Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 24/3/2013, 15:00 by: KiarettaScrittrice92     +2   +1   -1
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Parte quarta
Tooru aprì la porta nera con il suo nome in codice scritto sopra in bianco, per poi chiudersela alle spalle.
Gli era davvero mancato quel luogo. Il suo ufficio era l'unico posto in cui sembrava poter abbandonare tutte le sue difese e i suoi problemi e rilassarsi.
Si avvicinò alla scrivania e allungò la mano verso la ciotola di metallo che conteneva centinaia di caramelle di ogni tipo. Ne afferrò una con la carta azzurra, la scartò e se la infilò in bocca assaporando il pungente sapore della menta forte che subito gli rinfrescava tutta la bocca. Poi buttò la carta nel cestino di fianco alla scrivania e si sedette su una delle poltrone in pelle nera, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi.
La tranquillità però non durò a lungo.
Era da pochi minuti seduto, quando qualcuno busso alla porta.
"E' aperto!" disse un po' scocciato.
Sulla soglia apparve lei. Come ogni volta che la vedeva e non si aspettava la sua presenza il suo cuore perse un colpo.
Quel corpo sinuoso, che parecchie volte aveva sognato di possedere nei suoi desideri più nascosti, era avvolto da un jeans scuro e da una camicetta nera sbottonata in modo da creare una scollatura vertiginosa.
Si alzò di scatto, come una reazione involontaria.
"Ve-Vermoth, che succede?" chiese nervosamente.
Lei per niente scossa da quella reazione si chiuse la porta alle spalle e si diresse tranquillamente all'altra poltrona.
Appena fu arrivata, si sedette, accavallando le gambe e mettendosi comoda.
Il ragazzo la imitò, guardandola nervosamente.
"Tuo cugino sta esagerando." disse lei.
Teneva gli occhi chiusi e come al solito la sua voce era sensuale e pacata, come se niente la potesse turbare.
"Me l'hai già detto per messaggio." rispose lui sorridendo.
"Non è uno scherzo Bourbon, qui la cosa è seria. Se continua così rischiamo anche noi."
"Cosa intendi dire?" chiese di nuovo nervoso.
"Intendo dire che sa tutto, e se non lo sa, lo scoprirà presto."
"Cosa vuol dire tutto?"
Ora era impallidito. Piccole goccioline di sudore scendevano lentamente sulla sua fronte, mentre sembrava che la saliva gli si fosse bloccata in gola per creare un blocco.
"Tutto! - rispose lei - Ogni singola cosa. Sul nostro conto e su quello dei ragazzi." rispose.
Aveva sempre gli occhi chiusi e sebbene il ragazzo sapesse che la cosa turbava anche lei, sembrava sempre impassibile.
"Che cosa facciamo?" chiese lui sempre più nervoso.
"Tienilo d'occhio!"
Dopo aver detto quelle parole, la donna si alzò dalla poltrone e uscì dall'ufficio del giovane chiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo di nuovo solo.

Tenerlo d'occhio. Come se fosse stato facile. Quel ragazzo sembrava essere più sfuggente dell'acqua.
Quell'acqua che ora stava cadendo fitta dal cielo grigio e lugubre. Quell'acqua che gli stava bagnando la camicia a maniche corte, che gli si appiccicava sul corpo abbronzato, e i capelli biondi.
Arrivò all'agenzia Mori bagnato fradicio.
"Mio dio, ragazzo! Sei zuppo!" disse Kogoro, che stranamente non era ubriaco, alzandosi di botto.
"Non si preoccupi signor, Mori. Vede che dopo una doccia calda e dei vestiti asciutti starò meglio." rispose il ragazzo facendogli segno di non preoccuparsi e allontanandosi, verso la stanza in cui dormiva.
La doccia lo rilassò. Quei pochi minuti sotto l'acqua calda sembravano sempre fargli dimenticare il gelo dei suoi compiti. Sentiva ogni singola goccia percorrergli la pelle e scivolare giù per il corpo.
Con un colpo secco, portò indietro i capelli biondi e piegò indietro il collo, lasciandosi picchiettare il viso dall'acqua. Le goccioline colpivano il viso e poi rotolavano in basso. Le voleva percepire una a una. Mentre gli percorrevano il collo, il petto possente, la schiena, le gambe.
Sì, era decisamente rilassante.
Uscì dal bagno con un ampio sorriso. Come se l'acqua avesse lavato via ogni sua preoccupazione.
"Ora mi sento meglio!" disse rivolgendosi al proprietario di casa.
Come c'era da aspettarsi fuori dall'immensa vetrata dell'ufficio splendeva di nuovo il sole. L'acquazzone estivo era già finito.
"Dovresti stare attento Amuro. Gli acquazzoni estivi, qui a Tokio, sono micidiali."
"Come mai oggi non vede la TV, detective?" chiese incuriosito il ragazzo.
"Ho un caso per le mani, ma credo che ci rinuncerò." rispose l'uomo poggiandosi sullo schienale della sedia rassegnato.
"Di che si tratta?" chiese nuovamente il giovane avvicinandosi alla scrivania e vedendo una lettera.
"Leggi pure se vuoi…" disse Kogoro, accendendo la televisione.
Il ragazzo prese in mano la lettera.
Gentile detective Mori,
ho bisogno del suo aiuto.
Qualche settimana fa mio marito ha ricevuto una strana lettera che riportava testuali parole.
"Ali nere, come petrolio. Piume nere, come carbone. Zampe nere, come una giacca di pelle. Occhi neri, come la notte."
A quella lettera mio marito è impallidito, ma non mi ha voluto dire nulla a riguardo.
Era passato parecchio tempo, e mi ero quasi dimenticata dell'accaduto, ma l'altro giorno entrando da lavoro ho scoperto la tragedia.
Ho trovato mio marito morto, per un colpo di pistola. Di fianco a lui c'era un registratore che riproduceva sempre la stessa canzone e un biglietto con su scritto "I corvi hanno colpito!"
Non posso rivolgermi alla polizia, perché creerei uno scandalo, dato che mio marito è un grande imprenditore e purtroppo non posso venire personalmente dato che sono invalida e la mia assistente è in vacanza.
La prego mi aiuti.
Se scopre qualcosa chiami a questo numero 1348890567 oppure mi raggiunga nella mia dimora in Via Makuni, 30.

Il ragazzo sorrise divertito. Quello era stato uno degli ultimi incarichi di Gin. Quella donna poteva aspettare e sperare, Kogoro non sarebbe mai arrivato alla soluzione di un caso del genere.
Eppure Tooru conosceva qualcuno che, se avesse letto quella lettera, sarebbe corso come una furia a quell'indirizzo.
"Conan l'ha letta questa lettera?" chiese poggiandola nuovamente sulla scrivania del detective.
"No. L'ho aperta dopo che lui e Ran sono usciti?"
"Usciti?"
"Sì. Ran aveva un appuntamento con qualcuno e il moccioso ha voluto a tutti i costi seguirla."
Il ragazzo impallidì, per quel poco che si poteva notare dalla sua pelle scura. Bastava fare due più due per capire cosa stava succedendo. E se quel che credeva era vero i due erano in un grande pericolo.
"Detective, io esco!" disse subito, senza pensarci un attimo.
Kogoro non ebbe neanche il tempo di chiedere il motivo che il ragazzo si trovava già fuori dall'agenzia.
"Bah… Chi li capisce i ragazzi…"

"Allora? Cosa mi racconti di bello?" chiese il ragazzo rivolgendole un bellissimo sorriso.
"Beh, va tutto bene. Mio padre ha tanto lavoro, prendo buoni voti a scuola…"
Lui scoppiò a ridere bloccando il suo discorso.
"Non intendevo quello." disse finendo di sghignazzare.
"Ah no?"
"No. Parlavo di te e il tuo ragazzo."
Lei diventò paonazza.
"Ah… Beh sì va tutto bene. Insomma ci siamo riappacificati."
"Meno male… e ha scoperto il nostro piccolo segreto?" le disse lui avvicinandosi a pochi centimetri dal suo volto.
Lei se possibile diventò ancora più rossa e poi balbettò qualcosa.
"Beh… ecco… credo… credo di sì…"
Non riuscì a finire la frase perché lui le prese la mano che aveva sul tavolo.
"E' un peccato però… Avrei tanto voluto essere al posto suo."
"In che senso?" chiese lei, la voce le tremava.
"Come in che senso? - disse sfiorandole col dorso dell'altra mano la guancia - Non lo capisci?"
Lei si alzò di botto dal tavolo su cui erano seduti.
"Mi spiace Ikuto, ma questo non può accadere." disse lei, tra il preoccupato e l'arrabbiato.
"Eh perché no, piccola Ran? - dette quelle parole, la vide sobbalzare e sorrise compiaciuto - E' così che ti chiama il tuo Shinichi, non è vero?"
"Tu… tu… Basta Ikuto, mi stai spaventando, smettila di fare così!"
"Così come?" chiese lui fingendosi sorpreso.
"Hai chiesto al tuo amico di lasciare il locale vuoto solo per noi, mi hai invitato qui e ora mi stai facendo delle avance. Io sono fidanzata! E se non la smetti…"
"Se non la smetto…? Cosa fa la piccola Ran se non la smetto? Mi fa una delle sue micidiali mosse di karatè?"
"Eh smettila di chiamarmi così!" urlò, mentre due lacrime le iniziarono a scendere sulle guance.
Lui sospirò e si alzò per raggiungerla.
"Non piangere Ran. - disse asciugandogli le lacrime con i pollici - Io non sono qui per farti star male. Tu mi piaci davvero!"
"Ma… ma io sono… sono…"
"Shinichi non ti merita. Ti abbandona sempre, non sai mai dove si trova e quasi sicuramente tra i suoi mille casi avrà avuto rapporti con altre trecento ragazze."
"No… non è vero…" ormai le sue lacrime non smettevano di sgorgare.
"Io invece non ti abbandonerei mai. Mai! - la sua mano calda scivolò dalla sua guancia verso il collo e poi sul suo petto - Sembra passata un'eternità dall'ultima volta… E invece quanto è trascorso? Due settimane?"
"Ikuto io…"
"Shhh… Ti assicuro che non lo saprà mai nessuno…" le sussurrò lui.
Poi le sbottonò pian piano la camicetta.
"Ikuto smettila per favore."
Non riusciva a reagire. L'unica cosa che riusciva a fare era piangere e supplicarlo. Si sentiva indifesa. Aveva bisogno di affetto. Aveva bisogno di lui. Lui. Dov'era adesso il suo Shinichi?
"Lasciala stare!"
I due si voltarono di scatto. Vicino al corridoio che portava ai bagni, c'era Conan, ansimante e con un'aria furibonda sul volto.
La ragazza imbarazzata si coprì.
"Conan che ci fai qui?" chiese.
Il ragazzo invece dopo l'attimo di sorpresa sorrise.
"Ah ora mi ricordo di te. Tu sei il moccioso che c'era al bar. Edogawa giusto?"
"Esatto! E ti conviene stare lontano da Ran!"
Il ragazzo scoppiò a ridere di gusto, poi con un gesto fulmineo tirò fuori la pistola e la punto verso il bambino.
"Altrimenti che fai?"

Il ragazzo stava camminando da un po'. Doveva trovarli, prima che accadesse il peggio. Il problema era che non aveva la minima idea di dove fossero andati. Ad un tratto una voce lo fece sobbalzare.
"Che ci fai tu qui?"
Si voltò e la vide. Lo guardava fisso con quei suoi freddi occhi verde acqua attraverso le lenti di un paio di occhiali, e con le braccia incrociate. Alle sue spalle gli altri tre bambini.
"Da quando porti gli occhiali, piccola?" chiese con tono cortese.
"Stiamo cercando Conan…" rispose la bambina castana alle sue spalle.
"Già, oggi di punto in bianco ha disdetto il nostro appuntamento in gelateria e Ai si è insospettita, così seguendo il segnale delle sua ricetrasmittente stiamo andando a vedere se sta bene."
Quel colpo di fortuna non se lo sarebbe mai aspettato. Loro sapevano esattamente dove si trovavano grazie al radar degli occhiali. E forse grazie a loro sarebbe arrivato in tempo.
"Venite vi accompagno."
La bambina bionda lo guardò con aria sospettosa.
"Non è il momento Ai, fidati." continuò risoluto lui, a quello sguardo indagatore.
La bambina sembrò capire che stava per succedere qualcosa e, sempre un po' titubante, accettò di essere accompagnata da lui.
Arrivarono davanti a un bar che aveva tutta l'aria di essere chiuso. Le finestrelle che davano verso l'interno avevano tutte le tende tirate e sulla porta in legno era appeso il cartellino che annunciava la chiusura del locale.
"Voi rimanete qui. Qualsiasi cosa accada non vi muovete." disse il ragazzo ai quattro bambini.
Fece appena in tempo a finire la frase che si sentì uno sparo, proprio dall'interno del locale.
La bambina coi capelli castani stava per lanciare un urlo, ma fu coperto dalla stessa parola, detta da una voce femminile all'interno del locale.
"Conan!"
Tutti e cinque si atterrirono. Ai e Amuro sgranarono gli occhi.
"Non muovetevi capito?" disse di nuovo il ragazzo, poi andò a cercare un'entrata sul retro.
Non poteva essere arrivato in ritardo. Non se lo sarebbe mai perdonato e soprattutto lei non gliel'avrebbe perdonato. Gli aveva promesso di tenerlo d'occhio e invece se l'era fatto sfuggire al primo colpo.
Col cuore in gola, entrò dall'entrata posteriore, cercando di non fare neanche il minimo rumore. Tirò fuori la pistola e si avvicinò lentamente alla zona principale del bar.

Il bambino era a terra. Si era buttato appena in tempo per evitare il colpo, se non l'avesse fatto a quest'ora sarebbe sicuramente morto.
Lui però gli stava di nuovo puntando la pistola addosso.
"Ci hai interrotto piccolo moccioso!"
A quelle parole la ragazza si mise tra i due.
"Lascia stare Conan!"
"Ran spostati!" urlò il bambino.
"No Conan. Non mi tiro più indietro! - rispose lei - Ikuto, tra noi non c'è niente. E non ci potrà mai essere niente. Io sono fidanzata, e amo solo lui."
Il bambino sgranò gli occhi stupito. Mentre sentiva il cuore martellargli in petto per quella confessione pregò con tutto se stesso che non fosse arrossito.
"Bene. Allora facciamo così. Tu mi dici dove si trova il tuo grande amore e io vi risparmio entrambi."
"Tu non farai un bel niente Ikuto!"
Tutti e tre si voltarono verso lo stesso corridoio da cui era sbucato Conan. Tooru stava puntando la sua pistola al viso di quel ragazzo, che a quella vista sorrise divertito.
"Guarda chi è tornato dalle vacanze. Amuro… Sei ancora vivo? Pensavo che dopo il pasticcio che hai combinato sul treno ti avesse fatto fuori…"
"Invece sono qui Ikuto. E ora vattene se non vuoi che ti riempio di piombo. E sai benissimo che sono capace di farlo."
Il ragazzo alzò le spalle e con un sorrisetto aprì la porta principale del bar e uscì, sotto gli sguardi stupiti delle tre persone dentro e dei quattro bambini fuori il locale.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 8/4/2013, 00:06
 
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