E dopo 25 ore di seggio...non vedevo l'ora di andare avanti! Mi sa che è un po' lunghetto
1.2 Il Palazzo Clarmont«Perché mi hai portato qui?!» chiese Matt, non digerendo particolarmente l’altezza.
C’erano solo due direzioni che avrebbe potuto prendere. Una portava al faccia a faccia con un guerriero misterioso e minaccioso, l’altra scavalcava il contrappeso della struttura, per tuffarsi in un mare fatto di vuoto.
«Taci e ascoltami.» rispose maleducatamente il ragazzo, mentre cominciò a fare il primo passo in avanti.
Matt riuscì a scorgere con precisione il suo viso, dai lineamenti molto maschili, un volto allungato con un accenno di barba disperso in guance e mento. Lo sguardo giallastro lo scrutò, imperturbabile, giusto qualche ora prima sembrava un caldo abbraccio, ora era durissima pietra.
«Hai avuto il piacere di vedere come si combatte veramente.»
«In che senso?» confuso, fece un passo indietro.
«Voi possessori di Risorse siete degli inutili snob. Avete il potere a portata di mano, ma non sapete vivere senza. E’ la vostra assuefazione che vi rende facili da battere.»
«Nemmeno ti conosco! Perché pensi di essere migliore di me?!» un altro passo avanti, un altro passo indietro.
«Io so chi sei. La femminuccia che ha fatto uccidere il Mago più forte del nostro esercito.» gli occhi di Matt si accesero.
«Che…che cosa hai detto?!»
«Hai capito benissimo, dilettante.» il respiro di Matt cominciò a farsi affannoso, e smise d’indietreggiare.
«Non ti permettere di…»
«Di fare cosa? E’ la verità. Se non vi foste fatti fregare come al solito, a quest’ora Fiorenzo sarebbe…»
«STAI ZITTO!» si lanciò alla deriva con una rabbia bestiale.
Scagliando il suo pugno migliore, e colorando le ossa di un arancione puro, impresse tutto il suo dolore in un unico arto, dall’apparenza fragile, ma dalla realtà diametralmente opposta.
Colui che aveva fatto scoppiare la miccia non si scompose, e aprendo la mano destra, con la stessa identica posa di qualche ora prima, si preparò ad incassare il colpo.
Fu come un violento crash test. L’impatto emanò una luce arancione potente, che si spense in un istante.
Matt indietreggiò, voleva vederci chiaro. Aveva bisogno di analizzare cosa fosse accaduto nei minimi dettagli, da una visuale più ampia e rilassata: l’aveva spinto quasi fino alla cabina di pilotaggio della gru, con la mano ancora aperta, ed un viso impassibile.
«Non può essere umano!» pensò Matt, ipotizzando di avere di fronte uno scaltro esemplare di Deep Green.
Un marchio doloroso si disegnò sul palmo della mano, ora tesa, mentre stringeva i denti per sopportare quella pressione muscolare.
«Hai visto?» sussurrò il ragazzo, piuttosto opaco.
«Visto…che cosa?»
«Ci ho messo tutto me stesso. Nella mia mano era racchiusa ogni briciola di me. Ma sei riuscito a scalfirla, non la ricordo nemmeno, l’ultima persona che sia stata in grado di eguagliarti.»
Continuava a non capire quello strano combattente, sembrava parlasse di qualcosa oltre la sua immaginazione.
Un lieve spostamento di vento.
Una lama travestita da proiettile venne scagliata direttamente contro quel personaggio enigmatico, che tuttavia riuscì ad evitare la minaccia abbassandosi di colpo. Matt cercò di scorgere nel buio un flebile indizio.
«Un wakizashi?! Peter!» il suo migliore amico comparve alle sue spalle, quasi il loro fortissimo legame fosse riuscito ad evocarlo da una terra lontana.
«Non mi ero sbagliato.» esordì il Mago, aggiustandosi gli occhiali da sole «Questo fetore lo riconosco. E’ puzza di magia.»
«Ma guarda chi è venuto a trovarci.» esclamò il ragazzo misterioso, quasi annoiato.
«Che cosa ci fai qui?!» chiese Matt, puntualmente ignorato dalla situazione.
«Ora te la vedrai con me.» la Risorsa tornò al mancino padrone, che impugnò l’arma senza perdite di tempo «Perché non mi spieghi perché ho questa sensazione? Hai utilizzato della magia recentemente, e anche per periodi di tempo piuttosto prolungati. Che cosa ci hai fatto?»
«Dei semplici trucchi. Giusto per camuffare la voce e la forma del mio viso.» risposero gli occhi giallastri, apparentemente sinceri.
«Aspetta un secondo…» oltre alla luce della rabbia, Matt accese quella del cervello «Tu sei…Green Killer?!»
«Mi chiamo Vincent, è un piacere conoscerti di nuovo, ragazzino.»
«Aspettate! Che cosa sta succedendo qui?!» strepitò Peter, voltandosi verso i due, alternando lo sguardo da una parte e dall’altra. Aveva fatto i kilometri per appurare che il suo migliore amico fosse al sicuro, e di certo quel cambio di rotta gli creò parecchi grattacapi interiori.
«Perché non torniamo sulla terraferma e ne parliamo con calma?» propose Matt, avendone abbastanza di quell’altezza spropositata, troppo opprimente per i suoi gusti.
«Innanzitutto ti chiedo di scusarmi, Matt. Sono stato irrispettoso, verso te e verso Fiorenzo.» esordì Vincent, mentre accolse i due ragazzini nel solito furgone scuro.
«Non ci credo! Dimostra ciò che dici!» il cacciatore di taglie aveva ancora molta strada da fare per conquistare la fiducia di Peter.
«Beh, Matt dovrebbe ricordarsi di questo furgone. Qui Mike l’ha consolato con un leggerissimo tocco sulla schiena. Così…delicato.» rispose scherzoso.
«Non mente.» replicò il possessore della penna, tagliando corto.
«Anche se sembra che vi tratti solo come delle pedine, ci tengo a voi. Ho avuto la tua stessa intuizione, e ho deciso di farli uscire allo scoperto, spostando la loro refurtiva. Ma se avessi agito come Green Killer, avrei attirato l’attenzione in modo esagerato. Sono stato costretto a travestirmi da civile, e ne ho approfittato per mostrare – in particolare, a due ragazzini casualmente nascosti nei cespugli del cantiere – come si possono amministrare le forze che le nostre Risorse ci donano. Oltre a ciò, ti ho provocato solo per farti comprendere davvero...quante straordinaria forza tu possegga. Mi spiace essermi spinto fino a questo punto.»
Il volto di Matt si disegnò d’ombra, nessuno avrebbe potuto sapere cosa si fosse trovato dall'altra parte di quella nuvola temporalesca. Almeno fino a quando le labbra con si destarono dalla loro rosea stasi.
«Ti ho già perdonato, scemo.» esclamò gioioso «Sei stato meschino, ma hai cercato di tirare fuori la forza che io stesso non credo di possedere. E poi, ti sei mostrato a me col tuo vero volto, e non è una cosa da tutti. E’ stato un errore, si...ma a fin di bene.»
Peter cercò di non scomporsi, ma non poté fare a meno di notare quell’intesa naturale che si era materializzata in pochi attimi. Vincent e Matt sembravano molto legati, più di quanto la sabbia nella clessidra aveva deliberato.
«Gliela fai passare liscia? Così?» chiese il piccolo Mago, quasi contrariato.
«Si, ad una condizione.» Vincent drizzò le orecchie «Voglio chiederti delle cose sul tuo conto. Se davvero ci fidiamo l’uno dell’altro non avrai alcun problema!»
«Chiedimi pure.»grattandosi la testa, sorrise spavaldo.
«Quegli occhi...sono dello stesso colore di quelli della Green Soul, escluse le pupille. Perché?»
La domanda aveva afflitto anche Peter, nonostante fosse il primo a non giudicare da quel punto di vista.
«Una donna dai capelli corti e nerastri, ben truccata, la conosci bene non è vero?»
Matt ebbe un sussulto così potente da fargli sbattere la testa sul tettuccio del veicolo.
«L’hai vista anche tu...» commentò un Matt stuzzicato dalla curiosità.
«Ero un ragazzino. Sai dove si trova il Ponte Muschio?»
Matt conosceva bene la storia di quella struttura fatta di anime disperse.
«Quel giorno, scoprì la Green Soul, mentre cercava di trafugare le bombe che sarebbero dovute servire per debellare la nostra specie. Ero troppo giovane...non sono riuscito a fermarla. Ha cercato di maledirmi, tenendomi per il collo, e guardandomi dritto negli occhi, che diventarono giallissimi e tenebrosi quasi quanto i suoi. Fortunatamente venni salvato dai soldati, e insieme cercammo di avvisare l’Esercito dell’accaduto. Come probabilmente sai, non riuscimmo a salvarli tutti.»
«Scusami...» mugugnò Matt, sentendosi a disagio.
«Ormai me l’hai chiesto! Non si torna indietro, sciocco!» esclamò divertito un Vincent accomodante.
«Un'altra!» alzando la mano, Matt riuscì a prenotarsi, in uno strano quiz personale «Come hai fatto a portarmi sulla gru? Come riesci a sparire e ricomparire dal nulla?»
«Scaltro marmocchio...» ridacchiò Vincent, sentendosi costretto a rivelare uno dei suoi stratagemmi preferiti «Lascia che te lo mostri. Permetti, Peter?»
Il Mago annuì, e qualche istante dopo, Vincent prese il suo braccio, e sussurrò.
«Falcon’s Nest...»
Improvvisamente, il ragazzino dai capelli corvini si addormentò, prima che entrambi venissero avvolti da catene bluastre, emanate dalla Risorsa del cacciatore di mostri. Circondati da una dolce prigionia, subirono una trasfigurazione a dir poco magica: Vincent diventò un bellissimo falcone dal piumaggio blu cadetto, dalle ali di una tonalità chiarissima, a raggiungere la purezza del bianco. Col becco ricurvo nerissimo e gli occhi gialli, guardò Matt negli occhi, prima di spiegare l’ala destra, mostrando il suo piccolo.
Un cucciolo della stessa specie, piccolissimo e spaventato, un frugoletto totalmente cieco. Era formato da unica energia nebulosa, intrappolato in uno stato di trance, nella quale avrebbe eseguito gli ordini dell’esemplare più esperto.
«Ti basta?» chiese il falcone parlante, sorridente.
«Mi basta mi basta!» replicò Matt, impressionato «Fallo tornare come prima!»
Un movimento ipnotico di piume colorate ruppe la mistica mutazione, lasciando Peter senza alcun ricordo dei secondi precedenti.
«Posso trasformarmi in quello che hai visto solamente se entro in contatto con una persona poco prima. Se invece pronuncio la formula a contatto con qualcuno, questo viene trasformato a suo volta, dopo essere caduto in una sorta di sonno forzato. Questa abilità mi è sempre stata utile. Più persone riesco a coinvolgere nella mia tecnica più riesco a mantenere la trasformazione, aumentando anche la mia velocità e destrezza. Tutto si gioca sul fattore segretezza, per cui vi pregherei di tenere per voi queste informazioni.»
«Che mi hai fatto?!» esordì un Peter ancora stordito.
«Vorrei tanto raccontarti dell’altro...» non prese in considerazione le richieste del Mago novizio «Tuttavia, penso che sarebbe meglio portarti a casa. I miei sottoposti controllano costantemente la situazione, ma se le guardie non ti trovassero a casa, potrebbero allarmarsi. Così come tua madre.» dopo l’angolo delle spiegazioni, era arrivato quello degli arrivederci.
Il furgone li aveva lasciati poco distanti dal presunto nascondiglio dei ladri, il Palazzo Clarmont.
Un enorme cuboide di mattoni, all'apparenza pericolante e dall'aspetto traballante, un tempo era dimora del Governo di Gracalm, che eresse in quel luogo una base operativa, dove venivano aiutati gli abitanti più bisognosi, specialmente gli sfollati della Via del Diavolo. Tuttavia le due persone a capo dell’impresa sparirono misteriosamente, e nessun’altro si offrì volontario per portare avanti un lavoro scomodo e pericoloso. Era il periodo dei grandi viaggi, dove Calvas subì la sua emigrazione.
In quell’atmosfera di paura e disinteresse, i Green Blood decisero di sferrare un attacco, seppur simbolico, contro i rifugiati di quel palazzo. Il loro segnale fu sufficiente per far abbandonare lo stabilimento nel giro di poche settimane.
«Prima di portarvi a casa, volevo solo farti notare una cosa, Matt.» affermò ironico il più grande dei tre.
«Intendi il Palazzo Clarmont? E’ abbastanza conosciuto...ogni tanto viene controllato dalle forze dell’ordine, ma da tempo non è considerato un pericolo.»
«Ne sei sicuro?»
«Certamente! Oppure...mi sbaglio?» chiese Matt, afferrando l’amo con forza.
«Beh, se fosse un edificio come un altro, perché controllarlo con delle telecamere?»
«Come hai detto?!» non poteva credere di essere al cospetto di un segreto che lo aveva osservato da così vicino.
«Una su quell’albero, l’altra dentro quella macchina rossastra, ferma li da almeno un mese. Un'altra a ridosso di quel lampione.»
«Ha ragione...guarda meglio Matt.» riconobbe Peter «Ma se non me le avessi fatte notare, non sarei mai riuscito a trovarle!»
«La tecnica di prima!» realizzò Matt, a bassa voce «Hai potuto sorvolare l’area con l’aspetto di un volatile, nessuno ci ha fatto caso!»
«Ben detto, ragazzino.» rispose Vincent, con un accenno d’applauso «Comunque state tranquilli, qui siamo sufficientemente lontani per non essere visti.»
Matt si avvicinò al Palazzo, non entrando nel campo della video sorveglianza.
«Non posso sopportare...non posso sopportare che ci stiano nascondendo qualcosa! Non in un momento come questo!» afferrò un sassolino, mirando alla grande finestra ferita, appartenente ad un Palazzo un tempo sfarzoso e luminescente.
Lo lanciò con tutta la sua forza, gettando Vincent nello sgomento.
«Che diavolo fai?!» mentre il sasso attraversò la finestra, il cacciatore di Green Blood afferrò i due ragazzini, e pronunciando la giusta formula li portò via con sé, in un piccolo stormo fatto di grandi cuori.
Matt si ritrovò nel suo condominio, con la testa leggermente scombussolata.
«Vincent, abbiamo capito come funziona questa tecnica, ma adesso basta!» disse un Matt innervosito, prima di agganciare il viso del guerriero, totalmente sbalordito.
«Per un pelo non ci hai messo davvero nei guai...ma sei stato geniale!» sembrava un bimbo davanti alla più grande piscina di palline colorate di tutti i tempi.
«In che senso?!» chiese Peter stranito.
«Voi non avete potuto udire nulla, per colpa della mia tecnica, ma io ho sentito tutto, anzi! Non ho sentito!»
«Forse trasformarti ti fa impazzire un po’, prova a smettere.» sentenziò un Matt dalla lingua lunga.
«Stammi a sentire!» esclamò Vincent, trepidante «Se fosse stato un edificio “normale”, avrei dovuto sentire il sassolino sbattere contro qualcosa, o almeno cadere sul pavimento. Sono sicuro al cento per cento di non aver sentito nulla per due o tre secondi. Sapete cosa significa?»
«Non è possibile!» gridò Matt, tappandosi la bocca.
«Il sasso è caduto verso il basso, percorrendo un bel po’ di strada! C’è davvero qualcosa che non va!» aggiunse Peter.
«Le telecamere, la sorveglianza particolare...qualcuno ci nasconde qualcosa di grosso! Ma ora è qui che comincia il bello...perché ora sono veramente tentato.» avrebbe potuto stringersi la mano da solo, tanto era compiaciuto.
«Quindi, che cosa facciamo?» chiese Peter, il meno entusiasta.
«Ovvio! Entreremo li dentro e scopriremo che cosa c’è nel Palazzo Clarmont!» la naturalezza con cui pronunciò quelle parole spaventò il suo amico come non mai.
Sapeva che quel tono di voce non scherzava, e non avrebbe fatto caso a qualsiasi cosa avesse tentato di fermarlo.
Non restò che congedarsi. Vincent promise di farsi sentire, appena elaborato un piano per infiltrarsi nello stabilimento.
Matt tornò a casa, e dopo la ramanzina della madre per il gran ritardo, si mise a fantasticare su cosa si nascondesse dietro ad un normalissimo edificio, ora culla di qualche bislacco segreto. L’atmosfera che apprezzò quel giorno lo aiutò particolarmente: un Universo dall’ infinito cielo violaceo, dove la famiglia Wolfram festeggiò il compleanno di Jane, seduti su una grandissima massa rocciosa, osservando l’orizzonte stellato.
L’attesa della novità non tardò ad estinguersi, come una candela dalla fiacca fiammella.
Nel soleggiato sabato del ventiquattro Settembre, qualcuno d’inaspettato bussò alla porta dei Wolfram.
«Sono arrivate le zie!» gridò Marple, saltellando ancora in pigiama.
Le sorelle maggiori di Leila erano due elementi davvero particolari. Gemelle nei tratti, opposte nell’animo, le donne erano curiosamente nate a Saratya, nella stessa patria di Russell.
I due nipotini andarono ad abbracciarle, e mentre Kathrin strinse dolcemente la piccola Jane, Matt venne coccolato con una certa tenacia, prima di subire un ingiusta tirata d’orecchio.
«Ma guarda! Già un ometto e ancora così ruffiano!» esclamò Norma, ridacchiando.
Era una donna di bassa statura, dai capelli mossi e tinti d’azzurro, con una folta chioma ondulata, simile a quella di Leila. L’unica differenza consisteva nella lunghezza, che non sfiorava solamente le spalle. Era adornata da un tocco di rossetto, che sfoggiava un rosa luminoso e finissimo, abbinato ad un trucco leggero, che faceva schiarire il volto solitamente più abbronzato. Portava una giacca di pelle nera non particolarmente aderente al suo fisico snello, jeans bluastri e due stivali con un tacco vertiginoso, color carbone. Sicuramente Miriam e Norma condividevano qualcosa in merito al loro stile particolarmente appariscente.
Kathrin era profondamente diversa. Una donna piuttosto corpulenta, leggermente più alta della sorella. Aveva un viso tondo e aggraziato, accarezzato da un tocco di cipria ed un rossetto bordeaux. Portava i capelli nerissimi in un elegante chignon, abbracciato da un nastro che terminava in un fiocco color crema, che si affacciava sulla sua destra. Adorava gli indumenti floreali, come il suo completo, un mare di margherite su sfondo rosa confetto, che lasciava scoperte le spalle. Era avvolta da uno scialle in lana purissima, di un rosa un po’ più deciso rispetto al completo.
Il loro viso era pressoché identico, nonostante le loro maschere le rendevano due gemelle diverse. Condividevano con Leila le labbra carnose, ma i loro volti avevano attraversato un lasso di tempo troppo alto, per poter tenere il passo della splendida bellezza della sorella. Tuttavia, proprio quelle rughe, frutto di quarantanove anni di vita, donavano loro un tocco regale, fatto di semplice saggezza.
«Suvvia, non essere così sbruffona con i bambini!» esclamò una Kathrin davvero giovale, a contatto con i suoi adorati nipotini.
«Ma ormai sono grandicelli!»
«Ti ricordi quando erano piccoli? Erano così dolci, e rimarranno sempre dei piccini per me.»
«Detesto interrompere la vostra discussione...» Jane si intromise nelle chiacchiere del passato «Ma come mai siete venute qui? Era da un sacco che non ci vedevamo!»
«Stavamo passando di qui e abbiamo pensato di salutarvi. Ma se vuoi ce ne andiamo!» ironizzò Norma, sorridendo assieme alle due sorelle.
«Ma non la stare a sentire! Volevamo solo farti gli auguri, e abbiamo un piccolo pensierino per te.»
«Certo. E’ al centro dell’attenzione, non la vedete già come scodinzola? Che bambina...» Matt mise il muso, non voleva che la sorella le rubasse l’affetto delle due ziette.
«Abbiamo anche qualcosa per te. Il tuo gelato preferito, melone e anguria, una bella vaschetta da un chilo!»
«Evviva!» gridò il possessore della penna, correndo verso il cassetto delle posate, e cercando il cucchiaio più grande dello scompartimento.
«Gelato a Settembre? Si vede che lo conoscete bene...» commentò Leila, lasciando il figlio nella sua fredda e gustosa colazione «Com’è stato il viaggio? Vi sarete fatte in quattro per venire qui...»
«Purtroppo si, per trovare una nave per Gracalm ormai si devono avere gli agganci giusti, e i prezzi sono davvero calati fino al ridicolo.» rispose Norma, cambiando volto in un esemplare più serio.
Saratya non era di certo esentata dalla minaccia dei Green Blood, ma di certo non era paragonabile alla situazione di Gracalm.
«E la boutique invece?» chiese Leila, particolarmente interessata.
Le sue sorelle da tempo portavano avanti una linea originale di capi femminili. Kathrin si occupava della ideazione degli indumenti, mentre Norma provvedeva a farli diventare realtà, manovrando i tessuti più preziosi.
«A gonfie vele! Abbiamo portato qualcosa anche per te, tutto in anteprima!» uno spot pubblicitario in persona, Kathrin era decisamente felice di come stessero andando gli affari, facendo quello che l’appassionava più di ogni altra cosa.
«Non mi dite che...mi avete regalato un'altra gonnellina...» commentò Jane, stizzita.
«Conosciamo i nostri nipotini! Non sarai delusa, piccola peste!» rispose Norma, con un sorriso raggiante «Perché non andate in camera coi i vostri regalini, mentre noi ci facciamo una bella chiacchierata tra sorelle?»
«Per evitare discorsi sulla moda, questo e altro!» esclamò Jane, ringraziando le zie per il pensiero.
«Mi associo!» il fratello la seguì in stanza, mentre le tre signore si ritirarono nello studio di Leila.
Mentre Matt continuò a trangugiare gelato, ignorando il mal di stomaco che avrebbe potuto sbattergli sul naso, Jane esultò dopo aver scartato un piccolo pacchettino, che precedentemente conteneva degli orecchini.
«Sono ricca!»
«Ti hanno regalato delle banconote? Seriamente?» la sorellina stava si stava pavoneggiando con un ventaglio fatto da ottanta Spells, una quota decisamente significativa per una ragazzina.
«Geloso?»
«Ci sono cose più importanti nella vita.» saccente, cercò di salire sul suo letto, afferrando la scaletta del letto a castello, tenendo la vaschetta con la mano sinistra. Jane però lo trattenne a terra.
«Capisco, intendi Kamili non è vero?» un sorrisetto da topolino prese possesso del suo viso.
«Ma che dici?!»
«Oh, andiamo! Lo sappiamo tutti come ti ha salvato. Tu hai fatto la Bella Addormentata mentre lei ti ha salvato con un bacio...disgustoso.»
«Molto fantasiosa...» rispose Matt spaesato, salendo di forza sul suo letto, e rimuginando sull’accaduto.
Appoggiò le mani dietro la testa, appoggiando il gelato sul letto, cercando ispirazione nel soffitto.
Jane emise un gridolino, come se qualcosa l’avesse preoccupata improvvisamente. Si appropriò del gelato, tentando di attirare l’attenzione del fratello.
«Si può sapere che diavolo ti...» con la coda dell’occhio, qualcosa attirò la sua attenzione.
Il soffitto bianchissimo aveva un foro grande quanto un albicocca, ma completamente nerastro, proprio sopra il suo letto.
«Ma cosa sarà quella roba? Aspetta che chiamo la mamma così prende la scopa e...»
«Non vai da nessuna parte!» Matt aveva già identificato il problema, e alzandosi in piedi sul materasso riuscì a raggiungere ciò che si era incastrato sul soffitto.
Un frammento di meteorite.
«Bene bene! Ma guarda chi si è esercitato nonostante mamma ce l’abbia vietato!» era soddisfacente avere la sorella in pugno.
«Veramente...ci siamo esercitate assieme.» Matt passò dalla soddisfazione all’indignazione.
«Cosa?! Questo non è giusto!»
«Non lo sai che ci hanno spiate quando siamo andate a trovare Betty? Vogliamo essere sicure di potercela cavare da sole, proprio come hai fatto tu!»
Ancora quella storia. Matt cominciò a maledire quella gloriosa battaglia.
«Adesso mi sentirà!» aprì a porta della stanza, diretto verso lo studio della madre «Io non sono un eroe! Non ho salvato nessuno! Avrò pure tenuto testa alla Green Soul, ma questo per me non conta affatto! Fiorenzo è morto!»
La sua Risorsa, era solitamente compassionevole di fronte a quei momenti drammatici, cercava sempre di rincuorare il suo possessore, ma quella volta la penna non si mosse. Mentre Jane ripose rapidamente il gelato nel freezer, Matt si avvicinò alla porta sbarrata dello studio. Quando fece per entrare, qualcosa lo interruppe.
«Ho detto di no!» sbraitò Leila, adirata «Io non ci vengo a Saratya!»
«Sorellina dai, pensaci bene!» Kathrin cercò di tranquillizzarla «Questo posto è il covo della Green Soul, è troppo pericoloso. Non vogliamo che a te o ai bambini accada qualcosa di brutto!»
«Vi vogliamo bene, lo sai vero?» aggiunse una Norma particolarmente amorevole.
«Lo so, e vi ringrazio. Ma finché questo muro non si spegnerà, io da qui non me ne andrò mai. E i ragazzi non accetterebbero mai questa decisione. La prenderebbero come una patetica fuga. Non restiamo in questo posto schifoso solo perché siamo orgogliosi, ma anche perché facciamo parte di una minoranza che può fare la differenza!»
«Leila...io ti capisco ma...» Kathrin cercò di controbattere, ma i singhiozzi del suo cuore le impedirono di continuare.
«Non posso lasciarlo capite? Lui è morto qui, combattendo per proteggerci tutti. E io dovrei prendere la prima nave per scappare da tutto questo, dopo che lui si è sacrificato per noi? No. In noi ha visto speranza, e io non tradirò mai la sua fiducia!»
Mentre Kathrin non riuscì a trattenere le lacrime, Norma tirò un pugno, proprio sulla porta che separava la discussione dai ragazzini. Li fece sobbalzare, ma tappandosi la bocca a vicenda evitarono di essere scoperti.
«Hai dannatamente ragione, per quanto tutto questo mi faccia diventare una bestia.» commentò la donna dai capelli azzurri, dopo aver smaltito la sua ira.
Leila abbracciò la sorella più in difficoltà, mentre Norma tentò di cambiare discorso, per spezzare la tensione.
«Dunque, perché ci hai fatte venire fino a qui?»
«Oh, giusto.» aprì il primo cassetto della sua scrivania in legno, e afferrò una fotografia, apparentemente preziosa, dato che era rinchiusa in una superficie plastificata «Ho assunto un detective privato, ed è riuscito ad immortalare le voci che avevo udito da un altro informatore.»
Le gemelle guardarono la foto, e rimasero di sasso, con la stessa identica espressione.
«Allora è vero...» sussurrò Kathrin.
«Sta gironzolando per Gracalm? Che cos’ha in mente?»
Matt e Jane si guardarono negli occhi, e non sprecarono nemmeno un ticchettio. Jane riuscì ad aprire un piccolissimo varco dimensionale dal soffitto della stanza, cercando di scorgere chi fosse il soggetto della fotografia. Ebbe pochi secondi, poi fu costretta a ripiegare.
«L’hai visto?»
«Si, ma non lo conosco. Te lo posso descrivere.»
«Penseremo a riconoscerlo dopo, cerchiamo di capirci di più.» ritornò silenzioso, tentando di carpire ogni sillaba.
Le tre nella stanza stavano ancora confabulando sull'apparente stranezza che le aveva colte di sorpresa.
«L’hanno avvistato anche a Calvas Est, anche se le autorità smentiscono il fatto.» continuò Leila, con fare da professoressa.
«Che diavolo sta facendo in questa zona?!» imprecò Norma, pessimista.
«Quello che vi voglio chiedere, dopo aver visto questa fotografia è...volete aiutarmi? Voglio far luce su questa situazione. Lui non dovrebbe essere qui, la stampa sostiene ancora che si trovi nell'altra sede, ma sappiamo con certezza che non è così.»
«Sede?» si domandò Matt, scosso dalle maree dell’indecisione.
«Matt, credo si stiano avvicinando!» lo avvisò per tempo, dato che due secondi dopo, Kathrin aprì la porta senza alcuna avvisaglia, dato che le era parso di sentire qualcosa.
I due ragazzini erano già spariti, inghiottiti dal muro dimensionale.
«E’ una fortuna che le zie non conoscano i nostri poteri.» concluse una Jane sospirante.
I due ragazzini si ritirarono nella loro base segreta. E cercarono di recuperare tutte le informazioni che avevano raccolto.
«Non può essere una coincidenza!»
«Quale coincidenza?» Jane aveva bisogno di un briefing accelerato, e Matt cercò di spiegarle gli ultimi fatti accaduti, ovviamente tralasciando la presenza di Vincent nella sua scoperta.
«Il Palazzo Clarmont sorvegliato segretamente, e un uomo piuttosto importante che spunta in posti dove non dovrebbe, facendo preoccupare mamma in maniera atroce. Mi sembra piuttosto chiaro che qualcosa si sta muovendo, anche se vogliono escluderci da questo piano.»
«Prima di tutto dobbiamo capire chi sia quell’uomo, o non andremo molto lontano...»
I due si guardarono nuovamente negli occhi, cercando di acchiappare la risposta che avrebbero dichiarato all’unisono.
«Wesley!»
«Stai dicendo che... si tratta dell’attuale Capitano Ufficiale dei Servizi Segreti?»
«Sicuro!» rispose Wesley, dall’altra parte del telefono «Deve essere lui, abito nero con cravatta, tutt’altro che magro, capelli corti e neri con ciuffo sulla destra, e una lunga barba che arriva fino al pomo d’Adamo. E’ sicuramente l’ex vicecapitano, Justin.»
«Non è pericoloso parlare al telefono? Lo sai che da tempo siamo osservati in tutto e per tutto!»
«Wesley ha criptato il segnale grazie al suo Talento, nessuno può sentirci.» puntualizzò Matt, avendo previsto in anticipo questa scappatoia.»
«Quindi le voci sono vere. Si sta aggirando qui a Calvas, quando invece è conosciuto più che altro per le sue strategie, elaborate sempre alla base di Wayspot, e anche per la sua costante presenza mediatica. Mi chiedo a cosa siano dovute queste comparsate.»
«Ti faremo sapere, non ti preoccupare. Non voglio che nessuno venga lasciato indietro.» mentre Matt concluse la chiamata, Jane cercò di fare qualche conto.
«Perché un pezzo grosso come lui si va vedere nella città più pericolosa dell’intero stato? Da quello che ci ha detto Wesley, questo tizio sembra simpatizzare con le telecamere, ma non ama fare il lavoro sporco.»
«L’unico modo per scoprirlo è capire cosa si nasconde nel il Palazzo Clarmont. Io e Mike abbiamo organizzato una bella esplorazione, e Green Killer ci aiuterà.» non poté fare a meno di menzionarlo, non ebbe il tempo di elaborare una bugia degna di questo nome.
«Allora verrò anche io! Abbiamo una sola possibilità, meglio non sprecarla.» afferrò il colletto della sua maglietta di cotone, tappezzata di grigio e qualche geometrica decorazione nera «Con me sarà tutta un'altra storia!»
«E come la mettiamo con mamma?»
«Dobbiamo dirglielo, questa volta ci stiamo cacciando nei guai...volontariamente.»
«Lo sai che non la prenderà bene vero?» chiese la ragazzina, perplessa.
«Le mura della casa dovranno sorbirsela di nuovo, nel suo stadio più spaventoso...»
«Verrò con voi.»
«Che cosa?!» i due gridarono all’unisono, saltando sulle loro sedie.
«Non ci possono trattare in questo modo, stanno organizzando qualcosa lo so! Ma se non ci coinvolgono non andranno da nessuna parte. Sbatteranno la testa contro il muro Non possiamo permettere alla Green Soul di dividerci, dobbiamo lottare insieme!»
«Quindi...ci accompagnerai in una esplorazione totalmente all’insegna dell’illegalità?» chiese il maggiore dei fratelli.
«Certamente!» sorrise, sapeva che la loro operazione rasentava ogni limite del rischio, ma era troppo implicata nella situazione per tornare indietro «E comunque, siete in punizione. Ci siamo accorte delle vostre orecchie invadenti!»
«Che cosa?!» nuovamente, i due agirono in sincrono, quasi come i loro cuori.
«Siete così indisciplinati che mi avete fatto perdere il conto! A quante punizioni siete arrivati? Deve essere un numero piuttosto importante...»
«Immagino userai tutta la tua fantasia per trovare una nuova pena da infliggerci!» ironizzò Matt, rallegrandosi dietro le sbarre dell’autorità.
«Non sai quante bellissimi compitini ho pensato, vi stupirò!» concluse la donna, non enfatizzando troppo la sua arrabbiatura.
Era troppo concentrata, la sua mente si trovava da un'altra parte.
Aveva già focalizzato il Palazzo Clarmont nella sua mente. Era il suo bersaglio. La freccia della verità sarebbe stata scoccata rapidamente, perforando ogni mistero e sotterfugio, lasciando il posto ad una unica risposta.
Proprio il giorno dopo, in seguito a moltissimi preparativi, il gruppo di spedizione fu formato, e quando caddero le due del mattino, gli eroi si presentarono nei pressi di quel castello di cartone.
Vincent non fu proprio entusiasta di coinvolgere troppe persone nella sua spedizione, avrebbe voluto assaporare la realtà in totale solitudine, ma concesse a Matt un perdono senza troppi indugi.
I Wolfram arrivarono per ultimi nel punto di ritrovo, il fedele furgoncino nerastro posteggiato nei pressi della scuola di Matt e Jane. All'interno del veicolo, ad aspettarli ansiosamente c’erano Mike e Peter, così come Enigma e Green Killer, pronti ad addentrarsi al di là di una porta che dava verso un mondo senza sole.
Dopo una rapida consultazione faccia a faccia con la sua collega, Miriam – approfittando della copertura offerta da Vincent – decise di rimanere in disparte, coinvolgendo anche Wesley e Kamili. Lasciare almeno un membro della squadra in ogni regione avrebbe così allentato i possibili sospetti, ed eventualmente, i tre avrebbero potuto guadagnare tempo, depistando i più perspicaci. La ragazza dalla pelle scura non prese molto bene il suo incarico, dato che le mancava un componente del suo cuore, a lei preziosissimo. Tuttavia decise di resistere ai sentimenti, seppur controvoglia.
Riuniti tutti i presenti, stretti in quattro muro d’acciaio, il passamontagna cominciò ad emanare le sue ultime parole, prima del conto alla rovescia.
«Per quanto avrei preferito una squadra leggera e più silenziosa...» guardò i fratelli Wolfram, avvertendoli con un tono di voce deciso «Sono contento che vi fidiate di me e della mia associazione. Anche io sono del parere che quando qualcosa non va, intraprendere la strada dei segreti non funziona. Isolarsi può significare soltanto rovina, e tutti noi lo abbiamo imparato. E’ giunta l’ora che qualcuno faccia venire alla luce questo mistero, e io sono pronto a remare per tutti voi, se necessario.»
Tutti quegli occhi arzilli e determinati che lo stavano osservando, con quelle sfumature diverse, ma dall’unico desiderio, lo resero un uomo fiero, una sensazione che lo alleggerì non poco.
«Ci divideremo in due squadre. Una capitanata da me, l’altra da Leila. Ho portato con me dei walkie talkie con un segnale particolare, per cui potremo tranquillamente comunicare con quelli se saremo lontani. Ho con me anche degli abiti incantati, gli stessi che sto indossando, che preserveranno la vostra identità. Prima di spiegarvi come entreremo, non resta che dividere le squadre...»
«C’è un'altra cosa da fare.» Leila s’intromise nella spiegazione, ma nessuno osò interpellarla.
La donna prese dalla tasca dei suoi pantaloni un foulard rosso corallo, e lo adagiò sul palmo della mano di Vincent, aperto quasi di sua spontanea volontà.
«Abbiamo tutti qualcosa di rosso con noi. Lo so, non è importante ai fini della missione, ma vorremo che ti sentissi parte della nostra squadra, in tutto e per tutto.»
Ognuna aveva un qualcosa che rimandava al colore ardente della Nuova Alleanza. Chi una sciarpa donata da una persona cara, chi delle labbra tinte di un bordeaux acceso. Era tutti connessi, come un'unica cosa.
«Grazie, davvero.» sussurrò Vincent, particolarmente colpito «Ed ora ascoltatemi, ecco che cosa faremo.»