Scusate il ritardo!!!
Il capitolo è un po' corto, ma tratta di qualcosa che non potevo lasciare in sospeso
11.6 Cuore Spezza Cuore«Allora è questo il Villaggio di Nati.»
Un rustico ponte di pietra, e una cancellata dai tratti ondeggianti, simile a quella di un giardino fiorito, erano le uniche cose che dividevano i quattro da un paesino fuori dal comune. O forse sarebbe meglio dire tre e mezzo.
«Forse abbiamo esagerato.» constatò Fiorenzo, senza però mostrare alcun senso di colpa.
«E’ proprio pallido…» ridacchiò Enigma, osservando il relitto di un ragazzino consumato.
Il frettoloso viaggio sul canotto non solo l’aveva spaventato a morte, ma aveva anche stimolato il suo stomaco alquanto delicato. Aveva rigettato tutto a metà strada, chiuso per mezz’ora in un bagno della diga, il primo ristoro che fossero riusciti a raggiungere.
«Scavatemi una fossa per favore.» dichiarò il morto vivente, camminando a piccoli passi, ancora in subbuglio.
«Andiamo, tra poco saremo arrivati. Un po’ di riposo ed un bel pasto caldo ti faranno tornare in sesto.» rispose Peter, tentando di arrestare la negatività del suo migliore amico.
Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate guardò di fronte a sé, riuscendo per un attimo a distrarsi dalle sensazioni debilitanti che lo stavano tormentando. Non aveva mai visto nulla del genere: un intero villaggio composto da una schiera di sequoie particolarmente insolite. Non toccavano la stessa altezza che le normali sequoie di Pervas raggiungevano, inoltre, le dimensioni delle loro piccole foglie triplicavano, colorandosi di un acceso color Pera. L’anomalia cromatica fu attribuita alle Fairy Particles, che circolavano nei quattro fiumi che si riunivano circondando il villaggio in un fossato improvvisato. Durante la notte, le foglie brillavano di tutta la luce che avevano assorbito durante il giorno, fornendo visibilità anche nell’oscurità remota.
Matt non riuscì a localizzare alcun segno di vita, finché non si accorse che l’umanità si era spostata un piano più su. Le abitazioni dei cittadini erano costruite direttamente sulle robuste sequoie, con rare eccezioni. Una miriade di case sull’albero a contatto con la natura incontrastata, comprensibili rifugi in caso di alluvioni.
I quattro attraversarono il ponte di pietra, tenendo il naso all’insù, osservando come le passeggiate divenivano ondeggianti marce su ponti di legno, sospesi a dieci metri d’altezza.
«Dai Matt! Tutti da bambini desiderano una casa sull’albero, non è un posto gradevole?» gli chiese Peter, tentando di farlo interagire come un anima viva.
«Umh, può darsi. Ma questo posto sarà pieno di insetti ripugnanti…meglio che non ci pensi prima che mi senta di nuovo male…»
«Ti prego, dimmi che stai scherzando…» replicò Enigma. Ed ecco che il magico duo ricominciò a bisticciare.
«Ci dormite voi in quelle gabbie volanti fatte di legno!»
«Possibile che tu non sappia apprezzare un accidente di questo mondo?! O apprezzi soltanto rendere la vita altrui un inferno?!»
«Questo è l’inferno! Pieno di bestiacce che mi potrebbero aggredire da un momento all’altro…»
«L’unica bestiaccia che qui potrebbe aggredire qualcuno sei tu, razza di sfacciato! Se non ti piace questo villaggio puoi sempre tornartene a Calvas con le tue gambe!»
«Piantatela!» il vocione di una dolce ragazzina sovrastò le loro.
«Kamili!» esclamò Enigma, con rinata felicità.
La ragazza dalla pelle color cioccolata si avvicinò al misterioso amico senza volto. Aspettandosi un abbraccio, Enigma aprì mani e cuore, solo per accogliere un pestone sull’alluce particolarmente doloroso.
«Hai fatto finta di non conoscermi! Sei stato ignobile!»
«Ho dovuto farlo!» rispose Enigma, cercando di farsi perdonare «Non posso permettere che la mia identità sia collegata allo stesso Enigma che scappò da questo villaggio…»
Kamili appoggiò la sua candida mano sulla guancia nascosta del ragazzo incappucciato. Enigma poté avvertire la pelle della ragazza nonostante la sua sciarpa li separasse.
«Lo so schiocchino, non potrei mai farti rivivere tutto quello che hai passato.»
«Sei sempre la stessa, Kamili…» sussurrò Enigma, intenerito. Avrebbe voluto dire tante cose, ma a quel punto Kamili era già sparita: si era abbrancata a qualcun altro.
«Matt! Come sono felice di vederti!» lo stava stringendo in modalità tentacolare.
«Anche io…ma fammi respirare ti prego!»
«Scusami! Mi dispiace, terribilmente!» l’imbarazzo della ragazza fece sorridere Peter e Fiorenzo, che si guardarono negli occhi, avendo chiara la divertente situazione.
«Con una ragazzina così dolce, suppongo che non avrete di cui preoccuparvi.» esordì il mago, sfiorando la mano destra di Kamili con le sue cavalleresche labbra.
«Oh…non deve fare così signor mago…» tutte quelle attenzioni non le facevano bene ai sentimenti.
«Ah, quindi ci ospiterà lei?» chiese Peter.
«Si! Mi sono presa la briga di ospitarvi nella mia umile dimora. E’ una bellissima casetta di legno azzurro non molto lontana da qui.»
«Perfetto.» concluse il mago «Allora vi posso lasciar soli, non vorrei disturbare questa pimpante gioventù.»
«Ricordi che a casa mia sarà sempre il benvenuto.» affermò Kamili, onorando il significato dell’accoglienza.
«Lo terrò a mente, ragazzina. Ma ho proprio un compagno di viaggio che vorrei incontrare.»
«Aspetti un attimo!» chiese Peter, insistente ma rispettoso «Vorrei sapere una cosa. Lei ha detto di aver lanciato un incantesimo per tenerci d’occhio, ma come ha fatto a seguirci quando siamo entrati all’interno della montagna? Di solito quel tipo d'incantesimi non funzionano negli spazi chiusi.»
«Ottima osservazione.» rispose gaio Fiorenzo «E’ proprio come dici tu, ma ho trovato un interessante stratagemma per seguirvi anche all’interno della montagna. Penso che quella palla di pelo dorata non veda l’ora di rivedermi!»
«Come immaginavo.» esclamò Peter, ammirando la diligenza del mago che stava già idolatrando «Allora, l’appuntamento…»
«Fatti trovare alle quattro un punto davanti al ponte di pietra che abbiamo attraversato poco prima. Hai otto ore per riposarti, penso siano sufficienti.»
«Lo saranno!» disse l’aspirante mago, congedandosi con un mezzo inchino.
«Allora, come è andato il viaggio fin qui? Avete visto come sono belle le vallate attorno al mio villaggio?» Kamili ruppe subito il ghiaccio, parlando al plurale ma rivolgendosi soltanto a Matt.
«Non proprio, abbiamo…hanno scelto una via alternativa.» rispose Matt, guardando in cagnesco i due compagni di viaggio.
«Ho preparato delle comodissime brande per farvi riposare, dato che siete stati svegli tutta la notte. Sarò a tua…a vostra completa disposizione!» Peter ed Enigma restituirono a Matt la cortesia di sguardi, ripensando all’accaduto.
In appena cinque minuti di camminata, la casa sull’albero di Kamili venne rivelata: due cottage verniciati d’azzurro, perforati nel mezzo dallo stesso tronco che li sosteneva, erano collegati da una scala a chiocciola di ferro. Essa spuntava dal tetto del primo cottage, per poi inserirsi nella pavimentazione del secondo, girando attorno alla colonna portante. Per raggiungere gli otto metri del primo cottage, occorreva arrampicarsi su una scaletta verticale fatta di corde, annodate a pezzi di legno rettangolari, gli scalini in questione.
L’interno dei piccoli appartamenti era speculare, composti entrambi di un tavolino circolare, due brande poste una a fianco all’altra, un piccolo armadio ed il bagno: era diviso dal resto dell’alloggio semplicemente da una tendina a strisce verdi e bianche, posta nell’angolo di Nord-Ovest. Al suo interno si trovava un container cilindrico biancastro, grande quanto una vasca da bagno, in una posizione rialzata di un metro e mezzo. Fungeva da unica risorsa acquatica, sia per abbeverarsi, sia per l’igiene personale; un tubo collegato al container permetteva di ricreare una doccia alquanto rudimentale. Tutti gli interni, escluso il container dell’acqua, erano di purissimo legno.
Matt rimase di stucco, non era come in città. Non c’era niente che non fosse strettamente necessario la sopravvivenza. Capì quanto in fondo, la sua vita si potesse considerare fortunata.
«Questa è casa tua allora? Vivi qui da sola?» chiese il ragazzino dalle occhiaie pronunciate.
«Se ti azzardi a lamentarti io ti…» intervenne Enigma, scattando sull’attenti.
«Si, sola soletta.» rispose cautamente Kamili.
«Beh, si vede che ci hai dato da fare con le pulizie. E’ una doppia casa doppiamente gradevole.» sorrise, facendo sciogliere involontariamente la ragazzina «Forza, entriamo!»
Il gruppetto di giovani salì le scale del cielo, per ritrovarsi in una stanzetta azzurra di quindici metri quadri. Un poster della Nuova Alleanza -che ritraeva Matt bardato di rosso, col volto coperto come di consueto- venne sradicato furtivamente da una Kamili sempre più imbarazzata.
Matt si lasciò cadere sulla prima branda che riuscì a trovare, senza sapere che era proprio li che dormiva la timida ragazzina di colore. La proprietaria non disse una parola, con un segreto sorriso.
«Finalmente potremo riposarci un po’!» esclamò Matt, facendosi cullare dall’elasticità della branda.
«Ma non siete affamati? Posso prepararvi la colazione!» chiese servile la padrona di casa.
«Ci siamo abbuffati con le provviste tutta la notte, soprattutto qualcuno…» Peter indicò Matt con lo sguardo, il colpevole di ogni cosa.
«Quindi preferiremmo passare direttamente al pranzo.» aggiunse Enigma, piuttosto acciaccato.
«Scusa la domanda, ma come vi preparate i pasti? Non vedo nulla che ci possa aiutare qui.»
«I pochi edifici che sono poggiati a terra sono quelli che offrono i servizi ai suoi cittadini. La Cook House è uno di questi!» rispose gioviale la ragazzina «E’ un edificio posto al centro del villaggio, che tutti possono raggiungere facilmente, dove all’interno si trova tutto l’occorrente per preparare ottimi piatti! Ovviamente gli ingredienti li mettiamo noi, ma il servizio che ci consente di usare le cucine elettriche costa davvero le briciole…e non c’è nemmeno il problema del lavaggio dei piatti sporchi!»
«Che forte! Non sai quanto detesto lavare i piatti…» rispose Matt incuriosito.
«Eh no! Voi starete qui a riposare, mentre io preparerò tutto quanto, siete miei ospiti in fondo!» non riusciva a rimanere impassibile davanti al suo principe, sdraiato sul suo letto come se fosse di casa «Ok, vado subito a comprare l’occorrente per il pranzo! A dopo ragazzi!»
La ragazzina si gettò dalla finestra in modo spericolato, pur di congedarsi il più in fretta possibile, atterrando piedi a terra come un felino e allontanandosi velocemente.
«Aveva davvero fretta, forse sarà una patita della cucina.» asserì Matt, ancora una volta completamente ignaro di tutto.
«Dovresti davvero farti prestare il cervello da qualcuno.» pensò Enigma irritato, prima di accorgersi di un dettaglio piuttosto rilevante «Un momento…ci sono due brande qui, e le altre due suppongo siano di sopra, questo significa che…uno di noi dovrà dormire nella stessa stanza di Kamili!»
Il ragazzo incappucciato prese Matt per il braccio e lo fece immediatamente alzare dalla branda di Kamili.
«Cosa c’è adesso?!»
«Tu! Vieni con me! Adesso!» sentenziò la macchina di fronte al ragazzino dal ciuffo sbarazzino sopra la fronte, girandosi verso Peter, che afferrò il timone della situazione.
«Tranquillo, occuperò io la branda in questa stanza.» lo rassicurò sottovoce.
Matt venne trascinato verso l’alto, senza capirne la ragione. Una foltissima nebbia d’ingenuità continuava a farlo sbattere contro improbabili conclusioni, al contrario di Enigma. Era sicuro di ciò che provava da tanto tempo, nonostante non fosse mai riuscito ad accettarlo.
La base che un tempo ospitava l’esercito di Gracalm era il contenuto bruciacchiato di un posacenere.
L’esercito era rimasto ad osservare la lenta combustione da lontano, un pubblico invisibile dal cuore infranto. Quando finalmente il fuoco s’estinse, oramai sazio del suo lauto pasto, gli occhiali grigi del Generale Massimo spuntarono dalla sabbia del deserto. Cosa avrà mai potuto attirare la loro curiosità?
«Loretta, come procede? E’ tutto tranquillo?»
«Io…non vedo nulla. Penso che oramai la Green Soul se ne sia andata.»
Chester sapeva che nell’animo del Tenente si celavano nubi di tristezza, a causa della perdita del suo intimo nido. Le appoggiò delicatamente la mano sulla spalla, cercando di rassicurare quel pesante fardello.
«So che è difficile, ma devi essere sicura al cento per cento.»
Loretta diede uno sguardo alla desolazione per l’ultima volta, ma attraverso le sue lenti, non riuscì a carpire alcunché, così come la sua Risorsa.
«In termini di rilevazione del nemico non sbaglio mai. La via è libera, non c’è ombra di dubbio.» in quella sicurezza ostentava sconforto.
«Signore, se posso essere indiscreto…a cosa sta pensando?» chiese timidamente il Maggiore Oil.
«Non dire certe idiozie.» replicò con durezza il Generale «Mi stupisco che i soldati non si stiano facendo delle domande su di me. E’ già un buon risultato che nessuno abbia inneggiato all’ammutinamento. In questa mia precaria posizione, non posso permettermi alcun tipo di formalità con voi: non me la merito. La tua domanda quindi, è più che lecita.»
«Non assumerti sempre tutte le colpe, Chester.» intervenne Loretta, ancora giù di morale «E’ anche colpa nostra, nessuno avrebbe immaginato che la Green Soul fosse arrivata così lontano. Così nel profondo.»
«No…io avrei potuto ucciderla.» ringhiò il Generale, portando sgomento.
«In che senso?» chiese il Maggiore Oil, sperando di aver capito male.
«La Green Soul…in questo momento non possiede una forza combattiva eccezionale, è intelligente ma non invincibile. Ma non ho potuto ucciderla.» per Chester, fu un doloroso confessionale.
«Perché non hai potuto?!» chiese Loretta, guardando il suo superiore negli occhi, aggressivamente.
«Perché avrebbe fatto esplodere la base, con tutti noi al suo interno. Se avessi potuto sacrificare la mia vita, l’avrei fatto senza pensarci…ma non sono riuscito a sacrificare anche voi. Non ce l’ho fatta.» all’improvviso, l’abbraccio del Tenente fece spiraglio ad un mezzo sorriso.
«Hai fatto la cosa giusta. Forse adesso non te ne rendi conto, ma col tempo lo capirai. Hai fatto la cosa giusta!»
In un attimo di silenzio, l’abbraccio tra le due colonne portanti dell’esercito suscitò una commozione che difficilmente s’intravede sotto un elmetto militare. Ogni soldato si avvicinò al suo Generale, tutto il contrario della ribellione che Chester si sarebbe aspettato: tutti i pezzi della scacchiera, compreso il Maggiore Oil, generarono delle file composte, prima di mettersi sull’attenti pestando la sabbia rovente. Una dimostrazione di fiducia che non avrebbe mai potuto dimenticare.
«Aspettiamo i suoi prossimi ordini, Generale!» esclamò il Maggiore.
Loretta spinse il Generale davanti al suo plotone, cosicché si sentisse costretto a rispondere.
«Soldati! Mentirei se vi dicessi che non mi aspettavo la scoperta di questa base. Abbiamo dovuto sacrificare la nostra casa, il nostro armamento, le nostre vie di comunicazione col mondo esterno. Ma non siamo pecore smarrite nel deserto.»
Il Generale Massimo prese il suo fidato tablet, e dopo qualche tocco, strani rumori di ferraglia vennero percepiti da tutti i presenti.
«C’è una cosa che la Green Soul non sa. Lei ora si aspetta che noi torniamo alla civiltà a piedi, cadendo sotto i raggi del sole per la fatica. Ma la sua intelligenza strategica è umana. L’ha solo presa in prestito da noi. Anche lei ha commesso un errore.» all’improvviso, un colosso di ferro arrugginito, identico alla base appena eclissata, si liberò dalla stretta delle dune.
«Sono riuscito ad isolare in tempo i due piani dei sotterranei. Li ho fatti costruire appositamente per essere un rifugio anti-bombardamento. Non utilizziamo questa base da tanto tempo, da sessanta anni, quando i Generali decisero di nasconderla come una sacra tomba, prima della battaglia contro la Green Soul. Le probabilità che torni a cercarci nel medesimo posto sono esigue, per come la conosciamo, non è un essere che concepisce l’errore.» alzò il braccio in segno d’esultanza, scaldando il cuore di ogni ufficiale «La nostra base può essere ricostruita, le vie di comunicazione ripristinate, e i veicoli possono nascere dai rottami più impolverati. Il nostro primo obiettivo sarà ripristinare questi elementi salienti della nostra base, e comunicare ciò che sappiamo a tutto il mondo! Chi è con me?»
Un urlo glorioso fece vibrare una base vecchia e stridente. Il castello di sabbia era stato distrutto dalle onde, ma nell’enorme spiaggia della speranza, non c’era nulla che non potesse essere ricostruito.
Erano passate due ore ormai, ma l’indaffarata Kamili non aveva alcuna intenzione di uscire dalla Cook House, non prima d’aver compiuto il suo dovere.
L’edificio non aveva particolari doti espressive, dato che prima della sua ristrutturazione era un semplice supermercato, ma sicuramente le pavimentazioni lucidate e le mura bianco neve davano un senso di pulizia ed efficienza. In vastissimi corridoi erano state poste una miriade di stanze con cucina annessa, dove ogni abitante di Nati poteva cucinarsi ciò che voleva senza il minimo indugio. D’altronde, un incendio generato in una casa sull’albero avrebbe potuto tranquillamente mettere a ferro e fuoco tutto il villaggio.
Kamili si trovava nella stanza 32, e dal suo lavoro proveniva un profumo che in molti riconoscerebbero da qualche kilometro.
«Ok, le pizze dovrebbero essere pronte!» esclamò allegra.
Si era allenata tanto prima di raggiungere quel livello, ma in quel momento la fortuna l’aveva aiutata: la pasta era morbida al punto giusto, il pomodoro era delicato e gustoso, la mozzarella sparsa ad opera d’arte. Il tutto con una foglia di basilico a far capolino davanti al resto degli ingredienti.
Estrasse i primi due pezzi, perfettamente circolari, e li ripose in una scatola di cartone apposita. Ciò che la colpì fu la forma anomala della terza pizza, dettata probabilmente da ingenua distrazione.
«Ma che…questa è venuta a forma di...cuore?!» all’inizio la cosa le parve tenera come il pane, ma poi cominciò a trattare la sua creazione con distacco «A chi farò mangiare questa pizza? Accipicchia…»
Un dubbio insormontabile cominciò a visualizzarsi nei suoi occhi. Una pizza poteva equivalere ad una dichiarazione d’amore? Sapeva benissimo che la sua lettera aveva fatto una brutta fine, un usignolo dalla chioma nerastra glielo aveva confidato.
Forse quella era la sua seconda chance, ma non era così semplice, perché questa volta c’era anche lui, quel ragazzino incappucciato che le aveva cambiato la vita.
Indecisa sul da farsi, venne presa da una fame nervosa che la indusse a mangiare la sua pizza nel giro di qualche pensieroso minuto. Non le era mai capitato di avere delle emozioni così sconnesse.
«Non posso lasciarli a pancia vuota!» si ripeté costantemente «Io…devo decidermi una volta per tutte!»
«Cosa sentono le mie narici…» esclamò Matt svegliandosi poco a poco «C’è qualcosa di buono che si avvicina!»
«Non ci credo, Kamili ha preparato la pizza per noi! Adesso sta esagerando.» aggiunse Enigma, sentendosi in debito.
Sui tre cartoni di pizza i tre ragazzi trovarono scritto il loro nome, e non restò che sedersi a tavola ed augurare buon appetito. Mentre Matt e Peter apparecchiarono la tavola, Enigma cominciò a scoperchiare gli scrigni di cartone, constatando una coincidenza che non poteva essere tale.
Un cuore sancì un altro cuore spezzato.
«Accidenti…è tutta colpa mia. Non posso pretendere che continui a disfare la tela per me. Ma se hai rivolto il cuore ad un altro…io devo accettarlo, in ogni caso.» pensò rassegnato, prima di sfoderare un occhio satanico «Ma…lo sai che ti voglio bene Kamili. Tengo a te più di ogni altra persona. Così è troppo facile. Non posso permetterti di fare questo errore, di sprecare forze e lacrime per un ragazzino che non sa cos’è l’amore. Non è pronto per tutto questo e potrebbe rifiutarti. Se davvero prova qualcosa per te, farà lui la prima mossa, dovrà capire da solo cosa tu provi per lui. Penso che questa pizza abbia bisogno di…un piccolo ritocco.»
Non sapeva nemmeno lui se la sua mano venne guidata dall’amore o dall’invidia. Ma era troppo tardi per pensarci, aveva fatto tutto da sola.
Matt ringraziò Enigma per essersi preso la briga di tagliare a fette ogni pizza, senza nemmeno immaginare che un taglio di coltello avrebbe potuto lacerare una relazione d’amore. Mentre Matt si abbuffava, ed Enigma mangiava ogni fetta allargando la sua sciarpa artificiosamente, Peter si rese conto di un semplice dettaglio.
«Ma Kamili dov’è?»
«Forse è andata in giro a fare qualche acquisto per stasera. E’ fatta così, vorrà cucinare anche la cena.» intervenne Enigma tempestivamente, conoscendo l’autore della sparizione di Kamili: la sua timidezza.
Passarono delle spensierate ore assieme, ridendo e schiamazzando, disturbando la quiete pubblica come al solito. Ma quella tripletta non era mai stata così unita, o quasi.
Le quattro del pomeriggio avevano particolarmente fretta quel giorno. Il mago li aspettava silenzioso, mentre qualcuno li stava osservando dall’alto, in caduta libera.
La prova vitale di Peter poteva finalmente cominciare.