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Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 5/6/2014, 21:49 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Parte decima

Jodie era davanti alle scale mobili del centro commerciale, spostata di lato in modo che non intralciasse la strada a chi doveva salire al piano superiore.
Era nervosa. Si vedeva dal solo sguardo, dietro i grossi occhiali tondi di suo padre. E anche se qualcuno poco attento non avesse notato quegli occhi ansiosi che si guardavano intorno, di sicuro era impossibile non notare le braccia incrociate strette sul petto e il piede che nervoso batteva sul pavimento a un ritmo via via sempre più stretto.
Ad un tratto quegli occhi preoccupati videro qualcosa che la rassicurò un po’. Due uomini si stavano avvicinando a lei. Uno dimostrava una certa età, lo dimostravano i capelli e i baffoni grigi che gli davano un aria seria. L’altro era un’uomo nerboruto e con la faccia dura, si poteva definire il tipico scimmione che solitamente si assumeva come guardia del corpo.
Quando i due uomini le furono vicino, la donna si mosse verso il bar più vicino.
Solo quando, qualche minuto dopo, furono tutti seduti a un tavolino del bar con una tazza di caffè fumante di fronte la donna si decise a parlare.
“Sta mattina è successo l’inimmaginabile. Penso che siamo giunti alla fine.” disse con voce bassa.
“In che senso?” chiese l’uomo più giovane.
“Stamattina ho ricevuto una chiamata dal professor Agasa, l’uomo che vive di fronte a villa Kudo insieme alla ragazzina di nome Haibara che ha rifiutato il programma protezione testimoni. Mi ha detto che Ran Mouri, la figlia del detective dormiente, è stata presa da un membro dell’organizzazione e che Shinichi Kudo è andato da solo a salvarla.”
“Ma è pazzo? Dobbiamo muoverci!” disse l’uomo baffuto, alzandosi dal tavolino.
“Aspetta James, non è finita. - disse Jodie facendolo risedere - Appena chiusa la chiamata Subaru Okiya, il ragazzo universitario che abita provvisoriamente a villa Kudo, ha bussato alla mia porta e non immaginerete mai chi c’è dietro quegli occhiali e quell’aria da bravo ragazzo…”
“Non mi dire che è uno dell’organizzazione?!” chiese sconvolto Camel.
La donna fece un cenno negativo con la testa.
“E allora?” chiese James esasperato dall’improvviso mutismo della collega.
“Akai” disse quasi con un sussurro lei.
“Che cosa?!” esclamarono entrambi sconvolti.
“Mi ha detto lui di trovarmi con voi qui e raccontarvi tutto. Ha detto anche di aspettare le sue direttive prima di agire.”
I due erano talmente sconvolti che non obiettarono nulla.

Ikuto si staccò da lei ansimante, lasciandola inerme, sempre appesa con le catene.
“Mi sono divertito un mondo! - disse entusiasta - E tu dolcezza?” chiese rivolto alla ragazza prendendole il mento e sollevando il viso pieno di lacrime.
Ghignò con sguardo sadico, poi tirò fuori la lingua e lecco le lacrime dal sapore salino della ragazza.
“Ora però ti devo lasciare. - disse staccandosi da lei - Devo fare rapporto e assicurarmi che il tuo cavaliere non sia già arrivato a salvarti. Tranquilla non starai da sola per molto.” concluse iniziando a rivestirsi.
Quando fu completamente vestito.
“Ah quasi dimenticavo… - si avvicinò a lei - Molto meglio così che sotto l’effetto di un farmaco assuefacente vero?” poi girò la chiave delle manette che la tenevano appesa al soffitto, facendola cadere rovinosamente a terra.
La ragazza lo guardò sconvolta.
“Mi… mi hai drogata?” chiese con un filo di voce.
Lui sogghignò.
“Non dirmi che non te lo ricordavi. Beh tra tutti quegli alcolici c’era da aspettarselo, ma andiamo, la dolce e fedele Ran non avrebbe mai tradito il suo unico vero amore senza un piccolo aiutino.”
“Sei un bastardo…” disse lei, ma rimase a terra.
Non aveva le forze, né per aggredirlo, né per continuare la frase.
Lui con un ultimo malefico sorriso, uscì dalla stanza chiudendola a chiave e lasciando la ragazza dentro.

L’auto si fermo davanti ad un piccolo edificio bianco di quattro piani. Da essa scese Haibara, con ancora lo zaino in spalla.
“Entra e vai al secondo piano con l’ascensore, io ti raggiungo appena parcheggiata l’auto.” disse con tono autoritario l’universitario occhialuto, dalla vettura.
La bambina fece come richiesto. La confusione più totale inondava la sua testa eppure non voleva trasformare in parole i suoi pensieri, sapeva che sarebbe stato inutile o avrebbe solo peggiorato le cose.
Sperò solo con tutto il cuore che Shinichi stava bene, era solo quello che le importava davvero. Il pensiero, orribile, che si fosse messo nei guai per l’ultima volta le attanagliava il cuore. Non sarebbe riuscita a vivere col pensiero di lui seppellito da qualche parte sotto terra, assieme a tutte le vittime di quei neri killer senza cuore.
Entrò nell’edificio. La hall era molto accogliente e spaziosa, sembrava l’ingresso di un complesso di uffici. Di fronte a lei una signorina bionda e ben vestita l’accolse con un sorriso.
“Benvenuta signorina, ci hanno avvisato del suo arrivo.”
“Davvero?” chiese sconvolta lei, ma poi capì che era ovvio.
Sicuramente era stato Okiya ad avvisarli.
“Per maggiore sicurezza le devo chiedere di dare a noi il suo zaino.”
La bambina senza fare obiezioni si tolse lo zainetto arancione dalle spalle e lo porse alla signorina bionda che lo mise su un tapirulan.
“Prego.” disse poi la donna mostrando alla bambina un metal detector proprio di fianco al tunnel in cui si stava infilando il suo zaino.
Lei lo oltrepasso tranquilla. Arrivata dall’altro lato prese nuovamente il suo zainetto e se lo mise sulle spalle.
“Prenda pure l’ascensore e vada al secondo piano.” disse la donna.
Lei fece come le fu detto e premette il tasto per chiamare l’ascensore, fortunatamente arrivò subito, perché la bambina sembrava imbarazzata a stare con quella donna così gentile con lei.
Entrò in quella scatola di metallo e quando le porte si chiusero tirò un sospiro di sollievo.

Il cellulare sulla scrivania fece sussultare le due persone dentro l’ufficio quando iniziò a vibrare.
La donna con un sbuffo prese il suo telefono e lesse il messaggio appena arrivato.
Ci mise pochissimi secondi, probabilmente il messaggio era molto corto.
La donna si mise il telefono in tasca e si avvicinò alla porta.
“Non ti azzardare a muoverti da qui!” sentenziò per poi uscire dall’ufficio.
Shinichi rimase da solo. Ormai il panico e l’ansia erano sciamati col tempo, rimaneva solo un’aria di nervosismo per l’impossibilità di fare qualcosa. Si sentiva inutile e la cosa più brutta era che non sapeva nemmeno come stesse la sua Ran o se fosse ancora viva.
Non riusciva a sedersi tanto era teso.
Il fatto poi che Vermouth l’aveva lasciato lì da solo, senza dirgli niente lo irritava. In fondo anche lui aveva il diritto di sapere cosa stavano complottando quei due contro l’organizzazione, insomma era anche lui inguaiato in quella situazione fino al collo, era giusto che fosse coinvolto nei loro piani anche lui.
Invece l’aveva lasciato lì, senza una spiegazione, dicendogli solo di non muoversi da lì.

La donna bionda appena uscita dal suo ufficio, stava percorrendo velocemente i corridoi spaziosi del covo.
Arrivò a destinazione senza incontrare nessuno. Arrivata davanti alla porta provò ad aprirla, ma come si aspettava era chiusa a chiave.
Con la maestria di un grande scassinatore, tirò fuori una forcina dalla tasca posteriore dei pantaloni e la scassinò in pochi secondi.
Appena aprì la porta vide quello scempio.
Ran era accasciata sul pavimento, completamente nuda, in mezzo al liquido seminale maschile e femminile.
“Angel, cosa ti ha fatto quel bastardo…” commentò con un sussurrò per poi avvicinarsi a lei.
“Chi sei?” chiese la ragazza stordita e con la vista offuscata dalle lacrime.
“Un’amica… Forza tirati su.” disse aiutandola ad alzarsi.
I piedi della ragazza però erano deboli, avevano sprecato tutte le energie a cercare di stare puntati a terra quando la ragazza era appesa al soffitto.
La donna prese il braccio della ragazza e se lo fece passare attorno alle spalle. Prima di uscire da quella stanza le gettò addosso una giacca nera che si era portata dietro dal suo ufficio.
La diciassettenne con la mano libera se la strinse al petto.
Uscirono e percorsero il più velocemente possibile il corridoio. Ovviamente la velocità era ridotta vista l’incapacità di muoversi normalmente della ragazza.
Arrivata quasi davanti al suo ufficio ecco che accadde.
“Vermouth che diavolo stai facendo?”
La voce di Chianti echeggiò nel corridoio. Sperando che nessuno l’avesse sentita la bionda avvicinò velocemente una mano alla sua camicia, all’altezza del petto e ne uscì un piccolo ago che si ficcò in bocca per poi sputarlo con precisione verso la donna che si stava avvicinando.
“Finalmente morta, maledetta!” disse con un insulto poi aprì velocemente la porta del suo ufficio e fece entrare Ran.
Appena la porta fu aperta, fu Shinichi ad accogliere la sua amata.
“Ran!” esclamò il ragazzo prendendola tra le sue braccia per poi accompagnarla ad una poltrona.
Intanto la donna uscì di nuovo prese dalle braccia il corpo di Chianti e lo trascinò dentro l’ufficio per poi chiudere di nuovo la porta a chiave.
Non pretese che il ragazzo, scosso da come era ridotta Ran la calcolasse o tantomeno l’aiutasse, invece lui sussurrò qualcosa a una Ran parecchio scossa rannicchiata sulla poltrona e sollevo la woman in black, priva di vita dalle gambe.
“Dove la mettiamo?” chiese poi.
“Nel mio guardaroba. E’ abbastanza grande." disse aprendo poi un anta del capiente armadio, pieno di vestiti.
Infilarono il corpo inerme della donna col caschetto nell’armadio poi Vermouth prese da esso una felpa nera col cappuccio e un paio di jeans scuri e li porse al ragazzo.
Lui li accettò senza fiatare e si riavvicinò a Ran.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 5/6/2014, 23:04
 
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