Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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view post Posted on 11/3/2013, 15:36     +1   -1
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mi sono letta tutti i capitoli d'un fiato!
davvero bellissimi, la storia mi piace tantissimo!!
i momenti trs Shin e Tan sono dolcissimi >////<
povero Conan, si sente che è teso e deve stare attento a tutto e a tutti!
complimentissimi!!! aspetto il prossimo capitolo *__*
 
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view post Posted on 16/3/2013, 11:33     +1   -1
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Eh purtroppo come ho già detto questa ff è un po' a rilento... Perché preferisco mandare avanti le altre^^
Ma ora stavo iniziando a scrivere la quarta parte^^
 
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view post Posted on 24/3/2013, 15:00     +2   +1   -1
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Parte quarta
Tooru aprì la porta nera con il suo nome in codice scritto sopra in bianco, per poi chiudersela alle spalle.
Gli era davvero mancato quel luogo. Il suo ufficio era l'unico posto in cui sembrava poter abbandonare tutte le sue difese e i suoi problemi e rilassarsi.
Si avvicinò alla scrivania e allungò la mano verso la ciotola di metallo che conteneva centinaia di caramelle di ogni tipo. Ne afferrò una con la carta azzurra, la scartò e se la infilò in bocca assaporando il pungente sapore della menta forte che subito gli rinfrescava tutta la bocca. Poi buttò la carta nel cestino di fianco alla scrivania e si sedette su una delle poltrone in pelle nera, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi.
La tranquillità però non durò a lungo.
Era da pochi minuti seduto, quando qualcuno busso alla porta.
"E' aperto!" disse un po' scocciato.
Sulla soglia apparve lei. Come ogni volta che la vedeva e non si aspettava la sua presenza il suo cuore perse un colpo.
Quel corpo sinuoso, che parecchie volte aveva sognato di possedere nei suoi desideri più nascosti, era avvolto da un jeans scuro e da una camicetta nera sbottonata in modo da creare una scollatura vertiginosa.
Si alzò di scatto, come una reazione involontaria.
"Ve-Vermoth, che succede?" chiese nervosamente.
Lei per niente scossa da quella reazione si chiuse la porta alle spalle e si diresse tranquillamente all'altra poltrona.
Appena fu arrivata, si sedette, accavallando le gambe e mettendosi comoda.
Il ragazzo la imitò, guardandola nervosamente.
"Tuo cugino sta esagerando." disse lei.
Teneva gli occhi chiusi e come al solito la sua voce era sensuale e pacata, come se niente la potesse turbare.
"Me l'hai già detto per messaggio." rispose lui sorridendo.
"Non è uno scherzo Bourbon, qui la cosa è seria. Se continua così rischiamo anche noi."
"Cosa intendi dire?" chiese di nuovo nervoso.
"Intendo dire che sa tutto, e se non lo sa, lo scoprirà presto."
"Cosa vuol dire tutto?"
Ora era impallidito. Piccole goccioline di sudore scendevano lentamente sulla sua fronte, mentre sembrava che la saliva gli si fosse bloccata in gola per creare un blocco.
"Tutto! - rispose lei - Ogni singola cosa. Sul nostro conto e su quello dei ragazzi." rispose.
Aveva sempre gli occhi chiusi e sebbene il ragazzo sapesse che la cosa turbava anche lei, sembrava sempre impassibile.
"Che cosa facciamo?" chiese lui sempre più nervoso.
"Tienilo d'occhio!"
Dopo aver detto quelle parole, la donna si alzò dalla poltrone e uscì dall'ufficio del giovane chiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo di nuovo solo.

Tenerlo d'occhio. Come se fosse stato facile. Quel ragazzo sembrava essere più sfuggente dell'acqua.
Quell'acqua che ora stava cadendo fitta dal cielo grigio e lugubre. Quell'acqua che gli stava bagnando la camicia a maniche corte, che gli si appiccicava sul corpo abbronzato, e i capelli biondi.
Arrivò all'agenzia Mori bagnato fradicio.
"Mio dio, ragazzo! Sei zuppo!" disse Kogoro, che stranamente non era ubriaco, alzandosi di botto.
"Non si preoccupi signor, Mori. Vede che dopo una doccia calda e dei vestiti asciutti starò meglio." rispose il ragazzo facendogli segno di non preoccuparsi e allontanandosi, verso la stanza in cui dormiva.
La doccia lo rilassò. Quei pochi minuti sotto l'acqua calda sembravano sempre fargli dimenticare il gelo dei suoi compiti. Sentiva ogni singola goccia percorrergli la pelle e scivolare giù per il corpo.
Con un colpo secco, portò indietro i capelli biondi e piegò indietro il collo, lasciandosi picchiettare il viso dall'acqua. Le goccioline colpivano il viso e poi rotolavano in basso. Le voleva percepire una a una. Mentre gli percorrevano il collo, il petto possente, la schiena, le gambe.
Sì, era decisamente rilassante.
Uscì dal bagno con un ampio sorriso. Come se l'acqua avesse lavato via ogni sua preoccupazione.
"Ora mi sento meglio!" disse rivolgendosi al proprietario di casa.
Come c'era da aspettarsi fuori dall'immensa vetrata dell'ufficio splendeva di nuovo il sole. L'acquazzone estivo era già finito.
"Dovresti stare attento Amuro. Gli acquazzoni estivi, qui a Tokio, sono micidiali."
"Come mai oggi non vede la TV, detective?" chiese incuriosito il ragazzo.
"Ho un caso per le mani, ma credo che ci rinuncerò." rispose l'uomo poggiandosi sullo schienale della sedia rassegnato.
"Di che si tratta?" chiese nuovamente il giovane avvicinandosi alla scrivania e vedendo una lettera.
"Leggi pure se vuoi…" disse Kogoro, accendendo la televisione.
Il ragazzo prese in mano la lettera.
Gentile detective Mori,
ho bisogno del suo aiuto.
Qualche settimana fa mio marito ha ricevuto una strana lettera che riportava testuali parole.
"Ali nere, come petrolio. Piume nere, come carbone. Zampe nere, come una giacca di pelle. Occhi neri, come la notte."
A quella lettera mio marito è impallidito, ma non mi ha voluto dire nulla a riguardo.
Era passato parecchio tempo, e mi ero quasi dimenticata dell'accaduto, ma l'altro giorno entrando da lavoro ho scoperto la tragedia.
Ho trovato mio marito morto, per un colpo di pistola. Di fianco a lui c'era un registratore che riproduceva sempre la stessa canzone e un biglietto con su scritto "I corvi hanno colpito!"
Non posso rivolgermi alla polizia, perché creerei uno scandalo, dato che mio marito è un grande imprenditore e purtroppo non posso venire personalmente dato che sono invalida e la mia assistente è in vacanza.
La prego mi aiuti.
Se scopre qualcosa chiami a questo numero 1348890567 oppure mi raggiunga nella mia dimora in Via Makuni, 30.

Il ragazzo sorrise divertito. Quello era stato uno degli ultimi incarichi di Gin. Quella donna poteva aspettare e sperare, Kogoro non sarebbe mai arrivato alla soluzione di un caso del genere.
Eppure Tooru conosceva qualcuno che, se avesse letto quella lettera, sarebbe corso come una furia a quell'indirizzo.
"Conan l'ha letta questa lettera?" chiese poggiandola nuovamente sulla scrivania del detective.
"No. L'ho aperta dopo che lui e Ran sono usciti?"
"Usciti?"
"Sì. Ran aveva un appuntamento con qualcuno e il moccioso ha voluto a tutti i costi seguirla."
Il ragazzo impallidì, per quel poco che si poteva notare dalla sua pelle scura. Bastava fare due più due per capire cosa stava succedendo. E se quel che credeva era vero i due erano in un grande pericolo.
"Detective, io esco!" disse subito, senza pensarci un attimo.
Kogoro non ebbe neanche il tempo di chiedere il motivo che il ragazzo si trovava già fuori dall'agenzia.
"Bah… Chi li capisce i ragazzi…"

"Allora? Cosa mi racconti di bello?" chiese il ragazzo rivolgendole un bellissimo sorriso.
"Beh, va tutto bene. Mio padre ha tanto lavoro, prendo buoni voti a scuola…"
Lui scoppiò a ridere bloccando il suo discorso.
"Non intendevo quello." disse finendo di sghignazzare.
"Ah no?"
"No. Parlavo di te e il tuo ragazzo."
Lei diventò paonazza.
"Ah… Beh sì va tutto bene. Insomma ci siamo riappacificati."
"Meno male… e ha scoperto il nostro piccolo segreto?" le disse lui avvicinandosi a pochi centimetri dal suo volto.
Lei se possibile diventò ancora più rossa e poi balbettò qualcosa.
"Beh… ecco… credo… credo di sì…"
Non riuscì a finire la frase perché lui le prese la mano che aveva sul tavolo.
"E' un peccato però… Avrei tanto voluto essere al posto suo."
"In che senso?" chiese lei, la voce le tremava.
"Come in che senso? - disse sfiorandole col dorso dell'altra mano la guancia - Non lo capisci?"
Lei si alzò di botto dal tavolo su cui erano seduti.
"Mi spiace Ikuto, ma questo non può accadere." disse lei, tra il preoccupato e l'arrabbiato.
"Eh perché no, piccola Ran? - dette quelle parole, la vide sobbalzare e sorrise compiaciuto - E' così che ti chiama il tuo Shinichi, non è vero?"
"Tu… tu… Basta Ikuto, mi stai spaventando, smettila di fare così!"
"Così come?" chiese lui fingendosi sorpreso.
"Hai chiesto al tuo amico di lasciare il locale vuoto solo per noi, mi hai invitato qui e ora mi stai facendo delle avance. Io sono fidanzata! E se non la smetti…"
"Se non la smetto…? Cosa fa la piccola Ran se non la smetto? Mi fa una delle sue micidiali mosse di karatè?"
"Eh smettila di chiamarmi così!" urlò, mentre due lacrime le iniziarono a scendere sulle guance.
Lui sospirò e si alzò per raggiungerla.
"Non piangere Ran. - disse asciugandogli le lacrime con i pollici - Io non sono qui per farti star male. Tu mi piaci davvero!"
"Ma… ma io sono… sono…"
"Shinichi non ti merita. Ti abbandona sempre, non sai mai dove si trova e quasi sicuramente tra i suoi mille casi avrà avuto rapporti con altre trecento ragazze."
"No… non è vero…" ormai le sue lacrime non smettevano di sgorgare.
"Io invece non ti abbandonerei mai. Mai! - la sua mano calda scivolò dalla sua guancia verso il collo e poi sul suo petto - Sembra passata un'eternità dall'ultima volta… E invece quanto è trascorso? Due settimane?"
"Ikuto io…"
"Shhh… Ti assicuro che non lo saprà mai nessuno…" le sussurrò lui.
Poi le sbottonò pian piano la camicetta.
"Ikuto smettila per favore."
Non riusciva a reagire. L'unica cosa che riusciva a fare era piangere e supplicarlo. Si sentiva indifesa. Aveva bisogno di affetto. Aveva bisogno di lui. Lui. Dov'era adesso il suo Shinichi?
"Lasciala stare!"
I due si voltarono di scatto. Vicino al corridoio che portava ai bagni, c'era Conan, ansimante e con un'aria furibonda sul volto.
La ragazza imbarazzata si coprì.
"Conan che ci fai qui?" chiese.
Il ragazzo invece dopo l'attimo di sorpresa sorrise.
"Ah ora mi ricordo di te. Tu sei il moccioso che c'era al bar. Edogawa giusto?"
"Esatto! E ti conviene stare lontano da Ran!"
Il ragazzo scoppiò a ridere di gusto, poi con un gesto fulmineo tirò fuori la pistola e la punto verso il bambino.
"Altrimenti che fai?"

Il ragazzo stava camminando da un po'. Doveva trovarli, prima che accadesse il peggio. Il problema era che non aveva la minima idea di dove fossero andati. Ad un tratto una voce lo fece sobbalzare.
"Che ci fai tu qui?"
Si voltò e la vide. Lo guardava fisso con quei suoi freddi occhi verde acqua attraverso le lenti di un paio di occhiali, e con le braccia incrociate. Alle sue spalle gli altri tre bambini.
"Da quando porti gli occhiali, piccola?" chiese con tono cortese.
"Stiamo cercando Conan…" rispose la bambina castana alle sue spalle.
"Già, oggi di punto in bianco ha disdetto il nostro appuntamento in gelateria e Ai si è insospettita, così seguendo il segnale delle sua ricetrasmittente stiamo andando a vedere se sta bene."
Quel colpo di fortuna non se lo sarebbe mai aspettato. Loro sapevano esattamente dove si trovavano grazie al radar degli occhiali. E forse grazie a loro sarebbe arrivato in tempo.
"Venite vi accompagno."
La bambina bionda lo guardò con aria sospettosa.
"Non è il momento Ai, fidati." continuò risoluto lui, a quello sguardo indagatore.
La bambina sembrò capire che stava per succedere qualcosa e, sempre un po' titubante, accettò di essere accompagnata da lui.
Arrivarono davanti a un bar che aveva tutta l'aria di essere chiuso. Le finestrelle che davano verso l'interno avevano tutte le tende tirate e sulla porta in legno era appeso il cartellino che annunciava la chiusura del locale.
"Voi rimanete qui. Qualsiasi cosa accada non vi muovete." disse il ragazzo ai quattro bambini.
Fece appena in tempo a finire la frase che si sentì uno sparo, proprio dall'interno del locale.
La bambina coi capelli castani stava per lanciare un urlo, ma fu coperto dalla stessa parola, detta da una voce femminile all'interno del locale.
"Conan!"
Tutti e cinque si atterrirono. Ai e Amuro sgranarono gli occhi.
"Non muovetevi capito?" disse di nuovo il ragazzo, poi andò a cercare un'entrata sul retro.
Non poteva essere arrivato in ritardo. Non se lo sarebbe mai perdonato e soprattutto lei non gliel'avrebbe perdonato. Gli aveva promesso di tenerlo d'occhio e invece se l'era fatto sfuggire al primo colpo.
Col cuore in gola, entrò dall'entrata posteriore, cercando di non fare neanche il minimo rumore. Tirò fuori la pistola e si avvicinò lentamente alla zona principale del bar.

Il bambino era a terra. Si era buttato appena in tempo per evitare il colpo, se non l'avesse fatto a quest'ora sarebbe sicuramente morto.
Lui però gli stava di nuovo puntando la pistola addosso.
"Ci hai interrotto piccolo moccioso!"
A quelle parole la ragazza si mise tra i due.
"Lascia stare Conan!"
"Ran spostati!" urlò il bambino.
"No Conan. Non mi tiro più indietro! - rispose lei - Ikuto, tra noi non c'è niente. E non ci potrà mai essere niente. Io sono fidanzata, e amo solo lui."
Il bambino sgranò gli occhi stupito. Mentre sentiva il cuore martellargli in petto per quella confessione pregò con tutto se stesso che non fosse arrossito.
"Bene. Allora facciamo così. Tu mi dici dove si trova il tuo grande amore e io vi risparmio entrambi."
"Tu non farai un bel niente Ikuto!"
Tutti e tre si voltarono verso lo stesso corridoio da cui era sbucato Conan. Tooru stava puntando la sua pistola al viso di quel ragazzo, che a quella vista sorrise divertito.
"Guarda chi è tornato dalle vacanze. Amuro… Sei ancora vivo? Pensavo che dopo il pasticcio che hai combinato sul treno ti avesse fatto fuori…"
"Invece sono qui Ikuto. E ora vattene se non vuoi che ti riempio di piombo. E sai benissimo che sono capace di farlo."
Il ragazzo alzò le spalle e con un sorrisetto aprì la porta principale del bar e uscì, sotto gli sguardi stupiti delle tre persone dentro e dei quattro bambini fuori il locale.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 8/4/2013, 00:06
 
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Hu, non avevo visto che avevi aggiornato!
capitolo stupendo, questa fan fic è scritta in modo diverso dalle altre...mi piace un sacchissimo!! *__*
grande Conan che arriva al momento giusto per salvare Ran! e arriva pure Amuro!
sono troppo curiosa, aggiorna presto per favore!! :)
 
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Sono contenta ti sia piaciuta ^^
 
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view post Posted on 12/7/2013, 20:39     +1   -1
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Parte quinta
Appena il ragazzo uscì dal locale, divenne tutto nero. Sentì le ginocchia cederle e perse completamente i sensi.
Il ragazzo la prese al volo, prima che cadesse a terra, mentre il bambino la chiamò preoccupato.
"Stai tranquillo! - gli disse il biondo - E' solo svenuta per lo shock! Piuttosto, forse è meglio che il detective non la veda così…"
"Sì hai ragione…" pensò ad alta voce il bambino, prima di essere interrotto.
La porta del locale si era spalancata con una botta secca. Il piccolo Conan ebbe appena il tempo di vedere i bambini e riconoscerli, poi una dei quattro gli si buttò addosso piangendo.
"Conan! Avevo paura ti fosse successo qualcosa!"
Il bambino la allontanò con un sorriso.
"Sto bene Ayumi, smettila di piangere…" poi gli porse un fazzoletto.
La bambina accettò il pezzo di stoffa, tirando su col naso e arrossendo un po'.
"Haibara - disse poi il bambino con gli occhiali rivolgendosi all'altra bambina, che portava un paio di occhiali identici ai suoi - portali a casa! Quando si risolve tutto vengo da Agasa e ti racconto tutto!"
La bambina sembrava un po' scettica, ma acconsentì con un cenno di testa, poi tutti e quattro un po' pensierosi uscirono di nuovo dal locale.

"Mi chiedo perché Conan si trovi sempre in queste situazioni." pensò il bambino con le lentiggini ad alta voce, mentre tornavano verso casa del professor Agasa.
"Già è vero succede sempre… Secondo me porta sfiga!" sghignazzò il bambino robusto.
"Sì è vero…" rispose di nuovo l'altro e scoppiarono a ridere entrambi.
A quel punto la bambina non ci vedette più dalla rabbia. Come potevano ridere in quel modo dopo quello che era successo?
"Siete due stupidi! Conan stava per essere ammazzato e l'unica cosa che sapete dire è che porta sfiga?" urlò, mentre altre piccole lacrime iniziarono a solcargli nuovamente il viso.
I due bambini si zittirono, rimanendoci un po' male per aver fatto piangere la loro amica.
"Ayumi ha ragione! - intervenne l'altra bambina - Conan corre sempre molti pericoli… - sembrava stesse parlando più a se stessa che agli altri tre - Ma se lo fa, lo fa per noi, per Ran, per le persona che gli stanno intorno. Lo fa per proteggerci…"
"Proteggerci?" chiese Genta un po' sbigottito.
"Proteggerci da cosa?" concluse Mitsuhiko, spiegando meglio la domanda dell'amico.
La bambina sospirò, poi scosse la testa, senza più rispondere. Lasciando nel dubbio tutti e tre, che ormai avevano quella domanda che ronzava loro in testa. Da cosa li stava proteggendo Conan?

I bambini erano appena usciti dal locale.
"Dove andiamo?" chiese Tooru che si alzò, con la ragazza tra le braccia.
"L'unica soluzione che mi viene in mente è a casa m… Cioè a villa Kudo…" si corresse subito, anche se ormai era sicuro che anche lui sapesse tutto quanto.
Il ragazzo a quella proposta scoppiò a ridere.
"Scordatelo amico mio, non incrocio neanche morto quel' Okyia. Piuttosto non puoi chiamare l'amica di Ran?"
"Sonoko?" chiese il bambino stupito.
"No, l'altra, quella mora."
"Ah, intendi Sera? Ancora peggio. Sarebbe come raccontare tutto a Kogoro, ci riempirebbe di domande. Forse conviene anche a noi andare da Agasa." rispose risoluto il bambino.
"No! Sarebbe troppo pericoloso per loro. E' probabile che ora ci tengano sott'occhio, se è così scoprirebbero dove vivono. Ho capito, andiamo a villa Kudo…" sospirò Amuro rassegnato.
Dopodiché si alzò, con la ragazza tra le braccia e uscì, seguito dal bambino con gli occhiali.
Andare in giro con la ragazza tra le braccia non sarebbe stato normale e avrebbe attirato troppo l'attenzione, così i due decisero di chiamare un taxi e farsi portare a villa Kudo.
Appena arrivati scesero dal taxi e pagarono l'autista, poi si diressero al cancello, che come al solito era aperto.
Fu Conan a suonare al campanello e poco dopo apparve il volto calmo e sempre sorridente di Subaru, che appena vide la situazione s'incupì un po'.
"Che è successo?" chiese.
Dovette, però, rispondere il bambino, perché Amuro si era paralizzato e non riusciva più a spiccicare parola.
"Abbiamo bisogno di stare qui finché non si riprende." disse risoluto.
"Va bene… - rispose lui - Ma io stavo per uscire. Quindi rimarrete qui voi."
Il bambino, capì subito che era una bugia. Lo dimostrava il colletto della camicia sgualcito e i capelli un po' spettinati, ma apprezzò il gesto di non voler fare domande e di voler lasciarli soli, e per questo motivo non disse niente.
Mentre il ragazzo con gli occhiali uscì di casa loro entrarono, chiudendosi la porta alle spalle.
Il biondo adagiò la ragazza sul divano e poi si alzò in piedi.
"Devo andare un attimo in bagno…" non finì la frase che il piccolo, che si era avvicinato al divano, gli rispose in automatico.
"In fondo al corridoio a destra." disse senza pensare e senza rendersi conto di essersi tradito di nuovo.
Ma era inevitabile. In quel momento la sua mente era completamente assorbita dalla ragazza sdraiata sul divano e priva di sensi. Probabilmente se in quel momento gli avesse puntato una pistola addosso non se ne sarebbe nemmeno accorto.
Si diresse nella direzione indicata e quando arrivò nella piccola stanza, si avvicinò al lavandino e aprì l'acqua per sciacquarsi il viso. Non era assolutamente una situazione bella. La sua copertura, e molto probabilmente quella della sua collega, erano in serio rischio. Ikuto avrebbe potuto tranquillamente riferire ciò che era successo quel pomeriggio al boss e considerato che aveva fatto declassare Vermouth dal posto di sua preferita, la cosa si sarebbe complicata ancora di più. Inoltre gli sembrava che l'interesse del ragazzo per Ran non fosse più solamente professionale e la cosa lo preoccupava ancora di più, perché avrebbe potuto spingere il bambino a fare atti impulsivi, come quello di quel giorno. Si chiese cosa doveva fare, ma nessuna risposta arrivò dal suo cervello.
Si asciugò faccia e mani con un morbido asciugamano bianco e poi prese il cellulare dalla tasca destra dei suoi jeans.
Problema imminente ci vediamo domani mattina al solito posto.
Scrisse, poi premette invio e il breve messaggio fu spedito al destinatario.
Rinfilò il cellulare in tasca e afferrò la pistola, per poi dirigersi di nuovo verso il soggiorno.
Era ancora lì. Ancora chino sul divano. La sua piccola mano stringeva quella della ragazza e sembrava non accorgersi di quello che gli accadeva attorno.
Il ragazzo prese la sua decisione in fretta. Caricò la pistola con uno schioccò e la puntò alla testa del bambino.
"Ora basta giochetti, marmocchio, voglio la verità!" disse.
"Potrei chiederti la stessa cosa…" rispose il bambino, senza voltarsi.
Il suo tono di voce era freddo e distaccato, come se si fosse aspettato quella reazione da quando erano lì.
"Tu sai già tutto!" rispose il ragazzo.
"E penso che anche tu sappia già tutto…" disse il bambino occhialuto, che finalmente si voltò verso di lui.
"Quanto sai dell'organizzazione?" chiese ancora Amuro, cercando di fargli sputare il rospo.
"Non abbastanza da incastrarvi, ma abbastanza da farmi catturare se lo spifferi al tuo capo…"
La sua voce continuava ad essere tranquilla e pacata, e questo stava facendo irritare il ragazzo, che però non sembrava voler mostrare il suo nervosismo.
"Ascolta… Vermouth non mi ha mai voluto raccontare che debito ha con te e la ragazza, ma dice che non l'avrà saldato finché non sarà sicura che sarete salvi e liberi da questa storia. Perciò se non ci dai una mano ad aiutarvi non ti lamentare se accadranno cose come quelle…" disse indicando con un gesto della testa la ragazza alle spalle del bambino, sdraiata sul divano.
Il bambino lo squadrò per qualche secondo, poi con un sospiro si tolse gli occhiali.
"Mi dispiace, ma Vermouth deve il favore solo a me e Ran, mentre so' per certo che non si farebbe nessuno scrupolo ad uccidere un'altra persona a me cara… Perciò non posso parlare."
"Ti riferisci a Sherry vero?"
Il bambino non rispose, ma Amuro capì che si trattava di lei.
"Non ti preoccupare per lei, in questo momento Vermouth odia talmente tanto il Boss che farebbe di tutto per contraddirlo. Inoltre credo che abbia cambiato idea sul suo conto, anche se non so per quale motivo."
"Giuramelo!"
"Te lo giuro!"
"Non so molto… Non più di quanto mi ha detto Ai, o di quanto abbia scoperto nei nostri radi incontri… Sinceramente so' più di te e Vermouth che di tutti gli altri…"
"Dovevo aspettarmelo…" disse il ragazzo e finalmente abbassò la pistola, rimettendosela in tasca.
"Invece voglio sapere io una cosa da te…"
"No. Non ti posso dire chi è Ikuto. E non ho idea di cosa abbia in mente. So solo che ha preso il posto di Vermouth come preferito del Boss e sembra che abbiano un piano tutto loro che non hanno rivelato a nessun'altro di noi." rispose il ragazzo senza aver bisogno della domanda.
In quel momento qualcosa distrasse entrambi.
Ran si stava lamentando nel sonno e chiamava Shinichi.
Il ragazzo sorrise.
"Vi lascio soli. Ho cose importanti da fare. Ci rivediamo a casa per ora di cena. A dopo, marmocchio."
E mentre il biondo usciva dalla porta, il bambino indossò di nuovo gli occhiali e si volse nuovamente verso la ragazza.

Erano arrivati a casa del dottor Agasa da quasi venti minuti. I tre bambini si erano già dimenticati della brutta esperienza al bar e stavano tranquillamente giocando a un videogame.
L'unica che sembrava preoccupata era la bambina bionda che, seduta sul divano verde acido, guardava distrattamente lo schermo del televisore su cui i suoi amici stavano giocando.
Il professore la guardava preoccupato. Sapeva a cosa stava pensando e sapeva che le faceva male. Decise che doveva fare qualcosa, perciò si alzò dalla sedia girevole davanti al computer, dove si trovava e si rivolse alla bambina.
"Ai, mi aiuti a preparare la merenda?" chiese.
La bambina, senza rispondere e senza parlare si alzò dal divano e raggiunse l'uomo in cucina.
Quando furono da soli nell'altra stanza l'anziano decise di parlare.
"Ai, so' come ti senti. Sono preoccupato anche io, ma Shinichi se la sa cavare."
Niente. La bambina era muta come un pesce e faceva tutte le sue azioni meccanicamente.
"Ai, reagisci. Prima o poi dovrai affrontare la situazione."
Ma la bambina sembrava non ascoltare.
Forse perché il professore non sapeva davvero a cosa stava pensando. Perché lei non era preoccupata per Shinichi, o almeno non più del solito. La cosa che, invece, l'aveva lasciata sconvolta era la vista di Ran al bar. Era successo qualcosa di più di quello sparo in quel luogo, e lei lo sapeva. Non tanto per i vestiti stropicciati e la camicetta abbottonata alla meno peggio della ragazza, ma per il pallore che aveva sul viso, solcato da righe sottili che sicuramente avevano fatto le lacrime.
La bambina era sicura che se avesse visto Ran sveglia, qualche secondo prima, avrebbe rivisto in lei lo stesso sguardo che vedeva ogni giorno allo specchio del suo ufficio, dopo le violenze brutali di Gin.
A quel pensiero le venne un brivido, e subito dopo un conato di vomito. Scappò via dalla cucina, dirigendosi in bagno di corsa e arrivando appena in tempo.
Il professore la raggiunse e bussò alla porta del bagno.
"Ai… Ti senti bene?" chiese, ma non ricevette risposta.
Con quella domanda, però, l'uomo, aveva attirato l'attenzione degli altri tre bambini, che misero subito in pausa il videogioco e si rivolsero a lui.
"Ai sta male, professore?" chiese l'altra bambina.
"Non vi preoccupate, magari è solo un'indigestione. Anzi sapete che vi dico? E' meglio lasciarla tranquilla per un po'. Vi riaccompagno a casa."

Ran aprì gli occhi stordita. E la prima immagine che vide fu l'immagine confusa e appannata del suo Shinichi. Per un attimo pensò che se lo stesse solo immaginando, ma quando i suoi occhi si abituarono alla luce e misero l'immagine a fuoco, quel volto non cambiò.
"Shinichi!" esclamò tirandosi su di scatto.
Ebbe un giramento di testa, per il movimento troppo veloce. Ma non le importava. La cosa più importante era che Shinichi fosse lì.
"Come ti senti?" chiese lui porgendole un bicchiere d'acqua.
"Bene… ma… cosa…?"
Che stupida. Non riusciva neanche a pronunciare un discorso sensato.
"Amuro e Conan ti hanno portato qua e fortunatamente io ero a casa." rispose lui alla domanda.
"E Subaru?"
"Quando sono arrivato questa mattina ha detto che aveva da fare e se n'è andato."
"Sei qui da stamattina?" chiese la ragazza sempre più stupita.
"Già… Avevo intenzione di chiamarti dopo aver sistemato le cose qui a casa, ma a quanto pare gli eventi hanno preso un'altra piega."
"Shinichi io… Devo dirti una cosa… Ikuto…"
"Tranquilla, Conan mi ha raccontato tutto… - ci fu una pausa d'imbarazzante silenzio, poi - Ran devi promettermi una cosa…"
"Dimmi."
"Se Ikuto tenterà di nuovo di farti del male, devi promettermi che mi chiamerai e me lo dirai!"
"Ok."
Quella breve parola le si strozzo in bocca, perché Shinichi si era avvicinato a lei con sguardo ammirato.
"Mi sei mancata!" disse.
Poi, senza nessun preavviso, la baciò.
Finalmente toccava di nuovo le sue labbra. Sì, lo sapeva. Sapeva che usando spesso l'antidoto il tempo per rimanere Shinichi si sarebbe ridotto. Sapeva che rubare l'antidoto sotto il naso di Ai non era giusto. Eppure non si poteva pentire di quell'azione. Non si poteva pentire di quel bacio. Lui non avrebbe potuto vivere senza la sua Ran, e l'avrebbe difesa a qualunque costo.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 14/7/2013, 18:29
 
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infinitydream
view post Posted on 15/7/2013, 16:08     +1   -1




ooooooooooooh kiara-chan
che bello questo chap mi piace moolto
sono la ragazza di efp XDXD
mi sono iscritta solo per risponderti e dirti che adoro
questa storia e che voglio presto il seguitoooo
kisss <3
 
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view post Posted on 16/7/2013, 06:51     +1   -1
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Grazie ^^ Infinity =)
Sono contenta ti piaccia... E sono sicura che ti piacerebbe pure il forum ;) Fatti un giro tra i milioni di post che ci sono ^^
 
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infinitydream
view post Posted on 16/7/2013, 12:04     +1   -1




Gia ho letto molte fic nel forum ^.^
E le ho adorateeeeeeeeeeee credimi
sai ho appene pubblicato un hot-shot su
shin e ran e mi farebbe piacere la leggessi vorrei
un tuo parere..... Dato che non ho mai pubblicato niente del
genere... >.< :D :D :lollo: :lollo: :lollo: :lollo: :lollo: :lollo: :lollo:
un kissssss
 
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view post Posted on 6/1/2014, 19:11     +1   -1
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Black Lady

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Parte sesta
Ran si svegliò di colpo. Si ritrovò sudata e ansimante sul suo letto e per un attimo non ne capì il motivo. Poi ricordò. Aveva sognato ciò che era successo quella mattina.
Si portò le mani alla testa, come se sperasse che con quel gesto i brutti pensieri sparissero, ma non era così. Dopo un paio di minuti, in cui la paura non sembrava passare, allungò la mano verso il comodino, prendendo il suo cellulare.
Esitò un attimo solo, poi digitò il suo numero e premette il tasto di chiamata, aspettando che dall'altra parte rispondessero.

Era seduto sul suo letto. Non riusciva a prendere sonno, non dopo quello che era successo in quella giornata.
Sentì una strana vibrazione provenire dai suoi pantaloni piegati sulla sedia e corse a zittirla, per non svegliare Kogoro che russava rumorosamente nella stessa stanza.
Prese il cellulare, quello che usava per Shinichi, e vide il nome sul display. Subito la sua bocca si piegò in un sorriso. Prese il papillon e uscì dalla stanza.
"Pronto?" rispose usando il farfallino rosso.
"Scusami Shinichi… Ti ho svegliato vero?" chiese lei dall'altra parte.
"No piccola, tranquilla… E' tutto ok?" chiese iniziando a spostarsi lentamente verso la sua camera, cercando di fare il minor rumore possibile.
"Sì… cioè non tanto… Insomma io… Sono un po' nervosa… Vorrei che tu fossi qui…" disse lei biascicando le parole, come se non sapesse cosa dicesse.
"Ma piccola… Io sono vicino a te." disse Conan sporgendosi da dietro la porta per vedere l'interno della camera.
"Come?" chiese lei tra lo stupito e il dubbioso.
"Chiudi gli occhi… - le suggerì lui, e lei sdraiandosi di nuovo fece come chiesto - E ora pensa che sono lì vicino a te. Lasciati cullare dalla mia voce, piccola Ran. Io non ti abbandonerò mai."
Bastò quella semplice frase e Ran si lasciò andare tra le braccia di Morfeo con un bellissimo e dolce sorriso sul volto.
Quando vide che si era addormentata, chiuse la chiamata ed entrò. Si avvicinò al letto di Ran e le tolse lentamente il cellulare di mano, per poi rimetterlo sul comodino.
"Ti amo piccola" sussurrò con quella voce da bambino, per poi darle un bacino sulla guancia.

Il ragazzo era al porto, nella zona riservata allo scarico merci. Stava aspettando la sua collega dietro a un grosso conteiner blu, quando finalmente la vide arrivare.
La moto viola si fermò proprio davanti a lui e la donna che la cavalcava si tolse il casco che le copriva il volto, smuovendo quei bellissimi capelli biondo platino.
"Che è successo?" chiese subito la donna, quasi con tono di rimprovero.
"Ikuto…" riuscì a dire soltanto.
"Parla! Muoviti! Non ho tutto questo tempo! Gin mi sta aspettando e se arrivò in ritardo si potrebbe insospettire, come suo solito."
"Ho paura che il piano del boss riguardi Ran. Ieri Ikuto era di nuovo con lei. Ho anche paura che voglia…"
"Ho capito! Basta! - lo bloccò lei scocciata - Abbiamo le mani legate di nuovo."
La donna si rinfilò il casco, e alzò il cavalletto.
"Continua a riferirmi per messaggio tutto quello che succede. Io vedo cosa posso fare. E cerca di non far fare stupidaggini al moccioso."
Mise in moto e se ne andò di nuovo.

"Come sta Ran?" chiese la bambina all'amico.
Conan che era soprappensiero non ricevette subito il messaggio e si voltò interrogativo verso Ayumi che camminava di fianco a lui con le manine sotto le bretelle della cartella.
Quando finalmente le parole dette qualche secondo prima entrarono nel cervello, finalmente il bambino occhialuto rispose.
"Ah, bene, bene. Oggi è andata pure a scuola."
"Meno male." sospirò sollevata la bambina.
"Già, si dev'essere presa un bello spavento per essere svenuta, poverina." commentò Mitsuhiko.
"Chissà perché è svenuta poi…" si chiese, più tra se e se il bambino robusto.
"A proposito, Ai non è venuta?" chiese stupito il lentigginoso.
"Sì sì, - rispose Ayumi - ma ha detto che dato che stava ancora un po' male si faceva accompagnare a scuola dal dottor Agasa."
La bambina ebbe appena il tempo di concludere la frase che qualcosa nella cartella di Conan cominciò a squillare.
Il bambino sbuffando si tolse lo zaino dalle spalle, lo aprì e iniziò a rovistarvi dentro, fino a trovare l'apparecchio telefonico che stava emettendo quel suono.
Era quello di Shinichi. Non poteva certo rispondere davanti ai bambini.
Pensò in fretta, poi trovò la solita scusa.
"Voi andate avanti che altrimenti arrivate in ritardo. Io vi raggiungo, probabilmente è Kogoro che si è dimenticato qualcosa."
Si allontanò dal gruppetto di bambini e svoltò in un vicolo stretto e silenzioso.
Guardò per un attimo il display del cellulare, che non smetteva di squillare, e si stupì nel leggere quel nome. Che diavolo voleva Sonoko da lui?
"Pronto?" rispose, modificando la voce col farfallino rosso.
"Era ora che rispondessi!" lo rimproverò la ragazza dall'altra parte della cornetta.
"Scusami, ma sono impegnato in un caso importante ed ero nel pieno delle indagini." rispose lui usando la solita scusa.
"Beh allora vedi di mollare tutto è venire qui!" urlò ancora più furiosa lei.
"Sonoko non posso, io…"
Non ebbe il tempo di finire. Dall'altra parte si sentì un'altra voce, più lontana, pretendere il telefono, poi, quando probabilmente glielo aveva strappato di mano, parlò alla cornetta.
"Kudo, vieni subito qui! Un tizio vestito di nero a bordo di una Peugeot 205 ha appena rapito Ran!" urlò Sera decisa.
A sentire quelle parole il bambino rimase paralizzato. Il sangue nelle sue vene si era completamente gelato e il cuore sembrava avesse smesso di pompare.
"Kudo ci sei?" chiese la ragazza, non sentendo più nessuna risposta.
"Andate a casa mia, ci vediamo là!" disse meccanicamente, poi chiuse la chiamata senza attendere nessuna risposta.
Sempre con lo stesso cellulare chiamò un altro numero.
"Pronto?" rispose l'interlocutore dall'altro lato.
"Dottore è già a casa?" chiese lui con tono sbrigativo.
"Non ancora, sto svoltando l'angolo dalla via della scuola." rispose Hiroshi.
In quello stesso momento Conan vide il maggiolone giallo passare e, attraverso la cornetta, disse all'uomo di fermarsi.
Salì in macchina chiudendo la chiamata e lo incitò a premere sull'acceleratore.
"Vada a casa sua! Veloce!" urlò.
"Shinichi che succede?" chiese l'uomo eseguendo l'ordine e partendo sgommando.
"Ho aspettato troppo tempo, troppo. Avrei dovuto stare attento, tenere sotto controllo tutto e invece ora è successo l'irreparabile. E' successo quello che ho cercato di evitare per mesi!"
"In che senso?"
"Quei farabutti hanno preso Ran!"
A quella rivelazione Agasa si zittì, senza riuscire più a proferire parola per il resto del tragitto. Premette solo sull'acceleratore, aumentando le marce.
Arrivarono a casa del professore poco dopo.
Appena oltrepassata la porta di casa Conan si fiondò al laboratorio di Ai nel seminterrato.
L'uomo lo seguì con più calma. Quando entrò anche lui nel piccolo seminterrato, vide il bambino occhialuto rovistare nei cassetti.
"Cosa stai facendo?" chiese.
"Prendo l'antidoto!"
"Shinichi, non puoi andare lì da solo. Sai che sono sempre stato dalla tua parte, ma questa è qualcosa più grande di te." gli disse Agasa, quasi assumendo un tono di rimprovero.
Il bambino si girò di scatto furioso.
"E cosa dovrei fare? Stare qui con le mani in mano mentre loro fanno quello che vogliono a Ran? La mia Ran?"
Prese la pillola e la ingurgitò, senza acqua e niente.
In pochi secondi una fitta di dolore atroce al petto lo fece cadere a terra svenuto.

"Devi lasciarmi andare Ikuto!" disse Ran per la centesima volta.
Quelle parole uscirono dalla sua bocca rauche e stanche. Ormai era completamente senza voce a forza di urlare. Il viso completamente fradicio dalle sue lacrime che ormai avevano smesso di scorrere, come fossero anche loro rassegnate a quella terribile evidenza.
Il ragazzo al volante non rispondeva, non le aveva rivolto la parola da quando l'aveva caricata di peso in macchina. Continuava a guardare l'asfalto che scorreva sotto la macchina, concentrato su ciò che faceva.
La ragazza, seduta nel sedile posteriore, non poteva vedere quel sorriso sbieco che gli si dipingeva sul viso nel sentirla lamentarsi.
Dopo più di una mezz'ora di viaggio la Peugeot nera si fermò.
La ragazza guardò attraverso i vetri oscurati. Erano nella periferia della città. Attorno a loro solo campagna, se non per un capannone, proprio di fronte a dove si erano fermati.

"Eccolo che arriva!" disse Sera vedendo il ragazzo uscire da casa del dottor Agasa e attraversare la strada.
Non aveva la sua solita aria sicura e spavalda. Il suo volto era pallido e trasmetteva tutto il suo nervosismo. Le mani, che solitamente teneva sempre in tasca, erano fuori, strette a pugno.
Appena raggiunse le due ragazze si rivolse a loro senza troppi giri di parole. Sapeva che più tempo ci metteva a farsi spiegare cos'era successo, più c'era il rischio di togliere tempo alla vita di Ran.
"Cos'è successo?" chiese.
Sonoko aprì bocca, ma non riuscì a rispondere. Anche lei era alquanto nervosa e forse anche sotto shock. Continuava a guardarlo spaesata, pallida in volto, e si portava spesso le mani alla bocca per mordere le unghie.
Fu la bruna a dare nuovamente spiegazione.
"Stavamo andando a scuola come al solito. Avevamo appena svoltato in via Meriku, la macchina si è parcheggiata proprio di fianco a noi con una sgommata attirando la nostra attenzione, perciò ci siamo fermate. Dalla macchina è uscito un uomo ha preso Ran e l'ha sbattuta nel sedile posteriore. Ho provato ad aiutarla, ma quello mi ha atterrato con un pugno allo stomaco, mi ha preso alla sprovvista, sembrava quasi che sapesse che avrei provato ad aggredirlo."
Le sinapsi del ragazzo lavoravano veloci, ogni qualvolta sentiva un dettaglio nuovo. Il fatto che avesse intuito la reazione di Masumi era più che ovvia, molto probabilmente loro conoscevano le capacità di Masumi e chiunque fosse andato a prendere Ran ne era informato. Ma l'uomo chi era?
"Sapresti descrivere l'uomo?"
La ragazza lo guardò interrogativa.
"Per chi mi hai presa? Era alto, pelle scura, indossava un impermeabile nero, sotto aveva camicia bianca e pantaloni scuri, occhiali da sole azzurri a specchio, biondo."
Strinse il pugno destro ancora di più e sentì le unghie delle quattro dita premere contro la carne. Era più che sicuro di sapere chi era stato, e quella era la conferma che aspettava per scoprire che anche lui era uno di loro.
"Ho preso anche la targa della macchina!" disse Sera facendolo ritornare alla realtà.
"Non mi serve! - rispose lui - Porta Sonoko a casa, ti faccio sapere quando avrò notizie." disse facendo per andarsene.
"E no caro! - lo bloccò la bruna con la mano - Tu non vai da solo!"
"Sera, non posso permettermi che ti accada qualcosa. Oltretutto Sonoko non sta bene e ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei. Tieni il cellulare a portata di mano. Ti prometto che se avrò novità o se avrò bisogno del tuo aiuto te lo farò sapere."
Poi se ne andò, lasciando le ragazze davanti al cancello di casa sua.
Intanto dalla finestra della villa di casa Kudo, Subaru Okiya stava guardando tutto attraverso le lenti rettangolari dei suoi occhiali.

Era rimasto per qualche minuto lì. In mezzo all'enorme stanza circolare, che fungeva da soggiorno, di casa sua. Era rimasto lì senza sapere che fare.
Shinichi era uscito col suo vero aspetto dalla porta di fronte lasciandolo lì. Era uscito e probabilmente stava per fare una grandissima imprudenza. Non poteva permetterglielo. Yusaku e sua moglie sarebbero stati distrutti dalla notizia di una possibile morte del loro unico figlio. Non poteva permettere a quel ragazzo di mettere a rischio in quel modo la sua vita.
Prese una decisione. Si diresse velocemente anche lui al laboratorio della piccola Ai, che ormai da parecchi mesi viveva con lui, e iniziò a cercare.
Passarono vari minuti, poi finalmente trovò quello che voleva.
Era un biglietto da visita. Sopra, a caratteri neri e chiari c'era scritto Jodie Starling, e sotto un numero di telefono.
Portò il foglietto sopra, prese il cordless e digitò quel numero.
Il telefono cominciò a squillare.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 6/1/2014, 20:32
 
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shinichi x ran 4 ever
view post Posted on 3/2/2014, 22:59     +1   -1




Ciao. Bei capitoli. A quando la settima parte
 
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view post Posted on 4/2/2014, 08:06     +1   -1
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Bella domanda…
Questa fanfic va parecchio a rilento XD
 
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shinichi x ran 4 ever
view post Posted on 4/2/2014, 14:06     +1   -1




Aspetterò con ansia ;)
 
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view post Posted on 22/4/2014, 17:27     +1   -1
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Parte settima

La donna chiuse la chiamata appena ricevuta, con aria alquanto tesa.
Tutto sembrava alquanto assurdo. Il fatto che quell’uomo sapesse più di quanto sapeva lei la stupiva, ma non poteva assolutamente lasciare che delle vittime innocenti morissero per un suo dubbio.
Quei pensieri sfumarono quando il campanello del suo appartamento trillò rumorosamente.
Andò ad aprire.
Davanti a lei si trovò l’uomo biondo con quel paio di occhiali dalle lenti rettangolari.
“Mi dica…” disse stupita la donna.
Lui senza fiatare, la scostò bruscamente ed entrò nell’appartamento.
“Ehi, che modi sono!” protestò, poi si chiuse la porta alle spalle e seguì l’uomo.
Lui era entrato nella camera principale e stava chiudendo tutte le tende, lasciandola nella semi oscurità.
“Mi dice cosa diavolo sta facendo?” chiese.
Stava cominciando davvero ad irritarsi, non aveva tempo da perdere, doveva andare da Black e avvisarlo del pericolo imminente.
Appena fu tutto chiuso, con un gesto veloce si tolse occhiali e parrucca, aprendo finalmente gli occhi.
Jodie senza parole spalancò la bocca. Senza poterle controllare, le lacrime iniziarono a scendere copiose sul suo viso.
L’uomo non aprì bocca e non si mosse.
Persino quando la donna gli si buttò addosso in lacrime, continuando a pronunciare il suo nome. Non fece una piega.
Solo quando la bionda smise di piangere e si ricompose, sedendosi sul divano, lui parlò.
“Era necessario Jodie, se non avessimo fatto credere loro che Kir mi avesse ucciso la sua copertura sarebbe saltata.”
Le fece solo un cenno di testa.
“Hai notizie dell’organizzazione?”
Un’altro cenno di testa. Esitò e poi finalmente riuscì a parlare.
“Ha chiamato un certo Agasa… Dice che hanno rapito Ran Mouri, la figlia del detective Kogoro. A quanto pare cool guy è andato da solo a salvarla.”
“Bene, chiama James. Digli che hai bisogno di lui e Camel, non nominare né me, né la situazione, digli solo di raggiungerti in un luogo pubblico. Solo a quel punto parlerai.”
“Ma scusa in un luogo pubblico c’è più rischio che ci controllino.”
“Tu fai quello che ti dico. Appena hai raccontato tutto a loro, mandami un messaggio al cellulare.”
Dopo quell’ultima raccomandazione, si rimise occhiali e parrucca ed uscì dall’appartamento senza parlare.

La campanella fece l’ultimo suo suono.
Ayumi guardò il posto vuoto vicino alla sua amica.
“Conan alla fine non è arrivato. Non è che gli è successo qualcosa?” chiese preoccupata.
“E’ vero, era proprio dietro di noi. Ci ha detto di andare avanti, ma dovrebbe essere arrivato ormai.” disse dubbioso Genta.
“Forse dovremmo dirlo alla maestra.” commentò Mitsuhiko.
L’unica che rimaneva zitta era la bambina dai capelli ramati. Il suo cuore martellava nervoso. Le mani poggiate sul banco erano immobili e rigide. Nella sua testa vorticavano i pensieri più assurdi e terribili. Anche lei si chiedeva dove fosse.
Ripensava a ciò che era accaduto il giorno prima e il pensiero che l’organizzazione avesse iniziato a fare seriamente la tormentava.
E se l’avesso rapito, minacciato, ricattato, ucciso.
“Ai, stai bene? Sei pallidissima.” disse Mitsuhiko prendendole la mano.
“Sto bene.” disse bruscamente scostando la mano dalla presa del bambino, che ci rimase un po’ male.
Non sapeva cosa fare, ma non poteva far preoccupare i bambini, Shinichi avrebbe fatto la stessa cosa.
Con quel pensiero in testa, tirò un dolce sorriso e si rivolse agli amici.
“Tranquilli per Conan, mi ha mandato un messaggio, ha detto che per via di un impegno improvviso non potrà venire oggi.”
“Ah, meno male… - sospirò Genta - Potevi dircelo prima però.”
“Insomma Genta, è stata male!” lo rimproverò Ayumi.
“Hai ragione, scusa.” disse con tono sommesso il bambino robusto.

La ragazza fu trascinata in malo modo dal biondo dentro quell’edificio diroccato. L’interno era scuro, sporco. Le ragnatele e la polvere regnavano sovrani.
Eppure qualcosa stonava. Nella parete di lato due lastre di metallo lucido e pulito, spezzavano in quello squallido e macabro stanzone.
Il ragazzo la trascinò proprio verso quel punto del magazzino e appena arrivati davanti le due lastre si aprirono mostrando un interno angusto e spartano. Era un ascensore.
Entrarono entrambi.
Ran aveva smesso di parlare e di piangere. Era solo spaesata.
Appena le porte dell’ascensore si richiusero lasciandoli dentro, il ragazzo si tolse gli occhiali a specchio mostrando gli occhi castano chiaro.
“C’è una cosa che non ti ho mai detto Ran… - disse con tono calmo e tranquillo, voltandosi verso di lei - Io non accetto mai una sconfitta e se voglio qualcosa la ottengo sempre!”
A quelle parole l’ascensore suonò, fermandosi.
Successe tutto in breve tempo. Mentre le porte dell’ascensore si riaprirono, Ikuto premette un fazzoletto intriso di cloroformio sul naso e sulla bocca della ragazza.
Ran ebbe appena il tempo di vedere un corridoio illuminato da lampade al neon, prima che l’odoro pungente e irritante del sonnifero facesse effetto e le facesse perdere completamente i sensi.

Il ragazzo staccò il telefono scocciato. Shinichi per la seconda volta gli aveva staccato la telefonata. Pensò che forse era impegnato in qualche caso, ma il fatto che aveva saputo del risvolto inaspettato con Ran da Kazuha lo scocciava. Era passata più di una settimana e lui non l’aveva chiamato neanche una volta per raccontargli quelle novità.
Era irritato da quel comportamento, non si era mai comportato così. Già, non l’aveva mai fatto.
A quel pensiero qualcosa gli balenò in mente. Era vero. Non era un comportamento tipico di Shinichi, non chiamarlo e chiudergli la chiamata. Ciò voleva dire solo una cosa.
C’era qualcosa che lo turbava, o peggio ancora era successo qualcosa.
Senza esitare si alzò dal letto su cui era sdraiato, prese il suo inseparabile cappello firmato “Sax” dalla scrivania e uscì di casa.
Non avrebbe lasciato il suo amico ad affrontare una situazione del genere da solo, l’avrebbe raggiunto, a qualunque costo.

Il cellulare squillava ormai da un paio di minuti.
Il ragazzo entrò nella sua camera con solo i pantaloni addosso e un’asciugamano ancora in testa.
Lo afferrò dal comodino vicino al letto e rispose.
“Sei un idiota!” lo insultò una voce femminile dall’altro capo del telefono.
Lui rimase un po’ interdetto.
“Perché?” chiese sconvolto.
Era un duro colpo sentirsi insultare proprio da lei.
“Tuo cugino è qui… con Angel”
“Cosa?” chiese sconvolto lui.
“Datti una mossa! Io non posso fare niente, sai benissimo che Gin ultimamente mi tiene sotto controllo.”
“Va bene, arrivo.” disse il ragazzo per poi chiudere la chiamata.
S’infilo il cellulare in tasca si mise di corsa la camicia. Si abbottonò, mentre scendeva le scale ed uscì di corsa.
Poi un feroce dubbio lo fece bloccare. Il ragazzo già lo sapeva o no? Come avrebbe reagito?
La risposta arrivò immediata.
Sera Masumi gli si parò davanti. Stava tornando da casa Suzuki, dove aveva lasciato una Sonoko completamente sconvolta.
I due si guardarono per qualche secondo, dubbiosi se chiedersi informazioni a vicenda.
Alla fine il primo a parlare fu Amuro, capendo negli occhi della ragazza che sapeva già tutto.
“Quando è successo?” chiese.
“Un’ora fa, andando a scuola…” rispose lei.
“Chi lo sa oltre a te?”
“Solo Sonoko e Kudo, credo”
Troppo tardi.
Ringraziandola delle informazioni si scostò e ricominciò a correre verso la sua macchina.
La ragazzo lo seguì con lo sguardo, dubbiosa. Forse l’avrebbe dovuto seguire, magari l’avrebbe portata da Ran. Non aveva nessuna voglia di rimanere ferma a fare niente.
Decise in pochissimo tempo, girò l’angolo, raggiungendo la sua moto e, mettendosi il casco color verde acido, mise in moto.
 
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view post Posted on 3/5/2014, 09:30     +1   -1
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Avviso!
Da qui in poi le scene hot saranno più precise e spinte...

Parte ottava

Il puntino giallo segnato sugli occhiali continuava a lampeggiare e man mano che il taxi su cui era seduto il ragazzo andava avanti, questo si spostava verso il centro.
Strinse forte i pungi, se solo quei maledetti bastardi le avessero torto un solo capello, li avrebbe uccisi con le sue mani.
Poi incitò il tassista ad andare più veloce.

La ragazza, ancora mezza intontita dal sonnifero, aprì gli occhi.
All’inizio i contorni erano offuscati, poi pian piano iniziarono a prendere forma.
Si trovava in una saletta completamente spoglia di ogni genere di arredamento.
Le pareti erano di un rassicurante color crema. Eppure questo sembrava non darle conforto.
Sentiva freddo, un gelo che entrava nelle vene e ghiacciava il sangue. Poi capì in che situazione si trovava e fu presa dal panico.
I suoi polsi erano bloccati da spesse catene che pendevano dal soffitto e toccava il pavimento solo con la punta dei piedi. Il freddo che sentiva era perché era completamente nuda.
Puntò i piedi e presa dalla disperazione cominciò a dimenarsi inutilmente facendo muovere le catene.
Tutt’a un tratto si fermò. Qualcuno l’aveva afferrata da dietro e aveva fermato i suoi movimenti disperati.
“Finalmente ti sei svegliata…” disse quell’inconfondibile voce glaciale.
Poi una mano scura salì dal fianco sul suo seno iniziando a palparlo senza indugi.
“Quanto mi è mancato il tuo corpo…” sussurrò all’orecchio della ragazza, facendola rabbrividire.
“Ikuto, lasciami… Ti prego…” disse lei cercando di scostarsi da quelle effusioni.
“Oh, ma io non posso mia cara Ran… Tu dovrai rimanere qui! Almeno fino a che il tuo valoroso cavaliere non verrà a prenderti… - disse per poi iniziare a baciarle il collo - E poi… quando… sarà… qui… vi ritroverete… all’altro mondo…” continuò tra un bacio e l’altro.

La donna era seduta nella poltrona del suo ufficio. Il suo piede destro, infilato in un elegante decollete nera, batteva nervoso sul pavimento.
Ad un tratto il cellulare sul tavolino di fianco a lei squillò.
Lei lo afferrò e premette il tasto per rispondere senza leggere il nome sul display, e avvicinandoselo all’orecchio.
“Pronto?”
“Dove diavolo sei? Quella persona sta arrivando con la sua limousine e tu dovresti andare a prenderla.” la rimproverò Gin dall’altro capo del telefono.
“E perché non ci va Assenzio? In fondo ora è lui il suo preferito…”
“Sciocca, sai benissimo che lui in questo momento ha da fare! Alza il culo dalla poltrona del tuo ufficio e muoviti!”
La donna sbuffò, chiuse la chiamata e si alzò, per poi uscire dall’ufficio.
Ancora il silenzio regnava nei corridoio di quell’edificio. Forse il ragazzo non aveva ancora cominciato seriamente con la sua prigioniera. L’ansia le attanagliò il petto al pensiero di quel viso dolce e grazioso, della sua piccola Angel, straziato dal dolore e dalla vergogna che avrebbe presto provato, nel momento in cui lui avrebbe abusato del suo corpo.
Non poteva sapere che quello era già successo.
Si diresse verso l’ascensore e aspettò che le porte si aprissero, poi entrò dentro e premette il pulsante del piano in cui si trovava l’edificio abbandonato.
In pochi secondi le lastre di metallo si riaprirono mostrando quello stanzone pieno di erbacce e sporcizia.
La donna uscì dall’ascensore con tutta la sua eleganza, e si mise all’uscio della porta di quell’edificio aspettando la limousine nera venire da ovest.
Finalmente la vide, si stava avvicinando velocemente.
Da est, dalla città, stava arrivando un taxi, nello stesso momento.
Le due auto s’incrociarono proprio davanti all’edificio, ma mentre la lussuosa auto nera si era fermata davanti ad esso, l’auto gialla proseguì, rallentando però la sua corsa.

Shinichi aveva avuto appena il tempo di vedere la faccia atterrita di Vermouth incrociare il suo sguardo, poi vedendo la limousine nera venire dalla direzione opposta, si chino verso avanti, per nascondersi e ordinò al tassista di proseguire ancora un po’.
Il desiderio di alzarsi e spiare dal finestrino la scena che si stava probabilmente svolgendo davanti all’edificio abbandonato era forte. Era più che sicuro che se avesse alzato lo sguardo avrebbe visto finalmente il volto del boss, ma il rischio era troppo alto e non poteva permettersi di morire prima ancora di aver salvato Ran.
Solo quando sentì il motore della limousine ingranare di nuovo per partire, si tirò di nuovo su, e pagando il tassista lo ringraziò, per poi scendere dalla vettura.

Qualcuno bussò alla porta dell’aula, e la signorina Kobayashi dovette interrompere la lezione di matematica.
“Avanti” disse con voce dolce.
La porta scorrevole si aprì e sulla soglia apparve Subaru Okiya.
Tutti i bambini si zittirono, compresi i Detective Boys, che si lanciarono solo un’occhiata curiosa.
“Sono venuto a prendere Ai Haibara, è un’emergenza!” disse l’uomo senza troppi preamboli.
I tre bambini si voltarono verso l’amica, che si era immobilizzata con aria stupita, accompagnati da altri compagni di classe.
“Bene, Ai, raccogli le tue cose.” disse la maestra rivolta alla bambina dai capelli ramati.
Lei con un cenno di testa, fece come chiesto, poi si mise lo zainetto arancione sulle spalle e si diresse verso l’uomo.
Per tutto il tragitto dalla classe all’auto rimasero in silenzio. La bambina doveva quasi correre per stare dietro al passo svelto dell’uomo.
Arrivati all’auto salirono entrambi sui posti d’avanti. L’uomo mise in moto, mentre la bambina si metteva la cintura.
“Cos’è successo?” chiese la bambina, ormai si fidava abbastanza di quell’uomo per sapere che non era dalla parte dell’organizzazione.
“Siamo arrivati all’ultima partita, da qui si determinerà la fine della guerra.” rispose l’uomo.
Il cuore accelerò il battito, lo sapeva già da un po’ che si stava arrivando agli sgoccioli, ma non avrebbe mai pensato che prima o poi si sarebbe potuto parlare di fine.
“Dove stiamo andando?”
“In un posto sicuro!” rispose l’uomo.
“Ma… e i ragazzi?” chiese la bambina preoccupandosi per i suoi piccoli amici ancora a scuola, ignari di tutto.
“Loro non sono in pericolo finché tu e il ragazzino gli state lontano.”
Era freddo, eppure la bambina vedeva chiaramente le sue mani che stringevano convulsamente il volante nervose.
“Perché lo stai facendo?” chiese.
“Perché è mio dovere… e perché non posso permettermi di perdere anche te.”
Rispose, lasciando di stucco la bambina.

“No Ikuto… Basta…”
Il volto della ragazza era bagnato dalle lacrime che continuavano a scorrere imperterrite.
“Vuoi dirmi che non ti sta piacendo forse?” le sussurrò di nuovo lui.
La sua mano sinistra era ancora sul petto della ragazza, che palpava morbosa il seno, soffermandosi ogni tanto sui suoi capezzoli, mentre quella destra era ormai da qualche minuto già in mezzo alle gambe della ragazza. Le sue dita scure accarezzavano voraci l’interno umido delle labbra, rubando alla ragazza qualche gemito sommesso.
“No, no, no… Per favore…” continuava a ripetere la ragazza, cercando il più possibile di serrare le gambe.
Lui fece una risata sommessa.
“Ran… non dovresti dire bugie… Il tuo corpo dice il contrario”
A quelle parole il ragazzo infilò due dita nelle sue profondità senza nessun preavviso.
La ragazza ebbe un fremito, e si sentì nuovamente inondare il corpo da un brivido di eccitazione.
Eppure questa volta la sua testa era lucida, senza l’effetto dell’alcool che le annebbiava i sensi, e si rendeva conto che non voleva che accadesse tutto quello.
Continuava a singhiozzare, a chiedere di smetterla, ma le sue parole sommesse non venivano ascoltate.
Poi ad un tratto ad Ikuto non bastò più abusare di lei con le dita.
Le tolse le mani di dosso. Ran ebbe appena il tempo di sentire il tipico rumore di una cintura che si slaccia e una zip che si abbassa e subito il ragazzo fu di fronte a lei.
Il viso non era più quello dolce, gentile e comprensivo che aveva visto il primo giorno che l’aveva incontrato. Era uno sguardo terrificante e deciso allo stesso tempo. Il suo ghigno sul volto le metteva i brividi, ma più del suo sorriso la atterriva cosa stava per fare con lei.
Senza che potesse muovere un solo muscolo, le sollevò le gambe ed infilò il suo membro dentro di lei.
“NOOOOOOOO!” urlò disperata la ragazza a quel gesto.
Il ragazzo continuò a violentarla deciso, mentre la ragazza gemeva e singhiozzava disperata.
“Non mi basta che piangi Ran. - le sussurrò il ragazzo continuando imperterrito ad abusare di lei - Devi urlare, voglio che quando arrivi il tuo dolce principe azzurro ti senta gemere per causa mia!”
 
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