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Alex Fedele - Detective Story, I file di Alex Fedele. Tuffatevi nell'avventura!

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view post Posted on 22/8/2012, 12:52     +1   +1   -1
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Juventus=Alessandro Del Piero 10. 32 Scudetti vinti sul campo.

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Chi ha ucciso la signora Boschi? In questo file indizi e prove schiaccianti!

FILE 8. Deduzioni per una questione scottante



«Bene, Novato!» esclamò soddisfatto l’ispettore. Il cadavere della donna era lì di fronte a noi, ancora adagiato sulla sedia con lo schienale forse eccessivamente spinto in avanti. Il colpo era arrivato alle spalle della donna e le aveva letteralmente bucato il cranio. I capelli bianchi erano stati inquinati da una folata di sangue rosso che gli annegava il volto invecchiato, ma che comunque, stando alle numerose foto presenti nell’ufficio e ad una gigantografia appesa appena sopra il master in economia e commercio, risultava affascinante.

«Quindi siete sicuri che il colpo sia partito da dietro, non è vero Novato?» gli chiesi indicando la vetrata rotta alle spalle della scrivania.
Mi guardò con un’espressione severa che un venticinquenne non dovrebbe nemmeno conoscere.
«Il fatto che tu sia amico del detective Moggelli, non ti autorizza a ficcare il naso in ogni …».
L’ispettore Ducato piombò alle sue spalle e aveva assunto un colorito inusuale. Quasi violaceo.
«Novato!» e il ragazzo sobbalzò.
«Lui è Alex, anche lui è un detective! È quello che due giorni fa ha risolto il caso dell’avvocato Fratti! E che diamine!».
Si avvicinò ulteriormente e mi squadrò. «Oh, sei tu».
«Da almeno diciotto anni, pensa te».
Scoppiò in una risata, poi si ricompose, aiutato anche dallo sguardo truce del suo superiore. «Io, ecco, mi spiace, ma ero sovrappensiero e l’ho visto solo una volta» tentò di discolparsi con Ducato «e dunque non avevo fatto caso che era il ragazzo dell’altro giorno». Poi si rivolse a me, più umile che mai. «Mi spiace, amico. Ricominciamo, ok?».
«Abbiamo mai iniziato?».
Rise ancora e si voltò verso Ducato sorridendo, che però non ricambiò.
«Che sagoma, comunque sì, il colpo è partito da lì».
«È probabile che il colpo sia stato inferto da lontano. Forse dal giardino, prendendo accuratamente la mira» osservò Flavio. «Probabilmente il colpevole ha utilizzato un mirino e …».
«Mah, non direi» mi lasciai sfuggire.
Flavio e Bianca mi guardarono perplessi, con il primo che, visibilmente irritato trattenne un insulto. «Non vedi che il vetro della porta finestra è infranto?!»
«Si,» accordai, «ma se il colpo fosse stato inferto da lontano, il vetro non si sarebbe rotto in questo modo, non credi? Quando un colpo parte da lontano, più precisamente con un mirino, di solito il vetro si rompe solo intorno alla forma del proiettile, oppure può rompersi anche estendendosi in altri punti, ma qui» dissi indicando il vetro in mille pezzi «il colpo è stato sparato a distanza ravvicinata, anzi, notando la grandezza del davanzale esterno, non mi stupirei se l’assassino si fosse poggiato sul davanzale e avesse fatto partire il colpo da lì. In fondo siamo al secondo piano, ma è pur vero che quel davanzale può accogliere una persona senza problemi»
«È anche questa una possibilità» asserì Ducato.
«Nel dettaglio, che tipo di arma è stata usata?» chiese Flavio avvicinandosi a Novato.
«Secondo le analisi sulla polvere da sparo, e dalle ipotesi della scientifica, si tratta di una Browning Buckmark 221».
«Un’arma con la canna lunga» osservò Flavio.

Mentre si discuteva sulla probabile arma, mi avvicinai al cadavere.
Il colpo era davvero stato inferto da vicino. Aprii la finestra alle spalle della vittima munendomi di guanti fornitomi dalla scientifica. Sul davanzale non erano presenti altre tracce, se non … cenere.
«Scusate» dissi richiamando l’attenzione di tutti
«Che cosa c’è?». Ducato si voltò verso di me quasi adirato.
«Ho notato che sul davanzale ci sono alcune tracce di cenere. Probabilmente il nostro assassino fumava una sigaretta quando ha ucciso la vittima, non credete?»
Ad interrompere la conversazione fu Cristiano.
«Mi dispiace deluderti ragazzino, ma mia sorella era un’accanita fumatrice e spesso fumava proprio su quel davanzale».
«Hai fatto un buco nell’acqua» mi fece notare Flavio e per un momento desiderai buttarlo giù dal Gran Canyon.
«Bene» cominciò Giuseppe Novato. «Secondo gli ordini dell’ispettore devo chiedervi se qualcuno di voi ha visto la vittima prima dell’ora del decesso, che stando alle analisi, è stimata tra le dieci e trenta e le dieci e quarantadue, ora del ritrovamento del cadavere. Cominciamo con lei, signora Greschi» disse rivolgendosi a Wilma, la domestica.
«Dica pure, agente».
«Ha parlato con la vittima, stamattina?».
«Io, con la signora, stamattina ci ho parlato» disse con inconfondibile accento campano.
«Ricorda l’ora?».
«Dovevo ancora entrare in cucina. Prima delle dieci e trenta sicuramente»
«Può darci qualche informazione in più, signora Greschi?» chiese l’ispettore Ducato.
«Gli ho chiesto cosa volesse che preparassi per pranzo, ma lei ha detto che non avrebbe mangiato perché aveva molto lavoro da fare ed io ho lasciato l’ufficio. Comunque la conversazione è durata solo pochi secondi, ispettò …».
«Lei ha dichiarato di aver lavorato in cucina dalle dieci e trenta in poi» proseguì l’ispettore.
«E lo confermo. In cucina c’è un orologio a pendolo e ho visto chiaramente l’ora. Ripeto, ho parlato con la signora solo per pochi secondi e quello che è successo dopo non so».
«Bene, signora. Cristiano, proseguiamo con lei».
L’uomo si avvicinò con fare strafottente, e con gli stessi modi si accese una sigaretta.
«Dica pure».
«Lei ha avuto modo di parlare con la vittima?».
«Purtroppo no. Non ne ho avuto la possibilità. Come ho riferito prima, sono stato a letto fino alle dieci e quarantacinque circa».
«Non ha notato nulla di strano? Alcun rumore sospetto?».
«Stavo dormendo. Cosa avrei dovuto notare, scusi?!» domandò scortese.
Che pazienza.
«Insomma, lei ha dormito e non ha visto niente, giusto?»
«Già».
«Nessun rumore sospetto, nessun …».
«Ispettore, le ho detto chiaramente di non aver notato nulla di strano. Che c’è? Volete incolparmi a tutti i costi?! Oppure non sapete indagare e ve la prendete con gli innocenti?».
L’ispettore apparve disorientato, mentre alle sue spalle portavano via il cadavere della vittima, avvolto in una sorta di sacco a pelo.
«Uh? No, si figuri».
Novato disse: «Antonio, tocca a lei».
L’uomo si accomodò e in quegli istanti trasudò un’eleganza totalmente opposta a quella di Cristiano.
«Lei ha parlato con la vittima, prima dell’omicidio? Ne ha avuto modo?».
«Si».
Ducato si illuminò in volto e interruppe ancora l’attività del giovane agente. «Ne è proprio sicuro?».
«Be’… non proprio».
Tutti lo guardammo con aria interrogativa.
«Non guardatemi così» disse cercando di gesticolare per discolparsi. «Io sono effettivamente entrato nell’ufficio di mia madre, ho preso la cartellina che volevo dalla scrivania e ho provato a scambiare quattro chiacchiere con lei. Ma i rapporti tra di noi sono stati molto tesi ultimamente e così non riuscivamo più ad instaurare un dialogo senza litigare. Stamattina, quando sono entrato, era rivolta verso la finestra e ha ignorato le mie domande, così ho lasciato perdere».
«A che ora?».
«Erano passate da poco le dieci e trenta, di questo sono certo».
«Mi sa dire il perché dei litigi, tra voi?»
«Be’ vede. Io non volevo che lasciasse papà»
«Quindi i suoi genitori si erano separati?».
«Si, da circa un anno. I beni di famiglia sono totalmente …» si corresse subito, mal nascondendo un velo di evidente tristezza «erano totalmente intestati a mia madre».
«Questo vuol dire che suo padre …».
«No, non è sulla soglia della povertà. Mio padre è morto da due mesi a questa parte. Viveva in un monolocale e il suo cuore ha smesso di battere per una malformazione cardiaca che non gli era mai stata diagnosticata dal medico di famiglia».
Sembrava tranquillo, conscio del suo dolore, con gli occhi che brillavano come specchi, ma che trasudavano malinconia e insofferenza.
«Mi dispiace, signor Antonio».
«Sono cose che capitano nella vita, ispettore».
«Lei però aveva un ottimo movente, se vogliamo» riprese Flavio.
«Cosa? Detective, lei … non può sospettare di me!».
«Sospetto di tutti, signor Antonio».
L’uomo ci guardò rabbioso e sussurrò qualcosa di poco comprensibile. Poi se ne andò indignato.
L’ispettore ordinò agli agenti di interrogare anche l’altra domestica al piano inferiore e di riferirgli tutto quanto, ma le parole di quest’ultima si rivelarono pressoché inutili ai fini delle indagini.

Nella stanza rimanemmo io, Flavio, Ducato, Novato, Bianca e Andrea.
«Cosa ne pensate?» ci chiese l’ispettore.
«Nulla di che. Gli indizi sono ancora troppo pochi per trarre conclusioni» affermò Flavio.
Qualcuno aveva ucciso la povera vittima con un colpo di pistola: questa era l’unica cosa certa su cui potevamo far affidamento. Sul davanzale, poi, avevamo ritrovato della cenere di sigaretta, ma la signora aveva la consuetudine di affacciarsi sul davanzale per fumare e questo portava fuori strada molte delle mie ipotesi iniziali.
Mi affacciai al davanzale e volsi il mio sguardo verso l’alto. Poi mi diressi dall’ispettore.
«Ispettore …».
«Sì?».
«Che stanza c’è al terzo piano?»
«Novato ha perquisito tutta la casa. Sopra c’è solo una camera da letto, ed è quella di Cristiano».
«Ok, grazie».
Un particolare destò la mia attenzione. Appena sopra il davanzale della finestra, a far da contorno ad essa, c’era una colonnina di pietra che impreziosiva il tutto. La colonna era disegnata in stile barocco, ma aveva qualcosa che non andava. A distanza di circa dieci centimetri l’uno dall’altro c’erano due segni spessi circa un centimetro e che si protraevano per una buona decina.

«Ispettore, posso accendermi una sigaretta, non è vero?».
«Ma che domande sono? Certo che puoi, ma perché me lo chiedi?».
«Credevo che sapesse del problema del figlio della vittima. Non sopporta il fumo».
«Be’ poco prima di far rientrare i sospetti faremo arieggiare la stanza. Fuma pure, se ti aiuta a riflettere».

Bianca si allontanò da suo padre e, con Andrea, si avvicinò al davanzale.
«Trovato nulla?».
«Uh? No, no, ancora niente … »
«È per caso in difficoltà, signor detective?».
«Bah, direi di no».
«E allora chi è il colpevole?» chiese curiosa.
«Non posso dirtelo, se non trovo le prove, Bianca».
A noi si avvicinò Flavio.
«Cosa state farfugliando, voi due?»
«Ma niente!» dicemmo insieme.
Ci guardò attraverso i cerchi di fumo che esalava e la sua espressione apparve spaesata, quasi disorientata.
Poi buttò la sua sigaretta in quello che doveva essere una sorta di posacenere della casa. Ma il posacenere della signora Boschi era commisurata alla sua ricchezza. Un contenitore di bronzo, raffigurante un angioletto, alto almeno mezzo metro e ripieno di sabbia, foglie portate lì dal vento, e altre cicche di sigaretta.
Guardai il “posacenere” ancora per qualche istante, poi sobbalzai. La prova era arrivata. Ed era più tangibile che mai.

Edited by Matteo Del Piero - 23/7/2013, 16:52
 
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Silver_
view post Posted on 23/8/2012, 15:47     +1   -1




Ciao ! :D Scusa il ritardo con cui scrivo il commento x(
Comunque ...
come sempre , anche questo capitolo mi è piaciuto molto ( ormai te lo dico sempre xD )
Ogni caso è sempre più interessante , sei davvero bravissimo ! :woot:
Che dire .... bravissimo !
Anche qui , mi metto a elaborare gli indizi :sisi: ( anche l'altra volta ci ho provato ma , come era prevedibile per un cervello regredito come il mio , non ci sono riuscita :asd: Ma tentar ancora non nuoce , no ? :lol: )
Scusa anche per il commento piuttosto breve <_<
CITAZIONE
«Che razza di domande sono? Prenderò gli insulti che mi spettano»

:asd:
Aspetto il prossimo file ! :D


TrollGosho
 
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view post Posted on 23/8/2012, 16:17     +1   -1
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CITAZIONE (Silver_ @ 23/8/2012, 16:47) 
Ciao ! :D Scusa il ritardo con cui scrivo il commento x(
Comunque ...
come sempre , anche questo capitolo mi è piaciuto molto ( ormai te lo dico sempre xD )
Ogni caso è sempre più interessante , sei davvero bravissimo ! :woot:
Che dire .... bravissimo !
Anche qui , mi metto a elaborare gli indizi :sisi: ( anche l'altra volta ci ho provato ma , come era prevedibile per un cervello regredito come il mio , non ci sono riuscita :asd: Ma tentar ancora non nuoce , no ? :lol: )
Scusa anche per il commento piuttosto breve <_<
CITAZIONE
«Che razza di domande sono? Prenderò gli insulti che mi spettano»

:asd:
Aspetto il prossimo file ! :D


TrollGosho

Ciao Silver e grazie mille :) Il prossimo file ci sarà la soluzione del caso ed una sorpresa che riguarda una lettera ... ;)

Continua a seguirmi, il file è previsto a breve :)
 
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view post Posted on 24/8/2012, 15:22     +1   +1   -1
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FILE 9. La verità e la lettera



«Bene, signori». I sospettati erano rientrati nella stanza su espressa richiesta di Ducato. Pochi secondi prima ero andato da lui e gli avevo chiesto di radunare di nuovo tutti i protagonisti di quello spiacevole gioco per chiarire un po’ le cose. Il mio gesto non andò esattamente a genio a Flavio, che dal canto suo era restìo ad assumersi le responsabilità di una deduzione proveniente da un ragazzo della mia età.
«Il nostro collaboratore, Alex Fedele, ha annunciato di avere novità riguardanti al caso. Vi prego di ascoltare attentamente ciò che ha da dirvi». Si scostò e nell’aria sentii sussurrare frasi come: «Ma è solo un ragazzino», oppure «qui vogliono prenderci in giro».
Mi appoggiai alla porta dell’ufficio e la chiusi alle mie spalle, suscitando perplessità.
«Partiamo da un presupposto» iniziai appoggiandomi alla porta. «L’assassino è in questa stanza. Secondo il rapporto che voi stessi avete contribuito a stilare, nessuno di voi ha notato cose sospette. Nessuno di voi ha aperto a sconosciuti e inoltre la polizia stessa ha detto che nessuna entrata è stata forzata».
«Quindi?» disse Wilma con impazienza.
«Quindi l’assassino è uno di voi. Antonio, lei è l’unico che avrebbe potuto, in base al movente …».
Mi interruppe in malo modo, alzandosi così velocemente da sembrare uno shuttle in procinto di partire. «Cosa vuoi insinuare?!».
«Non la sto accusando, Antonio».
Parve calmarsi.
«Devo però fare delle critiche all’omicida. Il killer, infatti, ha lasciato tracce inequivocabili della sua colpevolezza e le ha seminate grazie ai suoi comportamenti.
«Cosa vuoi dire?» domandò Flavio.
«Ricostruiamo i fatti, vi va? Secondo alcune supposizioni della scientifica, il delitto deve essere avvenuto nel lasso di tempo che va dalle dieci e trenta fino alle dieci e quarantadue, ora del ritrovamento del cadavere. L’omicida avrebbe quindi impiegato circa dodici minuti per eliminare la vittima, ma non è detto che li abbia utilizzati tutti. Come sapete, l’ora stimata è solo una supposizione e spesso è un fattore che può variare. La signora Wilma è entrata nella stanza ed ha parlato, seppur per pochi secondi, con la signora Boschi. Questo vale a dire che alle dieci e trenta la donna era ancora viva e vegeta, mi seguite?»
«Confermo» disse la Greschi con fare ruspante.
«Tuttavia, anche il signor Antonio afferma di essere entrato per prendere delle cartelline dimenticate, ma nel tentativo di instaurare un dialogo con la vittima, non ha ottenuto buoni risultati. Tutto corretto?».
«Sì» disse Antonio.
«No, invece. Non lo è affatto». La folla ebbe un sussulto.
«Ma mia sorella» precisò Cristiano «non parlava con mio nipote da tempo. Questo posso confermarlo io».
«E se io vi dicessi che la signora Boschi era già morta, quando suo figlio è entrato per prender la cartellina?».
Silenzio assoluto. Totale. Di tomba. I presenti mi guardavano scioccati e di tanto in tanto strabuzzavano gli occhi.
«Mi sarei accorto se mia madre fosse stata morta, no?».
«Lei ha affermato che sua madre era voltata con la sedia verso la finestra. Lei non le ha visto la faccia o peggio la testa, lei ha visto solo lo schienale della sedia, conferma?».
Annuì leggermente.
«Signor Cristiano,» lo interpellai e lui mi guardò. «Vuole che le spieghi come ha fatto ad uccidere sua sorella, o ce lo spiega direttamente lei, senza troppi fronzoli?».
Tutti si voltarono verso di lui e la stanza divenne più gelida degli igloo al Polo Nord. I suoi occhi di ghiaccio scrutavano ogni singolo millimetro della mia persona e per un momento pensai che tentasse di scappare, ma ebbi torto.
«Sei un idiota, lo sai?»
Non mi scomposi più di tanto, anzi affermai: «Signor Cristiano, mi perdoni, ma qui l’idiota è lei».
«Ok, Sherlock. Spiegami come avrei fatto ad uccidere qualcuno mentre dormivo».
Lei non stava dormendo, signor Cristiano» mi scostai dalla porta ed esaminai distrattamente alcune copie di bilanci aziendali. L’utile della Boschi S.p.A. era stato di circa quattro milioni di euro, quell’anno. Ora capivo come diamine potevano permettersi tutto quello. «Prima mi sono affacciato sul davanzale e ho notato che l’unica stanza sopra l’ufficio della signora Boschi è la sua».
«E quindi? Questa non è una prova contro di me!».
«Ha ragione, Alex» disse Novato.
Ha usato una corda, non è vero?».
I suoi occhi si sgranarono.
Insistetti. «Ha usufruito di una corda per calarsi dal piano superiore fino al davanzale di questa finestra. Ha legato la corda probabilmente ai pomoli del letto ed è sceso lentamente al piano di sotto. La corda però, complice la sua forzatura per atterrare il più lentamente e soprattutto silenziosamente possibile, è strusciata sulla colonnina che sta sopra la cornice della porta finestra. Ispettore, faccia controllare. Su quella colonnina ci sono due segni molto, molto simili e sono tra loro paralleli».
«Continua» disse Flavio. «Vediamo dove arrivi».
«Dopo essere atterrato sullo spazioso davanzale della porta finestra, lei ha estratto l’arma e a sangue freddo ha sparato alla testa della povera vittima. Come scritto nel rapporto della polizia, l’arma era ovviamente inclusa di silenziatore. Non contento, però …»
«Ora basta! Sono tutte cazzate! Non starò qui un minuto di più, a farmi spacciare come assassino. Non potete condannarmi così!» urlò accendendosi una sigaretta.

Aspettai qualche secondo. Poi continuai sicuro, voltandomi di spalle ed esaminando i soprammobili dell’ufficio.
«Cristiano, le annuncio che lei si è appena condannato da solo» sussurrai.
Mi voltai e vidi che tirando dalla sigaretta mi guardò quasi con compassione. «Davvero? E perché mai?».
«Perché lei si è appena fatto un clamoroso autogol, accendendosi quella sigaretta! Sul davanzale sono state trovate tracce di cenere, lei lo sa bene. Per sviare le indagini ha detto che sua sorella fumava su quel davanzale, è corretto?»
«Lo confermo. E allora?».
«Ma lei deve essere già sceso con la sigaretta in bocca. Da quando è qui si è acceso davanti a noi almeno tre o quattro sigarette e prima, quando ci siamo conosciuti, il suo alito era già pesante per via del tabacco, quindi lei aveva già fumato. Stavolta però la sua passione per il fumo le è costata cara. Ho notato infatti, che lei si accende una sigaretta nei momenti in cui avverte tensione, o avverte comunque un pericolo. Se l’è accesa adesso che la sto incolpando, l’aveva accesa quando aveva deciso di commettere il delitto e anche quando è stato interrogato dall’ispettore, non ricorda?». Mi voltai verso Ducato, che annuì in maniera solenne.
«E questa ti pare una prova sufficiente, idiota?» disse con gli occhi vitrei.
«Oh, no di certo, cretino. Ma lei dovrebbe fare una bella ramanzina al negozio di cosmetici di sua sorella, anzi, se vuole sporgo denuncia per lei».
«C-Cosa? Cosa centra adesso il negozio di cosmetici di mia sorella? Stai andando fuori di testa?» disse basito.
Lo sfidai con il sorriso che mia madre aveva sempre definito «irritante».
«Sua sorella indossava un rossetto molto acceso ed era una fumatrice accanita, proprio come lei. Le sue sigarette sono depositate in quel contenitore» continuai indicando il grosso posacenere «appena sotto la finestra dove si recava a fumare, come da lei stesso ammesso, abitualmente. In questa casa anche Wilma fuma, infatti dalla tasca posteriore del suo jeans spunta un pacchetto di Marlboro. Tuttavia anche Wilma ha un rossetto forte, quasi identico a quello che indossava sua sorella».
«Aspetta, vuoi dire che la prova è …» disse Flavio.
«La prova è così evidente!» esclamai. ««Suo nipote Antonio non sopporta il fumo ed ha chiesto al detective Moggelli di spegnere la sigaretta che stava fumando nel salottino al piano di sotto»
Il volto di Cristiano si fece paonazzo.
«Se Wilma, o sua sorella, oggi avessero fumato, non crede che sul filtro della sigaretta sarebbero state ritrovate tracce di rossetto? Invece controlli pure il posacenere. Facendolo, potrà notare come il filtro delle sigarette sia completamente privo di alcun segno».
Ci fu silenzio.
«Ho solo fatto due più due, signor Cristiano, cosa che a lei appare complicata, a quanto pare».
Tentò di rispondere, probabilmente con un’altra stupidaggine, ma si bloccò.
«Inoltre,» continuai vedendo che avevo campo libero «sono sicuro che in camera sua troveremo la corda che ha usato per scendere al piano superiore. Troveremo anche l’arma del delitto, magari nascosta nell’armadio, o sotto il letto. O magari in giardino, signor Cristiano? Forse l’ha nascosta nelle siepi. Ricapitolando, ha usato una corda per calarsi al piano inferiore, è atterrato sul davanzale, impugnato l’arma col silenziatore e fatto fuoco, uccidendo sua sorella.
«E se le venisse in mente di incastrare suo nipote, non le riuscirebbe lo stesso. Lei ha un fisico aitante, lei è l’unico, ad avere un fisico aitante, a dir la verità. Suo nipote Antonio ha una gamba che non gli permette di camminare bene, mentre Wilma non è certamente il tipo che si calerebbe con una corda da un balcone».
Pazientò qualche momento e vidi che le sue mani si erano inumidite e che lui cercava di asciugarsele premendole ripetutamente contro le cosce.
Si lanciò in un applauso demenziale. «Bravo, ragazzino. Bella deduzione». Si accese un’altra sigaretta. «Questa è forse l’ultima da uomo libero, no?».
Annuii.
«Zio! Come hai potuto?!» urlò Antonio.
Oh, tua madre era una fottuta bastarda, niente di più e niente di meno».
Antonio si avvicinò repentinamente a suo zio, probabilmente per picchiarlo, ma Novato lo trattenne e l’uomo parve calmarsi.
«Qual è il suo movente?» domandai.
Assaporò per un po’ la sigaretta, prima di rispondere. «Avevo collezionato vari debiti, a causa della mia passione per il poker online» spiegò sfacciatamente. «Ultimamente dovevo una grossa somma ad un mio amico, figlio di uno strozzino, che minacciava di uccidermi. Qualcosa come» tirò ancora dalla sigaretta «diecimila, forse dodicimila euro. Avevo chiesto un prestito a mia sorella, ma lei me l’aveva negato. Aveva negato aiuto a suo fratello. Non è forse un crimine, questo?» disse guardandomi con malinconia.
Non risposi.
«Che c’è? Hai perso la lingua, detective?».
Cos’è che stabilisce un crimine? Le pene? La legge? La burocrazia? O forse siamo noi, con la nostra storia, la nostra coscienza, la nostra mania di protagonismo? In macchina riflettei ancora a lungo sul caso dei Boschi, una vicenda che mi aveva colpito. Nonostante ripensassi a Cristiano, non riuscivo a spiegarmi razionalmente il motivo del suo gesto. La morte non si procura. Mai.

In serata cenammo in un ristorantino giapponese, e anche se il sushi non era propriamente il mio piatto preferito, mi abbuffai.
«Che bravi, che siete stati!» continuava a ripetere Bianca con un sorriso.
Mio fratello invece disse: «Anche io voglio fare il detective, Bianca».
La ragazza lo guardò dolcemente e lo accarezzò.
«E perché?».
«Così ho un lavoro … e posso sposarti».
Flavio ed io alzammo gli occhi contemporaneamente dal nostro piatto, mentre Bianca ci lanciò un’occhiata indistinta. Inevitabile che scoppiassi a ridere, attirando l’attenzione di tutti i presenti. Flavio mi seguì a ruota e le nostre risate riempirono l’intero locale, con i signori del tavolo vicino che probabilmente si stavano chiedendo se fossimo normali o meno.
«Ma sei piccolo» gli disse con ironia.
«Ma tu mi aspetti, vero?».
«Sicuro» alzò la mano in segno di giuramento. «Sei il maschio più serio, qui dentro».

La mattina dopo ricevetti un pacco postale specificatamente indirizzato a me. Flavio stava per aprirlo, ma Bianca glielo strappò letteralmente dalle mani e me lo diede.
Beato buonsenso.
Sul pacco, avvolto in una cartata arancione piuttosto spartana, c’era il seguente messaggio:

PER ALEX.
NON FARLO APRIRE AD ALTRI, SEGRETO DI FAMIGLIA!
TI SERVIRÁ, CI SCOMMETTO.
STEFANO


Mio fratello. Solo lui poteva scrivere questi messaggi al tempo stesso criptici e comici.
Andai dunque in camera mia e notai che all’interno del pacco c’era una lettera. Poi scostai un mucchio di carta di giornale e la puzza di inchiostro stantìo riempì praticamente tutta la casa. Trovai una lettera ed una confezione in titanio. Guardai a destra e a sinistra e mi assicurai di non essere finito in una rivisitazione della saga di Star Trek.

Lessi prima la lettera:

Caro fratellino,

Ok, hai diciotto anni e chiamarti così è quasi ridicolo … ma è divertente, che ci posso fare? Spero tu non abbia fatto l’ingenuo come al solito e abbia aperto il pacco da solo.

Spero tu stia bene, quello che ti mando è un incentivo per riuscire nel tuo sogno. La mamma mi ha detto che devo comunque esercitare le mie funzioni di fratello maggiore, ma attualmente il mio gruppo di studio è in gita di istruzione a Dorchester, nel Massachussets e dunque, come faccio? Però ogni tanto ti posso mandare qualcosa di interessante, non ti pare? Al nostro campus di Miami mettono a disposizione ogni apparecchiatura elettronica ed ogni laboratorio tecnico ed io ci vado matto per queste cose, lo sai.

Nel pacco c’è una penna un po’ particolare, prova a far scorrere il tappo verso il basso e mettitela addosso. Peccato non poter vedere la tua faccia!

Un abbraccio enorme e ricordati che ti vedo, pure a chilometri di distanza!

Stefano


Conoscendo mio fratello avrei dovuto avere paura, davvero paura. Una volta, quando avevo appena due anni,e lui cinque, mi fracassò un vaso di fiori sulla testa, perché stavamo giocando a Gugliemo Tell e quella cosa della mela. Da allora odio i vasi. E pure le mele, a dirla tutta.
Presi la scatola in titanio ed estrassi la penna. Era lunga circa dieci, dodici centimetri, non di più e interamente nera. Aveva un design elegante e all’apparenza innocuo. Provai a fare come aveva detto. Abbassai il tappo fin dove possibile e poi me l’appoggiai a dosso. Nulla di strano per i primi due secondi, poi dovetti mollarla e fui ribaltato al di là del letto, cadendo rovinosamente sulla gamba sinistra!
«Dannazione!» urlai.
Entrò Andrea.
«Che cosa c’è, fratellone?».
«Facevo … facevo ginnastica, non preoccuparti» lo rassicurai con un sorriso da ebete.
Fece spallucce e tornò in camera sua.
Ma cosa diamine era stato? Non so quanti volt avevo ricevuto in corpo, ma di sicuro erano tanti. Presi di nuovo la scatola e vidi che sul fondo c’era un ulteriore biglietto.

Ah, dimenticavo, appoggiandotela sulla pelle potresti accusare una leggera micro scossa elettrica da circa 350 volt. La prima scossa è programmata per far male(ehi, modifica del sottoscritto!) e per far restare in piedi la persona,in quanto è solo un test fisico, ma da adesso, ogni volta che la userai su una persona, questa cadrà immediatamente al suolo, senza accusare danni permanenti, si intende. La micro scossa dura circa mezzo secondo, ma è abbastanza potente da far crollare a terra un gigante come un sacco di patate. Può essere usato anche a distanza, ma ad un raggio d’azione di circa dieci metri, non di più. Mira bene quando devi sparare e soprattutto, ricaricala ogni tre giorni. L’idea di base è quella della stun gun, hai presente? Ma la mia stun pen, come detto, è innocua, totalmente innocua e non disperde elettricità fisica, ma solo aerea, basandosi sulle reazioni ambientali e tutta una serie di cose che non sto qui a spiegarti, perché in materia sei più ignorante di una capra.

Stefano

P.S. Piaciuta la scossetta? Tienila nascosta, quella penna. E tienila lontano da Andrea. Ti saluto.


A volte detestavo mio fratello. Osservai la penna e la misi nella custodia. Solo lui poteva fare esperimenti su oggetti così. Era fissato e da quando mia madre gli aveva detto di controllarmi lo era diventato ancor di più. Prima l’orologio cellulare-navigatore, ora una stun – pen, la prossima volta avrei chiesto un hangar liofilizzato. Mi sarebbe servito per sdraiarmi e per custodirci dentrotutti i miei sogni.

Edited by Matteo Del Piero - 23/7/2013, 16:55
 
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Silver_
view post Posted on 24/8/2012, 19:24     +1   +1   -1




Letto anche questo file!!! :D Come sempre, non avevo la minima idea del colpevole :doh: Dannata sia la mia mente bacata :asd:
Molto bello anche questo! *-----*
Molto bello il regalo di Stefano :sisi: Deve essere un figata ricevere una penna cosí *_____*
La voglio anche io, devo uccidere elettrizzare la mia prof :devil:
Complimenti come sempre! :woot:

TrollGosho
 
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CITAZIONE (Silver_ @ 24/8/2012, 20:24) 
Letto anche questo file!!! :D Come sempre, non avevo la minima idea del colpevole :doh: Dannata sia la mia mente bacata :asd:
Molto bello anche questo! *-----*
Molto bello il regalo di Stefano :sisi: Deve essere un figata ricevere una penna cosí *_____*
La voglio anche io, devo uccidere elettrizzare la mia prof :devil:
Complimenti come sempre! :woot:

TrollGosho

Grazie :) Quella penna è utile ... tra qualche giorno il prossimo file ;)
 
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Ho appena letto i file 2 e 3, i personaggi mi incuriosiscono sempre di più, hanno sicuramente carattere, e poi, chissà perché, somigliano in modo particolare a quelli di Detective Conan :lollo:

Molto carina e spaziosa la casa dei Mugelli, e anch'io come Alex mi sono posto delle domande riguardo la madre, vuoi vedere che magari è un avvocato famoso che ha lasciato il marito perché non sopporta più il suo carattere? Un ipotesi tirata a caso... :rolleyes:

E poi Bianca....la immagino come una ragazza molto semplice e umile, e sexy allo stesso tempo!! :P

Ahahah ottima la deduzione sui mastrini, anch'io li usavo di continuo a scuola, e scommetto che anche tu hai frequentato lo stesso tipo di istituto xD

Leggerò presto gli altri file, complimenti ancora per il tuo talento!! ;)
 
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view post Posted on 26/8/2012, 10:11     +1   -1
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CITAZIONE (Takaji @ 25/8/2012, 17:44) 
Ho appena letto i file 2 e 3, i personaggi mi incuriosiscono sempre di più, hanno sicuramente carattere, e poi, chissà perché, somigliano in modo particolare a quelli di Detective Conan :lollo:

Molto carina e spaziosa la casa dei Mugelli, e anch'io come Alex mi sono posto delle domande riguardo la madre, vuoi vedere che magari è un avvocato famoso che ha lasciato il marito perché non sopporta più il suo carattere? Un ipotesi tirata a caso... :rolleyes:

E poi Bianca....la immagino come una ragazza molto semplice e umile, e sexy allo stesso tempo!! :P

Ahahah ottima la deduzione sui mastrini, anch'io li usavo di continuo a scuola, e scommetto che anche tu hai frequentato lo stesso tipo di istituto xD

Leggerò presto gli altri file, complimenti ancora per il tuo talento!! ;)

No, i personaggi hanno qualcosa di DC e compagni, ma sono molto diversi, te ne accorgerai col tempo. Diciamo che la somiglianza è dovuta a quegli aspetti del carattere che abbiamo tutti, ovvero la gentilezza, la disponibilità, ma poi vedrai ... ;) La moglie di Flavio ... purtroppo non è ciò che pensi :( ..., lo vedremo tra qualche file e ci sarà una situazione molto delicata da affrontare ... Bianca ... se ti sente Flavio ... :lollo: devi fa i conti con lui.
P.S. Si chiamano Moggelli :D ahahah

Grazie di tutto ;)
 
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view post Posted on 26/8/2012, 10:54     +1   -1
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CITAZIONE (Matteo Del Piero @ 26/8/2012, 11:11) 
CITAZIONE (Takaji @ 25/8/2012, 17:44) 
Ho appena letto i file 2 e 3, i personaggi mi incuriosiscono sempre di più, hanno sicuramente carattere, e poi, chissà perché, somigliano in modo particolare a quelli di Detective Conan :lollo:

Molto carina e spaziosa la casa dei Mugelli, e anch'io come Alex mi sono posto delle domande riguardo la madre, vuoi vedere che magari è un avvocato famoso che ha lasciato il marito perché non sopporta più il suo carattere? Un ipotesi tirata a caso... :rolleyes:

E poi Bianca....la immagino come una ragazza molto semplice e umile, e sexy allo stesso tempo!! :P

Ahahah ottima la deduzione sui mastrini, anch'io li usavo di continuo a scuola, e scommetto che anche tu hai frequentato lo stesso tipo di istituto xD

Leggerò presto gli altri file, complimenti ancora per il tuo talento!! ;)

No, i personaggi hanno qualcosa di DC e compagni, ma sono molto diversi, te ne accorgerai col tempo. Diciamo che la somiglianza è dovuta a quegli aspetti del carattere che abbiamo tutti, ovvero la gentilezza, la disponibilità, ma poi vedrai ... ;) La moglie di Flavio ... purtroppo non è ciò che pensi :( ..., lo vedremo tra qualche file e ci sarà una situazione molto delicata da affrontare ... Bianca ... se ti sente Flavio ... :lollo: devi fa i conti con lui.
P.S. Si chiamano Moggelli :D ahahah

Grazie di tutto ;)

Allora sono curioso di conoscerli meglio questi personaggi ;)
Bianca.... :shifty: ok, correrò il rischio :hehe:
 
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view post Posted on 27/8/2012, 15:15     +1   -1
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Juventus=Alessandro Del Piero 10. 32 Scudetti vinti sul campo.

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Un matrimonio può trasformarsi nel teatro di un delitto?

FILE 10. L'invito



Eravamo andati a pranzo in quella nuova tavola calda che tanto affascinava Bianca. L’aria rustica del luogo aveva consentito di immergerci in un’armonia sincera e pacata. Persino i soliti punzecchiamenti di Flavio mi erano rimbalzati addosso quasi avessi una sorta di scudo invisibile prodotto dalla mia mente. La famiglia che gestiva il Lions, era abbastanza affidabile. Il capofamiglia era un uomo sulla sessantina leggermente brizzolato e ad aiutarlo c’erano moglie e due figli.

«Oh, diamine!» esclamò Flavio uscendo dal locale.
«Cosa c’è, papà?» domandò Bianca.
«Mi sono ricordato che un mio vecchio amico in questi giorni si è sposato civilmente e ho dimenticato di fargli gli auguri».
«È da te » intervenni.
«Lo sai che anche senza casi tra i piedi sono un uomo molto impegnato, no?».
Mai cavolata fu più enorme. Quando non aveva casi «tra i piedi», Flavio si alzava alle dieci del mattino, scriveva qualche piccolo promemoria sull’agenda, poi guardava in tv i principali notiziari e infine consultava per il resto della giornata tutti i siti di golf, sua vera passione, di cui ricordasse il nome. Poteva uscire solo per una breve passeggiata, dalla quale ritornava con una spesa personalizzata, fatta esclusivamente per le sue esigenze. Acquistava tonnellate di patatine e salatini e accompagnava il tutto con due, tre casse di Beck’s, la sua birra prediletta.
«Mi aveva anche detto che mi avrebbe invitato in chiesa. Chissà se il suo invito è già arrivato».
«È probabile».affermò Bianca.

Una volta a casa, Flavio aprì lentamente la cassetta delle lettere estraendo una miriade di bollette ed un altrettanto impressionante numero di depliant pubblicitari. Una volta arrivati in studio si sedette sul divanetto in pelle ed esaminò minuziosamente tutta la posta recapitatagli.
«Pubblicità, pubblicità, bollette, bollette, bollette, ancora un depliant e … eccolo qui» disse alzando al cielo un biglietto ripiegato in due, di colore bianco e sporcato agli angoli con degli sprazzi argentei. Il biglietto si presentava più o meno così:

Alla cortese attenzione della famiglia Moggelli

Invito valevole per la partecipazione alle nozze intime dei signori Riccardo Gardonia e Carla Nurseri che si terranno lunedì alle ore diciotto in punto. La cerimonia si terrà presso “L’Atollo”, piccolo alberghetto situato a Madonna di Campagna che per l’occasione sarà addobbato come chiesa. Si prega di onorare gli sposi con la propria presenza.

In fondo al biglietto c’erano le firme fotocopiate dei due piccioncini e alcune decorazioni di carattere ecclesiastico che mi colpirono molto per la loro sobrietà.
«Lunedì è domani!» esclamò Bianca. «Papà, dimmi che hai già fatto loro un regalo!» proseguì con occhi caritatevoli verso Flavio.
«Be’… ecco io … non ne ho avuto il tempo! Non pensavo che avrebbe avuto il coraggio di invitarmi!».
«Uh? E perché mai?» dicemmo io e Bianca contemporaneamente guardandolo con diffidenza.
«Ehi, via quegli sguardi da spie dalla faccia! È solo che Riccardo è un ex poliziotto e per un po’ abbiamo lavorato insieme».
«Davvero?» ripetemmo in coro io e Bianca.
Poi lei si voltò verso di me.
«La vuoi piantare di ripetere tutto ciò che dico?».
«Potrei dire lo stesso, cara» ribattei ironicamente.
«Dicevo,» continuò accendendosi una sigaretta «che era anche molto in gamba. Ricordo che quando arrivai in polizia lui era già lì da parecchio tempo. Era un semplice poliziotto, ma aveva la stoffa per diventare ispettore, se non commissario».
«E perché credevi che non ti avrebbe invitato?» domandò ancora Bianca appoggiandosi al divanetto.
«Un giorno, in servizio, io e Riccardo fummo coinvolti in una rissa. Un criminale che avevamo in custodia, scappò senza ritegno. Se non sbaglio si trattava di un cretino che aveva avuto il coraggio d aggredire un’adolescente. Comunque,» e si tolse la sigaretta dalle labbra «litigammo furiosamente senza alcun controllo. Un giorno venne in questura e comunicò a tutti che si sarebbe ritirato da ogni incarico. Era ancora giovane e nessuno riusciva a spiegarsi questa decisione. Solo alcuni mesi dopo scoprimmo che era gravemente malato».
Bianca si rabbuiò in viso e per un momento mi parve che avesse gli occhi lucidi.
«E dimmi,» domandai cercando di spostare l’attenzione su qualcos’altro «perché avete fatto a botte?».
«Ma no, non tra di noi, cosa hai capito?!».
Sobbalzai e mi sentii un vero idiota.
«Io e Riccardo facemmo a botte con un altro sospetto, che aveva lanciato dure accuse nei nostri confronti. Mi sferrò un pugno dritto sul naso e così …».
«Avete finito per scaricarvi a vicenda le responsabilità della fuga del criminale che avevate in custodia, non è vero?» domandò Bianca.
Flavio annuì e spense la sigaretta nel posacenere di cristallo.
«E adesso come sta?».
«Per fortuna è stato abbastanza forte da sconfiggere la malattia, fidanzarsi con una bella ragazza e rifarsi una nuova vita. Non è da tutti avere quella forza interiore e credo sia da ammirare»
Annuimmo convinti.
«E tu cosa farai?» mi chiese Bianca voltandosi verso di me.
«Eh? Che voi dire?» domandai curioso.
«Che fai? Vieni al matrimonio?».
«Oh, ecco … io, non credo proprio che …».
«Non posso lasciarti qui, lo sai bene. Verrete con noi, sia tu, che Andrea».
«Ma Flavio,» risposi adirato «io non conosco nemmeno lo sposo! Non mi pare proprio …».
«Ascolta, tu sei maggiorenne, no?».
«Certo».
«E in normali circostanze avrei potuto fregarmene, non ti pare?».
«Sicuro».
«Ma qui non sei a casa tua, con i tuoi genitori. Il tuo tutore sono io, attualmente. E se per caso dovesse succederti qualcosa, amico, sai che fine faccio?».
«Sbarre?».
Annuì. «Senza contare che mi tolgono la licenza per investigare. Quando i titolari delle agenzie investigative hanno aderito al PSD, hanno acconsentito anche all’accordo di essere totalmente responsabili nei confronti dei ragazzi. E tu sei sotto la mia salvaguardia, pur essendo maggiorenne».
«Sì, capisco, ma non starai esagerando? Voglio dire, si tratta di poche ore e poi ricordati che a Fondi …».
«Bla, bla, bla … abitavi da solo, le ispezioni, i tuoi zii ti erano vicini e un sacco di cose carine. Ma non si discute proprio. Quindi, tu e il marmocchio infilatevi una camicia e una giacca e seguitemi».
Feci una faccia insoddisfatta, ma detestavo dargli ragione.
«Papà!» urlò Bianca facendoci sobbalzare.
«Che cosa c’è? Perché urli?» rispose Flavio.
«Il regalo! Già te ne sei scordato?»
«Gli regalerò dei soldi, così potranno coprire le spese del matrimonio. Soddisfatta?».
«Quanti …».
«Quanti … cosa?».
«Quanti soldi metterai in busta?».
«Mah,» si strizzò da capo a piedi «penso un centone».
«E non ti vergogni?».
«Duecento …?» chiese con un po’ di timore.
Lo sguardo di Bianca non cambiò espressione. Rimaneva cinico e indignato e gridava vendetta.
«Un tuo vecchio amico di vecchia data ti invita al suo matrimonio dimenticando tutti i rancori, una persona da ammirare che corona il sogno d’amore della sua vita … vale solo duecento euro? Ma non ti vergogni?».
«Ehi, quando misi in piedi l’agenzia, duecento euro valevano una settimana di pedinamenti. Non mi pare che siano spiccioli, no Alex?» e si voltò verso di me cercando approvazione.
«Già, Alex» Bianca pronunciò il mio nome con una forza tale da incutere timore persino ad Hulk Hogan. «Da che parte stai?» e ruotò la destra verso destra.
«Ah, no. Io ne resto fuori» riuscii a dire. Poi ritornarono a discutere con lo stesso animo di pochi secondi prima.
«I tempi sono cambiati! Ora guadagni molto di più!».
«Non gli devo mica firmare un assegno! Dannazione, Bianca …».
«Cinquecento».
Flavio sbiancò e per un attimo immaginai che all’apertura del suo portafoglio fossero volate via milioni di tarme.
«Almeno» rincarò la ragazza.
«Tu sei fuori di testa. Cinquecento euro sono …».
«Giusti» lo interruppe «per la situazione in cui ci troviamo. Anzi, sono anche pochi».
«Stai delirando».
«E allora andrai al matrimonio da solo. Noi non veniamo, non è vero Alex?».
Stetti zitto.
«Non è vero, Alex?» e mi guardò così male da costringermi a rispondere.
«Verissimo, Bianca».
Poi si voltò verso suo padre e fece un enorme sorriso, al quale nessun papà avrebbe potuto resistere troppo a lungo. «E sia, ma stiamo letteralmente bruciando i soldi».

Alle quindici del giorno dopo, tutti eravamo pronti per avviarci verso Madonna di Campagna, un quartiere esteso di Torino, mi aveva detto Bianca, in cui risiedevano circa cinquantamila anime. Flavio aveva indossato uno splendido smoking nero e mai era apparso ai miei occhi così elegante da quando lo conoscevo. Si era perfino dato un taglio alla barba, solitamente incolta, e questo significava che si stava davvero impegnando. Bianca era uno spettacolo della natura, qualcosa di davvero vicino alla perfezione. Indossava un vestito grigiastro senza spalline, lungo fino al ginocchio. I muscoli delle spalle risaltavano e la schiena nuda trasudava un’incredibile sensualità. Ai piedi un paio di sandali con tacco dodici.
«Non sono troppo alti?» le domandai, ma mi lanciò un’occhiata che non mi piacque affatto e mi ripromisi di non fare mai più apprezzamenti o critiche sull’abbigliamento femminile in vita mia.
Andrea appariva come un principino. Gli avevo comprato un completo bluette, che risaltava ancor di più con la camicia bianca che indossava. «Ma arrivato lì posso togliermi tutta questa roba?» mi aveva chiesto non appena lo avevo vestito di tutto punto.
In quanto a me, volevo indossare una semplice camicia, visto che non avevo alcuna intenzione di andare a quel matrimonio. Ma Bianca è una donna e sapete come sono fatte le donne, no? Ventiquattr’ore prima, nel pomeriggio, aveva setacciato palmo a palmo il centro commerciale della città per trovare qualcosa che mi facesse risaltare, e cito testualmente, «minimamente appetibile». Alla fine si accontentò di una camicia bianca, una cravatta nera ed una giacca sportiva dello stesso colore. Abbinai il tutto ad un paio di mocassini e ad un pantalone classico. Tentai di pettinarmi i capelli come di consueto, verso l’alto, ma me li spettinò terribilmente, dando loro una piega verso il basso.
«Mamma, posso giocare nell’hotel?» le avevo detto.
«Solo se ti comporterai bene» mi aveva risposto con ironia.
Ah, queste donne.

Il matrimonio, come scritto nell’invito, si sarebbe svolto in un piccolo hotel chiamato L’Atollo, che per l’occasione era stato addobbato come chiesetta. Al nostro arrivo trovammo solo pochi invitati. Oltre a noi e agli sposi, c’erano altre cinque persone.
Entrammo nell’alberghetto e ci dirigemmo immediatamente verso la reception. La receptionist era una donna sulla ventina, con dei capelli biondo platino raccolti in un elegante chignon.
«Signorina,» incominciò Flavio «dove sono …», ma fu interrotto da una voce potente, quasi baritonale. Bianca emise un gemito di terrore e quando mi voltai, era sollevata ad almeno un metro da terra da un uomo sconosciuto. Sul mio viso si dipinse un’espressione determinata, ma tutte le mie buone intenzioni furono stoppate quando Flavio andò incontro a quel tizio.
«Ah Ah Ah! La mia piccola Bianca! Siamo diventate signorine, non è vero?» domandò a Bianca, che per tutta risposta cominciò a ridere. Il tipo era abbastanza giovanile, con i capelli brizzolati e nemmeno un filo di barba a rendergli il volto sporco. La sua mascella era così importante e liscia che avrebbe potuto tranquillamente fungere da spazio di atterraggio per un jet privato e i suoi bicipiti così larghi da dar l’impressione di poter sollevare un treno merci. Il suo viso dava un senso di sicurezza ed al contempo di grande professionalità e quando il suo sguardo incrociò per un secondo il mio, provai un sentimento misto di ammirazione e timore reverenziale.
«Riccardo!» esclamò Flavio sorpreso.
«Flavio Moggelli, diamine se ti sei fatto vecchio!» rispose avvicinandosi a noi con fare sornione.
I due si abbracciarono come se non si vedessero da una vita, e in effetti così era. «Non vedo Riccardo da otto anni» aveva detto Flavio in macchina. «Non so nemmeno se lo riconoscerò».
Pericolo scongiurato, no?
«Come mai hai deciso il grande passo?».
«Vedi, Flavio,» iniziò l’uomo lisciandosi il mento. «ho cinquantadue anni e alla mia età e dopo ciò che ho passato, tutto ti sembra futile, e precario, e inutile e …» si fermò per prendere fiato. «hai capito, no? Così impari a vivere alla giornata. Non mi vergogno di dire che ho incontrato la mia quasi moglie solo due mesi fa, ma conoscendola ho subito provato il desiderio di sposarla, di creare qualcosa di nostro, di stare con lei per tutto il resto della mia vita. Hai provato questa sensazione prima di me, lo so bene».
Negli occhi di Flavio balenò un’espressione triste e al tempo stesso gioviale. Probabilmente i ricordi dell’uomo si ricollegarono a sua moglie, di cui sapevo solo il nome: Giulia. Ma il resto dell’esistenza di Giulia, la madre di Bianca e di Fabio, rimaneva avvolto nel mistero, come se fosse una sorta di divinità da dover preservare ad ogni costo.
«Una decisione di petto, insomma» commentò il mio amico.
«E questi ragazzini chi sono? Che fai, li porti al matrimonio e non me li presenti?» continuò sorridendoci.
«Il piccoletto si chiama Andrea, mentre il ragazzo più grande è Alex, suo fratello». Poi si avvicinò a Riccardo con fare sospettoso e sussurrò: «È uno di quei ragazzini del PSD, non so se ne hai sentito parlare».
«Dopo che la tv ci ha scartavetrato l’anima per mesi con la campagna pubblicitaria?» il suo sguardo incrociò ancora il mio e stavolta mi rivolse un sorriso. «No di certo».
Mi tese la mano e gliela strinsi, ma questo gesto mi indusse quasi alla paralisi.
«Piacere di conoscerti, Alex».
«Il piacere è tutto mio. Flavio ci ha parlato molto bene di lei».
«Sfido il contrario» e si voltò verso l’amico, che per tutta risposta gli sfoderò un gran sorriso.
«Mio padre la stima molto, signor Gardonia» intervenne Bianca.
«Ma volete stare zitti?! È sempre stato uno sbruffone, e adesso che è diventato appena simpatico … insomma, volete rovinare tutto?».
Riccardo Gardonia scoppiò in una risata esagerata per la battuta e noi lo seguimmo a ruota, senza esitare. Poi disse: «Voglio presentarvi la sposa, no?».
«Oh, ma lei non dovrebbe, ecco, uno sposo non dovrebbe mai vedere la propria sposa prima della cerimonia» fece notare Bianca.
«Sono metodi antichi, Bianca. Per ragazzini come voi è importante» disse indicandoci. «Ma per un uomo adulto come me, è semplicemente una stupidaggine».
Tutta la hall, dipinta con uno spatolato giallo ocra, era arredata in stile rinascimentale.
Imboccammo una porta ad arco sulla parte destra della saletta e, ritrovatoci in un corridoio, proseguimmo dritti verso una porticina in legno, che aprendosi diede su un ulteriore corridoio, stavolta con varie stanze disposte ai lati del muro.
«Ecco, la camera della mia sposina è la prima a destra» disse Gardonia. Poi andò a bussare.
«Amore, apri. Sono io, voglio presentarti dei miei amici».
Quando la porta si aprì ebbi un sussulto. Carla, questo il nome della sposa, era di una bellezza imbarazzante, quasi divina. Aveva un’acconciatura a coda di cavallo che le faceva risaltare i sottili lineamenti del viso e la pregevole pelle color ceramica e gli occhi azzurro cielo si intonavano alla perfezione con i suoi capelli dorati. Il suo corpo era slanciato e raffinato, e la sua postura ricordava quella di un elegante cigno.
«Amore …» sussurrò baciando Riccardo.
Il baci durò qualche secondo, a dir la verità piuttosto imbarazzante. Solo Andrea, con la sua innocenza, poté tenere fisso lo sguardo sui due soggetti. Poi Riccardo si staccò.
«Ciao tesoro, volevo presentarti il signor Flavio Moggelli, mio ex collega in polizia ed ora investigatore, sua figlia Bianca e due suoi amici, Alex e Andrea»
«Molto piacere». «Sono Carla». Poi si rivolse a Flavio. «Detective, non sa quanto Riccardo mi abbia parlato di lei».
«Bene o male?».
Carla scoppiò a ridere, poi veramente divertita rispose: «Bene, bene, non si preoccupi. Accomodatevi nella stanza, su …».
Notammo come la camera fosse stata rivoltata come un calzino per permettere di aggiungere bellezza a quella donna già meravigliosa. Una quantità spaventosa di trucchi, ombretti, creme per il viso e cataloghi di acconciature erano sparsi ovunque e a terra c’erano decine di calze femminili, accompagnate da alcuni pezzi di biancheria intima. Arrossii visibilmente quando, inavvertitamente, calpestai un paio di mutandine molto succinte.
«Non ti preoccupare. È colpa mia. Sono disordinata, vero?».
Ero così rosso che probabilmente suscitai la pena di quella donna, ma riuscii comunque a ribattere.
«Almeno quanto è bella».
Carla mi regalò un meraviglioso sorriso e Flavio mi diede di gomito. «Lei è già impegnata, Casanova». Che spiritoso.
«Lei è bellissima signorina Nurseri» si complimentò Bianca.
«Chiamami Carla, tesoro. Quanti anni hai?».
«Diciassette, perché?».
«Aiutami a scegliere il trucco giusto, ti va? Voi giovanissime ve ne intendete molto più delle donne della mia età».
Inutile dirvi che Bianca la seguì tanto velocemente che ebbi l’impressione che sul posto da lei lasciato si creassero delle nuvolette in stile cartone animato.

«Riccardo, facciamo quattro chiacchiere. Di che ti occupi, ora?» chiese Flavio.
«Sono titolare di un’agenzia assicurativa. Vuoi?» e gli offrì un sigaro. Poi ne prese uno anche per lui e mi guardò.
«Fumi, Alex?».
«No, no».
«Fa un tiro, no? Se non ti piace lo prendo io, tranquillo».
«La ringrazio, ma non amo il fumo».
«Nemmeno sigarette?».
«No».
Si voltò verso Flavio. «È un tipo in gamba».
Flavio annuì. «Quando vuole sì».
«E Carla? Lei che fa nella vita?».
«Studia psicologia all’università».
«Scusami se te lo chiedo,» proseguì Flavio «ma quanti anni ha?».
Riccardo lo guardò con fare spaccone. Poi si godette per qualche secondo il suo sigaro e infine trovò la voglia di rispondere. «Ventinove».
Flavio fece un passo all’indietro. «E tu cinquantadue».
«Sembra tanto brutto?».
«No, no … sa di fiction americana».
«O di favola italiana, a seconda di come vedi le cose».
I due risero e io mi domandai per l’ennesima volta cosa ci facessi lì.

Fuori dalla stanza qualcuno di oscuro si acquatta vicino alla porta. Il suo obiettivo è minare la serenità di quella coppietta e la sua cattiveria non avrà freni.
«Attenta alla mela avvelenata, Biancaneve» sussurra fra sé.

Edited by Matteo Del Piero - 24/7/2013, 16:13
 
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Bravo!! Non ho commentato file per file ma ho letto tutto ^_^
 
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view post Posted on 31/8/2012, 14:37     +1   -1
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CITAZIONE (fily1212 @ 31/8/2012, 15:25) 
Bravo!! Non ho commentato file per file ma ho letto tutto ^_^

Grazie! :) Continua a seguirmi! :)
 
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view post Posted on 3/9/2012, 14:50     +1   -1
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FILE 11. Intimo, forse troppo



Nonostante l’autunno, faceva un caldo boia. Talmente caldo che dovetti allentarmi il nodo della camicia, per evitare di morire asfissiato. La cerimonia si sarebbe tenuta tra appena due ore e l’aria era sempre più festosa, come di consueto si addice ad un matrimonio. Di risposta, Andrea non ne poteva già più e si era stropicciato camicia e giacca, perché, per usare le sue stesse parole, «sono stanco e i matrimoni sono tutti noiosi».
Un uomo di mondo, mio fratello.
«Venite, vi presento al resto degli invitati!» disse Riccardo con un sorriso più largo che mai. Prese per una mano Bianca e le disse: «Lasciala stare, Carla. Tanto non sarà mai contenta!».
Ritornammo nella hall e ci trovammo di fronte i protagonisti di quell’insolita cerimonia intima.
«Signori, voglio presentarvi i miei amici. Flavio Moggelli, mio ex collega in polizia ed ora brillante detective privato, sua figlia Bianca e due suoi conviventi, Alex e Andrea» concluse Gardonia indicandoci uno alla volta.
«Lui è Mario, lo zio di Carla» ci disse Riccardo indicando un uomo sulla sessantina, stempiato e dagli occhi piccoli e stretti. «Mentre lei è Veronica, sua moglie» e indicò una donna della stessa età, leggermente in sovrappeso e fasciata da un vestito fucsia.
Percorremmo qualche metro e trovammo gli amici della coppia.
«Lui è Giorgio Rossetti. Forse l’avrete sentito nominare, perché si occupa del management di una nota multinazionale inglese». «Molto piacere di conoscervi» disse.
Giorgio aveva al massimo trent’anni, una postura impeccabile ed una stretta vigorosa. Mi domandai se gli amici di Riccardo avessero fatto un corso speciale per commisurare la loro stretta di mano a quella dell’amico, ma poi il mio cervello mi fece notare che, pur essendo sobrio, stavo delirando.
Ci ritrovammo davanti un altro uomo, addirittura più alto e atletico di quel Giorgio. «Successivamente, ecco il mio amico di infanzia, Luca Barberi, anche lui uomo d’affari, e la migliore amica della sposa, Maria Civita Voleri, studentessa di giurisprudenza».
Luca Barberi era ancora più atletico di Giorgio, ma doveva avere la stessa età di Riccardo. Al fisico aitante e muscoloso, corrispondevano dei capelli scuri evidentemente tinti, che lo facevano apparire a metà tra un body builder e un rappresentante di toupet. Aveva però degli enormi baffoni, che gli conferivano un tono di severità ed un aspetto autoritario. Maria Civita era poco più giovane di me e anche se non ebbi certamente occasione di controllare la sua carta d’identità, me ne accorsi dalla pelle rosea e liscia e dagli occhi vivaci, che scrutavano freneticamente ogni millimetro delle scene che le si paravano di fronte. Gli occhiali eleganti le avevano donato una espressione intellettuale.
Entrambi ci salutarono in maniera felice e serena e per un attimo mi parve di essere su un’isola perfetta, lontano dalle tensioni della vita quotidiana.
«Ancora con le punte tonde? Non vanno più» disse Riccardo a Luca con una battuta.
«Credo che io sia l’unico a portare le scarpe così. Ma che ci posso fare? La moda non è il mio forte».
Passammo la successiva ora a discutere e a parlare del più o del meno. Si parlò di lavoro, di occupazione e di impegni, di società, di politica ed in minor parte anche di sport. Gli uomini avevano avviato un’accesa discussione sulle squadre di calcio ed io, essendo tifoso di una squadra storica come la Juventus, fui subito a mio agio. Le donne parlavano di trucchi, di moda, di televisione e spettacolo, ma anche della crisi economica e lavorativa e del futuro di chi avrebbe intrapreso una carriera universitaria.
Passai minuti e minuti a discutere della classe di Alessandro Del Piero, il mio idolo assoluto, il mio esempio di vita, mentre Riccardo si perdeva in discorsi riguardante il calcio estero, sua vera passione. Seguiva soprattutto il campionato inglese e ci aveva raccontato di quanto era andato a Londra per assistere ad un match di cartello. Nei discorsi di Riccardo c’era quello che doveva essere presente in tutte le conversazioni: leggerezza.
Poi Maria Civita si staccò dal gruppo. «Vado a vedere se Carla è pronta».
«Porta alla sposa i miei saluti» tuonò Luca.
«Idem» si limitò a dire Giorgio.

Ma la leggerezza fu rotta dal panico. Dopo pochi minuti le urla di Maria Civita squarciarono il cielo e ci fecero sobbalzare. Dapprima restammo in silenzio, poi la ragazza riprese a chiederci aiuto e così ci dirigemmo rapidamente verso la camera della sposa.
Trovammo Maria Civita in ginocchio, sulla soglia della porta, completamente in lacrime. Il trucco sciolto le affibbiava una maschera inquietante. Era in preda a delle convulsioni che le impedivano qualsiasi movimento logico, tanto che avvicinandomi a lei mi beccai anche una sberla non voluta. Flavio la spostò di peso e i nostri occhi furono testimoni di una scena orrenda. Carla era stata trafitta da un pugnale in pieno petto e l’accappatoio bianco ora era colorato di rosso sangue. Giaceva a terra, proprio vicino al divanetto violaceo, su cui teneva appoggiato un braccio che tendeva al cielo.
Riccardo lanciò un urlo disperato e si gettò a terra, cercando di raggiungere Carla gattonando, ma lo fermai, riuscendo però a trattenerlo a fatica.
«Non può toccare il cadavere, signore. Inquinerebbe le prove».
«Che cazzo mi importa delle prove?!» urlò. «Carla è morta! Carla è morta!».
Poi si adagiò a terra e perse i sensi.
Flavio urlò fortissimo: «Chiamate subito la polizia, chiedete della squadra capitanata dall’ ispettore Ducato».
«È svenuto» dissi tenendo la testa di Riccardo sul grembo. «Chiamate anche un’ambulanza, presto!».
«Anche un’ambulanza!» urlò Flavio allo zio della sposa, che aveva già imboccato il corridoio.

Pochi minuti dopo l’ispettore Ducato entrò nell’hotel senza mezzi termini, chiedendo a gran voce cosa fosse successo. Raggiunse il corridoio in compagnia di alcuni paramedici, che soccorsero immediatamente il signor Gardonia.
Scostò il personale dell’albergo ed entrò, raggiungendo il centro della stanza.
«Flavio, ora spiegami».
«Eravamo invitati al matrimonio di Riccardo Gardonia, ma poco fa la sua amica ha trovato il cadavere della sposa».
Ducato sobbalzò. «Quel Riccardo Gardonia?».
«Già» interruppe Flavio freddamente. «Se lo ricorda, no?».
«E come potrei? Non ci si scorda facilmente di chi ti ha salvato la vita»
«Le ha salvato la vita? E quando?» chiesi incuriosito.
«Oh, parlo di circa dodici o forse tredici anni fa. In un’ operazione per incastrare un mafioso, si prese una pallottola nello stomaco al posto mio. Ma lasciamo perdere il passato. Dov’è?».
«Be’ vede, » interruppe Bianca timidamente. «Non appena ha visto il cadavere di Carla è svenuto. Ora è laggiù» indicò la parte ovest della stanza. «E i paramedici lo stanno svegliando».
«Che tragedia» si lasciò scappare Ducato.

Gli invitati erano paralizzati sulla soglia della porta.
Flavio li invitò ad entrare e li avvisò di non lasciare l’edificio per alcun motivo. Facemmo serrare ogni entrata ed ogni uscita, la polizia mise le ganasce ad ogni auto presente nel parcheggio, che però poteva essere frequentato per una boccata d’aria.

«La donna è deceduta per una pugnalata al petto e presumibilmente è morta dopo un’agonia di alcuni minuti, certamente non subito» iniziò così il rapporto dell’agente della scientifica, che era stato vicino al cadavere per almeno una decina di minuti buoni.
L’uomo, un gigante di almeno due metri con dei guantoni da baseball al posto delle mani, continuò: «Il decesso risale a circa quindici minuti fa, la ragazza avrà anche provato a trascinarsi verso la porta, come dimostrano i peli della moquette rinvenuti sotto le unghie, ma evidentemente non ce l’ha fatta ed è morta dissanguata».
«Flavio!» esclamò Ducato.
«Mi dica, ispettore!» rispose agitato il mio amico.
«Che tu sappia, qualcuno ha messo piede nella camera della sposa negli ultimi minuti?»
«Circa un’ora e mezza fa l’abbiamo conosciuta noi e quindi Riccardo ci ha accompagnati qui dentro, la ragazza stava benissimo. Poi Bianca è stata con lei per qualche minuto per scegliere dil trucco».
L’ispettore Ducato si voltò di scatto verso Bianca e avvicinandosi le sussurrò:
«Bianca, non hai notato nulla di strano nella sposa?».
«No, non mi sembra» rispose tranquilla la ragazza. «Abbiamo parlato di quale trucco fosse più indicato. Lei era solo un po’ emozionata per la cerimonia, ma non mi pare un fatto insolito, no?».
«No di certo» convenne l’ispettore.
Ducato tornò da Flavio e dall’agente Giuseppe Novato, suo fidato collaboratore da un po’.
«Dovremo interrogare tutti gli invitati. Fortuna che si trattava di una cerimonia intima. Faremo in fretta».
Lo zio della sposa intervenne: «Non può essere un suicidio?».
Ci voltammo verso di lui. «E perché dice questo?» domandò Flavio.
«Mia nipote ha attraversato un’adolescenza turbolenta. Sua madre è morta in seguito ad un incidente sul lavoro e suo padre si è tolto la vita in un incendio solo pochi mesi dopo. Ha sempre abitato con me e sua zia, fin quando ha deciso di intraprendere l’università».
«Tenderei ad escludere questa possibilità» affermai.
Stavolta si voltarono verso di me.
«La stanza era chiusa dall’interno e Maria Civita ha aperto solo perché aveva il pass che la sposa aveva fatto avere solo a lei. Non è così?» domandai alla ragazza, che era ancora scossa e che si limitò ad annuire. «Visto?».
«E questo cosa prova?» chiese Novato.
«La vittima è morta in accappatoio. E l’assassino non è certo un fantasma. Ne possiamo dedurre che la vittima conosceva il suo assassino talmente bene da potersi permettere di aprirgli la porta mentre aveva addosso solo quello straccetto».
Mi accasciai per sistemarmi il risvolto dei pantaloni. «Una donna non aprirebbe mai la porta mentre è in accappatoio, a meno che dall’altra parte non vi sia una persona che conosce molto bene e di cui si fida totalmente, no?».
«Quindi tu dici» continuò la conversazione Ducato «che l’assassino è uno degli invitati, giusto?».
«Mentre stavate arrivando ho svolto delle indagini alla reception. L’Atollo è un alberghetto di dimensioni esigue. Risultano registrate quattordici persone, esclusi gli invitati. E nessuno di loro conosceva la vittima, oltre ad avere le proprie stanze ai piani superiori».
Giorgio Rossetti interruppe con un tono molto severo e molto aggressivo.
«Ma come vi permettete?! Come avremmo potuto uccidere la nostra amica? Spiegatecelo! O almeno state zitti!».
«Eppure qualcuno di voi l’ha fatto, Giorgio» dissi freddamente.
«Il ragazzo ha ragione» intervenne Luca Barberi.
«Cosa?! Ti ha dato di volta il cervello?! Nessuno di noi avrebbe potuto uccidere Carla!».
«Per quanto mi riguarda, non mi stupirei se fossi stato proprio tu ad ucciderla. Barberi raggiunse la finestra della stanza e guardò fuori.
«Cosa?! Ripetilo se hai coraggio!».
Si voltò lentamente. «Ultimamente avevi detto di aver avuto tensioni con Riccardo e così ti sei vendicato su di lei. Non è forse vero?».
«E tu no? Quante volte hai provato a farla tua e ti ha rifiutato? Ma non ti vergogni?».
Barberi fu colpito nell’orgoglio e ricoprì Giorgio di insulti davvero pesanti. Ad interrompere il tutto fu Maria Civita.
«Smettetela, cazzo!» la voce rotta dal pianto, gli occhi gonfi di lacrime.
«Toh,» sussurrò Giorgio Rossetti «tu hai litigato con lei poche settimane prima del matrimonio e, casualità del destino, sei anche stata la prima a trovare il cadavere. Non è che ci tieni nascosto qualcosa?».
Maria Civita scattò in avanti e affondò le dita nella carne del braccio di Giorgio. Luca la tirò verso Ducato richiamò all’ordine con un urlo poderoso. «Tutti avevate tensioni con la vittima, questo l’abbiamo capito».
«Tuttavia,» ipotizzò Flavio «una migliore amica è proprio il genere di soggetto a cui di solito si apre la porta in accappatoio, non crede?».
«E quindi sospetta di me … solo per questa ragione?» Maria Civita strabuzzò gli occhi.
«Poche storie. Lei si è anche allontanata dalla folla mentre tutti stavano parlando ed è stata la prima a ritrovare il cadavere. Le conviene confessare!».
«Si, io mi sono allontanata, ma solo per pochi minuti. Cercavo il prete per chiedergli informazioni sullo svolgimento della cerimonia. Lui può confermare».
«Chiederemo conferma, signorina» fece Novato.
«A dir la verità, anch’io per qualche minuto sono stato da solo» disse Luca Barberi. «Ho ricevuto una chiamata d’affari sul mio cellulare e mi sono allontanato dal resto del gruppo».
«Qualcuno può confermare per lei?» chiese Ducato.
«Certo. Le do il numero del mio collaboratore, così le confermerà tutto. Le basta?».
«Benissimo. Per quanto riguarda lei, signor Rossetti …».
«Sono andato in bagno per circa una decina di minuti».
«C’era qualcuno con lei?».
«Veramente no. Il bagno del piano terra era deserto».
«Stando a quanto raccolto dalle testimonianze, le uniche persone che non si sono allontanate mai dal gruppo, Riccardo escluso, sono gli zii della vittima e naturalmente Flavio, Bianca, Alex e il piccolo Andrea» fece notare Novato. «Tutti voi, invece, siete inevitabilmente papabili indiziati».

Erano davvero strani tipi, quelli. Rossetti non aveva un alibi per il momento in cui si era assentato. Si era diretto in bagno e nessuno l’aveva visto, ma una parte di me mi diceva che dieci minuti fossero anche troppi per uccidere qualcuno. Avevo sospetti anche su Luca Barberi. Non mi convinceva la sua aria sornione, fin troppo accondiscendente, date le circostanze. Ma il suo alibi era confermato e dunque, Amen. Anche quello di Maria Civita lo era, ma c’era qualcosa di strano negli occhi della ragazza. Scorsi del disprezzo nelle sue espressioni visive e la cosa mi lasciò stupefatto.
«Sul pugnale non ci sono impronte digitali» disse il solito agente della scientifica. «Sono presenti però tracce ematiche della vittima».
«Devono essere schizzate al momento del colpo» osservò Flavio.
Cominciai a camminare con passo felpato per la stanza e vidi l’abito da sposa che Carla avrebbe dovuto indossare. Alcune gocce di sangue erano schizzate anche su di esso, rovinandone la purezza. Nessuno era così nervoso da poter essere inchiodato e arrivai ad una conclusione: chiunque era stato, aveva dimostrato nervi saldi e la capacità innata di recitare. Un attore, o un attrice da Oscar, non c’era che dire.

Edited by Matteo Del Piero - 25/7/2013, 16:24
 
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Silver_
view post Posted on 6/9/2012, 08:28     +1   +1   -1




Mi sono persa due capitoli D:
Scusa per il ritardo ^^''
Che dire ? Bellissimi come sempre ! :D
Scusa il commento veloce ma sono molto impegnata e poi tra pochi giorni ricomincia la scuola >_<
 
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view post Posted on 6/9/2012, 10:33     +1   -1
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CITAZIONE (Silver_ @ 6/9/2012, 09:28) 
Mi sono persa due capitoli D:
Scusa per il ritardo ^^''
Che dire ? Bellissimi come sempre ! :D
Scusa il commento veloce ma sono molto impegnata e poi tra pochi giorni ricomincia la scuola >_<

Lo so, anche per me(addirittura a me hanno anticipato il 10 -.- ), però spero di non perderti come lettrice. Grazie di tutto :)
 
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95 replies since 8/8/2012, 15:25   1806 views
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