Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 28/10/2014, 15:50 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Parte diciannovesima

“Qualsiasi cosa accada ricordatevi, non voglio vittime! Dobbiamo catturarli vivi, se fanno troppa resistenza, solo allora potete sparare per uccidere. E’ tutto chiaro?” disse James Black, al folto gruppo di agenti che si trovava proprio dentro il magazzino abbandonato.
Tranne lui, Akai, Jodie e Camel, che erano in borghese, indossavano tutti la divisa, col gilet blu scuro e l’enorme scritta FBI in bianco, sotto di esso portavano il giubbotto anti-proiettili e avevano tutti gli scudi anti-sommossa.
Tutti gli agenti a quelle parole strinsero le pistole, tutti tranne Shuichi, che si mise il suo fucile a tracolla premette il tasto dell’ascensore.
A quel punto James si rivolse a lui, a bassa voce.
“Questo vale anche per te.”
“Lo so… - disse lui - Per chi mi hai preso? Quei vermi striscianti non meritano neanche la mia rabbia.” rispose lui con tono freddo, ma si capiva che ancora qualcosa lo disturbava nel profondo.
Ed era così. Era da un bel po’ che aveva visto Sera iniziare a frequentare Ran e le sue amiche. Aveva resistito con tutto se stesso a non rivelarle che era ancora vivo e che le era vicino, soprattutto quando aveva saputo che lei lo stava cercando. Il momento peggiore era stato quando aveva visto Vermouth che la stordiva nel corridoio del Bell Tree Express. Non tanto per quell’azione, sapeva bene che la donna l’aveva fatto per salvarla dal caos che si stava creando sul treno. Quello che l’aveva sconvolto era stato quando mentre lui la poggiava sul sedile di uno scompartimento vuoto lei aveva biascicato il suo nome, ma non il suo nome intero, no, l’aveva chiamato come lo chiamava quando era piccola, l’aveva chiamato Shu-nii. In quel momento il suo cuore si era fermato, e per un attimo aveva pensato di sedersi lì vicino a lei finché non si fosse svegliata per poi raccontarle tutto. Poi però la razionalità era tornata a percorrere la sua mente, aveva una missione da compiere, doveva proteggere Shiho da Amuro, allora non poteva sapere che anche il nuovo membro dell’organizzazione stava recitando una parte per il suo stesso motivo.
E adesso l’aveva persa. L’aveva persa per sempre, non sarebbe più tornata, e la cosa peggiore era che se n’era andata senza sapere che suo fratello era ancora vivo.
Proprio in quel momento le porte metalliche dell’ascensore si aprirono e il primo gruppo di agenti entrò nell’ascensore con Akai.
“Stai attento…” gli disse Jodie con aria preoccupata.
Lui si sporse fuori d’all’ascensore le prese il viso con una mano e la baciò. Poi si allontanò subito e le porte dell’ascensore si chiusero.

Il detective del Kansai salì sul taxi per l’ennesima volta, questa volta la sua destinazione era nella periferia di Tokyo.
Attraverso gli occhiali che aveva sul naso, avrebbe guidato il tassista.
Ordinò di partire, dicendo che aveva anche una certa fretta. Così il tassista partì sgommando dirigendosi velocemente verso la destinazione richiesta.
Proprio quando l’auto partì, il cellulare del ragazzo squillò.
Il ragazzo con un sbuffo guardò il display, e con aria scocciata rispose al telefono.
“Dove diavolo sei?” sentì urlare dall’altra parte, prima ancora che potesse parlare.
“Kazuha non è il momento. Ne riparliamo dopo.”
“No, ne parliamo ora! Sono ore che provo a chiamare tutti e nessuno mi risponde. Prima Ran, poi te. Mi vuoi dire cosa diavolo sta succedendo?”
Doveva dirglielo. Continuare a mentire sarebbe stato inutile, soprattutto in una situazione del genere. Prese l’estremità del vetro scorrevole che divideva i sedili posteriori da quelli anteriori e parlò.
“Dei pazzi criminali hanno ucciso Kogoro e rapito Ran, Shinichi è già andato salvarla ed io lo sto raggiungendo.”
Silenzio assoluto. Che idiota che era stato. Perché diavolo gliel’aveva detto? Come poteva pensare che la verità l’avrebbe fatta sentire meglio? Persino lui a ripetere quella verità era disgustato e sconvolto.
“Kazuha ci sei?” chiese dubbioso.
A quelle parole finalmente la risentì. Stava singhiozzando. Probabilmente prima era rimasta paralizzata dal terrore, mentre ora stava piangendo.
Si morse il labbro.
“Ascolta Kazuha, andrà tutto bene. Torneremo tutti e tre a casa, è una promessa!” le disse.
Forse non sarebbe successo, forse sarebbero morti tutti, o sarebbe morto solo lui, ma non poteva sentirla piangere.
La sentì tirare su col naso.
“Va bene - disse - allora… allora ti aspetto… ok?”
“Ok piccola… - disse lui sorridendo - A dopo.” stava per staccare, quando.
“Aspetta Heiji!” esclamò lei.
“Che c’è?” chiese.
“Ti amo…”

La donna non si era scomposta per niente. Si era solo bloccata ed aveva lasciato il viso di Shinichi.
“Bene. Allora direi che oggi è il giorno del giudizio. Dimostreremo a tutti che per arrivare in paradiso bisogna passare dall’inferno!” disse con tono quasi sadico.
Ordinò a Vermouth di riportare il ragazzo nell’ufficio al secondo piano, poi premendo un tastino rosso sotto la scrivania diede lo stato d’allerta.
La bionda ubbidì, prese Scinchi ancora scosso dalla discussione appena svolta e lo trascinò fuori dall’ufficio.
Solo quando furono parecchio lontani dalla porta, parlò.
“Hai avuto un bel coraggio cool guy, se avessi continuato ancora a blaterare minacce penso che una pallottola in testa non te l’avrebbe tolta nessuno.” lo rimproverò.
“Lo so… Sono stato imprudente, ma era l’unico modo per prendere tempo che mi è venuto in mente.” rispose lui.
La donna lo slegò dalle corde.
“Cosa fai?” chiese.
“E’ inutile che finga ora. Ti riporto da Ran, dopodiché uscirete da qui!”
“Ma…”
“Niente ‘ma’ ragazzo. Tu e Ran uscirete da qui. Questa non è la tua guerra non lo è mai stata!” disse lei con tono autoritario.
“Lo è diventata da quando Gin e Vodka mi hanno fatto ingerire quella pillola, lo è diventata da quando Ikuto ha preso Ran…” rispose a tono lui.
“Basta Kudo! Non sto scherzando… Hai diciassette anni! Non puoi comportarti come un’adulto. Ti ho promesso che la pagheranno per quello che hanno fatto, ti deve bastare questo!” disse lei.
Questa volta si erano fermati e lei lo stava guardando con occhi severi.
Shinichi però vide di più in quello sguardo. Vide, supplica, determinazione, speranza.
Sospirò.
“Va bene…” disse.
Poi ripresero a camminare verso il corridoio sette.

“Che cos’é?” chiese Ran preoccupata sentendo quel rumore.
“E’ l’allarme! - esclamò Amuro con un sorriso staccandosi da lei - Forza! L’FBI è arrivata. Ora ti porto al corridoio sette in modo che tu e Kudo possiate uscire fuori di qui.”
La ragazza annuì con la testa e si alzò dalla sedia.
Amuro riprese la pistola in mano e fece segno alla ragazza di rimanere dietro di lui, poi aprì la porta lentamente, quando vide che la via era libera uscì e con un cenno invitò Ran a fare altrettanto.

I bambini erano in infermeria da qualche minuto. L’infermiera era andata nell’altra stanza, che fungeva da ufficio.
“Allora cosa facciamo?” chiese Ayumi, rivolgendosi al bambino lentigginoso.
“Già che facciamo ora che siamo qui?” gli fece eco Genta.
“Fate silenzio. - li rimproverò lui - Sto cercando di elaborare.”
“Elaborare?” chiese nuovamente il bambino robusto con aria stupita.
“Esatto. Non sono mica Conan che le idee mi arrivano subito. Allora uscire dall’infermeria con il rischio che chiunque ci veda e fuori discussione… Potremmo continuare con la recita e farci mandare a casa, ma potrebbe volerci troppo tempo… La finestra è impossibile, siamo al secondo piano e sarebbe troppo alto saltare giù…”
“E se usassimo le lenzuola?” suggerì Ayumi.
“Lenzuola?”
“Sì, come nei film d’azione. Leghiamo i lenzuoli dei lettini l’uno all’altro e li usiamo come corda per scendere dalla finestra.” disse lei con un sorriso.
“Ayumi sei un genio! Ma certo le lenzuola, come ho fatto a non pensarci?”
Dopo quell’esclamazione tutti e tre si misero a sfilare tutte le lenzuola dai letti e legarle tutte assieme, formando un unica corda, bianca a e candida.

L’allarme continuava a suonare insistente da qualche minuto, quando l’uomo dai lunghi capelli biondi andò ad aprire la porta di un ufficio che non era il suo.
“Forza Vodka!”
“Arrivo subito capo.” disse l’uomo nerboruto mettendosi la giacca nera e aggiustandosi gli occhiali.
“Finalmente un po’ di movimento.” sorrise con un ghigno il biondo.
“Sai per caso perché suona l’allarme?” chiede Vodka uscendo col collega dal suo ufficio.
“No, ma qualunque cosa sia mi farà uscire dalla noia, ultimamente si sta divertendo solo Assenzio, persino quando quella persona mi da un compito, salta tutto.”
“Cioè?” chiede dubbioso l’altro.
“Mi aveva detto di andare a villa Kudo e uccidere Subaru Okiya, perché secondo lei sapeva troppe cose, e quando sono arrivato lì, non c’era nessuno.” gli rispose l’uomo tirando fuori la pistola.
Il compare fece altrettanto ed entrambi si diressero verso la loro posizione, la posizione che assumevano quando scattava lo stato di allerta.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:05
 
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