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Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 21/1/2015, 19:57 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Parte venticinquesima

I tre agenti entrarono un po’ nervosi nell’ufficio del detective Kogoro. Si aspettavano che sarebbe stato uno spettacolo orribile da vedere, soprattutto perché comunque si trattava di un loro grande amico, che li aveva aiutati nei casi più difficile e che avevano imparato a conoscere.
La reazione infatti fu proprio quella che si dovevano aspettare. Appena aperta la porta, videro quello scempio e rimasero parecchio turbati.
Il corpo del detective era ancora seduto sulla sedia girevole, afflosciato e con un’impressionate ferita alla tempia, gli occhi ancora spalancati. Il sangue era schizzato ovunque e aveva anche iniziato a colare sulla sedia. Dal lato opposto opposto dell’ufficio c’era ancora il buco del proiettile, con quel letale cilindro di metallo ancora conficcato dentro.
Sato fece un respiro profondo, e il fastidioso odore di sangue le inondò le narici, facendole salire un conato di vomito, che però trattene.
“Bene, mettiamoci a lavoro. Prima finiamo meglio è.” disse.
“Sì.” risposero all’unisono Chiba e Takagi al loro superiore.
Dopodiché il poliziotto robusto si mise a scattare delle foto sulla scena del crimine, da archiviare poi in commissariato.

“Siamo arrivati…” sussurrò Vermouth.
Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che una bellissima donna uscì da una delle porte che davano sul corridoio. Una donna bellissima dalle curve mozzafiato e dall’indole spietata, che imbracciava un fucile.
Shuichi conosceva bene quella donna.
“Rye… E’ un piacere rivederti!” sorrise perfidamente la donna.
“La cosa non è reciproca, Lilith…” rispose l’uomo, rivolto al boss dell’organizzazione che per anni aveva cercato di annientare.
“Credo di immaginare per quale motivo tu sia qui…”
“Per decretare la parola fine alla tua follia!” disse deciso l’agente federale.
“Lo sai vero che io punto ad ucciderti, mentre tu come al solito vuoi solo sbattermi dentro?”
“Non esserne così sicura. Ho quasi ucciso Gin, nessuno mi vieta di far fuori te. Posso sempre dire ai miei superiori che l’ho fatto per legittima difesa.”
“Shuichi!” lo rimproverò la platinata vicino a lui.
L’uomo alzò gli occhi al cielo, scocciato.
“Eh va bene! - sospirò, per poi imbracciare il fucile. - Forza, spara. Tanto so che non ti arrenderai senza combattere.”
I due si misero uno di fronte all’altra. Sapevano bene che non era come avere una pistola, sapevano che chi avrebbe sparato per prima avrebbe ucciso o fermato il proprio avversario. Era un po’ come quei film western in cui lo sceriffo e il bandito si affrontavano in una via polverosa di quelle città antiche in mezzo al deserto.
Shuichi lo sapeva bene. Per questo motivo cercava di non dare a vedere il suo nervosismo. La donna che aveva di fronte era spietata e insaziabile, la conosceva bene e sapeva che se avesse esitato anche solo qualche secondo lei ne avrebbe approfittato. Per questo la sua tensione era al massimo.
Una gocciolina di sudore gli scivolo sulla tempia. Puntò il fucile e si leccò le labbra, pronto a colpire.
Due spari riecheggiarono nel corridoio.

“Amuro… Amuro devi rimanere sveglio!” disse Ran con tono preoccupato.
A quelle parole Camel spinse sull’accelleratore, mentre Heiji e Shinichi si voltarono verso il biondo. Che stava ancora ansimando.
“Kudo sta…” disse Heiji.
“Lo so! - disse il detective di Tokyo togliendosi la giacca con una smorfia di dolore - Ran, avvolgigli anche questa attorno alla ferita… Forse servirà a poco, ma spero che tenga fino all’ospedale…” porgendo la giacca blu alla ragazza.
Lei la prese ed aiutò il ragazzo che tremava vistosamente a mettersela attorno alla ferita.
“Camel accelera! Inizia a tremare… Non ce la farà mai!” disse Heiji incitando l’agente federale.
“Lo so, lo so… Dieci minuti e siamo arrivati…” rispose lui.
“Hattori chiama l’ospedale! Digli che stiamo arrivan…” si bloccò con un gemito.
“Kudo!?”
Il ragazzo si era portato la mano al petto. La stringeva sulla camicia in modo convulso. Sentiva il suo cuore martellare in petto, dandogli fitte dolorosissime.
Quell’interruzione della frase e quel gemito di dolore, fecero girare anche Ran, che aveva appena finito di stringere la giacca del ragazzo dietro la schiena di Amuro.
Il giovane detective non riusciva ad interpretare il suo sguardo. Sembrava preoccupato, ma anche nervoso. Come al solito non riusciva a comprendere cosa le passasse per la mente.
Le fitte passarono nuovamente e il ragazzo cercò di fare un profondo respiro per calmarsi.
“Sto bene… - disse in un soffio e quelle parole fecero voltare nuovamente Ran che gli diede le spalle per l’ennesima volta - Non penso però di resistere ancora per molto… Massimo un quarto d’ora.”
“Spero che la tua amica scienziata sia già lì!” biascicò il ragazzo dalla pelle scura facendosi sentire a malapena.
Shinichi lanciò un’altra occhiata alla ragazza che aveva di fianco poi torno a guardare il finestrino, mentre la sua vista cominciava ad appannarsi per la perdita di sangue.

“Siamo quasi arrivati!” disse Ayumi puntando il dito fuori dal finestrino verso un grosso edificio bianco.
“Dite che loro sono già qui?” chiese Genta iniziando a guardarsi attorno.
“Ne dubito. - rispose la ragazza al volante - Sebbene non so di preciso dove sia, sono più che sicura che il covo di quei pazzi sia fuori città, perciò dubito che siano già arrivati.”
“Beh meglio, così possiamo avvisare le infermiere del loro arrivo.” disse Mitsuhiko mentre Shiho parcheggiava in un viale di fianco all’ospedale.
“Sì sono d’accordo.” confermò Shiho.
Dopo poco scesero dall’auto e si diressero con passo svelto verso l’edificio bianco.
Entrarono e si diressero velocemente verso il bancone all’ingresso.
La donna che stava alla segreteria era al telefono. Perciò nessuno di loro la interruppe.
“…Bene avviseremo immediatamente i dottori. - chiuse la chiamata e ne fece subito un’altra chiedendo un attimo alla ragazza di fronte a lei col dito, che fece solo un leggero cenno di testa come risposta - Sta arrivando un’urgenza. Un ragazzo ferito all’addome con grossa emorragia e un’altro con due colpi d’arma da fuoco uno al ginocchio e l’altro alla spalla. Stanno arrivando con un auto, saranno qui tra meno di dieci minuti.” disse al telefono.
Schio si voltò verso i bambini che la accompagnavano, e trovò la conferma di quello che sospettava, negli sguardi preoccupati di tutti e tre e nei lacrimoni che la piccola Ayumi stava cercando di trattenere.
“Ditemi.” disse la donna facendo riscuotere Shiho da quello stato di tristezza che l’aveva intorpidita vedendo la sua piccola amica coraggiosa piangere.
“I ragazzi di cui ha parlato poco fa… Sono miei amici, siamo venuti qui perché abbiamo saputo che sarebbero venuti in questo ospedale.”
“Capisco, ma probabilmente nessuno potrà entrare in sala operatoria con loro, mentre interverranno sulle ferite.” raccomandò la donna.
“Lo so bene. - rispose Shiho, frugando nella tasca della giacca, poi uscì fuori un cartellino e lo mostrò alla donna, abbassando la voce - Ascolti, sono una scienziata specializzata, uno dei due ragazzi feriti ha in corpo un veleno e se non gli viene dato questo antidoto in endovena appena arriva potrebbe morire…” disse tirando fuori una siringa con l’ago ancora sigillato nella plastica.
Sapeva che a meno che non era per le ferite Shinichi non rischiava di morire, ma non poteva di certo dire alla donna che si sarebbe rimpicciolito, l’avrebbe presa per pazza, per questo di era inventata questa stupida scusa.
La donna ci pensò qualche secondo, poi le si illuminò lo sguardo, guardando oltre la ragazza.
“Ah dottore, questa ragazza avrebbe qualcosa di cui parlarle.” disse ad alta voce.
Shiho si voltò e rimase sconvolta da quello che vide. L’uomo a cui si era rivolta la donna era un uomo in camice bianco, con i capelli brizzolati e due occhi azzurri come il ghiaccio.
L’ultima volta che aveva visto quell’uomo era una bambina, ed i suoi capelli erano ancora scuri, ma non avrebbe mai dimenticato quello sguardo.
Rimase lì, immobile, sconvolta, mentre quell’uomo che credeva fosse morto molto tempo fa, ucciso dalla stessa organizzazione che l’aveva fatta dannare, si avvicinava a lei con un sorriso bonario.
L’uomo arrivò al banco, ma la ragazza rimase zitta, tanto che fu la segretaria a dover spiegare tutto al dottore.
Lui senza obbiettare prese la siringa sul bancone.
“Lo faremo.” disse per poi allontanarsi.
La ragazza lo vide andarsene di nuovo, come se volesse sparire di nuovo dalla sua vita, così con due passi veloci lo raggiunse e lo prese dalla manica del camice.
Lui si girò sorridente.
“Ciao Shiho.” disse.
“Io… credevo che tu… Credevo che…”
“Prometto che ti spiegherò tutto, ok? Prima pensiamo ai tuoi amici.” la tranquillizzò quell’uomo con tono pacato.
La ragazza, lasciò la manica del medico, ricambiando il suo sorriso. Non poteva ancora credere di aver rivisto suo padre.

Takagi chiuse la cerniera del sacchetto bianco sul corpo del detective Kogoro, mentre Sato e Chiba finivano di ripulire il pavimento dalle ultime macchie di sangue dall’ufficio.
“Della poltrona che ne facciamo?” chiese l’agente robusto.
“Conviene portarla via, non ha senso lasciarla qui. Almeno quando Ran tornerà a casa non le porterà brutti ricordi.” rispose Takagi.
“Non credo che Ran tornerà qui, probabilmente andrà a vivere con la madre, però penso che sia comunque meglio portarla via.” puntualizzò Sato sollevandosi in piedi.
Ora l’ufficio del detective non puzzava più di sangue, ma di candeggina, un’odore più forte e penetrante, ma meno fastidioso.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:09
 
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