Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 14/10/2014, 11:40 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Parte diciottesima

Usciti dall’ufficio, Vermouth afferrò entrambi i polsi di Shinichi e glieli legò dietro la schiena, chiedendogli scusa con un sibilo della voce, poi tirò fuori la pistola e puntandogliela alla schiena lo iniziò a condurre verso l’ufficio del boss.
Durante il tragitto, però, stando attenti che nessuno li stesse a sentire e parlando a voce bassissima iniziarono a discutere. Fu Vermouth ad iniziare, doveva avvertire il ragazzo di ciò verso cui stava andando in contro.
“Ok Cool guy, ascoltami bene… So ciò che provi verso l’organizzazione e verso il boss, ma finché non siamo sicuri che Silver Bullet e i suoi sono qui e possiamo passare al contrattacco non provocarlo… Rispondi solo quando ti viene richiesto e cerca di non rispondere alle sue provocazioni, qualsiasi cosa dirai davanti al boss potrebbe ritorcetela contro e usufruirne per farti del male, quindi stai attento anche a ciò che dici…”
“Cavoli, ha l’aria di essere terribile…” sussurrò Shinichi.
“Lo è solo con chi non gli interessa. Era una persona fantastica una volta, ma il potere e i soldi sono tentazioni che riescono a corrompere quasi chiunque e il boss, purtroppo, non è un’eccezione.” rispose la bionda, con tono sempre più malinconico.
“Ho come l’impressione che ti abbia deluso, o sbaglio?” disse, sempre a bassa voce, il ragazzo.
“Era la mia migliore amica, forse più di quanto lo era tua madre…”
“Aspetta… Amica?” chiese con tono stupito Shinichi, interrompendo il discorso della donna.
Lei sorrise divertita.
“Sì, Cool guy, il boss è una donna. Comunque… lo eravamo fin da bambine, possiamo dire che abbiamo fondato questa organizzazione insieme, un po’ anche per gioco, un po’ perché volevamo sul serio fare qualcosa che sarebbe rimasto alla storia, impresso indelebilmente nella memoria di tutto il mondo. Poi però la cosa degenerò e fui io l’unica ad accorgermene, ma dirglielo non servì assolutamente a nulla, aveva sempre più potere, sempre più soldi, era temuta da tutti e questo le piaceva e le è sempre piaciuto. Ero la sua preferita solo per l’amicizia che ci legava, ma lei già non mi sopportava più, diceva che dovevo smetterla di pensare e vivermi tutto questo. Poi arrivò lui e…” strinse il pugno libero nervosa.
“Non sei costretta a raccontarmi tutto se non vuoi farlo.” la rassicurò lui.
A quella frase la coppia si zitti, mentre andavano verso quell’ufficio.

La campanella trillò per annunciare l’inizio dell’intervallo.
“Mi piacerebbe sapere dove si sia andato a cacciare Conan…” disse Ayumi tirando fuori il suo succo di frutta dallo zaino.
“E Ai allora? Se n’è andata via con Subaru e non ci ha più fatto sapere nulla.” sentenziò scocciato Genta addentando un pezzo di pizza.
“Ragazzi forse è successo qualcosa…” disse Mitsuhiko abbassando un po’ il tono della voce.
“Del tipo cosa?” chiese di nuovo il bambino robusto.
“Ricordate il discorso che ci ha fatto l’altro giorno Ai? Sul fatto che Conan doveva proteggerci? Forse loro due sanno qualcosa che noi non sappiamo…”
“Vuoi dire che ora Conan potrebbe essere ad affrontare quel tizio del bar?” chiese Ayumi, i suoi occhi già tremavano dalle possibili lacrime.
“Non lo so… Ma di certo non starò qui con le mani in mano a non fare nulla!” rispose il bambino lentigginoso con tono deciso.
“Sono d’accordo con te amico!” esultò Genta.
“Sì, ma come facciamo ad uscire da scuola, abbiamo ancora più di quattro ore di lezione.” disse Ayumi.
“Non vi preoccupate, seguite quello che faccio io.” disse.
Poi si buttò a terra e cominciò a strillare tenendosi la pancia, subito gli altri due lo imitarono.
A quei lamenti la signorina Kobayashi accorse subito, chiedendo ai bambini cosa fosse successo.
“Ho malissimo alla pancia!” mugolò Mitsuhiko.
“Anche io…” si lamentò Ayumi.
“E io pure…” li seguì Genta.
“Ma come mai così all’improvviso e tutti e tre assieme?” chiese stupita l’insegnate.
“Dev’essere stato il pollo di ieri, l’ha cucinato mia sorella e Ayumi e Genta sono venuti a mangiare da me.” rispose prontamente Mitsuhiko continuando a stringersi le mani sullo stomaco.
“Eh va bene, vi accompagno in infermeria.” disse la maestra, per poi mettersi dietro ai tre bambini e dirigersi verso l’infermeria della scuola elementare Teitan.

Ran era di nuovo seduta sulla sedia che c’era dietro alla scrivania, con lo sguardo spento.
Amuro non aveva la forza di fare nulla. Stava lì, in piedi, con la pistola in mano. Aveva vissuto gli ultimi mesi a casa di quella ragazza e di suo padre e vederla in quel modo lo faceva star male.
Ricordava ancora che quando Vermouth gli disse che l’avrebbero dovuta proteggere a qualunque costo, lui si era sentito rassicurato. Per lui era diventata come una sorella adottiva e non avrebbe mai voluto vederla soffrire a quel modo.
Tentò di parlare, ma non ebbe neanche il tempo di emettere un fiato che Ran ruppe quel silenzio.
“Amuro… Tu lo sapevi che Conan era Shinichi vero?” la sua voce era spezzata e debole, come se non avesse avuto più la forza di parlare.
“Lo immaginavo sì…” rispose il biondo, capendo finalmente cosa era accaduto poco prima che entrassero lui e Vermouth nell’ufficio.
“Dimmi, tu lo faresti? Mentiresti mai per quasi un anno alla persona che dici di amare?” chiese di nuovo.
Non lo guardava in faccia, guardava da un’altro lato.
“Io credo… Credo che… Sì lo farei… Se fossi sicuro che sarebbe l’unico modo per salvarla lo farei…” rispose.
Solo in quel momento lei si voltò, e i suoi occhi di nuovo pieni di lacrime ponevano una sola domanda.
Il ragazzo sospirò, si avvicinò a lei, posò la pistola sulla scrivania e si chinò, mettendole le mani sulle spalle.
“Ran ascoltami, l’unico errore che Shinichi ha fatto è stato innamorarsi di te… Per proteggerti gli sarebbe bastato farti credere che fosse morto, come ha cercato di farlo credere a noi… In questo modo Ikuto non sarebbe arrivato a te, e tutto questo non sarebbe successo… Come pensi avrebbe potuto sopportare le tue lacrime se tu avessi creduto che lui non sarebbe mai più tornato?”
Lei tirò sù col naso e con la manica della felpa nera si asciugò le lacrime.
“Non lo so… E’ che in questo momento mi sta davvero crollando tutto il mondo addosso… Mi sento…”
Non riuscì a finire la frase. Tooru Amuro, inaspettatamente, l’aveva abbracciata.
“Risolveremo tutto Ran, te lo prometto…” le sussurrò a un orecchio.

Finalmente una porta nera e lucida si parò loro davanti e si fermarono. La bionda gli sussurrò nuovamente di seguire i suoi consigli e poi con fare delicato bussò.
“Avanti…” si sentì dire dall’altro lato.
Solo a quell’invito la donna, prendendo prima un grosso respiro, abbassò la maniglia e spinse la porta verso l’interno.
Entrarono, e per un attimo a Shinichi sembrò che il mondo stesse andando a rallentatore, dandogli la possibilità di guardarsi in intorno e di ammirare la donna più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita.
L’ufficio era spartano, al contrario di quello di Vermouth, in cui era stato, non c’erano poltrone, fotografie o decorazioni. C’era solo una scrivania in legno scuro, con sopra un portapenne a una cartella di documenti, una libreria stipata di libri sull’economia e sulla politica e una poltrona girevole proprio dietro la scrivania. Il tutto però era mostruosamente professionale e per niente apatico, come ci si potrebbe aspettare. Il problema è che quella semplice stanza era completamente oscurata dalla bellezza che vi era dentro, seduta in modo quasi provocante su un lato della scrivania.
Lo sguardo di Shinichi si fermò parecchio su di lei, e gli fu davvero difficile mantenere la sua freddezza.
Indossava un tailleur nero, molto elegante. Le sue scarpe col tacco a spillo erano lucide e nere. Le sue gambe accavallate avevano l’aria di essere le più vellutate e perfette che potessero esistere ed erano fasciate dalla gonna nera, che probabilmente se fosse stata in piedi le sarebbe arrivata poco sopra le ginocchia e che invece in quel momento le arrivava solo a metà coscia. La sua vita non era sottile, ma perfettamente adeguata al resto del corpo, stretta dentro la camicetta bianca e la giacca nera, entrambe abbottonate solo fino alla riga del seno, un seno davvero prosperoso e perfetto. Ad adornare il suo collo c’era una stupenda collana di perle bianche ed opache, sicuramente vere. E per completare la bellezza quasi surreale, una cascata di capelli mori dai riflessi rossi le cadeva sulla spalla sinistra, mentre due magnetici e perfettamente truccati occhi verdi incrociavano quelli un po’ stupiti e spaesati di Shinichi.
Poi probabilmente il tempo ricominciò a prendere il suo ritmo normale, perché Shinichi sentì la porta alle loro spalle chiudersi, sicuramente era stata Vermouth, e quella donna scendere dalla scrivania ed avvicinarsi a loro.
Persino nel camminare quella donna aveva una leggiadria e un’eleganza inimmaginabile, e inspiegabilmente il cuore del diciassettenne iniziò a martellare imperterrito nel suo petto.
“Così tu sei il famoso Shinichi Kudo…” disse prendendolo per il mento con due dita e squadrando il suo viso come se fosse un prodotto da comprare.
Il ragazzo sentì le mani, ancora legate dietro la schiena iniziare a sudare. Davanti a quegli occhi freddi e stupendi come due smeraldi, che gli bucavano l’anima, si sentiva impotente e sperduto.
“Sinceramente mi aspettavo di più, da colui che è riuscito a sfuggire a al mio miglior sicario.” disse lei mollandolo e tornando verso la sua scrivania.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, vedendola allontanarsi di nuovo. Rilassò di nuovo i muscoli e s’impose di rimanere lucido e freddo. Non aveva davanti una modella, aveva davanti il capo dell’organizzazione. Una donna spietata pronta a tutto per arrivare dove vuole e ottenere il suo obbiettivo.
La donna si sedette sulla poltrona e poggiò gli avambracci sulla scrivania intrecciando le dita delle mani.
“Allora Shinichi… dimmi… Come mai non sei morto undici mesi fa?” chiese con voce melodiosa e dolce, come se stesse parlando a un figlio.
“L’aputoxina era ancora sperimentale e non ha avuto l’effetto che doveva avere.” rispose con tono freddo, era di nuovo completamente lucido.
“Curioso, prima che la nostra scienziata sparisse avevamo fatto tutti i test ed avevano avuto risultati positivi. Mi stai dicendo che su di te ha avuto un effetto diverso?”
“Esatto… Sono rimasto svenuto per un paio di giorni, dopodiché è tornato tutto normale.” mentì, con tono sicuro.
“Però sei sparito…”
“Ho nascosto le mie tracce ed ho continuato ad indagare su Gin e Vodka, arrivando fino all’intera organizzazione. Non potevo permettermi che pensaste che ero sopravvissuto così sono sparito, in modo che mi credavate morto.”
“Poi però due settimane fa Assenzio è venuto da me e mi ha detto che aveva avvicinato la tua ragazza e aveva scoperto che eri ancora vivo.”
Le mani dietro la schiena si strinsero a pugno, e il diciassettenne dovette usare tutto il suo autocontrollo per non digrignare i denti dalla rabbia.
“Direi che il suo piano per attirarti qui, ha funzionato alla perfezione.” concluse la donna.
“Ci sarei venuto comunque prima o poi. Ho intenzione di mettere la parola fine a questa organizzazione…” si dovette mordere la lingua per non proseguire.
Aveva esagerato. Sicuramente Vermouth, dietro di lui gli aveva lanciato un occhiata accusatoria e preoccupata allo stesso tempo, o forse era riuscita comunque a mantenere la sua freddezza. Fatto sta che aveva esagerato.
“Ma davvero? - chiese con tono divertito la mora - E dimmi come hai intenzione di intraprendere questa tua grande impresa?”
Il ragazzo abbassò gli occhi. Aveva parlato a sproposito e non aveva la risposta pronta come prima. C’erano due alternative o rimaneva zitto e faceva finta di niente oppure interpretava la parte del ragazzino coraggioso e masochista finché quel maledetto messaggio di Akai non fosse arrivato.
Alzò di nuovo lo sguardo. Uno sguardo furibondo.
“Non lo so. Ma stai pur certa che ci riuscirò!” rispose deciso.
“Non credo di averti dato il permesso di darmi del tu, moccioso. Comunque sia credo che senza un piano sia un po’ difficile che dici?”
“Questo lo vedremo, forse non lo sai, ma sono parecchio bravo ad improvvisare…”
Non sapeva più che dire. Sperava con tutto il cuore che quel maledetto messaggio arrivasse in fretta.
“Bene, allora ti illustro la situazione perché forse non ti è abbastanza chiara. - disse alzandosi in piedi e avvicinandosi di nuovo a lui - Tu sei qui. Legato, davanti a me e con uno dei miei alle tue spalle. La tua ragazza è da qualche parte in questo edificio, e ti assicuro che anche se è scappata di nuovo Assenzio la ritroverà prima che possa uscire. Ora io ti consiglio di tenere quella tua boccuccia chiusa - disse afferrandogli le guance con due dita e stringendo sulle labbra - se non vuoi che lei ci rimetta le penne. Sono stata chiara?”
Shinichi era di nuovo nel panico. Aveva esagerato di nuovo e questa volta aveva messo nuovamente in pericolo Ran, ma subito qualcosa smosse le rocce sul suo petto e sul suo stomaco facendo entrare uno spiraglio di speranza. La voce di Vermouth dietro di lui parlò.
“Boss, abbiamo un problema. A quanto pare gli agenti dell’FBI stanno facendo irruzione nell’edificio.”

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:04
 
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