Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 24/11/2014, 18:30 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Scusate se corro... Ma come al solito ho altri lettori al di fuori del forum, inoltre sto mandando avanti questa ff anche su EFP ^_^

Parte ventunesima

L’incertezza della bionda durò solo qualche millesimo di secondo. Tirò fuori la pistola e si mise davanti ad Amuro.
“Andate! - disse lanciando un’altra pistola a Shinichi - E qualsiasi cosa accada non vi voltate indietro finché non uscirete fuori di qui!”
Il detective liceale prese l’arma al volo, lanciò un ultimo sguardo ai suoi due alleati, uno a terra ferito e l’altra in piedi agguerrita più che mai. Non avrebbe voluto lasciarli lì, ma aveva due promesse da mantenere: la prima era portare Ran fuori da quel posto e la seconda era uscire e non intromettersi. Così fece come gli fu ordinato, si voltò verso il corridoio che ancora era vuoto e iniziò a correre, portandosi dietro Ran che ancora gli teneva la mano.
“Cosa aspetti? - chiese Kir puntando la sua pistola contro la sua avversaria, ma rivolgendosi al collega - Inseguili! Ci penso io a loro due!”
Ikuto non se lo fece ripete un’altra volta, e corse dietro ai due, prendendo poi però un corridoio diverso.
Vermouth lo vide sfuggirle sotto il naso, sapeva che se avesse sparato nella sua direzione, la woman in black a sua volta avrebbe sparato contro di lei uccidendola e privandole ogni possibilità di sopravvivere e di salvare tutti gli altri. Sapeva dove stava andando, prendendo quel corridoio sarebbe arrivato prima della coppia di giovani all’ascensore. Non le rimaneva che sperare con tutto il cuore che incontrassero Akai prima di Ikuto. Inoltre era preoccupata anche del compagno che aveva alle spalle. Si chiedeva ancora cosa fosse saltato in mente a quel ragazzo. Possibile che avesse frainteso i suoi sentimenti. Era convinta che fosse solo infatuato di lei, che come ogni uomo, fosse attratto dal suo corpo e basta. Invece si era sacrificato per lei, non aveva esitato a lanciarsi davanti a lei per proteggerla, prendendosi il proiettile al suo posto. Forse quel ragazzo provava un sentimento vero e puro, un sentimento che lei non provava da anni, un sentimento che forse ora iniziava a percepire nel profondo del suo cuore. Come una spina fastidiosa che iniziava a pungere nel petto da quando l’aveva visto fare quel gesto disperato. E sebbene non fosse sicura che quel sentimento fosse vero, l’unica cosa di cui era sicura era che quel ragazzo era stato l’unico a rimanerle vicino sempre e comunque, anche quando le cose si erano fatte difficili da affrontare, proprio come in quel momento. Per questo motivo non lo avrebbe assolutamente abbandonato. Era il suo turno di ricambiare il favore e non avrebbe reso meno a quel debito.
Fu la mora a parlare per prima, continuando a minacciarla con la pistola.
“Sapevamo tutti che saresti stata una seccatura per l’organizzazione. Gin era l’unico che aveva il coraggio di dire tutto al boss, eppure lei continuava ad avere fiducia in te.”
La bionda sorrise maligna.
“Sono parecchio persuasiva, mia cara… Molto più di te.”
“Non so a cosa ti riferisci.” rispose lei.
“Ma davvero? Quella notte all’ospedale, l’unica persona che ha creduto alla tua interpretazione da povera agente della CIA infiltrata è stato tuo fratello. Sia Akai che il ragazzino, hanno capito subito che mentivi.”
La donna scoppiò a ridere, divertita. Una risata che metteva davvero i brividi alla schiena.
“Beh, ha davvero poca importanza visto che ho ucciso Akai quella notte.”
“Povera illusa…” dopo quelle parole la bionda sparò un colpo di pistola, centrando il petto della donna. Era stato talmente improvviso, quel gesto, che Kir non se lo aspettava.
La donna cadde a terra, lasciando la presa sulla pistola e premendosi le mani al petto che già iniziava a tingersi di rosso.
Vermouth si avvicinò a lei, che era ancora viva, sebbene rantolasse a bocconi per terra e non avesse la forza di muovere un muscolo.
“Shuichi Akai è ancora vivo mia cara… E’ stai pur certa che lo aiuterò a sterminare ognuno di voi.”
Dette quelle parole si allontanò di nuovo dalla sua avversaria, assicurandosi però di prendere anche la sua arma in modo da non permetterle di colpirla alle spalle. Si mise l’arma nei pantaloni, tenendo stretta la sua e si avvicinò ad Amuro, che era ancora a terra.
“Come stai?” gli chiese.
“Non credo abbia preso organi vitali… Ma se mi portassi con te, ti rallenterei soltanto… Meglio se vai da sola…”
La sua voce era bassa e smorzata. Forse era vero che il proiettile non gli aveva preso nessun organo vitale, ma rimaneva il fatto che stava perdendo molto sangue e che se l’avesse lasciato lì, sicuramente sarebbe morto.
“Scordatelo! Io e te usciremo da qui insieme!”
Dopodiché, tornò da Kir, che a quel punto era già morta e con un movimento secco le strappo le maniche della camicia che indossava. Le lego insieme e fece una fascia per l’addome del ragazzo, in modo da fermare un minimo l’emorragia di sangue. Lo aiutò ad alzarsi.
“Ascolta, io ti aiuto a camminare e tu spari, ok?”
Lui annuì, poi Vermouth gli porse la sua pistola.

James Black era appena uscito dall’edificio diroccato che fungeva da ingresso per la sede dell’organizzazione, quando Heiji riuscì a ricominciare a parlare.
“Come posso rendermi utile?” chiese.
“Rimanendo qui, senza muoverti!” lo rimproverò Jodie con tono autoritario.
“Cosa?? Ma c’è il mio migliore amico lì dentro!” protestò il ragazzo del Kansai indicando l’ascensore.
La donna sospirò esasperata. Già era nervosa di suo per la situazione, poi ci si metteva anche un’altro ragazzino convinto di poter fare l’eroe. Gli lanciò una pistola.
“Ripeto che finché non sarà necessario non ti muoverai di qui. Quella serve solo per difenderti.” concluse appena la pistola cadde tra le mani del ragazzo.
“Va bene…” rispose lui con tono rassegnato.

I tre bambini erano a casa di Mitsuhiko. Era stata la loro unica possibile meta, dopo la fuga dall’infermeria. In primo luogo perché era l’abitazione più vicina alla scuola delle tre e secondariamente perché entrambi i suoi genitori non erano in casa e quindi i bambini avrebbero potuto agire indisturbati.
“Adesso che facciamo? - chiese dubbioso Genta - Insomma, non sappiamo dove sia Conan, non sappiamo dove sia Ai…”
“Beh, in realtà sappiamo dov’è Ai…” disse la bambina con voce lieve ed innocente.
“O per lo meno sappiamo con chi è!” concluse Mitsuhiko.
“Dite che dovremmo andare a villa Kudo? - chiese Genta impaurito - Nella casa infestata dai fantasmi?”
“Oh andiamo Genta… Possibile che dopo tutto quello che abbiamo passato tu creda ancora ai fantasmi?” lo rimproverò il bambino lentigginoso.
“E’ vero… Oltretutto se fino ad adesso ci ha vissuto Subaru Okiya, può anche voler dire che i fantasmi se ne sono andati…” confermò Ayumi, anche se si sentiva dalla sua voce che pure lei era un po’ impaurita nell’andare in quella villa.
“Bene! - disse Mitsuhiko alzandosi di colpo - Prima di uscire però, conviene prepararci degli zaini con dentro il necessario per qualsiasi evenienza.”
“E quali zaini? Le nostre cartelle sono rimaste a scuola.” protestò Genta.
“Credo di averne alcuni nello stanzino. Vado a vedere, voi intanto pensate a cosa dovremmo portarci.”
Poco dopo i tre bambini erano pronti per uscire. Ognuno di loro portava uno zainetto sulle spalle, con dentro delle barrette proteiche, l’unico cibo che a detta di Mitsuhiko e con grande dispiacere di Genta che occupava poco spazio ed era facile da portare, una bottiglietta d’acqua ciascuno, un ricambio di batterie per gli orologi del dottor Agasa, un coltellino svizzero che Mitushiko aveva preso da uno dei cassetti di suo padre, un gomitolo di spago e i loro blocchetti prendi appunti. Inoltre tutti e tre si erano appuntati la spilla dei Detective Boys sulla maglietta.
“Ok, siamo pronti!” disse Mitsuhiko.
E così i tre bambini uscirono da casa Tsuburaya, diretti a villa Kudo.

La squadra di Shuichi Akai ormai andava spedita. Ogni membro dell’organizzazione che incrociavano veniva immobilizzato e legato da qualche parte. Quelli che erano in posizione per contrattaccarli venivano disarmati con dei colpi precisi e poi atterrati.
In testa c’era proprio l’agente in borghese. Il suo inseparabile berretto di lana ora più che mai aveva un significato. Ricordava ancora quel giorno. Quando loro madre disse a Sera di dare il suo regalo “al fratellone” e una bambina dolcissima di sette anni si avvicinò a lui e gli porse un pacco piccolino, che conteneva proprio quel cappello.
Poi finalmente lo vide. Era appoggiato al muro, l’aria tranquilla, la mano sinistra teneva la pistola e i suoi lunghi capelli argentei scendevano lungo l’impermeabile nero.
“Da quanto tempo… Rye” disse l’uomo.
Akai non ci pensò due volte è imbraccio il suo fucile.
“Ci rincontriamo… Gin… - l’uomo in nero sorrise a quelle parole, un ghigno divertito e allo stesso tempo perfido - Ho una domanda per te… - proseguì Akai - Per caso sei stato tu ad uccidere la diciassettenne che è stata trovata morta nel fiume qualche ora fa?” chiese.
“Credo proprio di sì…” rispose, non sapendo di aver dichiarato la sua condanna a morte.
Shuichi Akai non ci penso due volte e sparò un colpo alla gamba dell’uomo che gli stava di fronte.
Gin si accovacciò. La gamba destra, per via della ferita, non lo poteva più reggere e il dolore era insopportabile. Stava per alzare la pistola contro l’agente dell’FBI, ma quello fu più veloce e sparò un’altro colpo, questa volta alla sua mano sinistra, facendogli cadere dalla mano la pistola.
Si avvicinò a lui con passo svelto e con una mossa velocissima lo colpì in piena faccia con il calcio del fucile. Quando fu a terra, preso dall’ira più recondita si mise a cavalcioni su di lui e iniziò a prenderlo a pugni.
“Brutto… bastardo… Lei... era… mia… sorella… Pezzo… di… merda…” diceva tra un pugno e l’altro.
Ci vollero due suoi agenti per allontanarlo da Gin che aveva il volto ormai coperto di lividi e di sangue.
“Non solo mi hai portato via Akemi, ma ora anche Sera!” urlò lui scrollandosi di dosso i due agenti, ma ricomponendosi e cercando di trattenersi.
Ma l’uomo in nero non era ancora contento. Voleva di più. Ormai aveva perso tutto, quindi cosa c’era di male a tentare di far sentire ancora peggio il suo avversario.
“E c’è di più caro Rye… Sai, quando eri qui, sotto il tuo naso e quello della tua fidanzatina, io mi sono divertito un mondo con Sherry…”
Questo era troppo. Akai scattò in avanti, ma per fortuna i due agenti che l’avevano tirato via dalla rissa furono più svelti e lo riafferrarono dalle braccia bloccandolo.
Ora era soddisfatto del suo lavoro. Con questo pensiero in mente e con quel sorriso odioso e perfido, Gin perse i sensi sotto gli occhi furiosi del suo acerrimo nemico.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:06
 
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