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Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 31/1/2015, 12:26 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
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Parte ventiseiesima

I due corpi furono colpiti quasi allo stesso momento, dai due micidiali proiettili sputati dai fucili.
Lilith si accasciò, con una smorfia di dolore mentre già il sangue le macchiava l’elegante camicia bianca, proprio all’altezza di dove incominciava la gonna di quello che probabilmente era un elegante tailleur nero.
Akai invece venne sobbalzato indietro, tanto che cadde a terra, senza più muoversi.
Subito quattro agenti accorsero bloccare la donna prima che desse il colpo di grazia al loro capo, mentre già Sharon si era buttata sul corpo del suo ex marito sperando che fosse ancora vivo.
“Shuichi… Rispondimi… Shuichi…” disse con tono preoccupato prendendogli il viso tra le mani.
L’uomo tossì, poi aprì gli occhi e con mezza voce parlò.
“Come mai così preoccupata per me…?”
La donna gli mollò il viso e lo guardò con sguardo innervosito.
Lui rise a quello sguardo, mentre si rialzava.
“Questa è la mela marcia che conosco…”
“Potresti smetterla di chiamarmi a quel modo?” chiese di nuovo scocciata.
Lui rise di nuovo, poi si alzò la maglia rossa, sotto la giacca di pelle nera, scoprendo il giubbotto anti-proiettili che presentava un foro proprio all’altezza del cuore.
“Mi ero dimenticato di quanto la tua mira fosse impeccabile. Se non avevo questo sarei morto sul colpo.” disse estraneo il proiettile dal giubbotto e buttandolo a terra facendolo tintinnare, mentre incrociava lo sguardo della donna che veniva portata via dai suoi uomini.
Quando finalmente Lilith si allontanò da loro, Sharon aiutò l’agente dell’FBI ad alzarsi.
“Non ci credo che sia veramente finita…” disse con un sospiro.
“Già…”
L’uomo non ebbe il tempo di dire un’altra parola che sentì una voce femminile e preoccupata chiamarlo.
Si voltò e vide la sua collega che correva verso di lui.
“Oh Shuichi, ho sentito gli spari e temevo che…” disse arrivando davanti a loro due.
“Sono vivo Jodie.” sorrise lui.
Poi, come prima di separarsi, le prese il viso tra le mani e la baciò. Sotto il sorriso finalmente un po’ più rilassato di dolce dell’ex woman in black.
Si staccarono però quasi subito e l’uomo, tenendo ancora il viso di Jodie tra le mani, si rivolse all’altra.
“Ora andiamo. Camel sarà già arrivato all’ospedale con i ragazzi.”

Finalmente arrivarono. Due infermiere portavano una barella su cui era sdraiato Amuro, di fianco a loro anche Ran, accompagnata da un’altro infermiere. Poco più dietro un’altra barella su cui era seduto Shinichi, che si era rifiutato di sdraiarsi, e ad accompagnarlo oltre alle infermiere c’era il detective dell’Ovest che aveva un cerotto sulla guancia, messo prontamente dai dottori alla vista della ferita superficiale.
Atsushi Miyano porse nuovamente la siringa a sua figlia.
“Penso lo dovresti fare tu. Io intanto vado a gestire l’operazione del biondo.”
La ragazza la prese annuendo poi, seguita dai bambini, si avvicinò a Shinichi, mentre l’uomo aveva avvisato le infermiere che poteva intervenire.
“Haibara tu…” disse Shinichi vedendola, poi si accorse che c’erano i bambini e si zittì.
Lei scosse la testa.
“Sanno tutto.” gli rispose con un sorriso.
“Come stai Con…Shinichi?” chiese Ayumi, che non riusciva più a trattenere le lacrime.
“Sto bene Ayumi, stai tranquilla…” la rassicurò lui accarezzandogli la testa.
Intanto Shiho aveva tolto il cappuccio di plastica dalla siringa.
“Sei pronto?” gli chiese.
Lui fece un cenno di testa.
“Allora… Addio Conan-kun!” disse la ragazza inserendo la siringa nel braccio di Shinichi e premendo lo stantuffo.
Il ragazzo poi si rivolse ai due bambini.
“Vi prometto che non ci perderemo, però voi dovete promettermi che vi prenderete cura di Ayumi, ok?”
“Contaci!” disse deciso Mitsuhiko.
“Saremo le sue guardie del corpo!” rispose invece Genta mettendosi nella posizione del soldatino ubbidiente.
Poi Shinichi si chinò, sporgendosi dalla barella e diede un bacino sulla guancia della bambina ancora in lacrime. Quando si rialzò sorrise a tutti.
“Ci vediamo dopo…” disse mentre le infermiere si allontanavano con la barella, lasciando i tre bambini, Shiho ed Heiji lì.

L’avvocato Kisaki aveva appena chiuso quella terribile chiamata.
Era rimasta paralizzata da quella notizia. La sua mano ancora sulla cornetta del telefono, messa al suo posto, mentre l’altra era poggiata ancora sulle gambe.
Rimase così per più di un paio di minuti. Finché il piccolo micio grigio non gli saltò in grembo, insinuandosi sotto la sua mano per cercare carezze. A quella reazione del gattino la donna sentì la prima lacrima rigarle il viso.
“Oh Kogoro… Non ci posso credere…” disse stringendo il micio stretto, mentre guardava il baluginare della sua fede al dito.
Quelle lacrime, quei pensieri che le inondavano la mente, quel dolore profondo, fu la conferma del suo amore. Era la punizione di tutti i suoi capricci. Se si fosse goduta la vita con suo marito, senza lamentarsi sempre di lui ed allontanandosi anche da sua figlia, forse quella notizia le avrebbe fatto meno male.
Prese un fazzoletto di carta dalla scrivania e si asciugò le lacrime, lasciando andare il gatto, poi chiamò la sua segretaria.
Midori entrò nell’ufficio dell’avvocato e vide la donna ancora scossa.
“Avvocato che succede?” chiese.
“Nulla, ne parliamo dopo. - la liquidò la donna non volendo dare risposte in quel momento - Cancella tutti gli appuntamenti di oggi, e se non ti dispiace prendi tu le chiamate.” disse prendendo il cellulare dal cassetto della sua scrivania.
“Bene!” rispose la mora con un inchino per poi uscire di nuovo dall’ufficio chiudendosi la porta alle spalle.
A quel punto l’avvocato digitò un numero sul suo apparecchio telefonico e poi se lo portò all’orecchio. Fece un paio di squilli, poi finalmente qualcuno rispose.

“Mamma!” disse Ran rispondendo al telefono, mentre un’infermiera le misurava la pressione.
“Ran dove sei?” chiese Eri con tono preoccupato.
Ran ne dedusse che aveva saputo cosa era successo a lei, o cosa era successo a suo padre.
“All’ospedale… - rispose - ma sto bene! - rassicurò subito - Mi stanno facendo delle analisi di controllo.”
“Vengo lì.” rispose la donna.
La ragazza le rispose dicendole in quale ospedale si trovava, poi chiuse la chiamata.
“Mi scusi, era mia madre.” disse all’infermiera.
“Tranquilla, nessun problema.” le rispose lei con un sorriso.

Finalmente era sul volo diretta a Tokyo. Avrebbe potuto prendere il treno, ma ci avrebbe messo di più.
Alla fine aveva mollato i compiti, perché non riusciva comunque a pensare ad altro, anche se ora sapevano che stavano bene, quindi si era fatta accompagnare da suo padre in aeroporto con la scusa di voler andare a vedere un evento importante a Tokyo e poi aveva preso il biglietto per il primo volo disponibile diretto alla capitale.
Aveva bisogno di sapere che la sua amica stava bene, e non le bastava un messaggio di Heiji per esserne sicura. Poteva solo immaginare come fosse terribile vivere una situazione del genere ed era quasi impossibile non uscirne completamente scosse, perciò le sarebbe stata vicina.

Il suo cellulare suonò, era la suoneria dei messaggi. La ragazza ancora in casa, completamente scossa dagli avvenimenti successi quella mattina si era chiusa in camera sua con la musica ad alto volume negando qualsiasi risposta alla governante o a sua sorella.
Quando sentì il telefono le era sembrato come un campanello d’allarme. Chi era? Ma soprattutto… Che notizie dava? Aveva paura di leggere quel messaggio, ma doveva farlo. Quando ebbe il coraggio di leggere quelle brevi parole ebbe un sospiro di sollievo.
Ran sta bene vieni all’ospedale Aiiku, sta facendo dei controlli.
Il messaggio glielo mandava Shinichi. Questo voleva dire che l’aveva salvata.
Senza pensarci un’attimo spense lo stereo ed uscì dalla sua camera, ancora in divisa, sebbene non avesse più la cravatta verde e la giacca, ma non voleva cambiarsi, voleva arrivare il prima possibile all’ospedale.
“Kizu, - disse chiamando la domestica - ho bisogno che Kazuto mi accompagni all’ospedale Aiiku immediatamente!” concluse con tono autoritario.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:09
 
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