Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

« Older   Newer »
  Share  
KiarettaScrittrice92
view post Posted on 7/2/2015, 14:10 by: KiarettaScrittrice92     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Parte ventisettesima

La mora venne caricata su uno dei camion blindati, come tutti gli altri suoi sottoposti.
Appena entrò, arrampicandosi dalla rampa in metallo, incrociò subito lo sguardo dell’unica persona che era rimasta vicino a lei fino alla fine. Rimase quasi stupita da quello sguardo. Non era per niente triste o rassegnato, o dispiaciuto. Anzi sorrideva. Sorrideva in modo rassicurante e orgoglioso. Come se le volesse dire che aveva fatto il massimo e lui lo sapeva, come se quella ferita che le bruciava sul fianco fosse il segno della sua estenuante battaglia che aveva portato avanti per anni.
Sì perché quel ragazzo, anche se era arrivato nell’organizzazione solo da qualche mese era l’unico che aveva capito la fatica che aveva impiegato a fondare tutto quello che adesso aveva perso. Era l’unico che aveva capito a quanto aveva dovuto rinunciare. Alla sua famiglia che aveva ucciso dopo che si erano opposti alla sua decisione, alla sua migliore amica che gli aveva voltato le spalle, a suo marito che scoperto il suo segreto aveva cercato di avvisare la polizia e che dovette far tacere per sempre.
Quel sorriso era rassicurante. Ikuto le stava dicendo che lui non se ne sarebbe andato mai. Che dovunque gli agenti dell’FBI li stessero portando per pagare la loro pena, lui le sarebbe stato vicino.
Così con le mani ammanettate si avvicinò a quel bellissimo ragazzo biondo, dagli occhi castano chiaro, per poi chinarsi davanti a lui e baciarlo sulle labbra ferite. Dimostrandogli la sua gratitudine.
Poco dopo i camion partirono, l’uno dopo l’altro.

Heiji, Shiho e i tre bambini si erano seduti nella sala d’attesa all’ingresso dell’ospedale, aspettando che si sapesse qualcosa dei due ragazzi che erano entrati da poco in sala operatoria e di Ran che avrebbe dovuto finire le visite di controllo a momenti.
Mentre ancora aspettavano ecco che arrivò Sonoko tutta trafelata. La prima ad accorgersene fu Shiho, che diede una gomitata al ragazzo del Kansai.
“Oh accidenti… Non dirmi che bisogna raccontarle tutto…!?” si lamentò il ragazzo.
“Sì! - rispose la ragazza - E ti conviene farlo prima che Ran torni qui.”
“Cosa?! Perché dovrei farlo io?” chiese con tono tra lo scocciato e lo stupito.
“Perché fino a prova contraria lei non mi conosce.” puntualizzò col suo solito tono freddo la scienziata.
Il ragazzo sbuffò e si alzò dalla sedia, dirigendosi verso la ragazza dai capelli a caschetto biondi.
“Ehi Sonoko…!” disse chiamandola e agitando la mano in modo da farsi vedere.
La ragazza vedendo una faccia amica corse subito in direzione del detective di Osaka.
“Ran sta bene?” fu la sua prima domanda.
“Sì, lei sta bene… Sta facendo delle visite di controllo, ma non ha riportato nessuna ferita.”
“Oh meno male.” sospirò più tranquilla.
“Già… Però… Prima che torni… Dovremmo parlare…” disse Heiji con tono nervoso.

Ran tornò alla sala d’attesa all’ingresso mentre Sonoko ed Heiji stavano ancora parlando.
La mora si avvicinò a Shiho e si sedette di fianco a lei. Aveva un grosso cerotto sul braccio sinistro, e guardava in direzione della sua amica.
“Heiji le sta raccontando cosa ti è successo.” le disse Shiho, senza neanche aver bisogno che lei chiedesse niente.
Calò di nuovo il silenzio nel gruppo.
Ed anche quando Sonoko ed Heiji tornarono ai posti ci fu solo un leggero saluto tra le due amiche e poi più nulla.
C’era un vociare continuo. Infermiere che chiamavano pazienti, dottori che chiamavano infermiere, pazienti che parlavano tra di loro. Ma nessuno di quel piccolo gruppo composto da quattro ragazzi e tre bambini, sembrava voler parlare.
Non passò molto che a varcare la porta di vetro scorrevole dell’ospedale fu anche Eri.
Appena Ran vide la madre entrare nell’ospedale si alzò di scatto e corse, tuffandosi tra le sue braccia. Tutte quelle lacrime che avevano smesso di scorrere da quando era uscita dall’ufficio vuoto nel covo dell’organizzazione, erano ripartite, bagnando la giacca verde pallido della madre.
La donna non disse niente. La abbracciò con fare materno, condividendo con lei il suo dolore e la sua disperazione, ma allo stesso tempo cercando di consolare la sua unica figlia in quel momento di fragilità.
L’uomo con cui aveva parlato al telefono le aveva raccontato tutto quello che era successo alla sua bambina. Del suo rapimento e dell’omicidio di Kogoro. Ma di certo non poteva sapere cosa aveva dovuto passare là dentro.
Momenti terribili, dolorosi e da dimenticare. Momenti che la ragazza non avrebbe probabilmente mai raccontato a sua madre, e se mai un giorno l'avesse voluto fare sicuramente non era quello il momento.
A vedere quella scena a Sonoko scappò una lacrima.
“Tutto ok?” chiese Shiho voltandosi verso di lei.
La ragazza la guardò per qualche secondo, poi con un cenno di testa si asciugò la lacrima, si alzò e raggiunse la sua migliore amica, ancora abbracciata a sua madre, per consolarla.

Non passò molto che un’infermiera si avvicinò al gruppo che era rimasto seduto.
“Il vostri amici sono fuori pericolo. Il biondo però ha bisogno di riposo e quindi non potrà ricevere visite fino a domani.”
A quella notizia Heiji si alzò e chiese di farsi portare nella stanza in cui si trovava Shinichi, per poi rivolgersi ai bambini.
“Volete venire anche voi?” chiese.
Ayumi scosse la testa e Mitsuhiko spiegò quel gesto.
“No grazie, ora dobbiamo tornare a casa.”
“L’importante è sapere che stanno bene. Torneremo con calma un’altro giorno.” concluse Genta.
A quelle affermazioni si alzò anche Shiho.
“Vi accompagno… - disse, poi si rivolse al ragazzo del Kansai - Salutami Kudo.”
Il ragazzo confermò con un cenno di testa e li salutò. Mentre lui seguiva l’infermiera i tre bambini e Shiho passarono vicino al gruppo formato dalle due ragazze e dall’avvocato Kisaki. Ran aveva smesso di piangere, ma erano rimaste lì a parlare.
“Sono entrambi fuori pericolo, ma non è ancora permesso fare visita ad Amuro.” le informò la scienziata, per poi allontanarsi.
Eri che non sapeva assolutamente nulla di chi altro c’era lì oltre che sua figlia si voltò verso Ran con sguardo interrogativo, chiedendole cosa voleva fare.
Ran stava per rispondere a quella domanda muta, quando la sua seconda migliore amica sbucò dalle porte scorrevoli di corsa.
“Kazuha… Che ci fai qui?” chiese stupita.
“Heiji, mi ha detto cosa ti è successo. Come stai?” chiese.
“Potrebbe andare meglio. Ma l’importante è che tutto è passato. Ascolta, io e mia madre stavamo per andare a casa assieme a Sonoko per mangiare qualcosa, vuoi venire anche tu?” le propose.
La ragazza sembrò pensarci un po’ sù.
“A dirla tutta volevo prenotare un hotel e rimanere qui qualche giorno con te apposta, però prima volevo vedere Heiji.”
“Heiji, credo sia andato a vedere come sta Shinichi. Comunque sia non devi prenotare assolutamente nessun hotel, sei ospite da noi. Per te va bene mamma?” chiese rivolgendosi ad Eri.
“Ma certo!” rispose lei con un sorriso.
“Bene, allora ti aspettiamo” disse lei con un sorriso.
In un’attimo sembrava essere tornata la ragazza forte e solare di sempre, anche se sapeva bene che le sue due migliori amiche e sua madre sapevano vedere il suo dolore dietro quella sua maschera di forza.

Il detective di Osaka era appena entrato nella stanza in cui era ricoverato solo Shinichi, quando Kazuha lo raggiunse di corsa.
“Heiji!”
“Kazuha… Che ci fai qui?”
“Che domande sono? Potevo rimanere a casa secondo te?”
Il ragazzo sospirò.
“Hai visto Ran?”
“Sì, mi aspetta sotto, mi ha invitato a casa sua…”
Il ragazzo notò che il tono della sua voce era infastidito, come se qualcosa la scocciasse.
“Che hai?” le chiese quindi.
“Mentre salivo con l’ascensore, mi ha mandato un messaggio, raccontandomi quello che non mi hai voluto dire l’altro giorno.”
Il ragazzo sospirò.
“Sì… Ho visto come lo trattava mentre venivamo qui all’ospedale. A momenti neanche le importava che anche lui fosse ferito…”
“Che cosa pretendi? Non puoi certo far passare quasi un anno di bugie e menzogne?” disse Kazuha, iniziando ad alzare un po’ la voce.
“Stai scherzando, spero. Lo ha fatto per proteggerla!!”
“L’ha protetta infatti… E questo è il risultato… Quello che è successo oggi era la dimostrazione di quanto la proteggesse…”
“Kazuha ora esageri. Insomma non è certo colpa sua quello che è successo.”
“Forse no… Ma se Ran e Kogoro avessero saputo, forse non sarebbe successo tutto questo…”
“Tu non hai la minima idea di quello che ha passato lui, non puoi…”
“La volete smettere di parlare di me come se non ci fossi?”
A quella frase i due ragazzi si girarono verso Shinichi, che aveva parlato.
Era sdraiato sul letto della stanza. Indossava solo un pantalone di cotone leggero che era gonfio dal lato destro, nascondendo la fasciatura sul ginocchio. Una fasciatura simile gli avvolgeva anche petto, spalla e braccio dal lato sinistro. Mentre il braccio destro era collegato a una flebo che pian piano gli iniettava liquido in vena.
La ragazza si zittì, ovviamente imbarazzata per quello che era successo e con un breve saluto ad Heiji si dileguò, tornando dalla sua amica.
Il ragazzo del Kansai invece rimase lì, anzi si avvicinò al letto dell’amico, senza però dire una parola.
Fu Shinichi infatti il primo a parlare.
“L’ho persa…”
“No Kudo, vedrai che le passerà. Ha bisogno solo di un po’ di tempo per elaborare. Devi capirla, in fondo questa esperienza è stata traumatica per lei.”
“E’ proprio perché la capisco che so di averla persa… Io non riuscirei sinceramente a perdonare una persona che mi ha mentito per quasi un anno… Sono stato uno stupido…”
“Kudo non puoi abbatterti così.” disse tristemente Heiji.
Il ragazzo sdraiato sul letto sospirò rumorosamente.
“Ci vediamo domani Hattori…”
A quel congedo il ragazzo dalla pelle scura lo salutò per poi andarsene.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:11
 
Top
87 replies since 15/3/2012, 11:41   4686 views
  Share