Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 25/5/2014, 20:20     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Vado veloce perché ho un fan che sta leggendo questa fanfic, ma ovviamente aspetto anche i vostri commenti.

Parte Nona

Shinichi entrò nel locale abbandonato e notò subito le porte metalliche dell’ascensore.
Ebbe appena il tempo di premere il tasto di chiamata dell’ascensore che qualcuno gli toccò la spalla. Si girò di scatto e incrociò due occhi azzurri come il ghiaccio.
“Amuro!” esclamò.
“Non dovresti essere qui!” gli disse lui con aria seria.
“Non cominciare a farmi la predica anche tu!” protestò il giovane detective con aria seccata.
“Kudo, non costringermi a portarti via a forza…” lo minacciò invece il biondo.
Non ebbe, però, il tempo di dire altro, perché si sentì il suonare di un campanello.
Shinichi non ebbe neanche il tempo di cercare di capire cosa fosse che il biondo lo afferrò per il braccio destro, mettendoglielo dietro la schiena, e puntandogli la pistola.
Subito dopo le ante dell’ascensore si aprirono e da dietro esse apparì Gin.
Vista la scena l’uomo emise un ghigno compiaciuto, poi parlò, uscendo dall’ascensore.
“Ma bene… Vedo che la trappola di Assenzio ha funzionato!”
“Già, l’ho trovato qua fuori mentre rientravo dal mio solito giro. E ora lo porto su.” disse Amuro premendo ancora più forte la canna della pistola su Shinichi, che dovette inarcare la schiena infastidito.
Il biondo lo spinse verso le porte dell’ascensore ancora aperte, dopodiché con la canna della pistola premette il tasto del piano e le porte si chiusero, non permettendo più ai due di vedere l’uomo dai lunghi capelli argentei nel locale abbandonato.
Appena le porte furono chiuse Amuro mollò la presa sul diciassettenne e gli mollo uno schiaffo.
“Sarai contento adesso! Ti avviso che io non ti paro il culo ora che scenderemo al covo.” sbuffò, per poi appoggiarsi alla parete dell’ascensore.
Il giovane detective invece rimase zitto. Non sapeva cosa dire.
Si sentiva frastornato. Iniziava a capire che era stato un errore fiondarsi lì senza un piano ben preciso. Allo stesso tempo, la preoccupazione per Ran e la vista di Gin gli occupavano la maggior parte dei pensieri e quasi non riusciva a ragionare.

La ragazza era ancora sbigottita, con il casco verde acido in mano, a guardare ciò che era appena accaduto. Mentre si avvicinava al magazzino abbandonato, seguendo la macchina di Amuro, aveva visto quest’ultimo parcheggiare di fianco ad esso ed entrare nel locale vuoto e fatiscente.
Mentre rallentava ecco che accadde l’inverosimile. L’auto del ragazzo sparì pian piano nell’asfalto, come ci fosse una botola, ma quando arrivò il cemento e il terreno erano perfettamente lisci e della vettura non c’era nessuna traccia.
La ragazza stava pensando che sicuramente c’era un qualche meccanismo che portava le auto in un garage o parcheggio sottostante, ma non ebbe modo di pensare ad altro perché un uomo vestito di nero, dai lunghi capelli argentei e lo sguardo malvagio e spietato, uscì dall’unico edificio nell’arco di chilometri.
Appena comprese che l’uomo poteva presentare una minaccia, posò il casco sul sellino della moto e si mise in posizione, pronta a sferrare uno dei suoi micidiali calci.
“Dov’è Ran?” chiese con voce decisa, che non ammetteva una risposta evasiva.
Non ci fu risposta. L’uomo semplicemente estese il suo ghigno terrificante e iniziò ad avvicinarsi con passo lento verso di lei.
La bruna indietreggiò di qualche passo e ripeté la domanda, ma neanche questa volta ebbe risposta.
L’uomo senza darle la possibilità di emettere un altro solo fiato tirò fuori dall’impermeabile la pistola e sparò, colpendola in pieno petto.
Cadde a terra senza vita. Il proiettile le aveva centrato il cuore portandogli via la sua giovane vita. Il suo sangue stava già iniziando a scorrere fuori dal corpo macchiando i suoi vestiti e l’asfalto sotto di lei.
Gin si avvicinò al suo corpo privo di vita, rinfilando la pistola nella tasca interna dell’impermeabile.
“Mai mettere il naso dove non devi ragazzina…” disse per poi prendere il corpo.

La donna era appena rientrata nel suo ufficio. Un brivido le percorse la schiena. Le urla della sua Angel si sentivano ormai da un paio di minuti in tutto il locale. Non riusciva a sopportare quelle urla, doveva fare qualcosa. Eppure aveva le mani legate. Non poteva permettersi di fare un passo falso, soprattutto ora che il boss era nell’edificio.
Rimase lì, dietro la porta del suo ufficio, con la mano sul pomello, ad ascoltare quegli urli agghiaccianti. Finché un’altro suono non la riportò alla realtà. Prese l’apparecchio telefonico, che aveva emesso quel piccolo suono, dalla sua tasca e lesse il messaggio.
Siamo dentro

L’ascensore stava per arrivare al piano.
“Bene Kudo, ora non possiamo più rischiare. Se perdi di nuovo la tua lucidità, non esiterò a chiuderti a chiave da qualche parte e mollarti lì.” sentenziò il biondo.
Il diciassettenne fece un cenno con la testa, poi le porte dell’ascensore si aprirono e un urlo straziante colpi le loro orecchie.
“NO IKUTO, BASTAAAA, TI PREGO NOOOO!”
Shinichi avrebbe riconosciuto quella voce tra mille e subito ebbe l’impressione che una tenaglia gli bloccasse il cuore. Strinse i pugni e dovette fare uno sforzo immane per non partire in quarta e dirigersi verso il luogo da cui proveniva quella voce.
Amuro dietro di lui, riprese la posizione di prima, bloccandogli un braccio dietro la schiena e puntandogli la pistola.
“Ti prometto che la pagherà, ma purtroppo non è questo il momento.” gli sussurrò all’orecchio, poi spinse un po’ ed entrambi iniziarono a camminare.
Non incrociarono nessuno sul loro cammino, nel percorrere quei luminosi corridoi che sembravano quelli di un edificio elegante di quale famosa azienda. Finché Shinichi non vide in lontananza qualcuno, appoggiato al muro.
All’inizio era solo una sagoma indistinta, poi pian piano iniziò a definirsi, fino a diventare il sensuale corpo di una donna. I piedi delicati in un paio di decolette nere, dei pantaloni scuri attillatissimi che le pronunciavano le curve inferiori e una camicetta bianca sbottonata all’altezza della scollatura, in modo che si vedesse il punto in cui iniziava il seno. I capelli lunghi e platinati scendevano morbidi sulle spalle e il suo sguardo serio e glaciale era di quelli da far svenire qualsiasi uomo ai suoi piedi.
Shinichi come al solito pensò che nessuna donna poteva essere bella quanto lei, non per niente era una delle attrici più seguite al mondo.
Appena i due arrivarono di fronte a lei, senza una parola entrarono tutti e tre nella porta a fianco. E solo quando la donna, fece un giro di chiave alla porta, il biondo lasciò Shinichi dalla presa.
“Ho a che fare con dei mocciosi!” sentenziò con voce seria per poi sedersi sulla solita poltrona.
I due ragazzi rimasero in piedi, con l’aria da cani bastonati. Sapevano che l’affermazione di Vermouth era rivolta a loro, e sapevano di meritarsela.
“Cool guy, dimmi perché sei qui?” chiese la donna accavallando le gambe.
Il ragazzo alzò lo sguardo.
“Io… io… Volevo salvare Ran…” disse balbettando.
“E pensi di salvarla facendoti uccidere?”
Quel rimprovero era giusto, si stava rendendo sempre più conto che aveva sbagliato a precipitarsi in quel luogo senza un’idea precisa di come avrebbe dovuto fare.
Forse avrebbe dovuto parlarne con Akai, che aveva temporaneamente nascosto a casa sua sotto le vesti di Okiya, o con Jodie e gli altri dell’FBI. Organizzare un piano, escogitare qualcosa. Ma ormai era troppo tardi.

Le lacrime ormai erano copiose sul suo viso, continuava a urlare a supplicare, ma tutte quelle parole erano inutili. Il suo violentatore non ne voleva sapere di smettere.
Continuava a penetrarla, con sempre più vigore e irruenza. La ragazza ormai sentiva distintamente il membro del ragazzo scivolare dentro e fuori la sua apertura, ormai bagnata del suo liquido.
Non aveva mai immaginato che potesse essere tanto terribile. Nessuna sensazione di eccitazione percorreva il suo corpo, solo il disperato desiderio che tutto finisse, che si svegliasse da quell’incubo orribile.
Ora il suo aggressore, dal corpo scuro e scolpito, stava gemendo di piacere nel violentarla e non ci volle molto che disse quella tremenda frase.
“Sto per venire…” gemette, quasi in un sussurro.
La ragazza si atterrì, aveva capito cosa voleva dire, e sapeva che questa volta, al contrario dell’ultima, non sarebbe uscito.
“IKUTO NON FARLO TI PREGO… NOOOOO!”
Fu troppo tardi. La ragazza sentì la sua apertura inondarsi del liquido seminale del ragazzo.
In un attimo due sensazioni ben distinte le inondarono mente e corpo. Il sollievo che finalmente era finita quella tortura e il terrore di essere appena stata violentata e forse fecondata da quel mostro che si trovava di fronte a lei.

Amuro si voltò verso la porta chiusa alle sue spalle.
“Hanno finito!” disse non sentendo più le urla strazianti della ragazza.
Shinichi, sebbene fu leggermente sollevato di quella notizia, aveva ancora i nervi a fior di pelle, quella sensazione di tensione e nervosismo lo stava ancora attanagliando. Aveva ancora quella voglia sfrenata di raggiungerla e salvarla dalle grinfie di quel pazzo, che sicuramente le aveva fatto del male.
“Qualcuno oltre a noi due sa che lui è qui?” chiese Vermouth, rivolgendosi al collega, e riportando alla realtà anche Shinichi.
“Sì, Gin, ci ha beccato sopra, all’entrata.”
“Se è solo Gin non c’è problema. Sono più che sicura che il boss gli ha dato una missione fuori, e non tornerà prima di sta sera.” disse la donna tranquilla.
“Perciò cosa facciamo?” chiese Shinichi.
“Tu niente! - lo rimproverò la donna - Almeno per ora dovrai rimanere qui. Bourbon vai dal boss, digli che ancora Shinichi non si è fatto vedere e chiedi come bisogna proseguire.”
Il biondo fece un cenno di testa aprì la porta ed uscì dall’ufficio richiudendosela alle spalle.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 25/5/2014, 22:51
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 31/5/2014, 21:15     +1   -1




Ho letto in un soffio questo capitolo, ma per il bene mio, di ran e di Shinichi attendo il decimo capitolo
 
Top
view post Posted on 4/6/2014, 15:32     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Lo scriverò presto Marty ^^ E' una promessa ;)
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 4/6/2014, 15:33     +1   -1




Grazie Kiare :)
 
Top
view post Posted on 5/6/2014, 21:49     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Parte decima

Jodie era davanti alle scale mobili del centro commerciale, spostata di lato in modo che non intralciasse la strada a chi doveva salire al piano superiore.
Era nervosa. Si vedeva dal solo sguardo, dietro i grossi occhiali tondi di suo padre. E anche se qualcuno poco attento non avesse notato quegli occhi ansiosi che si guardavano intorno, di sicuro era impossibile non notare le braccia incrociate strette sul petto e il piede che nervoso batteva sul pavimento a un ritmo via via sempre più stretto.
Ad un tratto quegli occhi preoccupati videro qualcosa che la rassicurò un po’. Due uomini si stavano avvicinando a lei. Uno dimostrava una certa età, lo dimostravano i capelli e i baffoni grigi che gli davano un aria seria. L’altro era un’uomo nerboruto e con la faccia dura, si poteva definire il tipico scimmione che solitamente si assumeva come guardia del corpo.
Quando i due uomini le furono vicino, la donna si mosse verso il bar più vicino.
Solo quando, qualche minuto dopo, furono tutti seduti a un tavolino del bar con una tazza di caffè fumante di fronte la donna si decise a parlare.
“Sta mattina è successo l’inimmaginabile. Penso che siamo giunti alla fine.” disse con voce bassa.
“In che senso?” chiese l’uomo più giovane.
“Stamattina ho ricevuto una chiamata dal professor Agasa, l’uomo che vive di fronte a villa Kudo insieme alla ragazzina di nome Haibara che ha rifiutato il programma protezione testimoni. Mi ha detto che Ran Mouri, la figlia del detective dormiente, è stata presa da un membro dell’organizzazione e che Shinichi Kudo è andato da solo a salvarla.”
“Ma è pazzo? Dobbiamo muoverci!” disse l’uomo baffuto, alzandosi dal tavolino.
“Aspetta James, non è finita. - disse Jodie facendolo risedere - Appena chiusa la chiamata Subaru Okiya, il ragazzo universitario che abita provvisoriamente a villa Kudo, ha bussato alla mia porta e non immaginerete mai chi c’è dietro quegli occhiali e quell’aria da bravo ragazzo…”
“Non mi dire che è uno dell’organizzazione?!” chiese sconvolto Camel.
La donna fece un cenno negativo con la testa.
“E allora?” chiese James esasperato dall’improvviso mutismo della collega.
“Akai” disse quasi con un sussurro lei.
“Che cosa?!” esclamarono entrambi sconvolti.
“Mi ha detto lui di trovarmi con voi qui e raccontarvi tutto. Ha detto anche di aspettare le sue direttive prima di agire.”
I due erano talmente sconvolti che non obiettarono nulla.

Ikuto si staccò da lei ansimante, lasciandola inerme, sempre appesa con le catene.
“Mi sono divertito un mondo! - disse entusiasta - E tu dolcezza?” chiese rivolto alla ragazza prendendole il mento e sollevando il viso pieno di lacrime.
Ghignò con sguardo sadico, poi tirò fuori la lingua e lecco le lacrime dal sapore salino della ragazza.
“Ora però ti devo lasciare. - disse staccandosi da lei - Devo fare rapporto e assicurarmi che il tuo cavaliere non sia già arrivato a salvarti. Tranquilla non starai da sola per molto.” concluse iniziando a rivestirsi.
Quando fu completamente vestito.
“Ah quasi dimenticavo… - si avvicinò a lei - Molto meglio così che sotto l’effetto di un farmaco assuefacente vero?” poi girò la chiave delle manette che la tenevano appesa al soffitto, facendola cadere rovinosamente a terra.
La ragazza lo guardò sconvolta.
“Mi… mi hai drogata?” chiese con un filo di voce.
Lui sogghignò.
“Non dirmi che non te lo ricordavi. Beh tra tutti quegli alcolici c’era da aspettarselo, ma andiamo, la dolce e fedele Ran non avrebbe mai tradito il suo unico vero amore senza un piccolo aiutino.”
“Sei un bastardo…” disse lei, ma rimase a terra.
Non aveva le forze, né per aggredirlo, né per continuare la frase.
Lui con un ultimo malefico sorriso, uscì dalla stanza chiudendola a chiave e lasciando la ragazza dentro.

L’auto si fermo davanti ad un piccolo edificio bianco di quattro piani. Da essa scese Haibara, con ancora lo zaino in spalla.
“Entra e vai al secondo piano con l’ascensore, io ti raggiungo appena parcheggiata l’auto.” disse con tono autoritario l’universitario occhialuto, dalla vettura.
La bambina fece come richiesto. La confusione più totale inondava la sua testa eppure non voleva trasformare in parole i suoi pensieri, sapeva che sarebbe stato inutile o avrebbe solo peggiorato le cose.
Sperò solo con tutto il cuore che Shinichi stava bene, era solo quello che le importava davvero. Il pensiero, orribile, che si fosse messo nei guai per l’ultima volta le attanagliava il cuore. Non sarebbe riuscita a vivere col pensiero di lui seppellito da qualche parte sotto terra, assieme a tutte le vittime di quei neri killer senza cuore.
Entrò nell’edificio. La hall era molto accogliente e spaziosa, sembrava l’ingresso di un complesso di uffici. Di fronte a lei una signorina bionda e ben vestita l’accolse con un sorriso.
“Benvenuta signorina, ci hanno avvisato del suo arrivo.”
“Davvero?” chiese sconvolta lei, ma poi capì che era ovvio.
Sicuramente era stato Okiya ad avvisarli.
“Per maggiore sicurezza le devo chiedere di dare a noi il suo zaino.”
La bambina senza fare obiezioni si tolse lo zainetto arancione dalle spalle e lo porse alla signorina bionda che lo mise su un tapirulan.
“Prego.” disse poi la donna mostrando alla bambina un metal detector proprio di fianco al tunnel in cui si stava infilando il suo zaino.
Lei lo oltrepasso tranquilla. Arrivata dall’altro lato prese nuovamente il suo zainetto e se lo mise sulle spalle.
“Prenda pure l’ascensore e vada al secondo piano.” disse la donna.
Lei fece come le fu detto e premette il tasto per chiamare l’ascensore, fortunatamente arrivò subito, perché la bambina sembrava imbarazzata a stare con quella donna così gentile con lei.
Entrò in quella scatola di metallo e quando le porte si chiusero tirò un sospiro di sollievo.

Il cellulare sulla scrivania fece sussultare le due persone dentro l’ufficio quando iniziò a vibrare.
La donna con un sbuffo prese il suo telefono e lesse il messaggio appena arrivato.
Ci mise pochissimi secondi, probabilmente il messaggio era molto corto.
La donna si mise il telefono in tasca e si avvicinò alla porta.
“Non ti azzardare a muoverti da qui!” sentenziò per poi uscire dall’ufficio.
Shinichi rimase da solo. Ormai il panico e l’ansia erano sciamati col tempo, rimaneva solo un’aria di nervosismo per l’impossibilità di fare qualcosa. Si sentiva inutile e la cosa più brutta era che non sapeva nemmeno come stesse la sua Ran o se fosse ancora viva.
Non riusciva a sedersi tanto era teso.
Il fatto poi che Vermouth l’aveva lasciato lì da solo, senza dirgli niente lo irritava. In fondo anche lui aveva il diritto di sapere cosa stavano complottando quei due contro l’organizzazione, insomma era anche lui inguaiato in quella situazione fino al collo, era giusto che fosse coinvolto nei loro piani anche lui.
Invece l’aveva lasciato lì, senza una spiegazione, dicendogli solo di non muoversi da lì.

La donna bionda appena uscita dal suo ufficio, stava percorrendo velocemente i corridoi spaziosi del covo.
Arrivò a destinazione senza incontrare nessuno. Arrivata davanti alla porta provò ad aprirla, ma come si aspettava era chiusa a chiave.
Con la maestria di un grande scassinatore, tirò fuori una forcina dalla tasca posteriore dei pantaloni e la scassinò in pochi secondi.
Appena aprì la porta vide quello scempio.
Ran era accasciata sul pavimento, completamente nuda, in mezzo al liquido seminale maschile e femminile.
“Angel, cosa ti ha fatto quel bastardo…” commentò con un sussurrò per poi avvicinarsi a lei.
“Chi sei?” chiese la ragazza stordita e con la vista offuscata dalle lacrime.
“Un’amica… Forza tirati su.” disse aiutandola ad alzarsi.
I piedi della ragazza però erano deboli, avevano sprecato tutte le energie a cercare di stare puntati a terra quando la ragazza era appesa al soffitto.
La donna prese il braccio della ragazza e se lo fece passare attorno alle spalle. Prima di uscire da quella stanza le gettò addosso una giacca nera che si era portata dietro dal suo ufficio.
La diciassettenne con la mano libera se la strinse al petto.
Uscirono e percorsero il più velocemente possibile il corridoio. Ovviamente la velocità era ridotta vista l’incapacità di muoversi normalmente della ragazza.
Arrivata quasi davanti al suo ufficio ecco che accadde.
“Vermouth che diavolo stai facendo?”
La voce di Chianti echeggiò nel corridoio. Sperando che nessuno l’avesse sentita la bionda avvicinò velocemente una mano alla sua camicia, all’altezza del petto e ne uscì un piccolo ago che si ficcò in bocca per poi sputarlo con precisione verso la donna che si stava avvicinando.
“Finalmente morta, maledetta!” disse con un insulto poi aprì velocemente la porta del suo ufficio e fece entrare Ran.
Appena la porta fu aperta, fu Shinichi ad accogliere la sua amata.
“Ran!” esclamò il ragazzo prendendola tra le sue braccia per poi accompagnarla ad una poltrona.
Intanto la donna uscì di nuovo prese dalle braccia il corpo di Chianti e lo trascinò dentro l’ufficio per poi chiudere di nuovo la porta a chiave.
Non pretese che il ragazzo, scosso da come era ridotta Ran la calcolasse o tantomeno l’aiutasse, invece lui sussurrò qualcosa a una Ran parecchio scossa rannicchiata sulla poltrona e sollevo la woman in black, priva di vita dalle gambe.
“Dove la mettiamo?” chiese poi.
“Nel mio guardaroba. E’ abbastanza grande." disse aprendo poi un anta del capiente armadio, pieno di vestiti.
Infilarono il corpo inerme della donna col caschetto nell’armadio poi Vermouth prese da esso una felpa nera col cappuccio e un paio di jeans scuri e li porse al ragazzo.
Lui li accettò senza fiatare e si riavvicinò a Ran.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 5/6/2014, 23:04
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 5/6/2014, 22:00     +1   -1




IKUTOOOOOOOOO, LA PAGHERAIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!
"Calma Martina" uff....
Kiare , la bionda ha salvato Ran, ma chi salverà ikuto da Shinichi quando gli sarà tra le mani?
Si vede sempre la tua classe comunque.
 
Top
view post Posted on 5/6/2014, 22:05     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Grazie Marty ^^
Ti posso assicurare che Ikuto la pagherà cara... Ma ci vorrà ancora un bel po'...
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 5/6/2014, 22:08     +1   -1




Oh, ma io so aspettare. Tranquilla.
Posso chiederti quanti anni hai
 
Top
view post Posted on 6/6/2014, 11:02     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Ehm... sono del 92 quindi ne ho 22 (se la matematica non è un opinione) XD
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 6/6/2014, 13:15     +1   +1   -1




Mi sento vecchia. Io 28
 
Top
view post Posted on 26/6/2014, 20:58     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Parte undicesima

“Ran sono qui…”
La ragazza aveva gli occhi persi nel vuoto, ed era terrorizzata. Shinichi l’abbracciò e le accarezzo i capelli. Appena sentì il contatto con lui la ragazza iniziò a piangere, senza singhiozzare, semplicemente le lacrime scorrevano da sole, silenziose.
“Stai tranquilla Ran, ti porterò fuori di qui, lo prometto!” le disse stringendola più forte.
“Ben detto Kudo, - intervenne Vermouth - dovete andarvene, prima che Ikuto si accorga che è scappata.”
Lui fece un cenno di testa. Si staccò leggermente da Ran e guardandola negli occhi le rivolse la parola.
“Te la senti di vestirti?” le chiese.
Lei rispose solo muovendo la testa verso il basso, poi prese i vestiti dalle mani del ragazzo.
Mentre lei si vestiva, Shinichi si rivolse alla donna.
“Porto Ran al sicuro e poi torno qui…”
“No!” lo bloccò la bionda prima che finisse la frase.
“Stai scherzando vero?” chiese lui sconvolto.
“Assolutamente. Né Angel né tu tornerete qua dentro.”
“Scordatelo! - urlò lui - Io non lascerò che quel bastardo la passi liscia!” disse indicando la porta chiusa dell’ufficio.
“Non succederà. Oggi stesso sarà decretata la parola fine a quest’organizzazione piena di persone false, pazze e corrotte.” rispose incrociando le braccia al petto.
“E io non starò a guardare… Mi spiace Vermouth, ma questa volta non ti darò retta.”
La donna alzò il sopracciglio destro e squadrò gli occhi azzurri e infuocati di sicurezza di quel ragazzo. Poi le sue labbra color porpora si piegarono in un sorriso.
“Come vuoi tu. Ora andate.” disse rivolgendosi ad entrambi.
Shinichi si voltò verso la poltrona su cui poco prima era seduta Ran. Ora la ragazza era in piedi, completamente vestita.
Lui con un sorriso dolcissimo si avvicinò a lei e le tirò su il cappuccio della felpa, coprendole i capelli castani. Poi le prese la mano e si rivolse di nuovo verso la bionda, senza chiedere niente. La domanda era più che ovvia.
Vermouth si avvicinò a una foto che la ritraeva quando ancora dimostrava la sua vera età. La sollevò e premette un piccolo bottone che c’era proprio dietro.
Si aprì subito un passaggio, vicino all’armadio in cui avevano chiuso Chianti.
“Vi porterà solo fino all’ascensore. Da lì dovrete cavarvela da soli.”
Shinichi salutò la donna e poi insieme a Ran si diresse verso quell’apertura.
Prima di sparire in quel cunicolo, Ran si voltò verso la donna.
“Grazie per avermi salvato…” disse con un filo di voce.
“Di nulla Angel.” rispose lei con un sorriso.

Gin arrivò davanti a villa Kudo e si fermò. Scese dalla sua Porche nera e si diresse verso il cancello.
Provò a suonare più volte, ma nessuno rispose.
Dovette perciò tirare un paio di calci ben assestati alla serratura per fare in modo che il cancello si aprisse da solo.
Con la porta d’ingresso invece fu un po’ più difficile e ci mise molto di più. Quando anche quella fu spalancata tirò fuori la pistola e iniziò a guardarsi intorno.
Non c’era nessuno. Aveva appena fatto un buco nell’acqua.
Il boss gli aveva ordinato di andare lì e uccidere Subaru Okiya, ma lui non c’era. Sospirò scocciato, avrebbe proprio voluto far fuori qualcun altro, la ragazzina davanti al covo non gli era bastata, e la sua sete di uccidere pretendeva ancora sangue innocente.
Uscì dalla casa e si rinfilò in macchina. Facendo inversione tornò sui suoi passi e si diresse nuovamente verso il covo.

Ai arrivò al secondo piano e uscì dall’ascensore.
Non sapeva dove andare perciò aspettò davanti alla porta dell’ascensore. Si trovava in una specie di pianerottolo. Alle sue spalle c’erano i due ascensori, davanti le scale, mentre sia al lato destro sia a quello sinistro c’erano quelli che sembravano dei corridoi.
Poco dopo sentì il campanello dell’ascensore suonare e le porte aprirsi. Si voltò e rimase paralizzata nel vedere chi era appena uscito da esso.
“Tu… tu eri…”
“Morto, lo so… No, non sono morto. Il tuo amico ha avuto un’idea geniale quella sera. E’ stato grazie a lui se sono ancora qui.” rispose l’uomo.
“Conan?” chiese la bambina dai capelli ramati, ancora sconvolta dalla notizia.
Rispose solo con un cenno di testa, poi, mettendosi le mani in tasca, si diresse verso il corridoio di destra.
La bambina lo seguì senza dire altro.

Qualcuno bussò alla porta dell’ufficio di Vermouth, proprio qualche secondo dopo che il passaggio del muro, da cui erano scappati Ran e Shinichi, si era richiuso.
“Chi è?” chiese la donna, tornando calma e impassibile.
“Sono io!” rispose una voce ormai inconfondibile.
La donna aprì la porta al suo collega e il ragazzo biondo entrò senza troppi complimenti nell’ufficio. Solo quando la donna si chiuse la porta alle spalle il biondo parlò.
“Ikuto è uscito completamente di senno e la cosa peggiore è che il boss gli da retta.”
Vermouth scosse la testa rassegnata.
“Questa storia deve finire…” disse lei voltandosi dall’altro lato e prendendo il suo cellulare.
Invio un messaggio a qualcuno, poi si voltò verso il biondo.
“Ti devo ringraziare Amuro, per quello che hai fatto in tutto questo tempo.” disse riprendendo quel suo tono mostruosamente sensuale.
Il ragazzo ingoiò la saliva nervoso.
“Ma ti pare. Lo sai bene che io ero entrato qui come infiltrato, non mi sarei mai alleato con loro, anche con mio cugino contro di me.”
“Non vuol dire niente. Anche Akai è stato infiltrato qua dentro e sebbene io avessi le mie motivazioni per stare qui, lui mi ha considerato come una criminale qualunque che ci sia qua dentro.”
“Beh forse lui non ti conosce così bene…”
Non ebbe il tempo di finire la frase. La donna si era avvicinata a lui velocemente e gli aveva preso il viso tra le mani.
“Ve-Vermouth cosa…?” balbettò il biondo, ma di nuovo la donna bloccò le altre parole.
Questa volta l’aveva baciato. Non era un bacio qualunque. L’aveva baciato in bocca, quel bacio che forse nei suoi sogni più nascosti aveva sempre sognato di ricevere. Un bacio di una donna matura, piena di esperienza e di passione. Un bacio alla francese, di quelli che i ragazzini diciassettenni cercano di imitare, ma non avrebbero mai fatto perfetto a quel modo.
Sentire la lingua sinuosa e suadente di quella donna, portò subito i suoi ormoni al limite dell’eccitazione, così porto le mani dietro la schiena della donna e la spinse verso il suo corpo.
Sentendo il suo membro eretto premere sul suo copro da sotto i pantaloni scuri, la donna accennò un leggero sorriso compiaciuto, continuando sempre a baciarlo.
Fu di nuovo lei a fare il secondo passo. Avvicinando le mani ai genitali di lui e palpandolo per un po’. Non avevano tempo per troppi preamboli. Presto lì si sarebbe scatenata una guerra, e forse era proprio per quello che volevano farlo in quel momento, perché forse sarebbe stata la prima e ultima occasione per farlo. Dopo pochi secondi decise anche di sbottonargli il pantalone, che scivolo velocemente ai suoi piedi.
Amuro avendo capito che ormai non stava più sognando abbassò finalmente le mani sul sedere della donna, palpandoglielo con irruenza.
Non ci volle molto, forse solo un paio di minuti prima che entrambi fossero nudi dalla vita in giù. Togliersi anche i vestiti di sopra era soltanto uno spreco di tempo.
Appena entrambi furono senza pantaloni e intimo, Amuro sollevò Vermouth e la poggiò sulla scrivania dell’ufficio. Dopodiché senza chiedere il permesso, che comunque la donna gli aveva già dato baciandolo, o dicendo qualcosa la fece sua.
Le mise le mani sui fianchi e la penetrò. Finalmente possedeva quella donna magnifica che aveva sempre ammirato, ma che aveva sempre tormentato i suoi sogni più perversi.
La passione di quel momento bruciava in entrambi. Lei iniziò a gemere sempre più forte e lui ad ogni gemito della donna si eccitava sempre di più e andava più forte. Erano talmente presi da quella passione che quando Amuro al limite dell’eccitazione di disse in un sussurro che stava per venire, la donna non se ne preoccupò.
“Continua, non fermarti…” disse anzi continuando a spingere verso di lui.
Il biondo non se lo fece ripetere due volte e continuò imperterrito fino a che non arrivò pochi secondi dopo al limite e inondò l’apertura della donna col suo liquido seminale.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo. I respiri affannati i cuori gonfi di una passione che forse entrambi non provavano da tanto tempo e due sorrisi compiaciuti e adulti.
Passò solo qualche minuto.
“Dobbiamo rivestirci, tra poco Ikuto scatenerà il caos scoprendo che Ran non c’è più.” disse Vermouth concludendo con un bacio sulla guancia al ragazzo.
Lui rispose con un cenno di testa e poi entrambi si rivestirono.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 18:52
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 3/7/2014, 22:35     +1   -1




Kiare, puoi perdonare il mio ritardo nel commentare? Avrei voluto fare un commento , ma non ne ho avuto il tempo.
A parte i miei gusti personali visto il mio odio per amuro devo dire che è stato un capitolo fantastico.
 
Top
view post Posted on 6/7/2014, 14:01     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Beh in questa fanfic non merita tutto questo odio...
 
Top
view post Posted on 12/7/2014, 14:27     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Parte dodicesima

L’agente dell’FBI e la bambina erano appena entrati nell’ufficio dell’uomo quando un breve suono acuto, proveniente dalla tasca dei jeans di lui, attirò la loro attenzione.
L’uomo prese l’apparecchio telefonico e lesse velocemente il messaggio che apparve sul display.
Chiuse il telefono di botto, imprecando.
“Questa non ci voleva…” disse in un sussurro, ma che la bambina sentì comunque.
“Che succede?” chiese Ai, tra il curioso e il preoccupato.
“Succede che siamo in ritardo sulla tabella di marcia e se gli altri non arrivano il tempo rischiamo la strage.” rispose freddamente lui, poggiando il cellulare sulla scrivania del suo ufficio.
Passarono pochissimi secondi da quella frase che una voce, che Ai riconobbe come quella della donna che c’era sotto ad accoglierla, echeggiò dall’altoparlante posto sulla scrivania, proprio di fianco al telefono appena appoggiato.
“Gli agenti Starling, Black e Camel sono arrivati.” disse.
“Falli salire!” rispose lui premendo un tasto nell’apparecchio in modo che la donna dall’altra parte sentisse.

Il treno sfrecciava veloce, eppure al giovane detective dell’Ovest sembrava ancora troppo lento.
Non aveva più tentato di chiamare il suo amico di Tokyo, sapeva che se ne avesse avuta la possibilità l’avrebbe richiamato lui. Ciò voleva dire che era davvero nei guai.
Stava seduto in uno dei tanti posti del treno, fissando il paesaggio dal finestrino e continuando a battere nervosamente il piede per terra.
Ad un certo punto si avvicinò a lui un bambino, di appena quattro anni.
“Perché sei triste?” chiese, facendo voltare di scatto il ragazzo.
Heiji lo guardò negli occhi, era biondo e con due profondi occhi di un verde brillante.
“Non sono triste, piccolo, sono solo preoccupato per un amico.” gli rispose.
“E’ nei guai?” chiese il bambino sempre più curioso.
“In realtà non lo so, e spero proprio di no, ma lui si caccia spesso nei guai.”
“Vedrai che riuscirai ad aiutarlo…” lo rassicurò il bambino con un sorrisone.
Heiji ricambiò il sorriso, poi si tolse il cappellino e glielo mise in testa. Gli stava larghissimo e gli scivolò subito sugli occhi.
La manina del biondo prese la visiera e se la sollevo in modo che potesse vederci di nuovo.
“Perché me lo regali?”
“Perché se tutto andrà bene come dici tu, ne comprerò uno nuovo.”
“Grazie mille!” disse il bambino entusiasta togliendoselo un attimo dalla testa e guardandolo da vicino.
Era ormai vecchio e usato, eppure a lui piaceva ancora di più perché sapeva di vissuto.

Shinichi e Ran camminarono per molto tempo, almeno una decina di minuti, quel vicolo completamente buio era illuminato solo dall’orologio a torcia che Shinichi aveva al polso.
Poi finalmente videro l’uscita. Di fronte a loro si presentò un muro, senza altri sbocchi e una piccola fessura luminosa e verticale, grande quanto una mano. Shinichi infatti spense la torcia e vi infilò le dita per poi tirare verso di se. Il muro era più sottile e fungeva da porta.
Sbucarono proprio vicino alle porte dell’ascensore. Shinichi aveva aperto solo di poco la porta e poi aveva guardato che il corridoio fosse completamente libero, solo allora l’aprì di più e fece segno a Ran di seguirlo, sebbene la tenesse ancora per mano, quindi era ovvio che gli sarebbe rimasta a fianco.
Uscirono e si chiusero la porta alle spalle, per poi dirigersi verso l’ascensore che era lì di fianco. Ebbero appena il tempo di premere il pulsante per chiamarlo, poi dei passi attirarono l’attenzione di entrambi.
Si voltarono spaventati, ancora il corridoio principale era vuoto, ma da uno di quelli secondari qualcuno stava arrivando proprio lì, tornarono verso dove era la porta, ma quella dopo essersi chiusa non ne volle sapere di aprirsi. Si apriva solo dall’interno.
Poi finalmente lo videro. Sbucò prima il piede destro e poi tutto il resto del corpo assieme al piede sinistro.
Appena videro chi era i due ragazzi ebbero due reazioni diverse. Ran spaventata si aggrappò al braccio del compagno, cercando di farsi piccola piccola, mentre Shinichi provò un mostruoso moto di rabbia, e avrebbe voluto saltargli addosso.
Il ragazzo li vide, ma non sembrava, né stupito del fatto che fossero lì insieme, né arrabbiato del fatto che Ran fosse scappata. Li guardava solo con un sorriso compiaciuto, e subito parlò.
“Aspettavo proprio il tuo arrivo… Non sai quanto mi sono annoiato ad aspettarti… L’unica consolazione è stata la tua Ran…”
Il ragazzo indietreggio verso l’ascensore, che probabilmente stava per arrivare, proteggendo la ragazza con tutto il corpo.
“Non provare a toccarla…” disse con un tono basso e tagliente.
“Oh no… per ora ho finito con lei… Sai scopa davvero bene!”
Shinichi serrò i pugni.
“Ringrazia che la mia priorità è portare Ran fuori di qui, altrimenti avresti rischiato la vita per ciò che hai detto…” lo minacciò il moro, ma senza nessun risultato.
Ikuto era calmo e rilassato e si era addirittura fermato a mezzo metro dai due e dall’ascensore.
“Mi piacerebbe vedere il fantastico Shinichi Kudo uccidere qualcuno per rabbia. I giornali ti hanno sempre descritto come una persona onesta, razionale e giusta, come tutti i detective d’altronde. Ma sei umano come tutti e nessuno può resistere alle tentazioni, almeno non sempre. Soprattutto se vuoi uccidere una persona che è stata a letto con la tua ragazza due volte, una volta drogandola e la seconda volta violentandola.”
Shinichi ormai era pronto ad avventarsi contro di lui, ma qualcos’altro in un millesimo di secondo attirò la sua attenzione, il suono del campanello dell’ascensore e subito dopo la carica di una pistola.
Ran lanciò un grido, e si spostò di colpo, mentre lui sentì la canna rovente di una pistola puntata sulla nuca.
“Non provarci moccioso, non ti conviene.” sentì dire da una voce glaciale.
Una voce che conosceva molto bene. Non ebbe bisogno di girarsi per vedere che l’uomo gli stava puntando la pistola con la mano sinistra.
“Strano, - continuò la voce - pensavo che fosse insieme a Bourbon.”
Ikuto fece un verso stizzito.
“Quell’incapace di mio cugino, non riesce neanche a portare a termine una missione stupida come uccidere Sherry sul Bell Tree Express. Non sono neanche sicuro di che cosa gli passa in testa.”
Dopo queste parole con dei gesti velocissimi che non diedero tempo ai due diciassettenni di fare neanche una mossa.
Gin afferrò Shinichi bloccandolo con un braccio intorno al collo e puntandogli la pistola e Ikuto balzò su Ran come un lupo famelico, fermandola quasi allo stesso modo.
“Ikuto! Non ci provare, bastar…” urlò Shinichi furioso fregandosene dell’uomo che lo teneva, che dopo qualla frase serrò la presa soffoccandogli l’ultima sillaba in bocca.
“Mi spiace Kudo, ma la tua piccola fidanzatina mi eccita da morire, e penso che le darò di nuovo una bella ripassata.”
Ran cercava di dimenarsi, ma il suo aguzzino era molto più forte di lei.

La ragazza suono il campanello di casa Hattori. Ad aprire la porta arrivò una la domestica.
“Benvenuta signorina Toyama, desidera qualcosa?” chiese con fare gentile.
“Heiji è in casa?” chiese.
“No, è partito per Tokyo, qualche ora fa. Ora sarà quasi arrivato. Si accomodi, le preparo un tè” disse facendola entrare in casa.
Lei accettò volentieri.
Mentre la donna preparava il tè, lei, con la scusa di andare in bagno salì al piano di sopra e si diresse verso la camera dell’amico d’infanzia.
Era preoccupata. Era da quella mattina che aveva uno strano presentimento.
Prima aveva mandato un messaggio a Ran dicendole che aveva deciso di confessare tutto ad Heiji, ma non aveva avuto risposta, poi quando provò a chiamarla l’avviso di chiamata diceva che il cellulare era spento. Quando poi si arrese, decise di chiamare Heiji e per ben tre volte aveva trovato il telefono occupato, quando alla quarta finalmente aveva risposto, le aveva chiuso bruscamente la chiamata dicendo che era di fretta e che si sarebbero sentiti un altra volta. Oltretutto prima di staccare era sicurissima di avergli sentito dire “Ti voglio bene”, tanto che era arrossita.
Mai Heiji aveva detto una frase del genere a lei, e la cosa le sembrava strana.
Entrò nella sua stanza e la prima cosa che notò fu un piccolissimo astuccio rettangolare.
Era il portafortuna che aveva regalato ad Heiji. Se l’era dimenticato.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 18:55
 
Top
view post Posted on 24/7/2014, 06:50     +1   -1
Avatar

Black Lady

Group:
Member
Posts:
5,223

Status:


Parte tredicesima

Amuro era già uscito da qualche minuto dal suo ufficio, mentre lei si stava sistemando i capelli davanti allo specchio.
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta.
“Arrivo…” disse, ma non accennò a muoversi dal luogo dove si trovava.
Allungò solo il braccio verso la scrivania, per prendere il rossetto che vi era poggiato sopra e lo stappò, dividendo a metà il cilindro che fungeva da custodia e scoprendo il cosmetico color porpora.
Se lo pose sulle labbra lentamente, poi quando ebbe finito, mentre lo richiudeva, tirò indietro le labbra per renderlo compatto.
Solo a quel punto si allontanò dallo specchio, posò il rossetto di nuovo sulla scrivania e si diresse verso la porta.
La aprì e sebbene quello che vide oltre la lasciò senza parole e con solo rabbia addosso, nessuna emozione trapassò dal suo volto a da qualunque parte del suo corpo. La freddezza e la professionalità che aveva mostrato sempre da quando era in quell’organizzazione, tornò ad essere la sua unica maschera.
“Vedo che il piano di Assenzio è funzionato…” disse tranquillamente, guardando di fronte a lei Gin che teneva ancora per il collo Shinichi.
Poi si chiuse la porta alle spalle e tutti e tre s’incamminarono oltre quell’ufficio, proseguendo per il corridoio.

Si avvicinò a lei voglioso.
Lei indietreggiò, fino a toccare il muro con la schiena, fino a rimanere bloccata tra lui e il muro.
“Come hai osato scappare, da me?” le sussurrò lui all’orecchio facendola rabbrividire.
Poi con il pollice e l’indice prese zip della felpa e abbassò la cerniera, scoprendo il seno nudo della ragazza.
“Oh… così è ancora più eccitante…” disse afferrandogli il seno e palpandoglielo.
Di punto in bianco l’espressione terrorizzata di Ran si trasformo in un sorriso malizioso e seducente. Mise le mani sul volto bruno di Ikuto e si avvicinò a lui, per poi baciarlo con passione.
Il ragazzo era talmente preso dall’eccitazione che non si domandò nemmeno per quale motivo la ragazza aveva cambiato idea così rapidamente.
Le loro lingue si intrecciavano ormai da una ventina di secondi, quando la ragazza alzò di colpo il ginocchio, colpendo l’uomo ai genitali.
Il ragazzo si allontanò, per poi piegarsi in due.
“Brutta troia!” disse tenendosi la mano sul cavallo dei pantaloni, nel punto dove l’aveva colpito. La ragazza non contenta si avvicinò a lui.
“Questo è per avermi drogata…”
Poi gli tirò un pugno in faccia spaccandogli il labbro.
“Questo per avermi violentata… e questo in prevenienza di quello che farai in futuro…”
Si chinò velocemente e poi alzandosi di colpo e facendo un giro completo gli tirò un calcio di rovescio sul fianco.
Il ragazzo cadde a terra e lei si rialzò la cerniera della felpa nera, si diresse verso la porta, prese la chiave.
“Divertiti da solo ora…” disse, per poi uscire e chiudersi la porta alle spalle, a chiave.

Shuichi Akai aveva appena finito di spiegare ai suoi colleghi e alla bambina. Se ne stava seduto sulla sedia dietro la scrivania del suo ufficio e stava fumando una sigaretta.
“Perciò dobbiamo agire ora?” chiese Jodie.
“Direi immediatamente! James avvisa tutta l’unità di prepararsi.”
A quelle parole l’uomo più anziano uscì dall’ufficio, con un segno di assenso.
“Ci vuoi spiegare come sei ancora vivo?” chiese poi Jodie.
“Non è il momento… Quando finirà questa storia ve lo dirò, ora dobbiamo solo pensare ad andare a salvare quei ragazzi prima che sia troppo tardi!” disse con tono risoluto.
Diede l’ultimo tiro alla sua sigaretta, aspirando profondamente dal cilindro di tabacco. Poi sbuffò, buttando fuori il fumo, mentre spegneva la sigaretta nel posacenere.
“Vengo anche io!” disse la bambina.
“Assolutamente no! Ho fatto una promessa a tua sorella e non intendo mancare ad essa.”
La ragazza dopo quell’ordine fermo e deciso rimase zitta, abbassando lo sguardo.
Poco dopo James Balck ricomparve all’uscio dell’ufficio.
“Sono pronti!” disse.
A quella breve frase Shuichi si alzò, e preceduto da Jodie e Camel uscì dalla stanza.
“Shu! - lo chiamò la bambina, lui si voltò e venne trafitto da quegli occhi verde-acqua che le ricordavano tanto Akemi - Ti prego salvali…” disse.
“Lo farò Shiho…” rispose serio, poi uscì, lasciando la bambina da sola.

Stava camminando dentro quei corridoi terribili. Gin gli stava ancora tenendo le mani dietro alla schiena che erano legate da una ruvida corda che gli stava già ferendo i polsi, mentre l’altra sua mano gli puntava la pistola sulla schiena.
Vermouth camminava al loro fianco. Non le avrebbe mai chiesto di aiutarlo. La sua copertura sarebbe saltata e Gin non avrebbe esitato ad ucciderla. Non poteva farlo dopo tutto quello che aveva fatto lei per lui.
Ormai camminava allo stesso passo dei due, senza farsi spingere. Non era rassegnato, non si sarebbe arreso mai. Stava solo pensando a un modo per uscire da quella situazione. Anche se il pensiero di Ran di nuovo nelle mani di quel pazzo maniaco gli annebbiava quasi completamente la ragione.
Poi ad un tratto accadde. All’inizio sembrava tutto normale. Insomma era nervoso, teso era normale sudare. Poi un colpo al cuore. Una fitta atroce. Talmente forte da mozzare il fiato e farlo piegare subito in due.
Si fermarono tutti e tre.
“Ah… Non ci credo… Sei venuto qui pensando di liberare la tua donna e non sei neanche nel pieno delle tue forze?” lo beffeggiò l’uomo.
Il ragazzo voltò uno sguardo di soccorso a Vermouth, senza farsi notare dall’altro.
Lei non sapeva effettivamente cosa stava succedendo, ma ricordava perfettamente la prima e unica volta che aveva assunto quella piccola capsula rossa e bianca creata dalla scienziata dell’organizzazione, quella pillola che l’aveva resa di nuovo bella, giovane e attraente. Ricordava perfettamente il dolore insopportabile. E come il migliore dei detective fece due più due e capì che l’effetto dell’antidoto stava per finire.
Si rivolse al collega, con il suo solito tono freddo e distaccato.
“Non credo convenga portarlo dal Boss in queste condizioni.”
“Sono d’accordo. Quella persona non si divertirebbe.” rispose lui.
“Direi di tenerlo nell’ufficio al secondo piano fino a che non si riprende.” propose la donna.
“E chi ci dice che non tenterà di scappare?”
“Lo lasceremo legato, e lo chiuderemo a chiave dentro.”
“Bene, ma la chiave la tengo io!” disse l’uomo guardando l’altra con sospetto.
“Come vuoi!”
Ricominciarono così a camminare, questa volta verso un’altra destinazione. Mentre le fitte al cuore si facevano sempre più frequenti.

Ran stava girando per i corridoi di quel luogo orribile. Non se ne sarebbe andata senza Shinichi.
Sapeva bene che sarebbe dovuta scappare, e che in qualunque caso lui avrebbe voluto che si mettesse in salvo, ma era più forte di lei. Doveva trovarlo. Il terribile presentimento che quel giorno l’avrebbe perso se non faceva qualcosa l’aveva attanagliata fin dal momento in cui Ikuto l’aveva caricata di peso in macchina.
Non poteva permettere che quella paura si avverasse. Doveva trovarlo e fuggire con lui. Aveva sentito bene quello che aveva detto alla donna bionda, riguardo al fatto che sarebbe tornato a combattere, ma sperava che una volta fuori sarebbe riuscita a convincerlo a non rientrare più e chiamare semplicemente la polizia o chiunque avesse potuto risolvere la situazione.
Ogni volta che sentiva i passi di qualcuno avvicinassi si nascondeva nelle rientranze d’ombra del corridoio, trattenendo il respiro.
Conosceva solo una persona di cui poteva fidarsi e quella persona era la donna bionda che aveva fatto scappare lei e Shinichi e che l’aveva fatta uscire dalla stanza un cui Ikuto aveva abusato di lei. Ma finora non aveva visto quella donna e non si sarebbe fidata di nessun altro.
Ad un tratto, mentre era nascosta, una porta proprio alle sue spalle si aprì. Non ebbe neanche il tempo di girarsi o di muovere un passo che qualcuno le premette una mano sulla bocca e la tirò dentro, chiudendo la porta con il piede.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 18:56
 
Top
87 replies since 15/3/2012, 11:41   4685 views
  Share