del solito. Quei due occhi tra il verde e il grigio fissavano il vuoto, anche se sembravano concentrati.
Qualcuno bussò alla porta, ma lei non si degnò di alzarsi e invitò il disturbatore ad entrare.
Se lo aspettava. Chi poteva essere se non lui. Il giovane viso abbronzato, i capelli biondi arruffati e quei maledetti occhi castano chiaro. Aveva appena chiuso la porta alle sue spalle e la stava guardando con la sua solita aria arrogante.
"Cosa vuoi?" disse la donna prendendo una sigaretta dal pacchetto che c'era sul tavolino vicino a lei e accendendola.
Lui sorrise. Un sorriso malizioso, degno di lui. Come si permetteva di sorriderle così? Poteva abbindolare tutte le altre, ma non lei.
Cambiò gamba, accavallando la destra sulla sinistra e aspirando dalla sigaretta.
"Pensi di rispondermi?" disse irritata la donna.
"Ho un buon motivo per farti cedere" rispose lui sornione, avvicinandosi a un altro tavolino più vicino alla porta d'ingresso della stanza.
"Non credo proprio mio caro. Fidati se ti dico che il mio odio per te è troppo profondo per farmi cedere. Anche se la tua missione fosse andata a buon fine non cederei" sorrise la donna compiaciuta, aspirando di nuovo dalla sigaretta.
"E se ci fosse in gioco la tua reputazione, qua dentro?" chiese lui prendendo due freccette dal tavolino.
La donna buttò fuori il fumo e lo guardò interrogativa, senza parlare.
Quando vide quello sguardo il ragazzo con una precisione allucinante, tirò in contemporanea le due freccette sul tiro a segno che c'era nella stanza.
La donna si girò a guardare e qualcosa le si fermò in gola.
"Speravi, forse di nasconderlo? So che è vivo e sono sicuro che tu sai dov'è! Allora Vermouth pensi ancora che io sia un ragazzino?"

Il bambino si svegliò di soprassalto. Le gocce di sudore gli imperlavano il viso e scendevano lente, mettendo i brividi al poveretto. Di nuovo quel maledetto incubo. Sembrava dargli il tormento.
Si alzò sperando di farsi passare quella brutta sensazione. Poi però qualcosa lo distrasse. Dal corridoio riusciva a intravedere una luce azzurrina. Sembrava provenire dalla cucina. Eppure non poteva venire da fuori, perché sembrava ogni tanto diventare lieve e poi riaccendersi di nuovo.
Conan tornò indietro prese gli occhiali e l'inforco. Dopodiché si diresse a passo leggero verso la fonte di quella strana luce.
Quello che vide lo lasciò confuso.
"Ran-neechan, che ci fai sveglia a quest'ora? Sono le due di notte" sussurrò facendo finta di essere mezzo addormentato. Ma quel maledetto incubo l'aveva svegliato del tutto e non riusciva neanche a toglierselo dalla mente.
La ragazza si girò verso di lui con un sorriso tranquillo e dolcissimo.
"Non riuscivo a dormire, così sono venuta a vedere un po' di TV, sarei potuta andare sotto nell'ufficio, ma sinceramente non avevo molta voglia"
Il bambino si girò verso la fonte luminosa che l'aveva messo all'erta, la televisione, che mandava in onda la solita telenovela notturna.
"E te perché non sei a letto?" continuò poi Ran, riportando il piccoletto alla realtà.
"Beh ecco…in realtà, mi sono svegliato per lo stesso incubo di una settimana fa, allora ho pensato di venire a bere un po' d'acqua"
La ragazza sorrise, alzandosi dalla sedia su cui era seduta e si avvinco al piccolo.
Conan deglutì, l'ultima volta che le era stato vicino era stato quando l'aveva salutata da Shinichi. Una voglia sfrenata di afferrarla e stringerla lo assalì, così il bambino si dovette tenere le mani ferme dietro la schiena.
La ragazza si accovacciò, per arrivare alla sua altezza.
"Mi vuoi raccontare questo incubo spaventoso, che fa così tanta paura al nostro piccolo detective?" chiese lei mostrando di nuovo quel meraviglioso sorriso che fece contorcere tutte le viscere al povero bimbo. Fortunatamente il rossore del volto, si poteva interpretare come l'emozione per il complimento, perché se no avrebbe avuto molto da spiegare.
"Non è niente davvero, è solo uno stupido sogno - si girò e si diresse verso la porta della cucina - Ora vado a letto e…"
Non finì la frase perché la giovane l'aveva afferrato per il suo piccolo braccio bloccandolo. Si voltò terrorizzato. Perché faceva così? E se avesse capito tutto. E se avesse collegato tutti i fili e avesse capito che lui era Shinichi? No impossibile.
La ragazza gli sorrise.
"Sei sicuro che non me lo vuoi raccontare? Se vuoi vengo in camera tua e sto con te finché non ti addormenti" sorrise lei dolcemente.
Deglutì. Ci mancava solo che venisse nella stessa camera in cui dorme. Già gli era difficile trattenersi in quel momento. Figuriamoci in camera sua.
"No Ran davvero. Torno a dormire" disse lui con un sorriso un po' tirato.
"Bene, allora penso che ti seguirò anche io e andrò a dormire" disse infine la ragazza sospirando e spegnendo il televisore.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 30/5/2012, 22:14
 
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Molto bella questa seconda parte! E' sempre più interessante^^
Quindi è Ikuto il ragazzo che si è incontrato con Vermouth?
La situazione si complica sempre più!
Che bell'appuntamento che Shin ha organizzato per Ran, molto carino il vestito xD
Non mi aspettavo che Shinichi al bar avrebbe ordinato del gin :D
Molto ben scritto il dialogo tra Conan e Ai!

Tutto il capitolo è scritto davvero benissimo, sono curiosa di sapere come proseguirà!
 
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view post Posted on 2/6/2012, 18:22     +1   -1
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Grazie mille Simona^^ Sono contenta ti sia piaciuta^^
 
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view post Posted on 8/9/2012, 02:34     +1   -1
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Il continuo kiaretta?! a quando?! :cry:

Counque mi piace tantissimo, complimentoni!!!!
 
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view post Posted on 20/11/2012, 13:37     +1   +1   -1
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Black Lady

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Parte terza
Il treno correva veloce sulle rotaie.
Il ragazzo era seduto in uno dei sedili del suo vagone vicino al finestrino e leggeva tranquillamente un libro. La leggera aria condizionata del treno muoveva leggermente i suoi capelli biondi perfettamente pettinanti, mentre i suoi occhi di ghiaccio scorrevano la pagina fitta di parole del libro.
A un tratto un suono acuto e corto. Il ragazzo aprì la cerniera della sua piccola tracolla nera e vi infilò la mano dentro estraendone il piccolo apparecchio telefonico. Era un messaggio. Il ragazzo lesse velocemente, poi sorrise e rimise il cellulare dentro la tracolla.
Proprio in quel momento il controllore si avvicinò al suo posto.
"Biglietto, prego" disse guardando il ragazzo.
Lui aprì nuovamente la cerniera del borsellino nero tirando fuori il pezzo di carta su cui era scritto il suo nome e la sua destinazione, e lo porse all'uomo col berretto e la divisa neri.
L'uomo controllò il pezzo di carta leggendo quelle informazioni.
Tooru Amuro - destinazione Tokyo
L'uomo bucò il foglietto e lo restituì al ragazzo biondo.
Appena l'uomo si allontanò il biondo afferrò di nuovo il suo libro, ricominciando a leggere.

La macchina bianca affittata correva veloce sulla strada, portando i suoi tre passeggeri verso la stazione. Alla guida c'era Kogoro, lo sguardo concentrato sull'asfalto che sfrecciava sotto di loro. Di fianco a lui la figlia aveva il gomito appoggiato alla portiera e il viso sorretto dalla sua mano guardava il paesaggio che passava veloce dal finestrino.
Il bambino nel sedile posteriore, invece era pensieroso, quasi preoccupato. Qualcosa nella sua mente continuava a vorticare e a innervosirlo. Il pensiero di rivedere quel ragazzo e di riaverlo tra i piedi lo faceva impazzire. Eppure non aveva neanche uno straccio di prova, per accusarlo di essere uno di loro, aveva solo la sua parola e quella di Haibara, ma chi mai avrebbe creduto a due bambini? Come al solito quei maledetti gli avevano legato le mani.
Un'altro pensiero però lo assillava ancora di più. Come al solito non riusciva a capire cos'avevano in mente e questo gli dava sui nervi. Erano passati ormai due mesi dal viaggio sul Bell Tree Express e alla scoperta della vera identità di Bourbon, ma gli uomini dell'organizzazione non avevano più mosso un dito da allora. Pensava che gli unici due a conoscenza del suo segreto, prima o poi avrebbero riferito tutto o almeno avrebbero provato a uccidere lui o Ai. Invece niente. Per due mesi non aveva più sentito loro notizie, se non quel maledetto ragazzo che ora stavano andando a prendere alla stazione dopo le sue belle tre settimane di vacanza.
Arrivarono in perfetto orario e dopo aver parcheggiato la macchina, entrarono nella stazione mescolandosi a quella marea di gente che entrava e usciva, che scendeva e saliva dai treni, o che anche solo li aspettava. Si fermarono davanti al tabellone, per cercare quale fosse il binario del treno che aveva preso il ragazzo.
"Allora vediamo… Tottori delle undici… - disse Ran ragionando ad alta voce - …ah eccolo, trovato! Binario sei."
Il bambino s'incupì ancora di più al quel pensiero ad alta voce della ragazza. Si era completamente dimenticato della destinazione del ragazzo. Chissà se nella sua vacanza a Tottori aveva anche incontrato il boss. Quell'uomo che muoveva tutte le fila nell'organizzazione, quello stesso uomo che da quasi un anno gli aveva rubato la sua adolescenza.
Strinse i piccoli pugni, seguendo gli altri due che si stavano dirigendo al binario sei.
Dopo solo un minuto arrivò il treno. Da cui scesero parecchie persona. In mezzo a tutta quella marea di gente, c'era anche lui. Il bel viso da conquistatore, i capelli biondi perfettamente pettinati e i bellissimi occhi di ghiaccio.
Ran gli fece segno con la mano salutandolo.
"Tooru, siamo qui!" urlò.
Il ragazzo li vide e sorrise, mentre si avvicinava al gruppo.
"E' un piacere rivederla signor Kogoro." disse appena arrivato con un leggero inchino tipico della loro cultura.
"Vale anche per me ragazzo." rispose l'uomo coi baffetti, battendo sulla spalla del giovane.
"Ran…" disse il ragazzo lanciando semplicemente una delle sue solite occhiate conquistatrici alla bella ragazza, che arrossì leggermente.
A quella reazione, il piccolo Conan irritato iniziò a tirarle nervosamente la gonna.
"Ran, andiamo a casa! Tra poco inizia un nuovo episodio di Kamen Yaiba, forza!" disse con quella vocina da bimbo capriccioso, che ultimamente gli veniva parecchio bene.
"Conan… - disse il ragazzo abbassando lo sguardo su di lui - Non ti avevo visto, piccola peste. Come stai?" chiese scompigliandoli i capelli castani con la mano che non teneva la valigia.
"Stavo meglio prima!" sentenziò il bambino lanciandogli un'occhiata tagliente.
"Conan! - lo rimproverò la ragazza - Ti sembrano cose da dire?" disse mettendo le mani sui fianchi.
Il ragazzo però non sembrò per niente turbato anzi, dopo essere scoppiato a ridere disse a Ran di non preoccuparsi e poi rivolse uno sguardo quasi compiaciuto verso il bambino, come se si fosse aspettato proprio quella reazione da lui.
Si diressero nuovamente verso il parcheggio della stazione, dove la bianca macchina affittata stava tranquillamente parcheggiata. Kogoro aprì la macchina e il ragazzo sistemo la valigia nel bagagliaio, dopodiché si aprì lo sportello e si sedette di fianco al detective, in modo che sul sedile posteriore si sedessero Conan e Ran.
Il viaggio di ritorno fu meno silenzioso di quello dell'andata. Ran e Kogoro vollero sapere tutti i particolari delle settimane di vacanza. Il biondo raccontò, di magnifici bagni nell'oceano, stupende ragazze in bikini, spiagge dalla sabbia così sottile che faceva quasi piacere averla sotto i piedi, gustosi pasti e cocktail dissetanti. Ne parlò per quasi tutto il viaggio e gli altri due spesso esclamavano entusiasti o lo interrompevano con qualche domanda.
L'unico che rimase zitto per tutto il viaggio fu Conan. Rimase con la mano sotto il mento guardando fuori dal finestrino. Nessuno avrebbe potuto notare, che ciò che stava guardando non era il paesaggio che sfrecciava dal finestrino della macchina, ma lo specchietto retrovisore che si trovava un po' più avanti, in cui vedeva riflesso il volto bronzeo di quel bel ragazzo seduto nel sedile di fronte a lui.

"Allora?" chiese la bambina dai capelli ramati che era seduta sul divano verde, con le gambe accavallate e le braccia incrociate, come una vera donna.
"Allora, cosa?" chiese lui di risposta con uno sguardo interrogativo.
"Cos'è successo?" chiese di nuovo la bambina, sembrava quasi scocciata del comportamento del suo interlocutore.
"Non è successo niente. Figurati se quello lì avrebbe parlato di qualcosa di compromettente. E' stato tutto il viaggio di ritorno a raccontare di quanto sia stata bella la sua vacanza al mare." rispose il bambino con aria anche lui molto stufa.
Ultimamente aveva visto l'amica, molto più nervosa. Non ne sapeva il motivo, sebbene forse l'esperienza al Bell Tree Express la doveva aver scossa parecchio, ormai erano passati due mesi, possibile che ancora fosse così nervosa?
"Chi è che è andato in vacanza al mare?" chiese una vocina dolce prendendo i due alla sprovvista.
Si voltarono e davanti ai loro occhi videro quella bella bambina dai capelli castani sormontati da un bel cerchietto verde che s'intonava perfettamente col bel maglioncino che indossava.
Il bambino occhialuto rispose con la solita aria annoiata, con cui aveva risposto all'altra bambina.
"Amuro…"
Gli occhi azzurri della bambina si illuminarono.
"Vuoi dire quel bel ragazzo che vive a casa tua?" chiese con vocina sognante.
"Proprio lui." rispose il ragazzo senza un briciolo di emozione.
La bambina però sembrava non essersi accorta del tono che aveva usato l'amico, e continuò a guardare il vuoto con occhi sognanti, immaginando ad occhi aperti.
"Quanto mi piacerebbe avere un ragazzo come lui al mio fianco da grande."
A quelle parole la bambina dai capelli ramati si alzò dal divano e si allontanò, mentre Conan si volto verso l'amica esasperato.
"Non dire sciocchezze Ayumi! Fidati, quel ragazzo è solo una palla al piede."
Quelle parole questa volta sembrarono arrivare alle orecchie della bambina, che fece il muso verso l'amico.
"Lo dici solo perché sei geloso."
Il bambino la guardò stupito, non aveva capito il senso di quell'affermazione.
"Geloso per cosa scusa?" chiese chiarendo alla bambina il suo sguardo interrogativo.
"Beh è facile, vorresti avere la sua età per conquistare Ran. Lo vedo come la guardi sai?" disse la bambina offesa, come se qualcuno le avesse appena fatto un dispetto, incrociando le braccia.
Il bambino questa volta non riuscì a ribattere. Rimase a fissare la piccola amica, sbigottito. Com'era possibile che avesse capito? Eppure a lui gli era parso di comportarsi normalmente con Ran, almeno nei panni di Conan. Com'era possibile che una bambina avesse capito i suoi sentimenti.
A un tratto qualcosa riscosse entrambi, un'altra voce infantile, questa volta maschile, proveniva dall'altra stanza.
"L'abbiamo finito!" urlò.
"Davvero?" chiese la bambina a cui era subito rispuntato il sorriso e stava già correndo verso la porta.
"Hai visto cosa può fare l'amore?" gli sussurrò qualcuno nell'orecchio.
Lui si girò, dietro c'era di nuovo Ai, che gli sorrideva con il suo solito sguardo enigmatico.
"Che vorresti dire?" chiese ironico lui.
"Voglio dire che il cuore a volte deduce di più del cervello, mio caro detective."
A quelle parole ecco un'altro sorriso sul volto di quella misteriosa bambina che seguì l'amica nell'altra stanza lasciandolo indietro.

"Prendiamo tre caffè e un'aranciata per il piccoletto" disse il ragazzo, ricevendosi subito dopo uno sguardo tagliente dal bambino che aveva accanto.
A quelle parole la cameriera scrisse qualcosa su un taccuino e poi si allontanò dal tavolo.
"E' bello stare per una volta dall'altra parte e non fare più il cameriere. - sospirò il biondo mettendosi le mani dietro la testa e poggiandosi al muro che aveva alle spalle, mentre coi suoi occhi di ghiaccio guardava uno ad uno i clienti del bar - Facciamo un gioco!" disse all'improvviso.
"Un gioco?" chiese Ran che diede parola al volto interrogativo degli altri due.
"Sì, puoi giocare anche tu Ran. E' un esercizio che i detective fanno spesso per tenersi allenati nelle deduzioni. Scegliamo un cliente del bar e proviamo a capire chi è soltanto guardandolo. Prendi quella per esempio, secondo te che lavoro fa?"
Indicò una donna seduta al bancone. Era vestita in modo parecchio formale ed elegante. Due belle decolté nere col tacco che pronunciavano la linea perfetta del suo collo del piede. I polpacci erano nudi, mentre una gonna nera molto aderente le arrivava fino a sopra le ginocchia, probabilmente tirata un po' per la posizione seduta. Una camicia bianca con una piega impeccabile era ben messa sotto la gonna, la donna aveva lasciato un paio di bottoni sotto il colletto sbottonati e si notava una bella collana di perle bianche che le ornava il collo. Aveva i capelli neri raccolti verso l'alto da una bella spilla bianca, molto elegante, che risaltava sui capelli scuri, sembrava avere una scritta in argento dipinta sopra. Le mani sembravano delicate, all'anulare di entrambe le mani portava un anello, e le unghie perfettamente curate erano smaltate di rosso. Era di spalle perciò non si poteva vedere il viso, ma la pelle era chiara forse anche un po' pallida e si poteva vedere che aveva un paio di occhiali, sul naso, a forma rettangolare con una spessa montatura nera. Nella sedia di fianco alla sua c'era una valigetta di pelle da lavoro e un' elegante giacca nera.
"Ah - sbuffò Kogoro incrociando le braccia - questo è un gioco per ragazzini, io mi astengo."
"E dai papà! - lo incitò la ragazza dandogli una leggera gomitata, poi si voltò di nuovo verso al donna - Allora vediamo… di sicuro è un lavoro che fa guadagnare molti soldi, perché sembra trattarsi molto bene." disse la ragazza.
"Oppure i soldi ce li ha suo marito." disse il bambino completando la deduzione.
"Come fai a dirlo?" chiese Ran, girandosi sbigottita verso il bambino che se ne stava appoggiato al tavolo, con l'aria quasi annoiata.
"Beh ha la fede al dito e poi…"
"… e poi una donna non si comprerebbe mai un fermaglio così costoso con il nome di un uomo scritto sopra. - lo precedette il biondo - Non volevi dire questo piccola peste?"
Il bambino non rispose e Ran continuò ad alta voce le sue deduzioni.
"Beh comunque sia quella borsa in pelle e sua, e poi con un talleiur così di sicuro è una donna in carriera."
"Su questo sono d'accordo." rispose Tooru rimanendo nella sua comoda posizione.
"E' un avvocato."
Tutti e tre si girarono verso l'uomo al loro tavolo.
"Come fai ad esserne sicuro papà?" chiese la ragazza.
"Perché ha la stessa aria saputella e strafottente di tua madre."
Ran lo guardò infuriata.
"No non credo sia un avvocato. Per me è un medico." disse Amuro, tornando comodo.
"Scusami?" chiese Ran, con sempre la solita domanda in bocca.
"La conca inferiore delle sua orecchie è leggermente deformata. Probabilmente perché usa lo stetoscopio molto spesso, quando visita i pazienti."
A quelle parole il bambino scoppiò a ridere di gusto e tutti e tre si girarono verso di lui.
"Oh andiamo dici sul serio? Poggeresti tutte le tue supposizioni sulla conca inferiore deformata? E se usasse gli auricolari per il cellulare o le cuffie per ascoltare la musica?" chiese divertito, soffocando altre risate.
"Non ha tutti i torti il mocciosetto." confermò Kogoro.
"Dimmi allora la tua deduzione, mio piccolo Sherlok." disse Amuro con tono di sfida.
"Facile come bere un bicchier d'acqua mio caro. E' un insegnante." rispose lui poggiandosi nuovamente sul tavolo.
"E sentiamo quali sarebbero le prove?" chiese il ragazzo curioso.
"Ne ho ben tre. La prima è proprio sul suo orecchio destro, che a quanto pare hai osservato poco attentamente, sotto l'attaccatura dell'orecchio infatti che una macchiolina blu segno che qualcosa come una penna le ha sporcato la pelle. La seconda sono le maniche della giacca, se guardate i polsini sono più chiari del resto del tessuto, molto probabilmente perché spesso scrive con gesso sulla lavagna e capita spesso di sporcarsi i polsini in casi del genere."
"E la terza?" chiese Ran stupita dall'intuizione del bambino.
"La terza non è una vera e propria prova. Semplicemente l'ho vista un paio di volte di sfuggita in corridoio a scuola." disse con una risatina nervosa.
"Ora si spiega tutto. Mi pareva strano che il moccioso potesse scoprire tutte queste cose solo con uno sguardo."
"Già." sorrise il piccolo.
In realtà quella donna non l'aveva mai vista in vita sua. Ma tra Ran sospettosa e quel ragazzo, non poteva di certo esporsi più di così, altrimenti avrebbe dato troppo nell'occhio. Insomma pur se appassionato di gialli e pur vivendo con Kogoro, non è normale che un bambino di otto anni potesse dedurre certe cose. Il ragazzo biondo però non sembrava convinto della sua ultima frase e lo guardava ancora di sottecchi.
"Dai proviamo di nuovo, questa volta scelgo io, quel ragazzo… lì…"
Ran era rimasta con il dito sospeso in aria e gli altri tre si voltarono per vedere chi stava indicando.
La figura che aveva appena segnato si stava avvicinando. Era un bel ragazzo biondo, coi lunghi capelli arruffati, la pelle abbronzata e due bellissimi occhi castano chiaro.
A quella vista le viscere di Conan si contorsero, fino quasi a fargli male allo stomaco, mentre una rabbia incontrollabile iniziava a salire e a ribbolirgli in corpo. Sembrava però che non fosse l'unico ad essere nervoso, perché vide la mano di Amuro stringere convulsamente il tavolo, finché le nocche non divennero bianche.
"Signor Kogoro, è un piacere vederla!" disse sorridendo appena fu arrivato al tavolo.
"Ci conosciamo?" chiese stupito il detective.
"Ma come non si ricorda? Mi ha aiutato con quel caso della mia cartella scomparsa." rispose lui con ampio sorriso.
"Ah ora ricordo, ti chiami Ikuto, se non sbaglio." rispose l'uomo, non accorgendosi che gli altri tre commensali erano rimasti sconvolti.
"Sono io! - rispose il ragazzo senza abbandonare il suo ammaliante sorriso, che rivolse subito alla ragazza - Ran, come te la passi? Hai risolto con…"
Non finì di parlare perché Conan aveva battuto un pugno sul tavolo, sembrava infuriato.
"Alloraaaaa! Io voglio la mia aranciataaaaa!" urlò.
"Conan, datti un contegno." gli sussurrò Ran.
"Ma Ran, non è giusto. E' un sacco che aspetto e io la voglio!" disse con una perfetta voce da bambino offeso.
"Beh io vado, a quanto pare hai da fare la baby-sitter a questo piccoletto. Ma appena puoi sentiamoci, ti devo parlare." disse lanciandogli un altro sorriso ammaliante, prima di allontanarsi, facendola arrossire.
A quella reazione della ragazza, il bambino irritato strinse il piccolo pugno, furioso. Come si permette, quello stupido ragazzo di far ancora gli occhi dolci alla sua Ran? L'avrebbe pagata, questo era certo.
"Ecco a voi!" disse la cameriera, facendo tornare alla realtà il bambino.
"Hai visto Conan? E' arrivata la tua aranciata." disse Ran con un leggero sorriso.
"Grazie." disse lui a mezza voce, vergognandosi un po' di ciò che aveva fatto poco prima.
Ma era necessario. Quel ragazzo stava per nominarlo, e se già Amuro aveva qualche sospetto, nominandolo sarebbe stato tutto chiaro come il sole.
Ci misero poco e bere le loro consumazioni, poi Kogoro, seguito da Ran, si avviò verso il bancone per pagare. Stava per andargli dietro quando qualcuno lo bloccò per il braccio. Si voltò e vide lo sguardo di ghiaccio del ragazzo.
"Se ci tieni davvero alla tua amica, non farla più avvicinare a quel ragazzo." disse, poi lo lasciò andare e lo superò per raggiungere gli altri due.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 20/11/2012, 16:16
 
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view post Posted on 21/12/2012, 22:00     +1   -1
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Sono riuscita a leggere alla fine xD
Comunque! La storia sta prendendo una bella piega... Amuro, sto Ikuto.. Conan geloso!! :asd:
Hahahah.. ma quant'è che torna Shinichi?! *_____*
Va beh, nulla, continua così. Alla prossima ^^
 
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view post Posted on 22/12/2012, 10:26     +1   -1
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Sì lo so... pensi "In fondo è una Hot Shot, quando arriva un po' di movimento?" Ti prometto però che nel prossimo capitolo, quando mai riuscirò a scriverlo... se ne vedranno delle belle...
 
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dddd6
view post Posted on 22/12/2012, 22:11     +1   -1




Allora... Davvero bella, interessante, scritta benissimo, mi sta appassionando molto anche la trama, e mi è piaciuta, soprattutto la prima parte. Sei molto brava, complimenti ^^ :clap: :clap: spero arrivi presto il seguito ;)
 
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view post Posted on 23/12/2012, 12:07     +1   -1
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CITAZIONE (dddd6 @ 22/12/2012, 22:11) 
Allora... Davvero bella, interessante, scritta benissimo, mi sta appassionando molto anche la trama, e mi è piaciuta, soprattutto la prima parte. Sei molto brava, complimenti ^^ :clap: :clap: spero arrivi presto il seguito ;)

Eh purtroppo questa ff... come avrai notato dalle date va parecchio a rilento rispetto al normale... più che altro perché preferisco farla bene e con capitoli molto lunghi^^
 
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Sara Kudo
view post Posted on 20/2/2013, 19:18     +1   -1




vojhedsghvuiedhjvisvfòplwsofis
*sclera*


Ok, non assicuro che il mio sarà un commento serio e coerente.

Ci credi che per tutto il primo capitolo avevo le lacrime agli occhi?
Non posso immaginare nessun'altro se non Shinichi con Ran :cry:
E bum, mi ritrovo Ran che lo tradisce ç___ç Mi sentivo proprio come Kazuha e Heiji.. Dispiaciuta da morire per Ran ma incazzata perché Shinichi è nei guai fino al collo...
Poi per fortuna le cose si sono sistemate, Shinichi si è ripreso la sua donna! :wub:
*fiuuuuuuu*

Sei fantastica. Hai scritto divinamente.

CITAZIONE
Si girò. Si girò e divenne paonazza.
Era lì davanti a lei. A petto nudo. Con solo un paio di boxer. I capelli ancora umidi, erano appiccicati al viso e ogni tanto gocciolavano sul pavimento.

Andiamo, chi non vorrebbe vederlo così? ç___ç
GOSHOOOOOOOOOOOOOOO! Datti da fare! :hehe:

CITAZIONE
"E anche il letto e pronto, considerata l'ora dovremmo pensare a qualcosa da mangiare, perché non credo che tu viva solo d'amore" disse il ragazzo con un sorriso.

:wub: Shinichiiiiiiiiii

CITAZIONE
"Un'amante del rischio? Lo so, e ne vado fiero" disse col suo solito tono da leader.
"Stavo per dire uno scemo, ma se ti senti così orgoglioso di te non voglio smontarti"

Ahahahahahahahahahahahahahahahahahahahaha :lollo:

CITAZIONE
Tooru Amuro - destinazione Tokyo

Ogni volta che lo sento nominare.. Ehm... :asd: Lasciamo perdere *censura* :wub:


CITAZIONE
"Conan… - disse il ragazzo abbassando lo sguardo su di lui - Non ti avevo visto, piccola peste. Come stai?" chiese scompigliandoli i capelli castani con la mano che non teneva la valigia.
"Stavo meglio prima!" sentenziò il bambino lanciandogli un'occhiata tagliente.

Ahahahahahahahahahahahahahhaha bravo Shin :sisi:


CITAZIONE
"Voglio dire che il cuore a volte deduce di più del cervello, mio caro detective."

*__* *le viene in mente London Arc*


CITAZIONE
"E' un avvocato."
Tutti e tre si girarono verso l'uomo al loro tavolo.
"Come fai ad esserne sicuro papà?" chiese la ragazza.
"Perché ha la stessa aria saputella e strafottente di tua madre."

In questa parte ho riso come una cretina. :lollo: :lollo: :lollo:


CITAZIONE
"Dimmi allora la tua deduzione, mio piccolo Sherlok." disse Amuro con tono di sfida.
"Facile come bere un bicchier d'acqua mio caro. E' un insegnante." rispose lui poggiandosi nuovamente sul tavolo.
"E sentiamo quali sarebbero le prove?" chiese il ragazzo curioso.
"Ne ho ben tre. La prima è proprio sul suo orecchio destro, che a quanto pare hai osservato poco attentamente, sotto l'attaccatura dell'orecchio infatti che una macchiolina blu segno che qualcosa come una penna le ha sporcato la pelle. La seconda sono le maniche della giacca, se guardate i polsini sono più chiari del resto del tessuto, molto probabilmente perché spesso scrive con gesso sulla lavagna e capita spesso di sporcarsi i polsini in casi del genere."
"E la terza?" chiese Ran stupita dall'intuizione del bambino.
"La terza non è una vera e propria prova. Semplicemente l'ho vista un paio di volte di sfuggita in corridoio a scuola." disse con una risatina nervosa.

Mi ricorda il film di Sherlock Holmes :sisi:
Bravo Shinichi! :clap:



Complimenti, fino a qui è fantastico!
E la storia si fa davvero interessante *___*
Mi raccomando, non farmi prendere altri colpi al cuore :asd:
Sono sensibile: se Shin non sta con Ran o viceversa, prendo un colpo :sisi:


A presto <3
 
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view post Posted on 20/2/2013, 20:49     +1   -1
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Wow... sono contanta che ti sia piaciuta ^^
Eh stai tranquilla... sai che sono una ShinxRan sfegatata anche io... era solo per vivacizzare...
 
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87 replies since 15/3/2012, 11:41   4680 views
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