Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 12/7/2013, 20:39 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Parte quinta
Appena il ragazzo uscì dal locale, divenne tutto nero. Sentì le ginocchia cederle e perse completamente i sensi.
Il ragazzo la prese al volo, prima che cadesse a terra, mentre il bambino la chiamò preoccupato.
"Stai tranquillo! - gli disse il biondo - E' solo svenuta per lo shock! Piuttosto, forse è meglio che il detective non la veda così…"
"Sì hai ragione…" pensò ad alta voce il bambino, prima di essere interrotto.
La porta del locale si era spalancata con una botta secca. Il piccolo Conan ebbe appena il tempo di vedere i bambini e riconoscerli, poi una dei quattro gli si buttò addosso piangendo.
"Conan! Avevo paura ti fosse successo qualcosa!"
Il bambino la allontanò con un sorriso.
"Sto bene Ayumi, smettila di piangere…" poi gli porse un fazzoletto.
La bambina accettò il pezzo di stoffa, tirando su col naso e arrossendo un po'.
"Haibara - disse poi il bambino con gli occhiali rivolgendosi all'altra bambina, che portava un paio di occhiali identici ai suoi - portali a casa! Quando si risolve tutto vengo da Agasa e ti racconto tutto!"
La bambina sembrava un po' scettica, ma acconsentì con un cenno di testa, poi tutti e quattro un po' pensierosi uscirono di nuovo dal locale.

"Mi chiedo perché Conan si trovi sempre in queste situazioni." pensò il bambino con le lentiggini ad alta voce, mentre tornavano verso casa del professor Agasa.
"Già è vero succede sempre… Secondo me porta sfiga!" sghignazzò il bambino robusto.
"Sì è vero…" rispose di nuovo l'altro e scoppiarono a ridere entrambi.
A quel punto la bambina non ci vedette più dalla rabbia. Come potevano ridere in quel modo dopo quello che era successo?
"Siete due stupidi! Conan stava per essere ammazzato e l'unica cosa che sapete dire è che porta sfiga?" urlò, mentre altre piccole lacrime iniziarono a solcargli nuovamente il viso.
I due bambini si zittirono, rimanendoci un po' male per aver fatto piangere la loro amica.
"Ayumi ha ragione! - intervenne l'altra bambina - Conan corre sempre molti pericoli… - sembrava stesse parlando più a se stessa che agli altri tre - Ma se lo fa, lo fa per noi, per Ran, per le persona che gli stanno intorno. Lo fa per proteggerci…"
"Proteggerci?" chiese Genta un po' sbigottito.
"Proteggerci da cosa?" concluse Mitsuhiko, spiegando meglio la domanda dell'amico.
La bambina sospirò, poi scosse la testa, senza più rispondere. Lasciando nel dubbio tutti e tre, che ormai avevano quella domanda che ronzava loro in testa. Da cosa li stava proteggendo Conan?

I bambini erano appena usciti dal locale.
"Dove andiamo?" chiese Tooru che si alzò, con la ragazza tra le braccia.
"L'unica soluzione che mi viene in mente è a casa m… Cioè a villa Kudo…" si corresse subito, anche se ormai era sicuro che anche lui sapesse tutto quanto.
Il ragazzo a quella proposta scoppiò a ridere.
"Scordatelo amico mio, non incrocio neanche morto quel' Okyia. Piuttosto non puoi chiamare l'amica di Ran?"
"Sonoko?" chiese il bambino stupito.
"No, l'altra, quella mora."
"Ah, intendi Sera? Ancora peggio. Sarebbe come raccontare tutto a Kogoro, ci riempirebbe di domande. Forse conviene anche a noi andare da Agasa." rispose risoluto il bambino.
"No! Sarebbe troppo pericoloso per loro. E' probabile che ora ci tengano sott'occhio, se è così scoprirebbero dove vivono. Ho capito, andiamo a villa Kudo…" sospirò Amuro rassegnato.
Dopodiché si alzò, con la ragazza tra le braccia e uscì, seguito dal bambino con gli occhiali.
Andare in giro con la ragazza tra le braccia non sarebbe stato normale e avrebbe attirato troppo l'attenzione, così i due decisero di chiamare un taxi e farsi portare a villa Kudo.
Appena arrivati scesero dal taxi e pagarono l'autista, poi si diressero al cancello, che come al solito era aperto.
Fu Conan a suonare al campanello e poco dopo apparve il volto calmo e sempre sorridente di Subaru, che appena vide la situazione s'incupì un po'.
"Che è successo?" chiese.
Dovette, però, rispondere il bambino, perché Amuro si era paralizzato e non riusciva più a spiccicare parola.
"Abbiamo bisogno di stare qui finché non si riprende." disse risoluto.
"Va bene… - rispose lui - Ma io stavo per uscire. Quindi rimarrete qui voi."
Il bambino, capì subito che era una bugia. Lo dimostrava il colletto della camicia sgualcito e i capelli un po' spettinati, ma apprezzò il gesto di non voler fare domande e di voler lasciarli soli, e per questo motivo non disse niente.
Mentre il ragazzo con gli occhiali uscì di casa loro entrarono, chiudendosi la porta alle spalle.
Il biondo adagiò la ragazza sul divano e poi si alzò in piedi.
"Devo andare un attimo in bagno…" non finì la frase che il piccolo, che si era avvicinato al divano, gli rispose in automatico.
"In fondo al corridoio a destra." disse senza pensare e senza rendersi conto di essersi tradito di nuovo.
Ma era inevitabile. In quel momento la sua mente era completamente assorbita dalla ragazza sdraiata sul divano e priva di sensi. Probabilmente se in quel momento gli avesse puntato una pistola addosso non se ne sarebbe nemmeno accorto.
Si diresse nella direzione indicata e quando arrivò nella piccola stanza, si avvicinò al lavandino e aprì l'acqua per sciacquarsi il viso. Non era assolutamente una situazione bella. La sua copertura, e molto probabilmente quella della sua collega, erano in serio rischio. Ikuto avrebbe potuto tranquillamente riferire ciò che era successo quel pomeriggio al boss e considerato che aveva fatto declassare Vermouth dal posto di sua preferita, la cosa si sarebbe complicata ancora di più. Inoltre gli sembrava che l'interesse del ragazzo per Ran non fosse più solamente professionale e la cosa lo preoccupava ancora di più, perché avrebbe potuto spingere il bambino a fare atti impulsivi, come quello di quel giorno. Si chiese cosa doveva fare, ma nessuna risposta arrivò dal suo cervello.
Si asciugò faccia e mani con un morbido asciugamano bianco e poi prese il cellulare dalla tasca destra dei suoi jeans.
Problema imminente ci vediamo domani mattina al solito posto.
Scrisse, poi premette invio e il breve messaggio fu spedito al destinatario.
Rinfilò il cellulare in tasca e afferrò la pistola, per poi dirigersi di nuovo verso il soggiorno.
Era ancora lì. Ancora chino sul divano. La sua piccola mano stringeva quella della ragazza e sembrava non accorgersi di quello che gli accadeva attorno.
Il ragazzo prese la sua decisione in fretta. Caricò la pistola con uno schioccò e la puntò alla testa del bambino.
"Ora basta giochetti, marmocchio, voglio la verità!" disse.
"Potrei chiederti la stessa cosa…" rispose il bambino, senza voltarsi.
Il suo tono di voce era freddo e distaccato, come se si fosse aspettato quella reazione da quando erano lì.
"Tu sai già tutto!" rispose il ragazzo.
"E penso che anche tu sappia già tutto…" disse il bambino occhialuto, che finalmente si voltò verso di lui.
"Quanto sai dell'organizzazione?" chiese ancora Amuro, cercando di fargli sputare il rospo.
"Non abbastanza da incastrarvi, ma abbastanza da farmi catturare se lo spifferi al tuo capo…"
La sua voce continuava ad essere tranquilla e pacata, e questo stava facendo irritare il ragazzo, che però non sembrava voler mostrare il suo nervosismo.
"Ascolta… Vermouth non mi ha mai voluto raccontare che debito ha con te e la ragazza, ma dice che non l'avrà saldato finché non sarà sicura che sarete salvi e liberi da questa storia. Perciò se non ci dai una mano ad aiutarvi non ti lamentare se accadranno cose come quelle…" disse indicando con un gesto della testa la ragazza alle spalle del bambino, sdraiata sul divano.
Il bambino lo squadrò per qualche secondo, poi con un sospiro si tolse gli occhiali.
"Mi dispiace, ma Vermouth deve il favore solo a me e Ran, mentre so' per certo che non si farebbe nessuno scrupolo ad uccidere un'altra persona a me cara… Perciò non posso parlare."
"Ti riferisci a Sherry vero?"
Il bambino non rispose, ma Amuro capì che si trattava di lei.
"Non ti preoccupare per lei, in questo momento Vermouth odia talmente tanto il Boss che farebbe di tutto per contraddirlo. Inoltre credo che abbia cambiato idea sul suo conto, anche se non so per quale motivo."
"Giuramelo!"
"Te lo giuro!"
"Non so molto… Non più di quanto mi ha detto Ai, o di quanto abbia scoperto nei nostri radi incontri… Sinceramente so' più di te e Vermouth che di tutti gli altri…"
"Dovevo aspettarmelo…" disse il ragazzo e finalmente abbassò la pistola, rimettendosela in tasca.
"Invece voglio sapere io una cosa da te…"
"No. Non ti posso dire chi è Ikuto. E non ho idea di cosa abbia in mente. So solo che ha preso il posto di Vermouth come preferito del Boss e sembra che abbiano un piano tutto loro che non hanno rivelato a nessun'altro di noi." rispose il ragazzo senza aver bisogno della domanda.
In quel momento qualcosa distrasse entrambi.
Ran si stava lamentando nel sonno e chiamava Shinichi.
Il ragazzo sorrise.
"Vi lascio soli. Ho cose importanti da fare. Ci rivediamo a casa per ora di cena. A dopo, marmocchio."
E mentre il biondo usciva dalla porta, il bambino indossò di nuovo gli occhiali e si volse nuovamente verso la ragazza.

Erano arrivati a casa del dottor Agasa da quasi venti minuti. I tre bambini si erano già dimenticati della brutta esperienza al bar e stavano tranquillamente giocando a un videogame.
L'unica che sembrava preoccupata era la bambina bionda che, seduta sul divano verde acido, guardava distrattamente lo schermo del televisore su cui i suoi amici stavano giocando.
Il professore la guardava preoccupato. Sapeva a cosa stava pensando e sapeva che le faceva male. Decise che doveva fare qualcosa, perciò si alzò dalla sedia girevole davanti al computer, dove si trovava e si rivolse alla bambina.
"Ai, mi aiuti a preparare la merenda?" chiese.
La bambina, senza rispondere e senza parlare si alzò dal divano e raggiunse l'uomo in cucina.
Quando furono da soli nell'altra stanza l'anziano decise di parlare.
"Ai, so' come ti senti. Sono preoccupato anche io, ma Shinichi se la sa cavare."
Niente. La bambina era muta come un pesce e faceva tutte le sue azioni meccanicamente.
"Ai, reagisci. Prima o poi dovrai affrontare la situazione."
Ma la bambina sembrava non ascoltare.
Forse perché il professore non sapeva davvero a cosa stava pensando. Perché lei non era preoccupata per Shinichi, o almeno non più del solito. La cosa che, invece, l'aveva lasciata sconvolta era la vista di Ran al bar. Era successo qualcosa di più di quello sparo in quel luogo, e lei lo sapeva. Non tanto per i vestiti stropicciati e la camicetta abbottonata alla meno peggio della ragazza, ma per il pallore che aveva sul viso, solcato da righe sottili che sicuramente avevano fatto le lacrime.
La bambina era sicura che se avesse visto Ran sveglia, qualche secondo prima, avrebbe rivisto in lei lo stesso sguardo che vedeva ogni giorno allo specchio del suo ufficio, dopo le violenze brutali di Gin.
A quel pensiero le venne un brivido, e subito dopo un conato di vomito. Scappò via dalla cucina, dirigendosi in bagno di corsa e arrivando appena in tempo.
Il professore la raggiunse e bussò alla porta del bagno.
"Ai… Ti senti bene?" chiese, ma non ricevette risposta.
Con quella domanda, però, l'uomo, aveva attirato l'attenzione degli altri tre bambini, che misero subito in pausa il videogioco e si rivolsero a lui.
"Ai sta male, professore?" chiese l'altra bambina.
"Non vi preoccupate, magari è solo un'indigestione. Anzi sapete che vi dico? E' meglio lasciarla tranquilla per un po'. Vi riaccompagno a casa."

Ran aprì gli occhi stordita. E la prima immagine che vide fu l'immagine confusa e appannata del suo Shinichi. Per un attimo pensò che se lo stesse solo immaginando, ma quando i suoi occhi si abituarono alla luce e misero l'immagine a fuoco, quel volto non cambiò.
"Shinichi!" esclamò tirandosi su di scatto.
Ebbe un giramento di testa, per il movimento troppo veloce. Ma non le importava. La cosa più importante era che Shinichi fosse lì.
"Come ti senti?" chiese lui porgendole un bicchiere d'acqua.
"Bene… ma… cosa…?"
Che stupida. Non riusciva neanche a pronunciare un discorso sensato.
"Amuro e Conan ti hanno portato qua e fortunatamente io ero a casa." rispose lui alla domanda.
"E Subaru?"
"Quando sono arrivato questa mattina ha detto che aveva da fare e se n'è andato."
"Sei qui da stamattina?" chiese la ragazza sempre più stupita.
"Già… Avevo intenzione di chiamarti dopo aver sistemato le cose qui a casa, ma a quanto pare gli eventi hanno preso un'altra piega."
"Shinichi io… Devo dirti una cosa… Ikuto…"
"Tranquilla, Conan mi ha raccontato tutto… - ci fu una pausa d'imbarazzante silenzio, poi - Ran devi promettermi una cosa…"
"Dimmi."
"Se Ikuto tenterà di nuovo di farti del male, devi promettermi che mi chiamerai e me lo dirai!"
"Ok."
Quella breve parola le si strozzo in bocca, perché Shinichi si era avvicinato a lei con sguardo ammirato.
"Mi sei mancata!" disse.
Poi, senza nessun preavviso, la baciò.
Finalmente toccava di nuovo le sue labbra. Sì, lo sapeva. Sapeva che usando spesso l'antidoto il tempo per rimanere Shinichi si sarebbe ridotto. Sapeva che rubare l'antidoto sotto il naso di Ai non era giusto. Eppure non si poteva pentire di quell'azione. Non si poteva pentire di quel bacio. Lui non avrebbe potuto vivere senza la sua Ran, e l'avrebbe difesa a qualunque costo.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 14/7/2013, 18:29
 
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