| Capitolo davvero importante...e la fine è sempre più vicina! Non anticipo nulla! ^^
11.12 Tra un Mare di Gocce
«Decidiamo alla svelta cosa fare.» esordì il vegliardo, avvicinatosi alla sua squadra, un coach fiducioso «Io tornerò a Nati, dove tenterò di liberarci una volta per tutte dalla Green Soul. Mi serve qualcuno che si diriga alla diga il più velocemente possibile.» «Andrò io.» quasi sfacciatamente, Enigma prese il microfono. «Hai una costola rotta! Come farai a raggiungere la diga in questione senza arrivare in ritardo?» commentò Kamili, preoccupata. «Di questo non dovete preoccuparvi.» rispose il Mago, che frettolosamente fece comparire un quartetto di bottiglie colorate, di un vetro giallo topazio «Ho raccolto dell’acqua curativa dal fiume poco prima di giungere fin qui, racchiudendola in questi raccoglitori magici. I suoi principi attivi non sono andati perduti, per cui le vostre ferite dovrebbero rigenerarsi.» «E’ come farsi aggiustare un osso a mani nude…le particelle Fairy Tail hanno effetti miracolosi, ma fin troppo immediati.» puntualizzò Wesley, altruista ma spietatamente realista. «Non è un problema.» «Siamo nelle tue mani, ragazzino misterioso.» un sorriso fu tutto ciò che il Mago gli poté donare. «Io mi occuperò di Matt, se a nessuno dispiace.» timidamente, Kamili alzò la mano, esprimendo il suo piccolo desiderio. «E’ in buone mani.» Enigma guardò la ragazzina con un volto singolare, ammorbidito e compassionevole, nonostante il momento critico. Sapeva che Kamili avrebbe protetto Matt con la sua stessa vita. Uno spiraglio d’invidia si trasformò in ammirazione, fino a diventare una carezza, rivolta alla guancia scura della sua bella. «E io? Come posso rendermi utile?» chiese Wesley, spezzando volutamente quella strana atmosfera. «Verrai con me al villaggio, c’è ancora un Remo di Caronte da scovare, inoltre dovrai cercare di salvare chiunque si trovi in pericolo, non è un compito facile.» «Non mi tirerò indietro.» il quartetto si guardò negli occhi, in una sola mente. Era un esercito alquanto scarnito, ma che ancora, non aveva dichiarato battaglia. Tre bambini e un vecchietto, un plotone che più stravagante non poteva essere, nonostante le loro salde volontà ne valevano centinaia e centinaia, supportare da grandi cuori, e forse un po’ di speranza. Kamili sollevò Matt dall’erbetta del boschetto, afferrandolo per le ginocchia da una parte, e per la schiena dall’altra. Si sarebbe aspettata una situazione totalmente opposta, magari in uno splendido vestito da sposa, magari accompagnata da campane e chicchi di riso. Si dovette accontentare. Fiorenzo augurò la miglior fortuna ai suoi piccoli adepti, e poi si teletrasportò lontano, assieme al secchione del gruppo. Enigma perforò nuovamente il viso di Kamili, con un espressione ardente, ma solamente dettata dalla sua stima. Lei gli sorrise, regalandole un espressione d’affetto. In fondo ne avevano passate tante assieme, il loro legame affettivo non si sarebbe mai spezzato, in ogni caso. Il ragazzino incappucciato decise di allontanarsi, mentre Kamili cominciò a pensare ad un luogo dove far riposare l’addormentato dalle occhiaie pronunciate. Nessuno si accorse che la bottiglia destinata a Matt rimase smarrita, nascosta tra la corteccia di una sequoia e qualche foglia burlona.
Enigma si fermò, tastandosi il costato. Si era mosso con cautela, evitando che l’osso spezzato potesse lesionare la sua anima, ma oramai non riusciva più a sopportare quella tortura. Mancava uno scalino, quello più ripido e pericoloso, la bottiglia che stringeva timorosamente in mano. Tolse la sua pergamena dorata, sganciandola dai passanti dei suoi pantaloni. Bevve la bottiglia in unico e disperato sorso, e poi strinse la Risorsa tra i denti. Il dolore si fece attendere per qualche secondo, un infingardo essere che non ha un volto, ma che sorride sempre, nelle strazianti urla di chi lo sopporta. Dopo qualche secondo, passato sotto shock, il grande combattente incappucciato riuscì a rimettersi in piedi, la sua Risorsa ancora stretta in un amichevole morso. Avevano condiviso il dolore assieme, come una cosa sola. Gli tremavano ancora le gambe, in preda a strane convulsioni, ma nulla sembrava distoglierlo dal suo sguardo perso nel vuoto. Era scattato qualcosa di sensazionale. Tolse la Risorsa dalla bocca, e in preda ad una strana estasi, si mise a gridare. «Pain…of the Mummy Beast!» La pergamena si librò in volo, roteando come una trottola, i suoi morbidi panneggi cominciarono a roteare attorno ad Enigma, ancora in trance. Il ragazzino venne sigillato nel bianchissimo papiro, e poi, il suo corpo cominciò a sgretolarsi, storpiandosi fino a diventare un enorme dragone bendato. I rotoli di papiro dorato ricoprivano tutta la sua superficie, striscia dopo striscia, solo la sua sagoma poteva considerarsi pura realtà: una creatura senza corna ne orecchie, ma dal lungo muso, che pareva essere d’origine canide. Tuttavia, la sua pericolosa fila di denti, aguzzi coltelli che perforavano l’abbagliante papiro, rappresentavano l’arma tipica di un alligatore inferocito. Le zampe erano magre, degli striminziti pezzi di carne bendata. L’apparenza ingannava, poiché si trattava di muscoli leggeri ma potentissimi, in grado di compiere enormi sforzi, che terminavano con tre artigli affilati per ogni arto. Ma non erano questi il suo pezzo forte. Le ali erano il dettaglio più raccapricciante. Un paio di quartetti d’ossa, lunghe e robuste articolazioni, fuoriuscivano dalle bende poste sulla schiena. Erano potenti ammassi di cartilagine, ma sprovvisti di piume, ricoperti solamente dal brillante papiro, che penzolava ritmicamente da quelle bizzarre ali. Rimaneva soltanto una coda di drago tradizionale, lunga circa due metri, era giusto un quarto di tutta la mastodontica creatura. Nonostante non colpisse l’attenzione quanto le otto ali rattrappite, possedeva la forza per colpire con violenza, una mazza chiodata era poco a confronto. Nel punto esatto in cui si sarebbe dovuto trovare il cuore della bestia, la pergamena dorata, lucente prova di acceso potere, era incastrata tra una strato e l’altro, in perfetta armonia. Un ruggito si udì in tutta la vallata. Kamili si voltò, ma pensò di aver sentito qualcosa di inesistente, non esistevano altri Draghi in circolazione, non potevano esistere. Le otto ali, simili a dei rami dalle foglie strappate, riuscirono incredibilmente a sollevare il Drago. Dopo aver spiccato il volo, Enigma fece la conquista più difficile, ossia acquistare una certa dose di autocontrollo, evitando di perdere le redini della trasformazione che aveva appena realizzato. «Sto volando? Questo...è davvero il mio corpo?» si chiese spaesato. Decise di credere. Non dubitò di quelle strane sensazioni, pensò alla realtà e non ad un triste sogno. Si diresse verso la diga si Sud-Est. Aveva avvertito il potere dell’oscurità, gridare proprio in quella direzione, dove un cadavere burattino aveva già fatto la sua orribile comparsa.
All’orfanotrofio, le due professoresse che si diressero alle cantine ebbero il compito peggiore. Scoprirono di essere in trappola, assieme ad un probabile psicopatico. «Qui sta bruciando tutto!» «Wanda…lo vedi anche tu?» «Cosa?» «Un uomo…seduto li in mezzo alle fiamme!» Il Remo di Caronte, assorto dalle lingue di fuoco, si girò improvvisamente, uno sguardo omicida raggelante. La sua candida canottiera aderente risaltava i muscoli sviluppati di spalle e braccia, mentre i pantaloncini corti fin al ginocchio, di color verde militare – uniti a delle improbabili ciabatte infradito – gli davano un tocco estivo e gioioso, in contrasto totale con le sue vere intenzioni. Il petto completamente tatuato faceva scorgere il disegno di un mostro indecifrabile. «Volete giocare con me?» disse con tono divertito. Le due indietreggiarono, sapevano che affrontarlo sarebbe risultato un azzardo. Chiusero a chiave la porta della cantina, sperando di fermare quell’uomo dai folli pensieri. Rimasero in attesa per qualche secondo, finché una delle due non percepì il pericolo, e si gettò a terra trascinando la collega tra le sue braccia. La porta di legno massello venne deturpata da una pioggia di proiettili affamati, sparati da un fucile a pallettoni fumante. Lo chignon argentato della professoressa Wanda si tinse di cenere, mentre la sua collega più giovane urlò dallo spavento. «Quello li…vuole tuffarsi in un mare di sangue innocente…» «Oddio!» il panico si accese nella giovane ragazza dagli occhi a mandorla «Farà una strage!» Un pizzicotto ben assestato, sul fianco della spaventata ragazza, riuscì a svegliarla parzialmente dall’incubo. «Non lo possiamo permettere! Torniamo dai bambini e portiamoli via da questo posto!» Un altro sparo fece la porta a polpette, ma fortunatamente le due tutrici si erano già allontanate. Il losco individuo si era acceso un altra sigaretta dalle fiamme che aveva magnificamente creato. Pareva determinato, sembrava pronto a sporcarsi di un crimine inaccettabile, quasi non gli importasse del valore stesso della vita. «Nessuno è innocente in questo mondo…»
Wesley e Fiorenzo comparvero finalmente in città, in pieno subbuglio. Gli abitanti risiedenti vicino ai cancelli della città erano riusciti a fuggire, ma in molti stavano cercando i propri cari, altri erano indaffarati: non potevano abbandonare i ricordi di una vita. «Dovete andarvene da questo villaggio! Ci tenete alla vostra vita oppure no?» gridò il Mago, tentando di mettere fretta a tutta la popolazione. Alcune orecchie recepirono il messaggio, ma altre sembrarono completamente sorde. Un ululato di grida si udirono dai cancelli rivolti ad Ovest di Nati, e Fiorenzo capì subito quale fosse la situazione: la Green Soul avrebbe fatto di tutto per trattenere più persone possibile nel villaggio, che da li a breve sarebbe potuto diventare una piccola Atlantide. «Wesley, sei un ragazzo sveglio e combattivo. Sto per chiederti qualcosa di complicato, ma spero che tu sarai in grado di farcela.» lo afferrò per le spalle «Ti affido la vita di ogni anima presente nel villaggio, io non avrò il tempo di proteggerli tutti, ho bisogno di te!» Wesley venne colpito dalla passione che venne iniettata in quella semplice richiesta, fu una scarica di fiducia che non sempre riusciva a possedere. «So cosa significa perdere qualcuno che ami. Non voglio che queste persone provino il mio stesso dolore, sarà la mia missione!» non credeva a quanta sicurezza stava provando in quel momento. I due si separarono senza salutarsi, non c’era il tempo per i convenevoli. Le parole non avrebbero comunicato nulla, i gesti avrebbero portato speranza. Il biondino fece mutare la sua Risorsa in un gioco di fuoco, ritrovando la mountain bike color neve che tanto l’aveva aiutato durante la battaglia di Pervas. Saltò in sella e cominciò a dirigere i viandanti verso le vie più sicure. Gli vennero donati sorrisi, lamentele, e anche una borsettata, da parte di una vegliarda un po’ troppo arzilla. Ben presto si accorse di un folto gruppo di persone che sembrava volutamente nuotare controcorrente. «Signori, sono stato incaricato di scortarvi verso il confine della città…» «Non ce ne andiamo da nessuna parte!» rispose un uomo dai ricci neri, e dalla piccola presenza. «Non sono riuscito a contattare mia moglie, in questo momento doveva già essere uscita dall’orfanotrofio!» aggiunse un altro, alto e coi baffi da sparviero. «I bambini dell’orfanotrofio sono ancora li dentro! Nessuno li ha visti uscire dal villaggio!» disse una vecchietta con la permanente, pensando alle future generazioni. «Mi recherò io all’orfanotrofio se è questo che desiderate.» il secchione cercò il modo migliore per porsi ad un gruppetto piuttosto in agitazione. «Ma sei solo un ragazzino!» la gentilezza non l’aveva ripagato. «Spostati, andremo noi a controllare!» rispose l’uomo baffuto. Wesley fu in procinto di essere sbalzato via, dalla calca ondosa che il panico aveva ricreato sotto forma di persone. All’inizio il secchione sembrò cedere, ma poi decise di mostrare i denti. «Dovrò essere scortese con loro…ma come posso fare?» pensò tra la confusione generale «Mike al mio posto…che cosa farebbe?» Ebbe subito la risposta pronta. Si spostò rapidamente grazie alle ruote della sua Risorsa, e tagliò letteralmente la strada al gregge preoccupato, sfiorando volontariamente con il manubrio il primo della fila. «Se non lo capite con le buone, lo dovrete capire con le cattive!» l’ultimo pensiero prima di passare alla carica.
Un minuto dopo, la marmaglia, con occhi spalancati come se avesse assistito ad un orrendo crimine, decise di fare dietrofront. «Che irrispettoso…» commento l’uomo riccioluto. «Sembrava un ragazzo così a modo, e invece si tratta di un cafone!» commentò una donna dalla treccia rossa. «Le nuove generazioni…ci porteranno alla rovina!» concluse la vegliarda, rendendosi falsamente saggia. Wesley aveva sprecato così tanta voce da infiammarsi la gola, ma almeno ne era valsa la pena. «Mi sento in colpa…ma forse se lo meritavano.» rifletté silenzioso, dopo una ramanzina a dir poco leggendaria.
Finalmente arrivò all’orfanotrofio. Era facile comprendere che qualcosa non andava. «L’ingresso è stato chiuso con delle catene! Non vorrei che…» uno sparo, che ruppe una finestra del secondo piano, confermo la sua illazione «No! Non posso permetterlo!» La sua Risorsa s’infiammò, trasformandosi in una mazza da baseball dall’aspetto coriaceo. Quattro colpi ben assestati e le catene furono ridotte in anelli senza valore. S’inoltrò silenziosamente nello stabilimento, puntando al secondo piano.
Kamili era esausta. Aveva perso il trucco che armonizzava il suo viso, e anche le forze per portare Matt con sé. La sua destinazione però, l’aveva raggiunta: le rive del fiume che sbocciava dalla fonte di Sud-Est, lo stesso che aveva una diga da proteggere. L’acqua scorreva allegra, nel suo normale flusso e intensità, ma ogni cosa sarebbe potuta cambiare, se Enigma avesse fallito. «Non lo accetto…» sussurrò in sordina, mentre il principino dormiva beato «Tutte le tue avventure, le tue gesta, i tuoi successi. Non voglio che ti perda tutto questo! Hai sofferto troppo e non te lo meriti! E poi…anche se io sono solo una piccolissima parte della tua memoria, forse che nemmeno tu consideri, non voglio che mi dimentichi!» La ragazzina trovò la forza per rialzarsi, e sollevò delicatamente Matt, cercando di non disturbare il suo riposo. Tenendolo stretto, si sfilò le scarpe da tennis dai piedi. Lentamente, cominciò ad immergersi nel fiume. Ora il ragazzino dalle occhiaie pronunciate era steso sul velo dell’acqua, mentre Kamili lo tratteneva saldamente, con l’acqua che le arrivava quasi fino alle spalle. «Scusami.» Le sue mani lo abbandonarono, e Matt cominciò ad affondare. Tra una bollicina e l’altra.
«Finalmente ti sei fatto vivo.» Nella parte occidentale del villaggio, Fiorenzo aveva raggiunto i fuggiaschi ai confini di Nati. Con suo enorme dispiacere, la Green aveva già conquistato cinque prede, compresa una ragazzina. Essere circondata da quei corpi rendeva Chiara un essere felice. «Beh, io li avevo avvertiti, hanno tentato di scappare lo stesso. Cosa mai avrei potuto fare?» «Maledetta stronza...» bisbigliò il vegliardo, poi rivolgendosi ai sopravvissuti «Perché vi siete ammassati tutti da questa parte?! Ci sono altre vie di fuga!» «Signore…in realtà…» Fiorenzo chiuse gli occhi, acquistando una visione periferica, quasi un satellite, sperando di non aver capito. Tutte le altre uscite erano state precluse da tre muri di fuoco, non di grosse dimensioni ma sufficienti ad impedire a chiunque di passare. In pochi erano riusciti a scappare dal villaggio prima che il fuoco venisse eretto attorno al villaggio. Il Mago riaprì gli occhi, color fucsia scuro. «Vuoi chiuderla qui? Ti accontento subito.» puntò lo scettro al cielo, e poi gridò una formula già utilizzata «Shadows Town!» Decise di dare uno scudo a tutti gli abitanti di Nati con il suo incantesimo protettivo, ma sapeva che un incantesimo così dispendioso avrebbe potuto comportare grossi rischi. Optò quindi per una versione più semplice del sortilegio, che avrebbe diffuso la nebbia nerastra solamente verso la parte occidentale del villaggio. La Green Soul sentì puzza di bruciato. «Non abbiate paura! Non vi ho fatto alcun male, fidatevi di me!» dopo aver scongiurato il panico generale, diede indicazioni agli abitanti di Nati, coperti dal nero protettivo «Dirigetevi verso le altre uscite del villaggio, so che sembra stupido ma fate come vi dico! Correte, fino a che resterete in questa parte del villaggio sarete al sicuro!» «L’ha capito soltanto con un occhiata…impressionante.» commentò la Green Soul, sapendo che quei muri di fuoco erano solamente un effetto speciale. «Credi che non sarei riuscito a guardare oltre quel patetico trucco?» il vegliardo si fece aggressivo. «A quanto pare non sono l’unica con risorse limitate, almeno rispetto al solito.» andò dritta al punto, con un piccolo ma affilato ago di sfrontatezza. «Immaginavo l’avessi notato. Non posso sfoggiare alcuni degli incantesimi più devastanti che possiedo, non come un tempo. Ma sono pienamente in grado di ucciderti.» «Ho avvertito la forza dei tuoi incantesimi, perché non mi mostri quello che sai fare? Sono curiosa di vedere all’opera colui che più volte ha fermato la mia avanzata al fronte.» Un altro duello magico attendeva un Fiorenzo pronto a tutto, questa volta però, era lui l’esaminato. La bocciatura significava la morte.
Le grida dei bambini vennero catturate da Wesley, che cercò di seguire quelle piccole voci. Arrivò al secondo piano, e quei corridoi di pietra sembravano accarezzati da un tornado oramai estinto: giocattoli senza testa, vetri torri, una piccola scarpetta dimenticata e lacrime, tante lacrime. Pezzi di calcinaccio, staccati dai morsi dei proiettili, e bossoli enormi, fumanti. Senti uno sparo, sembrava provenire dallo stesso piano, ma dal corridoio dalla parte opposta. Lo stabilimento era composti da un solo grande corridoio, speculare in ogni piano, che faceva un giro completo svoltando angolo dopo angolo, formando un lungo a stretto rettangolo. Non sarebbe stato difficile trovare chi aveva bisogno del suo aiuto. Il gruppo si era fermato, qualcuno era caduto a terra. Wanda era stata colpita, un proiettile le aveva perforato il braccio, un altro si era infilato nella spalla. Si era messa davanti a suoi pargoli, per proteggerli dai proiettili vaganti, e questo era il prezzo da scontare. «Scappate!» gridò la donna, mentre il gregge di trenta pargoli venne portato in salvo dalle altre tutrici. Rimase sanguinante, faccia a faccia con un soggetto totalmente instabile. «Perché…che cosa ti hanno fatto questi bambini…» Una risata quasi satanica venne sputata da quella creatura armata fina ai denti. I suoi capelli nerastri, schizzati verso l’alto come appuntite stalagmiti, si mossero ritmicamente ad ogni spasimo di quell’interminabile dimostrazione di pazzia. «Sai, potrei stare qui a tormentarti con la mia triste e patetica storia, ma perché dovrei? Voglio vederti morire, non ti devo alcuna spiegazione.» Puntò l’enorme fucile verso la professoressa, e premette il grilletto. Un volto devastato coperto di sangue. Questo era il suo più grande desiderio. Un desiderio che Wesley infranse senza indugi. Il ragazzino non fu in grado di raggiungere personalmente la persona da salvare. Tuttavia riuscì a lanciare la sua Risorsa, dopo averle fatto assumere la forma di frisbee. Riuscì a roteare il polso, generando un effetto tale da originare una traiettoria particolare, una perfetta curva ad U, centrando il fucile. Il colpo venne deviato, e l’arma cadde a terra, mentre quel farneticante essere rimase rigido nel suo sgomento. Wesley riuscì a raggiungere la professoressa, e ad allontanare quel dispensatore di morte, che fino a quel momento aveva terrorizzato tutti i presenti. «Come si sente?» esordì rapidamente, cercando di non staccare lo sguardo dal piromane. «Non riesco ad alzarmi, mi fa troppo male.» rispose d'istinto, prima di rendersi conto che il suo cavaliere si trattava di un alto e giovane ragazzino «Non dovresti essere qui! Quell’uomo è pericoloso!» «Cercherò di trattarle la ferita come posso.» «Mi avrebbe detto che un predestinato sarebbe potuto giungere fin qui.» s’intromise l’individuo. «Sei tu vero? L’altro Remo di Caronte…» quando Wanda sentì quelle parole, si mise le mani nei capelli, la paura la fece sporcare di sangue. «Chissà se mi apprezzerebbe, se uccidessi un possessore di Risorsa…» aprì la mano, precedentemente chiusa in un pugno misterioso, e svelò il trucco. «Una granata a frammentazione?!» il secchione, sconvolto, prese la professoressa con sé e cercò di portarla il più lontano possibile. Il folle innescò la bomba, e ben presto Wesley si ricordò di un dettaglio. La bomba venne lanciata contro la sua Risorsa, ma il ragazzino le ordinò di seguirlo, rammentandosi del triste destino di Matt. Non voleva rischiare, anche se nessuna Risorsa era masi stata distrutta, non poteva rischiare che succedesse anche a lui. L’esplosione fu assordante, e fece a brandelli la parete vicino a cui si adagiò prima di esprimere la sua furia. Fortunatamente Wesley si rifugiò in una stanza sufficientemente protetta, un probabile dormitorio, dove lasciò Wanda alle sue ferite e al suo silenzio. Aprì la porta della stanza, ma non si sarebbe mai aspettato di trovarsi un'altra granata proprio ai suoi piedi. «Non ci credo!» esclamò primo di scagliare via la minaccia fuori dalla finestra di fronte a lui, con la Risorsa vestita da mazza da golf. Era riuscito a perforare il vetro e a sorpassare le grate della finestra con un colpo di precisione, ma così facendo aveva perso di vista il suo nemico. La bomba caduta dal palazzo esplose con immenso fragore. Il suolo tremò e così i timpani del biondino, fu in quel momento che il losco individuo decise di colpire. Sfoderò un coltellino svizzero, e decise di conquistare uno scalpo prezioso, per cui la Green Soul lo avrebbe sicuramente premiato. Wesley si accorse del nemico ma indietreggiò senza sosta, non sapeva cosa fare, non si era mai ritrovato in una situazione del genere. Il grande calcolatore s’inceppò. Non era come affrontare un Green Blood, esseri mostruosi, spersonalizzate entità fatte di un ammasso verdastro. Era tutto un altro mondo, chi stava tentando di ucciderlo senza il minimo controllo era una normale persona. Per quanto fuori di testa si potesse rivelare. «Per favore, si fermi!» furono parole inutili, quella lama non smetteva di oscillare. Il ragazzino intercettò la lama con la sua Risorsa, un robusto Driver tinto di bianco e di pregevole fattura. Il rischio stava toccando livelli più alti del cielo, e Wesley fu costretto a colpire l’uomo, infrangendo il manico della mazza da golf nel suo stomaco. Il tiranno cadde a terra, tossendo violentemente. Wesley si sentiva sempre meno a suo agio. «Perché stai facendo questo?! Che cosa ti ha promesso la Green Soul di così importante?! Vuoi uccidere dei bambini, non ti rendi conto di quanto tu sia caduto in basso?!» Ancora una volta, quell’individuo rispose con una risata, un pagliaccio delirante, che sghignazzava alla vista del dolore. «Mio fratello minore…è stato rifiutato da questo istituto...era troppo piccolo.» girato di spalle, la tosse sembrava piegarlo in due, eppure Wesley aveva cercato di trattenere la sua forza. Cominciò a sentirsi coinvolto, ma tentò di rimanere impassibile. «Non mi dire che…» «Si! I miei genitori non si potevano permettere un quarto figlio, e così lo abbandonarono nella vallata!» scagliò un pugno vendicativo sul pavimento «Voglio solo vendicare un falso rifugio come questo. Vendicare il mio fratellino…» Wesley cercò di avvicinarsi allo sconfitto. Si rese conto di aver risposto troppa fiducia nel genere umano. «Lo stesso Talento di Chester!» pensò inorridito e spaventato. Il folle aveva rigurgitato una mezza dozzina di sfere incandescenti, che in breve tempo diventarono nuove granate, pronte per essere lanciate. Le afferrò come un giocoliere, tenendole tra le dita, tre per mano. Ci mise tutto l’impegno possibile, per colpire con i suoi globi esplosive l’ignaro Wesley, che ben presto scoprì l’arcano. «Ma che…si appiccicano!» esclamò impotente. Era riuscito a deviare due della quattro granate, roteando la sua Risorsa, immune a quel misterioso collante che l’individuo di fronte a lui era riuscito a dare alla luce. Tre era avvinghiate ai suoi vestiti, una al braccio destro. Un Talento davvero avanzato, che forse nemmeno il Generale Massimo sarebbe riuscito a replicare. «Sei solo uno stupido illuso!» infierì divertito «Pensavi davvero che trovando una logica in tutto questo, un briciolo di razionalità, allora le cose si sarebbero messe a posto da sole? Tu e la tua Risorsa non conoscete il mondo reale, vivete in un paesino fiabesco dove i buoni combattono i cattivi. E tutti vissero felici e contenti.» «Era una bugia…» guardò in basso, vergognandosi del suo errore. «Desidero avere il potere di fare quello che voglio. Tutto qui, è questa la realtà. Chiara mi ha fatto una proposta e io l’ho accettata. E’ semplice, non credi?» «Semplicemente disgustoso.» «E’ tardi per tirar fuori il coraggio.» sorrise beffardo «Quel tipo di bomba impiega cento secondi ad esplodere, il tuo tempo non durerà per molto. Hai sbagliato a credere nell’umanità, all’altro mondo lo capirai.» Riprese il suo coltellino, e si diresse verso il suo banchetto di sangue. Wesley rimase immobile, mentre le lancette non la smettevano di ticchettare. Cercò di ritrovare la sua lucidità mentale per qualche secondo. Aveva agito in buona fede, non avrebbe mai pensato che una persona, una vera persona, potesse essere capace di atrocità paragonabili a quelle dei Green Blood. La morte gli sembrò un castigo che forse, un giorno, avrebbe potuto meritare. Ma non in quel momento. «Ci sono delle persone che mi hanno insegnato a credere nel prossimo. Forse è per questo che tu sei così. Sei tu quello che non capisce. Quei bambini credono nell’umanità, e non te li farò uccidere!» Una luce candida e nebulosa invase il suo corpo, e la mazza da golf prese fuoco, questa volta ancora più brillante del solito. Con una calma fuori luogo, indossò la sua Risorsa, un paio di occhialini da nuoto, e quando strinse con forza il laccio per tenerli stretti, tutto il suo corpo venne investito dalla fiamma olimpica. I suoi vestiti scomparvero, facendo posto a dei pantaloncini da gara in fibra di carbonio, che non superava il ginocchio. Un costume bianchissimo, che costantemente emanava del vapore particolare, dai movimenti simili a quelli di una candela inestinguibile. La sua precedente mise era totalmente svanita, per cui le bombe attaccate ai tessuti erano state sconfitte, e adagiate sul pavimento. Ma ne mancava ancora una, sanguisuga vorace che non voleva mollare il braccio di Wesley. Il countdown era selvaggio, mancavano appena dieci secondi, eppure il ragazzino non sembrava spaventato. Poggiò la mano destra sulla parete alla sua sinistra, dove si disegnarono i cinque cerchi che rappresentavano l’essenza della sua Risorsa. Improvvisamente, un portale fatto soltanto d’acqua venne scavato in una parete all’apparenza solidissima. Il corpo di Wesley cominciò a sua volta ad emanare acqua, che prima gli ricoprì tutto il corpo, poi si concentrò sul suo braccio, formando una sfera perfetta, circondando il parassita. L’equilibrio del liquido esplose, emanando un ondata d’acqua così violenta da far sbalzare via la granata, non arrecando il minimo danno al secchione. Un attimo prima dell’esplosione, Wesley si tuffò nel portale, che immediatamente lo fece nuotare attraverso le mura dell’edificio, in un tunnel subacqueo. Riapparve tra il carnefice e le sue prede, sbucando da una parete interna, mentre le granate dall’altra parte dell’edificio scoppiarono in terribili fuochi d’artificio. «Come hai…» biascicò il folle, incredulo. Aveva imparato la lezione, non c’era alcuna speranza di recuperare quell’individuo, non in quel momento. La sua Risorsa, in quella specifica forma, gli permetteva non solo di emanare acqua dal nulla assoluto, ma anche di controllarla, come se si fosse trattato solamente di Talento. In un attimo, l’uomo venne schiacciato da una cascata in piena, senza via di fuga. «Un supereroe!» gridò una bambina, attirata dall’aspetto del biondino. Il palazzo cominciò a scricchiolare, l’incendio al piano terra si era esteso a macchia d’olio, e Wesley non aveva pensato a come estinguerlo, nella fretta del momento. Come se non bastasse, doveva tornare dalla professoressa che aveva precedentemente salvato. Il peggio era passato, ma c’era ancora un sacco di lavoro da fare. «Ci salveremo, lasciatemi portare qui la vostra collega, e poi ce ne andremo tutti assieme.» «Come ti chiami?» insistette la stessa bambina, simile ad una bambolina di pezza, per le sue lunghe treccine rosse. «Crede che tu sia un supereroe, guarda troppi cartoni animati.» bisbigliò una delle tutrici, divertita. Wesley rimase soddisfatto, e sorrise, forse la sua fede in fondo non era del tutto frutto della sua fantasia. «Un eroe? Non credo di esserne all’altezza.» pensò mentre riuscì a portare tutti fuori da quell’inferno, un edificio che crollò su se stesso «Forse non ha senso…ma voglio solo essere una persona migliore. Solo per te, sorella.» Wanda lesse negli occhi del biondino, che la stava aiutando a camminare. Avrebbe davvero voluto che i suoi pupilli diventassero così un giorno non troppo lontano. Decise di non lodarlo eccessivamente, per non renderlo vittima dell’imbarazzo. Ancora una volta, le parole sarebbero state inutili. Il malvivente senza nome, immobilizzato e chiuso in un contenitore della posta, venne lasciato al suo destino. Qualcuno avrebbe pensato a lui, a tempo debito. Per un momento aveva pensato che togliergli la vita sarebbe stata l’opera più giusta, ma si sarebbe trasformato in qualcosa che non avrebbe mai voluto essere. Un eroe che uccide.
Matt era rimasto sott’acqua per parecchi secondi, ma Kamili sembrava avere la situazione perfettamente sotto controllo. «Perdonami…perdonami…» Afferrò la Risorsa spezzata, e la strinse nel pugno chiuso del ragazzino, aggiungendo anche le sue mani. «Volere della montagna! Per favore risparmialo! Ti prego!» nulla accadde, allora la ragazza gridò più forte «Non lasciarlo nel vuoto! Ti prego!» All’improvviso, le particelle Fairy Tail presenti nel lago s’illuminarono, così come quelle presenti nel corpo di Kamili. L’acqua fermò immediatamente il suo corso, coperta di stelle in ogni sua molecola. Tutte le particelle s’indirizzarono come un fiume in piena –orchestrato dalla forza di quella ragazza innamorata– volgendo verso la Risorsa di Matt, che dopo qualche secondo, ritornò al su stadio originale. Nemmeno una cicatrice sulla splendida lama dello stocco. Matt aprì gli occhi all’improvviso, del solito color nocciola, sfumato d’arancione. Strinse le mani della ragazza, e poi l’abbracciò. Lei fece lo stesso. Era riuscita nel suo intento. Aveva comandato le particelle a suo piacimento, non solo alleviando le pene corporee di Matt, ma restaurando la sua preziosissima Risorsa, così come la sua memoria. Pianse dalla gioia, in quell’interminabile abbraccio che avrebbe voluto non finisse mai. Una magica tentazione. Il desiderio di Kamili. Lo baciò. Anche se non avesse ricambiato, anche se si trattava solo di carezze di labbra, a lei non importava. Volle strappargli il primo, o forse l’ultimo bacio, proprio in quel fiume, illuminato dalla forza della luce. Matt non rispose, forse non si era reso conto di cosa era realmente successo. Sfoggiò un sorriso indecifrabile, e poi prese Kamili per mano, portandola a riva. Le fece cenno di seguirlo verso Nati, il dovere lo chiamava. L’attimo appassionato era concluso, e Kamili forse avrebbe voluto qualcosa di più, ma non era il momento di fare l’egoista. A tempo debito ci sarebbe state valanghe di spiegazioni, o forse rapide conferme. «Forse è solo un po’ timido. Proprio come me! Per il momento me ne starò zitta.» pensò ancora emozionata, seguendo Matt verso il suo villaggio. Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate le sorrise ancora una volta, poi diventò serio. Sembrava avesse avvertito qualcosa di inequivocabile malvagità. Era pronto per il secondo round.
|