E dopo un bel divertimento con il contest, anche una nuova parte del capitolo! (fa festeggiare visto che è il primo scritto con Word, finalmente!
) E la data capita proprio a fagiolo...
9.9 Amore Disperato«Non credo proprio.» rispose l’acida Jessica «Tu non hai il potere di fermare tutto questo. Sei arrivata troppo tardi.»
Sembrava che Kamili si trovasse davanti un plotone d'esecuzione.
Ad un tratto gli spettatori della macabra sentenza si accorsero di un particolare: forse la dea bendata aveva finalmente assistito una ragazzina ferita dalle cicatrici del tempo: il flusso verdognolo smise immediatamente di scorrere, lo spargimento di sangue venne arrestato. Al suo posto, qualcosa di leggero e luccicante ricoprì interamente le braccia di Kamili, prima di conflagrare, investendo tutta la stanza con sfavillante chiarore. La forte luce emanò una singolare forza che riuscì ad atterrare tutti i fortunati osservatori.
Nessuno sapevo cosa era accaduto.
Temendo di aver estinto le fiamme della salvezza, la Nuova Alleanza e Green Killer cercarono di scacciare la confusione il prima possibile. Ben presto, si resero conto di essersi sbagliati.
Kamili aveva avanzato a passi sconnessi ed insicuri fino ai loro piedi, con le braccia coperte di sangue e miracolo.
Jessica riprese le normali funzioni del suo corpo assassino. Il rito era stato spezzato da un istante all’altro, e le piccole venature verdastre erano perite una dopo l'altra, trasformandosi in neri corridoi senza sangue né gloria.
Una strana essenza, quasi si fosse trattato di una sabbia fosforescente, si era posata dalle spalle fino alle unghie della ragazza.
Leila ripensò alla sua storia, e finalmente colse quel che di fatato risiedeva in Kamili:
«Come ho fatto a non pensarci prima!» si colpevolizzò Leila, irrigidendo le sue mascelle delicate.
«Mi sono sbagliata.» pensò Jessica, quasi incatenata dalla luce di Kamili, troppo fastidiosa, troppo vitale «Dentro di lei non risiedeva solo una parte di noi, ma anche qualcos'altro...qualcosa che era rimasto sopito fino a questo momento, e che in questo momento ho paradossalmente risvegliato.»
Kamili si accasciò tra le braccia di Leila, e tentò di sforzare la sua dolce voce. Piccoli sospiri evasero dalla sua bocca, fuggendo dalle sue labbra:
«Forse...la devo ringraziare, ora so che cosa non andava...in me.» una tosse dispettosa le fece irrigidire i muscoli, e Leila tentò di dissuaderla. Ma era più forte di lei, solo in quell’istante si sentiva se stessa, era una dichiarazione di felicità «Avevo in me un essenza mostruosa...un fluido mortale...ma ora sono libera...» il sonno vinse sulla debole ragazza che sorridente, si separò dalla coscienza per l'ennesima volta.
«Mamma, come sta?» chiese apprensiva una Jane piuttosto disinteressata «Qualcuno potrebbe spiegarmi che diamine sta succedendo?!»
«Nell'acqua, il processo di dissolvenza dei Green Blood viene rallentato, l'ho provato io stessa con un esperimento qualche anno fa. Questa ragazza è stata gettata nelle acque che circondano il villaggio di Nati. La corrente l'avrà fatta cozzare contro delle rocce che l'hanno ferita, ed è stato in quel momento che il suo corpo ha assimilato le particelle Fairy Tale e anche l'essenza dei Green Blood. Evidentemente la concentrazione di quest'ultima era maggiore, ed inibiva la sua controparte, almeno fino ad ora...» Leila porse con accuratezza, quasi stesse trasportando una giara di cristallo, la ragazza dalla pelle di cioccolata a Green Killer «Portatela al sicuro, dove possano prestarle delle cure urgenti. Te lo chiedo come un favore.»
«Mi raccomando, occhi cremisi. Rendi giustizia a questo Drago.» rispose Green Killer, prendendo in braccio la ragazza «E non farti ammazzare. In fondo mi stai simpatica.»
«Ce la farò. Ora è meglio che andiate.» rispose svelta, mentre Jessica riuscì finalmente ad alzarsi «Giustizia...magari ci fosse solo lei dietro a tutto questo. No...qui c'è in gioco molto di più.» rimuginando, si poté intravedere il riflesso di Russell apparirle proprio davanti agli occhi.
«Un potere interessante, quello del fiume Fairy Wing...ma in questo caso è stata la base per una missione fallimentare. Quel sangue è inquinato ormai.» disse l'arpia ad alta voce, attirando l’attenzione di un pubblico fantasma "Sono mortificata, Maestà."
Non agitarti, servitrice devota della vendetta. Nemmeno io sarei riuscita a prevedere questo fastidioso smacco.
Quelle disgustose lucciole danzanti hanno rovinato ciò che c'era di nostro nel suo corpo.
Almeno lo sappiamo, Kamili è perfettamente inutile per noi.
Passa al secondo piano.
E' il tuo preferito Jess.«Lo sterminio, libero da ogni vincolo.» realizzò il Deep Green dopo che quella falsa voce della coscienza sparì dalla sua mente «Perfetto, proprio come desideravo, Maestà.» mormorò la spietata, gettando a terra una piccola ampolla di vetro soffiato, ideata per raccogliere il nettare prezioso contenuto nella ragazza.
Un piccolo sisma fece sobbalzare dolci onde di capelli nerissimi, corona di una moglie sperduta.
«Sei sicura Leila? Giochi d'azzardo con la tua vita? Non sarò io che ti fermerò...» esclamò la disgustosa creatura a sei braccia.
I suoi occhi diventarono quelli di un rettile, mentre vistose ciocche di capelli dorati cominciarono a piovere dolcemente dalla sua testa.
Quel colore violaceo sfumato di grigio, dipinto perfettamente sulle braccia dell'arpia, iniziò a contagiare tutto il suo corpo. Crebbero i suoi canini pronti ad affossarsi nella carne, la sua lingua divenne biforcuta, come quella dei serpenti. Tutto il suo corpo acquistò una massa muscolare considerevole, diventando imponente, magistrale, in una mise decisamente elegante. Era identica a come Jane l'aveva descritta al campo militare. Era proprio lei.
La vera Jess, quella che desidera solo assaporare l'ultimo respiro dell'anima che disgraziatamente incappa nella sua strada.
«Ora non si gioca più.» esclamò Leila, che venne avvolta da una tenera nebbiolina cremisi, la stessa sfumatura dei suoi impassibili e apatici occhi. Questa volta, alcune incrinature violacee resero quelle sfere luminose ancora più agguerrite. Una cromia più unica che rara.
La donna si tolse anche l'ultimo pezzo del suo rosso travestimento, e la sua chioma scura poté finalmente respirare, volteggiando in quel rosso candore che strinse Leila in un gradevole abbraccio. La rimozione del velo amaranto fece risaltare il volto di una sposa pronta a tutto.
Erano rimaste sole. Un infinità di mosse avrebbe reso una battaglia decisiva uno spettacolo mozzafiato. Ma al termine dell'ultimo rintocco, la vincitrice avrebbe visto perire l'avversaria.
Una di loro doveva morire, Leila ne era perfettamente cosciente.
«Diventerai l'agnello sacrificale di una causa persa, lo sai? Lascerai i tuoi figli senza una madre da coccolare, non te ne rendi conto?!» sentenziò l'essere rivoltante, un Deep Green persino sfacciato.
«Zitta.» replicò la donna, chiudendo gli occhi «Non capisci. Oggi ci sarà una svolta. Voglio donare qualcosa alla tua mala stirpe. Qualcosa che nel tempo non svanirà, sarà sempre dietro l'angolo, pronto a ghermirvi. Vi farò provare un terrore che nemmeno immaginate, vi pentirete perfino di essere tornati, al fine di vivere un'esistenza fallace. Non desidererete essere mai nati.»
«Matt...non ho parole...» balbettò Wesley, ancora con le fauci spalancate «Era da tempo che non vedevo un essere umano arrivare a tanta devastazione, mi fai quasi paura...»
«Risparmia i complimenti, alcuni nemici sono sopravvissuti, ora tocca a voi.» rispose Matt, inspiegabilmente modesto.
I Deep Green sopravvissuti alla deflagrazione composero un gruppo compatto, una schiera ordinata ed efficace, eppure sembrava restio ad avanzare.
«Hai visto?! Non c'è da preoccuparsi, oramai hanno paura di te!» lo elogiò Peter, lasciandosi sfuggire un piccolo scricciolo che si avvicinò alle caviglie di Matt. Una tenerissima lepre selvatica.
«Ehi, piccolino! Non dovresti essere qui in un momento come questo. Sei troppo carino per essere coinvolto in battaglie così pericolose!» esclamò un Matt infantile, accarezzando il batuffolo di pelo, prima di prenderlo in braccio «Sei proprio una simpatica palla di pel...»
Il ragazzino non finì la frase, poiché il leprotto mostrò delle fauci a dir poco anormali per un suo esemplare, e i suoi giallissimi occhi la dicevano tutta riguardo alle sue intenzioni.
«Aaaaah!» gridò il ragazzino, lanciando il piccolo mammifero verso i Deep Green.
«Ma che diamine fai?! Ti diverti a lanciare delle lepri nel campo di battaglia?!» lo rimproverò Wesley.
«Fe-fermatelo! Quello non è una lepre, e non è nemmeno carino!»
«L'avrai afferrato per le orecchie e si sarà adirato.» replicò Wesley, troppo concentrato sul nemico per elaborare pensieri migliori.
«L'ho visto per un attimo...è un abominio, dovete considerarlo un nemico, come tutti gli altri!» si lamentò Matt, col cuore scombussolato «Non mi avvicinerò mai più ad una lepre in vita mia!»
«Io non vedo nessuna lepre!» esclamò Peter, non riuscendo ad identificare il roditore, che si confondeva con il terreno grazie alla sua pelliccia grigiastra «Aspetta, ma non è la stessa che si è diretto dai Deep Green?»
«Si...è proprio lei...non mi piace per niente!» mugugnò il ragazzino, non riuscendo a darsi un contegno, finendo per recitare la parte della ragazzina piagnucolona.
Un lampo verdissimo scese dal cielo sereno, colpendo tutte le orribili creature che sopravvissero al potere della penna. Solo il piccolo coniglietto rimase illeso, in mezzo a corpi di ragazze, che sembravano evaporare.
«Wesley...dimmi che non stiamo pensando la stessa cosa...dimmelo!» esclamò Peter.
«Certo! Ma prima, tu rispondimi che non stai pensando ad un rito sacrificale...» replicò il secchione della squadra.
Ad un tratto, i muscoli del tenero animaletto sembrarono trasformarsi in malleabile gomma, poteva essere l’unica spiegazione ad una mutazione incredibile, che accadde proprio davanti ai tre ragazzini: non tutte le lepri diventano grandi come un elefante da un giorno all’altro, e non era nemmeno il dettaglio più inquietante.
Era come se la pelliccia del roditore non avesse resistito all’estrema espansione, il che la rese un cumulo di brandelli poco invitanti. Le ossa della mostruosità potevano essere osservate alla prima occhiata, attraverso quegli orribili squarci che la ricoprivano.
Sembrava non possedere nient’altro che ossa, non c’era nient’altro in quella vuota bestia, priva persino dell’anima. Le piccole fauci che Matt aveva notato poco prima erano diventate estremamente minacciose, per non parlare dei canini a sciabola che spuntavano dal muso.
La piccola e paffuta coda della lepre si era allungata, diventando una frusta fatta di ossa e putrefazione. Era bastato poco per rendere un soffice animaletto un essere deforme, non esisteva niente di più impressionante.
«Grazie, Green Soul! Credo che non mangerò carote per un bel pezzo!» strepitò il più terrorizzato dei tre, quello che poco prima aveva dimostrato un audacia fuori dal comune.
«Cosa facciamo? Non vorrei diventare il primo pasto di un roditore, tanto per intenderci!» esclamò Peter, intimorito dal mammifero deforme.
Mentre i tre rimasero immobili, senza sapere nemmeno dove poggiare le loro gambe intimidite, l’enorme Deep Green decise di prendere l’iniziativa. Con un lungo balzo superò senza sforzo i tre ragazzini inermi, dirigendosi verso Pervas, galoppando con le sue zampe scheletriche.
«Ecco! L’abbiamo fatto scappare!» esclamò Matt, senza rendersi conto di aver attirato quattro occhi furenti che avrebbero voluto divorarlo.
Il ragazzino cercò di rimettere i tasselli della calma al loro posto «Scusatemi, mi sono fatto prendere dal brutto spavento, non riaccadrà più! Potrei inseguire quell’abominio se voleste!»
«Non importa Matt…non riusciremmo mai a raggiungerlo.» puntualizzò Wesley «E non possiamo dirigerci verso quella parte, sarebbe troppo rischioso. E poi se disobbedissimo a Loretta le conseguenze sarebbero ancora peggiori!» il secchione rabbrividì, avvertendo lo sguardo glaciale del Tenente Generale. Una pena da evitare con ogni mezzo.
«Non cerchiamo inutilmente il colpevole!» affermò Peter, cercando di scuotere gli animi incerti dei compagni «Quella…cosa…probabilmente ci avrebbe fatto a pezzi! Non temete, il Generale e tutti soldati se la caveranno.» non poteva trovar soluzione migliore che un vaccino a base di fiducia.
«Toglimi una curiosità…» esordì nuovamente Wesley, mentre Matt parve un ladro mascherato, sul procinto d’esser scoperto davanti ad una folla inquisitrice «Non crederai che mi sia bevuto il cervello, spero. La tua è stata una buona commedia, ma secondo me ci nascondi qualcosa. Dietro quella devastazione…cosa c’è veramente?»
Matt tentò di allontanarsi dall’ispettore Wesley, ma inciampò sui suoi stessi piedi, barcollando come un ubriaco. In quel momento, persino un burattino di legno avrebbe saputo celare una bugia meglio di lui.
Sorrise in modo angelico e si grattò la testa, sintomi di una confessione che oramai stava per sottrarsi al suo respiro: a questo punto, la sincerità era l’ancora di salvezza più solida.
«E va bene, vi dirò come sono riuscito a far diventare il campo di battaglia un cielo fatto di fuochi artificiali, ma se direte soltanto una parola al di fuori di questo bosco…»
Mentre Matt vuotava il sacco, il sottosuolo veniva lentamente divorato da una violenta battaglia.
La Risorsa di Leila rotolò per terra con violenza. Il frutto di qualche minuto di battaglia aveva decretato un eroina disarmata facilmente, che in quel momento, stringeva i denti dal dolore: Jess l’aveva assalita troppo repentinamente per i suoi riflessi, e la donna non aveva fatto in tempo a premere il grilletto della balestra. L’osso dell’indice sinistro, piegato all’indietro in modo anormale, non era riuscito a resistere alla bestialità di un demone vorace.
«Mi ha rotto un dito con un solo attacco. Fortunatamente non sono mancina, ma non posso permettermi di sbagliare ancora…» pensò la donna, che quasi insensibile alla sofferenza, rimise al suo posto l’indice come se nulla fosse.
«Mi divertirò a spezzare le tue ossa una dopo l’altra.» commentò Jess, anche se ben poco rimaneva di una ragazza passionale, oramai oscurata da un mostro ripugnante.
«Cosa aspetti allora? Vieni a prendermi.» la provocò Leila.
La Risorsa era lontana, e per la percossa subita sembrava come incosciente. Tuttavia, il suo splendente candore non aveva abbandonato l’impassibile possessore. Leila si preparò a combattere l’avversaria a mani nude, mente una delle braccia della Green Soul si esibì in un altro assalto micidiale.
Incredibilmente, Leila afferrò il pugno diretto alla sua fronte, come se avesse preso spunto da una premonizione. La forza di reagire di certo non le mancava.
«Illusa!» gridò l’amante mortale, sfoderando tutte le sue braccia al fine di percuotere l’avversaria con ganci lesti e silenti.
Erano dodici martellate mortali al secondo, ma questo a Leila non interessava. E così, Jessica venne nuovamente sbalordita da quella che sembrava pura perfezione: forse nemmeno la donna dagli occhi cremisi si rese conto di aver bloccato dei veri e propri proiettili a mani nude, ma neanche questo le importava. Il suo pensiero fisso non poteva cambiare, quasi avessero programmato la sua volontà:
«Posso cavarmela benissimo anche da sola.» affermò meccanica, sferrando un unico, potentissimo uppercut ad una Jessica incredula.
L’arpia venne scagliata contro il soffitto della stanza, che a stento resse quell’affronto. Leila corse immediatamente verso la sua Risorsa, la quale, aveva tentato in ogni modo di comunicare nostalgicamente con il suo possessore. Afferrò l’arma e prese la mira. Ispirata da Artemide, gridò:
«Collision of Anger!»
Le aquile scarlatte eseguirono il comando, leali come sorelle piumate, infrangendosi proprio di fronte a Jessica.
Nuovamente, l’immolazione delle aquile aveva causato fiamme rosse e fumo grigio.
E’ da li che ricomparve l’arpia, ferita nella carne e nell’orgoglio, un piccione viaggiatore che afferrò Leila, depositando violentemente il suo messaggio sulla parete rocciosa più vicina.
La madre di Matt si rialzò istintivamente dopo il forte urto, nonostante la schiena le stava implorando di darle un briciolo di respiro. Dovette riabbassarsi, poiché le sei grinfie appartenenti al Deep Green tentarono di lacerarla, graffiando fortunatamente solo pietra e polvere.
Mamma Wolfram, con un rapido movimento di gambe poderose, si spostò dalla sua posizione, ora non era più con le spalle al muro. Ed ora una nuova aquila era pronta a viaggiare con le ali spiegate.
Jess riuscì a deviare il dardo assegnatole con così poco riguardo, ma nulla la poté salvare dalle mani divine di una donna dal cuore spezzato. Leila scagliò uno schiaffo dalla velocità di una frustata, che si infranse sul volto della nemica.
Fu destinata ad un nuovo, deplorevole abbraccio con la roccia. Questo non fece altro che alimentare la sua collera.
«Non hai capito Leila…non hai capito con chi hai a che fare!» sentenziò il mostro tastandosi la guancia sinistra, irrimediabilmente danneggiata «Non puoi vincere contro la morte, non importa quanto tu e la tua Risorsa siate in simbiosi. L’umanità non potrà mai vincere sulla morte.»
«Sei coraggiosa per parlare in questo modo!» replicò la donna, ridacchiando in una conversazione da salotto «Tu hai cercato di fingerti la morte, ma come vedi, posso benissimo farti del male. E anche se fosse non mi tirerei mai indietro. Piuttosto…perché ti sei voluta fingere la Green Soul? Volevi solo intimidire i nostri animi…o c’è dell’altro?» aveva parlato troppo per i gusti di Jess.
Con un grido straziante, non accettò quella profonda sicurezza, che colmava quasi nell’orgoglio. Gli occhi divertiti, la bocca sorridente e allo stesso tempo impassibile, erano scherni di un torero fin troppo fiducioso.
Jess voleva rimettere l’umanità al suo posto, nei bassifondi della vita. Decise di mettersi in azione.
«Aspettami Green Soul. Toccherà anche a te.» la mente di Leila non aveva mai smesso di pensare a quelle mani, sporche del sangue di suo marito.
La difesa della città sembrava reggere. Tutti gli ufficiali accorsi per diventare l’ultimo scudo di Pervas non si erano distratti un attimo, e ad ogni ondata di nemici i loro fucili mitragliatori erano sempre pronti. I proiettili non mancavano e il numero dei feriti erano totalmente gestibile dalla squadra medica. Eppure… Chester non era per niente a suo agio.
Aveva combattuto assieme alla prima linea delle forze armate, ma nonostante il nemico sembrava aver chetato i suoi istinti omicidi, l’orizzonte era un mare in burrasca:
«Perché in ogni battaglia da un momento all’altro arriva questa sensazione?» rifletté Chester, in un momento di tregua.
Attorno a lui, il campo di battaglia aveva reso il boschetto verde vicino a Pervas un ammasso irriconoscibile, Deep Green semi-dissolti giacevano attorno a lui, in una macabra fossa comune.
«Qualcosa non va Generale?» chiese Miriam, rimasta al suo fianco per tutta la caotica crociata.
«Secondo i nostri calcoli dovremmo aver annientato al massimo l’ottanta per cento dei nemici stimati. Perché allora non si fanno vivi? Le nostre difese diverranno più forti appena altri rinforzi accorreranno dagli altri stati…» constatò Chester, continuando a vedere il bicchiere mezzo vuoto.
Ad un tratto, la Risorsa del Generale Massimo fece di testa sua. Il teschio sotto il manico del coltello cominciò a mordicchiare la mano del suo possessore, ma non per un attacco di fame, ne per pura cattiveria.
Qualcosa stava arrivando dalla Foresta Cinerea.
«RITIRATA!» gridò il metallaro mancato, mentre i suoi sottoposti rimasero confusi, come se il mondo stesse girando troppo velocemente.
L’orribile Deep Green dalle origini di lepre aveva finalmente trovato tanti, tantissimo compagni di gioco. Uno valeva l’altro, poco importava a quella belva bussare alla porta delle loro vite: la morte aveva sempre la chiave di scorta.
La creatura scavalcò Chester e Miriam con un balzo, capitando proprio in mezzo al secondo plotone.
Fu l’inizio di scoppiettanti spari disperati. Un gruppetto di quattro cadetti scaricò mille punture d’acciaio contro l’abominevole leprotto, ma in pochi secondi, scoprirono che avevano sollevato solo carne e polvere.
il Deep Green, per quanto il suo corpo fosse stato devastato, restò sulle sue quattro zampe impervio. Era ormai un ammasso di ossa, ed era tutto quel che bastava per reggere una bestia immonda.
«Ossa?!» strepitò Chester «Non sono mai stati altro che polvere! Dovete scappare!» ordinò il Generale da lontano.
Accompagnato dall’affascinante Miriam, Chester tentò di raggiungere in tempo gli ufficiali coraggiosi, ma la famelica voglia di sangue fu più lesta.
Graffi orrendi sgozzarono quel che di vitale c’era nei quattro sciagurati, portando il panico tra i più giovani, ira tra gli adulti e rassegnazione tra gli anziani. Il Deep Green si voltò di scatto, altre prede sembravano attenderlo per la succulenta caccia all’essere umano, ma qualcuno riuscì a distrarlo:
«Ehi! Coniglio Pasquale! Guarda verso di me!» gridò Mike, ricoperto di una armatura disordinata, fatta da roccia lavica e potenza.
La belva si voltò nuovamente, ma non si aspettò che la sua nuova preda la colpisse sul muso con la forza della montagna. Il Generale e la donna dai capelli a caschetto riuscirono a sbarrare la strada al Deep Green, se si fosse avvicinato troppo al fiume avrebbe potuto raggiungere la città con un solo scatto.
La riconoscenza verso Mike durò ben poco.
La solidissima roccia lavica, -che il bulletto pel di carota aveva adoperato come protezione- era rimasta contusa e semi-spezzata, mentre il muso ossuto del Deep Green pareva aver ricevuto la più malleabile delle carezze.
«Mike, spostati da lì!» Miriam non fece in tempo a salvare Mike dalla sorte di un birillo sfortunato.
Con un rapido movimento della coda, il Deep Green spazzò via ogni possibile ostacolo davanti al suo atroce cospetto. Mike subì uno sgambetto dalle proporzioni colossali. Dopo qualche brutale piroetta, il ragazzino s’infranse sull’albero più vicino.
Il Deep Green si compiacque di aver lanciato in orbita il povero bulletto, incosciente, abbracciato dai rami robusti e accarezzato da soffici foglie multicolore. Il fiero pasto della lepre venne interrotto: mentre Miriam diresse gli ultimi soldati verso la base, Chester si pose davanti al mostro, rappresentando da solo la sua razza, il soldati caduti, il suo onore.
«Sono io il tuo uovo di cioccolato, io e nessun altro. Prova a scartarmi.» affermò Chester sicuro di sé, desideroso di vendicare i suoi sottoposti.
L’essere deforme non aspettava altro che quella proposta. Catene di ossa cercarono un altro capro espiatorio, ma quest’ultimo fece un salto mortale, giusto in tempo per non essere abbattuto. La lama del suo coltellaccio mirò alla spina dorsale:
«Più duro del diamante! L’ho appena scalfito!» esclamò il condottiero dell’esercito, che stava facendo tenere tutti i suoi sottoposti col fiato sospeso, respirando sulle canne dei loro fucili automatici.
Un artiglio giunse da sinistra, appena Chester mise nuovamente piede sulla terraferma.
Un rapido spostamento di collo e spalle salvarono l’irreparabile. Il secondo assaltò però, fu molto più repentino, e costrinse il ragazzo col pizzetto a riporre la sua fiducia nella Risorsa, l’unica cosa che lo separava dalla ghigliottina.
Cuori e munizioni tremarono nel momento in cui ogni spettatore si accorse che la coda ossea, nascosta agli occhi del Generale, aveva puntato il suo petto come una freccia inevitabile.
Chester non fece la fine dell’ingenuo stolto. Non era giunta la sua ora, non ancora.
Sbatté il suo scarpone destro sul terreno, che magicamente, si sgretolò. Il Talento in grado di sgretolare la crosta terrestre ammirò una delle sue varianti più stravaganti. Il Generale trovò il momento perfetto per un esaltazione della fantasia.
Sfuggito alle grinfie del Deep Green, Chester assistette al fulmineo ritorno di Miriam, che con un portentoso calcio volante, armato da una scarpone da trekking, fece rotolare la belva lontano da Pervas.
«Di certo non lascerò che la mia città natale venga protetta da un uomo!» esclamò la piccola donna, a suo agio tra tronchi d’albero spezzati e tristi aromi floreali.
«Ma quanto siamo spiritosi…» commentò il Generale, non capendo perché, ogni qualvolta l’ironia sbucava dalla sua tana, l’obiettivo dello scherno doveva essere sempre lui «Facciamo in modo che non ci scavalchi, sfamandosi con il mio esercito, e magari anche mezza Pervas...»
Leila stava aspettando la prossima, diabolica decisione di una Jess piuttosto indecisa. L’arpia era turbata, forse per la prima volta nella sua seconda vita. In fondo si era sbarazzata di qualsiasi impaccio nel giro di pochi attimi, una sanguinosa routine che era sempre dimostrata inarrestabile.
«Così…continua a guardarmi…» pensò Jessica, coinvolta nel combattimento fino all’ultimo muscolo, e tenendo due dita incrociate tra le tante braccia a disposizione «Incredibile, non avevo mai chiesto aiuto dalla fortuna. Una concezione umana, che riflette ancora la mia inferiorità rispetto a Lei. Maestà, non la posso deludere, questa sognatrice vedrà di cosa sono capace!» il Deep Green schioccò le dita di nascosto, e in men che non si dica la sua avversaria avvertì una forte scossa attraversarle la schiena, prima di rimanere completamente paralizzata.
Grazie alla sua indefinibile tenacia, Leila riuscì a mantenersi in piedi, nonostante ogni suo arto aveva ammutinato la nave del suo organismo:
«Piuttosto che inchinare le mie membra verso di te…preferisco morire così, con la testa alta!» gridò la donna, presa in contropiede, puntando sulla poca dignità che oramai, dopo tanti anni le era rimasta.
«Accetterò il tuo invito, umana.» replicò il demone dalle sei braccia, sbattendo le ali verso un obiettivo apparentemente inerme.
Jess dovette fermarsi a metà strada, dieci aquile avevano raggiunto la loro padrona, un nido che non poteva essere distrutto, e che andava protetto ad ogni costo. Aggredirono assieme la bestia alata, dando il tempo a Leila di riprendere pian piano -dalla punta dell’alluce fino a quella del suo naso- il completo controllo del suo corpo.
In una disordinata disputa ali contro ali, piume contro piume, Jessica non riusciva a liberarsi dalle piaghe scarlatte che la stavano martirizzando. Un falco cadeva a terra, un altro falco tornava a colpire.
Leila interruppe il supplizio con l’ennesimo pugno, questa volta dritto nello stomaco, che spedì Jess contro la salma del povero Drago Quarantasette.
«Non è possibile…come può possedere un potere…del genere?!» meditò l’arpia, rialzandosi con qualche piccolo acciacco «Sembra quasi che tu non sia umana.» affermò ad alta voce.
«Forse un giorno lo ero, ma ora non lo sono più.» rispose Leila, approfittando di una piccola sosta, di cui entrambe avevano bisogno.
«Come sarebbe a dire?»
«Hai capito bene, cara mostruosità.»
«Voi umani avete il vizio di cadere nella retorica, cullandovi nelle parole come bimbi ingenui. Non sapete che l’Uomo Nero esiste veramente.» commentò l’arpia, inorridita da ciò che alimentava la sua nemica: emozioni.
«Credi che stia scherzando? Comprensibile. Tu non hai più un cuore, forse non l’hai mai avuto.» Leila scosse la testa, quasi compassionevole «Non potresti mai capire, che nel momento in cui ho visto il mio Russell…la mia ragione di vita, bruciare tra le fiamme attraverso un piccolo schermo impassibile, io sono scomparsa. Non sono mai stata più la stessa. Se non mi fossi trasformata in androide senza amore, a quest’ora mi sarei uccisa, per riposare accanto a lui nell’eternità. Insieme.» si era imposta di non piangere, e ci riuscì, a fatica.
Non voleva dimostrarsi fragile davanti ad un essere insensibile.
Jess non rispose rapidamente. Analizzò tutto ciò che aveva pronunciato la sua avversaria, in cerca di una possibile anomalia. Era agitata. La sua storia in fondo non era così diversa.
«Io ho rinunciato al cuore, è vero.» rispose, dimostrando per la prima volta un rispetto inusuale «Ma per una ragione. E’ sempre stato una cosa incomprensibile per me. Non ha fatto altro che battere, e battere ancora. Violentemente, nel mio petto. E’ per merito suo se ho scelto questa strada.»
Leila rimase di stucco, non si sarebbe mai aspettata una risposta quasi del tutto umana. Tentò dunque di scoprire qualcosa di più sull’avversaria:
«Se davvero credevi nell’amore, perché adesso professi la morte? Perché diventare la serva della Green Soul?»
«Perché?! PERCHE’?!» gridò l’arpia, sempre più adirata «L’amore…non è altro che un falso dio, un letto di spine, pura ipocrisia! Puoi amare, amare fino alla morte. Ma se si è destinati a rimanere soli, amando qualcuno che nemmeno sa che esisti, allora tutto questo non è altro che una roulette russa. A me è toccato il proiettile nel cervello.»
«E stai facendo tutto questo solo e solamente per vendetta?» chiese Leila, cercando di scavare ancora più a fondo.
«No…io non volevo diventare così, diventare come loro. Ma la Green Soul, nella sua infinita saggezza, mi ha aperto gli occhi. Mi raccontò di quando l’amore della sua vita la tradì. Era come sentire la mia storia sotto una luce diversa. La nostra vendetta giace proprio su questo.»
«Ingenua, ti avrà sicuramente mentit…»
«No!» la interruppe Jessica, alzando le ali come simbolo di sconforto «Per quanto le sue parole sembrarono vane bugie, io capì la verità, capì che tutto ciò era vero.» rispose in difesa di sua Maestà.
«Quindi…questo uomo o questa donna…ha generato una stirpe di mostri… per amore? Non è possibile…» rifletté Leila sconvolta, mentre Jess si mise nuovamente sul piede di guerra.
«Basta parlare. Sai fin troppo. L’unica cosa che sarò costretta a rivelarti, è un privilegio che porterai con te per tutta la vita…» la stanza sembrò risucchiare la poca luminescenza che proveniva dalle pareti saettanti, soffiando un velo di polvere verde su tutta la sua superficie «…l’incantesimo che ha ucciso il Drago alle mie spalle!»