Detective Conan Forum

Matt e la Penna. Il mistero del muro di fuoco., Volevo condividere un racconto a cui tengo davvero!

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view post Posted on 7/1/2014, 11:07     +1   -1
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Happy Happy 10

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Forse questo sarà il capitolo più lungo di tutta la prima parte, e ti ringrazio per l'ennesima volta!
Beh si, Kamili sembra essere una romanticona...bisogna capire se Matt scenderà dalle nuvole un giorno o l'altro! xD
Figurati, il disegno è solo un ringraziamento. Comunque grazie!

P.S Ho finito di leggere fuoco di morte e acqua di vita qualche giorno fa, e ho lascato un commento finale (ovviamente positivo!) Forse sono pronto per cominciare con Magic Xmas?
 
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view post Posted on 7/1/2014, 14:02     +1   -1
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Black Lady

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Corro a leggerlo allora...
Magic Xmas però è il seguito di altre due ff XD
Sulla firma sono in ordine...
 
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view post Posted on 23/1/2014, 01:09     +1   -1
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Happy Happy 10

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9.8 Eredità

"Come fa a saperlo?!" chiese incuriosito il ragazzo robusto di fronte ad un Chester sicurò di se.
"Lo saprà quando sarà il momento." lo liquidò il Generale, cercando di ottenere un minimo di segretezza.
Mentre il suo contrariato interlocutore rimase quasi stordito da quella strana risposta, Chester prese il secchione con se e lo portò in un angolino sicuro.
"Non fare il modesto Wesley." borbottò il Generale "Confrontare le teorie è sempre una scelta azzeccata."
"E va bene." rispose l'alto ragazzo dalla chioma bionda e fluida "Conosco la storia di quella nave, quasi due anni fa se ne perse traccia, e nessuno più la trovò. E' sparita nel nulla e nonostante in molti abbiano scandagliato i mari dell'ovest, la GoodBye Kiss si è come volatilizzata." spiegò contenendo il suo ego.
"Esatto. E sai cosa vuol dire il fatto che Jess sia salita su quella nave?" disse Chester, cercando di far arrivare il secchione dove voleva lui.
"Che Jessica è stata resa identica a quando era in vita, anche se non so per quale astruso motivo. Dunque sappiamo con certezza che la nave è affondata. Questo comporta quattromilacinquecento anime sfruttabili per creare il caos...le false Brigitte di prima forse ne sono solo un assaggio...mi sbaglio?" chiese Wesley, avendo concluso il suo processo deduttivo.
"Esattamente. Non tutte le anime verranno rese schiave, sicuro! Ma ne basterebbero duemila, per renderci la vita un inferno: secondo i rapporti ne abbiamo eliminate a malapena duecentotrenta." disse Chester, illustrando tutti i dettagli.
"E non è tutto. L'ex ragazzo di Brigitte ci ha detto che quando Jess è scomparsa in mare, l'altra sorella si è isolata da tutto e tutti in modo anormale...tutto torna! E' stata Jess, come Green Blood, a far isolare Brigitte, minacciandola in cambio di una facile copertura. Se non avesse obbedito, Jess avrebbe ucciso tutte le persone che lei amava." realizzò il genietto biondo "L'unico modo per poter intimidire Brigitte in questo modo, è conoscere perfettamente le sue relazioni sociali. La probabilità che la creatura abbia qualcosa di Jess dentro di sé è molto alta."
"E come volevasi dimostrare, quell'arpia ci ha preso in giro. Lei non è la Green Soul!" ruggì Chester, cercando di comprendere le motivazioni del raggiro.
"Evidentemente aveva i suoi motivi. Voleva che la sopravvalutassimo...forse questo mette in un pericolo minore Leila e i ragazzi, ma allora dove si trova adesso la Green Soul? Cosa sta facendo?" ragionò ad alta voce, assorto.
"Mentre tu ci pensi, io posso fare una cosa sola: evacuare la città il più presto possibile, e racimolare tutte le truppe rapidamente disponibili!" esclamò il Generale Massimo.
"Generale, in realtà quelle erano due cose." precisò il secchione, non resistendo alla sua puntigliosità.
"E potrebbero diventare tre cose..." disse con espressione apparentemente inoffensiva, lucidando la sua pistola preferita.
Wesley restò intimorito da quell'avvisaglia fittizia, che era riuscita a pizzicarlo nel modo giusto: con piccoli passi rapidi e scomposti, tornò al centro informatico come un topolino in fuga.
"I ragazzi di oggi!" rise Chester, ponendo la sua arma da fuoco nel suo moderno fodero al suo fianco destro. "Si spaventano subito!"

"Matt, piantala! Cerca di alzarti!" esclamò Peter, osservando il suo migliore amico seduto a terra, intento a guardare il cielo cercando un ispirazione "Allora! Non stare li impalato!"
"E perché dovrei muovermi...per cosa?" sussurrò lo sconsolato, sforzandosi di esternare le sue emozioni.
"Per cosa?! Dovremmo trovare un posto sicuro dove potremo riprendere le forze." puntualizzò l'aspirante mago.
"Appunto. Perché?" ribatté Matt, aggrottando le sopracciglia istantaneamente "Per farci quasi ammazzare come qualche minuto fa?"
Peter aveva capito. Matt non era ancora guarito dall'angoscia. Si sentiva un asfissiante collare, un ostacolo, un impiccio come un altro. Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate aveva l'abitudine di abbattersi per ogni cosa, ma sentirsi inutile era diverso. Erano veri graffi sulla pelle che bruciavano senza fine.
Tuttavia, non era il momento adatto per i piagnistei di un ragazzino, e Peter doveva risanarlo al più presto:
"Matt, ti sarai reso conto che non nemmeno io sono riuscito ad alzare un dito? Anche io sono dispiaciuto è vero, ma..."
"Solo adesso ho capito quanto il potere della Green Soul sia terrificante, è per giunta ha solo fatto finta di combattere. E' la prima volta che lo penso. Forse mi sono lanciato in un progetto troppo complicato, solo per..." sussurrò Matt, prima di essere interrotto a sua volta.
"Solo? Credo che chiunque desidererebbe vendicare la morte di un padre! Non sminuire mai la tua ragione per lottare!" lo rimproverò Peter, atteggiandosi a fratello maggiore.
"Guarda la realtà Peter! Guarda in che pasticcio ci siamo messi..." rispose lo sconsolato dal ciuffo scompigliato.
"In che senso?"
"Non mi ero mai sentito così fuori posto prima d'ora, come forse tutti noi. E' divertente...parliamo quasi come degli adulti ormai, e combattiamo quasi allo stesso modo, mentre gli altri ragazzini come noi, vivono la loro vita...in modo normale." si lamentò il ragazzino, polemico ed abbattuto "Non è che...è capitato tutto troppo presto?"
Non era una domanda facile. In effetti, tutti loro, da Matt e Peter, da Wesley a Mike, si erano presi una grandissima responsabilità, quasi automaticamente. Solo per la giocosa richiesta di una paterna videocassetta. Nessuno aveva ordinato loro di scendere in battaglia di punto in bianco. Il maghetto dovette spremere le meningi per trovare un senso a quel caos disordinato:
"Tuo padre non vi avrebbe mai scelto se non si fosse fidato di voi. Voleva che continuaste la sua opera, e nel momento in cui ha girato quel video, lui lo sapeva." spiegò l'amico dai capelli corvini.
"Cosa sapeva? Vorrei tanto capirlo..." commentò il piccolo Matt.
"Sciocco!" replicò Peter, dandogli una pacca su quel cranio testardo "Sapeva che eravate pronti, pronti per poter dare una svolta definitiva. La gente ha bisogno di pace, da tanto tempo ormai."
"Forse mi ha sopravvaluto." mugugnò Matt, cercando di evitare una possibile adulazione.
"E' vero, ricevere la sua eredità è difficile, ma pensa alla sua enorme esperienza. Un personaggio del suo calibro, con tutte le imprese che ha realizzato, non potrebbe mai fare un errore di valutazione così grossolano. Non quando è il figlio che viene tirato in ballo!" disse Peter, perseverando più di prima.
Matt sbuffò e risbuffò. Peter lo conosceva benissimo, sapeva che quando la sua linguaccia si chetava, era il momento di dargli il colpo vincente, per tirarlo su di morale una volta per tutte:
"Matt, lui non ha scommesso su di te! Tu e la tu famiglia eravate la sua sicurezza più grande! Per questo ha scelto voi!"
"E per dimostrare che non si sbagliava, non ho nemmeno il diritto di arrendermi. Devo fare come i grandi dunque, tirare avanti nonostante tutto." esclamò Matt, rialzandosi da terra, togliendosi la polvere da suoi vestiti rossastri "Detesto quando cerchi di consolarmi! Cogli sempre i miei punti deboli!"
"Questa volta il merito non è stato mio. E' Russell che me l'ha permesso. E comunque, almeno così saremo pari." concluse amichevolmente il maghetto, dando una poderosa stretta al suo amico, risanato da un inquietudine che l'avrebbe portato verso un infelicità senza ritorno.

Mentre Matt riuscì a scappare dalle sabbie del dolore, Jessica, oramai una creatura dall'identità rivelata, intravide il traguardo del suo viaggio: la tana del Drago Quarantasette, situata nel cuore della foresta, protetta da un forte vento che generava turbini di cenere ostili. Era come se l'assassino fosse tornato sul luogo del delitto per assaporare le sue gesta.
"Kamili...abbi pazienza." sospiro Jess, pensierosa. "La Green Soul ha grandi progetti pe te. Molto più valorosi di quelli che ti avrebbe offerto la tua patetica vita da umana." D'un tratto, l'arpia notò qualcosa. Una perla luccicante che splendeva sul petto della ragazza addormentata. Un ciondolo a forma di un cuore alato, di un cuore libero.
La creatura lo afferrò, e lo strinse, chiudendo gli occhi.
"Maledetto. E' tutta colpa tua. Sentimento ignobile che porta follia, disperazione, odio. Tutti ti desiderano, e tu ricambi con disperazione, pura e lancinante." disse Jessica, stringendo i denti e respirando affannosamente "Amore...mi hai rovinato la vita. Per questo ho desiderato vendetta, e una volta fatto questo passo, non si torna più indietro. Non permetterò che anche questa ragazza cada nelle tue grinfie!" concluse l'arpia, strappando il ciondolo e lanciandolo lontano, per poi dirigersi verso la tana.
La grotta sotterranea aveva origini naturali, eppure non era stata mai scoperta da nessuno prima d'ora: la sua entrata non era nient'altro che una misero pozzo, disidratato oramai da tempo. Circondato dalla cenere, nessuno si era oramai accorto della sua essenziale presenza.
Jessica si ricordò della sua pattuglia fortunata. Stava quasi per tornare indietro, quando si rese conto che, per un essere del suo calibro, guardare nel fondo di un vecchio pozzo non le sarebbe costato altro che un battito d'ali in più.
Fu in quel momento che intravide la grotta. Sarebbe stata una tana impossibile per un dragone come quello che stava da tempo cacciando. Non una degna dimora per una creatura leggendaria. Proprio per questo motivo, nonostante infilarsi in un pozzo sarebbe stato irrealizzabile, da parte del gigante argentato, l'arpia si convinse che il sangue del Drago Quarantasette si sarebbe sparso proprio in quel luogo. La sua previsione assassina si rilevò dannatamente esatta.
Evitando di farsi accecare dai vortici di cenere, Jessica raggiunse il pozzo senza troppi problemi, pronta per trasportare Kamili al suo interno. Una ragazza che era una merce preziosa, da nascondere dentro guardinghi confini.
Un rumore proveniente da lontano la distrasse.
"Mannaggia..." sussurrò Leila, non troppo distante dalla creatura. I suoi occhi cremisi, guidati dall'ala amica di un falco maestoso, l'avevano guidata fino allo strapiombo oscuro di quella Foresta. Un luogo dannato, l'anticamera dell'inferno.
"Fermo e immobile." ordinò Leila al pennuto generato dalla sua Risorsa, che sfortunatamente si era appollaiato su un ramo troppo scarno e fragile.
Jess però aveva posato Kamili a terra, e sembrava voler avvicinarsi. Attraverso i gioiosi raggi del sole che trapanavano le foglie nerastre della Foresta Cinerea, l'arpia avrebbe potuto accorgersi di essere stata pedinata dalla sua avversaria. Nascondere il cellulare di Peter nella tasca interna dei pantaloni di Kamili era stata una trovata degna di un inventore ispirato; se l'avesse scoperta in quel momento, l'ostaggio si sarebbe esposto ad un rischio scottante.
Leila pregò che l'intuito di Jess tornasse da dove era venuto, ma l'arpia sembrava decisa a tutto pur di scoprire cosa aveva disturbato le sue attentissime orecchie mostruose. Tutti gli scongiuri della madre di Matt vennero inconsapevolmente accolti:
"Cosa?!" bisbigliò al vento Jessica, con un espressione poco rassicurata "Quel maledetto ragazzo dei sigilli...sarò costretta a fare tutto di corsa."
Tornando immediatamente sui suoi passi, la creatura demoniaca prese con se Kamili e si spinse fino al pozzo. Fece un tuffo nell'ignoto, come una monetina che vale un desiderio, sparendo dalla vista di Leila. Un ultimo schiocco di dita si udì dal fondo del pozzo, ma l'apprensiva donna non poté capirne il significato. Aveva sparato un colpo al cielo, per dare il via ad un violento campo di battaglia.

"Il muro verde...si sta rompendo!" esclamò Chester, credendo di avere una delle sue sviste, non avendo gli occhiali a portata di mano.
Le truppe dell'esercito, rinforzate da nuovi e preparati arrivi, si erano concentrate davanti al fiume, in attesa che Enigma spianasse loro la strada. Anche Wesley, Mike e una Jane davvero innervosita, stava attendendo il capolavoro dell'artista.
"Come hai fatto? Avresti dovuto ricominciare il processo da capo, e sono appena le sette e mezzo! Non hai avuto altre dodici ore, quelle che ti sarebbero servite." dichiarò il Generale Massimo, estremamente curioso, cercando di ricavare una risposta sensazionale al ragazzo incappucciato.
"Non ho mai interrotto il rituale. Ma quando mi ha dato quel messaggio, ho capito che la Green Soul voleva che io mi fermassi. Doveva per forza percepire l'energia del suo sigillo anche da kilometri di distanza, è stata furba." affermò il misterioso ometto, compiendo gli ultimi sforzi, ponendo le sue mani dritte verso il muro eretto dalla morte "Mentre scardinavo il suo sigillo, ne ho creato uno identico sulla mia pergamena. Ci avrei messo di meno, se non avessi dovuto fare due cose alla volta...ma adesso..."
Con uno stridio insopportabile, mentre i rovi color ruggine del simbolo romboide si liberarono, quasi riconoscenti per aver alleviato le loro sofferenze, la grande difesa di cristallo cadde nel fiume. Nello stesso momento, Enigma si accasciò a terra, facendo preoccupare moltissimo tutti i suoi amici più cari. Ma il ragazzino fece subito intendere che non era successo nulla di grave.
"Oh...come siete gentili! Sto bene, ho solo bisogno di un po'...un bel po', di riposo. Grazie per i vostri sentimentalismi." esclamò ridacchiando, con quella bizzarra cortesia che Chester proprio non reggeva.
"Signore!" urlarono alcuni dei soldati, che stavano tenendo d'occhio il bosco dal giorno precedente "Nemici in avvicinamento! Sono numerosi!"
"Prevedibile...ci apriamo un varco ed ecco che arriva una simpatica armata di ragazze assassine." pensò Chester, non pentendosi però della sua scelta "Jane, tu andrai con Loretta, tutti gli altri, resteranno qui a proteggere la città, capito?" domandò il Generale con gran voce.
"Signorsì!" risposero Mike e Wesley.
"Assolutamente no!" rispose invece la piccola dispotica.
"E' un ordine, la tua amabile professoressa ti spiegherà tutto. Utilizza la tua Risorsa per raggiungere in un battibaleno uno spiazzo d'erba ad Ovest, si trova a pochi isolati da qui! Ora vai!" gridò il Generale, non aspettandosi certo una risposta educata.
Con un volto abulico ed inespressivo quanto una maschera, Jane emise un grugnito, poi eseguì l'ordine controvoglia. Le false Brigitte si avvicinarono sempre più, pronte a portare devastazione.
"Ora! fuoco!" tuonò il Generale. Nuovi proiettili cominciarono ad inquinare la pace.

Altro che montagne russe. L'elicottero da guerra sperimentale Wolfram 78 aveva tutto quello che serviva per rendere lo stomaco un colabrodo, la sua velocità era davvero inusuale per un mezzo del genere: una bestia d'acciaio cromato in una sfumatura di grigio militare scuro. Le eliche,, sopra e dietro l'abitacolo, volteggiavano emanando un forte vento attorno al velivolo, che sarebbe tranquillamente risultato un elicottero come gli altri, se non fosse stato per la parte anteriore e le ali. Il primo, non era affusolato come ci si aspettava, ma di forma ovale, con due grandi pannelli trasparenti che donavano un'ampia visuale alla vedetta di turno. Le seconde invece, erano state rimosse completamente, sacrificando l'aerodinamicità per creare qualcosa di inaspettato: al posto di due ali orizzontali, dal velivolo spuntavano delle lamiere d'acciaio -due per lato, una posta un metro e mezzo più in alto dell'altra- che dirigendosi verso l'esterno si fondevano, materializzando due cerchi perfetti. La forma di un paio di lenti a contatto. Le due protuberanze potevano muoversi liberamente girandosi verso l'esterno, verso il basso o verso l'alto.
Dentro a quelle forme bizzarre c'era qualcosa ancora di più bizzarro: un leggero strato di liquido trasparente galleggiava nei due cerchi d'acciaio, riflettendo i bellissimi occhi del Tenente Generale. Occhi che sembravano onniveggenti.
"Non per nulla è stato rinominato The Big Eye!" esclamò Loretta, con un casco metallico che le ricopriva metà volto, con due grandi lenti ellittiche che celavano gli occhi, lasciando spazio solo al naso e alla bocca "Con questo sistema sono in grado di vedere da tutte le direzioni, posso fare fuoco semplicemente con un comando vocale, e muovendo leggermente il mio corpo posso far schizzare il velivolo dove mi pare e come mi pare. Devo ammettere che è un bel giocattolino." disse la professoressa compiaciuta, mentre Jane sembrava sull'orlo di collassare.
"Rallenti! Per favore...la scongiuro!" gridò la ragazzina, temendo che quel viaggio forsennato fosse l'ennesima punizione di un Generale fin troppo vendicativo, almeno nei suoi confronti.
"Mi spiace signorina, ma il Generale mi ha chiesto esplicitamente di rintracciare Leila e i ragazzi. In particolare tua madre mi aveva chiesto di portarti da lei nel caso si fosse dovuta imbattere in Jess, Green Soul o meno." spiegò Loretta, divertendosi a manovrare senza sforzi un colosso militare.
"Davvero? Ha richiesto il mio aiuto?" chiese sorpresa la ragazzina, pavoneggiandosi discretamente.
"Non ha specificato, voleva solo che tu fossi al suo fianco in quel momento preciso. Per cui eccoti qui." concluse la professoressa di italiano, Tenente Generale di Gracalm.
Loretta riuscì ad intravedere Matt e Peter ancora spaesati, e con un rumoroso auto parlante, chiese loro come si sentissero. Matt ricambiò con un occhiataccia offesa, mentre Peter, aprendo i suoi occhi dalle iridi fucsia, sfoggiò un visino gioviale e riconoscente.
Jane fece da portavoce, e come un fedele pappagallo ripeté ogni parola suggerita dal Tenente, che non poteva distrarsi:
"Dovete restare in questa zona! Tutti i Deep Green si sono concentrati nel boschetto che divide questa foresta dalla città, sarebbe troppo rischioso tornare indietro!"
"Significa che siamo arenati qui?!" protestò Matt "E se avessimo bisogno di cure?"
"Chester ha ordinato a Wesley di superare le linee nemiche per raggiungervi, ed assistervi con tutte le sue conoscenze. Attendetelo in questo spiazzo, intesi?" continuò a ripetere Jane, azzeccando perfino il tono di voce.
"Si, siamo arenati qui." commentò Matt esponendo il suo labbro inferiore.
"Verrà il tuo momento, forse devi solo aspettare." lo rassicurò il maghetto.
Wesley venne avvertito della posizione degli amici, ed in men che non si dica, la pallina-antistress s'immolò in un fuoco sacro. La mutazione colpì Chester e tutti i soldati che assistettero a quella fiammata ingegnosa: una mountain bike bianca, dalle ruote robuste, con un sellino leggero ed un manubrio da professionismo, sbucò fuori dalle lingue di fuoco. Con un Generale Massimo non molto convinto, il ragazzino prese una lunga rincorsa, e lestamente, saltò il ponte assieme alla sua nuova Risorsa. Sulle spalle, uno zainetto scolastico, di un nero spento e dall'aria consunta; era l'unica merce che il viaggiatore doveva trasportare oltre i suoi confini.
Un compito davvero pericoloso, sorpassare orde di Deep Green coriacei, assetati di vita umana. Wesley tuttavia non aveva bisogno di combattere, ed in men che non si dica, con un altro balzo sovraumano, sorpassò la prima ondata in un colpo solo. Con una pedalata davvero fulminea, sollevando un gran polverone dietro di sé, il secchione fece presto ad imboccare la via della Foresta Cinerea sano e salvo.

In neanche venti minuti, dopo aver fatto il suo miglior giro, Wesley arrivò allo spiazzo. Concluse la gara con una frenata estrema, che rilasciò un onda di cenere alle sue spalle:
"Eccovi qui!" esclamò sudato in viso, lieto di rivedere i suoi due amici in buone condizioni.
"Non sarei così contento se fossi in te. Credo che tu abbia appena raggiunto la panchina, non il campo di battaglia..." si lamentò il ragazzino dalle occhiaie pronunciate, incrociando le braccia.
"Non è andata bene?" chiese il ragazzone biondo a Peter.
"No, proprio per niente." esclamò il maghetto, allargando le braccia, con un sorrisetto spensierato.
"Non prendertela Matt!" disse Wesley, cercando di fare da balia al ragazzino capriccioso "Sarà anche la panchina è vero, ma meglio la panchina che la tribuna, no?"
"Sono quasi la stessa cosa..." replicò il brontolone.
"Guarda, ho qualcosa che ti piacerà sicuramente, una cosa che ti rinvigorirà in tutti i sensi!" si tolse lo zaino dalle spalle, e prese rapidamente una bottiglietta d'acqua da mezzo litro.
"Non è che abbia molta sete..." commentò Matt, non avendo compreso quale liquido si trovasse davanti al suo naso.
"Questa non è semplice acqua, prova a metterla controluce e capirai." spiegò il secchione entusiasta "Questa è acqua del fiume Fairy Wing, presa direttamente alla foce."
"E che ha di speciale?" chiese spaesato il possessore della penna.
"Ma cavolo!" si intromise Peter "Non ricordi quando, durante la vostra permanenza a Nelk, il Deep Green curò le sue ferite semplicemente immergendosi nel lago?"
"Ci stavate tenendo d'occhio da tutto quel tempo?!" obbiettò l'amico, non trovando risposta.
"Furono delle particelle luminose contenute nelle molecole d'acqua a curare la belva, prima che inquinasse le acque, inscurite e torbide." spiegò Peter, cercando di imitare Wesley "Quelle particelle sono dette Fairy Tale Particles. Posseggono delle qualità curative e rigeneranti superiori ai migliori integratori in circolazione. Per fare effetto sull'uomo le particelle devono essere concentrate, per cui solo l'acqua del fiume presa alla sua foce, nel cielo delle Tower Mountains è davvero preziosa." Peter riuscì ne suo intento, cosa che spinse Wesley a difendere il suo titolo da sapientino.
"Probabilmente la Green Soul ci ha messo lo zampino anche quella volta. Avrà usato il Talento della manipolazione dell'acqua, al fine di sconvolgerne i suoi componenti chimici, e quindi coinvolgendo le Fairy Tale Particles in bassa concentrazione." il ragazzone biondo difese la sua cintura con onore.
"Per fare una cosa del genere ci vogliono una settantina di uomini!" esclamò Peter, scioccato "Questo non è decisamente rassicurante..."
"Basta con le lezioni estive!" borbottò Matt, facendo concludere la disputa tra cervelloni "Non c'era bisogno del poema! Quest'acqua ci farà del bene? Allora, alla salute!" il ragazzino bevve un sorso di quel nettare fatato, e subito ne carpì l'essenza: il suo corpo venne immediatamente reidratato dalle fatiche passate, il suo respiro divenne puro e meno affannoso, i dolori alla guancia e al torace si affievolirono, come pesi lasciati al loro destino nel vuoto dello spazio.
"M-mi...sento completamente diverso! Magari qualche acciacco lo sento ancora, ma potrei scalare una montagna, nuotare in mare aperto, combattere da solo contro un esercito! Dico davvero!" esclamò il ragazzino, con gli occhi luccicanti per la benevola scoperta, fin troppo eccitato dal suo rinvigorimento.
"E' normale, queste particelle hanno maggior efficacia quando non vengono bevute per tanto tempo, e scommetto che questa per te è la prima volta." rise Peter, riconoscendo in Matt la stessa identica reazione che fece al suo primo sorso.
"Cerca di non abituartici troppo. Quest'acqua non è in vendita da nessuna parte. E' una gentile concessione degli abitanti del villaggio di Nati, tienilo a mente!" aggiunse Wesley, felice di aver alleviato le pene di un amico.
"E dimenticati pure il mare aperto, visto che non sai nuotare!" concluse Peter, con un fiduciosa schiera di denti in mostra, ben stampati sul volto.

Leila era appostata davanti al pozzo da dieci minuti, eppure non era ancora riuscita a sorpassare quei vortici color pece. L'avevano investita più volte, costringendola a tornare indietro, prima di finire in balia della cenere e dell'asfissia.
Finalmente, le eliche dell'elicottero W-87 riecheggiarono nella desolazione, sferzando il silenzio. Improvvisamente, due enormi aperture dimensionali rotondeggianti comparvero nei pressi del pozzo misterioso: in pochi istanti risucchiarono i vortici con la facilità di un aspirapolvere. Senza la tempesta, il suolo era finalmente libero dalla grigia oppressione della cenere, terreno fertile per una guerriera con la strada spianata.
"Jane!" gridò la donna guardando la ragazzina sporta dal portellone laterale del velivolo "Grazie micina mia! Scendi giù in fretta!" quei complimenti scivolarono addosso alla ragazzina con un certo imbarazzo.
Loretta fece attivare il pilota automatico, cosicché anche lei potesse fare un saluto a Leila.
"Grazie, Tenente. Prometto che non la deluderemo. E' stata molto gentile ad acconsentire ad un mio capriccio." gridò la donna, per farsi udire dalla professoressa.
"Ho imparato a fidarmi dei Wolfram tanto tempo fa, e non sarà certo ora che comincerò a dubitare." un complimento magnanimo venne seguito da uno sguardo angustiato.
Mentre Jane stava scendendo dal velivolo grazie ad una scaletta d'emergenza, qualcosa sotto quel terreno apparentemente inoffensivo sembrava tremare: delle mani perforarono quel terriccio una dopo l'altra, fino a far emergere dalla tomba altre finte Brigitte.
Leila si preparò alla difesa, in quel momento essenziale quanto una promessa, ma Loretta non voleva che Jessica partisse avvantaggiata, fronteggiando un avversaria sfinita fin dal primo affondo. Prese lo scettro della situazione, e con uno sguardo glaciale, congelò immediatamente i primi due Deep Green che tentarono di avvicinarsi alla donna dall'anima cremisi.
"Mi prenderò cura io di questi scolar disubbidienti! Voi due dirigetevi al pozzo!" urlò il Tenente Generale, che ibernò gli avversari più vicini al loro punto di fuga.
Madre e figlia riuscirono a raggiungere il baratro, e con un balzo verso il buio, si ritrovarono ai piedi una grotta chiara e maestosa. Leila e Jane non sapevano di trovarsi nel regno di una bestia dimenticata dalle favole. Il luogo sinistro le mise subito in allerta, e al primo battito di ciglio, le due si armarono, pronte a difendersi dall'ignoto.
"Ci sono altro Deep Green in questa zona?! Non ci voleva..." pensò Leila, preparata allo scontro fra titani.
Quando tre Deep Green identici a Jess le avvistarono, studiandole da pochi metri di distanza nelle tenebre, le due non avrebbero mai creduto di risolvere la situazione senza nemmeno muovere un muscolo.
Era come se l'auspicio si fosse trasformato in realtà, una realtà benevola donata da una vecchia conoscenza.
"Tu?!" borbottò la madre di Jane.
Green Killer aveva fatto presto ad eliminare gli orribili mostri con qualche violenta sferzata della sua katana soshu. Voltandosi verso le due donne Wolfram, non poté contenere un certo sollievo nel vederle sane e salve.
"Buongiorno, membri della Nuova Alleanza. Avete scelto un ottimo momento per stanare la Green Soul assieme a me." disse l'individuo placido, cercando di nascondere un tono titubante.
"Buongiorno un corno!" replicò l'irascibile ragazzina "Matt ci ha raccontato di come te le hanno suonate, pensavamo fossi ferito! E invece te ne vai per conto tuo senza dire una parola! Vergogna!"
"Suvvia, non scaldarti così tanto..." commentò lo spadaccino misterioso "Io non ho alcun obbligo di fronte alla vostra organizzazione, eseguo solo il mio compito come mi è stato ordinato. Non fa differenza se io arrivo prima di voi, la priorità è l'eliminazione di quel Deep Green." alle parole di Green Killer, Leila alzò il suo sopracciglio sinistro con un rapido scatto.
"Come fai a saperlo? L'abbiamo scoperto solo poco fa che quella non è..." disse la donna in disappunto "Non avrai usato delle cimici, vero?"
"Ehm...che fervida immaginazione..." balbettò il cacciatore, sudando freddo davanti ad un elemento a cui non piaceva troppo il sarcasmo.
"Facciamo finta che non abbia capito." affermò Leila, liquidando quella sorta di interrogatorio "Verrai con noi? Dovremo metterti al corrente di come andranno le cose, allora. Non c'è tempo da perdere, Kamili è ancora nelle grinfie di quella ragazza demoniaca."
"Va bene, starò al tuo gioco. La tua fama di guerriera precede il tuo nome, proprio come la mia. Hai competenza e questo l'apprezzo, inoltre capisco perché tu voglia affrontare quel Deep Green da sola." spiegò Green Killer, tenendo un tono grave fino ad arrivare al nocciolo "Ma se fallirai me ne occuperò io, volente o nolente. Ho pur sempre una missione da compiere."
"Avrai il tuo scalpo." rispose seria la donna, sfoggiante dei capi di tonalità rossastre, esattamente come la figlia "Ed io quello che mi spetta."
"Bene...affinché questo piano vada a buon fine, c'è una cosa che voi due dovreste sapere, riguardo questo posto." sentenziò il ragazzo col passamontagna, conoscendo l'unicità delle sue informazioni top secret.
Mentre Green Killer fece realizzare a mamma e figlia, che stavano calpestando l'habitat si un vero Drago, nessuno si accorse che i Deep Green venne riesumati anche da un altro luogo.
"Ottima mossa, restare qui a riposarsi!" strillò Matt, cercando di allontanarsi dalle false Brigitte, che una dopo l'altra sfuggivano dalla loro segreta tomba, negando ancora una volta l'eterno riposo.
"Evidentemente aveva previsto che vi due sareste rimasti qui, nel caso non fosse riuscita ad uccidervi subito. Molto scaltra..." commentò Wesley, preso dalla sua incarnata freddezza e razionalità.
"Non è il momento di fare dei complimenti a qualcuno che ci vuole sottoterra!" rispose il ragazzino con le occhiaie pronunciate, guardando il numero dei Deep Green aumentare a dismisura.
"Scappiamo o combattiamo? Non so cosa sia peggio..." disse Peter, piuttosto scoraggiato, e non avendo a disposizione alcuno spunto per lanciare una delle sue magie geometriche.
"La strada me la ricordo, ma dall'altra parte c'è un orda di mostruosità anche più numerosa di questa." ragionò il secchione, cercando di non farsi prendere dal panico "Ma se noi cercassimo di scappare da quella parte, faremmo riunire le due linee nemiche, li porteremmo verso Pervas! Non se ne parla!" esclamò il coraggioso secchione, alla fine del suo ragionamento lineare.
"Fatevi da parte allora." disse Matt, avanzando di un passo rispetto al suo gruppetto d'amici "Non ho nemmeno avuto l'occasione di provare...una cosa. Potrebbe essere la soluzione che ci tira fuori dai guai. Lasciatemi tentare." il ragazzino guardò i compagni speranzoso, puntando tutto su degli efficaci occhioni luccicanti.
Non ce ne fu bisogno. Wesley annuì fiero dell'amico, mentre Peter sembrava piuttosto curioso.
Cosa poteva il piccolo Matt di fronte ad un armata così minacciosa?
Il ragazzino afferrò il suo stocco deciso. Portò la gamba destra indietro, come un centometrista sul blocco di partenza, ma restando in piedi. Fece puntare al cielo la lama della sua Risorsa, sollevandola con entrambe le mani, col manico ad accarezzargli il viso. La lama rifletté la luce del sole con grazia, e successivamente, il colpo venne sparato: Matt eseguì tre colpi di spada orizzontali ed ampi, anche se poco armoniosi. Mente l'orda delle Brigitte andò alla carica, allarmando il maghetto ed il secchione, accadde l'impensabile.
Il figlio di Russell non si era mosso, e per un ottimo motivo.
Un esplosione assordante investì le prime file dell'ondata mostruosa, portando sventura anche a tutti gli altri Deep Green. Una sferzata esplosiva dall'effetto ritardato, ma dalla distruttività enorme. Un colpo da maestro.
Da centocinquanta divennero trenta. Praticamente decimate, le simpatiche copie di Jess non apprezzarono molto il gesto eroico del ragazzo, ringhiando come le peggior bestie.
Mentre il possessore della penna si inginocchiò a terra per lo sforzo, i due amici rimasero di stucco. Non era stato solo uno scacco matto, ma anche una vera e propria calamità.

Il suo potere non fa che accrescere, di giorno in giorno.
Che spudorato.
Un bambino che gioca a fare il dio.
Non lo sai, piccolo ingenuo, che il tuo potere è solo frutto di una fortuna sfacciata?
Trovare una Risorsa per caso...no, non credo al destino.
Il mio peggior nemico potrebbe reincarnarsi in quel ragazzino, e questo non posso permetterlo.
Jess, mio braccio destro, sbrigati! Non abbiamo tempo.
La razza umana è solo erbaccia, senza Risorse non valgono quanto noi, creature superiori, forse perfette.
Si, siamo le creature perfette per diventare vendetta, vendetta che ogni umano merita.
Russell...nonostante il tempo, continui a perseguitarmi. Distruggerò ogni cosa che porta un pezzo di te. Leila, Matt, Jane, Mina e Betty. Piccoli tasselli che ti appartengono.
Bruceranno all'inferno. Tutti.


"Come desidera, maestà." sussurrò Jess, nella stessa stanza dove qualche giorno prima, aveva affrontato il Drago Quarantasette. Quella creatura non se ne era mai andata, era ancora li, senza vita, ad arredare una stanza mortale, una stanza che aveva un dettaglio in più da non ignorare: era sorto un altare di forma ellittica, alto circa sessanta centimetri, in marmo bianchissimo, come appena scolpito. Sulla parte laterale era adornato con piccole venature verdastre, che si muovevano ritmicamente, come se del sangue stesse scorrendo nelle loro infime cavità. Sopra quell'altare spoglio ma spettrale, la povera Kamili giaceva supina con le mani poste sul ventre. Una posa rispettosa quanto macabra.
Jess si avvicinò all'altare, era esitante. Prese un grosso respiro, si inchinò, rispettosa. Poi mise tutte e sei le braccia in segno di preghiera, affogando in un altro sortilegio oscuro.
Kamili smarrì la gravità, e venne sospinta da una forza inesistente, che la sollevò a qualche centimetro da dove l'arpia l'aveva fatta riposare.
"Destino...no. Forse questa è proprio sfortuna." pensò Jessica, mentre il sortilegio mostrava i suoi primi artifizi "E' meglio così. Meglio che non sai quello che ti accadde dieci anni fa. Le acque del fiume ti inghiottirono e finisti gettata dalla cascata in un orrendo baratro. Tutte le tue ferite aperte però, rimasero sveglie, ed accolsero l'acqua del fiume, e tutti i rimasugli dei Green Blood gettati in mare dagli eroi del momento, che entrarono in simbiosi con il tuo corpo..."
Le venature verdastre cominciarono a pulsare, facendo parte di un cuore di pietra pronto a battere, a portare la morte.
"Tu e Matt avete un legame indissolubile: un eredità ingrata. Mentre lui si è caricato di responsabilità con la sua fortuita scoperta, tu hai ereditato un essenza speciale. Un fluido fatto di cellule vendicative, le nostre." Kamili, nonostante il suo dolce dormire, emise una smorfia, sembrava che provasse un accenno di dolore, mentre Jess continuava a riflettere "L'unica persona al mondo in grado di accogliere l'essenza dei Green Blood nel suo sangue senza perire. Quando hai mostrato di avere quella forza distruttiva al campo militare, capì che c'era qualcosa di straordinario in te. Ma quello che tu hai sempre avuto dentro ora ci appartiene, potremmo finalmente piegare gli umani, dopo aver sparso il tuo sangue in giro per il mondo. Addio, Kamili..."
Kamili si svegliò urlante. Piccoli fori sembravano averle trivellato la pelle sulle sue braccia, e piccolissimi fiumi di lacrime verdastre cominciarono a fuoriuscire da quelle micro ferite. Il dolore non poteva essere più contenuto, se non con un lamento disperato.
Mentre il sangue divino si trasferiva nelle venature verdastre, accadde qualcosa. La lastra di roccia spessissima, eretta come protezione per lo stanzone del Drago Quarantasette venne irrimediabilmente crepata. Dei durissimi colpi si udivano dall'esterno, qualcuno stava bussando violentemente alla porta.
In un cumulo di macerie, la porta rocciosa venne distrutta, Jess ricevette degli ospiti davvero indesiderati: Jane, Green Killer, ed infine Leila, l'ariete della situazione.
"Lasciala andare..." sussurrò tremando. La rabbia era troppo forte per trattenerla ormai. Era tempo di scatenarla.
 
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view post Posted on 27/1/2014, 18:06     +1   -1
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Black Lady

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Scusa il ritardo Matteo... È che ultimamente sono un tantino impegnata...
Stupendo capitolo ;)
Come hai solito mi hai lasciato col fiato sospeso e ora voglio scoprire se Kamili se la caverà...
Complimenti ^^
 
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view post Posted on 28/1/2014, 18:19     +1   -1
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Grazie mille come sempre!
Abbiamo tutti i nostri super impegni chi di studio, tranquilla! xD
Ti ringrazio ancora, e spero di velocizzarmi con la prossima parte. Questo capitolo è lungo, ma ha una fine! xD
 
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GabrielStrife
view post Posted on 1/2/2014, 19:03     +1   -1




Eccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii anf anf anf mi sta per venire un infarto! Ho gli occhi che s'incrociano per quanto ho letto! Bene che dire? Per prima cosa Green Killer...lo amo...lo adoro...non me ne frega cosa gli farai fare. Se sparisce o no. E' diventato il mio personaggio preferito. Dopo viene Enigma che come al solito non si smentisce maiXD. Vuoi sapere perché adoro tanto questo tuo personaggio? La cosa avviene da questa tua descrizione:
CITAZIONE
"Non hai capito che sei già morta. Vedrò di essere più chiaro." sussurrò impaziente "Falcon's Prison!"
Il pomolo a forma di aquila resuscitò, prendendo il volo. Ma questa volta, legate alle sue zampe prigioniere, delle catene Blu cadetto fuoriuscirono improvvisamente dal manico, provenienti quasi da un altra dimensione.

Ok non chiedermi perché ma appena ho letto di questa persona mi è subito venuto in mente Toshiro Hitsugaya...se non sai chi è te lo dico ioXD si tratta del mio personaggio preferito in Bleach, un altro anime. Guarda la firma è quello a destraXD
Per il resto come sempre sono stati capitoli avvincenti e spettacolari. Matt stupisce sempre di più beh d'altronde cosa ci si può aspettare dal protagonista (devi vedere cosa combina Daniel fa un po' ) beh niente di più...come al solito ti faccio i miei più sentiti complimenti per questo bel romanzo che stai tirando su^^
 
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view post Posted on 4/2/2014, 00:03     +1   -1
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CITAZIONE (GabrielStrife @ 1/2/2014, 19:03) 
Eccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii anf anf anf mi sta per venire un infarto! Ho gli occhi che s'incrociano per quanto ho letto! Bene che dire? Per prima cosa Green Killer...lo amo...lo adoro...non me ne frega cosa gli farai fare. Se sparisce o no. E' diventato il mio personaggio preferito. Dopo viene Enigma che come al solito non si smentisce maiXD. Vuoi sapere perché adoro tanto questo tuo personaggio? La cosa avviene da questa tua descrizione:
CITAZIONE
"Non hai capito che sei già morta. Vedrò di essere più chiaro." sussurrò impaziente "Falcon's Prison!"
Il pomolo a forma di aquila resuscitò, prendendo il volo. Ma questa volta, legate alle sue zampe prigioniere, delle catene Blu cadetto fuoriuscirono improvvisamente dal manico, provenienti quasi da un altra dimensione.

Ok non chiedermi perché ma appena ho letto di questa persona mi è subito venuto in mente Toshiro Hitsugaya...se non sai chi è te lo dico ioXD si tratta del mio personaggio preferito in Bleach, un altro anime. Guarda la firma è quello a destraXD
Per il resto come sempre sono stati capitoli avvincenti e spettacolari. Matt stupisce sempre di più beh d'altronde cosa ci si può aspettare dal protagonista (devi vedere cosa combina Daniel fa un po' ) beh niente di più...come al solito ti faccio i miei più sentiti complimenti per questo bel romanzo che stai tirando su^^

Ahah avevo il presentimento che Green Killer ti sarebbe piaciuto :) Anche lui è "piuttosto misterioso" così come quello che gli accadrà...ed Enigma rimane il solito Enigma xD
Conosco Bleach ma ho l'ho visto/letto sporadicamente e a tratti, finendo per non capirci un accidenti...ok, quindi se non erro il tuo personaggio preferito è il ragazzo alato, giusto? Vedrò di conoscerlo meglio! :)
Eh si, Matt a volte riesce a stupire...altre volte fa le figure barbine! :D (non vedo l'ora che Daniel se la prendo con qualche avversario! Vai vai! )
Grazie mille, siete entrambi sempre gentilissimi, e spero di continuare per il meglio! Con Word finalmente dalla mia parte, dovrei velocizzarmi un pochino...
 
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view post Posted on 15/2/2014, 12:10     +1   -1
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E dopo un bel divertimento con il contest, anche una nuova parte del capitolo! (fa festeggiare visto che è il primo scritto con Word, finalmente! :D ) E la data capita proprio a fagiolo...

9.9 Amore Disperato


«Non credo proprio.» rispose l’acida Jessica «Tu non hai il potere di fermare tutto questo. Sei arrivata troppo tardi.»
Sembrava che Kamili si trovasse davanti un plotone d'esecuzione.
Ad un tratto gli spettatori della macabra sentenza si accorsero di un particolare: forse la dea bendata aveva finalmente assistito una ragazzina ferita dalle cicatrici del tempo: il flusso verdognolo smise immediatamente di scorrere, lo spargimento di sangue venne arrestato. Al suo posto, qualcosa di leggero e luccicante ricoprì interamente le braccia di Kamili, prima di conflagrare, investendo tutta la stanza con sfavillante chiarore. La forte luce emanò una singolare forza che riuscì ad atterrare tutti i fortunati osservatori.
Nessuno sapevo cosa era accaduto.
Temendo di aver estinto le fiamme della salvezza, la Nuova Alleanza e Green Killer cercarono di scacciare la confusione il prima possibile. Ben presto, si resero conto di essersi sbagliati.
Kamili aveva avanzato a passi sconnessi ed insicuri fino ai loro piedi, con le braccia coperte di sangue e miracolo.
Jessica riprese le normali funzioni del suo corpo assassino. Il rito era stato spezzato da un istante all’altro, e le piccole venature verdastre erano perite una dopo l'altra, trasformandosi in neri corridoi senza sangue né gloria.
Una strana essenza, quasi si fosse trattato di una sabbia fosforescente, si era posata dalle spalle fino alle unghie della ragazza.
Leila ripensò alla sua storia, e finalmente colse quel che di fatato risiedeva in Kamili:
«Come ho fatto a non pensarci prima!» si colpevolizzò Leila, irrigidendo le sue mascelle delicate.
«Mi sono sbagliata.» pensò Jessica, quasi incatenata dalla luce di Kamili, troppo fastidiosa, troppo vitale «Dentro di lei non risiedeva solo una parte di noi, ma anche qualcos'altro...qualcosa che era rimasto sopito fino a questo momento, e che in questo momento ho paradossalmente risvegliato.»
Kamili si accasciò tra le braccia di Leila, e tentò di sforzare la sua dolce voce. Piccoli sospiri evasero dalla sua bocca, fuggendo dalle sue labbra:
«Forse...la devo ringraziare, ora so che cosa non andava...in me.» una tosse dispettosa le fece irrigidire i muscoli, e Leila tentò di dissuaderla. Ma era più forte di lei, solo in quell’istante si sentiva se stessa, era una dichiarazione di felicità «Avevo in me un essenza mostruosa...un fluido mortale...ma ora sono libera...» il sonno vinse sulla debole ragazza che sorridente, si separò dalla coscienza per l'ennesima volta.
«Mamma, come sta?» chiese apprensiva una Jane piuttosto disinteressata «Qualcuno potrebbe spiegarmi che diamine sta succedendo?!»
«Nell'acqua, il processo di dissolvenza dei Green Blood viene rallentato, l'ho provato io stessa con un esperimento qualche anno fa. Questa ragazza è stata gettata nelle acque che circondano il villaggio di Nati. La corrente l'avrà fatta cozzare contro delle rocce che l'hanno ferita, ed è stato in quel momento che il suo corpo ha assimilato le particelle Fairy Tale e anche l'essenza dei Green Blood. Evidentemente la concentrazione di quest'ultima era maggiore, ed inibiva la sua controparte, almeno fino ad ora...» Leila porse con accuratezza, quasi stesse trasportando una giara di cristallo, la ragazza dalla pelle di cioccolata a Green Killer «Portatela al sicuro, dove possano prestarle delle cure urgenti. Te lo chiedo come un favore.»
«Mi raccomando, occhi cremisi. Rendi giustizia a questo Drago.» rispose Green Killer, prendendo in braccio la ragazza «E non farti ammazzare. In fondo mi stai simpatica.»
«Ce la farò. Ora è meglio che andiate.» rispose svelta, mentre Jessica riuscì finalmente ad alzarsi «Giustizia...magari ci fosse solo lei dietro a tutto questo. No...qui c'è in gioco molto di più.» rimuginando, si poté intravedere il riflesso di Russell apparirle proprio davanti agli occhi.
«Un potere interessante, quello del fiume Fairy Wing...ma in questo caso è stata la base per una missione fallimentare. Quel sangue è inquinato ormai.» disse l'arpia ad alta voce, attirando l’attenzione di un pubblico fantasma "Sono mortificata, Maestà."

Non agitarti, servitrice devota della vendetta. Nemmeno io sarei riuscita a prevedere questo fastidioso smacco.
Quelle disgustose lucciole danzanti hanno rovinato ciò che c'era di nostro nel suo corpo.
Almeno lo sappiamo, Kamili è perfettamente inutile per noi.
Passa al secondo piano.
E' il tuo preferito Jess.


«Lo sterminio, libero da ogni vincolo.» realizzò il Deep Green dopo che quella falsa voce della coscienza sparì dalla sua mente «Perfetto, proprio come desideravo, Maestà.» mormorò la spietata, gettando a terra una piccola ampolla di vetro soffiato, ideata per raccogliere il nettare prezioso contenuto nella ragazza.
Un piccolo sisma fece sobbalzare dolci onde di capelli nerissimi, corona di una moglie sperduta.
«Sei sicura Leila? Giochi d'azzardo con la tua vita? Non sarò io che ti fermerò...» esclamò la disgustosa creatura a sei braccia.
I suoi occhi diventarono quelli di un rettile, mentre vistose ciocche di capelli dorati cominciarono a piovere dolcemente dalla sua testa.
Quel colore violaceo sfumato di grigio, dipinto perfettamente sulle braccia dell'arpia, iniziò a contagiare tutto il suo corpo. Crebbero i suoi canini pronti ad affossarsi nella carne, la sua lingua divenne biforcuta, come quella dei serpenti. Tutto il suo corpo acquistò una massa muscolare considerevole, diventando imponente, magistrale, in una mise decisamente elegante. Era identica a come Jane l'aveva descritta al campo militare. Era proprio lei.
La vera Jess, quella che desidera solo assaporare l'ultimo respiro dell'anima che disgraziatamente incappa nella sua strada.
«Ora non si gioca più.» esclamò Leila, che venne avvolta da una tenera nebbiolina cremisi, la stessa sfumatura dei suoi impassibili e apatici occhi. Questa volta, alcune incrinature violacee resero quelle sfere luminose ancora più agguerrite. Una cromia più unica che rara.
La donna si tolse anche l'ultimo pezzo del suo rosso travestimento, e la sua chioma scura poté finalmente respirare, volteggiando in quel rosso candore che strinse Leila in un gradevole abbraccio. La rimozione del velo amaranto fece risaltare il volto di una sposa pronta a tutto.
Erano rimaste sole. Un infinità di mosse avrebbe reso una battaglia decisiva uno spettacolo mozzafiato. Ma al termine dell'ultimo rintocco, la vincitrice avrebbe visto perire l'avversaria.
Una di loro doveva morire, Leila ne era perfettamente cosciente.
«Diventerai l'agnello sacrificale di una causa persa, lo sai? Lascerai i tuoi figli senza una madre da coccolare, non te ne rendi conto?!» sentenziò l'essere rivoltante, un Deep Green persino sfacciato.
«Zitta.» replicò la donna, chiudendo gli occhi «Non capisci. Oggi ci sarà una svolta. Voglio donare qualcosa alla tua mala stirpe. Qualcosa che nel tempo non svanirà, sarà sempre dietro l'angolo, pronto a ghermirvi. Vi farò provare un terrore che nemmeno immaginate, vi pentirete perfino di essere tornati, al fine di vivere un'esistenza fallace. Non desidererete essere mai nati.»

«Matt...non ho parole...» balbettò Wesley, ancora con le fauci spalancate «Era da tempo che non vedevo un essere umano arrivare a tanta devastazione, mi fai quasi paura...»
«Risparmia i complimenti, alcuni nemici sono sopravvissuti, ora tocca a voi.» rispose Matt, inspiegabilmente modesto.
I Deep Green sopravvissuti alla deflagrazione composero un gruppo compatto, una schiera ordinata ed efficace, eppure sembrava restio ad avanzare.
«Hai visto?! Non c'è da preoccuparsi, oramai hanno paura di te!» lo elogiò Peter, lasciandosi sfuggire un piccolo scricciolo che si avvicinò alle caviglie di Matt. Una tenerissima lepre selvatica.
«Ehi, piccolino! Non dovresti essere qui in un momento come questo. Sei troppo carino per essere coinvolto in battaglie così pericolose!» esclamò un Matt infantile, accarezzando il batuffolo di pelo, prima di prenderlo in braccio «Sei proprio una simpatica palla di pel...»
Il ragazzino non finì la frase, poiché il leprotto mostrò delle fauci a dir poco anormali per un suo esemplare, e i suoi giallissimi occhi la dicevano tutta riguardo alle sue intenzioni.
«Aaaaah!» gridò il ragazzino, lanciando il piccolo mammifero verso i Deep Green.
«Ma che diamine fai?! Ti diverti a lanciare delle lepri nel campo di battaglia?!» lo rimproverò Wesley.
«Fe-fermatelo! Quello non è una lepre, e non è nemmeno carino!»
«L'avrai afferrato per le orecchie e si sarà adirato.» replicò Wesley, troppo concentrato sul nemico per elaborare pensieri migliori.
«L'ho visto per un attimo...è un abominio, dovete considerarlo un nemico, come tutti gli altri!» si lamentò Matt, col cuore scombussolato «Non mi avvicinerò mai più ad una lepre in vita mia!»
«Io non vedo nessuna lepre!» esclamò Peter, non riuscendo ad identificare il roditore, che si confondeva con il terreno grazie alla sua pelliccia grigiastra «Aspetta, ma non è la stessa che si è diretto dai Deep Green?»
«Si...è proprio lei...non mi piace per niente!» mugugnò il ragazzino, non riuscendo a darsi un contegno, finendo per recitare la parte della ragazzina piagnucolona.
Un lampo verdissimo scese dal cielo sereno, colpendo tutte le orribili creature che sopravvissero al potere della penna. Solo il piccolo coniglietto rimase illeso, in mezzo a corpi di ragazze, che sembravano evaporare.
«Wesley...dimmi che non stiamo pensando la stessa cosa...dimmelo!» esclamò Peter.
«Certo! Ma prima, tu rispondimi che non stai pensando ad un rito sacrificale...» replicò il secchione della squadra.
Ad un tratto, i muscoli del tenero animaletto sembrarono trasformarsi in malleabile gomma, poteva essere l’unica spiegazione ad una mutazione incredibile, che accadde proprio davanti ai tre ragazzini: non tutte le lepri diventano grandi come un elefante da un giorno all’altro, e non era nemmeno il dettaglio più inquietante.
Era come se la pelliccia del roditore non avesse resistito all’estrema espansione, il che la rese un cumulo di brandelli poco invitanti. Le ossa della mostruosità potevano essere osservate alla prima occhiata, attraverso quegli orribili squarci che la ricoprivano.
Sembrava non possedere nient’altro che ossa, non c’era nient’altro in quella vuota bestia, priva persino dell’anima. Le piccole fauci che Matt aveva notato poco prima erano diventate estremamente minacciose, per non parlare dei canini a sciabola che spuntavano dal muso.
La piccola e paffuta coda della lepre si era allungata, diventando una frusta fatta di ossa e putrefazione. Era bastato poco per rendere un soffice animaletto un essere deforme, non esisteva niente di più impressionante.
«Grazie, Green Soul! Credo che non mangerò carote per un bel pezzo!» strepitò il più terrorizzato dei tre, quello che poco prima aveva dimostrato un audacia fuori dal comune.
«Cosa facciamo? Non vorrei diventare il primo pasto di un roditore, tanto per intenderci!» esclamò Peter, intimorito dal mammifero deforme.
Mentre i tre rimasero immobili, senza sapere nemmeno dove poggiare le loro gambe intimidite, l’enorme Deep Green decise di prendere l’iniziativa. Con un lungo balzo superò senza sforzo i tre ragazzini inermi, dirigendosi verso Pervas, galoppando con le sue zampe scheletriche.
«Ecco! L’abbiamo fatto scappare!» esclamò Matt, senza rendersi conto di aver attirato quattro occhi furenti che avrebbero voluto divorarlo.
Il ragazzino cercò di rimettere i tasselli della calma al loro posto «Scusatemi, mi sono fatto prendere dal brutto spavento, non riaccadrà più! Potrei inseguire quell’abominio se voleste!»
«Non importa Matt…non riusciremmo mai a raggiungerlo.» puntualizzò Wesley «E non possiamo dirigerci verso quella parte, sarebbe troppo rischioso. E poi se disobbedissimo a Loretta le conseguenze sarebbero ancora peggiori!» il secchione rabbrividì, avvertendo lo sguardo glaciale del Tenente Generale. Una pena da evitare con ogni mezzo.
«Non cerchiamo inutilmente il colpevole!» affermò Peter, cercando di scuotere gli animi incerti dei compagni «Quella…cosa…probabilmente ci avrebbe fatto a pezzi! Non temete, il Generale e tutti soldati se la caveranno.» non poteva trovar soluzione migliore che un vaccino a base di fiducia.
«Toglimi una curiosità…» esordì nuovamente Wesley, mentre Matt parve un ladro mascherato, sul procinto d’esser scoperto davanti ad una folla inquisitrice «Non crederai che mi sia bevuto il cervello, spero. La tua è stata una buona commedia, ma secondo me ci nascondi qualcosa. Dietro quella devastazione…cosa c’è veramente?»
Matt tentò di allontanarsi dall’ispettore Wesley, ma inciampò sui suoi stessi piedi, barcollando come un ubriaco. In quel momento, persino un burattino di legno avrebbe saputo celare una bugia meglio di lui.
Sorrise in modo angelico e si grattò la testa, sintomi di una confessione che oramai stava per sottrarsi al suo respiro: a questo punto, la sincerità era l’ancora di salvezza più solida.
«E va bene, vi dirò come sono riuscito a far diventare il campo di battaglia un cielo fatto di fuochi artificiali, ma se direte soltanto una parola al di fuori di questo bosco…»
Mentre Matt vuotava il sacco, il sottosuolo veniva lentamente divorato da una violenta battaglia.

La Risorsa di Leila rotolò per terra con violenza. Il frutto di qualche minuto di battaglia aveva decretato un eroina disarmata facilmente, che in quel momento, stringeva i denti dal dolore: Jess l’aveva assalita troppo repentinamente per i suoi riflessi, e la donna non aveva fatto in tempo a premere il grilletto della balestra. L’osso dell’indice sinistro, piegato all’indietro in modo anormale, non era riuscito a resistere alla bestialità di un demone vorace.
«Mi ha rotto un dito con un solo attacco. Fortunatamente non sono mancina, ma non posso permettermi di sbagliare ancora…» pensò la donna, che quasi insensibile alla sofferenza, rimise al suo posto l’indice come se nulla fosse.
«Mi divertirò a spezzare le tue ossa una dopo l’altra.» commentò Jess, anche se ben poco rimaneva di una ragazza passionale, oramai oscurata da un mostro ripugnante.
«Cosa aspetti allora? Vieni a prendermi.» la provocò Leila.
La Risorsa era lontana, e per la percossa subita sembrava come incosciente. Tuttavia, il suo splendente candore non aveva abbandonato l’impassibile possessore. Leila si preparò a combattere l’avversaria a mani nude, mente una delle braccia della Green Soul si esibì in un altro assalto micidiale.
Incredibilmente, Leila afferrò il pugno diretto alla sua fronte, come se avesse preso spunto da una premonizione. La forza di reagire di certo non le mancava.
«Illusa!» gridò l’amante mortale, sfoderando tutte le sue braccia al fine di percuotere l’avversaria con ganci lesti e silenti.
Erano dodici martellate mortali al secondo, ma questo a Leila non interessava. E così, Jessica venne nuovamente sbalordita da quella che sembrava pura perfezione: forse nemmeno la donna dagli occhi cremisi si rese conto di aver bloccato dei veri e propri proiettili a mani nude, ma neanche questo le importava. Il suo pensiero fisso non poteva cambiare, quasi avessero programmato la sua volontà:
«Posso cavarmela benissimo anche da sola.» affermò meccanica, sferrando un unico, potentissimo uppercut ad una Jessica incredula.
L’arpia venne scagliata contro il soffitto della stanza, che a stento resse quell’affronto. Leila corse immediatamente verso la sua Risorsa, la quale, aveva tentato in ogni modo di comunicare nostalgicamente con il suo possessore. Afferrò l’arma e prese la mira. Ispirata da Artemide, gridò:
«Collision of Anger!»
Le aquile scarlatte eseguirono il comando, leali come sorelle piumate, infrangendosi proprio di fronte a Jessica.
Nuovamente, l’immolazione delle aquile aveva causato fiamme rosse e fumo grigio.
E’ da li che ricomparve l’arpia, ferita nella carne e nell’orgoglio, un piccione viaggiatore che afferrò Leila, depositando violentemente il suo messaggio sulla parete rocciosa più vicina.
La madre di Matt si rialzò istintivamente dopo il forte urto, nonostante la schiena le stava implorando di darle un briciolo di respiro. Dovette riabbassarsi, poiché le sei grinfie appartenenti al Deep Green tentarono di lacerarla, graffiando fortunatamente solo pietra e polvere.
Mamma Wolfram, con un rapido movimento di gambe poderose, si spostò dalla sua posizione, ora non era più con le spalle al muro. Ed ora una nuova aquila era pronta a viaggiare con le ali spiegate.
Jess riuscì a deviare il dardo assegnatole con così poco riguardo, ma nulla la poté salvare dalle mani divine di una donna dal cuore spezzato. Leila scagliò uno schiaffo dalla velocità di una frustata, che si infranse sul volto della nemica.
Fu destinata ad un nuovo, deplorevole abbraccio con la roccia. Questo non fece altro che alimentare la sua collera.
«Non hai capito Leila…non hai capito con chi hai a che fare!» sentenziò il mostro tastandosi la guancia sinistra, irrimediabilmente danneggiata «Non puoi vincere contro la morte, non importa quanto tu e la tua Risorsa siate in simbiosi. L’umanità non potrà mai vincere sulla morte.»
«Sei coraggiosa per parlare in questo modo!» replicò la donna, ridacchiando in una conversazione da salotto «Tu hai cercato di fingerti la morte, ma come vedi, posso benissimo farti del male. E anche se fosse non mi tirerei mai indietro. Piuttosto…perché ti sei voluta fingere la Green Soul? Volevi solo intimidire i nostri animi…o c’è dell’altro?» aveva parlato troppo per i gusti di Jess.
Con un grido straziante, non accettò quella profonda sicurezza, che colmava quasi nell’orgoglio. Gli occhi divertiti, la bocca sorridente e allo stesso tempo impassibile, erano scherni di un torero fin troppo fiducioso.
Jess voleva rimettere l’umanità al suo posto, nei bassifondi della vita. Decise di mettersi in azione.
«Aspettami Green Soul. Toccherà anche a te.» la mente di Leila non aveva mai smesso di pensare a quelle mani, sporche del sangue di suo marito.

La difesa della città sembrava reggere. Tutti gli ufficiali accorsi per diventare l’ultimo scudo di Pervas non si erano distratti un attimo, e ad ogni ondata di nemici i loro fucili mitragliatori erano sempre pronti. I proiettili non mancavano e il numero dei feriti erano totalmente gestibile dalla squadra medica. Eppure… Chester non era per niente a suo agio.
Aveva combattuto assieme alla prima linea delle forze armate, ma nonostante il nemico sembrava aver chetato i suoi istinti omicidi, l’orizzonte era un mare in burrasca:
«Perché in ogni battaglia da un momento all’altro arriva questa sensazione?» rifletté Chester, in un momento di tregua.
Attorno a lui, il campo di battaglia aveva reso il boschetto verde vicino a Pervas un ammasso irriconoscibile, Deep Green semi-dissolti giacevano attorno a lui, in una macabra fossa comune.
«Qualcosa non va Generale?» chiese Miriam, rimasta al suo fianco per tutta la caotica crociata.
«Secondo i nostri calcoli dovremmo aver annientato al massimo l’ottanta per cento dei nemici stimati. Perché allora non si fanno vivi? Le nostre difese diverranno più forti appena altri rinforzi accorreranno dagli altri stati…» constatò Chester, continuando a vedere il bicchiere mezzo vuoto.
Ad un tratto, la Risorsa del Generale Massimo fece di testa sua. Il teschio sotto il manico del coltello cominciò a mordicchiare la mano del suo possessore, ma non per un attacco di fame, ne per pura cattiveria.
Qualcosa stava arrivando dalla Foresta Cinerea.
«RITIRATA!» gridò il metallaro mancato, mentre i suoi sottoposti rimasero confusi, come se il mondo stesse girando troppo velocemente.
L’orribile Deep Green dalle origini di lepre aveva finalmente trovato tanti, tantissimo compagni di gioco. Uno valeva l’altro, poco importava a quella belva bussare alla porta delle loro vite: la morte aveva sempre la chiave di scorta.
La creatura scavalcò Chester e Miriam con un balzo, capitando proprio in mezzo al secondo plotone.
Fu l’inizio di scoppiettanti spari disperati. Un gruppetto di quattro cadetti scaricò mille punture d’acciaio contro l’abominevole leprotto, ma in pochi secondi, scoprirono che avevano sollevato solo carne e polvere.
il Deep Green, per quanto il suo corpo fosse stato devastato, restò sulle sue quattro zampe impervio. Era ormai un ammasso di ossa, ed era tutto quel che bastava per reggere una bestia immonda.
«Ossa?!» strepitò Chester «Non sono mai stati altro che polvere! Dovete scappare!» ordinò il Generale da lontano.
Accompagnato dall’affascinante Miriam, Chester tentò di raggiungere in tempo gli ufficiali coraggiosi, ma la famelica voglia di sangue fu più lesta.
Graffi orrendi sgozzarono quel che di vitale c’era nei quattro sciagurati, portando il panico tra i più giovani, ira tra gli adulti e rassegnazione tra gli anziani. Il Deep Green si voltò di scatto, altre prede sembravano attenderlo per la succulenta caccia all’essere umano, ma qualcuno riuscì a distrarlo:
«Ehi! Coniglio Pasquale! Guarda verso di me!» gridò Mike, ricoperto di una armatura disordinata, fatta da roccia lavica e potenza.
La belva si voltò nuovamente, ma non si aspettò che la sua nuova preda la colpisse sul muso con la forza della montagna. Il Generale e la donna dai capelli a caschetto riuscirono a sbarrare la strada al Deep Green, se si fosse avvicinato troppo al fiume avrebbe potuto raggiungere la città con un solo scatto.
La riconoscenza verso Mike durò ben poco.
La solidissima roccia lavica, -che il bulletto pel di carota aveva adoperato come protezione- era rimasta contusa e semi-spezzata, mentre il muso ossuto del Deep Green pareva aver ricevuto la più malleabile delle carezze.
«Mike, spostati da lì!» Miriam non fece in tempo a salvare Mike dalla sorte di un birillo sfortunato.
Con un rapido movimento della coda, il Deep Green spazzò via ogni possibile ostacolo davanti al suo atroce cospetto. Mike subì uno sgambetto dalle proporzioni colossali. Dopo qualche brutale piroetta, il ragazzino s’infranse sull’albero più vicino.
Il Deep Green si compiacque di aver lanciato in orbita il povero bulletto, incosciente, abbracciato dai rami robusti e accarezzato da soffici foglie multicolore. Il fiero pasto della lepre venne interrotto: mentre Miriam diresse gli ultimi soldati verso la base, Chester si pose davanti al mostro, rappresentando da solo la sua razza, il soldati caduti, il suo onore.
«Sono io il tuo uovo di cioccolato, io e nessun altro. Prova a scartarmi.» affermò Chester sicuro di sé, desideroso di vendicare i suoi sottoposti.
L’essere deforme non aspettava altro che quella proposta. Catene di ossa cercarono un altro capro espiatorio, ma quest’ultimo fece un salto mortale, giusto in tempo per non essere abbattuto. La lama del suo coltellaccio mirò alla spina dorsale:
«Più duro del diamante! L’ho appena scalfito!» esclamò il condottiero dell’esercito, che stava facendo tenere tutti i suoi sottoposti col fiato sospeso, respirando sulle canne dei loro fucili automatici.
Un artiglio giunse da sinistra, appena Chester mise nuovamente piede sulla terraferma.
Un rapido spostamento di collo e spalle salvarono l’irreparabile. Il secondo assaltò però, fu molto più repentino, e costrinse il ragazzo col pizzetto a riporre la sua fiducia nella Risorsa, l’unica cosa che lo separava dalla ghigliottina.
Cuori e munizioni tremarono nel momento in cui ogni spettatore si accorse che la coda ossea, nascosta agli occhi del Generale, aveva puntato il suo petto come una freccia inevitabile.
Chester non fece la fine dell’ingenuo stolto. Non era giunta la sua ora, non ancora.
Sbatté il suo scarpone destro sul terreno, che magicamente, si sgretolò. Il Talento in grado di sgretolare la crosta terrestre ammirò una delle sue varianti più stravaganti. Il Generale trovò il momento perfetto per un esaltazione della fantasia.
Sfuggito alle grinfie del Deep Green, Chester assistette al fulmineo ritorno di Miriam, che con un portentoso calcio volante, armato da una scarpone da trekking, fece rotolare la belva lontano da Pervas.
«Di certo non lascerò che la mia città natale venga protetta da un uomo!» esclamò la piccola donna, a suo agio tra tronchi d’albero spezzati e tristi aromi floreali.
«Ma quanto siamo spiritosi…» commentò il Generale, non capendo perché, ogni qualvolta l’ironia sbucava dalla sua tana, l’obiettivo dello scherno doveva essere sempre lui «Facciamo in modo che non ci scavalchi, sfamandosi con il mio esercito, e magari anche mezza Pervas...»

Leila stava aspettando la prossima, diabolica decisione di una Jess piuttosto indecisa. L’arpia era turbata, forse per la prima volta nella sua seconda vita. In fondo si era sbarazzata di qualsiasi impaccio nel giro di pochi attimi, una sanguinosa routine che era sempre dimostrata inarrestabile.
«Così…continua a guardarmi…» pensò Jessica, coinvolta nel combattimento fino all’ultimo muscolo, e tenendo due dita incrociate tra le tante braccia a disposizione «Incredibile, non avevo mai chiesto aiuto dalla fortuna. Una concezione umana, che riflette ancora la mia inferiorità rispetto a Lei. Maestà, non la posso deludere, questa sognatrice vedrà di cosa sono capace!» il Deep Green schioccò le dita di nascosto, e in men che non si dica la sua avversaria avvertì una forte scossa attraversarle la schiena, prima di rimanere completamente paralizzata.
Grazie alla sua indefinibile tenacia, Leila riuscì a mantenersi in piedi, nonostante ogni suo arto aveva ammutinato la nave del suo organismo:
«Piuttosto che inchinare le mie membra verso di te…preferisco morire così, con la testa alta!» gridò la donna, presa in contropiede, puntando sulla poca dignità che oramai, dopo tanti anni le era rimasta.
«Accetterò il tuo invito, umana.» replicò il demone dalle sei braccia, sbattendo le ali verso un obiettivo apparentemente inerme.
Jess dovette fermarsi a metà strada, dieci aquile avevano raggiunto la loro padrona, un nido che non poteva essere distrutto, e che andava protetto ad ogni costo. Aggredirono assieme la bestia alata, dando il tempo a Leila di riprendere pian piano -dalla punta dell’alluce fino a quella del suo naso- il completo controllo del suo corpo.
In una disordinata disputa ali contro ali, piume contro piume, Jessica non riusciva a liberarsi dalle piaghe scarlatte che la stavano martirizzando. Un falco cadeva a terra, un altro falco tornava a colpire.
Leila interruppe il supplizio con l’ennesimo pugno, questa volta dritto nello stomaco, che spedì Jess contro la salma del povero Drago Quarantasette.
«Non è possibile…come può possedere un potere…del genere?!» meditò l’arpia, rialzandosi con qualche piccolo acciacco «Sembra quasi che tu non sia umana.» affermò ad alta voce.
«Forse un giorno lo ero, ma ora non lo sono più.» rispose Leila, approfittando di una piccola sosta, di cui entrambe avevano bisogno.
«Come sarebbe a dire?»
«Hai capito bene, cara mostruosità.»
«Voi umani avete il vizio di cadere nella retorica, cullandovi nelle parole come bimbi ingenui. Non sapete che l’Uomo Nero esiste veramente.» commentò l’arpia, inorridita da ciò che alimentava la sua nemica: emozioni.
«Credi che stia scherzando? Comprensibile. Tu non hai più un cuore, forse non l’hai mai avuto.» Leila scosse la testa, quasi compassionevole «Non potresti mai capire, che nel momento in cui ho visto il mio Russell…la mia ragione di vita, bruciare tra le fiamme attraverso un piccolo schermo impassibile, io sono scomparsa. Non sono mai stata più la stessa. Se non mi fossi trasformata in androide senza amore, a quest’ora mi sarei uccisa, per riposare accanto a lui nell’eternità. Insieme.» si era imposta di non piangere, e ci riuscì, a fatica.
Non voleva dimostrarsi fragile davanti ad un essere insensibile.
Jess non rispose rapidamente. Analizzò tutto ciò che aveva pronunciato la sua avversaria, in cerca di una possibile anomalia. Era agitata. La sua storia in fondo non era così diversa.
«Io ho rinunciato al cuore, è vero.» rispose, dimostrando per la prima volta un rispetto inusuale «Ma per una ragione. E’ sempre stato una cosa incomprensibile per me. Non ha fatto altro che battere, e battere ancora. Violentemente, nel mio petto. E’ per merito suo se ho scelto questa strada.»
Leila rimase di stucco, non si sarebbe mai aspettata una risposta quasi del tutto umana. Tentò dunque di scoprire qualcosa di più sull’avversaria:
«Se davvero credevi nell’amore, perché adesso professi la morte? Perché diventare la serva della Green Soul?»
«Perché?! PERCHE’?!» gridò l’arpia, sempre più adirata «L’amore…non è altro che un falso dio, un letto di spine, pura ipocrisia! Puoi amare, amare fino alla morte. Ma se si è destinati a rimanere soli, amando qualcuno che nemmeno sa che esisti, allora tutto questo non è altro che una roulette russa. A me è toccato il proiettile nel cervello.»
«E stai facendo tutto questo solo e solamente per vendetta?» chiese Leila, cercando di scavare ancora più a fondo.
«No…io non volevo diventare così, diventare come loro. Ma la Green Soul, nella sua infinita saggezza, mi ha aperto gli occhi. Mi raccontò di quando l’amore della sua vita la tradì. Era come sentire la mia storia sotto una luce diversa. La nostra vendetta giace proprio su questo.»
«Ingenua, ti avrà sicuramente mentit…»
«No!» la interruppe Jessica, alzando le ali come simbolo di sconforto «Per quanto le sue parole sembrarono vane bugie, io capì la verità, capì che tutto ciò era vero.» rispose in difesa di sua Maestà.
«Quindi…questo uomo o questa donna…ha generato una stirpe di mostri… per amore? Non è possibile…» rifletté Leila sconvolta, mentre Jess si mise nuovamente sul piede di guerra.
«Basta parlare. Sai fin troppo. L’unica cosa che sarò costretta a rivelarti, è un privilegio che porterai con te per tutta la vita…» la stanza sembrò risucchiare la poca luminescenza che proveniva dalle pareti saettanti, soffiando un velo di polvere verde su tutta la sua superficie «…l’incantesimo che ha ucciso il Drago alle mie spalle!»
 
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view post Posted on 15/2/2014, 14:09     +1   -1
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Wow che capitolo intenso… Come al solito d'altronde.
Più che altro c'è parecchia azione, sembrava quasi ce ne fosse più degli altri capitoli…
Mi dispiace un sacco per Mike… Ormai è diventato uno dei miei personaggi preferiti e quello che gli ha fatto quel coniglio troppo cresciuto è bruttissimo povero :(
Inoltre trovo stupefacente l'ultima parte del capitolo. E' davvero grandiosa.

Volevo oltretutto farti i complimenti per la ff del contest… Non ho votato te solo perché sono stata coinvolta emotivamente dalla ff "Gioco del destino" che a quanto pare hai votato anche tu, ma se non fosse stata per quel fic, avrei sicuramente votato la tua, come ti avevo già detto per MP ^^
 
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view post Posted on 15/2/2014, 17:37     +1   -1
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Grazie ancora per tutto! Comunque alla fine potevi mettere anche il tuo nel sondaggio: a parte qualche eccezione la media di scrittura era adeguata per una fanfic come la tua, e secondo me, siccome non ha vinto la migliore, partecipare non costava nulla! ;)

Comunque si, c'è stata più azione del solito, in questo caso siamo nella fase "calda" della vicenda. E si, quel "coniglietto" non guarda in faccia a nessuno!
L'ultima parte l'ho scritta sia per allentare la tensione, sia perché volevo che facesse capire alcune cose riguardo un nemico che nonostante tutto, è diverso dagli altri.

Non resta che scrivere il prossimo!
 
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view post Posted on 27/3/2014, 13:57     +1   -1
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Scusate per l'assenza (esami sono ammazza-tempo, si sa! xD) Dato il mio ritardo il capitolo è leggermente più lungo, spero che non risulti pesante vista la sua rilevanza, spero vi piaccia!

9.10 Sotto la Pelle


Difficile non avere il mal di mare in quella tribolata situazione.
Jess aveva ricreato lo stesso effetto nebbioso del ghiaccio essiccato, ma in questo caso, una perturbazione verdastra aveva deciso di invadere prepotentemente la stanza.
«Che cosa avrà potuto ridurre una bestia leggendaria ad un corpo senza vita?» pensò Leila, mentre la foschia svicolava sinistra accanto a lei.
«Ti piace questa grotta? Spero di si. Sarebbe un peccato se il luogo in cui riposerai per sempre non ti andasse a genio.» affermò superba l’arpia dalle sei braccia, in quel momento tese ed immobili.
I pugni chiusi del Deep Green non avevano nulla di invitante: tra quelle squame sgorgava un immenso potere, travolgente, un fiume di nero sangue.
Esitare non era di certo nello stile di Leila, e dopo che la sua Risorsa fu pronta ad emanare nuovamente la sua protezione cremisi, la donna scattò repentinamente verso l’incantatrice davanti a lei.

Val! Uridecos! Mar!


Jess continuò a ripetere quelle parole, quasi in preda ad una ridente isteria. La voce in ascendo, fino al grido. Le mani tremanti, parevano possedute. Gli occhi neri come una notte senza luna.
La Risorsa si era ripresa troppo tardi. Dalle nubi tempestose che soffocavano quell’umida stanza sembrano spuntare delle mani, evocatrici di libertà, pinne straziate in un mare di verde vendetta.
Una folla oceanica di ombre verdognole nacque dalla nebbia. Nessun arto, nessun volto. Solo due occhi gialli appoggiati delicatamente su un letto di nebbia verdognola e ostile.
«Non possono essere solo delle ombre.» rifletté la donna, un po’ incerta «Non voglio fare conoscenza con questi esseri, avvicinandomi troppo a loro…anche se qualcosa mi dice che questo è proprio quello che vogliono.»
La donna muoveva freneticamente gli occhi, un attento falco che contava le entità che stavano emergendo dalle vacillanti onde verdi. Mentre le aquile scarlatte la circondarono, incoronandola con le loro ali protettrici, la donna guardò nel volto della sua nemica, prima che la verde oscurità le sbarrasse la strada.
Un piccolo, appuntito barlume di terrore fece sussultare la madre di Matt, sembrò un singhiozzo improvviso, che bastò a confondere le sue idee già annebbiate:
«Mi è parso…mi è parso di vedere Russell attraverso quelle ombre…» sussurrò sempre più esitante.
«Non ti permetterò di aggrapparti nemmeno alla più insignificante delle cortesie.» la voce del Deep Green riuscì a perforare quelle anime smarrite «Una morte rapida sarebbe un inutile spreco. Dovrai soffrire quanto ho sofferto io. Scoprirai che l’amore non è nient’altro che una triste verità, e forse quando lo capirai, la Green Soul ti accoglierà tra le sue braccia di compassione…»
Con un cenno del volto, di quell’orribile volto, le ombre divennero cani sciolti. Come uno sciame di api, un esercito di fantasmi cercò di accanirsi sull’unica umana che si stava orgogliosamente combattendo. Un’ eroina, che ergeva speranzosa l’araldo dell’amore perduto.
Tra ali rosse e verde confusione, in quel tumulto vorace, Leila ebbe il coraggio di aprire gli occhi. La sua fidata Risorsa la stava difendendo con ogni mezzo, facendo magnanimamente lottare i dieci becchi scarlatti, affinché nemmeno il buio più repentino riuscisse a sfiorarle il viso.
Era troppo pericoloso restare in mezzo alla mischia, perciò Leila tento di evadere dal campo di battaglia. Sfortunatamente, appena riuscì a trovare un angolo apparentemente sicuro, qualcosa la scaraventò a terra brutalmente. Un terribile bruciore le aveva invaso l’avambraccio sinistro: era rimasto misteriosamente ustionato.
La donna afferrò la sua ultima bottiglietta d’acqua e ne verso la maggior parte sopra l’ardente pelle che stava strepitando per il troppo dolore. La sofferenza non diminuì, ma almeno la ferita venne benedetta da acque pure e gentili, portando via con loro le possibilità d’infezione.
Una grande fonte di calore sembrava provenire dalla sua sinistra. Una rotolata istintiva evitò che Leila rimanesse nuovamente bruciata dai raggi del sole. Una malevola stella che pareva voler ridurre la povera donna dagli occhi cremisi in flebili mucchi di cenere.
Finalmente, Leila riuscì ad individuare la boa in un mare verdognolo e confuso.
Jess la stava osservando divertita, mentre le sue ali emanavano inspiegabilmente un vapore dal respiro di scirocco.
«Mi ha scottato lei! Venendomi addosso con quelle sudice ali incandescenti!» esclamò la dama disarmata, cercando di non pensare al fuoco che stava divorando il suo avambraccio «E’ riuscita a ricorrere ad un cambio termico quasi istantaneo, e per giunta circoscritto solo ad una parte del corpo. Che razza di sventure può aver mai subito una ragazza…normale, per essere diventata una macchina di morte talmente sofisticata?» pensò Leila, mentre tentava frettolosamente di trovare la strada giusta, cercando di destreggiarsi tra versi d’aquila e fantasmi di smeraldo.
Jess spiccò di nuovo il volo, e Leila non poteva far altro che voltare le spalle ad un destino che non le apparteneva. Per evitare la minaccia più rovente la donna non si accorse che un’ ombra fuggiasca, sfuggita al fiero becco delle sfinite aquile, le si pose davanti. Una leggerissima colonna d’Ercole, che non poteva essere superata. Mentre Leila valicò disgraziatamente quel confine, l’entità maligna l’avvolse nel suo impalpabile abbraccio, trapassandola come un sospiro.
Le valorose aquile avvertirono subito che c’era qualcosa che non andava, una dissonanza in una meravigliosa melodia, tutto era diventato stonato e incomprensibile.
L’unica cosa che le sorreggeva la testa era il suolo. Non era un dolce sonno il suo, le sue iridi cremisi rimasero spalancate da quel orribile contatto, il respiro completamente fuori uso. Forse solo il cuore in quel momento, stava combattendo per lei.

Non morire…pensarono le dolci ali d’angelo all’unisono. Il campo di battaglia si svuotò come una bottiglia di vetro, troppo fragile per non immolarsi in piccoli impercettibili pezzettini.
Leila era rimasta in mezzo a quella stanza buia, dove sembrava abitare la morte. Fredda era la stanza, così come lo sguardo di Jess, affaticata e con le antenne ancora in tensione. L’arpia non rideva, nonostante sembrasse aver strozzato l’ultima speranza. Nel silenzio, le dieci aquile, senza più nubi da scacciare, si raccolsero attorno ad un corpo simile ad un rosso cristallo. Sembrava che luce e oscurità si prendessero per mano, per rendere omaggio al primo guerriero caduto. Nessuna fazione, nessun lato della scacchiera sembrava contare.
Dieci rondinelle cominciarono a piangere. Mentre Jess voltò lo sguardo, quasi quel volto senza anima le facesse scalpore. Sembrava che il Deep Green fosse si stesse preparando a recitare un sofferto elogio funebre.
«Accidenti Leila…questa me la paghi…» sussurrò il Deep Green, osservando le aquile, amiche immortali.

«Russell!» gridò Leila, svegliandosi nel letto di casa sua, il marito sonnecchiava proprio di fronte a lei.
«Tesoro…non si urla alle sei del mattino!» sentendo nuovamente la voce dell’amato, Leila non crebbe ai suoi occhi.
«No…tu sei…» balbettò, rosicchiandosi l’unghia del pollice «Questo non è reale…questo è un sogno.»
Russell le diede un leggero pizzicotto. Il calore della sua mano fece fremere la delicata pelle della donna, timorosa di veder sfociare suo marito in un mare di sabbia.
«E’ sempre un sogno con te, piccola mia.» affermò il galantuomo sovrappeso, sfoggiando quello sguardo strafottente che l’aveva sempre fatta impazzire.
«Piantala, spiritosone!» replicò la donna, ridacchiando.
Si stupì di quanto fosse automatico ridere assieme al defunto marito, ma c’era ancora una pulce nel suo orecchio. Qualcosa che la faceva dubitare. Reale o non Reale?
Non poteva fidarsi della sua mente, non poteva fidarsi del suo corpo. L’unica arma rimasta a disposizione era il desiderio che tutto quel che stava vivendo fosse realtà. Eppure, era troppo vero per essere un sogno.
«Andiamo in cucina! Ho voglia di fare una colazione abbondante!» esclamò l’allegro pancione, alzandosi dal letto con uno scatto repentino.
«Hai sempre avut…hai sempre una fame da leone la mattina. Sai sempre come rimpinzarti di qualsiasi goloseria ci sia in questa casa!» commentò Leila, tentando disperatamente di non tradirsi davanti ad un volto che non vedeva da dieci anni.
Leila si alzò dal letto, ma immediatamente, le calde lenzuola verde oliva la richiamarono a sé. Un capogiro piuttosto inusuale per una donna forte come lei. Mentre la madre di Matt si toccò la fronte, cercando un ago che le avesse penetrato perfino le ossa, Russell le prese la mano e si assicurò che la donna stesse bene.
«Che ti prende? Hai avuto un mancamento?»
«Sto bene Russ, sto bene. Forse ho dormito per troppo…troppo tempo, tutto qui. Un caffè è tutto tornerà come prima.» rispose la donna, sorridente, nonostante i suoi occhi manifestassero una lotta interiore, struggente come mai prima d’ora.

«Maledetto roditore!» imprecò Chester.
Con Miriam al suo fianco, il Generale stava tentando di vendicare i suoi soldati, mettendo a tacere una bestia che certamente nel mondo dei vivi era fuori posto. Ma il Deep Green sembrava non avere punti deboli: per quanto la sua pelle venisse scalfita, le sue ossa restavano sempre salde e pronte a muoversi armonicamente, suggellando assalti uno più pericoloso dell’altro.
Chester e Miriam erano sufficientemente agili per evitare che il graffio della morte li conducesse all’altro mondo, ma entrambi non sapevano più come uscire da quella situazione. Colpire la pelle morta era inutile, così come percuotere delle ossa praticamente indistruttibili.
Una battaglia dove entrambi gli eserciti avevano sprecato tutte le munizioni, rintanati in piccole trincee, tane per topi confusi e vulnerabili.
«Possibile che non abbia niente di meglio da dimostrare?!» la frustrazione faceva scappare dalla bocca di Miriam sospiri piuttosto velenosi, senza una vera e propria volontà.
«Gentile da parte sua!» esclamò ironico il Generale Massimo «Comunque si, ho ancora qualcosa nel mio cilindro magico, ma sarebbe tremendamente dispendioso. L’ultima cosa che vorrei sarebbe rimanere a secco quando c’è in circolazione un Deep Green molto più temibile in circolazione! Non posso permettermi alcun riposo.»
«Almeno lei ha delle idee, io ho colpito quelle dannate ossa in tutti i modi, ma è stato come sferrare dei calci ad impervie onde. Ora sto annaspando in cerca di una boa.» commentò la donna, sfoggiando una vena poetica.
La famelica lepre non riuscì a trattenere tutti i suoi istinti, e subito dopo quella frase, si scagliò improvvisamente contro i due interlocutori. Presi in contropiede, i due fecero un balzo in direzioni opposte, per impedire alla bestia di acchiappare entrambe le prede.
«Aspetta, forse mi sono scordata di un punto debole, praticamente universale!» pensò la donnina, alla destra del Deep Green, mentre la sua Risorsa si trasformò nuovamente. Gli stivali di pelle nerastra con tacco a spillo vennero tirati fuori dall’armadio.
Miriam alzò la gamba sinistra in direzione del nemico, e fece partire una pioggia di aghi azzurrini, mirata all’occhio della bestia. Incredibilmente, perfino i bulbi oculari del Deep Green condividevano la stessa materia delle ossa, grazie a cui l’orrendo animale si muoveva come se nulla fosse. Non aspettandosi un risultato così infausto, la donna rimase senza armatura.
Chester tirò fuori la sua pistola preferita, e cercò di attirare l’attenzione dell’enorme mammifero. Dato che i proiettili rimbalzarono sulla coriacea struttura del Deep Green, Chester si candidò come l’esca più appetibile.
La belva proveniente dalla morte, riuscì a sferrare un violento ed efficace colpo di coda, quasi una frustata. Riuscì a disarmare il Generale Massimo, facendo schizzare in aria l’arma da fuoco che stringeva in mano.
Chester sembrava un lenzuolo pronto a finire in piccolissimi brandelli di sanguinosa stoffa, fortunatamente, la donna dal caschetto nerastro riuscì a stampare la suola delle sue scarpe sul muso dell’orrenda mostruosità, proprio in mezzo agli occhi. Il Deep Green assaporò per la prima volta il gusto del dolore, schiamazzando come un condannato a morte.
Ed ecco che davanti ai due combattenti si aprì una finestra del tempo. Giusto il necessario per battere in ritirata: il tempo di rintanarsi in una fragile culla, posta su un albero fin troppo ballerino:
«Perfino gli occhi sembrano fatti di pietra!» esclamò Miriam con tono svelto e parole abbracciate tra loro.
«In questo momento non posso far bombardare quattro sequoie per far saltare in aria un solo nemico!» esclamò il Generale, guardandosi attorno.« Ma se avessi tempo a sufficienza, potrei sfruttare uno dei miei Talenti per farlo saltare in aria una volta per tutte.» aggiunse il responsabile ragazzo, particolarmente irritato dalla spinosa disputa.
«Voglio tentare. Se è essenziale che lei non si affatichi sarò felice di aiutarla a sviluppare questa alternativa. Ma in questo caso, vorrei che mi facesse un favore.» chiese Miriam, con la fretta di chi stava quasi per perdere il suo treno.
«Sarò lieti di ascoltarla, capace signora.»
«Signorina, Generale…sono signorina!» precisò Miriam, indurendo leggermente la voce.
«Signorina Squartata se non si sveltisce!»
«Vorrei che, nel caso la creatura mi catturasse, mi spari un colpo diretto alla testa.» la domanda fece venire la pelle d’oca ad un Generale impreparato, almeno per una richiesta così tagliente.
«Potrei anche farlo, ma perché essere così negativi?» rispose Chester, sbalordito.
«Non è quello il punto.» disse Miriam, diventando lievemente pallida «Anche nel caso in cui mi ferissi gravemente, io…non voglio passare altro tempo a soffrire, costretta in un letto d’ospedale. Sembra stupido lo so. Ma io…non voglio più provare quel dolore che ho provato quando mi sono sentita incatenata ad un’amorfa e bianca stanzetta, dove la tua unica compagna di vita è una patologia spietata. Non voglio più soffrire, ne far soffrire qualcun altro per la mia sofferenza. Per questo, me lo prometta Generale, mi faccia sentire a mio agio per questo difficile compito.»
Il Generale non seppe tradurre subito tutto ciò che una insolita Miriam aveva pronunciato. Era tutto esagerato, perfino per una donna con la fobia degli ospedali. Non c’era solo il dolore sotto la pelle, ma qualcosa di ben più grande. Una madre che per mesi non aveva potuto accudire i suoi pulcini, un trauma che non avrebbe voluto provare mai più.
«Farò quello che mi hai chiesto.» serissimo, il Generale si voltò verso la bestia, oramai in procinto di riprendersi.
«Stia tranquillo, non mi lancerò in una padella pronta a friggermi.» rispose Miriam, facendo un occhiolino come ringraziamento, dirigendosi verso il Deep Green, affrontandolo ancora una volta.
Chester prese un grosso respiro, pareva un drago sputa fuoco in attesa di aprire le sue fiammanti fauci, espirando vapore soffio dopo soffio. Non si sarebbe mai aspettato che la sua focosa meditazione sarebbe stata interrotta sul più bello: rami d’albero e coriandoli di corteccia piovvero inaspettatamente sul povero Generale.
Il malcapitato alzò la testa, prima di accorgersi che il Deep Green, rondine improvvisata, aveva spiccato un balzo tale da rimanere attaccato - con le unghie e con i denti – all’altissima sequoia che sovrastava un Chester colto nuovamente alla sprovvista.
«Una lepre che si comporta come uno scimpanzé?!» imprecò Chester, irritato.
«Generale, lo fermi!» gridò Miriam, correndo disperatamente verso il nido della bestia «Sta cercando di fuggire verso la sequoia sbagliata!» la donna indicò i rami quasi tentacolari, posti in cima all’albero che, in quel momento, cullavano il ragazzino dai capelli rossastri.
Sarebbe bastato un altro balzo ben calcolato, da tronco a tronco, per innescare un tête-à-tête all’ultimo respiro.
«L’ho tartassato per bene, eppure non sono riuscita a far cedere nemmeno il più minuscolo ossicino.» commentò Miriam, pensierosa «Non capisco perché di punto in bianco abbia cominciato a comportarsi da…coniglio.»
Uno scoppio d’intuizione divampò nella mente del Generale. Girandosi di scatto verso la bestia, non proprio a suo agio aggrappata come un felino al tronco della sequoia, riuscì ad intravedere il varco nella trincea: alcune ossa, appartenenti alla catena delle vertebre lombari, risultavano irrimediabilmente danneggiate, come dell’argilla debole e malleabile.
«Sono sicuro di averlo colpito proprio in quel punto…sbaglio o anche tu hai insistito su quelle ossa?» chiese rapidamente Chester, rivolgendosi al nero caschetto.
«Mi stai dicendo che sarebbe bastato concentrarsi su un unico punto per scardinare le sue malefiche ossa?!» rispose Miriam incredula.
Il Generale annuì, e saltando verso l’alto, si aggrappò al grosso tronco dell’albero, usando la sua Risorsa come unico appiglio; una difficoltosa scalata verso il cielo, che come unico obiettivo aveva l’eliminazione della bestia, da rispedire ai bassifondi della terra. Proprio da dove era venuta.
«Mi basta un affondo solo…ma se il Deep Green decidesse di saltare…ho paura che…» detto fatto. I suoi pensieri avversi divennero nefasta realtà.
La mortifera creatura, sapendo di essere in pericolo, con istinto e spirito di sopravvivenza come unici piloti, fece un disperato balzo verso l’albero dove il bulletto stava ancora riposando.
Raggiunse un punto molto elevato, e tremendamente vicino al letto dirami che sorreggeva il bulletto. Lo scossone che la creatura causò alla povera pianta lo fece immediatamente rinvenire, meglio di qualunque sveglia.
Miriam corse immediatamente alle radici della pianta, in quegli istanti che sembravano rallentati dal panico.
Chester sapeva di non poter raggiungere l’apice della montagna con un solo incredibile salto, c’era una sola cosa che poteva aiutare un ragazzino ad un passo dalla morte: il vibrante eco della sua voce, che avrebbe raggiunto le orecchie del bulletto come angelo custode.
«La schiena! Mike guardagli la schiena!» gridò il Generale, davvero ansioso.
Mentre il Deep Green avanzava, destreggiandosi tra la giungla di rami e la gravità, che tentavano inutilmente di rallentarlo, Mike notò le ossa scoperte della creatura.
Ma cosa poteva fare? Anche se si fosse avvicinato alla lepre assassina, colpire quel punto sarebbe risultato un vero e proprio suicidio annunciato. E Miriam era ancora troppo lontana.
Accadde tutto in un lampo. Guardando verso il sole, che rendeva i suoi occhi due piccoli pianeti fatti di giada, Mike decise di non pensare, e d’agire d’istinto. Proprio come la creatura che stava per squartarlo.
Prima che la creatura lo raggiungesse, con il suo possente braccio destro, percosse con tutta la sua forza il tronco principale. La sequoia emanò gemiti impressionanti, il tronco della pianta cominciò a incrinarsi, fino a diventare l’albero maestro di una barca alla deriva. Si spezzò in due, e tutti gli attori caddero nel vuoto.
Mentre Miriam si scostò in tempo, Mike e il Deep Green caddero dall’alto, faccia a faccia. Durante quella interminabile caduta, la lepre tentò finalmente di iniziare il suo banchetto, ma uno sparo interruppe la sua gola smisurata.
Il bulletto - con la pistola di Chester che miracolosamente era caduta tra le sue braccia - aveva sparato proprio nel punto giusto, riuscendo una volta per tutte a spezzare le ossa e la miserabile esistenza, di una creatura che mai sarebbe dovuto esistere.
Il tonfo di entrambi fu rumoroso quanto inevitabile. Ma quando la scena fu terminata, del Deep Green non rimasero altro che piccoli fiocchi di verde neve, che ascesero al cielo, abbattuti.
Miriam e Chester raggiunsero il bulletto accasciato a terra, veloci come la luce.
«Generale…ha visto? Ho fatto fuori quella dannata bestiaccia…» un esaltazione felice quanto sfinita, provenne dalle labbra di Mike.
Miriam si concentrò senza indugi sullo stato di salute del ragazzino, una piccola infermiera.
«Mike! Come ti senti, piccolo scellerato?» chiese severa, ma con un incancellabile ghigno sul volto.
«Mi sento quasi sottoterra, signora Sanders. Ma solo per la stanchezza.» puntualizzò il gioviale bulletto, mentre il Generale Massimo convocò immediatamente una squadra medica «Ah, dimenticavo. Perché la gamba destra mi fa male come se un elefante la stesse schiacciando?»
Miriam si voltò verso l’arto consunto, ed immediatamente girò lo sguardo impressionata. La caviglia destra di Mike aveva assunto una posizione decisamente innaturale, probabilmente dovuta ad una frattura.
«Ti ringraziamo per il tuo onorevole servizio, Mike.» li interruppe il Generale, gentile a metà «Ma la prossima volta, potresti non essere così fortunato. Il fatto che la mia pistola fosse atterrata proprio sul tuo stesso albero è una coincidenza come un'altra. Se non fosse andata così, a quest’ora saresti cibo per gatti.»
«Andiamo! Generale, deve ammettere che ho eliminato quella belva con una trovata che nemmeno lei sarebbe capace di escogit…» il bulletto venne interrotto proprio dal suo interlocutore, che apparentemente angelico, poggiò la sua mano sulla gamba malandata del ferito, zittendolo in un baleno.
«La prossima volta che tenterai di fare l’esibizionista dovrai passare sul mio cadavere, INTESI?» il grugnito del Generale mise in riga un Mike piuttosto rallegrato.
«Va bene…eseguirò gli ordini Generale!» rispose il ragazzino, quasi beffandosi della figura autoritaria che aveva di fronte.
«Ora vai a riposarti, prima che ti spedisca all’ospedale a calci!» intenerito, il Generale accarezzò la guancia dell’insubordinato soldatino, che aveva risparmiato a Pervas almeno una disgrazia.
Arrivò al squadra medica. Immediatamente la squadra medica immobilizzò la gamba del ragazzino, e prima di che fosse portato all’ospedale più vicino, i due adulti vollero salutarlo ancora una volta.
«Ti ringraziamo ancora, eroico bulletto.» disse Miriam, stampando il suo rossetto bordeaux sulla guancia di Mike.
«Rimettiti in fretta, avremmo sempre bisogno di persone valorose.» aggiunse il Generale, prima di accorgersi di un dettaglio apparentemente insignificante «Manca solo una cosa…la mia pistola, Mike. Ora me la puoi restituire.»
«Per forza?» chiese il bulletto, tentando di essere convincente.
«Per forza.»
«Nemmeno come ricordo?» insistette Mike.
«Nemmeno come ricordo.»
«Un giorno me ne regalerà una?»
«Nemmeno se piovessero rane.»
«Ecco a lei…» Mike, un po’ deluso, riposa l’arma da fuoco nelle mani del Generale. Lo aspettava una dolorosa convalescenza.
«Come crescono certi ragazzini…ogni volta mi stupisco sempre di quanto dei pargoli possono diventare grandi, in certe situazioni. Questo sicuramente mi darà la forza per non mollare.» esclamò Miriam, guardando il bulletto da lontano.
«E’ vero. Ne sono rimasto colpito.» commentò Chester, prima di voltarsi con aria perplessa verso la piccola collega «Possibile che la mia autorità valga come della spazzatura ammuffita?! I giovani di oggi sono irrispettosi e prepotenti, perdinci bacco!»
Miriam non poté fare a meno di ridere. Era l’occasione giusta per sfoggiare la gioia, perché ben presto le cose sarebbero potuto cangiare dalla parte del male.

Leila osservava la tazzina vuota del suo caffè, in cerca di risposte. Russell le accarezzò i capelli, e baciandole la guancia le sussurrò all’orecchio, dolcemente:
«Perché la mia piccola è così stralunata oggi?»
«Magari è solo un po’ di stanchezza.»
«Sicura di non volerti sdraiare sul letto? Ci sarò io accanto a te, non preoccuparti.»
«Vorrei…fare due passi, ti va Russ?» disse la donna, sbadigliando vistosamente.
«E i bambini?»
«Torneremo presto, te lo prometto. E’ da tanto che non usciamo all’aria aperta. Ci farà bene.»
In qualche minuto, i due si vestirono, e raggiunsero un viale alberato splendido. Foglie rossastre di allegri faggi divise da una passerella di pietra. I due mano nella mano.
«Odio quanto ti metti a fumare il sigaro, Russ.» disse amena Leila, tossicchiando davanti al fumo che avvolgeva il viso del suo amato.
«Potrei smettere…ma ne ho il terrore.»
«Perché dici questo?» chiese incuriosita.
«Il nostro primo incontro. Fumavo il sigaro anche in quell’occasione, non so se è solo scaramanzia…ma senza questo alleato non mi sento sicuro di me. Sento come se tu non potessi più riconoscermi.»
«Che sciocchezze!» rise Leila, tossendo ancora «Fumi da quando eri un ragazzino, è vero. Ma il fumo del tuo sigaro non mi ha mai distolto dalla persona che amo.»
«Smettila!» sussurrò lui, sogghignando «Sai che queste smancerie mi mettono in difficoltà!»
«Quando fai il vergognoso è uno spasso!» un'altra risata, che non faceva da tanto tempo.
La donna poi si fermò improvvisamente. Le sue gambe erano già stanche, e la sua vista annebbiata, per qualche attimo. La donna afferrò entrambe le mani di Russell, e dopo aver buttato a terra il suo sigaro, lo guardò negli occhi.
«Non prendermi come una pazza scatenata…ma vorrei che mi facessi un giuramento.»
«Non essere melodrammatica.» rispose sbuffando l’ultima nuvola di fumo.
«Stammi a sentire…se per caso, ti dovesse succedere qualcosa, durante le tue avventure…nonostante tu sia un guerriero eccezionale…voglio che tu faccia una cosa.»
Russell non riuscì a capire le intenzioni di una Leila a dir poco vagheggiante, fin quando la donna non riuscì a esternare i suoi intimi pensieri.
«Dimmi che non te ne starai in panciolle quando andrai in paradiso. Promettimi che mi perseguiterai. Giurami che verrai ad abbracciarmi in sogno, che farai in modo di farti ricordare per sempre. E che lascerai qualcosa di te, qualcosa che io possa abbracciare fino alla fine dei miei giorni. Giuramelo, Russ.»
Il marito rimase allibito, ma l’amore lo distolse da ogni confusione.
«Leila, non ti lascerò mai. Nemmeno se di me non rimanesse altro che polvere, ci sarò fino alla fine del mondo. Sarò là, dovunque andrai, dalla sera alla mattina. L’unica mia sofferenza sarà non poterci baciare ancora una volta. Lo giuro.»
Per la madre di Matt quella fu come una seconda proposta di matrimonio. Abbracciò suo marito e poi lo baciò, commossa. Fu un bacio ricolmo di passione, ma rapido. Di corsa, Leila lo trascinò verso casa.
Una lacrima sfuggì ai suoi bellissimi occhi. Da lontano, qualcuno li aveva osservati, e non era riuscito a non impietosirsi, di fronte a sentimenti devastanti come una tormenta.

«Mi hai fatto fare una scarpinata!» esclamò Russell con la lingua a terra.
«Anche a me non ha fatto troppo bene.» commentò la moglie, che sentiva sempre più le forze abbandonarla.
Si lasciò cadere sul divanetto - dal motivo violaceo e floreale su sfondo bianco - dell’ordinatissimo soggiorno.
Russell andò subito a darle una mano, ma Leila non volle il suo aiuto.
«Sto bene Russ, mi preparerò qualcosa di caldo per farmi passare questi…capogiri.» disse Leila, con una voce un po’ appassita. «Siediti, se vuoi preparo qualcosa anche a te.»
Mentre il marito guardava la televisione, lei girata di schiena, stava preparando un salutare thè verde.
Nascosti dal suono di un film d’epoca, i tuffi delle lacrime di Leila rimasero silenti. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
«Vado io, tu non preoccuparti.» bofonchiò rapidamente la donna. Sapeva benissimo chi si sarebbe presentato alla porta.
Una ragazza, dalla pelle olivastra e dalla chioma castana e dorata accompagnò Leila in cucina: una bellissima Jessica, stranamente taciturna.
«Non era nessuno.» disse Leila al marito, prima di tornare alle sue faccende.
«Mi hai vista allora, nel viale, non è così?» esordì la ragazza, apparentemente scoraggiata.
«Sapevo comunque che non lui non è in grado di vederti, o di sentirti.»
«Una persona su mille sopravvive a questo incantesimo. Lo sai Leila, che questo ti rende…unica?»
«Non è detto che riesca a cavarmela.» rispose Leila, a bassa voce.
«Ho imparato a conoscerti, e anche se cercassi di scoraggiarti, so bene che vinceresti tu.»
Un attimo di silenzio, e le due tornarono alle loro bizzarre battute, dei soliloqui intrecciati nella tristezza.
«Perché ci stavi guardando? Ti sei avvicinata tantissimo, quasi avessi voluto udire le nostre parole.» affermò Leila, insospettita.
«Questo incantesimo coinvolge anche il lanciatore se quest’ultimo risulta essere immerso nelle proprie emozioni. Egli è costretto a vivere in terza persona i sentimenti che il suo sortilegio sprigiona. Ho ascoltato la tua voce dalla cameretta di Matt, fin dall’inizio. E ho capito, ho capito che avevo fallito prima ancora di cominciare.» spiegò Jess, cupa e malinconica «Il frutto di questa magia è infimo: trascina la vittima in qualcosa che è più di un sogno. E’ la materializzazione della realtà che avrebbe sempre desiderato. Esso lentamente soffia lontano la vita a chiunque venga colpito. Solitamente le vittime, pur accorgendosi di essere coinvolte in una magia sopraffina, preferiscono vivere dei momenti felici prima di sprofondare nel baratro.»
«Sono errori da essere umani, ecco perché nessuno sopravvive a tutto questo.» esclamò Leila, imitando la felicità che non riusciva ad esprimere.
«Per caso ti reputi qualcosa di più?»
«Te l’ho già detto. Io la mia umanità l’ho già perduta, tanto tempo fa. Forse è per questo che il tuo sortilegio non ha funzionato.»
«Non potevo prevedere tutto ciò. Non potevo calcolare quanto fosse incolmabile il tuo dolore, causato dalla stessa entità che mi ha ordinato di ucciderti. E sono rimasta coinvolta dal mio stesso sortilegio.»
«Potresti impedirmi di uscire da tutto questo.» disse Leila, con un sorriso amaro.
«Non ho questo potere Leila. Se vuoi scappare, dovrai farlo con le tue forze.»
Leila si aggrappò alla ragazza. Un altro mancamento le aveva quasi fatto perdere i sensi.
«Non c’è più tempo Leila. Le aquile che piangono la tua morte non posso attendere oltre, devi andare.»
Leila si voltò verso il marito, affermando che il thè era quasi pronto. Prima di compiere l’ultimo passo, la donna volle un ultimo chiarimento.
«Perché mi stai aiutando?»
«Bella domanda…non credo di saperti rispondere.» affermò la bestia travestita da bella «Forse perché…se ti avessi incontrata prima, forse avrei avuto il modello giusto per sopportare un sentimento troppo complicato. Comunque, sappi che fuori di qui, tenterò nuovamente di ucciderti. Ci vedremo più o meno tra qualche secondo…» la ragazza si disperse in una nebbiolina verdastra, mentre Leila, quasi senza forze, si voltò verso il marito.
Lo abbracciò, come se il mondo fosse stato in procinto di finire in quel momento.
«Amore…perché oggi sei così…» disse un Russell confuso.
«Shh…silenzio, amore mio. Resta in silenzio.» le sussurrò Leila, prima di trafiggerlo con il primo coltello da cucina che aveva trovato.
La donna sentì il calore del sangue sfiorarle le mani, e non riuscì a più a trattenere un fiume di pura sofferenza, proveniente dai suoi occhi.
«Amore…perché…» disse Russell, mentre la moglie, tentando di zittirlo, diede un altro affondo.
E lo sentì morire, proprio tra le sue braccia. Fu come tornare a dieci anni prima. I suoi occhi spalancati, che tanto le aquile stavano osservando, stavano riprendendo un colore rossastro. Era di nuovo tornata nel mondo dei vivi, pagando un prezzo con un dolore che andava oltre l’infinito.

Leila si rialzò, sembrava una donna completamente diversa. Quasi non pareva nemmeno un essere umano.
Fu in quel momento che Jess, dopo essersi svegliata a sua volta dall’incubo, capì che il suo destino sarebbe potuto essere dilaniato da becchi infuriati.
Le dieci aquile cominciarono a volare inseguendosi l’un l’altra, creando un orbita circolare rossastra, proprio alle spalle del loro possessore affranto. Ben presto le aquile formarono una sorta di specchio circolare, che rifletteva l’immagine del Deep Green, pronto alla scellerata avanzata.
«Furios Flock!» gridò la donna, prima che quello specchio, creato da battiti d’ali, non espulse centinaia e centinaia di falchi scarlatti, che piovvero inesorabilmente sul loro bersaglio. Causarono un vero e proprio disastro, pieno di scoppiettanti deflagrazioni scarlatte, che divisero per un attimo le due contendenti.
Tutto ciò che sarebbe dovuto finire, purtroppo aveva evitato nuovamente la fine.
Quando le due contendenti riuscirono a guardarsi nuovamente negli occhi, Leila si accorse che, per evitare il peggio, la sua nemica si era trasformata in acqua. Le sue ali non avevano ricevuto la benedizione purissima del liquido, ed erano state dilaniate dalle aquile. Per il resto, il Deep Green era rimasto incolume.
«Mi sono salvata per un pelo.» pensò la falsa Green Soul, capendo che oramai, uno sforzo esiguo le avrebbe permesso di porre fine all’estenuante battaglia «Sacrificando le mie ali, ho portato a termine questo scempio.»
Leila si era seduta a terra, esausta. Le forze rimaste a sua disposizione sembravano briciole in confronto alla sua massima energia vitale. Tuttavia, non c’era nulla che facesse presumere una resa incondizionata.
Il Deep Green, camminando avvolto dalle acque, avrebbe impiegato pochissimi secondi per affogare le speranze della donna, proprio con le sue stesse mani. Ma a pochi passi da Leila, rimase immobilizzata.
Jessica sorrise davanti alla corda che l’avrebbe appesa spezzandole il collo.
«Il Talento del controllo dell’acqua…» sussurrò l’arpia, oramai rassegnata.
All’improvviso, Jane apparve dal nulla, sbucando da un apertura dimensionale, assieme al fedele Green Killer. Madre e figlia, con il loro Talento, riuscirono a chetare le torbide acque della vendetta.
«Adesso Jane! Non potrò controllarla ancora per molto!» gridò la donna dagli occhi scarlatti, facendosi udire da tutta la grotta.
La ragazzina si affrettò ad aprire un altro varco dimensionale, che catapultò la sagoma acquatica di Jess nell’universo appartenente alla Lama Vendicativa. Infine, la ragazzina si preparò ad eseguire ciò che poco prima, Leila le aveva spiegato per filo e per segno.
«Aveva previsto anche questo. Sapeva che in caso di difficoltà avrei sfruttato questo stratagemma, che ho mostrato solo durante il nostro primo incontro. Ha capito che quel giorno c’ero io.» pensò Jess, affranta da ogni inesorabile attimo, che la separava dalla disfatta «Mi dispiace Green Soul, ho fallito su tutti i fronti. Ma…non mi sento amareggiata. Sono stata sconfitta da qualcuno che, incredibilmente, mi ha capita. Solo Lei Maestà, è stata capace di guardarmi dentro, di provare cosa ho provato. Forse questa donna, è l’unico essere umano che potrebbe essere alla Sua altezza…»
Jane fece precipitare la temperatura del suo piccolo universo, e Jess rimase congelata in pochi istanti. L’apertura dimensionale venne sigillata. Dei meteoriti fiammanti sentenziarono la fine di Jess, che venne ridotta in polvere di ghiaccio, prima di sparire, felice.

«Mamma! Ce l’ho fatta!» esclamò la ragazzina con aria vincente «Come ti senti?»
«Molto…stanca. Non voglio stare qui un minuto di più, andiamo via.» aiutata da Green Killer e dalla figlia, la donna cominciò ad allontanarsi dalla stanza che l’aveva decretata vincitrice. Una vincitrice semplicemente triste.
Si girò di spalle, oramai il campo di battaglia si stava allontanando.
Una figura maschile apparve improvvisamente al suo sguardo. La stava salutando.
«Jess…mi hai fatto capire una cosa.» pensò la donna, sorridendo «Dentro questo automa che sono, sotto la mia pelle, risiede un ricordo che per quanto lo ignori, rimarrà impresso per l’eternità. Dentro di me. Non lo rinnegherò più, anche se questo significherà essere più fragile. E lo abbraccerò, ancora una volta, nei miei sogni più beati.» i tre in breve tempo uscirono dalla caverna sani e salvi.

«Ma che…io dovrei esse morta!» sussurrò Jess, immersa in un verde che accecava qualsiasi altra cosa.
«Io ti ho salvato, beniamina della vendetta.» rispose la Green Soul, con tono severo.
«Perché l’ha fatto, io…»
«Ti sei avvicinata troppo a loro. Ti sei fatta coinvolgere. Ora di te non rimane altro che polvere.» sentenziò la temibile entità, che nascosta tra quella nebbia verdastra, pareva aver perso fiducia nel suo braccio destro.
«A cosa le servo allora? Perché ha risparmiato una piccola parte di me dal baratro?» chiese Jess, non sapendo più cosa la stesse ninnando, la vita o la morte.
L’orrenda figura sfuocata della Green Soul le apparve ancora una volta.
«Perché ora sono in grado! Sono in grado si compiere un agglomerazione particolare, ed il risultato sarà la nostra vittoria sulla maledette esistenza. E su di lei.»
La Green Soul pose il suo sguardo verso destra, dove il cucciolo di Drago Quarantasette tremava per la paura. Non sapeva che quello a cui stava andando incontro sarebbe stato peggiore perfino di un doloroso trapasso.
 
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view post Posted on 22/4/2014, 19:05     +1   -1
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Scusate i miei tempi e il capitolo più corto!!!
10.1 Prima della Tempesta


Gli abitanti di Pervas dovettero assimilare un pericolo scampato davvero niente male.
Leila compì un’impresa, visto il calibro del suo scalpo. Ma non era tempo di inutili celebrazioni.
Tutta la Nuova Alleanza ripiegò al nido in quel momento più funzionale: l’Ospedale di Pervas.

La povera Sabine aveva subito un brusco calo di pressione, dopo aver compiuto l’immenso sforzo di non cadere sotto i primi colpi del Deep Green alato. Matt, scortato da una Loretta più guardinga che mai, dovette assicurarsi che i punti non si fossero sciolti durante la parapiglia avvenuta poco prima. Mike invece, si era rotto la caviglia in più parti, e con tutte le contusioni subite avrebbero potuto scambiarlo per un sacco da boxe dai capelli rossi. La povera Kamili dovette ricevere delle trasfusioni di sangue per tutto quel che Jess le aveva provocato. Enigma fu l’unico che rimase sotto il proprio tetto, dormendo beato come un angelo incappucciato.
Il giorno dopo la battaglia segnò ventiquattr'ore di pace, e il pomeriggio dopo il male sembrava ritornato al suo posto; non restava altro che assicurarsi una buona guarigione per tutti i membri della O.A.G.
Ed ecco che, ad ogni orario di visita, la vita delle infermiere diveniva un inferno. Il via vai che i ragazzini creavano -dato che gli infermi non erano stati collocati nelle stesse stanze- era più rumoroso di un esercito a cavallo, pronto alla carica. Far ritornare il silenzio in quelle sale disinfettate, lucide e perfette era la missione impossibile di quel pacifico pomeriggio.
«Non si corre nei corridoi!» strepitò Loretta prima di staccarsi dal gruppetto di ragazzini, affidandoli a Miriam.
La donna dal caschetto color pece stava tentando di chetare l’entusiasmo di Jane ed Enigma, che si stavano rincorrendo come in un parco giochi monocolore. Stuzzicare quella ragazzina era un peccato mortale, eppure al ragazzino incappucciato non importava rischiare.
Una Sabine un po’ sfiduciata aveva finalmente udito l’eco di alcune voci, quelle voci gaie che portano il vero sorriso. Le voci di tutti i suoi nuovi amici, giunti a trovarla dopo un meritato giorno di riposo.
Con Jane a guidare la ciurma, fu facile per quattro ragazzini e una mamma irrompere nella stanza di Sabine, la quale, commossa, cercò di trattenere dei lacrimoni dirompenti come cascate:
«Ti dispiace se diamo un occhiata qua in giro?» disse Jane scherzosamente, dimostrando che la sua piccola avversione verso le straniere era oramai un capitolo concluso.
«Io…non so come dirvi…» l’emotività le stava tappando la bocca.
«Non dire nulla allora!» esclamò Wesley, porgendole un piccolo pacchetto rosa, dai nastri rosso corallo «E’ un piccolo pensiero da parte della Nuova Alleanza.»
Miriam, che cercava di tenere a bada tutta l’euforia nella stanza, si beccò qualche sguardo truce da parte dell’infermiera di turno. Recepito il messaggio, la piccola donna tentò di ristabilire qualcosa che somigliasse all’ordine:
«Enigma e Peter! Date il buon esempio e state fermi! Jane e Wesley, venite a vedere cosa uscirà dall’uovo!» meglio di un vigile stradale. La donna poi si rivolse alla biondina inferma.
«Sappiamo che oggi compi i tuoi quattordici anni, e pensavamo di doverti almeno un piccolo pensiero. Un pensiero che ci terrà uniti, almeno…con le parole.»
Con tutti gli occhi addosso, Sabine riuscì a far sbocciare da nastri di seta un gioiellino della tecnologia dai contorni rossastri. Un semplice ammasso di chip e plastica, che sanciva un decreto inestimabile.
«Per il grande coraggio che hai dimostrato, abbiamo deciso che da questo momento, se lo vorrai, potrai essere dei nostri.» sentenziò Miriam con una nota di autocompiacimento.
Sabine guardo la sua immagine riflessa dallo schermo spento del apparecchio ufficiale. Vide alle sue spalle grandi avventure, assieme alle persone che avevano cambiato la sua vita. L’avevano resa di nuovo speciale.
La vita che sfida le paure, che sfida se stessi. Era tutto ciò che Sabine aveva sempre desiderato.
Inaspettatamente, la ragazza porse il cellulare nelle mani di una Miriam non più così sfarzosa:
«Vi ringrazio…davvero. E’ un offerta che non ha eguali. Ma ho deciso di rifiutare.»
«Perché mai?!» chiese Jane, giù di morale «Per caso non ti senti a tuo agio con noi? Con me?»
Sabine sorrise, non si aspettava tutto quel calore da persone che fino a poco tempo prima nemmeno la conoscevano a fondo. Sembrava quasi che pensasse di non meritarsi tutti quei battiti di cuore, radunati attorno a lei impensieriti.
«Ho imparato molto da quello che è accaduto. Credo di essere cresciuta un po’, in tanti modi diversi. La paura è la mia debolezza più grande, ma è stata lei a farmi capire quello che temevo: non sono ancora pronta per scendere in campo. Non adesso.» una confessione davvero toccante, che riuscì a scombussolare il cuore di Miriam.
«Se pensi questo, sei già più matura di quanto immagini.» le accarezzò amichevolmente la mano «Noi ti aspetteremo, avremo sempre un posto nella nostra tavola per te.»
Un applauso sarebbe stato il finale ideale per quel dolce momento, ma appena Jane tentò di trascinare la folla, Enigma le afferrò le mani prepotentemente. L’infermiera che trasportava le siringhe non doveva essere molto amichevole, meglio fare i finti silenziosi per quel momento.
Tutti i ragazzini eseguirono l’ordine del Tenente senza indugi, nonostante il suo sguardo glaciale era ben lontano dai loro occhi.

Loretta si trovava nella sala d’aspetto dell’ambulatorio dello stesso ospedale, dall’altra parte dell’edificio.
Non aveva bisogno di cure, ne di visite o consulti, desiderava solo un posto lontano dal tumulto, dove i suoi occhi si sarebbero potuti immergere in un mare di parole, scritte su carta recentemente stampata.
Il Tenente Generale riusciva a leggere molto più velocemente di un normale essere umano, senza la perdita d’informazioni basilari. Non si trattava di Talento, ma di puro amore che sorgeva dall’indice di ogni libro, fino all’ultimo carattere
Stretto nelle sue mani, un tomo molto particolare aveva catturato la sua ammirazione fin dalle prime pagine.
La copertina era spruzzata di un caldo Rosso di Persia, mentre le rilegature erano fatte a mano, di un oro brillante e sfarzoso. Il titolo, scritto in grande, brillava di una luce particolare, assieme alla sua autrice: Brigitte.
«Quel ragazzo ci ha preso in giro.» pensò Loretta, con un certo rammarico «Jess non si era innamorata di lui da un momento all’altro. L’aveva usata come ruota di scorta, prima di cascare tra le braccia della sorella per lui più interessante.»
La professoressa chiuse il tomo con poca delicatezza, e cercò la finestra più vicina, affinché potesse guardare verso il cielo superando il limite di quella triste realtà:
«Quando Jess scoprì la loro relazione, ecco che scoppiarono i litigi. Ma lei era troppo fragile, non era in grado di far valere la verità, e così la sorella non le credé. Le continue discussioni tra le due furono l’occasione perfetta per quel casanova, che lasciò anche Brigitte. E prima di un possibile chiarimento, Jess salì su quella dannata nave…» pestando il piede destro per terra, il Tenente attirò l’attenzione di tutta la sala d’aspetto «Questo libro non solo parla dell’amore, ma è qualcosa di molto di più. E’ un messaggio per il paradiso, un messaggio di redenzione da parte di Brigitte, che non ha riconosciuto in tempo dove la vera lealtà si nascondesse.»
Un respiro di ghiaccio le attraversò la trachea. Forse non era l’unica a cui l’amore aveva voltato le spalle.
Riaprì il libro con cautela, quasi si trattasse di uno scrigno di cristallo. Quella frase le ronzava ancora in testa:

Ho sempre visto qualcosa in più dietro a ciò che definiamo amore.
Ossessione? Dolore? Chi lo sa.
Perché allora, quando guardavo i suoi occhi, mi sentivo diversa?
Era come se una bizzarra forza mi trascinasse verso di lui. Verso i suoi occhi.
Perché quando prendeva le mie mani, le sentivo più calde?
Avrebbero potuto donarmi un tepore più forte del gelido inverno.
Cosa c’è dietro tutto questo?
Non lo so ora, come non lo sapevo allora. Ma qualcosa deve esserci, ne sono sicura.
So solo che ho perso qualcosa che non ritroverò mai più.

«Leila mi ha raccontato il discorso fatto sotto le stelle con quella ragazza. Non era Jess che manovrava tutto quanto. Sono state le sue ultime parole.» Loretta si alzò dalla sedia, e cercando di evitare sguardi indiscreti, uscì dalla stanza «Devo trovare Leila, devo dirle che questa voce non può rimanere muta. Questo libro farà il giro del mondo, e quel ragazzo si pentirà di ciò che ha provocato. Se solo riuscissi a trovarla…»

«Ci siamo già visti?» chiese una donna dall’aria professionale ed una impeccabile acconciatura, che manteneva i suoi capelli corti in tutta la loro sobrietà.
«Mi chiamo Leila, Leila Wolfram. Penso proprio si ricordi di me.» rispose timidamente la madre di Matt.
Troneggiando sulla poltrona del suo ufficio, la donna cominciò a frugare nelle sue reminiscenze, fino a trovare il numero fortunato:
«Certo, mi ricordo di lei. Da quanto tempo non passava a trovarmi ormai? Tre Mesi?» esclamò la donna, nostalgica.
«Evidentemente certe cose non cambiano mai. In realtà avrei qualcosa da raccontarle.» la richiesta di Leila era lampante, trasparente come acqua pura.
«Sarà sempre la benvenuta nel mio studio. Sono una psichiatra che sarà sempre riconoscente a tutta la famiglia Wolfram. Suo marito ha salvato la vita di mio figlio, non potrei dimenticarlo nemmeno se volessi.» la donna fece accomodare Leila sulla classica poltroncina -tanto comoda quanto smascheratrice- del suo piccolo studio disordinato «Da dove vuole cominciare?»
«Che domanda stupida, lo sa benissimo da dove voglio cominciare.»
«Chi è la psichiatra delle due?» chiese senza troppa superbia «Cerchiamo di essere entrambe collaborative, va bene? Ricominciamo da capo.»
«Bene…» esordì Leila, parendo una piccola donna sotto i riflettori «Vado dritta al punto. Sono qui perché…ieri ho ucciso mio marito.»
La psichiatra rimase di stucco, non si aspettava la confessione di un omicidio che mai sarebbe potuto accadere.
«Signora Wolfram, capirà che non può spararmi addosso frasi a metà, deve raccontarmi ogni cosa.» rispose la psichiatra, tentando di rimanere pacata. Tentativo sprecato.
«E’ stato tutto così strano…credo che quella sorta di allucinazione mi abbia cambiato la vita.»
«Di che parla? La smetta di girare attorno a ciò che vorrebbe veramente dirmi.» la donna tentò di estorcerle qualche informazione in più «E’ in quell’allucinazione che ha fatto del male a suo marito?»
«E’ così, con le mie stesse mani. E’ proprio questo il punto: nonostante questa sorta di sogno…mi abbia davvero fatto soffrire, mi sento meglio, mi sento felice.»
«Si spieghi.» la donna tamburellava la sua matita degli appunti sotto il mento, presa alla sprovvista.
«Se ho sofferto per colpa di quell’allucinazione, vuol dire che, per quanto ci abbia provato…lui è ancora dentro di me. In un modo o nell’altro. Per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita a dimenticarlo.» era da tempo che un suo sorriso ricolmo di serenità non veniva allo scoperto «Questo mi fa sentire libera!»
«Mi sta dicendo che…è riuscita a…» la psichiatra faticava a pronunciare delle parole che entrambe avrebbero voluto sentire.
«Si, credo di essere finalmente entrata nella fase dell’accettazione. Dopo dieci anni, non mi sento più una sconfitta. Non cerco di offuscare la sua memoria forzatamente, peggiorando le cose. Ora so che un posto per lui ci sarà sempre. Ed è li che dovrà stare, qui dentro.» indicando il suo cuore, la donna riuscì in un impresa magistrale: la psichiatra sembrò spogliarsi delle sue vesti professionali, e quasi commossa, abbracciò Leila con tutta la sua compassione.
«Leila! Ho notato dei profondi cambiamenti fin da quando sei entrata! Sapevo che non eri una causa persa, e sapevo che ce l’avresti fatta con le tue forze. Forse è presto per cantar vittoria, ma sono felice che tu ti senta meglio.»
Felicità…che sentimento bislacco da provare…pensò la madre affettuosa in quel momento. Era così strano pensare alla gioia, che sembrava quasi mentire a se stessi. Ma questa volta non c’era nessuna bugia da stanare.
Una battaglia mortale aveva paradossalmente portato al migliore dei benefici.
«Devo fare un regalo ai miei cuccioli.» pensò Leila, con i migliori auspici «Avranno patito anche loro quello che esternavo, quella negatività che tentavo di espellere dal mio corpo. Si meritano una bella ricompensa. Li voglio strapazzare come piccoli peluche di pezza!»

I due amabili fratellini stavano discutendo segretamente in uno sgabuzzino pieno d’asciugamani bianchissimi.
«Non ci credo! TU hai contribuito ad eliminare quella cornacchia alata dalla circolazione?!» ecco che l’invidia di Matt saliva alle verdi stelle.
«Di certo sono riuscita a fare qualcosa in più di te.» replicò l’orgogliosa dietro i suoi rossi occhialoni.
«Non ho ancora capito perché ha deciso di coinvolgere te e non me.»
«La mamma aveva previsto che Jess avesse potuto trasformarsi in acqua. La vera Brigitte è stata esposta solo durante la notte e poco prima dei test, nonché alla serata di gala.» le parole della peperita misero in allarme un Matt stizzito e agitato.
«Ma durante la prova d’ammissione, abbiamo visto sfoderare questa abilità! Vuol dire che quella non era…»
«Proprio così, era Jess. Sarebbe stato troppo rischioso esporre un sottoposto povero di emozioni durante quella prova.» era soddisfatta di ogni singola sillaba che le sfiorava il palato.
«E questo da dove è venuto fuori? Chiaroveggenza?!» cadere dalle nuvole rendeva il povero Matt sempre più nervoso.
«Anche questo è stato un colpo di genio della mamma. Osservando la prova escogitata da Chester, si è ricordata di quando, cadendo a terra, la falsa Brigitte si è sbucciata il ginocchio. Ebbene, mamma ha fatto controllare il povero corpo della vera Brigitte. Nessuna ferita, pulita. Per questo ha concluso che Jess sapesse trasformarsi in pura acqua.» Jane non fu felice di ripensare a quella ragazza, vittima innocente.
«Incredibile…recitando perfettamente, tra l’altro ferendosi di proposito, Jess si è sconfitta da sola. Il vostro Talento si è rivelato decisivo…i miei complimenti.» fu come firmare un armistizio temporaneo. Jane lo fece durare giusto qualche secondo.
«Grazie fratellino!» esclamò solare, sapendo di aver provocato il suo interlocutore «E questo è solo l’inizio, ben presto perfino la Green Soul dovrà avere paura di me!»
«Sei un pallone gonfiato. Potresti prendere il volo senza accorgertene!» la litigata sembrò inevitabile.
Leila arrivò di soppiatto, da brava mamma leonessa, aprì la porta dello sgabuzzino e li prese entrambi per le orecchie. Infine li abbracciò con un tipo di delicatezza a loro estranea.
«Vi voglio bene, piccoli miei!» esclamò senza vergogna, senza pensare alle attenzioni di infermi o infermieri.
«Mamma! Hai bevuto?» si lamentò il maggiore.
«Non davanti a tutti, e non assieme a Matt!» aggiunse la minore.
Leila li accontentò, ma il suo sguardo sbarazzino la tradiva amaramente:
«Matt, non avresti dovuto recarti al piano di sotto per farti controllare i punti?» disse la madre, ignorando qualsiasi cosa fosse successo poco prima.
«Avevamo delle cose da sbrigare.» rispose Matt, tentando di essere vago. Lo sguardo amorevole della madre era semplicemente…troppo amorevole.
«C’è qualcosa che possiamo fare, mamma?» chiese una Jane perplessa «C’è qualcosa che non va?»
«Vi stanno cercando. Tutti e due.» rispose Leila, ridacchiando dietro quattro unghie pitturate di bordeaux «Ho detto che li avreste aspettati alla sala d’aspetto del piano terra, cercate di non farli aspettare.»
I due fratelli, sospettosi, puntarono una lente d’ingrandimento con il loro sguardo, verso il volto onesto della loro madre, proprio nello stesso momento. Poi si guardarono negli occhi, finché non fu Matt, che venne proclamato l’avvocato del diavolo designato. La sua arringa fu rapida e concisa.
«Prima di tutto, la sala d’aspetto dell’ambulatorio non si trova al piano terra. E secondo: perché non ci dici chi diamine ci sta cercando? Non è che Chester vuole farci ascoltare altra musica Heavy Metal? Non so se lo sopporterei, non con quel volume sconsiderato!»
«Oh…beh, allora Chester farà un viaggio a vuoto…» la pronuncia di quel nome apparve come un’ipotesi impossibile, e dal tono di Leila i due fratelli avrebbero dovuto capirlo.
Ignari di tutto, si chiusero nuovamente nello sgabuzzino a confabulare, lasciando fuori la madre dal loro giovane mondo. Tutto l’ospedale restò ad osservare l’ostracizzata davanti alla porta dello sgabuzzino, nemmeno le infermiere si azzardarono a scacciare i ragazzini dal ripostiglio.
«A terrorizzare il personale dell’ospedale sono bravissimi! Ma credo che per certi affari sia ancora troppo presto…»

Un rumore chiassoso, costante e metallico, si avvicinò alla stanza B 03 dell’ospedale. Era scappato di nuovo dal letto, era già la sesta volta in due giorni, e a lui poco importava. Il bulletto aveva frettolosamente raggiunto la sua meta assieme alle sue fidate stampelle, che gli avevano permesso di sorreggere la sua gamba ingessata. Il gesso sembrava una sorta di opera d’arte, pieno di firme scarabocchi incomprensibili.
Mike aveva ancora il camice da paziente addosso, e oltre a ciò, una mano tremendamente occupata dietro la schiena. Quale diabolico piano avrebbe potuto escogitare?
All’improvviso, un giovane ragazza di colore sembrò puntare proprio su di lui. Aveva le braccia completamente fasciate, da spalla a polso. Anche lei era rimasta col suo delizioso camice rosa e questo sanciva una cosa: oramai l’O.A.G. sembrava aver dettato la proprio legge in un quella silenziosa struttura, una legge in cui i pazienti facevano tutto quel che volevano.
Entrambi in difficoltà, i due tentarono di salutarsi in modo dignitoso:
«Ehilà…Kamili…come vanno le braccia?» esordì Mike, con un sorriso falsissimo.
«Bene grazie… e la tua gamba?» rispose automaticamente la ragazza.
«Il peggio è passato. Dovrei stare fermo a letto ma...dovevo passare di qui.» la prima, patetica scusa che gli era venuta in mente, non poteva più ricacciarla in mente.
«Anche io devo…passare di qui…» rispose Kamili, cercando di essere la più sincera dei due «E dovrei anche entrare qui dentro…»
«Ma…anche io devo entrare in questa stanza! E’ l’unica dotata di porta, deve essere questa la sala d’aspetto.» una volta realizzata la cima comune che i due volevano raggiungere, scalando una montagna impervia, Mike non poté fare a meno di chiedersi il perché «Ma…tu cosa ci devi fare in questa sala?»
«Tu cosa ci devi combinare?» Kamili tento di divincolarsi da una domanda spinosa quanto mille mazzi di rose.
Il bulletto dai capelli rossi non rispose. Sembravano essere arrivati ad un punto morto della conversazione, e nessuno aveva il coraggio di poggiare la mano sul pomello della porta. Mike però riuscì ad intravedere un varco, e a dare la stoccata vincente:
«Aspetta…ma ti sei truccata? Il rossetto è evidente, ne hai messo un quintale. E anche il mascara, la cipria…»
Un trucco fai da te non aveva reso l’efficacia che Kamili avrebbe voluto, nonostante fosse riuscita ad evitare l’effetto pagliaccio. La ragazza non dovette far altro che dare un occhiata al bulletto, per ripagarlo con la stessa moneta.
«Perché nascondi la mano sinistra dietro la schiena? E questo profumo…sembrano tulipani…per non parlare dei petali che hai lasciato sul tuo percorso!» il mazzo di fiori che Mike aveva tentato di eludere alla vista era stato scoperto fin troppo facilmente.
I due rimasero ammutoliti, prima di rivolgersi contemporaneamente le stesse domande:
«Non è che tu…no! Io non sono qui per…non sono affari che ti riguardano!» talmente sincronizzati da scambiarli per due commedianti navigati.
«Adesso, basta!» concluse il bulletto, scocciato e rosso in volto, quanto la ragazza di fronte a lui «Io darò questo a Jane, non importa se assisterai alla scena!»
«E io invece dirò quello che devo dire a Matt, senza che le tue parole possano ostacolarmi!» ribatté fiera una Kamili esasperata.
I due afferrarono insieme il pomello della porta, aprirono il varco, e si ritrovarono nell’ufficio super accessoriato del cardiologo di turno. Senza nemmeno considerare l’uomo seduto e basito alla scrivania, i due chiusero la porta esattamente come l’avevano aperta: come se fosse stata opera del vento.
«Ok, se ti chiederanno qualcosa, qualsiasi cosa, questo non è mai successo.» il silenzio sembrava l’unica soluzione per un bulletto rattristato.
«Esatto! E ora torneremo nelle nostre stanze fischiettando e facendo finta di nulla.» aggiunse Kamili, piuttosto accondiscendente.
Sembrava che i cacciatori di cuori avessero fallito la loro missione. Ma nell’ospedale ce n’era un altro, anche se nessuno se n’era accorto. Il suo obiettivo però era ben diverso dall’amore.

Green Killer si trovava sul tetto del palazzo. Il vento faceva vibrare il suo impermeabile di pelle, rendendo la sua figura statuaria, quasi imponente. Il suo volto non era mai venuto alla luce, e il tramonto sembrava l’ultima occasione propizia prima di un nuovo giorno. Il ragazzo si toccò il passamontagna, una maschera nera che spesso gli risultava più pesante di quanto non fosse.
Un auricolare grigiastro spuntò fuori dal tenebroso cappuccio che lo ricopriva. Era il quartier generale.
«Qui Green Killer, rapporto della situazione. La Green Soul non è stata ancora avvistata, ma la minaccia peggiore sembra essere stata scongiurata. Non ho portato a termine la mia missione, poiché il capo della Nuova Alleanza mi ha…preceduto.» ogni respiro era calibrato con la massima attenzione.
«Non preoccuparti, in fondo la tua missione era quella di eliminare la Green Soul. E secondo i nostri informatori non si trattava di quell’entità. Ciò nonostante vorrei che rimanessi in città per un altro giorno, ci servono ulteriori informazioni riguardo a questa faccenda.» una voce meccanica, chiaramente modificata, rispose al giovane guerriero.
«Ricevuto, Master Nurse. Mi tratterò qui e tasterò il terreno come richiesto.» un sospiro tradì il cacciatore di Green Blood, che poco prima, aveva già assaporato il ritorno a casa «Mi sono avvicinato ad alcuni membri della Nuova Alleanza, tutto ciò tornerà utile.»
«Cerca di non essere precipitoso, la tua identità è la cosa più preziosa che hai in questo momento.» la voce sembrava leggermente apprensiva, proveniente da un robot con l’anima.
«Madre, vorrei terminare il rapporto seguendo la prassi, ti dispiace?» particolarmente irritato, Green Killer aveva deciso di tagliare corto.
«E sia. Esegui la missione e torna alla base. Passo e chiudo…testone.» Green Killer fece una mezza risata, non accorgendosi che Matt stava giungendo alle sue spalle.
«Con chi stavi parlando?» chiese l’impiccione.
«Non sono affari che ti riguardano. Piuttosto, non sarai venuto qui solo per ammirare il tramonto, o mi sbaglio?» difficilmente avrebbe potuto ribattere in modo più freddo.
«Infatti cercavo proprio te. Volevo parlarti.» avvicinandosi allo sterminatore di mostri, il ragazzino tentò di rendere la sua lingua più sciolta «Suppongo tu non possa parlarmi di…praticamente qualsiasi cosa che ti riguardi.»
«E nemmeno di quello che hai appena citato, ragazzino curioso.»
«Perfetto, allora cercherò di essere breve. So che hai aiutato mia madre e mia sorella alla caverna del Drago Quarantasette, e per questo volevo ringraziarti. Non avevi alcun obbligo a riguardo, avresti potuto fare tutto da solo senza aspettarle. Invece non solo le hai protette, ma hai anche permesso a mamma di affrontare un ostacolo che cercava di superare da tanto tempo.» facendo quasi un inchino il ragazzino cercò di fare sfoggio del suo lato principesco «Per cui, a qualsiasi persona ci sia dietro quel passamontagna e a quell’aria un po’ truce, riservo tutti i miei grazie.»
Green Killer non sapevo cosa rispondere, nonostante avrebbe potuto sbrogliarsi di dosso le attenzioni di un ragazzino davvero leale, i suoi pensieri non fecero altro che annodarsi l’uno con l’altro.
«E se gli dicessi il mio nome? Cosa cambierebbe? Sono stanco di vivere nell’oscurità, voglio qualcosa di più, qualcosa che senza qualcosa che somigli ad un amico, non potrò mai avere.» i suoi pensieri ricorrenti cercarono di prendere forma, nel momento in cui tirò fuori la voce, ispirato dal ragazzino affidabile di fronte a lui «Non c’è di che Matt…ma se vuoi, tu puoi chiamarmi…»
Una tremenda esplosione distrusse quel momento catartico. Proveniva dai confini della città, proprio vicino al vecchio ponte sul fiume, sulla sponda più lontana dalla città. Green Killer e Matt cercarono di vederci chiaro, anche grazie alla loro posizione sopraelevata. Dalla loro vedetta, un fumo nerissimo e poco rassicurante veniva emesso da fiamme voraci, che in quel momento stavano divorando il Big Eye a riposo.
Quando i due riuscirono a scorgere l’autore della piromania, rimasero scioccati.
«Un Dra-Drago?!» gridò Matt, rendendo la sua voce acuta e stridula.
La possente creatura era nascosta tra le sequoie che precedevano la Foresta Cinerea. Uno scenario inedito e spaventoso: era un esemplare particolarmente robusto per la sua specie, quadrupede ma dotato di possenti ali di corvo. La bestia vantava delle squame violacee, splendenti quanto coriacee. Un lungo collo robusto portava ad un muso piuttosto conosciuto, dato che era praticamente identico a quello del Drago Quarantasette, se non fosse stato per la luminescenza violacea delle corna.
C’era però un ingrediente inconfondibile, essenziale quanto la frutta nella macedonia. Due orribili occhi gialli che brillavano travolgendo chiunque cadesse nel loro sguardo.
«No. Quello non è un Drago, non è come quelli delle leggende di cui parlano tutti, è qualcosa di ancora peggiore.» rispose Green Killer, esterrefatto «Hai di fronte il primo Drago Green Blood che sia mai esistito in questa sciagurata Terra!»
Il Drago ruggì violentemente, poggiato pesantemente le sua zampe al terreno, e sputò una fiammata verso l’altro, un segnale di fumo che equivaleva ad una dichiarazione di guerra. Matt però si accorse subito di un dettaglio:
«Quelle fattezze…secondo ciò che mi ha raccontato Jane, quel drago…è la copia sputata di Jess!» al risuonare di quei rintocchi di voce impauriti, il cacciatore di Green Blood si girò di scatto verso il ragazzino. Era la tipica informazione che valeva il soldo.
«Hai ragione! Quelle fattezze sono inconfondibili, nonostante somigli molto anche ad un Drago Quarantasette. Perché non ci ho pensato prima!» battendosi il palmo della mano sulla fronte, il ragazzo mascherato non perse tempo per impartire ordini al più piccolo della situazione «Devo tornare alla tana del Drago, devo assicurarmi che il Drago che in questo momento sta tentando di raggiungere la città sia solamente un Green Blood, oppure qualcosa di ben più complesso. Corri ad avvisare i tuoi amici, avete una città da difendere!»
Mentre la prima ondata di soldati tentava inutilmente di riversare piogge di proiettili contro la belva, che nemmeno gli provocavano solletico, Matt tornò immediatamente dalla sua O.A.G.. Green Killer si gettò dal tetto dell’edificio come se niente fosse, e sparì alla vista del ragazzino.
Il primo tuono della tempesta era stato udito da tutti i presenti, nessuno si sarebbe augurato di assistere alla venuta dei fulmini più rabbiosi. La lotta per aprire un varco nel cielo coperto dalle nuvole ebbe inizio.
 
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daniel holmes
view post Posted on 25/5/2014, 19:57     +1   -1




anf, anf, finalmente ho finito di leggere questa fic, e mi è piaciuta moltissimo, secondo me potresti farci un libro, davvero. Ma liberato da un tonno (Conan) incappo in un altro (Matt). aspetto con ansia un aggiornamento
 
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view post Posted on 25/5/2014, 20:23     +1   +1   -1
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Black Lady

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Matteooooo... Hai un nuovo fan ^^
Io invece devo trovare un po' di tempo per leggere gli ultimi due capitoli ^^ Lo farò promesso ;)
 
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view post Posted on 25/5/2014, 21:25     +2   +1   -1
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Happy Happy 10

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Wow grazie davvero Daniel, entro pochi giorni dovrei riuscire ad aggiornare, anche se speravo di farlo molto prima! :D
Matt è un tonno? Probabile xD

Anche io sono andato avanti a rilento con la tua fic Kiaretta (dalla parte indicata da te) e ho letto le prime due pagine. Anche io prometto di essere più rapido!
 
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282 replies since 31/12/2012, 19:34   3742 views
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