Detective Conan Forum

Matt e la Penna. Il mistero del muro di fuoco., Volevo condividere un racconto a cui tengo davvero!

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view post Posted on 2/11/2016, 15:03     +1   -1
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Happy Happy 10

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Due capitoli in un mese...è possibile! Ma è un capitolo molto importante. Avevo promesso una mappa e mi sto attuando per costruirla, devo capire come si usa Photoshop xD

2.5 Il Tesoro di Justin - Seconda Parte


“Siamo dall'altra parte!” bisbigliò Matt, cercando di rimanere accovacciato, con Kamili a suo seguito.
“Dove andiamo?” chiese la ragazzina, cercando di osservare la nuova struttura dall'anima grigiastra.
“A caso! Non era ovvio?”
“In realtà no. Questo posto è enorme!” ribatté Kamili, divertita “Ci perderemo sicuramente!”
“Non se troveremo i nostri compagni. Devono essere qui da qualche parte!”
“In realtà no.” una voce sconosciuta scoprì la sua giovane tonalità.
“Chi diavolo!” gridò il più spaventato dei due.
Un ragazzo appena maggiorenne, dal viso ancora piuttosto acerbo nonostante l'altezza, e con un particolare tonalità di biondo chiaro si presentò ai due fuggiaschi con il massimo dell'entusiasmo.
Un particolarissimo taglio classico, sistema una chioma color limone tutta da una parte, lasciando la parte destra della testa con i capelli rasati, perfettamente in ordine. Diversamente dai suoi colleghi, il suo look si orientava sul casual: jeans nerastri, scarponi da neve di un bianco spento, e un gilet smanicato color argento con tanto di cravatta abbinata. Era semplice dedurre che quei capi seguivano i suoi gusti personali, data la naturalezza con cui li portava addosso.
“Sono così contento che mio fratello non vi abbia fermato!” esclamò con uno sprizzo di folle grinta.
“Il tizio di prima?” chiese Matt, ragionando sulla stessa lunghezza d'onda, una frequenza senza alcun senso che Kamili non riuscì ad acciuffare.
“Esatto, il mio fratellone non si fa sconfiggere facilmente!”
“Quindi...sei contento perché vuoi provare a fermarci?” i due erano già sui blocchi di partenza, ignoravano completamente la situazione in cui il destino li aveva sballottolati.
“Certo! E non vedo l'ora!” strinse la mano sinistra, divampando spirito di sfida “Dopo mesi di noia e avversari scadenti finalmente qualcuno che possa tenermi testa!”
“Credo proprio che farai la fine di tuo fratello!” impugnò il suo stocco alato, presuntuoso.
Due bambini.
Pareva facessero a gara, dove solamente il più esaltato avrebbe agguantato la vittoria. La povera Kamili avrebbe tanto preferito cadere nello strapiombo che avevan appena superato.
“Matt che stai facendo! Non possiamo trattenerci o ci cattureranno!”
“Sono da solo.” rispose il biondino “Ho fatto allontanare i miei colleghi, non volevo palle al piede, rovinerebbero il mio divertimento!”
“Visto? Perché non dovremmo fidarci?” Kamili cominciò a credere che qualche rotella si fosse fusa durante le esplosioni, in quella testolina testarda che tanto ammirava.
“Perché è il NEMICO!” gridò seccata, non riuscendo ad essere troppo aggressiva.
“Conosco quell'espressione.” rispose Matt, guardandosi allo specchio “Ha il fuoco che gli arde nelle vene, desidera un combattimento da cardiopalma. E ti mentirei se ti dicessi che io non provo lo stesso!”
“Continuo a non seguirti...”
“Non abbiamo nulla da perdere. Se dovesse rivelarsi fuori dalla nostra portata, almeno avremo dato il massimo. Non possiamo scappare da lui, dobbiamo accettare la realtà e lottare!”
“Sei appena diventato mio socio! Magari qui avessero il tuo spirito!” affermò l'agente “Oh, non mi sono presentato! Sono Ezdard, piacere e...scusatemi. Scusatemi se dovrò umiliarvi in qualche minuto!”
Il biondino si spostò di lato, rivelando ai due avversari un ventilatore domestico, pitturato di un verde persiano, poco più alto di un metro e venti.
“Vuoi affrontarci con quella carabattola?” utilizzando un termine di cui nemmeno conosceva il significato, Matt cercò di provocare il giovane agente. Pessima scelta.
Il ventilatore dalla base a piantana rimosse automaticamente la doppia griglia rotondeggiante che ricopriva la sua elica, che immergendosi nell'acciaio più impenetrabile, si posizionarono ai polsi del biondino, fungendo da scudi leggeri.
L'elica cominciò a girare, partendo dalla sua velocità massima. La base si staccò, alleggerendo la sua costituzione molecolare, smussando i suoi apici rettangolari, finalizzandosi in un enorme boomerang.
L'elica smise di girare. Mentre la sbarra che le sosteneva si era lucidata a dovere con sprazzi argentati, le pale si erano trasformate in temibili lame. Possedeva una Risorsa, ma sembravano almeno tre. La sfacciataggine di Matt scomparve nel lasso di un secondo spezzato.
“Yeah! Ti piace il mio arsenale vero?” esultante, Ezdard non vedeva l'ora di cominciare.

La saggia mano dello stoico Primo Comandante si avvicinò al passamontagna incantato.
Non abbracciò la fretta, decise di gustarsi il momento lentamente, avvicinando le sue dita tra la sua calma e l'agitazione della sua vittima.
“Fermati!”
Con fare selvaggio, l'uomo si voltò rapidamente, trovando i due fratelli schierati uno a fianco all'altro, feriti lievemente. Si erano rifugiati tra i panneggi del papiro dorato.
“Che state facendo?! Scappate!” gridò Vincent, rigido nella voce e nel corpo.
“Non lo faremo. Dobbiamo ammetterlo: la missione è fallita.” affermò Peter, tutt'altro che turbato “La missione, per quanto sia importante, non viene prima dei nostri compagni. Non viene prima di te.”
“Stupidi...” commentò il guerriero, apprezzando segretamente il loro gesto.
“Il ragazzino con la pergamena...ecco perché siete riusciti a sfuggirmi.” sorrise nuovamente con quell'espressione senza umanità, per poi grattarsi il pizzetto “Arrendetevi, o vi farò molto male.”
“Lo faremo...ad una condizione.” rispose Enigma, afferrando con forza il suo indomito coraggio.
“Se pensi davvero di contrattare con me...”
“Non togliergli il passamontagna. E noi ci consegneremo spontaneamente.” interrompendolo, corse un rischio tale, che un artificiere di fronte ad una bomba inesplosa l'avrebbe quasi invidiato.
“Non siamo al tuo livello, ma di certo sappiamo come guadagnare tempo. E come farlo perdere a te. Abbiamo soltanto un semplice favore da chiederti.”
“Forse la percentuale di rischio che correrai combattendo con noi sarà minima, ma potremmo anche decidere di dividerci e scappare. Vuoi a mettere a segno la tua operazione?” Enigma deglutì, in quell'area di tribunale improvvisata.
Qualche secondo di tremore. L'uomo fece la sua scelta.
“Non ho mai fallito una missione, e sicuramente non mi farei mettere in piedi in testa da due pivelli come voi.” i due fratelli si prepararono al peggio “Tuttavia...ho deciso di essere magnanimo, soltanto perché tenete davvero all'identità del vostro amico.”
Decine di agenti li accerchiarono, puntando le loro armi a tutti i membri del gruppo, Mike compreso. Non avrebbero potuto fuggire in ogni caso, il volere del Primo Comandante era stata una concessione spassionata.
“Grazie.” concluse Enigma, che poco prima di essere ammanettato ordinò alla sua Risorsa di avvolgerlo tra tessuti di papiro, fino a racchiuderlo in una pallina stropicciata.
Mentre Peter, tra lo sgomento degli agenti, spiegò che suo fratello si era semplicemente rinchiuso in una prigione personalizzata, il Primo Comandante si avvicinò con una strana cordialità.
“Ho lasciato che la mia curiosità non possedesse il mio animo, ma non posso garantirvi nulla riguardo al mio capo.”
“Apprezziamo il suo gesto.” rispose premuroso.
“Bah, sto fraternizzando con questi marmocchi...” concluso il suo compito, lasciò spazio ai suoi sottoposti “Portateli via.”


“Che cosa è successo?” chiese Matt, svegliandosi da un frammento di vita che non ricordava.
Era sorretto da una barella del pronto soccorso, Kamili era girata di spalle, e lo sorreggeva dalla parte della testa, Ezdard dalla parte dei piedi. Era stato incatenato a quel giallo tappeto volante, con un paio di manette ben collaudate.
“Ti ha sconfitto...” le rispose Kamili, affranta.
“Oh stai meglio!” esultò il biondino, con un aura di gratitudine “Mi sono davvero divertito! Era da tempo che qualcuno non opponeva tutta quella resistenza!”
Matt notò che, nonostante la sonora lezione subita, Ezdard sfoggiava un delizioso occhio nero. Evidentemente era riuscito a dargli il colpo della bandiera.
“Veramente quel pugno gliel'ho dato io. Scusami...” dichiarò la sua compagna, fin troppo sincera.
“Infatti io parlavo di lei...” aggiunse il Secondo Comandante dei Servizi segreti, desolato “Purtroppo ti ho colto di sorpresa e non ti sei accorto di nulla!”
“Fantastico...” sbuffando, si sistemò sulla barella, senza opporre resistenza “La mia memoria non fa altro che prendersi gioco di me.”
“Ti darò la rivincita un giorno, promesso!” sorridente, il biondino pareva si rivolgesse a qualche vecchio amico di quartiere.
Matt cercò lo sguardo di Kamili, ma purtroppo la ragazzina era troppo indaffarata per potersi voltare verso il suo beniamino del passato. Sentiva il bisogno di scusarsi, sentiva il bisogno di scacciare dal corpo un irrefrenabile espiazione.
Durante la sua incoscienza, avevano attraversato gli sconfinati laboratori, lo stabilimento che confinava il grande crepaccio sfavillante.
Ma era tempo di cambiamenti, e quelle stanche stanze -che lentamente scorrevano agli occhi del ragazzino, come se avesse potuto osservare il paesaggio da una flemmatica automobile- sembravano d'un tratto più umane. Una muratura in calcestruzzo, pitturata di un beige vivace, accompagnava stipiti e porte di un robusto legno mogano. Qualche sussurro si poteva udire da porta a porta.
Era un mondo diverso. Aveva qualcosa di vitale, trasudava una dignitosa laboriosità.
Si stavano avvicinando agli uffici degli agenti, alla fine di un labirinto che non avrebbero mai potuto superare da soli.
“Sei andato a pesca?” una voce fermò quella barella vagante.
“Alexandra!” esclamò Ezdard, con uno sguardo annoiato “Troppo tardi, li ho già sistemati a modo mio!”
La giovanissima agente si avvicinò a Kamili, afferrandole il mento per poterla osservare sotto una luce migliore.
“Ma io non ti avevo messa in cella?”
“Sembra che qualcuno non fosse d'accordo con la tua scelta.” rispose Kamili, districandosi da quella presa fatta di superbia.
“Quindi è vero! E' stato uno dei nostri a liberarli, che scocciatura!” esclamò Ezdard, sfociando da tutti i pori una certa consapevolezza, quella delle ramanzine in dirittura d'arrivo.
“Si, Justin farà la solita scenata.” si avvicinò a Matt, ghignante “Tu devi essere suo fratello.”
“Di chi? Della scatenata già sbattuta in cella?” il mito aveva fatto strada tra le bocce degli agenti.
“Scatenata? Chissà perché la cosa non mi stupisce...” intervenne Matt, tutt'altro che gentiluomo.
“Comunque, aiutami a portare questi due dal boss! Mi ha ordinato di scortarli nel suo ufficio il prima possibile.” la sua ingombrante Risorsa era stata munita di una cintura di cuoio, in modo da poter essere portata sulle spalle, rovesciata. La base dell'oggetto invece, poteva fluttuare senza il minimo sforzo accanto al suo possessore.
“Dammi il cambio.” aggiunse, scrocchiandosi la schiena “Lo sai che la mia Risorsa è un po' problematica da trasportare.”
“Certamente! Non ho mai fatto la facchina, che lavoro entusiasmante!” scherzò la rossa, sentendosi quasi costretta a quel bizzarro compito.
Poggiarono il convalescente a terra delicatamente.
Nell'istante in cui l'asse toccò il terreno, uno scatto mise a soqquadro quel tranquillo siparietto.
Le manette di Matt vennero tranciate di netto, con precisione chirurgica.
Alexandra si era scagliata verso il suo collega, che era stata salvato dalla lama di forbici solo grazie alla parte più indipendente della sua Risorsa. Tuttavia, non poté in alcun modo rilasciare la concentrazione infusa nella sua fievole difesa, altrimenti sarebbe stata scardinata senza alcuna esitazione.
“Allora li hai liberati tu...” tuonò Ezdard, a pochi centimetri dalla ghigliottina.
“Ci sei arrivato giusto qualche attimo più tardi.” il sorrisetto della giovane agente era tutto fuorché rassicurante “Questo non vuol dire che abbia tradito la nostra organizzazione.”
“Che cosa?!” Matt, tastandosi le mani libere dalle catene, cercò di capirci di più “Perché ci hai liberato, per ben due volte?”
“Sono fedele ai Servizi Segreti, ma ahimè devo un enorme favore ad una persona che voi conoscete. Sono stata costretta a farvi scappare fin troppe volte, non vi darò un altra occasione.”
“Che razza di spiegazioni sarebbero?!” Ezdard aveva un diavolo per capello, non amava quei sotterfugi celato dalle bugie, aveva sempre sperato in un'organizzazione guidata solamente dalla purezza della realtà “Un misero favore?! Il boss non ti perdonerà mai! Sembra che non te ne importi nulla di noi!”
“Beh, non potrai provare le tue accuse. I nostri sistemi di comunicazione sono stati disabilitati, non ricordi?”
“Quelli del Palazzo Clarmont, non quelli dall'altra parte delle gallerie...” rispose automaticamente il biondino, senza comprendere il segreto svelato davanti ai suoi occhi.
Improvvisamente le luci si spensero, solo il bagliore arancione della Risorsa alata poté schiarire quello strano tradimento.
“Sei stata tu...” ringhiò Ezdard, mentre nell'aria, qualcosa stava cambiando “L'unico modo che ho per provare tutto ciò è portarti dal boss in persona...ma i prigionieri scapperanno...”
“Matt, andiamo!” suggerì Kamili, non particolarmente toccata da quella scena piena di maschere e drammi.
“Arrivo subito.” rispose il ragazzino, prima di congedarsi “Grazie. Non ci faremo più catturare, te lo prometto.”
“Fidati di me.” la resistenza del Secondo Comandante stava ergendo le sue mura, mentre Alexandra cominciò a perdere terreno “Non scapperete di nuovo se sarò io a trovarvi.”
L'allarme risuonò per i loro timpani, e le pallide luci d'emergenza tentarono di scacciare le ombre, riuscendoci a metà.
“Alexandra!” gridò il biondino, oramai in procinto di sfuggire alla sua condanna.
I due ragazzini presero il largo e scapparono verso le onde dell'ignoto, guidati dalla vivace penna, che scelse il ruolo della bussola improvvisata.


Come si era dimostrato diverso nella quiete, quel mondo risultava totalmente opposto alle vecchie gallerie anche nella totale tempesta. Matt e Kamili furono costretti a nascondersi negli angoli meno colpiti dal bagliore giallo scuro, mentre schiere di agenti si muovevano in squadre organizzate, a passi coordinati, marciando verso il pericolo.
“Scusami se ti ho colpito prima.” esordì la ragazzina, intimorita.
“Cosa?”
“Sono stata io.”
“Intendi...quando mi sono trovato faccia a faccia con Ezdard?” chiese un Matt stranito.
“Prima che la battaglia infuriasse, ti ho colpito in testa. Non volevo che combattessi contro quell'agente. Avevo paura che ti potesse fare del male. Così ho chiesto a Ezdard di raccontarti quella bugia.”
“Ecco perché non ricordavo nulla...”
Matt smise di emettere parole, sguardo verso il soffitto. Kamili temette una reazione burrascosa, in fondo la sua decisione era stata un po' troppo precipitosa, dettata da quel senso di protezione che non l'abbandonava mai, specie se si trattava di lui.
Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate spostò lo sguardo verso Kamili, prima di farsi scappare una risata.
“Mi hai dato una botta in testa! Forse me la sono meritata!”
“Davvero...non sei arrabbiato?”
“Assolutamente no. Non c'è bisogno che ti scusi.” le sue iridi nocciola brillarono nella penombra, intrise nella polvere di stelle “Vedi...da quando sono riuscito a fronteggiare la Green Soul...tutti hanno cominciato a guardarmi in modo diverso. Prima ero semplicemente...me stesso. Ma è bastata quella battaglia per addossarmi un macigno fatto di speranze, tutto sulle mie spalle. Tutte quelle aspettative che si sono fatti sul mio conto mi hanno reso solo più insicuro. Come se non bastasse, dopo l'accaduto, la mia Risorsa ha perso la voce. Ha comunicato con me in rare occasioni, come se mi avesse...abbandonato. Almeno fino a poco fa.”
“Mi dispiace...” una frase pronunciata dall'empatia della ragazza.
“Ma tu...tu ti fidi di me. L'hai ampiamente dimostrato, ma non hai esitato a farmi ragionare con le cattive, quando la situazione si rivelava tremendamente rischiosa. Sei l'unica persona che ha pensato al mio bene, prima ancora di tutto il resto.”
Kamili rimase commossa da quella sincerità.
Forse avrebbe voluto qualcosa in più. Forse avrebbe voluto baciarlo.
Qualcosa la fermò.
Sarebbe stato come ferirsi con una piccola ma affilata lama, per una volta, poi due, infinite volte, massimizzando il dolore fino all'estremo.
“Senti Matt...” cambiando discorso, le cose si fecero più semplici “Dove ci sta portando la tua Risorsa? Sempre meglio che andare a caso, lo so...ma se ha deciso di guidarci con questa sicurezza, forse ha avvertito qualcosa!”
“Deve essere così...magari potessi capirlo.” le confidò il ragazzino dal ciuffo spettinato.
“Non ti preoccupare. Il legame non la tua Risorsa non è mai stato in pericolo, sono certa che avrà avuto le sue motivazioni.”
Prima di poter rispondere, alcuni agenti corsero proprio nelle vicinanze di quell'ufficio all'apparenza abbandonato, per poi superare la scrivania sotto la quale i due si erano nascosti.
La penna, ora stocco alato, cominciò ad illuminarsi ad intermittenza.
“Dobbiamo uscire, sembra che voglia indicarci la via!” esclamò Matt, quasi battendo la testa contro quel legno amico, che li aveva protetti fino a quel momento.
I due aspettarono qualche fugace attimo, prima di correre all'impazzato, seguendo la penna, che puntava verso la sua giusta direzione. Dalla conformità delle pareti, si resero conto che il loro percorso, li stava riportando verso l'interno del laboratorio che avevano attraversato, allontanandosi dalla civiltà.
Incrociare il nemico fu questione di tempo.
Vennero inseguiti da pallottole d'avvertimento e aggressività, finché non s'imbatterono in un ascensore solitario. Premendo il pulsante di apertura, riuscirono ad intravedere la via della salvezza, ma decine di caricatori erano pronti a lasciarsi andare, nella furia di una miriade di spari.
“Non costringeteci a farlo!” gridò l'agente più vicino.
I due si guardarono negli occhi, ancora una volta.
Kamili lo spinse all'interno, mentre la penna cliccò istantaneamente uno dei bottoni.
“Trova il segreto, Matt! Credi in te stesso!”
Nell'istante in cui le porte cominciarono a chiudersi, separando i due ragazzini, Kamili cambiò rapidamente il suo volto.
Matt riuscì a scorgere la fata, che emise un grido così potente, da gettare a terra tutti i nemici. Le porte si chiusero, il sipario si era già concluso.

L'ascensore si era fermato al settimo piano sotterraneo, il più profondo del castello.
Le porte erano rimaste barricate.
Il mondo all'esterno sembrava quasi terrorizzarlo, era pericoloso. Si era preso tutti i suoi amici.
Le porte si aprirono lentamente, con un suono stridulo. La sorridente Alexandra comparve al suo timoroso cospetto.

“Non imparate mai eh? Siete tornati indietro invece di scappare.” tastò la lama della sua Risorsa, senza temere il misero graffio, mentre Matt cercò di erigere tutto il suo ardore.
“Non scapperò da te. Non lascerò che gli sforzi dei miei amici rimangano vani!”
Il ragazzino cercò di sferrare un pugno disperato, ma una versione ben più potente venne dolorosamente assorbita dal suo stomaco. Il Terzo Comandante lo tirò fuori dall'ascensore, afferrandolo per il collo, lama alla gola.
“Lo sai quante fandonie dovrò sopportare per il patto che NON potrò portare a termine?!” strinse la presa, portando il ragazzino quasi alla soffocazione “Ti sbatterò nella cella con la tua amabile sorellina, sarà questa la tua...la vostra punizione!”
Sembrava che lo stocco alato si fosse arrestato, senza che potesse reagire. Alexandra stava per imprimere il sigillo a forma di cuore spezzato, che avrebbe reso la Risorsa totalmente impotente.
“Io credo che sia arrivato il momento della TUA punizione!”
In questo drammatico frangente, non furono le nocche, bensì le ossa del cranio del piccoletto, a fungersi da bulldozer. Colorandosi di un arancio chiaro che per un momento lo resero scheletro, con la forza della nuca, sferrò un colpo diretto al mento.
La Terza comandante venne spinta nell'ascensore, mentre lo stocco cominciò ad elettrizzarsi.
“Pensi davvero che qualche scintilla possa fermarmi?!” sentenziò la rossa, con un sorrisetto vendicativo.
La Risorsa scaricò un fascio di saette, che invece di colpire Alexandra, si diressero verso il terminale che controllava l'ascensore. Prima ancora di accorgersi dell'accaduto, le porte si chiusero di schianto, e l'ottovolante prese il largo, scalando piani a più non posso.
Quando la macchina si fermò, il sistema andò in corto circuito, impossibilitando ogni successivo spostamento. Era stata esiliata nel paradiso che non le spettava.
Il mento cominciò a provocarle qualche grattacapo. I due fratelli l'avevano colpita nello stesso identico punto, con la tutta la loro forza. Si tastò l'articolazione, poi fece un po' di stretching, lentamente. Andava molto meglio.
“Gioite, avete guadagnato del tempo. Quando il vero gioco comincerà, sarò il predatore che vi seguirà fino alla tana della morte.”
In un lampo, le porte dell'ascensore vennero tranciate, prima di essere totalmente rimosse con un calcio poderoso. I capelli rossi cominciarono l'ennesimo inseguimento, muovendosi ferocemente verso la prima vittima.

Un sospirone fece eco nei respiri del ragazzino spettinato.
Afferrò il manico della sua Risorsa, e lo strinse forte, mentre la lama dello stocco fece da specchio ad una solitaria, dolce lacrima.
“Era da tempo...che non riuscivamo ad essere una cosa sola. Non so cos'è successo alle Tower Mountains e non mi interessa. Non potrei sopportare di essere allontanato da te, non di nuovo. Non so perché sei rimasta silenziosa per così tanto tempo, ma ti prego, non farlo, non farlo mai più!”
Le purissime ali sbatterono gioiose, strappando un buffo riso ad un Matt oramai isolato. L'ala destra si allungò affettuosamente, accarezzandogli il viso e prendendosi cura di quella lacrima che aveva smarrito casa.
“Lo so, dobbiamo andare. Sento la tua eccitazione, deve essere vicino.”
Matt si voltò verso un enorme corridoio rettangolare, che pareva un mastodontico ponte d'acciaio, diretto verso un magazzino sotterraneo. Era il luogo dove la parte sperimentale di tutti i progetti prendeva il sopravvento, tra tecnologie all'avanguardia e visionari esperimenti.
“O la va o la spacca. Questa sarà la nostra ultima avanzata!”
Quel visetto dagli occhietti spenti ma vitali cominciò una corsa tutta d'un fiato. Non gli importava più di essere scoperto, avrebbe solamente cambiato direzione nel momento in cui la sua Risorsa glielo avrebbe chiesto. In ogni caso, non fu così stolto da lasciare che orde di agenti agguerritissimi lo inseguissero: ad ogni passo, la punta della Risorsa stava rilasciando il liquido esplosivo, direttamente dalla punta dello stocco.
Dopo qualche manciata di secondi, la sua corsa lasciò l'esplosività in ogni dove, facendo scattare l'allarme di grado massimo.
Insegne di pericolo cominciarono a fioccare tra quelle mura infreddolite, e finalmente, un grosso portone automatico, fermamente richiuso tra i denti delle sue due estremità, era l'unica cosa che lo separava da un area off-limits.
Lo stocco cominciò a vibrare, mentre un esercito lo avvistò in quel campo desolato, nonostante la distruzione che aveva seminato. Un veloce movimento di braccio, e una striscia di simil nitroglicerina si adagiò all'enorme portone.
L'esplosione fu raggiante, ma la grande struttura sembrò resistere, fino a che una lamina d'acciaio non collassò su sé stessa, lasciando un piccolo passaggio che solo Matt riuscì a sfruttare, grazie alla sua piccola stazza. Riuscì momentaneamente a seminare qualsiasi inseguitore.
Non c'era luce in quell'enorme stanzone. Era un anomalo campo di lucciole.
Una mezza dozzina di potenti macchinari era l'unica fonte di rumore in quel luogo senza fiato. Una strana fonte di vita scandiva una sorta di battito, che stava mettendo alla prova un cuore sofrtunato. Il possessore dello stocco alato capì di essere capitato in una sorta di ospedale tascabile, anche se non distinse con chiarezza, tutti gli attrezzi che avevano schierato praticamente uno a fianco all'altro, divisi solamente da timide ma robuste murature.
Cominciando a controllare le stanze in tutta fretta, scorse un generatore elettrico, una pantagruelica macchina a spirale multistrato -il gigante magnetico che si utilizza per le TAC- oltre che ad un saturimetro particolare. Le pulsazioni che segnalava avevano un ritmo incostante e frenetico, chiunque fosse stato collegato a quell'affare sicuramente non stava passando dei momenti piacevoli.
Si chiese per chi fossero necessarie tutte queste cure, praticamente disperate.
Appena si accorse di una porticina d'acciaio al culmine della stanza, un fremito lo scosse.
E se...e se fosse...
Gli agenti stavano facendo di tutti per smontare il portone che li separava dal loro prezioso segreto, non c'era tempo per fantasticare. Spinse con forza la maniglia antipanico, ed ebbe accesso alla verità.
Respiri affannosi.
Un letto rialzato, troppo grande per essere quello di un essere umano.
Folte e candide lenzuola celavano un volto, anche se in realtà era solo l'oscurità che giocava brutti scherzi.
“No-non può...essere...”
Per quanto fosse assolutamente impossibile, un muso dolorante e piuttosto rimpicciolito, rispetto alle sue fattezze originali, mostrava che cosa Justin aveva tenuto nascosto per interminabili lune.
“Non c'è dubbio...è quel drago, il Drago della furia...il Generale Fox!”
 
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2.6 Scaglie di Drago


“Pensavo...pensavo che i primi Draghi vissuti in questo mondo si fossero estinti!”
“Beh, ragazzino, a quanto pare ti sei sbagliato.” un ombra strisciante si avvicinò ad un Matt sempre più confuso, per poi apparire di fronte al suo viso, scolpito da mille peripezie, dall'altra parte di quella sofferente culla.
Justin aveva raggiunto il suo segreto, giusto qualche secondo in ritardo.
“Sei soddisfatto ora?” chiese strofinandosi la barba, in un'apparente nevrosi.
“Che cosa vorresti dire?!”
“Avete praticamente mandato all'aria la mia struttura, i miei uomini, e la mia reputazione. Per cui, spero davvero che tutti i vostri sforzi siano stati ripagati. Sei soddisfatto?”
“Io...non lo so.” ammise Matt, non sapendo da che parte del precipizio propendere “Hai nascosto per chissà quanto tempo...un Drago! Sono creature con cui non si dovrebbe...”
“Scherzare?” lo anticipò Justin, aggrappandosi ai lati del letto, mentre la creatura, storpiata dalla sua vera essenza, respirava affannosamente “Spero davvero che quello che stia scherzando sei tu.”
“Smettila con questi giri di parole!” esclamò Matt, da colpevole impaziente.
“Ma non lo capisci? I mocciosi hanno sempre bisogno di spiegazioni!” sentenziò Justin, prima di tornare a qualche anno prima, attraversando le lande desolate del tempo.


Guarda in che condizioni si trova!
I Draghi non conoscono la reclusione, non accetterebbero nemmeno una prigione sconfinata. Se lo abbiamo portato qui, è solo perché l'abbiamo trovato così. Abbandonato a sé stesso nel deserto di Nelcal, in una tempio fatto di enormi scaglie rossastre, tipiche del suo esemplare.
Da quello che ci raccontano i libri delle favole, sappiamo che il Drago della Furia era di temperamento fiero e solitario. Un po' come la sua controparte umana. Probabilmente s'imbatté nella Green Soul, e decise di affrontarla nel momento sbagliato, pagandone le conseguenze.
Ferito gravemente, si liberò di tutte le sue scaglie affilate, affinché potesse erigere una maestosa tomba, la conclusione della sua vita.
Tre anni fa, un informatore sconosciuto ci rivelò l'esistenza di quella struttura, e per quanto sembrasse uno scherzo di cattivo gusto, sapevo che era pura realtà.
Al centro dell'altare alla fine del tempio, trovammo un enorme uovo. Composto dalle stesse scaglie dell'imponente struttura, ci fece quasi pensare ad una nascita imminente, ma osservando attentamente la situazione, presto capimmo che non era così.
Le sue scaglie avevano cominciato a sgretolarsi, come se il Generale Fox avesse tentato di riposarsi dalle sue ferite, ma senza successo. Con grande prudenza, decidemmo di rimuovere le scaglie, per poi constatare qualcosa di stupefacente: il Drago della Furia aveva cambiato totalmente le sue fattezze. Aveva ridotto notevolmente le sue dimensioni, abbandonando le sue ali rossastre. Il muso era rimasto lo stesso, ma ciò che lo accompagnava non era un corpo da serpente, quanto un organismo umanoide. Aveva sviluppato una muscolatura mastodontica, che aveva tutte le fattezze di quella umana. Erano comparse due braccia e due gambe munite di tre falangi affilate per arto. Si era trasformato in bipede a tutti gli effetti. Come se non bastasse, era riuscito a far rinascere alcune delle sue scaglie, sbocciate dalla sua schiena. L'attraversavano fino alla sua lunga coda, che aveva conservato fortunatamente conservato.
Era riuscito a modificare il suo DNA, fermandosi a metà strada, tra umanità e leggenda. Ci rendemmo conto che il Drago non si era mai arreso, e che quella mutazione l'aveva aiutato a sopravvivere, anche se per pochissimo. E' da allora che ci occupiamo di lui.
Il Generale è sempre stato un combattente. Col nostro aiuto, è riuscito a resistere grazie alle cure più avanzate. Tuttavia, per far si che la Green Soul non ci trovasse, abbiamo scavato nelle profondità della terra, cercando un posto lontano dalla sua follia. Abbiamo anche scoperto una catena di gallerie a noi sconosciute, ma questa è un altra storia.



“Lo stavate nascondendo dalla Green Soul? E noi...” Matt cominciò a desiderare che il tempo avesse potuto invertire la sua corsa.
“Si! Ti sei introdotto qui, e hai creato il finimondo! Solo per scoperchiare un segreto che ti metterà in pericolo, più di quanto tu non lo sa già!”
“Io...”
“Non sai cosa dire vero? E' troppo tardi ragazzino! Ora sai troppe cose, dovremo farti dissolvere, la tua identità dovrà essere cancellata, il tuo passato estinto!”
“Io manterrò il segreto!” giurò il ragazzino, mano sul petto.
“Non ho bisogno delle tue futili parole. Siamo a conoscenza del tuo rapporto con la Green Soul, sappiamo che ha dimostrato un certo interesse nei tuoi confronti. Tutti parlano di fronte a quell'essere. Tu non fai eccezione.”
“Non voglio che finisca tutto! Non dopo tutto quello che ho passato!”
“Manie di protagonismo. Anche tuo padre era così.” sogghignò, elogiando la sua lingua tagliente.
“Tu non...” lo sguardo si tinse di una rabbia scattante, selvatica “Non azzardarti a parlare di mio padre!”
“Oh già, forse me la devo prendere col tuo mentore, Chester.” si avvicinò al ragazzino dalle occhiaie pronunciate, con passi calmi, per nulla minacciosi, “Visto che sei così assetato di segreti, te ne rivelerò un altro.”
Matt rimase sconcertato, quando le gambe del superbo Justin si rivelarono due protesi di carbonio.
“Questo è il prezzo che ho pagato per il mio silenzio. Ricordi la caduta del Ponte Muschio? Beh, venni investito dall'esplosione. Non fui fortunato come molti altri.”
“Che cosa c'entra Chester in tutto questo? Stai solo cercando di farmi dubitare di loro!” indietreggiando si appoggiò alla culla del Drago.
“Ti hanno affidato ad un essere codardo! Invece di pensare a me, paralizzato da un incantesimo della Green Soul, ha pensato bene di rincorrerla! Come se davvero avesse potuto fare qualcosa! Di questo sono certo: siamo tutti eroici davanti ai riflettori, ma presi singolarmente alla fine ci si schiera sempre dalla parte più conveniente!”
“E per questo?! Per questo hai nascosto la nostra più grande speranza nel tuo piccolo covo? Sei solo un egoista!” gridò Matt, stringendo le lenzuola alla sua sinistra “Solo perché hai perso la fiducia verso i tuoi stessi amici, non c'è nulla...non c'è nulla che giustifichi quello che hai fatto! Le persone sbagliano, è vero, abbiamo sbagliato a fare questo casino...ti capisco, davvero! Ma se c'è qualcosa che ho imparata dai grandi, è che alla fine, costruire muri di dolore non serve a niente, proprio a niente! Siamo già divisi da un muro impenetrabile, perché continuare a separarci l'un l'altro?”
“Sei un ragazzino maturo, lo riconosco.” sorrise, quasi pentendosi di aver trattato il possessore della penna come un misero bambino “Ma se si tratta della vita delle persone, anche parti di essa, io sono a pronto a fare di tutto, pur di...”
Le lenzuola si mossero repentinamente.

Oh, ma davvero?!

“Che cos...” biascicò Matt. Qualcuno si era introdotto nei loro pensieri, scardinando ogni serratura.
“L'hai sentito anche tu?” chiese Justin, con il sangue congelato.

Avrai avuto delle belle intenzioni, ma una volta che le mie condizioni, per quanto critiche, si sono stabilizzate, tu che cosa hai fatto?!
Hai continuato ossessivamente a giocare col mio corpo, esperimento dopo esperimento.


“Che cosa hai fatto?!” i due si allontanarono dal letto, lentamente, occhi fermi sulla bestia.
“Non ci sei arrivato?!” una reazione iraconda pervase gli zigomi barbuti di Justin.

Semplice.
Dato che sono riuscito a modificare il mio DNA, tanto vale tenermi come cavia di laboratorio. Perché non glielo dici Justin?
Desideravi solo trovare un modo per controllare il processo di mutazione, per poi poterlo sottoporre liberamente alle persone!


“E' l'unico modo!” si giustificò il colpevole “Se riuscissimo a trovare una persona capace di manovrare la metamorfosi, non ci sarebbe più bisogno di sperare in leggende ormai decadute! L'umanità diverrebbe leggenda!”

L'umanità? O te stesso?
Le tue parole non fanno altro che sprofondare nel lurido pozzo dove appartieni.
L'arroganza dell'umanità.
Mi hai sfruttato per i tuoi loschi fini.
Mi sono ripreso da tempo, e imbrogliare le vostre macchine è stato semplice.
Avevo solo bisogno di un diversivo, e sapevo sarebbe arrivato.
E ora...


Da semplice ritornello telepatico, la voce del Drago cominciò a tuonare, dall'enorme rettile verdastro, che aprendo gli occhi rossastri, si alzò dalla sua finta amaca.
Le zampe a tre falangi sbatterono violentemente sul pavimento. Stralciò l'enorme respiratore adagiato al suo muso, e tagliò tutti i fili che il burattinaio gli aveva imposto. Strappò selvaggiamente le coperte che l'avevano intrappolato, in una sterile teca di cristallo. Preziosa, ma solo per chi aveva sfruttato ogni sua cellula.
Si legò quei candidi drappi alla vita, prima di sbattere l'ignaro Justin al muro, con un solo gesto del possente braccio sinistro, rivestito dalla fierezza della sua specie.
Era bastato un soffio leggero.
Un uomo immerso nella sua copiosa ambizione, o forse ceca ossessione, messo a tacere dalla leggenda che tanto anelava controllare.
Matt, dal canto suo, tentò in ogni modo di rendersi un semplice pezzo d'arredamento, ma il fiuto di un Drago non era soggetto al minimo errore di valutazione.
Cominciò ad ispirare, facendo gonfiare i suoi addominali scolpiti. Il ragazzino uscì dalla stanza, sapendo perfettamente che l'esistenza di quelle mura spoglie sarebbe cessata in pochi istanti. Diventò una fornace tra un secondo e l'altro, e le mura che si collegavano alla sala macchine vennero sgretolate in un mare di sassolini ardenti.
“Dove credi di andare?” esclamò il Drago, nobile, ruggente.
“Che cosa vuoi da me?!” Matt si accasciò al terreno, inchinandosi ad un dio potente ma vendicativo.
Un leggero movimento di unghie affilate, più semplice di uno schiocco di dita.
Tutte le macchine che l'avevano tenuto prigioniero presero fuoco, così come il portone d'ingresso, unica via d'entrata e uscita.
“Puzzi d'oscurità.” rispose il Drago, prima di sputare una lingua di fuoco, leggera e longilinea, proprio di fronte al suo fisico possente.
Le fiamme presero la forma di una spada medievale. La lama superava il metro e mezzo di lunghezza, di un rosso sporcato, simile al colore delle scaglie che la creatura possedeva.
La guardia sfoggiava una forma particolarmente stilizzata, ritraendo il muso del fiero Generale, in una tonalità verdastra d'acciaio, quasi buffa alla vista. Il manico era proporzionato agli enormi artigli del Drago, stessa tonalità della lama. La perfezione si concludeva in un pomolo alquanto misticheggiante. Una piccola sfera di fuoco staccata di qualche centimetro dal manico, allegramente levitante, accompagnata da qualche satellite fatto di minuscole scaglie protettive.
Lo sfoggio di un arma così bella quanto letale non poteva sicuramente presagire una discussione pacifica.
“Il mio fiuto non inganna. Non solo hai passato del tempo con persone che potrebbero minacciarmi, ma anche tu non sembri poi così puro.” insistette il Generale, sbattendo la zampa sul fragile cemento.
“Che stai dicendo?!” la confusione di Matt fece incendiare la polvere da sparo, nascosta nelle sue corde vocali “Sono venuto fin qui per...”
“Salvarmi?” lo interruppe bruscamente, alitando fiamme feroci “Non sapevi nemmeno della mia esistenza, ho solo sfruttato la tua presenza, è stato il risultato della tua scellerata curiosità! La vostra razza è...disgustosa. Non cercate altro che la vostra gratificazione personale. Vivete in un mondo popolato da un infinità di persone che pensano solo a se stesse!”
“Non è vero!” a quel punto, Matt sguainò il suo stocco, furibondo “Siamo venuti fin qui proprio perché la nostra gente aveva bisogno di speranza! E non m'importa se tu non ti fidi più di noi, non ti permetterò di infangare ciò in cui crediamo!”
Nemmeno il Generale Fox avrebbe mai concepito, nella sua fervida fantasia, quel minuscolo ragazzino dallo sguardo corrucciato. Portava la bandiera della razza più imperfetta, nonostante ciò, aveva raccolto un coraggio così divampante, da permettergli di affrontare una leggenda a spada tratta.
Matt si lanciò all'attacco.

Il piccoletto cominciò a sferrare rapidissimi fendenti, accompagnati da qualche affondo improvviso.
Il Drago tuttavia, non si mosse dalla sua posizione, parando tutti i colpi in un gioco di spade davvero crudele.
Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate fece un balzo indietro, prima di attivare la sua arma segreta: la nitroglicerina che aveva fatto spargere dalla punta della sua Risorsa aveva invaso l'arma del Generale Fox, e cominciando a brillare, si stava preparando ad un Capodanno decisamente anticipato.
Il Drago non era in vena di festeggiamenti. Un leggero soffio sulla superficie della sua spada fece incenerire il liquido esplosivo, inibendone ogni singolo desiderio.
Una lancia saettante, dalle ali pure di colomba, venne scagliata dal piccoletto senza il minimo preavviso. Tuttavia, l'essenza dl fulmine risultò inefficace. La Risorsa venne afferrata al volo, le saette che aveva emanato violentemente vennero strette in una morsa che le spense rapidamente. Infine, lo stocco venne gettato a terra, nell'impotenza.
“Non sono qualcosa che puoi ferire. Risorse...Talenti...sono espedienti che usate per aggrapparvi disperatamente ad un potere che naturalmente non possedete.”
Matt afferrò cautamente la sua Risorsa, risollevandola dall'abisso. Avvertì il calore della forza che aveva tentato di scalfire, percorse ogni falange, in un formicolio fastidioso.
“Hai proprio bisogno di una lezione che non dimenticherai.” concluse il Drago, inspirando profondamente.
Il ragazzino dal ciuffo spettinato sapeva cosa stava per accadere.
Nuotare tra le fiamme poteva essere un esperienza unica, ma dato che si trattava dell'alito di un Drago, si sarebbe rivelato un viaggio di sola andata.
Sembrava finita. Fino a quando, nel momento del bisogno, una presenza amica s'intruse nello scontro più squilibrato del secolo.
Una sagoma indistinta si materializzò tra Matt e il Generale Fox, disturbando il flusso respiratorio della creatura, costringendolo ad arrestarsi.
“Betty?!” Davide e Golia esclamarono all'unisono ciò che la mente aveva elaborato in pochi attimi.
Con una lunghissima coda di cavallo argentata, jeans aderenti e un poncho di un grigio ardesia molto acceso, l'incantatrice della defunta Triade si presentò in un campo di battaglia già battezzato.
“Matt! Allora stai bene!” appena si accorse della presenza del Drago, ebbe quasi un capogiro.
“Che diamine...il Drago della Furia?! Eppure non sembra...”
“Ma guarda guarda chi è sgattaiolato fuori dalla tomba.” ridacchiò la creatura, celando il suo stupore “Hai visto ragazzino? Un membro della Triade è vivo! Appellati a lei se vuoi una manciata di speranza, perché da me non avrete altro che furia.”
“Che sta succedendo? Perché vuole farti del male?!” chiese la donna, aggrottando le rughe della fronte.
“E' stato rinchiuso quaggiù per anni e anni...” rispose il possessore della penna, quasi colpevolizzandosi.
“Ma non è questo il modo di risolvere le cose!” tuonò l'esperta di magia “Puoi anche avercela col mondo intero, ma una volta portata la distruzione, non ti rimarrà nulla. Resterai in un mondo vuoto. E' questo che vuoi?”
“E se lo volessi davvero?” i cuori degli umani palpitarono, quello del Drago versò lacrime amare “Ho passato decenni a combattere per la vostra causa, e quando finalmente sembrava giunta la mia ora, ecco che qualcuno mi ripesca dall'inferno come io non avessi voce in capitolo! Nel mio tempio avevo lasciato un testamento...ho chiaramente supplicato chi mi trovasse di non provare a salvarmi, di lasciar agire il destino. Se fossi riuscito a sopravvivere l'avrei fatto da solo! Ma perr la vostra razza, il mio volere non è stato altro che un pezzo di carta straccia!”
Matt e Betty rimasero immobili.
Fino a che punto l'umanità si sarebbe spinta, quale limite avrebbe superato, per mantenere in vita la forza di andare avanti in una realtà infernale? Una domanda pervasa nel buio, che invase ogni pensiero, spargendosi come la peste.
“E comunque...pessimo tentativo.” un altro gesto rapido e muscolare, e Betty diventò un fiammifero accesso “Sei solo una proiezione, pensavi non l'avessi capito?”
Non percependo il dolore, la donna si voltò verso Matt, mentre la sua figura cominciò a carbonizzarsi.
“Matt, l'esercito e i rinforzi stanno arrivando! Devi resistere fino al loro arrivo!”

Betty riprese il controllo del suo corpo. Si ero celata dagli agenti dei Servizi Segreti, proprio all'esterno del Palazzo Clarmont.
Dopo un lungo periodo di degenza in ospedale, non aveva dubitato un instante. Avrebbe voluto tornare dalla sua nuova famiglia, e invece, arrivata a casa Wolfram, s'imbatté in un mezzo esercito, che confabulava sulla scomparsa dei padroni di casa.
La prima cosa a cui pensò fu la scelta vincente.
Con i suoi sensi affinati, cercò di percepire un luogo che fosse colmo di molte persone, e non le fu difficile trovare l'ammasso di agenti che si era radunato davanti al Palazzo Clarmont.
“Mannaggia a me che ho aspettato la notte per andare a trovarli!” esclamò sbuffando, nascosta in un cortiletto murato poco frequentato “Non che possa circolare di giorno come se niente fosse...”
Riprese immediatamente la rotta giusta, prima che fosse troppo tardi.
“Ma che mi prende! Matt è in pericolo! Mi sento già stanca dopo quel misero trucchetto di prima...ma posso tentare un ultima cosa...”

Trovate Matt! Dovete salvarlo, vi prego!

Il suo ultimo grido era stato inviato, un disperato piccione viaggiatore. Un messaggio che avrebbe potuto raggiungere una sola mente, la più eroica.
Ripose le speranze nel suo incantesimo, prima di concedersi il meritato riposo.

Una piccola squadra di ricerca, formata da Chester, Loretta, e qualche agente dei Servizi segreti, era riuscita a raggiungere i laboratori più avanzati. Il Generale Massimo e il suo fidato Tenente erano rimasti allibiti, di fronte ad uno stabilimento così vasto, così ignoto. E quella montagna di segreti sarebbe rimasta imprigionata nelle loro labbra.
“Signore! Ci hanno comunicato che tutti i guerrieri che si sono irrotti nella base sono stati catturati, esclusi due elementi!” l'agente assegnato alla squadra d'élite riportò le sue informazioni, seguito da un suo collega.
“Sembra abbiano trovato un ragazzino che si è introdotto nell'area riservata del piano inferiore!”
“Cosa?!” strepitò Loretta, temendo il peggio.
“Dev'essere lui...” le sussurrò Chester, da finto distaccato.
“Gli agenti lo avevano quasi raggiunto, ma poi una selva di fiamme ha separato il fuggitivo dai suoi inseguitori!”
“Che cosa?! Nessuno ci ha informato di un agente in grado di compiere questo tipo di azioni.” Chester sembrava destinato a prendersi carico delle situazioni che più gli sfuggivano di mano “Raggiungiamo quella zona, immediatamente!”
“Voi due... seguirete me e il Generale, gli altri setaccino le altre zone della base!” ordinò Loretta, prima che il suo Generale impartì un contrordine inaspettato.
“Aspettate! Ci avevano assegnato cinque agenti.”
Loretta aprì la sua comoda valigetta dei documenti, e dai registri riuscì a confermare le assunzioni del Generale. Non restò che effettuare una misera conta.
“Siete quattro...chi si è allontanato dalla squadra senza permesso?”

“Ed ora...dopo tutta la strada che hai fatto per venire fin qui...sentirai il calore del fuoco che arde dentro di me!” gridò il Drago, prima di inspirare profondamente.
Matt cercò un misero appiglio, un piccolissimo gancio nel cielo, una soluzione che l'avrebbe preservato da quell'insopportabile respiro. Si preparò a schivarlo all'ultimo secondo, pur consapevole dei rischi.
Un lanciafiamme dalle proporzioni leggendarie. Un sussulto di vulcano dirompente. Un tumulto rabbioso di Marte. Un elemento puro e sconvolgente, che inspiegabilmente, deviò la sua corsa per poi essere letteralmente assorbito.
Nuvole di fuoco incandescenti vennero risucchiate in un solo boccone. Si conglomerarono, dirette verso un particolare tatuaggio, che ritraeva una fiamma nera. Si disperdeva per tutta la parte destra di una schiena robusta, per poi diramarsi fino alla spalla.
Divorato l'ultimo respiro, le fiamme si colorarono d'arancione, e il ragazzo baciato dal fuoco del Drago riuscì a rivelarsi.
Era rimasto a petto nudo. Dalla vita in giù. Portava degli eleganti pantaloni uniti a scarpe classiche e lucidate. Tutto rigorosamente color pece, rispettando la copertura.
Lanciò a terra un paio di occhiali rotondi, un elemento della sua complessa maschera.
Sfoggò il suo orecchino piratesco, agganciato al lobo sinistro. La sua nerissima barba invece, era stata tinta di marrone, ma solo per l'occasione particolare. Il suo ciuffo ribelle, sempre più riccioluto, accompagnato da una rasatura ai lati della testa, venne liberato da un opprimente parrucca dai capelli lisci e castani.
Quel fisico possente, in un volto truce dallo sguardo cordiale. Poteva trattarsi solo di una persona.
“Felice di rivederti!” esclamò Angel, sazio delle lingue di fuoco appena degustate.
“Co-come?! Ma che cosa...tu hai...” Matt s'inceppò sul più bello, facendo sorridere il suo salvatore.
“Non andare in confusione Matt, mi servi lucido!”
“Hai appena annullato il respiro del Drago della Furia!” ribatté Matt, balbettante “Se c'è qualcosa che mi devi dire, fallo...ORA!”
“Un Dragon Charmer...finalmente ne vedo uno con i mie occhi.” sogghignò il Generale Fox “Rari possessori di un Talento rarissimo, nemico naturale del nostro potere. Non siete altro dei fuorilegge che vogliono ridurci in schiavitù.”
“Sei bravo a generalizzare!” rispose un coraggioso Angel, non smettendo di fissare gli occhi del nemico “E' vero. Siamo ricercati per colpa del nostro Talento, ma questo non ci rende tutti dei sanguinari. Ricorda che sei tu che hai il coltello dalla parte del manico, o mi sbaglio? Ho solo avvertito una chiamata, un mio amico era in difficoltà, e sono accorso in suo aiuto. Semplice.”
Matt era incastrato in una mezza fiducia che tanto non comprendeva. Poteva veramente fidarsi di Angel? L'enorme differenza tra salvataggio e profitto risiedeva nel cuore del giovane ragazzo barbuto.
“Sei solo la dimostrazione di quanto l'umanità sia un germe malato. Sarò lieto di farvi sparire entrambi.” palpitante, il Drago della Furia non sembrò per nulla intimorito.
“E io sarò lieto di farti fuori, se solo proverai a fargli del male.” si sovrappose tra i due contendenti, e fece comparire il suo maglio dorato, unico detentore della sua legge.
“Ti lamenti tanto dell'umanità, ma sei solo una cortina di fumo. Questo ragazzino...” indicò con fermezza un Matt sempre più confuso “Ha messo in palio tutto ciò che aveva, tutta la sua vita! E solo per dare un briciolo di speranza alla sua gente! Se c'è qualcuno in questa stanza che merita di essere rispettato... sicuramente non si tratta di te!”

Edited by Poirot Len - 18/3/2017, 12:50
 
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“Stai indietro!” gridò Angel, giusto un attimo prima del gong d'inizio.
Il Drago scagliò un violento fendente dall'alto verso il basso, bloccato dal possente maglio dorato.
Matt arretrò lentamente, fissando la prova di forza dei due combattenti. Non si accorse nemmeno di essere arrivato al capolinea, appoggiando la schiena ad una parete rovente di emozioni.
Il Dragon Charmer decise di sbloccare lo stallo. Uno sforzo improvviso, e riuscì a divincolarsi dalla lunga spada del Drago, prima di trasmettere tutta la sua forza in una furiosa martellata. Il colpo si abbatté sul muso del Generale, fu costretto a rotolare tra le sue orgogliose scaglie.
Un ruggito, e un vento fiammeggiante venne soffiato dalla bestia, ormai preda della sua stessa essenza. Questa volta, l'enorme tatuaggio sulla schiena del Guerriero Ardente non si attivò, facendo investire il malcapitato da nuvole infernali.
Gli occhietti assonnati color nocciola s'illuminarono, in quel flash incandescente, ma non si azzardarono minimamente a dubitare. Infrangere una legge sarebbe stato più semplice.
Lo sguardo di Angel gli aveva trasmesso una sicurezza quasi folle.
Le sue membra si sentivano al sicuro, poiché non avevano percepito solamente la rabbia, in quel ragazzo dai cappelli ricci, tanto sfortunato. Avevano carpito ben altro. L'altruismo al posto della vendetta.
Il Guerriero Ardente non si era fatto incenerire, era riuscito a mescolarsi tra le dense fiamme che l'avevano avvolto. Poté facilmente attraversarle fino alla loro fatidica fonte. Quando fuoriuscì dalle sue fiamme amiche, il Drago venne investito da un altro doloroso impatto, un colpaccio che risuonò selvaggiamente nelle sue membra.
“Non è la prima volta che affronto uno di voi. Le fiamme di cui tanto vi vantate non sono poi così calorose come sembra. Mi sono servito delle tue fiamme per sorpassare il portone d'acciaio che ci separava, pensi ancora che il tuo respiro possa davvero farmi del male?”
“Che cosa hai fatto ai miei simili?! Maledetto!” strepitò ancora una volta, prima di lanciarsi con tutta la sua forza verso il suo odiato avversario.
Le due armi si scontrarono ancora, quasi avessero atteso chilometri di rincorsa, prima di giungere all'inevitabile contatto.
Pressione di bicipiti, scintille di armi devastanti. Inaspettatamente, fu la Risorsa di Angel ad essere gettata nella terra bruciata di quel misero stanzone. Il Dragon Charmer sfuggì ad un insidioso fendente verticale, che s'infranse nell'aria, e poi nella terra.
“Sei finito!” gridò il Generale infuriato, prima di lanciarsi uno slancio imponente, optando per un affondo dalle letali conseguenze.
Ancora una volta, la schiena del giovane impavido ebbe un luminoso sussulto.
Le sue mani si ricoprirono di scaglie rossastre, che arrivarono a toccare i gomiti. La carica inarrestabile dello spadone venne arrestata da una strettissima presa, decisa a non mollare, seppur immersa in un onorevole dolore.
Con una forza disumana, il Guerriero Ardente strinse i denti, per poi scalzare lo spadone dagli artigli del Drago. All'impresa, volle aggiungere il mezzo miracolo.
Angel fece roteare la lunghissima spada, prima d'impugnarla ferocemente. La lama librò leggera, in un sussurro. Un grosso taglio si dipinse sul braccio sinistro del Drago, che cominciò a sanguinare copiosamente.
“Tu...ti sei appena scavato la tomba!” sbraitò il Drago, sbuffando aria sempre più scottante. Un furore fiammeggiante avvolse il suo corpo, mentre le sue scaglie si staccarono dalla schiena, roteando come petali rabbiosi in uno raffica travolgente.
“Se non ricordo male, alcuni Draghi hanno una caratteristica particolare!” esclamò Matt, scioccato “Più li ferisci, e più la loro furia diventa incontrollabile! Così non farà altro che distruggere l'intera base!”
Le iridi del Drago cominciarono a sfocarsi, fino a fuggire definitivamente in un mare di neve fresca. Il suo corpo cominciò ad allargarsi, presagendo la trasformazione che avrebbe riportato il Drago della Furia al suo stadio originale.
La temperatura cominciò a salire, il terreno fatto di macerie e calcinaccio iniziò a scottare, emanando nuvole di spenta cenere.
Angel non abbandonò la prima linea. Le sue scarpe eleganti erano inchiodate ad un mare di futura lava, la sua mano destra invece, si era adagiata alla spalla tatuata di fiamme. Si riaccesero ancora una volta.
La bestia emise un grido devastante, nascosta dalle fiamme. La sua ombra, afferrabile dallo sguardo degli umani, fu la cosa più terrificante che Matt avesse mai incontrato.
Un brusco sbalzo di temperatura. Avvertirono come un brezza glaciale, una falsa sensazione che li assalì solamente grazie alla dipartita del calore, che poco a poco, decise di congedarsi da ogni cosa.
L'ombra cominciò a bruciare, circondata da un fuoco che, con la passare dei secondi, perdeva la vitalità che lo contraddistingueva. Rivelò finalmente un uomo senza energie che cadde a terra, prosciugato dalla sua maledizione.
Angel era rimasto nella sua posizione, mentre i suoi muscoli, profondamente rigonfi e in tensione, ritornarono nella quiete in qualche tesissimo attimo.
“Lo hai...ucciso?” chiese Matt, sparando le ultime cartucce della sua voce.
Angel si voltò senza rispondere. Il muro di fiamme si spense.

Il Generale Fox si era accasciato, abbracciando la terra bruciata. Tutto ciò che ricopriva il suo fisico possente era quel drappo biancastro, che quasi lo rendeva un disperso tra l'umanità.
“Gli hai davvero fatto del male?” Matt cercò di essere insistente, rischiando qualcosa di troppo.
“L'ho ferito per poter sbloccare la sua vera forma originale. Solo in questo caso il Dragon Chamer può privare il Drago di tutto il suo potere.” una spiegazione fin troppo vaga.
“Rispondimi!” gridò il ragazzino, mentre dall'altra parte del portone d'acciaio, l'orda della giustizia stava cercando di collegare i due mondi.
“Privare il Drago del suo potere è un procedimento rischioso, che può comportare una serie di scompensi nel suo organismo.” si avvicinò al Generale, un omone di due metri, pelato e dalla barba di un biondo cenere “Ma come tu vedi...”
Un misero calcetto alla caviglia, e il Generale si risvegliò come se avesse sbattuto il mignolo contro un spigolo infingardo.
“Sei un idiota! Lo sai che in questo momento sento il triplo del dolore?!” tra le sue rumorose lamentele, Matt sospirò profondamente.
“Sono riuscito a lasciargli una piccola parte del suo potere, per far si che il suo corpo non si destabilizzasse troppo. E' stato rischioso anche per me, ho davvero osato. Ma mi sento bene, tutto è andato per il verso giusto!”
“Se pensate che collabori con voi ve lo potete scordare! Maledetti Dragon Charmer!” sentenziò l'ex Drago della Furia, irato.
Matt gli si avvicinò a piccoli passi, calmi quanto frettolosi, e lo fissò con uno sguardo stizzito.
“Numero uno: stavi per farmi arrosto. Numero due: siamo la tua unica possibilità non potresti scappare per conto tuo, quindi lascia da parte l'odio verso d noi. Numero tre: stavi per farmi arrosto!”
“Manca il numero quattro!” aggiunse Angel, con un sorrisetto innocente “Era la prima volta che affrontavo un Drago! Se non avessi terminato il combattimento in breve tempo credo saremmo diventati dei polli allo spiedo...”
Matt e il Generale svennero all'istante. Qualche secondo dopo gli strepiti provenienti dall'esterno li fecero tornare in sé.
“Sei un pazzo sconsiderato! E io mi sono fatto fregare da te...meriterei la corte marziale!” il vocione prorompente del Generale Fox non intimorì un Matt scattante e determinato.
“Verrai con noi, o con le buone o con le cattive!”
“Lo giuro sulla mia vita.” avvicinandosi al Drago ora umano, Angel strinse il pugno sul suo orgoglioso petto. “Ho sottratto la tua essenza solamente perché non eri in condizioni di ragionare. Quando saremo usciti di qui, riavrai ciò che ti spetta. Ti prego, non puoi lasciarti andare, la Green Soul è troppo vicina, ha già preso troppe vite. Non te lo chiedo da essere umano, ma ascolta solamente la mia anima. So che ce l'hai anche tu.”
Il Generale guardò verso il portone, ormai quasi del tutto sfondato. Dall'altra parte, un misero ragazzino, e il guerriero che l'aveva appena sconfitto. I suoi occhi grigiastri scrutarono l'orizzonte. Non c'era una terza via.
“Forse il mio fiuto non è più quello di un tempo...” una risposta affermativa celata dalla fierezza, che fece esultare il piccolo Matt.
Angel raccolse la sua Risorsa, e le ordinò di ritornare bambina, un distintivo che sarebbe entrato facilmente nelle sue tasche. Strinse lo spadone che il Drago gli aveva involontariamente donato, e ricucì il muro di fuoco che era stato sciolto poco prima, per garantirsi una fuga in una quasi tranquillità.
“Ora non possono entrare. Ma noi da dove usciamo?” chiese Matt, cercando di ricordare la pianta della struttura.
Una voce squillante gli perforò i timpani, in uno sconforto che decise di sorridere agli eventi.
“Sembra proprio che tocchi a me salvare la situazione!” Jane apparve da un apertura dimensionale, proprio di fronte al portone infuocato.
“Che diavolo ci fai qui?!”
“Sono salva! Ovvio no?” cercò di mettere da parte gli scherzi, per una volta “In realtà ha fatto tutto la mia Risorsa. Il legame che mi impediva di utilizzarla è scomparso, forse il Terzo Comandante non è riuscito a mantenerlo saldo, per cui il mio bellissimo spadone ha mutato il suo aspetto, in quello che sicuramente da meno nell'occhio. Una semplice padella che è riuscita a fluttuare per la base, localizzandomi in un qualche manciata di minuti. C'è un bel casino la fuori, lo sapete?”
“Dobbiamo scappare al più presto. Ti presenterò questi due più tardi!” il ragazzino dalle occhiaie pronunciate tagliò il discorso, senza conoscere un dettaglio basilare, che la sorella gli comunicò senza addolcirsi.
“Gli altri...li hanno catturati tutti.”
“Fantastico...” un altro sbuffo del Generale mezzo nudo.
“Non...possiamo tornare indietro! Facci strada!” non riuscì a non detestarsi per quelle parole, ma sapeva che tutti i suoi amici non potevano essere salvati, non in quel momento.
I quattro sparirono nell'apertura dimensionale che la ragazzina ricreò senza indugi, proprio quando Justin riuscì a ridestarsi.
Si alzò in piedi con un colpo di reni, e ridacchiò.
“Forse pensate di averla vinta...ma vi darò un bel po' di motivi per ricredervi. Dovete solo aspettare...”

Senza realmente sapere dove sarebbero potuti comparire, Jane scortò i suoi compagni in una rischiosa spedizione, che fortunosamente li condusse ad un cunicolo sotterraneo. Un corridoio piuttosto illuminato, dalle piastrelle rifinite lucidamente, una più che probabile uscita.
“Sembra che da qui si vada all'esterno.” concluse Angel “Ma io e il Generale non possiamo andare in giro ridotti così.”
“C'è spazio per tutti nel mio magnifico Universo!” esclamò Jane, gioiosa “Sicuramente troverete qualche agente che vagherà senza conoscenza da quelle parti. Avrete modo di vestirvi come si deve, misure a parte.”
“Ma come faremo?! Io e mia sorella non sappiamo dove andare!”
“Wayspot.” rispose Angel, conciso “Recatevi alla capitale. Quando la raggiungerete lasciateci uscire, e vi guiderò in un posto sicuro.”
“Non sarà facile.” aggiunse il Generale Fox “Dovreste raggiungere la metropolitana...”
Uno stridente richiamo di rotaie fece scattare un sorriso contagioso.
“Siamo davvero alla stazione di Calvas Est! Incredibile! Da qui vi basta prendere un treno che passi per Calvas Nord, che prosegua fino a Wayspot.” esultando, Angel diede un ultimo sguardo ai suoi piccoli aiutanti “Non fermatevi per nessun motivo, raggiungete sani e salvi Wayspot...so che ce la potete fare.”
“Conta pure su di noi.” rispose Matt, sicuro di sé.
I due sparirono nel portale violaceo, mentre Jane diede un occhiataccia al fratello.
“Saresti potuto entrare anche tu. Conciato in quel modo non sei per niente credibile!”
“Piantala!”
“Matt...ora sono seria. Lo sai che abbiamo combinato qualcosa che non ci verrà mai perdonato vero?”
Si concesse il lusso dell'esitazione, ma solo per poco.
“Stai dicendo che è colpa mia?”
“Dico solo che forse...ci siamo fidati delle persone sbagliate.” sospirando, Jane apri una anomala porticina di legno, che li condusse direttamente negli spaziosissimi corridoi beige della metropolitana.
“Hanno davvero nascosto un entrata segreta della loro base...in questo posto? Sono davvero poco originali...” si distrasse, quasi si fosse dimenticata delle sue ultime parole.
“Si, sono stato io ad incoraggiarvi, a credere che potesse funzionare. Sono stato il primo a crederci veramente. Siamo stati avventati, tutto qui.”
Correndo verso i treni, i due continuarono a discutere, senza mai incrociare lo sguardo.
“Avventati? No...ripensandoci, siamo stati dei completi pazzi.”
“Ti conosco. Stai cercando di dare la colpa a qualcuno, per sentirti meglio.” con voce spenta e sguardo rattristito, Matt cercò di dare una spiegazione a quel vuoto che entrambi stavano provando “Sarebbe davvero facile dare la colpa a Vincent, a me, o perfino a Justin. La verità è che...non so nemmeno io perché abbiamo deciso compiere questa follia. Ma da quando abbiamo salvato quel Generale, ho ricominciato a crederci. Possiamo ancora ricavare qualcosa di buono da tutto questo. Presto o tardi, saremo di nuovo una O.A.G., una famiglia.”
Rincuorata dal fratellone, Jane non si fece scappare un dettaglio a lei sconosciuto.
“Generale? Quell'uomo non assomigliava lontanamente al metallaro che conosciamo.”
“Suppongo tu abbia riconosciuto Angel, in fondo ti ho parlato più volte di lui. Ma non credo tu non sia mai venuta a conoscenza...dell'aspetto originale del Generale Fox.” pillola rapida e indolore, che tuttavia diede uno scossone alla ragazzina.
“Mi stai dicendo che era lui ciò che nascondevano?! E che quell'uomo sarebbe un Drago?! Un Drago...ah ah...”

La stazione, deserta da una manciata di ore e chiusa al pubblico, sarebbe stata riaperta giusto qualche minuto più in là. All'alba delle cinque del mattino, il primo treno sarebbe sfrecciato verso la grande metropoli, lasciando polvere d'acciaio dietro di sé.
C'erano ancora ben venti minuti d'ammazzare.
I Servizi Segreti non erano a conoscenza della loro posizione, ma difficilmente avrebbero trascurato le loro vie di fuga. Una partita a nascondino con una pesantissima posta in palio.
Come avevano udito poco prima, i vagoni si erano diretti fino alla prima fermata.
C'era soltanto una cosa da fare: infiltrarsi nei meandri più imperturbabili della stazione. Purtroppo, le mattutine telecamere di sicurezza avrebbero fatto di tutto, per cogliere l'attimo fatale, la loro immagine non poteva essere catturata.
I due fratelli fecero i salti mortali, lavorando in pieno spirito di squadra. Mentre il maggiore individuò quegli occhi tecnologici ed indiscreti, Jane cercò di scovare i punti ciechi di ogni stanza. Con qualche apertura dimensionale ben congegnata, i due riuscirono ad intrufolarsi nell'ultimo vagone del primo treno, senza nemmeno sfiorarne le porte automatiche.
Si chiusero in un bagno brillante ed eccessivamente candeggiato, per poi prendersi un secondo di meritato riposo.
“Beh, se ci hanno scoperto lo sapremo molto presto.” ironizzò Jane, appoggiandosi al lavandino d'acciaio della piccola cella.
“Uhm... direi che osservare l'alba dalla finestrella di un orribile bagno pubblico, non era proprio nei miei piani oggi!” seguendola a ruota, cercò il sguardo. I due si scambiarono qualche breve risata.
Il treno cominciò a scricchiolare, scaldando i motori. Qualche ignaro pendolare si precipitò al primo vagone disponibile, prima che il mezzo salutasse casa, cominciando il suo viaggio quotidiano.
“Ho un sonno che non puoi immaginare...” Matt si sedette sulle sue gambe, appoggiato alla porta del bagno “Spero che Angel ci porti in un bellissimo hotel con un bellissimo letto matrimoniale...tutto per me!”
“Pensa a tutti i nostri compagni di classe. Almeno loro dormiranno tranquilli, non dovranno tenere un occhio aperto per tutta la vita!”
Matt ordinò alla penna di fare le presentazioni, rivolgendosi al circuito che faceva funzionare la porta automatica del bagno. Un piccolo shock, ed ecco che la porta si guastò silenziosa.
Un piccolo finestrino espose ai due esausti fratelli una pellicola rapidissima. Sfoggiò una trasformazione fulminea, da una spenta periferia, ad una scarna prateria, verso la metropoli più famosa di Gracalm.
“Possiamo fare la guardia a turni, uno dorme e l'altro sta sveglio.” propose Matt, bisognoso di sonno “Lo so, non ci sono posti comodi dove appoggiarsi, forse la porta d'ingresso...”
“Ho capito Matt, puoi dormire.” rispose la furbastra “Non credo riuscirò a chiudere occhio in ogni caso.”
“Ti farebbe bene.”
“Lo so ma...ho troppe cose nella testa...si sovrappongono in continuazione.” scuotendo la sua treccia, tentò di scacciare ciò che stava già albergando nei meandri del suo pensiero.
“Se la testa non si libera da sola, forse conviene svuotare tutto a parole!”
“Mamma mia, quanta voglia di parlare! Ti accontento solo perché sono esausta...”
Si posero uno di fronte l'altra, in una strampalata seduta tra psicologo e paziente.
“Io...non riesco a smettere di pensare... che cosa ci accadrà.? Insomma, giusto qualche ora fa eravamo degli studenti, in una famiglia normale...camuffata bene ammettiamolo! Ora ci stiamo dirigendo in una città che non abbiamo mai visitato, e non ci sarà una vera casa dove tornare. Non ci sarà mamma ad aspettarci come sempre, e se finiremo per diventare dei fuggitivi, dovremo scappare di posto in posto, oppure lasciare definitivamente Gracalm. Lo capisci? La vita che vivevamo tutti i giorni non esisterà più! Al solo pensarci perdo la testa.”
Matt sembrò propenso a dare una carezza alla sorellina, ma lo sguardo di Jane affermò chiaramente la sua allergia per le smancerie. Il gesto fu segretamente apprezzato.
“Jane...ci ho pensato anch'io lo sai? Un pasto caldo...un letto dove dormire...le nostre cose, e forse i nostri sogni. Abbiamo lasciato tutto a casa e ora non possiamo tornare, è vero.” cercò di intercettare gli occhi della sorella, così simili, prima che avessero potuto smarrirsi “Ma...lo sento! Sento che pur ricominciando da zero, potremo essere felici. E poi come fai a sapere per certo che non tornerà tutto come prima? Se c'è anche una minuscola possibilità, allora io ci credo!”
Quell'animo da sognatore che tanto la faceva innervosire. Tuttavia, per una volta fu proprio l'elemento che riuscì a tirarla su, verso l'allegria. Gli occhi di uno sciocco fratellone.
“Sei sempre il solito! A questo punto, ogni cosa è imprevedibile. Voglio credere in qualcosa, perché per ora è tutto ciò che ci resta!”
“Ben detto!” sorrise, decisamente appagato “Forza, riposati per prima, io farò la guardia.”
“Grazie...chissà che razza di incubi mi aspettano!”
“Pensa alla scuola!” Jane storse il naso, aspettando il finale che desiderava “Di certo sarà dura tornarci, dovremo trovare un alternativa, ma ci vorrà del tempo.”
“Per ora, posso gettare i compiti in pasto al mio Universo...” chiuse gli occhi, appoggiandosi alla porta automatica, addormentandosi tra le sue inquietudini, e una vaga, irriconoscibile speranza.


“Signore! Non siamo ancora riusciti a scovare l'infiltrato e i ragazzini!”
“Saranno scappati dalla stazione...” Justin, cercando di raggruppare i pezzi del suo trono infranto, aveva ristabilito l'ordine nel suo castello violato.
“Vuole che ci rechiamo a Wayspot per verificare, signore?”
“C'è l'eventualità che siano saliti sul quel treno...ma non sprecate il vostro tempo.”
“Quel sorriso...sta escogitando qualcosa non è vero?” il Primo Comandante decise di intrufolarsi in quella piatta conversazione, mentre il povero sottoposto venne congedato senza pietà.
“Lo sai che non posso permettere che tutto questo rimanga impunito.”
“Hai stipulato un accordo con l'esercito. Loro ti hanno garantito il silenzio, per tutto ciò che è successo questa notte. Ma in cambio della loro collaborazione, ti porteranno via i tuoi amati prigionieri...eppure lo so che ti piace averli in pugno.”
“Certo...ma le cose sono cambiate, vecchio mio.” un ghigno sinistro invase la sua barba bruciacchiata “Nonostante il peggio sia passato, quel gruppo d'insubordinati ha raggiunto il cuore della nostra base, e se non fosse stato per l'ennesimo fallimento da parte dell'Esercito, il Drago non sarebbe potuto fuggire.”
“Probabilmente ti avrebbe ucciso. Dovresti ringraziare quell'infiltrato.” rapido e tagliente, ma Justin era un uomo d'acciaio.
“Avrei corso il rischio. Si sono portati appresso una creatura che la Green Soul vorrebbe distruggere. E non ci si può fidare di loro, non dopo la tragedia di Nati.”
“Quindi stai cambiando le carte in tavola basandoti sulla sfiducia che riponi in ogni essere umano?” questa volta, individuò una crepa difficile da nascondere.
“Sai dove colpire, te lo riconosco. Ma non mi farai cambiare idea. Ho ancora un asso nella manica che...”
Ezdard irruppe nella stanza come un forsennato. Sapeva benissimo di aver sorpassato una marea di confini severissimi, ma per una volta, il suo allarmismo sembrava motivato da una ragione degna di nota.
“Boss! C'è un enorme, gigantesco problema!” in quei secondi di disappunto generale, Alexandra entrò nell'ufficio come se nulla fosse.
“Giorno...” sussurrò indifferente.
“Eccola! Lei! E' una traditrice!” la puntò con un indice particolarmente affilato.
“Queste accuse sono piuttosto pesanti...” rispose il Primo Comandante, sottovalutando il suo collega “Non è che stai giustificando la tua fallimentare missione?”
“Certo che no! Quando mai ho fallito io?!” si mise in guardia, pronto a dar battaglia “Mi ha attaccato! E' colpa sua se i due ragazzini che avevo facilmente sconfitto sono scappati! Se non fosse stato per lei, a quest'ora li avremmo tutti arrestati!”
“Hai qualcosa da dire, Terzo comandante?” Justin, piuttosto scettico, si rivolse alla quieta accusata.
“E' vero.” a quelle parole, Justin e il Primo Comandante sbiancarono.
“Dimmi che state scherzando!” Justin ne aveva davvero abbastanza di quel flusso infinito di problemi.
“No. Li ho fatti scappare di proposito, anche se solo per qualche minuto.”
“Non ha alcun senso.” il primo Comandante si pose davanti alla ragazzina, minaccioso “Tnel tuo rapporto hai detto di aver inseguito il ragazzino, prima che ti confinasse nell'ascensore!”
“Non è una bugia. In quel caso il moccioso mi è sfuggito, ha guadagnato il tempo sufficiente per raggiungere la stanzone sotterraneo.”
“Alexandra...sai come si concluderà questa storia vero?” il Primo comandante non sembrava molto propenso alla carità.
“Posso dirvi solo una cosa. Ho dato loro solo una possibilità, e loro l'hanno sfruttata in tutto e per tutto. Vi ho detto la verità solo perché sono fedele alla nostra organizzazione.”
“E perché diavolo li hai fatti scappare, per poi inseguirli poco dopo?!” Ezdard aveva perso quella fanciullezza che lo contraddistingueva.
“Per una promessa. Sono un ex membro delle Ombre del passato.” un altro elemento particolarmente traumatico si abbatté sui tre uomini presenti “Prima di lasciare la mia città natale, ho fatto una promessa che non ho mai dimenticato. Vi avevo detto di avere un fratello gemello vero?”
“Aspetta...non mi dirai che...continua per favore.” Justin cercò d'incoraggiarla, incuriosito.
“Dovete sapere che la mia arma non è propriamente una Risorsa Multipla. Lo sarebbe se le sue lame appartenessero entrambe alla sottoscritta.”
“Stai dicendo che una delle lame appartiene a tuo fratello?” anche il Primo comandante seguì la scia tracciata dal suo capo.
“Esatto. La Risorsa riesce a donarmi potere anche se lui si trova lontano, ma non per questo prende le parti di uno dei due. Le sue decisioni sono prese valutando le intenzioni di entrambi.”
“Ho capito.” Justin sorrise, tamburellando le nocche sulle sue ginocchia artificiali “Gli hai promesso che avresti dato ai ragazzini la possibilità di scappare. O forse il patto specificava una sola persona. Ciò nonostante, se non avessi rispettato la tua promessa, la Risorsa avrebbe smesso di collaborare con te, e se le cose si fossero messe male, saresti risultata inutile per il resto dell'operazione.”
“Fortunatamente la promessa aveva dei termini...interpretabili. In ogni caso, sono patti che sono tenuta a rispettare, in ogni caso.”
Quando Ezdard catturò un certo tono d'esitazione nei suoi superiori, non esitò a combattere per la sua crociata.
“Le credete?! Non potete davvero farvi abbindolare da questo mucchio di fandonie!”
“E' davvero una bugia bella articolata, oppure una semplice verità.” commentò il Primo comandante, indeciso.
“Non sta mentendo.” Justin ruppe la tensione in miliardi di piccoli frammenti, per poi avvicinarsi amichevolmente al Secondo Comandante “Vedi, fin da quando la ragazza è diventata un Comandante, non mi ha mai nascosto nulla. Mi ha rivelato tempo fa questo spiacevole inconveniente riguardo alla sua Risorsa condivisa...so da tempo che la sua Risorsa rispetta il volere di entrambi i fratelli. Tuttavia...c'è una cosa che ancora mi sfugge.”
“Lo so...il mio gemello non c'entra nulla con l'irruzione avvenuta questa notte, eppure mi ha chiesto un favore che sostanzialmente ha contribuito a portare a termine la loro missione. Questo perché...gliel'ha chiesto qualcuno che ci è rimasto dentro fino al collo.
Justin colse l'intuizione della giornata.
“Si tratta di Green Killer, non è vero? Quei due hanno qualche legame, non è così?”
“Esatto signore...sono fratelli, i miei fratelli.” rispose Alexandra, remissiva.
“Interessante...” il Primo Comandante uscì dalla stanza, sapeva molto bene dove recarsi.
“Signore, ma il Terzo Comandante ha mai provato le sue parole? Non le rimane un minimo di dubbio?” Ezdard non era ancora convinto, ma almeno aveva smesso di strepitare.
“Sarà semplice dimostrare la sua innocenza. E visto che sei ancora scettico, sarai proprio tu a darci la certezza finale.”
“Signore?” il biondino continuava a dare occhiatacce alla sua collega, impassibile.
“Conosciamo la posizione del fratello di Alexandra. Ce l'ha comunicata lei stessa. Hai il compito di portarlo qui. Non è un arresto, cerca di fargli capire la situazione. Sarà semplice verificare se quel ragazzo condivide la Risorsa con il nostro Terzo Comandante.”
“Mi sta scaricando...signore.” era come se l'avessero messo in castigo. Ma non c'era nulla da fare.
“Saluta il mio fratellino.” fu decisamente provocatoria, ma questa volta Ezdard si congedò, a testa bassa.
“In ogni caso, Alexandra. Anche se probabilmente non hai potuto confidarci nulla, a causa della promessa che ti ha forzatamente vincolato, hai comunque mandato all'aria i nostri piani. Vedi di non finire nuovamente immischiata in questa situazione. Mi sono spiegato?”
Sull'attenti, la giovane ragazza annuì, per poi congedarsi rapidamente.
“Vincent...ci ho davvero provato...avevo già lasciato a quel ragazzino una possibilità, e si è fatto catturare da Ezdard. Per dargli una terza chance, per poco non ci ho rimesso tutto. Perdonami...hanno scoperto chi sei. Spero solo che in questo modo rinuncino a smascherare il tuo viso.”


“Svegliati dormiglione! Guarda un po' fuori!” nel chiarore dell'alba, Wayspot si rivelò in tutta la sua sfrontata apparizione.
I fanali fluorescenti cominciarono a frenare il loro entusiasmo. Luci sofisticate, che si spensero un click dopo l'altro, spogliando quei grattacieli che qualche attimo prima si erano finti degli spenti alberi di Natale. Solo un lago artificiale li separava dal quel glorioso mondo.
Quei palazzi falsamente sgargianti non vennero abbandonati, abbracciati dai primi tiepidi raggi di sole, orfani del loro usuale calore. I giganti proiettarono le loro ombre sulla città, ancora addormentata. Tuttavia, gli occhi dei giovani Wolfram erano più svegli che mai.
“Che vista...mi fanno quasi paura.” commentò un Matt dal lento risveglio.
“Vero? Sembra quasi che siano loro ad avvicinarsi!” aggiunse la sorella, sulle rotaie dell'entusiasmo.
Qualcuno bussò alla porta.
Avevano avvisato il personale del guasto alla porta automatica. Molto prima del previsto.
“Shh! Devono pensare che non ci sia nessuno!” bisbigliò la ragazzina, tappando la bocca al fratello.
Il controllore all'esterno, appurato il guasto, si stanziò davanti alla porta, aspettando il tecnico che l'avrebbe raggiunto alla fermata successiva.
“Come usciamo da qui?” chiese Matt, agitato e chiuso in gabbia “Se utilizzerai la tua apertura dimensionale, dovremmo comunque trovare un punto isolato al di fuori della stazione!”
“Già m'immagino...ci sarà gente ovunque! Non possiamo aspettare...”
Avverrò il braccio del fratello, per poi aprire un varco dimensionale che li catapultò direttamente nel vuoto, a qualche passo dalle rotaie sovrastanti il lago.
“Jane...” guardando verso il basso, e osservando le profondità acquatiche che a breve avrebbe accolto, il possessore della penna non poté fa altro che strillare “Non so nuotare!”
Un attimo prima di accarezzare la cresta dell'onda, un altro varco accolse i fratelli, sballottati da una gravità piuttosto invadente. Raggiunsero le soglie della metropoli, ormai così vicine, in meno di due frettolosi minuti.
Si nascosero sotto al ponte, rischiarati dall'ombra, e finalmente fecero uscire allo scoperto i due finti prigionieri, vestiti di tutto punto. Quei completi eleganti stavano stretti ad entrambi, il minimo movimento brusco avrebbe comportato degli strappi piuttosto imbarazzanti. Rigidamente, i due fecero i primi passi con la loro mise altamente provvisoria.
“Bene, è tempo di separarci.” il Generale Fox non aspettava altro che strapparsi di dosso quel tessuto opprimente.
“Tranquillo, sono uno che mantiene le promesse.” si avvicinò all'omone, con un consiglio in tasca “Te lo chiedo umilmente. Magari non ora, ma in futuro, potresti salvare migliaia di persone, se solo lo volessi. Lo so che non ti fidi di noi, ma credimi: ci sono persone che meritano di essere salvate, che meritano la tua protezione, che meritano un eroe su cui contare.”
Il Generale Fox cercò di rispondere tutto d'un fiato, ma i suoi dubbi gli strozzarono la gola.
Odio...solamente odio. Era davvero servito a qualcosa?
“In questo momento...i mie poteri sono decisamente pericolosi. Non sono in grado di controllarli come un tempo. Devo trovare un posto dove potrò cominciare da capo. Ma uesto non significa nulla!”
Tra lo stupore di Angel, e il disgusto di Jane, Matt abbracciò il Generale senza la minima vergogna. Gli arrivava a malapena all'ombelico.
“Sapevo che avresti cambiato idea! Lei potrà davvero fare la differenza!”
“Sempre che la Green Soul non mi uccida, prima che io possa riprendermi...” quel pessimismo attirò una manata sullo stomaco da parte del giovane ragazzino, decisamente meritata.
“Pronto a tornare una creatura leggendaria?” chiese Angel, sbrigativo.
“Tornare? Io SONO una creatura leggendaria!” rispose spumeggiante.
Il Tatuaggio s'illuminò sotto giaccia e camicia, mentre il ragazzo dalla chioma nerastra afferrò la sua massiccia spalla sinistra. Il fuoco di mille battaglie tornò a scorrere nelle venne del Generale Fox, che lanciò un sorriso di riconoscimento verso il Dragon Charmer, per poi spiccare un salto che lo vide scomparire tra le nuvole.
L'ombra del Drago si mostrò timidamente per qualche secondo, in un cielo che nessuno mai considerava, gremito solamente da luci e acciaio. Sparì verso l'orizzonte.
Il Drago della Furia era tornato, con una nuova, incerta ma sbaragliante consapevolezza.
Non era più un essere umano. Ma nonostante ciò, il suo odio verso il prossimo non aveva fatto altro che dimostrare il contrario. L'unico manifestazione della sua leggenda risiedeva in un percorso tortuoso e difficile, con la pietà come ultima destinazione.
Sorvolando la metropoli pensò ancora a quell'abbraccio, prima di aumentare la velocità, verso una nuova casa.
“Buona fortuna...ragazzino.”
 
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view post Posted on 29/4/2017, 15:46     +1   -1
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2.8 Pezzi di Ricambio - Prima Parte


Dieci anni e qualche mese prima, nella città di Nelk...



“Svegliati dormiglione!”
“Alexandra...sei sempre la solita...” il ragazzino, un classico dodicenne, saltò giù dal letto. La sorellina aveva giocato con le sue guance fino a quel momento.
“Sono arrivati! E sono tantissimi!” il gemellino di Alexandra non la smetteva di trotterelleare, e appena arrivò l'occasione, afferrò la mano di un Vincent ancora assonnato.
“Che cosa...non dovevano arrivare così presto.”
Un orda di soldati si era sparsa per tutta Nelk, trasformandola in vera e propria base operativa, tra la desolazione e lo stupore dei pochi abitanti della cittadina.
In quella stanzetta dall'anima squadrata, tra coperte, pavimentazione e spigoli, il cuore di Vincent stava pulsando incessantemente. Sempre sorvegliato dai due fratellini, si tolse rapidamente il pigiama, e prima di ogni altra cosa, afferrò i suoi jeans nerastri. Li infilò senza indugi, per poi saltellarci per qualche istante.
Dalla tasca destra sfoderò una catenella d'acciaio, un gancio da un estremità, una libera aquila dalla parte opposta. Agganciando la sua Risorsa al passante dei jeans, provò una forte sensazione, come se qualcosa vegliasse misteriosamente su di lui.
Il suo piccolo giocattolo aveva compiuto un anno oramai, trovato fortunosamente dalla madre, in una gita tra le possenti Tower Mountains. Si era rivelato un regalo unico, così come un rito d'iniziazione. Nessuno si era unito alle Ombre del Passato così precocemente.
Una maglietta di un leggero verde scuro, unite ad un paio di comode scarpe da ginnastica, completarono la sua mistica armatura. Scese una graziosa scalinata a chiocciola, prima di ritrovarsi in cucina. Un profumo di latte, cioccolato e frittelle si era diffuso in un tutta la marmorea stanza.
“E brave le mie piccole guardie, ottimo lavoro soldatini!” i due fratellini si misero sull'attenti, prima di correre a tavola, pronti a divorare i loro cereali preferiti, tra un sorso di latte e l'altro.
Vincent si sedette accanto ai vivaci fanciulli, prima di afferrare un roteante cucchiaino di legno, proprio sulla sua testa.
“Madre, questo giochetto ormai non funziona.” esclamò annoiato.
“Ottima prontezza di riflessi.” rispose la donna, porgendogli la sua calorosa colazione.
La donna si voltò verso la sua prole, soddisfatta. Una figura slanciata, alta e in forma. Si era affezionata ad un taglio di capelli corto ma alla moda, con un ciuffo sbarazzino che era solita soffiare ogni qualvolta raggiungeva le sue labbra. Quel particolare ciuffo violaceo era l'unico della sua specie, circondato da lisce ciocche di un biondo scuro. Il suo viso magro, i suoi piccoli ma decisi occhi smeraldo, esattamente come quelli di tutti i suoi figli, esprimevano una dignitosa soddisfazione.
“Non credo che i Green Blood si mettano a lanciare le posate per ucciderci.” a Vincent le strade dell'umorismo non erano mai piaciute.
“Ci siamo svegliati male?”
“Nah...è che non riesco a non pensare a quello che sta succedendo.” sospirò, tentando di divorare la colazione, faticosamente.
Tara si aggiustò il ciuffo, lentamente, sfiorando ogni ciocca. L'atteggiamento da cabaret sbaraccò da quell'atmosfera, lasciando il posto ad una solitaria serietà. Era pesanti, quei piccoli macigni di responsabilità che affliggevano il suo primogenito, fiaccato dalla sua stessa giovinezza.
In una stanza senza parole, il bussare della porta d'ingresso rimbombò rumorosamente.
L'esercito era già arrivato, senza nemmeno curarsi di una fragile, quasi insignificante campanella, dal suono spento e arrendevole.
“Porta Albert e Alexandra a scuola, poi raggiungici al crocevia.”
Vincent annuì, e lasciando il suo pasto a metà, accompagnò i fratellini verso l'entrata posteriore della casa. Zaini in spalla, i bambini lo superarono, incuranti di ciò che stava accadendo nel loro piccolo mondo. Il maggiore guardò indietro, catturando lo sguardo della madre, poi si congedò.
Tara aprì le porte che conduceva alla sua umile dimora, sistemandosi nuovamente il suo ciuffo indisciplinato. Un clima di ordinata diplomazia si diffuse istantaneamente, un aura che precedette la maggior carica dell'Esercito di Gracalm: il Generale Lenard.
La donna accolse cordialmente un uomo di colore, dal fisico temprato da anni di allenamento. Aveva i capelli rasati e una leggera barba color nero grafite, che ricopriva una mascella squadrata, prominente. I suoi occhi, grandi e di un marrone noce, avevano già osservato minuziosamente tutta la stanza. La sua uniforme gli calzava a pennello, nel suo classico motivo mimetico, in un miscuglio di grigi chiari e scuri.
“Generale Lenard...”
“Master Nurse..” rispose a specchio, sorridente “Non mi sarei mai aspettato questa collaborazione.”
Cercarono di individuare la minima insicurezza nel volto dell'altro, fallendo miseramente.
“Si tratta della mia città, della mia gente.”
“La vostra organizzazione non mi sembra improntata sull'altruismo.”
“Sterminiamo ciò che voi non riuscite ad eliminare. Non è egoismo.”
Tara, afferrò il cucchiaio che aveva lanciato poco prima, roteandolo senza sosta. La patata bollente era passata dall'altra parte, era pronta ad scorgere il fianco scoperto dell'avversario. Ancora una volta le sue previsioni vennero sconvolte.
“Tara...smettiamola. Diamo una tregua ai nostri capricci.” si alzò, avvicinandosi rispettosamente verso la snella figura della donna “Condividere un ideale, per quanto possa risultare difficile, salva delle vite. Lo abbiamo imparato entrambi. Siamo distanti, ma possiamo agire come un unico essere. Lo sai che darei la mia vita per il nostro paese.”
Lenard porse una mano amica, verso una futura stretta di mano. Non avvenne nel modo che aveva sperato.
“In cambio della nostra collaborazione, non ci intralcerete durante le nostre operazioni. Intesi?” Invece di porgere la sua mano freddolosa, la donna utilizzò il cucchiaino -ormai stanco di girare- come una vera e propria protesi di legno.
Il Generale afferrò il suo dono, un sospiro divertito destabilizzò il suo rigido aspetto.
“Lo prenderò come un simbolo. Cercheremo di darvi spazio, ma senza esagerazioni.” si mise a giocherellare con la posata, proprio come la sua interlocutrice.
“Rechiamoci al crocevia, le mie risorse aspettano in quel luogo. Ci sarà tanto lavoro da fare...”
divertita dal comportamento insolito di entrambi, Tara accompagnò il Generale verso la loro guerra invisibile.

“Mi raccomando.” Vincent affidò i due fratellini ad una maestra piuttosto intimorita, nell'unica scuola elementare della città.
“Non si preoccupi!” rispose flebilmente la sventurata.
Senza nemmeno salutare, il ragazzino prese la via del ritorno. Troppi frammenti di pensiero nel suo animo, troppo confusi per pensare, anche vagamente, ad uno strascico d'educazione.
Con un passo deciso, cominciò a dirigersi verso i sentieri tortuosi di una foresta inospitale, che d'inverno, giaceva in un clima asciutto, tra venti infreddoliti e sete di pioggia.
Stava cercando di staccarsi dal quel mondo, che gli occhi non smettevano di mostrargli, prepotentemente. Mantenendo soltanto la sua consapevolezza spaziale, cercò di meditare con tutto il resto delle sue facoltà cognitive.
Venne svegliato così bruscamente, che inciampò sui suoi piedi, rischiando una caduta alquanto ridicola.
Un paio di molestissime casse stereo stavano percuotendo il silenzio, trasmettendo un rabbioso brano stile Power Metal. Provenivano da una massiccia jeep nerastra, e alla guida, un giovane soldato si stava guardando attorno, cercando la strada giusta tra quelle statiche abitazioni marmoree. Sembrava totalmente incurante del suo inquinamento acustico, si persino scordati di abbassare i finestrini.
Individuata la via, mise in moto la sua creatura e partì a tutto gas.
Un occhio alla strada, un occhio all'orizzonte.
Due orecchie ben allenate, per poter carpire ogni strimpellata di un assolo fenomenale.
Una bocca che gridò, appena sul sedile del passeggero ritrovò il giovane Vincent, a braccia conserte, innervosito dai troppi decibel.
“Spegni questo maledetto aggeggio!” disse il membro delle Ombre del passato.
“Cosa?!”
“SPEGNI LA RADIO!” il volume era così forte che Vincent dovette gridare per far sì che le sue parole non venissero consumate prima del tempo.
Il piccolo soldato, occhialuto e con un pizzetto appena pronunciato, fermò immediatamente il veicolo. Con il suo braccio destro, robusto ed allenato, estrasse la pistola con grande naturalezza.
“Mi hai fatto venire un colpo!”
“Ah, ma davvero?” era visibilmente stizzito.
“Scendi subito dalla mia jeep! Se sei un civile dovresti recarti nei luoghi sicuri che abbiamo designato!” leggendo lo sguardo di Vincent, ripose la pistola, sapeva di non essere realmente in pericolo “E poi come diavolo hai fatto ad entrare dal finestrino senza che me ne accorgessi?!”
“Sei distratto. E rumoroso.” rispose il più giovane dei due, con fare non troppo amichevole.
Dopo qualche secondo d'indifferenza, il sedicenne al volante pestò il pedale dell'acceleratore, avventurandosi in una guida che definire sportiva, risultava un mero eufemismo.
“Ma sei fuori di testa?! Ci farai ammazzare!” strepitò Vincent, aggrappandosi al sedile.
“Tu sei entrato nella mia jeep di soppiatto e quello fuori di testa sarei io?!” replicò il soldato alle prime armi.
“Sei tu quello che si è messo a diffondere la sordità di primo mattino!”
Un altra brusca frenata, e per poco Vincent non finì spalmato sul parabrezza.
“Ok...frena. Ricominciamo da capo.” fece un bel respiro, per ritrovare la pazienza “Mi chiamo Chester, sono un soldato dell'Esercito di Gracalm, tu chi sei?”
“Tu? Un soldato?” replicò Vincent,scettico, nonostante l'abbigliamento del guidatore non lasciasse altre interpretazioni.
“Esattamente. Sono ancora un principiante, proprio come te.”
“Io?” quella folle discussione, solo all'apparenza, sembrava li stesse testando segretamente.
“Ci ho messo meno di un minuto per capire che la tua Risorsa è la catenella che tieni legata ai pantaloni. In un campo di battaglia, i Green Blood ti prenderebbero di mira senza poche storie, dato che saresti il bersaglio facile.”
“Senti chi parla...” ironizzò Vincent, prima di assumere un atteggiamento più rilassato “E poi non sono una preda così indifesa. Ah, comunque...io sono Vincent.”
Strinsero la mano con uno sguardo rispettoso, in seguito, Chester rilasciò nuovamente i possenti cavalli della sua jeep.
“Bene Vincent, facciamo un attimo di chiarezza. Forse, e dico forse, ho leggermente disturbato la quiete pubblica, tuttavia la tua reazione mi è sembrata...un po' incontrollata. Ti ho preso in un brutto momento?”
“Puoi dirlo forte. E' la mia prima volta... che partecipo a qualcosa di così grande.”
“Aspetta...tu fai parte di quel gruppetto di civili che ci aiuteranno in questa missione?!” non avrebbe mai pensato che, tra i tanti compagni d'armi, potesse esistere qualcuno più giovane di lui.
“Beh...anche per me è la prima volta!” esclamò Chester, grattandosi i capelli molto corti, dal classico stile militare “In fondo dovrò solo fare da supporto al mio supervisore, lui si che farà la differenza.”
“Se hanno richiesto la tua presenza un motivo ci sarà. Evidentemente in quella testa di rapa c'è davvero qualcosa!” cercò di sdrammatizzare, toppando a metà, ma il soldato apprezzò lo sforzo.
“E tu che mi dici? Hai qualche abilità particolare? D'altronde non ti avranno convocato solo per trangugiare pop corn davanti al campo di battaglia!”
“Sono un novellino, proprio come te.” rispose Vincent, in una scia di simpatica modestia “Ma posso garantirvi una grande visione del campo di battaglia. Con qualche trucchetto, posso raggiungere posti impensabili, senza correre alcun pericolo. Ti avviso, non ti rivelerò di che cosa si tratta. I miei compiti si basano sulla segretezza, e non posso infrangere questa catena.”
“E io non ti chiederò di farlo! Voglio solo avere qualcuno in più su cui contare, quando comincerà...il casino.”
“Che ne dici di fare squadra?” propose Vincent, prima di rendersi conto del valore di ciò che aveva esclamato.
“Certamente! Con le abilità che hai elencato, saresti perfetto per dare appoggio a me e al mio supervisore!” Vincent non rispose, ancora scosso per ciò che aveva detto il suo alter ego “Il raduno è al crocevia! Che fortuna esserci incontrati per caso, non credi? Ci siamo già conosciuti un po'!”
“Già...proprio una botta di fortuna.” rispose il ragazzino dagli occhi verdi, distratto.
Aveva perso il contatto con la sua vera identità. Aveva sempre lavorato da solo, senza il supporto di nessuno, senza una minima presenza che lo potesse confortare. Eppure, aveva sempre accettato quei vincoli dolorosi.
Cacciare i Green Blood, senza aspettare che fossero loro a fare la prima mossa, prevenendo ogni casualità. Fin da piccolo, era sempre stata la sua vocazione, da un anno, la sua professione, anche se ancora nelle retrovie.
Da dove era arrivata quella strana richiesta, quella voglia d'amicizia?
Non c'era tempo per scoprirlo. Una moltitudine di Green Blood, sparpagliata nella foresta pluviale della regione do Laganal, si stava radunando per sfondare un enorme muro. Quello dell'umanità.

L'adunata al crocevia fu rapida e indolore. Le Ombre del Passato diedero la propria disponibilità a collaborare, specialmente sul piano strategico. Quando Chester riferì ai suoi superiori una possibile collaborazione con il giovane Vincent, nessuno si oppose. Vivere il campo di battaglia con un coetaneo avrebbe addolcito una pillola amara, affievolendo una giustificata tensione.
L'unica reazione che si perse fuori dai confini dell'ordinario fu quella di Tara. Si colse chiaramente quanto il suo volto, apparentemente indifferente, fosse in realtà contrariato, di fronte ad una decisione a suo parere errata, su tutti i fronti.
Finalmente, il piano dell'operazione venne esteso a tutte le anime dell'esercito, nuovi arrivati compresi. In un comunicato radio, che tutti le menti si prepararono ad ascoltare, il Generale Lenard cominciò il suo simposio logistico.

Le nostre perlustrazioni hanno dimostrato quanto le nostre paure fossero reali. Una nube verdognola sta generando una grande quantità di Green Blood nel cuore della Foresta Radicescura. La città di Nelk è la più esposta ad un eventuale attacco, e perciò dovremo concentrare l'artiglieria pesante attorno ad essa. Tuttavia, non conoscendo tutte le tipologie di Deep Green presenti nell'orda di creature, non possiamo affermare con certezza se Nelk sia il loro obiettivo primario. Se fossero in grado di raggiungere e conquistare il Ponte Muschio, i mostri potrebbero dirigersi sia a Pervas che a Nelk, costringendoci a dividere un armata che già non è al completo. Qui entrerà in gioco l'operazione Sovrano. Impediremo all'orda di raggiungere il ponte a qualunque costo, con l'aiuto della Triade di Gracalm. Se li riusciremo a respingere nelle foreste, avremo due alternative molto favorevoli.
La prima consisterebbe in un bombardamento aereo mirato. Sicuramente invasiva sul piano ambientale, ma ci assicurerebbe un ottimo tasso di sterminio. Tuttavia, data la stretta necessità di questi interventi nei campi di battaglia di Riterloo, abbiamo optato per un'alternativa.
La scelta che abbiamo concordato consiste in una operazione post-battaglia. Un corpo scelto entrerà nella foresta dopo la scontro, seguendo l'eventuale restante dei Green Blood. Piazzeranno delle bombe particolari, che abbiamo creato con una combinazione di Talenti. Si tratta di ordigni di forte impatto, dotati di sensori in grado di captare la presenza di Green Blood nei paraggi. Più l'area di confinamento dell'orda sarà stretta, meno bombe ci serviranno per coprire lo spazio che circonderebbe i mostri in fuga. E la foresta ci ringrazierà.
Gli ordigni verranno conservati nella base che abbiamo allestito dall'altra parte di Laganal, nell'accampamento a Nord di Nelk. In quell'area, una squadra di ricognizione terrà d'occhio il corso degli eventi. Farà da supporto per quanto riguarda i trasporti di risorse, gestirà l'ospedale da campo, ed effettuerà valutazioni strategiche, visionando la battaglia da luoghi sicuri.
So che l'operazione sarà rischiosa, e so che nonostante ciò, darete il massimo per la nostra causa. Sono fiducioso riguardo al nostro piano, ed è proprio grazie alla vostra collaborazione, che avete protratto dall'inizio della vostra vita nelle forze armate. Onorate la vostra patria, ma prima di tutto, onorate i vostri cari, che contano su di voi, ogni giorno.


“Questo è il nostro Generale!” esclamò Chester, orgoglioso del suo determinato modello.
“Ehi! Marmocchio!” un trentenne, leggermente corpulento e con una folta barba nerastra, raggiunse il colloquio giusto in tempo per farsi notare.
“Justin!” gridò il giovane soldato, prima di correggersi “Volevo dire...buongiorno signore!”
“Vedo che il gruppetto di civili è arrivato!” proveniente dall'altra parte del crocevia, il Tenente Generale decise di indossare la sua maschera di diligenza, di fronte al suo unico superiore “Signore, l'accampamento, l'armeria e l'ospedale da campo sono stati ultimati con successo. Ho udito il suo comunicato, non mi resta che organizzare la mia squadra e recarmi all'accampamento per il briefing che darò ai membri di cui mi prenderò carico.”
“Ben fatto.” rispose il Generale, in quel clima appiccicoso, ricolmo di parole incastrate nella prassi “Oltre al tuo pupillo, ti affido la squadra medica composta dai volontari che si sono offerti di aiutarci in questa operazione. Questa è Tara, gestirà i pazienti che arriveranno fino alla vostra base operativa.”
La donna fece un sorriso con gli occhi, rigido e forzato, ma con una impronta di giusta gentilezza, che si armonizzò in quel circolo di pacate presentazioni.
“E questo ragazzino?” chiese Justin, scompigliando i capelli del piccolo Vincent “Anche lui farà parte del mio team? E' poco più che un bambino.”
“Farò parte della squadra che si occupa di visionare il campo di battaglia! E no, non sono un bambino!” tutti gli adulti sorrisero, quasi inteneriti dalla determinazione del ragazzino.
“E allora verrai nella mia jeep, assieme a Chester. Sembra proprio che abbiate fatto amicizia!” l'omone, constatando un certo affiatamento tra i due, non tardò a tirare le giuste somme.
Tanti occhi puntati addosso, accesi come piccole candele, che tuttavia non riscaldavano il suo animo. Gli occhi che Vincent anelava erano dei bulbi assenti, incolori.
Mentre Chester trascinò il suo nuovo amico nella jeep del Tenente Generale, Vincent continuò a proiettarsi verso la madre, cercando l'approvazione che quella figura severa non si accennò a donare.
Un viso freddo, che scavò una funesta buca d'insicurezza all'interno del suo cuore. Non smise di pensarci per tutto il viaggio.

Tornando al presente...


Il Primo Comandante si recò in uno dei suoi ambienti preferiti.
Il potere delle sbarre lo rendeva euforico, la vista dei malviventi al di là di quelle semplici ma invincibili barriere gli faceva respirare una dolce soddisfazione, quasi quanto un buon sigaro davanti ad un camino bollente.
Giunse alla cella di Vincent, e senza pochi fronzoli, aprì il portone della cella, richiudendolo immediatamente alle sue spalle.
“Sei venuto a rinfacciarmi quanto io sia debole ed indifeso?” ancora intorpidito dalla paralisi, aveva scandagliato ogni centimetro della cella, senza trovare alcun pertugio.
“Volevo solo verificare una teoria...”
“Non sono il tuo compagno di bevute, puoi anche andartene.” rispose seccato.
“La tua ostinazione nella disubbidienza non ti servirà a molto, sei in una posizione così traballante, che ti converrebbe smettere di respirare. Non è vero...” si avvicinò al ribelle prigioniero, e coprendosi la bocca, emise un sussurro fatale “...Vincent?”
Nonostante indossasse il suo passamontagna, non c'era nulla che avrebbe potuto salvarlo da una traumatica reazione. La sua schiena si trasformò in marmo, il suo stomaco si arrestò, ogni boccata d'aria pareva non fosse mai abbastanza.
Continuando il suo colloquio segreto, il Primo Comandante cercò di attirare l'attenzione del malcapitato, per un motivo ben preciso. Ad ogni suo fremito, ogni qualvolta un minimo sussulto pervadeva l'interrogato, il suo sorriso rideva, sconosciuto a qualsiasi pietà.
“Non mi è stato difficile capire chi sei. Se negli schedari dell'Esercito di Gracalm, i rapporti della strage del Ponte Muschio fanno solamente compagnia alla polvere, da noi le cose sono ben diverse. In molti conoscono la storia del giovanissimo volontario, specialmente chi ci ha rimesso...la vita, o quasi.”
“No...” strinse la sua maschera, lasciando trasparire tutta la sua frustrazione “C'è lui dietro a tutto questo!”
“Ha già capito che dietro alla vostra intrusione ci sia lo zampino delle Ombre del Passato, o almeno di una parte alquanto scellerata. Conosce la fama di Green Killer, presto o tardi capirà chi sei.”
“Perché...perché mi stai dicendo tutto questo?!” alzò la voce involontariamente, le fucine che alimentavano i suoi sensi di colpa avevano preso il sopravvento.
“Ringrazia i due marmocchi.” si girò di spalle, distaccandosi dalla sua stessa scelta “Se non fosse stato per la loro richiesta, a quest'ora saresti su tutti i giornali. Avrei assaporato veramente questo interrogatorio, avrei assistito alla pura manifestazione del panico. Ahimè, sono un uomo d'onore, e ti concederò un alternativa.”
“Se Justin scoprisse la mia identità...sono sicuro che anche l'Esercito ci andrebbe di mezzo...” arrivò ad una conclusione che lo mise sotto la lampada della sottomissione “Quei turni di guardia così saltuari, e così poco organizzati. Non è stata incompetenza. Il Generale ha ordinato alle guardie di farmi passare, ogni qualvolta avessi voluto recarmi da Matt...”
“Hai tutto da perdere. Ti sei ritagliato una schiera di amicizie che in questo momento non sono altro che la tua debolezza.” Vincent aveva già sentito quelle parole fin troppe volte “Questo è il mio accordo, ti conviene ascoltarlo molto attentamente...”
 
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view post Posted on 30/4/2017, 11:12     +1   -1
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2.9 Pezzi di Ricambio - Seconda Parte



Dieci anni e qualche mese prima, nella base militare di Laganal...


I due ragazzini si erano stanziati in una camera piena di schermi. Era gli occhi dell'intera operazione. Un compito non impossibile, ma dalle devastanti responsabilità.
“E' un peccato!” esclamò Chester, approfittando di un momento sprovvisto di supervisione “Non abbiamo potuto conoscere la Triade di Gracalm! Quanto vorrei essere forte quanto loro!”
Vincent si era incantato. Agganciato a dei monitor, che riprendevano il Ponte Muschio da più angolazioni, il ragazzino pareva essersi perso in quel panorama desolante.
“Vincent! Sei ancora qui?!” con una pacca sul braccio, trascinò il suo nuovo amico nella cruda realtà.
“Scusami...io stavo...” venne interrotto da un Chester fin troppo incalzante.
“A che pensavi? Non fa bene essere così distratti giusto qualche minuto prima della battaglia! Potrebbero convocarci da un momento all'altro, nel caso abbiano bisogno di noi.” si pose di fronte a quelle iridi smeraldo, stregandole, affinché non potessero distrarsi “Non devi avere paura. Io e Justin ti staremo sempre accanto, non sarai da solo.”
“Non è questo...” rispose il più silenziosamente possibile, eppure la sua voce echeggiava impetuosamente nel suo cervello.

Gli amici...sono davvero una cosa meravigliosa. Ma hanno un prezzo, figlio mio.
Li useranno contro di te. Li troveranno. Li uccideranno. Faranno qualsiasi cosa per farli soffrire, per far soffrire te.
Più il legame diventa solido, più la ferita rimane sanguinante, quando questo filo viene strattonato.
Affezionarsi in modo eccessivo alle persone, nel mondo in cui viviamo, ci rende soltanto dei fantocci. Quando poi queste persone se ne andranno per sempre, ognuna di loro, sarà un ago conficcato nella nostra pelle, che non ci lascerà mai. Lo devi capire, per il tuo bene,
Sarà la nostra debolezza più grande.


Prima che Vincent potesse rispondere, i Green Blood, ignorando la via diretta verso la città, si diressero verso il ponte. Dalle basse profondità della foresta, Il Ponte Muschio fu presto assaltato. Sembrava assurdi, ma in qualche modo, le creature a raggiunsero i cinquecento metri di altezza con un solo balzo.
“E da quando i Green Blood sanno volare?!” esclamò Chester, impressionato.
“No...ho già visto questo fenomeno. Chiedi alla telecamera C di guardare in basso.” il bestiario di Vincent era decisamente più approfondito di quello del collega “Ecco...quei Deep Green con le tuniche e il cappuccio...sono incantatori. Non sono in molti, ma solo la chiave di molte orde per quanto riguarda Nelk. Sono capaci di evocare una brezza mistica, in grado di trasportare i loro compagni in modo facile e veloce.”
“Aspetta un attimo, dalla città non stiamo ricevendo alcun aggiornamento...” Chester ritornò sulla sua seggiolina arrugginita, cercando di occuparne ogni centimetro di superficie “Hanno concentrato l'orda tutta sul Ponte...il Generale l'aveva previsto!”
Justin accorse nella sala comando, e osservando quegli schermi quasi selvaggi, riuscì ad intuire quello che i ragazzini gli avrebbero comunicato.
“Tenetevi incollati ai monitor,e continuate così! Per qualsiasi novità, potete accedere al nostro segnale radio, tramite i walkie talkie che vi abbiamo assegnato. Io e Tara li terremo sempre accesi.” diede uno sguardo paterno a Chester, prima di uscire in tutta fretta.
I due ragazzini rimasero ad ammirare le gesta della Triade, che da sola riusciva a gestire le sanguinose ondate dei verdi mostri, anche se non erano ancora riusciti a colpire i furbissimi Deep Green.
“Sono eccezionali...” commentò Vincent, in un sussurro meravigliato.

Quasi dieci minuti di battaglia, e le orde di Green Blood erano ancora sazie di immonde creature. Nonostante ciò la difesa del ponte procedeva per il verso giusto, e gli esemplari che riuscivano a raggiungere la struttura di pietra venivano puntualmente danneggiati ancor prima di sfiorare la terra ferma. Il plotone dei tiratori scelti, guidato dal Generale Massimo, in persona, stanziava nelle estremità dell'impalcato, operoso.
Chester ruppe la stasi, senza parlare.
La sua fronte cominciò a sudare freddo, mentre un ticchettio sulla scrivania davanti ai monitor emise un ritmo intraducibile.
“Chester...che hai?” chiese Vincent, preoccupato.
“Il Tenente Justin, durante la divisione dei compiti, ha impartito dei precisissimi perimetri che dovremmo e non dovremmo percorrere. Abbiamo montato qualche telecamera anche qui...e da lontano, vedo una persona fuori posto da più di due minuti...” si mise le mani nei capelli, vittima di una tensione fastidiosa.
“Perché non hai avvisato il Tenente?!” Vincent ebbe uno scatto d'ira, che ritirò immediatamente. Il viso del suo collega gli trasmise tutto il suo terrore “L'ho fatto! Quando ho tossito prima, ho acceso il microfono del walkie talkie. E' un segnale che si siamo accordati per non destare sospetti...ma lui...non ha...”
“Prima di tutto, calmati. So che è difficile, ma provaci.” cercò di rassicurare il suo nuovo amico, sapendo bene quanto tenesse al superiore “Siamo sicuri che non si tratti di un imprevisto? Hai provato a ricontattarlo?”
“Nessuna risposta.”
“Se potessimo vedere meglio la figura...sembra che indossi un cappellino...ma è davvero troppo lontano.” verificò Vincent, cercando di sforzarsi.
“E' come se questa persona conoscesse la posizione della telecamera. E se fosse un Remo di Caronte?” guardò l'entrata dello stanzone, e decise di approcciarsi a quella spietata maniglia arrugginita “Devo andare a controllare.”
“Ci andrò io.” un affermazione che stupì il giovane soldato, contrariato.
“Non puoi!”
“Se questa persona fa parte del tuo plotone, potrebbe insospettirsi se l'affronti da solo. Io non ho alcuna restrizione qui, posso andare dove mi pare e piace. Lo sai, sono bravo a spuntar fuori dal nulla!” le sue argomentazioni sembravano più solide del Ponte Muschio, tanto da sgretolare le certezze del collega dal pizzetto appena pronunciato.
“Ti terrò d'occhio dai monitor e ti coprirò in caso arrivasse un superiore. Ti prego...stai attento.”
con una stretta di mano fraterna, Chester congedò il ragazzino.
Appena si rese conto di non essere osservato, Vincent attivò la sua metamorfosi, sorvolando il campo militare, recandosi nell'area Ovest, quella riservata alle armi e ai rifornimenti.
Riuscì a scorgere una strana figura, coperta da un cappello da baseball e degli ingombranti occhiali da sole.
Fu come un incubo.
Quell'esatto incubo. Quel tremendo scherzo mentale, che nel sonno, ci fa cadere nel vuoto in una caduta infinita. Quel sentimento d'impotenza che ci schiaccia fino a quando il suolo non ci accoglie calorosamente.
Venne trascinato verso quell'individuo da una forza sconosciuta. Non serviva lottare, non poteva allontanarsi, la sua destinazione era stata già designata. Arrivato al punto di non ritorno, prima di svenire, due occhi giallastri lo aggredirono con tutta la loro ferocia.

Una dolorosa mezz'ora lo separò tra una stato di coscienza e l'altro.
Spari, strepiti di Green Blood, sforzi di muscoli e gridi di battaglia. Sapeva di essere finito sul Ponte Muschio. Si trovava in una tenda, dedita alla custodia delle armi di riserva.
Non era l'unica cosa ad essere cangiata profondamente. Qualcosa di essenziale aveva abbandonato la sua esistenza.
“Sono...sono cieco?!” fu quello che erroneamente pensò, data l'insensibilità del corpo che in qualche modo l'aveva agguantato.
Non si rese conto che i suoi occhi avevano lasciato il suo corpo per sempre.
Cercò di muoversi, ma si rese conto di essere intrappolato ad una sedia. Era legato per bene, e imbavagliato a dovere da una generosa maledizione.
Provò a scuotersi, ma le gambe della sedia erano state fissate nel terreno da altrettanta forza magica. Così come la bomba anti-Green Blood che fluttuava alla sua destra, proprio nella stessa tenda.
“No...io...non posso morire cosi!” gridò nella sua mente.
Qualcosa lo prese per il collo. Il suo viso ricolmo di sangue chiese disperatamente ossigeno, ma nessuno sembrava rendersi conto di cosa stesse succedendo in quella piccola casa degli orrori. Il guazzabuglio del campo di battaglia era un amico dal doppio volto.
La donna dal caschetto nerastro incantò la sua mano, tingendola di verde.
Cominciò dalla pupilla. Iride giallissime e infine bulbo oculare. Con la magia riuscì a ricreare due occhi perfettamente funzionanti, due occhi da Green Blood.
La vista del ragazzino era ancora annebbiata. Riuscì a scorgere il viso della regina della morte, prima di perdere i sensi, ancora una volta.
La Green Soul prese il controllo della bomba fluttuante, collegata ad una moltitudine di ordigni classici, ammassati per tutta la piccola tenda. La pose a qualche centimetro dal viso del ragazzino, proprio davanti a quel magico lettore, che serviva a riconoscere la pigmentazione dell'iride dei Green Blood.
Aveva sradicato i suoi occhi per ricrearne un paio mostruoso. Appena si sarebbero destati, quegli occhi avrebbero fatto saltare l'intero ponte.


Chester era l'incarnazione della sua ultima speranza.
Non era rimasto con le mani in mano. Dopo aver assistito alla raccapricciante cattura di Vincent, il giovane soldato decise di lasciare la sala monitor, recandosi all'ospedale da campo. Sapeva che la persona che aveva catturato Vincent era a conoscenza delle telecamere, e quindi, della sala monitor. Non poteva permettersi di essere catturato.
Raggiunse direttamente a Master Nurse, alle prese con i primi feriti. Al corrente della situazione, senza sollevare troppi polveroni, la donna ordinò di chiudere le porte della base, per controllarne ogni minimo anfratto. Gli unici che avrebbero potuto entrare sarebbero stati i soldati bisognosi di cure.
Ritrovarono Justin nella sua tenda, colpito da un incantesimo paralizzante, fortunatamente in via di ripresa.
Finalmente, si resero conto delle bombe trafugate.
“Dov'è mio figlio?!” chiese Tara, con un tono snervante.
Chester non ebbe il coraggio di rispondere, ma decise di mostrare a tutti le registrazioni, che avevano catturato ogni singolo e sfocato momento.
L'allerta divenne stupore. Lo stupore divenne timore.
Il Tenente Generale tentò di avvisare la squadra sul Ponte, ma l'aumentare delle ondate di creature non permise una ricerca esaustiva nell'accampamento. Nemmeno il più microscopico degli angoli era riuscito a sfuggire alla battaglia, si combatteva su tutti i fronti, faccia a faccia.
Finalmente, Betty riuscì a incenerire uno dei Deep Green dalla distanza, e una parte dell'esercito si concesse un respiro di sollievo. La Triade stava reggendo bene, ma i soldati erano visibilmente stremati.
Un parte del plotone che si trovava al centro al ponte organizzò una ricerca immediata. Tutti i suoi membri vennero allertati del potere che il possibile Remo di Caronte disponeva.
La freddezza era la parola che ogni soldato si ripeteva ininterrottamente, nonostante in mezzo alla battaglia, un rapimento ed una depredazione di ordigni pericolosi aveva sconvolto il loro equilibrio.
Tra qualche Green Blood sfuggito ai tiratori scelti e una biasimevole fretta, Justin e Chester aprirono raggiunsero la tenda che fungeva d'armeria.
Avrebbe cambiato il loro destino per sempre.
“Che diavolo sta succedendo...” sussurrò Justin, pietrificato.
Il Tenente era entrato per primo, senza permettere a Chester di scorgere la Green Soul. La donna si voltò, e sfoggiò un un sorriso crudele, grato di avere un occasione in più per offrire la morte.
Li scagliò fuori lontano dalla tenda prima di poter battere ciglio, paralizzando nuovamente il Tenente Generale con una dolorosa stregoneria. L'intensità fu ben maggiore della precedente, dato che la povera vittima fu scaraventata in una spirale di travolgenti convulsioni.
Mentre con uno schiocco di dita, la Green Soul sparì nella sua nube verdognola, evocò il suo ennesimo gioco di prestigio: i soldati che sarebbero potuti accorrere nelle vicinanze persero improvvisamente l'uso della gambe, nonostante il loro organismo fosse al cento per cento. In molti rimasero come farfalle senza ali, intrappolati in bozzolo d'inutilità.
Incredibilmente, o forse per pura buona sorte, Chester si liberò dall'impedimento dopo qualche secondo. Si rialzò freneticamente, sfoderando la pistola.
Per quanto il campo di battaglia fosse un luogo frenetico quanto l'inferno, pensò alla bizzarra solitudine che in quel momento stava provando.
Venne interrotto da un Green Blood che riuscì a raggiungere il Ponte, ma prontamente, lo colpì con due proiettili di puro istinto e precisione, in pieno volto.
Si avvicinò al suo superiore, lo spettacolo era raccapricciante.
“Justin! Oddio...”
Sembrava non ci fosse nulla per poter chetare la sua sofferenza. Come se non bastasse, udì degli urli agghiaccianti provenire dalla tenda, in un tono ormai sguinzagliato, stridulo. Aveva riconosciuto la voce del suo giovanissimo amico, ora libera dal bavaglio della magia.
Vincent stava provando un dolore immenso, dovuto ai suoi nuovi occhi, se li sarebbe strappati via se avesse potuto.
Il giovane soldato avrebbe voluto sdoppiarsi.
Due persone dipendevano dalle sue scelte, corpi perseguitati, pedine fuori gioco.
Il Tenente Generale, a causa di quei desolanti contorcimenti, stava per essere soffocato dal suo stesso corpo. Vincent invece, stava provando quella sensazione che solo un marchio a fuoco -direttamente impresso sulle cornee- poteva facilmente regalare.
“Perché...perché è capitato questo a me...” respirando in modo affannoso, inspirando panico, non sapeva che fare “Perché?!”
Un grido liberatorio, che sancì la sua scelta definitiva.
“Justin, aspetta solo un momento, arriverò appena possibile!”
Non si fece intimorire dal bizzarro spettacolo. Ripose immediatamente la bomba fluttuante a terra, trattandola come un petalo di rosa. Vincent ormai, aveva speso tutta la sua voce.
“Le ho trovate! Mi serve aiuto!” gridò nuovamente, liberando il ragazzino dalla sua prigionia, avvalendosi di un normalissimo coltello da caccia.
Vincent cercò di mettersi in piedi, ma il dolore era lancinante.
“Ti prego...uccidimi...” gemette sfinito.
“Che cosa ti hanno fatto...” chiese sconsolato, osservando il sangue che gli aveva colorato i giovani zigomi.
Fu un nanosecondo.
Chester si accorse delle pupille di quel malvagio colore, e con la sua mano, accecò Vincent ancora una volta, coprendone l'esistenza.
“Non...non aprire gli occhi. Non c'è tempo per spiegare, fallo e basta. Ti porterò via da qui.”
“Hai...visto?”
“Che cosa?” rispose distratto, sollevando Vincent, fino ad appoggiarlo sulle sue spalle, con la tecnica del pompiere “Perché diavolo nessuno ci sta aiutando?!”
“Hai fatto i tuoi primi passi nel campo di battaglia. E mi hai salvato...” non era pienamente cosciente, ma le sue parole provenivano dal cuore.
“Vincent, smettila...”
“Sei un eroe...proprio come la Triade di Gracalm.” sogghignò, il dolore agli occhi cominciava a diminuire.
Un minuscolo sorriso si dipinse sul volto di un soldato coraggioso, che assieme al sopravvissuto, corse verso una zona sicura.
Per quanto le convulsioni lo avessero torturato, Justin riuscì a scorgere il suo pupillo, che nel momento del bisogno, si allontanò inesorabilmente.
La stregoneria stava cessando il suo effetto, i muscoli cominciavano a rispondere a piccoli, timidi stimoli. Tuttavia, il tempo che aveva passato in apnea gli aveva sottratto il respiro per lottare.
Boccheggiando, tentò di muovere le gambe, ma ancora non ci riuscì. Le braccia invece, si dimostrarono più collaborative.
Qualcosa tuttavia, lo fece ritornare, almeno nell'immaginazione, all'atroce tormento che lo aveva invaso poco prima: la Green Soul, con una calma assolutamente inconsueta, si era avvicinato al Tenente Generale, e dall'alto, lo stava osservando già da qualche secondo.
Justin si aspettò il peggio, ma realizzò che la sua immaginazione non aveva oltrepassato un confine ancor più nefasto.
La donna sorrise. Lo ignorò totalmente, per poi dirigersi verso la tenda che Chester aveva lasciato incustodita.
“No...NO!” mormorò Justin, sapendo cosa sarebbe accaduto entro pochi secondi.
La sua bomba ad orologeria era fuggita, per questo aveva deciso di agire di prima persona, conoscendo i rischi delle sue azioni.
Justin sfoderò il suo Talento migliore, e con un pugno deciso, fece sgretolare la pietra che separava il suo corpo dal vuoto della foresta. Giusto qualche giorno prima, scoprendo che il suo allievo fosse capace dello stesso Talento, aveva passato una splendida giornata con lui, tra esercitazioni e risate.
Si trovo a cadere senza una meta, aveva a malapena dieci secondi.
La fortuna lo baciò di sfuggita sul viso.
Un corso d'acqua si trovava a poca metri dal punto del suo futuro impatto. Tempo di un altro cruciale Talento. Nel contempo, una gigantesca e ripetuta esplosione disintegrò tutte le speranze del Ponte Muschio.
Riuscì a manovrare la sua abilità da molto lontano, anticipando una brutta fine. Fece spostare ed immagazzinare l'acqua in una piscina improvvisata, cercando di accumulare più liquido possibile. L'impatto non fu piacevole, ma riuscì a salvarsi la pellaccia.
Il prezzo del destino non tardò ad esigere un conto feroce.
Mentre l'acqua che lo salvò dalla caduta ritornò al suo nido fiume, una neve fatta di pietre spezzate cadde sulla foresta, in un bombardamento polveroso.
Raccontarono tante storie.
Dalla coltre di polvere, nacque un giardino fatto di corpi senza vita.
Altri sostennero che gli strepiti delle vittime rimasero intrappolati in quella parte della foresta.
Sicuramente, l'anima di Justin perse se stessa quel giorno. Così come le sue gambe, rimaste schiacciate sotto ad un masso impietoso.
Lasciò l'esercito subito dopo l'accaduto, e non rivolse la parola a Chester per anni e anni.
Occhi, gambe, o persino una figura paterna. Intrepidi guerrieri che smarrirono qualcosa che non si può sostituire. Nel suo inutile tentativo di creare l'inesistente, l'umanità crea carabattole, giocattoli artificiosi, ricordi confusi.
Non sono altro che pezzi di ricambio.
Sono cicatrici indelebili, cucite sulla pelle, che ogni istante, ricordano chi siamo veramente.


Cinque giorni dopo la liberazione del Drago della Furia...


“Dunque le hai viste anche tu, quelle strane gallerie piene di enormi cristalli...” affermò Angel, confrontandosi con Matt.
“Si...non potevo credere ai miei occhi, sono davvero sconfinate!”
“E se ce le nascondono, indipendentemente dal fatto che le abbiano trovate per caso, non è un buon segnale.” grattandosi la barba, cercò di accedere al suo lato fantasioso “Chissà di che cosa si tratta...”
“Beh, al momento siamo bloccati qui, penseremo a quelle caverne quando smetteremo di essere dei ricercati, immagino!” un tocco d'ironia che non risulto efficace nemmeno per sé stesso.
“Spero che Chester riesca a trattare con Justin in qualche modo, magari con un accordo potrebbero rilasciare tutta la vostra combriccola. Ma hai ragione. Al momento possiamo solo aspettare.”
Sconsolato, Matt cercò il primo modo che gli venne in mente per distrarsi.
“Bah! Non c'è niente di decente in televisione!” sbuffò, già pentito della sua scelta.
Angel e i due fratelli si erano stanziati in un grazioso loft dalle tinte biancastre vicino al centro città, al nono piano di un gradevole grattacielo.
Si respirava un aria decisamente diversa da Calvas, Matt non era riuscito ad ambientarsi, troppo in alto per poter vivere la realtà a cui era abituato. Una metropoli senza vita.
Abbracciando la massima riservatezza, il trio riuscì a passare tranquillamente le sue spente giornate, aspettando che si calmassero le acque. Tuttavia, i due ragazzini non avevano la minima idea di come gestire la noia.
“Jane! Smettila di saltare sul letto!” non era facile placare una testa calda come lei.
“E va bene! Che scorbutico!” saltò giù dal materasso riconoscente, e si avvicinò al suo bizzarro tutore “Allora...non mi hai ancora detto come ti sei procurato questa bella casetta. Sicuramente non è tua, o ci avrebbero già beccato...”
“Ve l'ho già detto, è intestata ad un mio amico...” rispose schivo.
“Ma che amico e amico! L'hai rubata ammettilo!” affermò Jane, tra una risata e l'altra.
“Quanto puoi essere diffidente?! Ragazzina posseduta...”
“Che cosa hai detto?! Tu e il tuo ciuffo da pazzoide!” ed ecco che ricominciarono le scaramucce tra i due.
Non era nulla di serio, ma Jane ed Angel sembravano rallegrarsi tra una provocazione e l'altra, una gara a chi aveva la risposta pronta.
Per estraniarsi dal solito battibecco, Matt attaccò delle cuffie che aveva comprato in città direttamente al televisore. Il concerto in diretta di una delle sue cantanti preferite stava per comincare.
Dopo cinque minuti, i due non avevano ancora finito di stuzzicarsi.
“Ladro di case!” mormorò la ragazzina.
“In questo momento stai abitando nel nostro stesso tetto! Sei una complice mia cara!”
“Ma che dici?! Sono un umile vittima, rapita da un ladro di case!” continuò imperterrita.
“E quante volte te l'ho detto che questo è un loft! Sono due cose diverse!”
“Nessuno crederà ad un criminale incallito!”
“Tu e il tuo fratellino dovreste imparare un po' di educazione!” Angel guardò verso il ragazzino, ma tutto ciò che vide furono le cuffie, accantonate al televisore. La piccola finestrella del bagno era rimasta spalancata.
“Ma dov'è andato?!” si chiese Jane, sorpresa fino alla punta della sua treccia.
Angel tolse le cuffie dal televisore, e l'edizione speciale del telegiornale di Wayspot ammaliò i sensi dei due straniti spettatori.

Siamo in diretta dal confine che separa Wayspot dal mare di Nelcal.
A breve, secondo quanto ha privatamente sentenziato la corte suprema di Gracalm,
una giovanissima ragazza verrà esiliata dal nostro Stato per un periodo imprecisato.
Nonostante la tenera età, la ragazza ha preso parte ad una operazione criminosa che, prendendo parte ad una vera e propria irruzione, nelle strutture governative dei Servizi Segreti di Gracalm.
Secondo il leader in questione, il Capitano Justin, questa ragazza è un soggetto molto pericoloso, in grado di mettere a repentaglio la vita di molti cittadini, senza neanche rendersene conto.
La ragazza, di nome Kamili, salperà da questo punto, scortata fino alla costa di Zescot, dove vivrà in libertà vigilata fino a nuovo ordine.

“Chi è questa Kamili?” chiese Angel, turbato da ciò che aveva sentito.
“Lei...lei fa parte della nostra O.A.G.!” rispose frastornata “Quello scemo non mi ha raccontato nulla di ciò che gli è accaduto quella notte! Fantastico! Kamili sarebbe dovuta rimanere nel suo villaggio... e invece, in qualche modo è finita nella nostra stessa situazione!”
“La reporter non ha specificato altre sentenze, per cui il resto del vostro gruppo forse è stato rilasciato, o lo hanno ceduto all'Esercito di Gracalm.”
“Perché allora sta condannando pubblicamente Kamili?!”
“Semplice. Noi siamo gli unici che sono riusciti a scappare, e solo noi, incluso Matt, sappiamo che anche Kamili era presente durante la vostra irruzione alla base. Il motivo può essere uno solo...”
“Una trappola...e Matt ci è cascato!” sentenziò la sorellina, sentendosi un po' in colpa.
“Si...l'ha tenuta fuori dalle negoziazioni, perché nessuno sapeva del suo coinvolgimento!” prese il giubbotto di pelle, e porse a Jane degli indumenti che avrebbero celato la sua identità “Dobbiamo raggiungerlo, o la combinerà grossa!”
I due uscirono in gran fretta dal loft, mentre il ragazzino dalle occhiaie pronunciate, appeso alla sua Risorsa alata, stava già superando i grattacieli che, cordialmente, gli passavano a fianco.
“Dopo tutto quello che hai fatto per me...non posso permettere che ti facciano questo! Non te lo meriti!” si coprì la testa col cappuccio della sua felpa arancione, e strinse la presa “Resisti...sto arrivando Kamili!”
 
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view post Posted on 23/5/2017, 10:54     +1   -1
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3. Red Hunt



Tra un battito d'ali e l'altro, il ragazzino era sempre più vicino al maestoso porto di Wayspot.
Mentre le onde accarezzavano le navi, già ciondolanti alle nove del pomeriggio, uno yacht governativo galleggiò fino alle sponde della metropoli. L'equipaggio di quella prigione marina scese sulla terraferma, e nel contempo, una discreta folla si era accalcata attorno al molo designato per quell'esilio. Così sciagurato, così ingiusto.
Un porto composto da una miriade di moli, dove i numerosi scambi commerciali con gli altri stati assicuravano a Wayspot un buon tenore di vita, così come una discreta sicurezza. Era la punta di diamante di Gracalm, la vetrina dove tutta accadeva, ma molto taceva. Sarebbe stato un posto perfetto per immortalare una cartolina, e invece, quel frizzante luogo aveva aperto i battenti ad un evento privo di qualsiasi gioia. Un sentimento che Justin non sembrava più conoscere da tanti anni.
La luna rifletteva il suo pallore sulla cresta dell'acqua, mentre una rombante volante della Polizia giunse alla sua ultima fermata. Nonostante gli agenti e le forze dell'ordine tentarono di chetare l'insofferenza dei cittadini di Wayspot, appena la ragazzina - a volto coperto, incappucciata a
dovere – sfiorò la superficie del porto, un iracondo clamore l'aggredì puntando alla gola.
La ragazzina, ammanettata, si racchiuse in una conchiglia sorda e cieca, dove anche il più deplorevole degli insulti non avrebbe potuto farle del male. Ma c'era una frattura troppo grande in quella piccola cameretta.
Aveva appena trovato una casa. Un posto dove stare. Delle persone che la facevano sentire parte di qualcosa, parte di una famiglia. E tutto quel sogno, ormai aveva cessato di esistere.
Un pensiero che sfregiò la sua speranza, sfigurandola, senza permetterle nemmeno di piangere.
Le lacrime rimasero incastrate in tutti i suoi rimpianti. Lottarono per venire a galla, ma Kamili fu più forte del dolore, più forte di tutto ciò che le stava precipitando addosso.
Tra i flash dei giornalisti, Justin risaltò come l'eroe della situazione, mentre superbo, rivolse lo sguardo ad ogni obiettivo.
Kamili non oppose resistenza, e lentamente, il suo corpo afflitto si avvicinò all'imbarcazione governativa.
“Gracalm...credo che questo sia un addio.” pensò la ragazzina, cercando di imprimere nella sua mente tutti i momenti, felici e dolorosi, che quella landa le aveva concesso “Mi mancherete così tanto...Jane, Enigma, e soprattutto tu. Matt...”
Un sorriso amaro le dipinse il viso con una pennellata scarica, assetata di colore. Lo yacht esplose nell'istante successivo.
La folla si disperse, mentre gli agenti dei Servizi Segreti scacciarono i curiosi più resistenti.
Matt atterrò sul molo, Risorsa stretta in mano, con la cerniera della felpa richiusa fino al naso.
“Kamili! Dove sei?!” gridò apprensivo.
Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate scrutò il molo, scorgendo la povera Kamili in lacrime, lacrime di gioia. Cercò di raggiungerla, ma la condannata venne allontanata con la forza.
“Adesso BASTA!” strepitò Justin, cercando di mantenere l'ordine “Non ne avete mai abbastanza, vero?”
Decine di agenti puntarono le loro armi verso quel criminale in miniatura. Alcuni voci, nascoste dietro le quinte della civiltà, si scagliarono verbalmente contro di lui.
“Che faccia tosta!” esclamò il giovane, per nulla intimorito da tutte quelle pistole che lo stavano fissando “Dopo tutto quello che ci hai nascosto, dopo aver catturato tutti i miei amici e averli rinchiusi chissà dove, hai ancora il coraggio di parlare?! Sai solo prendertela con i più deboli!”
I loro sguardi incrociarono le spade, ricolmi d'odio.
“Saremmo noi i maniaci di protagonismo?! Ma guardati!” Matt non aveva mai avuto infierito così tanto in una litigata, escluse le scaramucce con la sorella “Non hai digerito cosa è successo alla base vero? Avevi bisogno di punire qualcuno...e hai scelto la persona più innocente di questo mondo! Tu sei la vergogna di questo paese!”
A quelle parole, mentre Justin rischiò una crisi nervosa, il Primo Comandante saltò fuori dal nulla, mettendo il giovane a tacere con una spinta decisa e violenta.
“Portate via questo stupido ragazzino! Non sa quel che dice!” urlò il Capitano dei Servizi Segreti, ferito nell'orgoglio.
“Non avvicinatevi!” si alzò da terra, roteando lo stocco a destra e manca, tentando di farsi spazio “Potrai anche arrestarmi, ma le cose non cambiano! I miei amici spargeranno la voce, tutti conosceranno il tuo segreto!”
A quelle parole, mentre gli agenti cercarono di occultare la loro curiosità, il Primo Comandante, muovendosi in modo fulmineo, prese Matt per colletto, per poi lanciarlo in un vicolo poco lontano dal molo.
“Queste accuse sono dettate dalla pura follia...” commentò un Justin bugiardo “Lasciate fare al Primo Comandante, non avrà problemi. Piuttosto, dovete scortare l'esiliata in un posto sicuro, non ci conviene tentare di scappare ora che siamo sotto attacco! Non perdete tempo!”
I sottoposti non diedero peso alle parole del giovane inviperito, e sgomberarono il molo in un batter d'occhio, allontanando gli ultimi civili rimasti.
Matt venne catapultato vicino ad una fila ordinata di moli portuali, poco frequentati sia dalla vita che dalla morte. Matt cercò di recuperare lo svantaggio, ma Kamili era lontana ormai, e il Primo Comandante non sembrava intenzionato a concedergli nessun tipo di libertà.
“Nessuno crederà ad un criminale.” sentenziò l'uomo, mentre una leggera brezza marina gli scompigliò i lunghi capelli “E' vero, solo noi Comandanti siamo a conoscenza di cosa stava custodendo Justin. E sai cosa? So anche che il nostro Capitano ha superato il limite.”
“C-cosa?! Come hai potuto permettere che la passasse liscia?”
“Quel Drago...non è altro che una creatura dispotica e arrogante. A volte c'è bisogno che qualcuno prenda le decisioni più scomode, e Justin se n'è preso la totale responsabilità. Ovviamente, se avesse tentato qualche esperimento invasivo l'avrei immediatamente fermato, ma per il resto, io avrei fatto esattamente come lui.”
Matt si aggiustò il cappuccio, incredulo.
“Avresti fatto come lui?! Avresti costretto il Generale Fox alla prigione senza battere ciglio?”
“Non c'è posto per i deboli in questo mondo.” ancora una volta, la risposta del Primo Comandante spiazzò il giovane ragazzino “Puoi anche essere una creatura leggendaria, ma se non hai la forza di aiutare il prossimo, è giusto che il tuo potere venga condiviso, se non trasferito, per il bene della nostra razza. Non possiamo...non possiamo pensare solo a noi stessi in un momento come questo! Perché non lo capite?”
Per la prima volta in quel folle blitz, i suoi ideali cominciarono a vacillare, quasi zoppicanti, ma ancora ricolmi di inesauribile energia.
“Forse è vero, siamo stati degli egoisti. Volevamo a tutti i costi una verità scomoda, che ci ha portato fino a questo. Ma che cosa mi dici di Kamili?!” strinse il pugno, ritrovando in quel nome la voglia di lottare “Lei non c'entra niente! E' stata condannata solo per un stupido capriccio!”
“Un incidente di percorso. Dovuto al pessimo carattere del nostro Capitano.” scosse la testa, sminuendo i sentimenti della ragazzina “Sono sicuro che, quando questa storia finirà, Justin farà in modo di annullare la condanna, e la vostra amica potrà tornare senza intoppi.”
Il Capitano dei servizi segreti sbucò da un angolo, osservando i magazzini richiusi di quell'anonimo molo, poi affiancò il suo uomo migliore. Aveva ripreso il suo colore di pelle, si era decisamente calmato.
“Hai fatto un grande errore, tutti voi lo avete fatto.” aprì le braccia, come se avesse voluto accogliere le sue fragili giustificazioni “Non potevo lasciare impunito ciò che avete fatto, Kamili è solo il simbolo dei reati che avete commesso. Come ha detto il Primo Comandane, la vostra punizione sarà temporanea, ma non posso più permettervi di mettermi i bastoni fra le ruote! Consegnatevi alle autorità, è un consiglio che dovreste tenere in...”
Una nebbiolina arancione circondò il corpo del ragazzino, mentre impugnò saldamente la sua Risorsa.
“Potete smetterla di tentare. Pensate davvero di riuscire a placare ciò che sento?” li squadrò da capo a piedi, con notevole disgusto “Può essere stato un tuo capriccio, può essere stato un simbolo, uno stratagemma per farci costituire. Non m'interessa! Quella ragazza...Kamili, ne ha passate di tutti i colori, momenti così tristi che tu nemmeno puoi capire. Tu...l'hai ridotta ad una semplice criminale, l'hai fatta sentire una nullità, l'hai fatta soffrire ancora una volta. Io non ti perdonerò MAI per ciò che le hai fatto!”
Il primo Comandante estrasse dalla sua giacca di Jeans una semplice pigna, intrisa di una luminescenza color ruggine. Justin invece, restò in disparte.
“Non costringermi, ragazzino. Non hai speranze contro di me, ti faresti solo del male.” freddo come un iceberg, in un espressione priva di qualsiasi empatia.
“Davvero, mi domando come reagirà Betty, quando scoprirà che cosa avete fatto...” in un momento perfettamente studiato, Matt aveva sganciato l'ordigno del turbamento.
Il Primo comandante, scettico naturale, non riconobbe la verità nella voce del ragazzino dalle occhiaie pronunciate. Justin invece, ebbe un fremito, perfino nelle sue gambe artificiali. Sapeva che, per quanto potesse risultare assurdo, Matt non stava mentendo. Un membro della Triade era ritornato dalle ceneri.
Il miglior guerriero dei Servizi segreti di Gracalm fu in procinto di ingaggiare la sua battaglia, ma Justin lo fermò appena in tempo.
“Justin? Davvero tu credi...” si lamentò l'uomo dai baffi arricciati.
“Lo...sento. So che sembra assurdo, ma fidati di me.” rispose un Justin dall'animo scombussolato.
“Forse ora non è la grande incantatrice di un tempo, ma sono sicuro che, pur mettendosi in pericolo, non esiterà a prendere le nostre difese nel momento del bisogno.” sorrise, scorgendo negli avversari una preziosa indecisione.
“Se un membro della Triade si scagliasse contro di noi, non credo ne usciremmo vincitori, nonostante la ragione sia dalla nostra parte.” concluse Justin, non riuscendo ad intravedere una scappatoia “Sei davvero un furbastro, te lo riconosco...allora, che cosa vuoi?”
“Vuoi davvero negoziare con lui?! Non finirà bene...” commentò il Primo Comandante, deluso dal confronto sfumato.
“Prima di tutto, lasciate andare Kamili, immediatamente!” esclamò il possessore della penna, risoluto.
“Credo che... tu non abbia idea in che situazione sia la tua amica. Se volessi, potrei farla sparire in luoghi di cui nemmeno conosci l'esistenza.” un altra minaccia che fece infuriare il ragazzino “Siamo nella stessa situazione. Se uno dei due farà la prima mossa, l'altro finirà per vendicarsi, e nessuno dei due risolverà nulla.”
“Sei un maledetto...”
“Perché invece, non valutiamo un giusto compromesso?” eccola, la via di fuga che aveva insperatamente scovato. Matt digrignò i denti, incapace di affondare quelle minacce, e decise di ascoltare una proposta più scomoda che mai.


Miriam si sistemò il caschetto, e aprì frettolosamente la porta di fronte a lei.
In quel grande ufficio, situato in palazzo affittato dall'esercito, nella parte occidentale di Calvas, la donna ritrovò finalmente la sua squadra, così come la sua prole. Abbracciare i figli fu un gesto del tutto inconscio.
“Non sapete quanto sono contenta che siate qui! Come state?”
“Non ti preoccupare, a noi è andata male, ma Matt e Jane sono riusciti a scappare.” rispose Enigma, con una certa dose di soddisfazione.
C'erano quasi tutti. Leila e Loretta erano immerse in una scrupolosa conversazione, sedute su un sofà di pelle beige. Chester invece, si era appoggiato alla scrivania d'acciaio che capeggiava la stanza, e si era messo a scambiare opinioni con il giovane Wesley.
“Siamo al completo presumo.” dichiarò il Generale Massimo, osservando l'arrivo della donna.
“Aspetta!” era un interruzione a cui il ragazzone biondo non poteva rinunciare “Non mi hai ancora detto che fine ha fatto Mike!”
“E' stato ricoverato all'ospedale di Calvas Est. Quando ce l'hanno rilasciato era un puntaspilli, punture su ogni parte del corpo. Inoltre, la sostanza paralizzante che ha assorbito il suo corpo non ha migliorato le cose.”
A quelle parole, lo sconcerto e l'indignazione regnarono sovrani.
“Ci sono andati pesante...nonostante sapessero che avevano di fronte dei ragazzini. Che razza di codardi!” tuonò Leila, disgustata.
“Nemmeno Kamili si è fatta viva.” commentò Enigma, sulle spine.
“Se i Servizi Segreti non l'hanno portata qui con voi, significa che non l'hanno trovata nella sua abitazione.” rispose Chester, alzando le spalle, ignorando l'imprevedibile realtà “Potrebbe essere una coincidenza, oppure no. In ogni caso chi non ha partecipato all'operazione in prima persona non può essere incolpato allo stesso modo, per cui non c'è troppo da preoccuparsi.”
“Almeno le abbiamo risparmiato un brutto quarto d'ora...” concluse il ragazzino incappucciato, sollevato.
“Non è tutto. Il vostro amico mascherato vi ha lasciato una lettera, ho aspettato che ci foste tutti per leggerla.” con fare solenne, decise di aprirla, invadendo la privacy del suo amico di veccia data.
“Aspetta, forse non è meglio che...” Peter tentò di arrestare quella secca violazione, ma il Generale fece subito capire che oramai, non c'era più nulla da nascondere.
“So che si tratta di un ragazzo di nome Vincent.” a quelle parole, Enigma fu quello che sobbalzò più di tutti, immedesimandosi nel ragazzo smascherato “Non abbiate timore, non lo rivelerò a nessuno. Non c'è tempo per spiegarvi i dettagli. Semplicemente, lasciatemi leggere.”
A quelle parole, Enigma fece dietrofront, così come la sua gracile titubanza.

Ai membri della Nuova Alleanza.
Sono terribilmente dispiaciuto per quello che vi ho fatto passare.
Ho voluto coinvolgervi in una battaglia persa in partenza, abbiamo sorpassato manciate di limiti,impossibili da ripristinare.
Vi ho guidato in una crociata che forse non vi apparteneva.
Vi chiedo il mio perdono.
Detto questo, ho deciso di ritornare alla mia terra. Il Primo Comandande dei Servizi Segreti mi ha graziato, e ha deciso di lasciarmi andare.
Ha scoperto chi sono, e ha sfruttato la situazione a suo vantaggio.
Non ho potuto che accettare le sue condizioni. Sono fuori dai giochi.
Forse è meglio così, avrò del tempo riflettere, avrò del tempo per rimediare ai miei errori.

Chester...stai attento.
Justin non è più l'uomo gentile e disponibile che conosciamo.
Ha perso completamente se stesso.
Quando tutto questo sarà finito, mi piacerebbe rivedervi, un giorno.
Mi avete fatto sentire parte di qualcosa di più grande.
Grazie per tutta la fiducia, forse anche troppa, che avete riposto in me e in questa operazione.
A presto...Nuova Alleanza.


“Accidenti...” commentò Enigma, scoraggiato.
“Non siamo messi molto meglio di lui.” chiarì Chester, desolato “Sono riuscito ad ottenere il vostro rilascio, ma non solo ne ho dovute sentire di tutti i colori, ma ho dovuto contrattare.”
“Qualcosa mi dice che, nonostante siamo al di là delle sbarre, non siamo poi così liberi.” Leila aveva arraffato in quattro e quattr'otto la nota dolente del discorso.
“La vostra O.A.G. è stata letteralmente congelata, fino a nuovo ordine. Non avete più l'autorizzazione per fare qualsiasi cosa. Oltretutto, al minimo sgarro, mi sbatterebbero nel primo treno di sola andata per i campi di Riterloo.”
“Beh, non è poi così diverso da prima.” Enigma cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno “Ma non sapremo mai cosa nascondono i Servizi Segreti, anche se sappiamo che è qualcosa con un valore inestimabile.”
“Quindi siamo al capolinea. E' davvero finita...” Wesley, giù di morale, pensò alla terribile notizie che avrebbe dovuto riferire al caro Mike “Leila, ti posso parlare un secondo?”
La donna, incuriosita, decise di seguire il biondino, in un angolo riservato dove avrebbero potuto parlare tra le discussioni più disparate. Loretta nel contempo, sollevò l'ennesimo problema.
“Rimane da pensare ai Wolfram, non sappiamo dove siano finiti!”
“Non hai tutti i torti...” rispose Chester, con un sorriso spavaldo “Ma quei due sono dei furbastri. Se li avessero catturati lo avremmo saputo. Sicuramente sono riusciti a svignarsela. Evidentemente, contano sull'appoggio di qualcuno, qualcuno che li sta nascondendo a suo rischio e pericolo...qualcuno che noi conosciamo.”
“L'agente che si è dileguato...un mago dei travestimenti...ancora lui!” esclamò il Tenente Generale, scompigliandosi i capelli.
“Si, il Guerriero Ardente che Matt ha...” si rimembrò del patto stipulato col ragazzino dalle occhiaie pronunciate. Leila non lo stava ascoltando direttamente, ma aveva occhi e orecchie dappertutto.
“...si, che io e Matt abbiamo incontrato! E' accaduto quando gli ho dato un passaggio fino a Nelk, qualche mese fa.”
“Ma non sono dei fuorilegge?!” Loretta non aveva una grande stima per degli individui che aggiravano i regolamenti.
“Beh, ehm...” si era messo alle strette da solo, era tempo di farsi crescere il naso, a dismisura “Purtroppo il ragazzino non sapeva nemmeno di che organizzazione si trattasse, e me l'ha confidato solo quando le nostre strade si erano già divise. In ogni caso, non mi è sembrato un malintenzionato, forse è solo un novizio...fidatevi di me, quel tipo non farebbe del male ad una mosca!”
Chester stava cercando di costruire le sue certezze, mattoncino dopo mattoncino, una struttura traballante riuscì a reggere al primo impatto dello scetticismo.
“Uhm...per quanto mi dispiaccia dirlo, l'importante è che i due ragazzini siano al sicuro.” concluse Loretta, combattuta.
“Forse, l'individuo con cui si stanno nascondendo sta aspettando il momento opportuno per darci un segnale. D'altronde, non è facile. Siamo sotto la loro lente d'ingrandimento ormai.”
In quelle calme asserzioni, la porta dell'ufficio si spalancò, per suo unico volere, quasi volesse annunciare l'arrivo di una persona che avrebbe potuto aiutarli. Troppi i misteri che erano rimasti insoluti, troppi i luoghi dove le acque erano rimaste insidiose da affrontare.
“Capperi...devo veramente riprenderci la mano.” constatò Betty, dopo aver turbato quel strategico simposio.
La vecchietta non se ne accorse minimamente. Quel misero frastuono non fu nulla rispetto allo shock che la sua semplice presenza infuse su tutti i presenti. Persino Leila e il Generale, pur conoscendo quel segreto, ebbero un inaspettato sussulto di stupore.
“Sto sognando?!” gridò Wesley sconcertato, mentre Betty chiuse cautamente la porta.
“E le guardie che ho messo in questo piano?” Chester pose delle problematiche più sofisticate.
“Non mi hanno vista, o almeno spero. E' da un po' che non gioco con le proiezioni!”
“Sei davvero...viva?!” esclamò Miriam con la mano davanti alla bocca, mentre schermava le sue labbra, sottili e spalancate.
“Perché diavolo sei venuta fin qui?! Hai corso un rischio enorme, non è da te!” il Generale era entrato in modalità rimprovero.
“Pensi che non lo sappia?” replicò Betty, leggermente offesa “Ma lasciatemi spiegare, ci sono cose più importanti a cui pensare ora...”
Lo smarthphone di Chester cominciò a strillare, in un assolo di chitarra elettrico grezzo ma orecchiabile. Poche formalità, molte informazioni, e per poco il Generale non perforò lo schermo del suo apparecchio con la forza del pollice.
“Quel bastardo...ha fatto condannare Kamili all'esilio!” i poveri membri della Nuova Allenza stavano assorbendo dei colpi al cuore, uno dopo l'altro.
“Kamili?! Ma che cosa ci faceva li?!” anche Leila intraprese la strada della rabbia.
“Non lo so! In ogni caso, quando ho negoziato il vostro rilascio, Justin mi ha tenuto all'oscuro di tutto! Se l'è voluta tenere, solo per darci una dimostrazione!” il Generale non riusciva a mantenere un tono di voce solido, come se un terremoto l'avesse afflitto dall'interno “E come se non bastasse, qualcuno ha fatto esplodere lo yacht che avrebbe dovuto portarla via!”
“C'è lo zampino di Matt...ma sinceramente, non lo biasimo affatto.” Loretta decise di sbilanciarsi, era pur sempre il suo pupillo.
“Peccato che era proprio quello che voleva! Il ragazzino si è visto costretto a prendere delle misure folli! E forse...l'hanno persino catturato!”
Betty era stata interrotta nel momento peggiore. Avrebbe aggiunto una grande amarezza in quel cocktail di delusioni.
“Scusate se vi interrompo...” si voltarono verso di lei, con occhi ancora increduli, come la sua esistenza fosse stata inconcepibile da realizzare “Il Capitano dei Servizi Segreti di Gracalm sta facendo di tutto per catturare Matt e Jane, anche dopo la fine dell'operazione. Vi chiederete...perché giocare con espedienti così ignobili?”
La vegliarda cercò di aiutare il gruppo a scartare la soluzione del problema. Strato su strato, un dono che avrebbe coinvolto maggiormente la Nuova Alleanza, evitando di farle subire passivamente l'ennesimo tragico evento. Dall'alto della sua esperienza, Betty ottenne l'effetto desiderato.
“Perchè Matt e Jane hanno scoperto qualcosa di compromettente!” Wesley sfruttò la sua fervida e naturale intuizione.
“Vuole metterli a tacere prima che sia troppo tardi...” commentò Chester, nauseato.
“Esatto. Tuttavia, siamo ad un passo davanti a lui.” esordì la vecchietta, orgogliosa “Perché anche io sono a conoscenza del suo segreto. Il Drago della Furia...l'ha imprigionato per chissà quanto tempo!”
“Che cosa ha fatto?!” il Generale comprese quanto l'ambizione di quell'uomo avesse seminato ogni possibile giustificazione “Dobbiamo fermalo...ha passato ogni limite!”
“Senza delle prove non andremo da nessuna parte! Si saranno già sbarazzati di tutto!” puntualizzò Loretta, indispettita da quella strada senza uscita.
“L'ho visto con i miei occhi! Forse non avrò delle prove...ma so bene quanto il cuore delle persone sappia leggere nel profondo. Devo uscire allo scoperto, devo fare in modo che si fidino della mia parola!”
“Ti esporresti ad un pericolo incommensurabile!” Chester non era affatto d'accordo, nonostante sapesse quanto la figura di Betty potesse smuovere gli animi più sospettosi.
“Betty...molti di noi non sanno nemmeno se tu sia realtà o solo un nostro desiderio...chissà quante pene hai passato! E nonostante ciò, sei pronta a sacrificarti di nuovo?!” Loretta raccolse l'estrema devozione che la vegliarda mostrava verso i suoi simili, un omaggio al suo essere eroina, senza averne il potere.
“Sono ancora un membro della Triade, anche se il mio potere è qualcosa di estinto ormai, forse per sempre. Datemi la possibilità, finalmente, di essere utile! Se la mia carica sarà in grado di smuovere questi binari intricati, sono pronta mostrare il mio volto. Non ho paura della Green Soul!”
Un monologo che strappò approvazione, battiti di cuore, una piccola lacrima.
Una conferenza stampa avrebbe potuto porre fine alla tirannia di un uomo solo, perso nel passato, incatenato ad un futuro tutto suo. Non avrebbero dovuto citare l'esistenza del Generale Fox, non se non fosse strettamente necessario. Lo smartphone di Chester interruppe nuovamente quei momenti d'intensità, uno sfortunato messaggero, che temeva per la sua fragile costituzione.
“Ma questo numero?! C'era qualcosa che non andava, nel profondo “Parla il Generale Massimo dell'Esercito di...”
“Ciao! Sono Matt, mi senti?” rispose allegramente.
“Sei folle! Potrebbero rintracciare la chiamata!”
“Oh, non credo. Sto usando il cellulare di Justin!”
“Tu cosa?!” era troppo, presto il suo smartphone sarebbe precipitato dalla finestra.
“Immagino sappiate dell'accaduto...mi dispiace di avervi fatto preoccupare. Comunque, prima di combinare ulteriori casini, abbiamo deciso di metterci d'accordo! Sono riuscito a rinviare l'esilio di Kamili, ma ad una...piccola condizione.”
“Non avresti dovuto trattare con quel verme!” lo rimproverò il Generale.
“Ho dovuto...e non me ne pento, neanche un pochino!” rispose a tono.
“Matt ti capisco...ma non è così semplice.” cercò di sorvolare, riguardo al comportamento poco rispettoso del ragazzino “Che accordo avete stipulato?”
“Un accordo? No...è più una scommessa.”
“In che senso?!” Leila si fece sentire da lontano, trapelando la sua agitazione.


Invece di farci battaglia senza un criterio, abbiamo deciso di rendere tutto più formale. In questo modo eviteremo il panico, o che qualcuno si possa fare del male.
L'abbiamo denominata la Red Hunt. I Comandanti dei Servizi Segreti saranno i nostri avversari, e ogni membro della nostra O.A.G., esclusa Kamili, potrà partecipare.
E' molto semplice. I Comandanti cominceranno a cercarci per tutta Gracalm, e se saranno capaci di trovarci, saremo costretti ad ingaggiare un combattimento organizzato.
Per il mondo là fuori, non saranno altro che delle semplici esercitazioni dei Servizi Segreti. Le aree di battaglia saranno sempre a nostra completa disposizione, e ben isolate.
Avreste dovuto vederlo...era così sicuro di sé!
Se riusciremo a sconfiggere i Comandanti, la condanna di Kamili verrà dimenticata, e la Nuova Alleanza potrà operare in segreto, sarebbe l'unica ad avere questo permesso!
Inoltre...ha messo in palio qualcos'altro.
Uno Scrigno delle Ere.
Si tratta di un reperto ritrovato dai Servizi Segreti, nelle gallerie cristalline che hanno scoperto scavando nelle profondità della terra. Penso che alcuni di voi le abbiano viste.
Questo Scrigno, è un contenitore che è stato intagliato con del legno incantato. Appartiene ad un albero rarissimo, che cresce solo tra le insenature dei ghiacciai.
Pensateci!
Se riuscissimo ad aprirlo, potrebbe rivelarci l'origine di quelle gallerie, e magari avremmo delle informazioni per sconfiggere la Green Soul!
Se perderemo...beh, dovremo andarcene da Gracalm, c'era da aspettarselo!
Ma è un prezzo che sono disposto a pagare, visto che in ogni caso, non possiamo più fare più nulla.
E' la nostra occasione per ritornare ad essere la vera Nuova Alleanza!
E poi...


“Smettila!” gridò Leila, interrompendo il suo soliloquio.
“Mamma...che ti prende?” chiese Matt dall'altra parte dell'apparecchio.
“Questo non è un gioco! Non è una competizione!” la donna era completamente persa nel suo istinto adirato “Ci siamo già messi in pericolo una volta, abbiamo fallito, dovremmo aver imparato la lezione, e tu che cosa fai?! Invece di pensare al bene di tutti noi, organizzi una squallida messa in scena solo per poter regolare i conti con i Servizi Segreti!”
Ad ogni parola, un tassello della sicurezza di Matt cedeva istantaneamente, e la sua fiducia vacillava, alla mercé del vento, ogni secondo di più.
“Ti stai nascondendo dietro ai sentimenti, ma non è altro che orgoglio! In realtà, hai combinato solo un disastro! Da quando, la voglia di proteggere i nostri cari, di spegnere il muro di fuoco...ha lasciato il posto a questo stupida arroganza?! Invece di accettare la realtà, hai pensato bene di trascinarci nella tua faida personale! Non ti riconosco più. Mi hai davvero delusa...”
Tutti i presenti rimasero sconcertati. Non avevano mai assistito ad una litigio così logorante.
Il cuore di Matt, confuso e abbattuto, stava cercando i suoi pezzi. Erano troppo piccoli per poterli scorgere nel vuoto del suo animo. Leila si accorse di avere esagerato su tutti i fronti, la tensione le aveva giocato uno scherzo di pessimo gusto.
“Vorrà dire...vorrà dire che sistemerò le cose da solo! Non ho bisogno di voi!”
“Non possiamo sprecare il nostro tempo in una stupida guerra come questa! Justin ha sbagliato, e noi lo sappiamo, sappiamo ciò che ci ha nascosto.” con un tono più calmo, ma pur sempre singhiozzante, Leila tentò di riprendere il controllo “Ma per quanto sia doloroso, invece di farti trascinare, avresti dovuto ragionare sulle conseguenze delle tue...”
“Ragionare?!” il ragazzino dalle occhiaie pronunciate aveva immagazzinato tutte le lacrime possibili ed immaginabili, tutte nei suoi occhioni tristi “Avreste fatto esiliare Kamili senza pensarci due volte! E' questo che dici?! Io me ne infischio! Me ne infischio della nostra O.A.G, e di tutto quanto! Nessuno tra noi è sacrificabile, nessuno merita di essere lasciato indietro!”
“Matt... non può sempre andare come vuoi tu. Nella vita reale, le cose vanno storte, le strade si dividono, gli imprevisti sono dietro l'angolo.”
“Credi che non la sappia?! Mamma...non mi conosci più?! Ne abbiamo passate così tante...non posso credere a ciò che sento.” scoppiò in lacrime, nel silenzio di tutta la Nuova Alleanza “Bene. Non partecipare. Sarò io ad occuparmi di questa faccenda, assieme a chi lo vorrà. Quando la madre che conosco sarà tornata su questa Terra fammelo sapere. Mandate una lista dei partecipanti a Justin. Vi saluto...”
Matt terminò la chiamata, passando l'apparecchio a Justin, totalmente apatico di fronte alle lacrime del ragazzino.
“Eri sicuro che avrebbero accettato? Forse non siete un gruppo così affiatato come credi...”
“Sta zitto...e porta qui il Primo Comandante.” rispose il ragazzino, affranto “Perché sarà lui il primo...a cadere sotto i colpi della mia Risorsa!”
 
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3.2 Le Due Aquile


“Stai dicendo sul serio? Ragazzino, per me va benissimo!” esclamò Justin, fin troppo disponibile.
“Lo so che mi stai prendendo in giro. Non m'importa, oramai tutti mi trattano così...come un inutile, stupido bambino.”
Di nuovo, una nebbiolina arancione si sparse attorno alla sua Risorsa, sfiorando tutto il fragile corpicino del ragazzino.
Qualche secondo, e il Primo Comandante spuntò da un angolo particolarmente oscuro.
Non si erano ancora allontanati da quella fila di magazzini portuali. Quella schiera silenziosa non avrebbero fiatato, dimenticando la battaglia che presto si sarebbe svolta proprio di fronte a loro.
“Stai scherzando?” anche il miglior agente dei Servizi Segreti pose qualche dubbio sulla reale volontà di quella scelta “Vuoi cominciare la Red Hunt? Adesso?”
“Qui e ora.” rispose il ragazzino dalle occhiaie pronunciate, puntando lo stocco verso il suo avversario impossibile.
“Non che tu abbia qualche possibilità contro di me.” sorrise, sfoderando la sua improbabile Risorsa, che cominciò a colorare la sua aria di ruggine “Ma se vuoi facilitarmi le cose, non sarò io a fermarti.”
La pigna si smembrò in due parti, e nel vuoto che le aveva separate, rilascio una tempesta di frammenti legnosi. Unendosi in un ordinato mosaico, quei coriandoli marroncini ricrearono la parte centrale di un Arco Compound.
E' una tipologia moderna di arco, di dimensioni ridotte all'ordinario, ma in grado di sprigionare maggiore velocità, permettendo una mira altrettanto migliorata. Le due metà spezzate modellarono la propria corteccia, tramutandosi in un sistema di carrucole, poste alle estremità di questo tipo d'arma a distamza. Questa composizione era in grado di sfruttare le corde di legno che avrebbero abbracciato le frecce, in modo da ridurre il carico di lavoro una volta raggiunto il punto massimo di tensione. Inoltre, la Risorsa era munita delle migliorie che ogni Arco Compound possiede: la prima si tratta di un preciso sgancio meccanico, in particolare, uno sgancio a pinza. Un accessorio leggero, legato al polso del tiratore, dal quale si estende una presa rettangolare, in grado di catturare la freccia designata tra due piccole tenaglie. Garantisce una stabilità e una precisione decisamente aumentata rispetto normale. Il secondo optional consiste in uno stabilizzatore. Un asta fissata poco sotto il centro dell'arma, in grado di evitare che l'arco subisca vibrazioni eccessive nella fase di lancio. Non per ultimo, una sorta di mirino, situato leggermente al di sopra della freccia da lanciare, permetteva di agganciare il bersaglio col sol sguardo.
Una Risorsa del genere, in tutta il suo rivestimento ligneo, era il sogno di ogni cecchino.
“Un arco senza frecce?” domandò Matt, tentando di schernire l'avversario, nel suo solito buffo modo “E' come una tigre con dei guanti da forno, ah-ah!”
“Attento ragazzo...” dalle due estremità della Risorsa si generarono una moltitudine di frammenti di pigna, che avvinghiandosi selvaggiamente, formarono una prontissima freccia, tra le dita del loro possessore “Potrò non avere gli artigli, ma a me non servono. L'occhio della tigre è più che sufficiente per sopravvivere!”
Il Primo Comandante guardò verso Justin, alle prese con i suoi collaboratori, tramite il suo smartphone. Era tutto pronto, l'area che circondava il campo di battaglia era stata disinfettata da ogni curiosa presenza.
“Bene, carissimo Matt...allora sarai tu il primo sfidante!” sorrise, smuovendo la sua chioma nerastra.
“Il primo e l'ultimo!” gridò Matt, passando all'attacco.

Il ragazzino incappucciato scattò verso l'agente senza il minimo indugio.
Il suo avversario, affascinato da quell'essere così sconsiderato, sbuffò con un espressione divertita. Era tempo di testare la sua cavia da combattimento.
Una rapidissima freccia prese il volo in mezzo secondo, ma Matt fu così reattivo da deviarne la traiettoria con lo stocco, complice anche il grande dinamismo della sua Risorsa.
Il Primo Comandante fece un portentoso balzo all'indietro, allontanandosi dal suo bersaglio, scoccando due frecce quasi in simultanea. Il ragazzino riuscì nuovamente nel suo touché, guadagnandosi un incontro ravvicinato con il suo più esperto avversario.
Matt si ritrovò faccia a faccia quella Risorsa sofisticata.
“Credi di essere più veloce dell'aria?” affermò il Primo Comandante, fiducioso nei suoi mezzi “Non ho paura, lascerò la presa.”
Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate fece un passo in avanti, fu più che sufficiente per calpestare una mina pericolosissima. Quello che l'uomo dalle tante battaglie non sapeva, è che il suo nemico, scaltro furbetto, aveva imparato a volare con le ali ai piedi.
Il dardo s'infranse sulle particelle protettive arancioni, e nell'instante dopo, un flusso elettrico partì dalla sua Risorsa, investendo l'ignaro agente. La folgorazione momentanea atrofizzò i movimenti del malcapitato, rendendolo facile preda di un gancio pressoché devastante. Venne spedito contro uno dei magazzini nelle vicinanze, sfondandone la porta basculante.
Il Capitano dei Servizi Segreti ricevette l'ennesimo smacco, un macigno che pesava nel suo animo pieno di rimpianti. Respirò profondamente, tornando alla sua narcisistica realtà. Sapeva di essere stato contagiato da un pessimismo eccessivo.
“Ligno Mortifero...Terebro!” sussurrò il Primo Comandante, senza scomporsi.
Dopo qualche secondo, le frecce cadute sull'asfalto del molo esplosero in una miriade di aghi affilati. I proiettili che il giovane incappucciato era riuscito a deviare si rivelarono la minaccia più insidiosa. I dardi in miniatura si diffusero in ogni direzione, lo stesso Justin fu costretto ad allontanarsi.
Dopo quel puntiglioso trambusto, Matt riaprì gli occhi. Le particelle arancioni lo avevano salvato ancora una volta. Ma tutto ciò era un soffice salvagente, con un piccolissimo, impercettibile foro.
“Cosa?! Perché non...” se ne accorse fin da subito, qualcosa aveva sciolto quello stoico muro fatto di certezze “Le particelle...non riesco più ad attivarle!”

Leila non si era ripresa da quel litigio, un fulmine a ciel sereno che sigillò le voce di tutti i presenti.
La donna, terribilmente in imbarazzo, decise di trasferirsi in una stanza adiacente. Miriam la seguì sulla scia dell'empatia.
In una stanzetta dalle pitture senza colori, priva di qualsiasi arredo, le due donne riempirono con i loro cuori l'anima di quel luogo spoglio di emozioni.
“C'è qualcosa che posso fare? Mi dispiace tanto...Matt è un testone, lo sai. Sono sicura che non voleva dirti quelle parole.”
“E se avesse ragione?” si voltò verso la sua amica, sconsolata.
“Non dire così. Avete un legame madre-figlio che in molti invidierebbero, avete grande intesa, vi volete un mondo di bene!”
“Certo che gli voglio bene. Eccome se gliene voglio, ora più che mai!” rispose Leila, in un sorriso agrodolce “Ma è proprio per questo che non ho potuto accettare ciò che ha fatto...doveva capire il suo grande errore! Per quanto fossero buone le sue intenzioni...non avrebbe dovuto agire così d'impulso. Non ora!”
“Non ora? Che cosa intendi?” Miriam fiutò il motivo di quelle mirabolanti preoccupazioni.
“Sono la prima che sarebbe stata felice di dare una lezione a Justin. Qualsiasi scusante per me non vale nulla, ci ha privato di una risorsa inestimabile, negando la sua stessa libertà. Tuttavia...”
“Perderemmo del tempo, mentre la Green Soul è ancora la fuori.” riuscì ad indovinare una mezza realtà.
“Non solo. C'è qualcosa che ci è piombato addosso, senza che nessuno se ne fosse accorto.”
“Aspetta...c'entra qualcosa il discorso che hai fatto con Wesley poco fa?”
“Esattamente.” i suoi occhi percorsero le terre, soffermandosi sulle Tower Mountains “In questo periodo di magra, il ragazzino ha potuto cimentarsi in ciò che sa fare meglio.”
“Studiare? Eh, magari tutti i figli fossero così!” cercò di smantellare quel drammatico palco, e le considerazioni sui figli erano sempre la scelta migliore, dato che un sorriso, seppur esitante, riecheggiò nel viso della sua amica.
“Tra le tante ricerche che ha compiuto, una in particolare ha attirato la sua attenzione. Si era accorto fin da subito di un particolare che noi abbiamo considerato una mera coincidenza: la mia Risorsa e quella di Vincent. Hanno a che fare con lo stesso elemento.”
“In effetti è vero, di solito le Risorse sono molto diversificate tra loro. Può darsi che le vostre siano collegate in qualche modo, ma probabilmente sto farneticando...”
“Senza uno straccio di prova anche io rimarrei scettica, ma Wesley mi ha messo al corrente di alcuni dettagli. L'ometto che si è trasformato nella mia balestra è stato modellato a Pervas, sulle Tower Mountains. Una piccolissima azienda un tempo fabbricava oggetti per l'abbigliamento, ma è fallita tanto tempo fa. In ogni caso, il timbro che si trova nella sua parte interna dell'ometto...è lo stesso che contraddistingueva i prodotti di quella azienda. Per quanto riguarda la catenella di Vincent, Wesley ha scoperto che la decorazione a forma d'aquila è identica ad una linea di modellini su identica scala, che un vecchietto forgiava come decorazioni più di cento anni fa, era persino famoso. E anche lui, fondò la sua piccola attività sulle Tower Mountains.”
“La cosa comincia a farsi interessante...” colpita da tutte quelle informazioni, così seducenti, Miriam si lasciò trasportare dal mistero.
“E non è tutto. Wesley mi ha riferito che molti viaggiatori si sono avventurati nella montagna di Nord-Ovest, quella più pericolosa. E' un luogo così impervio, che i pochi a cui non è successo qualcosa di orribile, sono riusciti a stanziare lì solo per qualche giorno.”
Miriam stranamente non rispose, probabilmente affascinata da quella serie di intriganti congetture.
“Recentemente, sono riusciti a fotografare il picco da una posizione diversa. Quella parte della montagna è spesso flagellata dalle intemperie, le quali non permettono una visuale eccellente. Tuttavia, Wesley ha recuperato questo scatto.” mostrò il suo smarthphone, mettendo Miriam quasi in soggezione.
Nel fotogramma, scolpite nel fianco di un picco solitario, due aquile sembravano intrecciarsi in un immagine speculare, molto simili alla simbolo del Taijitu.
“Non è un abbaglio, combacia tutto! Se davvero le nostre Risorse significano qualcosa, allora le nostre rispose si trovano li, dove le due aquile sono scolpite su una roccia in teoria indistruttibile.” quasi meravigliata, la donna era pronta a fronteggiare gli ostacoli di un altra avventura.
“Capisco che ci siano grossi indizi a tuo favore, che tutti questi elementi sono davvero bizzarri...ma è comunque un azzardo!” per qualche strano motivo, la convinzione che Miriam aveva precedentemente sfoggiato, ora sembrava scomparsa.
“Questa ricerca è la Red Hunt sono due cose totalmente diverse!” voleva convincerla, ma senza forzarla.
“Io...credo che sia una pessima idea!” la donna dal caschetto nerastro uscì in tutta fretta, lasciando Leila spiazzata.
Corse in bagno. Sudava freddo.
Il suo respiro si impossessò del suo udito, non poteva percepire nient'altro, nemmeno la voce di Leila, che in lontananza non smetteva di chiamarla.
Le bianche pareti oscillavano incessanti, quasi fossero state in balia di una marea meschina.
Raggiunse il bagno. Le mani freddissime si scontrarono con l'acqua scrosciante.
Si guardò allo specchio, ma senza cercare il suo volto.
Leila accorse giusto in tempo, aveva capito la gravità dell'accaduto.
“Miriam?! Che ti succede?!” chiese preoccupata, controllando il polso dell'amica.
“Vattene! Non voglio che mi vedi così!” ripeté la donna di piccola statura, innervosendosi sempre più.
Era nel pieno di un attacco di panico, o forse di una crisi ancor peggiore. Giunta dal nulla, ma dagli esiti che graffiavano la nuda realtà. Strinse così forte la superficie del lavandino che si spezzò malamente un unghia, lacrime rosse sulla candida neve.
Leila cercò di usare le maniere forti ma gentili, bloccando le sue mani selvagge, mentre tra uno spasmo e l'altro, Miriam lottò contro il suo stesso corpo.
Attimi interminabili, che si conclusero con la tranquillità.
Miriam ricominciò a respirare normalmente. La sua Risorsa Multipla, vibrando a più non posso ed emanando una strana energia invisibile, riuscì a calmare quella crisi così inaspettata.
“Non chiamare aiuto! Ti prego...” la supplicò Miriam, sulla via della ripresa.
“Come puoi pretendere che non lo faccia?! Non so nemmeno cosa ti è capitato!”
“Ti racconterò tutto...te lo prometto! Ma ti prego, che tutto questo rimanga tra me e te. Ti scongiuro, Leila!” sussurrò la donna, rialzandosi in piedi, ancora barcollante per quell'impatto emotivo.
La confusione che Miriam aveva provato sembrava nulla in confronto al duello emotivo che Leila stava provando su ogni cellula della sua pelle.
Erano state grandi amiche da tanti, tantissimi anni. Eppure, qualcosa di Miriam era rimasto sepolto, sotto cumuli di sabbia umida e pressante.
Forse un segreto.
O forse, solo un altra vita, ormai terminata.

Edited by Poirot Len - 5/8/2017, 03:16
 
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3.3 Due Fragili Scarpette


“Perché...le particelle non vogliono attivarsi?!” pensò Matt, sperando che l'avversario non fosse in grado di leggergli la mente.
Senza alcun appello, una freccia gli graffiò il ginocchio, provocandogli una leggera quanto seccante ferita.
“Ti sei già zittito ragazzino?” chiese il Primo Comandante, emanando la sua voce da un punto imprecisato del molo.
Il vento silenzioso mormorò un segnale d'allerta, e ben presto una selva di frecce cominciò ad ondeggiare per tutta l'area, evitando ogni possibile punto d'arresto.
Sapendo di non potersi difendere, Matt ordinò alla Risorsa di alzarsi in volo, portandolo fino ai tetti dei magazzini. Un altra freccia gli sfiorò la guancia, prese uno spavento così forte da cadere a terra senza fiato.
Un attimo prima sembrava potesse contrastare quel cacciatore senza pietà. Era bastato qualche minuto per rendere il duello così sbilanciato?
Scacciò ogni dubbio dalla testa, poi cercò di avvalersi della sua miglior manovra difensiva, ancora una volta.
Non era cambiato molto.
Le particelle sparivano dopo appena un secondo di canalizzazione, doveva rendere quel solitario attimo la sua ultima speranza.
“Ti senti perso? Non sai cosa fare? E' troppo tardi ormai.” la voce del suo avversario sembrava essersi spostata, quasi avesse potuto rimbalzare tra una lastra d'acciaio e l'altra.
L'ennesima offensiva, che questa volta, s'infranse sulle particelle arancioni.
“Sta cercando di distrarmi con quello stormo di frecce, e la sua voce sembra voglia solo confondermi. Ma la sua vera fonte d'attacco sono le frecce che mi sta lanciando tra un diversivo e l'altro. Se solo riuscissi a trovarlo...”
Tra proiettili ballerini e una stoica confusione, Matt decise di strappare quella pagina di mere illusioni.
“Ti faccio esplodere!” gridò il ragazzino, facendo scagliare alla sua Risorsa una scia orizzontale di liquido esplosivo. L'essenza di dinamite viaggiò rapida, la sua destinazione, la voce del Primo Comandante.
Una deflagrazione disorientò le lamiere disseminate tra quei magazzini abbandonati, creando un frastuono di lamentele d'acciaio. Justin osservò la situazione, non del tutto tranquillo, ma formalmente fiducioso.
“Il potere è davvero l'essere più cieco dell'universo.” pensò rammaricato, vedendo cosa il piccolo Matt fosse in grado di sprigionare.
L'esplosione era riuscita a confondere lo stormo di frecce, che ben presto, tornarono alla carica.
Un altro piccolo rumore, e di nuovo, una spruzzata di anima esplosiva invase i tetti sopravvissuti al primi disastro.
“Interessante.” pensò il Primo Comandante, costretto ad allontanarsi dal suo nascondiglio “L'ha capito... ho bisogno di una certa concentrazione per mantenere attive tutte quelle frecce impazzite. I suoi attacchi sembrano alla rinfusa, ma non lo sono. Sta prendendo l'iniziativa per impedirmi di agire, cercando di escludere ogni possibile rifugio, distruggendolo con quelle strane esplosioni” sorrise, divertito “E' come il gioco del campo fiorito, prima o poi, a furia di scavare, pensa di riuscire a trovarmi. Un po' spartano come piano, ma non posso permettere che funzioni.”
Ritornò alla terra ferma, celandosi in una misera ma utilissima insenatura.
“Farò saltare ogni cosa se non verrai allo scoperto!” le minacce del giovane membro della Nuova Alleanza non impensierirono l'agente, che concentrandosi, attivò il suo Talento.
“I sensi sono parte di noi, un istinto primordiale essenziale. Lo scoprirai a tue spese, ragazzino...”
Appoggiò indice e medio della mano destra sopra le sue labbra, il pollice invece, si posizionò dalla parte opposta. Sorpassò ogni strampalata immaginazione, nel momento in cui staccò la bocca dal visto, o almeno una proiezione di essa. Aveva la voce a portata di mano, circondata da una strana evanescenza, esattamente come la parte incompleta del viso, rimasta orfana di parole.
Strinse le sue labbra nella mano destra, tramutandola in una nebbia invisibile.
Fu guidata dalla miriade di frecce che, tra un ronzio e l'altro, non smettevano di tartassare il ragazzino. Matt non si accorse che qualcosa entrò nei suoi piccoli padiglioni auricolari.
“Da questa parte!” quella voce infettiva cominciò ad agire improvvisamente.
Sembrava che l'origine di quelle parole fosse proprio a due passi dal giovane. Eppure, alla vista, tutto taceva.
“No, di qua!” una tonalità gemella raggiunse il timpano sinistro del giovane guerriero, facendolo sobbalzare.
Il Primo comandante non solo fu una volpe scaltra, ma anche fortunata. Non sapeva che tra le tante fobie di Matt c'era la liguirofobia, ossia la paura dei rumori forti e improvvisi. Quando le grida del suo avversario, incastrate all'interno delle sue stanche orecchie, cominciarono a martellare incessantemente il suo spirito, il ragazzino entro in uno stato di disorientamento totale.
Lasciò cadere la sua Risorsa a terra, cercando inutilmente di tapparsi le orecchie, graffiandosi la pelle dallo sconforto.
Una freccia lo colpì alla schiena, e nonostante l'attivazione automatica delle particelle protettive, il povero Matt venne scagliato giù dal tetto di uno dei tanti magazzini, cadendo rovinosamente sull'asfalto.
In quel durissimo letto ammaccato, Matt aveva quasi perso conoscenza. L'angoscia che il ragazzino dalle occhiaie pronunciate aveva provato, giusto qualche secondo prima, non aveva lasciato spazio al dolore. Era ancora li, che tartassava il suo cuore come un sacco di sabbia.
“Mi fa male dappertutto...e poi...quelle voci...” ancora scombussolato, il giovane venne soccorso dalla sua Risorsa, che gli svolazzò attorno angosciata “Che cosa mi ha fatto?”
Il panico aveva reso i suoi muscoli degli ostinati ribelli, non si sarebbero mossi nemmeno nel pericolo più imminente, almeno dalla vita in giù.
Il Primo Comandante, riacquistato il suo volto per intero, si avvicinò alla zona dove il ragazzino era precipitato, furtivo. Accovacciato sopra uno dei tetti più silenziosi, sapeva che non era finita, non fino all'ultimo incrocio di spade.
Il ragazzino afferrò la sua Risorsa, cercando di difendersi dalle ombre che non riusciva a catturare.
“C'è solo un modo per tirarmi fuori da questa situazione...anche se non l'ho mai provato prima d'ora...” ansimando, il ragazzo puntò lo stocco verso l'alto.
Il liquido che solitamente fuoriusciva dalla punta dello stocco cominciò a conglomerarsi in una goccia, che cercò disperatamente di staccarsi dal freddo acciaio.
“Forza...forza! Non posso...non posso perdere...non posso!”

Ligno Mortifero...Lucent!


Le frecce viaggiatrici erano tornate. Questa volta, lo stormo si posizionò ad un altezza a dir poco spropositata, ad un centinaio di metri di distanza dal loro obiettivo.
Ad un tratto, le frecce si fermarono, illuminandosi, puntando verso il basso.
Esplosero in un'infinità di fuochi artificiali, rilasciando degli aghi di fuoco, pitturato d'arcobaleno.
Precipitarono diretti verso il loro unico obiettivo, una pioggia infernale ed inevitabile.
“Deve funzionare...non può finire così!” gridò Matt, prima di chiudere gli occhi, istintivamente.
“Ma che diamine?!” il Primo Comandante, già sicuro della vittoria, non si era aspettato un gigantesca apertura dimensionale, che inghiotti ogni lacrima di fuoco, dalla prima all'ultima.
La ragazzina dalla chioma biondo cenere, comparendo davanti al fratello ormai malconcio, squadrò il Primo comandante con uno sguardo agguerrito.
“Tsk...dilettante.” affermò spavalda, rivolgendosi a Matt “Fortuna che la tua sorellina viene sempre a salvarti la pellaccia, non è vero?”
“Non sei invitata ragazzina! Questa è una faccenda che non ti riguarda!” gridò Justin, distanziandosi dal campo di battaglia, conoscendo le potenzialità della ragazzina “Arrestatela immediatamente!”
“Ma guarda, proprio sul più bello...” commentò il Primo Comandante, prima di schivare il maglio dorato di Angel, avendo avvertito in anticipo il suo attacco alle spalle.
Il ragazzo dalla folta barba folta, ancora a mezz'aria, decise di lasciarsi cadere verso il vuoto, dove un portale dimensionale lo accolse, prima di rilasciare un meteorite dalla stesso squarcio dimensionale. L'offensiva fu abbastanza improvvisa da costringere il Primo Comandante a lasciare la sua posizione, dando a Jane il tempo necessario per preparare la fuga.
“Non puoi!” gridò Justin, sull'orlo di ribollire “Abbiamo stipulato un patto, e questa battaglia è stata organizzata dal tuo amichetto qui presente!”
“Davvero? Beh, non è una grande novità, Matt ha combinato chissà quale casino. Ma sinceramente, tutta questa faccenda, a me non importa affatto. Non vale neanche la punta delle mie scarpe!” con un sorrisetto falsamente adorabile, Jane esclamò “E' stato breve ma intenso! Ciao ciao!”
I tre sparirono senza lasciare traccia alcuna, tra l'ira di Justin e la delusione del Primo Comandante.
Si era divertito.
Per quanto quella battaglia si fosse rivelata rapida e a senso unico, il Primo Comandante aveva provato più di un emozione, quasi il suo spirito combattivo si fosse finalmente risvegliato.
“Forse è meglio così, ragazzino. Avrai tempo per riflettere, e io una seconda occasione per dimostrarti che nessuno può battermi.”


“Allora, ti sono familiari questi nomi?” Miriam, con mente e capelli ancora scossi, cercò di razionalizzare la terribile esperienza che le era capitata.
“Miriam di prego...dobbiamo farti visitare... smettila di darmi questi indizi.” Leila cercò di evitare una risposta scomoda che -prima o poi, come l'arrivo del sole- .avrebbe dovuto assistere alla sua svogliata nascita forzata.
“Rispondi alla mia domanda. So che sono nomi di medicinali che conosci.”
“Sono antidepressivi, utilizzati per la gestione delle burrascose emozioni che prova un soggetto con problemi emozionali...”
Si poteva quasi toccare. Quella sensazione, come se le parole le fossero state estorte.
“Ho capito, va bene?! Ho capito che molto probabilmente...soffri del Disturbo Bordeline di personalità!”
“Si...l'ho scoperto tanti anni fa, quando ancora non ci conoscevamo, sono oltre dieci anni che tengo questo segreto per me.”
“I sintomi sono piuttosto evidenti, come hai fatto a gestire ciò che hai provato in tutti questi anni?! Ne abbiamo passate di cotte e di crude...”
“E' una lunga storia...ma forse ti chiarirà le idee il mio nome, quello vero. Io ero... Rivka Vogelmann.
Leila venne colpita direttamente sul mento, da quella sorprendete e incosciente rivelazione.
La famiglia Vogelmann era una delle poche famiglie che discendevano dalla nobiltà dei tempi antichi, la quale ha edificato moltissime terre, partendo soltanto dalla polvere.
La stessa Calvas ha tracce storiche del loro fortunato passaggio. Ma per quanto splendore avesse potuto rispecchiare la loro casata, tutto ciò che Miriam aveva sempre cercato di dimenticare risiedeva proprio in quel cognome. Uno stigma incancellabile.


Non è stata una gran vita la mia, non la mia giovinezza almeno. La mia famiglia era il pilastro di una potente compagnia, che pensava solamente al suo becero profitto. Specializzati nel filone del turismo, hanno cominciato ad avere grossi problemi finanziari da quando la Green Soul ha deciso di accanirsi su Gracalm, e qui entro in gioco la vera ragione, molto probabilmente, per cui sono nata.
Sono nata con un pesante velo sul viso.


“Non le voglio madre...”
“Invece le devi prendere, e non cercare di nasconderle un altra volta.”
“Sono disgustose! Non le voglio!”
“Vuoi che chiami tuo padre?! Forse uno schiaffo ti farà rinsavire...ormai manca poco al nostro grande momento!”
“Questo è il VOSTRO momento, io non c'entro nulla.”
“Sei una figlia ingrata, lo sei sempre stata.”
“Sono troppo...troppo giovane! Non voglio sposarmi con una persona che non conosco, e sopratutto...che non amo!
“Stupida egoista! Non lo capisci eh? Non lo capisci quanto questa alleanza tra casate potrà giovare alla nostra comunità?!”
“Siete solo in cerca di soldi, come sempre.”
“Puoi infangarmi come vuoi, tanto tra poco non sarai più un nostro problema. Sei sempre stata una palla al piede, tu e le tue...fisime.”
“Si raccoglie ciò che si semina, madre...”
“L'hai voluto tu...vedrai che tuo padre non sarà così permissivo.”
“Certo, una sposa coi lividi sul volto sarà un bello spettacolo per tutti.”
“Ci sono altri modi per infliggere il dolore.”

Non volevo ricadere nell'oblio ancora una volta. Hanno sempre cercato di tenermi a bada con forti medicine, che spesso mi lasciavano completamente atterrita.
In alcuni momenti, quei dosaggi mi tramutavano in una scimmia ammestrata.
Tutto secondo i loro calcoli. La mia volontà doveva essere così impercettibile da sparire alla vista, vanificando la sua esistenza.
I miei sentimenti erano un arma a doppio taglio.
Non ero capace di tenerli a freno, ma sicuramente non avrebbero permesso che la cerimonia venisse rovinata. Il mio stato mentale era sconosciuto a tutto il resto del mondo, esclusi la mia famiglia e il mio marito designato. Dovevano infangare tutto senza il minimo errore.
Tuttavia, c'era una delle mie emozioni... un'emozione che i miei genitori non esitarono a sfruttare. Mia madre mi lascio sola,con mio padre...e un altra persona.

“Peter?!”
“Mi hai stancato...ci hai stancato! Se non farai ciò che ti dico...”
“Non gli fate del male!”

Il mio migliore amico, da sempre. Da tempo però, mi ero innamorata perdutamente di lui, e il mio sentimento era ricambiato, nonostante le poche possibilità d'incontrarsi.
Peter non apparteneva ad una casata rilevante nell'albero genealogico della nobiltà. Non rientrava nel loro giro d'affari, i miei genitori non avrebbero mai accettato ciò che provavo.
Era legato a mani e piedi, lo avevano sicuramente malmenato.
Solo allora, capì quanto quel mondo fosse solamente fatto di soldi, fredda e tagliente carta, pesante metallo infernale, che non lasciavano spazio a nient'altro. Non c'erano amici su cui potessi contare. Lo scoprì troppo tardi, dato che avevo rivelato i miei sentimenti ad una sola persona, quella persona che consideravo una sorella minore. Un amica che in realtà era qualcos'altro. Qualcosa di orribile.

“Si, Rachel ci ha avvertiti di ciò che le hai raccontato. Questo ragazzo ti è stato sempre tra i piedi, non è stato difficile crederle...tuttavia, non possiamo permetterti di devastare ciò che giusto per noi!”
“Perché lei...perché l'ha fatto?!”
“Rachel è una ragazza che ci è sempre stata leale, al contrario di te.”
“Siete degli esseri disgustosi!”
“Puoi dire quello che vuoi. Vedi questo taglierino? Ad ogni tuo rifiuto, gli disegnerò una cicatrice sul volto. E stai pure tranquilla, tua madre ha già fatto in modo che nessuno possa sentirci.”

Avrei dato la vita per difendermi dagli stessi mostri che mi avevano generata. Immagino lo stato in cui potevo essere in quel momento. Tra i miei disturbi, e il panico che mio padre mi stava infliggendo. Ero totalmente fuori di testa. Ma non potevo...non potevo ignorare quell'amore innocente che, fissandomi, mi chiedeva di lasciarlo andare. Pensò alla mia vita prima della sua.
“Peter...mi dispiace tanto...”

Presi le pillole, e silenziosamente, mi infilai le scarpe che avrebbero completato il mio sfarzoso quanto triste abito da sposa.
La lama del taglierino fu fulminea.
Uno scrosciante fiume rossastro fuoriuscì dalla gola di Peter.
Avrei voluto gridare dal dolore, ma le pesanti dosi che ero stata costretta ad ingerire mi avevano trasformata in una ragazza senza emozioni. Al limite dei danni cerebrali, probabilmente.
Portarono via il suo corpo. Poi mi diressero verso la messa in scena, dove avrei firmato, una volta per tutte,la mia dichiarazione di nullità.

Tra quella melodia infernale, ecco che sfilai davanti alla crème.
Eravamo all'aperto, in uno sconfinato giardino agghindato da vasi di azalee, querce frizzanti e una spiaggia di petali di rosa, sparsi a tappeto attorno agli invitati. Erano di color ciliegia e panna, splendidi, ma in qualche modo, tristi.
Il palco che mi avrebbe accolta era semplice nella sua sontuosità: un altare in pietra, levigata perfettamente, coronato da una cupola di base sferica, sorretta da gracili colonne di marmo bianchissimo. La cupola era invasa da piante rampicanti che sfoggiavano leggiadre foglioline verdastre, volteggianti a passo col vento. Due timide statue si ergevano ai lati opposti della struttura, rappresentanti un amore idilliaco, ben lontano dalla realtà.
Un popolo di infelici potenti, che mi fissarono per tutto quel lento percorso. Non ricordo molto di quello strascico di momenti, almeno fino a quando non raggiunsi il mio pseudo marito, davanti all'autorità che ci avrebbe sposato.
Qualcosa cambiò. Ritornai me stessa.
Mi guardai attorno, quello non era il mio posto. Non era la mia vita, non era il mio destino.
Qualcosa nel mio profondo si mosse, sentì provenire un aura benefica dalle scarpe che avevo faticosamente indossato: un tacco dieci, perfetto nella sua bianca purezza, decorato con due ali fatte di brillanti strass, che luccicavano tra un flash e l'altro di quelle assetate macchine fotografiche.
Arrivai alla fine della camminata, continuando a guardare verso il basso.
L'assessore non riuscì a formulare nemmeno le prime frasi, dato che mi voltai violentemente, guardando tutte le persone riunite in quel grande giorno.
Credo che fu lo sguardo d'odio più tremendo che io sia mai riuscita a sfoggiare.
Nessuno riuscì a tenermi testa, evitarono il mio sguardo come se fosse stata lebbra, mentre i miei genitori cercarono di elaborare una spiegazione che fosse convincente.
Mi tolsi il velo e lo gettai a terra. La guerra era appena cominciata.

“Non ho alcuna intenzione di sposarmi, specialmente per volere di una famiglia di assassini!”

Borbottii e borbottii. Mio padre e mia madre non sapevano cosa combinare, rimasero paralizzati dalla vergogna. Non erano mai stati dei veri genitori, e non erano mai stati in grado di gestire una figlia che avesse posseduto una sua volontà. Era quello il momento per affondare il coltello.

“Hanno ucciso una persona, giusto qualche minuto fa! Nella mia stanza! Se chiamate la Polizia adesso, sono sicura che qualche traccia sarà rimasta, fidatevi di me!”

Il mio pretendente mi prese per il polso, stringendomi le vene.

“Come ti permetti di infangare il nome della tua famiglia in questo modo?! Questi sono solo capricci di una stupida ragazzina, che non ha il fegato di sposarsi per il bene della comunità!”

Il bellimbusto fece un volo repentino, atterrando verso l'ultima fila di quei superficiali spettatori. Non ero mai stata in grado di dare un calcio così potente. Avevo qualche anno di arti marziali alle spalle, ma non mi ero mai avvicinata al mondo del combattimento vero e proprio. Era stato un mio capriccio da bambina.
In ogni caso, non ebbi nemmeno la concezione di ciò che ero riuscita a compiere.
Una miriade di occhi puntati addosso non mi scalfirono, niente avrebbe potuto riuscirci.
Mio padre si alzò dalla prima fila, vedendo il suo piccolo mondo fatto di bugie sgretolarsi.

“Tu hai ucciso Peter...gli tolto la vita in modo così facile...cos'era per te? Forse... solo un tumore che va rimosso dalla tua scacchiera?”

Nonostante la fermezza che la mia Risorsa mi aveva donato, non riuscì a trattenere una lacrima solitaria. E in quel guazzabuglio, fu proprio la sua venuta ad attirare la fiducia di molti dei presenti. Non mi aspettai che tra loro esistessero ancora delle persone con un cuore.
Un altra cosa a cui padre non era abituato, avere le spalle al muro.
I soldi, le conoscenze e la sua cattiveria lo avevano salvato dal baratro per tutta la vita, ma questa volta, non aveva alcuna sporgenza dove aggrapparsi. In preda al panico, tirò fuori una pistola.

“Tu sei sempre stata la mia rovina! Maledetta!”

Sapevo non avrebbe esitato. Le scarpe s'illuminarono di bianco, emanando un aura ellittica che si diffuse attorno a loro.
Partì il colpo.
Finì proprio in pieno stomaco. Lo stomaco della statua a destra dell'altare, incurante della ferita ricevuta.
Il panico si fece realtà, e mentre mia madre tentò inutilmente la fuga, alcuni coraggiosi invitati sottrassero la pistola a mio padre, che venne successivamente arrestato.
Tuttavia, fu una vittoria a metà.
Mentre mio padre venne incriminato e arrestato, mia madre, un bel giorno, sparì dalla prigione e nessuno ebbe più sue notizie.
So di averti annoiato con questa storia, che sembra quasi frutto della mia immaginazione.
Ma è ciò che sono. E' parte della mia vita, e per quanto mi abbia portato dolore, per quanto possa sembrare inventata, mi ha fatto diventare quella che sono. Quel simbolo...quelle due aquile...erano il simbolo della nostra casata, prima che io la sciogliessi definitivamente, una volta ottenuta la carica, a soli diciotto anni.
Devolsi tutto in beneficenza, tenendomi soltanto lo stretto necessario per ricominciare una nuova vita, da completa sconosciuta, a Pervas.
Qualche giorno dopo...scoprì di essere incinta. Non potei far altro che dargli il suo nome, l'unica persona che abbia mai amato.



“Non eravamo gli unici ad avere degli scheletri nell'armadio!” esclamò Leila, strabuzzando gli occhi “Ma la tua storia...dentro l'armadio ci hai affossato l'armata dei morti viventi! Mi dispiace davvero...per tutto.”
“Grazie, amica mia. Mi dispiace di averti fatto preoccupare, nemmeno la mia Risorsa ha saputo gestire questo shock improvviso che ho provato...ma sono sicura che non accadrà più.”
“Ma...quindi, tu sei originaria di...” cercò solamente di far dare un piccolo assaggio alla sua curiosità, caratteristica dei Wolfram.
“Seldenya. Una piccola Regione a nord delle Tower Mountains, ancora più a Nord della prima regione a settentrione del massiccio, ossia Escath.”
“Quella! Non è la regione dove un tempo si stanziavano una caterva di ville, tutte possedute dai più ricchi del paese? Quindi tu facevi parte di quella schiera di casate che ormai è andata perduta?”
“Esattamente...ora che Seldenya è praticamente scomparsa dalla cartina geografica, pensavo che il mio passato avesse smesso di tormentarmi.” guardò verso il vuoto, sospirando “Ma quello stemma è tornato a cercarmi, e qualsiasi cosa si tratti, non porterà mai a nulla di buono.”
“Ma non posso rinunciarvi...non ora! La tua storia non fa altro che confermare che c'è una forte connessione tra noi!” cercò di essere convincente, per quanto il toccante racconto di Miriam non potesse evocare altro che compassione.
La donna dal nero caschetto sorrise, scuotendo la testa.
“So che non ci sarà nulla che ti farà cambiare idea, ed è per questo che verrò con te. Voglio chiudere quel capitolo della mia vita una volta per tutte.” afferrò la mano dell'amica, cercando di trasmetterle il suo animo ritrovato “Lasceremo che i nostri ragazzi si occupano della...come si chiama? Red Hunt? Sono sicura che ce la faranno. Noi due invece, accompagnate da Vincent, ci recheremo alle Tower Mountains, appena possibile.”
“Ci sto! I nostri ragazzi, specialmente un brontolone che conosco, hanno bisogno di una grande iniezione di fiducia da parte nostra. Sono sicura che la prenderanno bene, sapranno di essere abbastanza responsabili da potersela cavare da soli!”


“Mamma tu sei pazza!” strillò Jane qualche ora dopo.
“Santissimi numi...” commentò Leila, mano sulla fronte.
 
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view post Posted on 13/10/2017, 00:38     +1   +1   -1
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3.4 Ingenuità


Era da tanto tempo che non accadeva qualcosa di simile.
Non mancava proprio nessuno, sembrava quasi si fossero catapultati nel passato, precisamente, al funerale di Fiorenzo. Qualche mancanza o qualche estraneo non scalfiva una incorruttibile intesa, difficilmente replicabile per tenacia e giustizia. Nonostante questo affiatamento, i nodi da districare erano tanti e ben intricati. Toccò a Chester, come di consueto, fare lo sfortunato ruolo del pettine.

“Il peggio è passato...fortunatamente. Matt, come stai?” chiese il Generale, cercando di attirare l'affetto di tutta l'alleanza verso quell'ometto sperduto.
Il ragazzino dalle occhiaie pronunciate fu assalito dalla vergogna, e cercando in qualche sguardo un appiglio di salvezza, trovò gli occhi della madre, che proprio non riuscì a guardare.
“Sto bene.” rispose gelido “L'ho sottovalutato, e se non fosse stato per Jane ed Angel, a quest'ora avrei messo in ridicolo ancor di più la nostra O.A.G.”
In quel pubblico caloroso, ammassato in quell'ufficio sempre più stretto, Chester confrontò gli occhi di Angel. Una scintilla si generò immediatamente, ma venne spenta da un gracile buon senso. Nonostante i fratelli Wolfram avessero garantito la totale lealtà di Angel, il Generale Massimo necessitava della prova del nove.
“Davvero tu e Jane avete impedito al Primo Comandante di dargli il colpo di grazia?”
Angel guardò il ragazzino imbronciato, percepiva quanto quel giovane avesse bisogno della sua protezione e del suo conforto.
“Si, siamo scappati assieme dalla base dei Servizi Segreti, dove abbiamo visto ad occhio nudo di cosa quel Drago fosse capace. Li ho tenuti al sicuro fino a quando Matt non si è accorto dell'annuncio in diretta, riguardo all'esilio della loro amica.” rispose apatico.
“C'entri qualcosa con questa Red Hunt?”
“Chester!” esclamò Matt, sentendosi vulnerabile “Ho fatto tutti di testa mia, ve l'ho detto mille volte. Non solo mi ha salvato dal Drago della Furia, ma anche accolto me e Jane senza chiederci nulla in cambio. Probabilmente avremmo passato una settimana in strada, se non ci avesse ospitato senza chiedere nulla in cambio!”
“Resta il fatto che si è infiltrato per l'ennesima volta in un plotone a cui non appartiene.” cercò di essere fiscale, ma il Generale non sembrò molto convincente.
“Beh, sono contento che l'abbia fatto. Sono vivo grazie a lui!” rispose Matt, cercando di non esagerare col tono “Per favore, lascialo in pace per questa volta!”
Chester si sentì osservato, come se ogni persona in quella stanza stesse per suggerigli la stessa cosa. Anche il suo Tenente Generale, annuendo, gli fece capire che i gesti del Dragon Charmer dovevano essere ripagati, in un modo o nell'altro.
“E va bene. Cercherò di dimenticare l'accaduto, siete contenti?” un mare di sorrisi lo fece sentire meglio, ma senza appagare le sue incognite. “Un ultima cosa. Il Drago che fine ha fatto?”
“E' libero. Nessuno lo terrà più al guinzaglio. Se fossi in Justin scapperei direttamente dal paese. Quando ritornerà in forze, sono certo che lo cercherà in capo al mondo pur di fargliela pagare!”
“Possiamo parlare dei nostri piani? Penso sia piuttosto urgente.” Leila si inserì cordialmente nel discorso, cercando di sciogliere quel senso di soffocamento che si era diffuso nell'ufficio.
“Si, fatemi cambiare argomento per favore.” commentò Chester, guardando verso il soffitto “Come già hai riferito a Jane, abbiamo deciso che -per quanto la Red Hunt sia un azzardo colossale ed un possibile spreco di energie- non possiamo permettere ai Servizi Segreti di esiliare un nostro membro, una nostra grande amica. Per questo, abbiamo deciso di dividerci in due squadre.”
“Cercherò di essere breve e concisa. Abbiamo motivo di credere che si nasconda qualcosa nel picco di Nord-Ovest delle Tower Mountains. Questa spedizione tuttavia sarà molto pericolosa, e sarebbe meglio coinvolgere meno persone possibili.” aggiunse Loretta, da saggio vocabolario.
“Aspetta, che cosa? Che ci andate a fare?!” sbraitò Matt, incredulo.
Miriam squadrò Leila con un cenno che si erano concordate, la sua triste parentesi sarebbe stata tralasciata, così come la sua stirpe.
“Crediamo posso riguardare direttamente la Green Soul. Non ricordi che, durante la battaglia appena fuori il villaggio di Nati, la Green Soul è scappata proprio in quella direzione? Inoltre hanno scoperto dei simboli su quella montagna, nonostante sappiamo che le sue pareti non sono affatto friabili.”
“Questi simboli sono riconducibili ad un passato a noi sconosciuto...” Miriam decise di spartire il fiato con l'amica “Tuttavia, fanno riferimento a due Risorse tutt'ora esistenti. Quella di tua madre e quella di Vincent. Quella cima è sempre stata un luogo quasi inaccessibile, e tutti questi elementi ci suggeriscono di controllare in prima persona.”
“Se è così importante...voglio venire anche io!” rispose Matt sentendosi giustamente preso in causa.
“Questa volta sarà un operazione per...maggiorenni.” esclamò Chester, scuotendo la testa.
Il suo chiaro riferimento richiamò una nuvola di di riflessioni. Nessuno aveva dimenticato come fossero andate le cose alla base dei Servizi Segreti. Loretta fu colpita da quell'ondata di tensione, e ancora una volta, decise di alleggerirla.
“Non affliggetevi. Anzi, dovrei anche scusarmi con tutti voi. Ho dovuto agire sotto il controllo di qualcun altro. Ordini che non avrei mai desiderato attuare.” una Loretta seriosa cominciò a trafugare in uno schedario che reggeva con le sue sole ossa, pesantissimo “Però si, lo ammetto... non mi aspettavo voi foste così...”
“Matti da legare? Sconsiderati? Fuori di testa? Pazzoidi? Folli incoscienti?” ironizzò Chester, almeno all'ottanta per cento.
“Si...più o meno.” nessuno osò contraddirli, mentre il Tenente Generale riuscì a trovare lo schema che aveva organizzato.
I due capostipiti buttarono un occhiata verso Angel, che fece per andarsene, palesemente scocciato, ma senza molte pretese.
“Lui resta.” risuonò quasi come una legge appena enunciata, ma anche in questo caso l'unanimità del silenzio ebbe il sopravvento, e il desiderio di Matt fu avverato.
“Bene. Allora ci organizzeremo così.” esordì Loretta, in tutta la sua preparazione

Come avrete capito, una delle due squadre si occuperà della Red Hunt, mentre l'altra andrà all'esplorazione delle Tower Mountains. Per velocizzare le cose le chiameremo la “Squadra Rossa” e la “Squadra Torre”.
Leila e Vincent sono assolutamente necessari per comporre la Squadra Torre, dato che le loro Risorse sono parte integrante della ricerca. Anche Miriam farà parte di questa squadra, dato che conosce un avventuriero che è riuscito a tornare indietro da quel postaccio. Le sue informazioni potrebbero esserci molto utili. Io sarò il capitano di questa squadra. Grazie alla mia Risorsa potremo avere una visuale migliore, evitando così percorsi spiacevoli.
Tutti i membri della Nuova Alleanza coinvolti in questa spedizione non potranno partecipare alla Red Hunt, per cui dovranno ritirarsi dalla competizione. Sappiamo che potremmo attendere il loro ritorno,per unirsi alla competizione più avanti, ma l'esplorazione potrebbe richiedere giorni e giorni, inoltre, non sappiamo se la Green Soul è a conoscenza di quel simbolo, potrebbe essere al corrente del suo significato, potrebbe perfino cercare di sbarrarci la strada.
Nel contempo, i membri della Squadra Rossa parteciperanno alla battaglia che ci permetterà di salvare la nostra Kamili. I membri dovrebbero comprendere i fratelli Wolfram, Enigma e Peter, infine Wesley e Mike, sempre nel caso che quest'ultimo si riprenda in tempo.
Sfortunatamente Chester non potrà capitanarvi, dato che sarà impegnato assieme a Betty. Dovranno organizzare la conferenza stampa che smaschererà una volta per tutte il nostro caro Justin, sperando così che interrompa la Red Hunt prima che sia troppo tardi...


“Angel potrebbe essere il nostro capitano.” spuntando da un angolino, Jane fece scattare il Generale massimo, già affannato dalla precedente discussione.
“Jane...come facciamo a fidarci...lo conosciamo appena. Inoltre abbiamo sempre sorvolato sul suo conto, ma solo perché in entrambe le occasioni si è preso cura di voi.” Loretta cercò di passeggiare sulla via della ragione, mentre Chester aveva già deciso di distrarsi pensando a qualcos'altro.
“Ragazzina...se è un tentativo di farmi entrare in una O.A.G., sappi che stai...” Angel colse una deduzione sbagliata, e Jane gli impedì di palesarla ulteriormente.
“No, non sono mica mio fratello! So benissimo come la pensi. Ma se c'è qualcuno che può prepararci a questo difficile scontro, beh...quello sei tu.”
“Ho capito dove vuoi arrivare...” Loretta sorrise, scompigliando amichevolmente il ciuffetto di Jane “Non solo è un abilissimo combattente, ma essendosi infiltrato nei Servizi Segreti, forse ha con sé delle informazioni sui membri dei Servizi Segreti di cui noi non siamo a conoscenza...non è così?”
“E non mentire! Tanto lei lo capisce se dici le bugie.” Angel non poté credere di essere stato incastrato da una marmocchia dalla lingua lunga.
“Hai rovistato tra le mie cose!” esclamò quasi offeso “Lo sai che non sono comportamenti da signorina?”
“Rassegnati. Non sono una signorina e non lo sarò mai!” sorrise, facendo nuovamente la sua goliardica linguaccia.
“E va bene...ho diciamo...preso una chiavetta che non serviva a nessuno...” la mostrò al Generale Massimo, per la prima volta soddisfatto delle sue bravate “Mostra delle sessioni di allenamento istituite dai tre Comandanti dei Servizi Segreti. Non mostrano grandi abilità, ma si possono comunque intravedere le loro Risorse, magari potremmo dedurne qualcosa, il loro stile di combattimento per esempio.”
“Interessante...” replicò Chester, risultando piuttosto distratto “E va bene, visto che hai già guardato quei filmati, spiegarne i dettagli ai nostri giovani guerrieri ti sarà semplice.”
Loretta fu sorpresa da quello strano dietrofront. Sembrava quasi volesse sbarazzarsi della faccenda, per concentrarsi su qualcosa di ben più importante. Ma poteva una semplice conferenza stampa essere così logorante? O c'era sotto qualcos'altro?
“Quindi...è tutto deciso?” chiese Miriam, tra l'impazienza e il nervosismo.
“Potremo finalmente tornare a casa!” esultante, Jane cominciò a saltellare per la stanza.
“Direi di si.” concluse Chester, dando le ultime direzioni “Io resterò con Betty a Wayspot, dove organizzeremo la conferenza stampa e tutto il resto. La squadra dei marmocchi tornerà a Calvas dove organizzerà la Red Hunt nel migliore dei modi possibili. Qualche ora fa il Capitano dei Servizi Segreti ha messo su carta tutto il regolamento che lui e Matt hanno concordato, per rendere il tutto più ufficiale. Cercate di non infrangere le poche condizioni che avete. Noi nel frattempo, faremo in modo che i comandanti non vi trovino, state tranquilli. Il resto lo affido a te, Loretta.”
La donna annuì, con una invisibile dose d'esitazione.
“Questo sarebbe il momento di un discorso da eroe...” esclamò il Generale Massimo, prima di congedarsi “Ma credo in voi al tal punto, che non ce n'è davvero bisogno. Ci rivedremo presto!”
Chester e Betty uscirono frettolosi, mentre il gruppo, riunito da una forza quasi dimenticata, si disperse, ma solo fisicamente. Le loro essenze sarebbero rimaste a contatto, un sentimento sensoriale, uno spirito unificato.
Matt fu l'ultimo a rimanere in quell'anonima stanza. Guardò fuori dalla finestra, cercando qualsiasi cosa che avesse potuto slegare i suoi pensieri.
Aveva lasciato che tutti si allontanassero, sembrava non potesse sopportare nemmeno il fruscio dell'erba. Serviva un silenzio quasi tombale, doveva verificare se qualcosa fosse rimasto nella sua mente.
Era ancora lì.
La voce, il volto, perfino la presenza del Primo Comandante, non facevano altro che tormentarlo, in un incubo senza sonno, ma dal profondo dolore. Angel si guardò alle spalle, e decise di condividere un momento con il suo nuovo piccolo amico.
“Ragazzino...dimmi la verità, stai bene per davvero?”
“Ho un nome sai?”
“Non ci casco.” si avvicinò a quel volto affranto, costringendolo ad un confronto d'iride “Che cosa ti succede? Dove è finito quel Matt che mi chiese di entrare a far parte della sua O.A.G.? Sempre col sorriso, sempre pronto a tutto...”
“Quel Matt...è solo uno stupido.” scosse la testa, districandosi dallo sguardo di Angel, che non si offese “Mi sono lasciato trasportare, da quando Fiorenzo è morto io non ci ho capito più niente! Ma questi ultimi giorni mi hanno aperto gli occhi. Sono stato così frettoloso...”
“Non è un male tenersi pronti contro le avversità.” il ragazzo si grattò la barba, lungimirante “Se non fossi stato in grado di difenderti, saresti già sottoterra, e parliamo di mesi e mesi fa.”
“Non hai capito. Qui non si tratta solo di combattere.” ora fu il ragazzino dalle occhiaie pronunciate a cercare il duello visivo “E' la mia...testa di rapa! Il voler chiedere tutto all'istante, il voler combattere qualsiasi battaglia, il voler essere sempre il protagonista della situazione...”
Angel sorrise, smuovendo i suoi folti baffi nerastri.
Non era un male farsi quelle domande, non era mai un male fare un altro passo verso la maturità. Ma le giovani spalle del piccoletto non erano pronte a sopportare un peso del genere, era proprio quella intramontabile pressione a distruggere Matt dall'interno.
“Se pensi di essere stato avventato, allora io che cosa dovrei dire?” sogghignò, mettendosi a fianco del suo minuto interlocutore “Ho giurato completa fedeltà ai Guerrieri Ardenti, e sono anche un apprendista Dragon Charmer. Sono un membro, contemporaneamente, delle due organizzazioni di guerriglia non organizzata più grandi ed estreme che possano esistere in tutta Gracalm. Ho dato la mia vita per raggiungere i miei obiettivi, nel modo più velocemente possibile.”
“E te ne sei pentito? Ci hai mai pensato?” chiese Matt, sentendosi nelle sue stesse scarpe.
“Non mi stanco mai di pensarci.”
“E' che io...non voglio correre dei rischi che possano mettere in pericolo le persone che amo. Kamili sta soffrendo per colpa mia.”
“Il controllo della tua vita è solo tuo. Devi capire che ogni tuo rischio viene condiviso con chi ti sta accanto. I tuoi legami sono sempre un arma preziosa, ma allo stesso tempo la tua peggior debolezza.”
“Ma...non voglio restare solo.” strinse i pugni, osservando la sua felpa arancione.
“Ti capisco ragazzino. Ho dovuto fare parecchie rinunce per permettermi i rischi che mi sono potuto giocare. Non me ne pento, è stata una scelta dolorosa, ma razionale.”
“Quindi l'unico modo per salvare le persone a cui tieni è allontanarsi da loro? Io...non voglio.”
“Non la penso così. La mia famiglia è stata distrutta dai Green Blood, la mia Risorsa rappresenta questo fardello. Non è servito a nulla recidere i miei legami. Non ho potuto salvarli, essendo lontano da loro.”
“Non è stata colpa tua!” Matt cercò di essere compassionevole, ma in questo caso, fortunatamente, non ce n'era bisogno.
“Non ti preoccupare. Ne sono consapevole.” il tentativo di spettinarlo fu molto forte, ma decise di trattenere il suo affetto “Volevo solo farti capire che il destino...non guarda in faccia nessuno.”
“E quindi dovrei rassegnarmi? Io vorrei davvero trovare una soluzione...vorrei che nulla di tutto questo fosse accaduto.”
“Non si può tornare indietro.” precisò Angel, fingendosi un fratello maggiore comprensivo “Ma, per quanto siano difficili da manovrare, abbiamo le redini del nostro destino. Possiamo manovrare il nostro, ma è impossibile prendere il controllo del destino altrui.”
“Ma allora come faccio a proteggere le persone a cui voglio bene?!” non voleva minimamente pensare ad un altra strada senza uscita, si senti nuovamente scoraggiato.
“Un modo c'è.” tornò di fronte a Matt, quasi in una solenne dichiarazione “Condividere un unico destino. Io credo che quando un legame raggiunge una certa importanza, quando raggiunge i nostri cuori fino ad incatenarli, allora è possibile prendere il comando come se si creasse una cosa sola. Prendere i rischi insieme, fallitre e rialzarsi assieme, fino alla fine.”
Gli occhioni di Matt brillarono improvvisamente. Mentre Angel aggiunse un altra manciata di speranza.
“Se vogliamo sopravvivere a questa Red Hunt, non dobbiamo far altro che lavorare assieme. Sono sicuro che il vostro gruppetto non potrà essere fermato, nemmeno dai più temibili avversari.”
In un lampo, il ragazzino abbracciò il giovane guerriero, che provò qualcosa di inspiegabile, uno strano calore, forse felicità.
“Grazie, grazie davvero...per tutto!” esclamò Matt esaltato, correndo verso l'uscita.
“Aspetta un attimo, non ho finito con te!” sorrise Angel, raggiungendo il suo euforico amico “Ho notato che la battaglia con il Primo Comandante ti ha lasciato dei segni non percettibili, che però io conosco molto bene. Mi sbaglio?”
Non poteva fare il finto tonto, valeva la pena confidarsi con quel combattente così valoroso.
“Beh, quando ripenso a quella battaglia, non mi sento bene.” un altra immagine gli balzò direttamente nella mente, facendolo quasi sobbalzare “Non mi sento affatto bene.”
“Bene, allora ti darò un consiglio spassionato. Questo è un chiaro momento in cui la fretta non ti aiuterà. L'esito della battaglia può essere deciso solo se ci prenderemo un periodo di analisi strategica, unita ad un allenamento ben preciso. E prima di tutto questo, il riposo è la priorità assoluta.”
“Riposo...?” lo pronunciò quasi come una malattia.
“Esatto? Non c'è qualcosa in sospeso, qualcosa che ti stuzzica...qualcosa di tranquillo che ti potrebbe occupare qualche giornata? Ti viene in mente qualcosa?”
Non fu semplice. Matt cominciò a gironzolare tra i suoi tanti hobby, nella proiezione della sua fervida fantasia, ma il tutto non sembrava sortire l'effetto desiderato. Nemmeno una giornata intera, passata giocando ai migliori videogame, l'avrebbe potuto distogliere totalmente da ciò a cui stava pensando.
Il ragazzino però, aveva una chiave di cui nessuno era a conoscenza.
Aprì la stanza dei segreti, proprio nell'angolo del suo frizzante cervello. C'era qualcosa. Qualcosa che si era chiesto da tanto tempo, qualcosa che dovrebbe essere stato sepolto tra una promessa e l'altra. Era pronto ad infrangere le sue parole.
Un sorrisetto tutt'altro che innocente si diffuse rapidamente in tutto il suo viso smagrito.
“Si...hai ragione! Credo proprio che ci sia qualcosa di molto interessante...”


Il ventitré Settembre si sarebbe svolta la fatidica conferenza stampa. La burocrazia governativa non aveva concesso molto allo sfortunato Generale, che aveva insistito per un procedimento immediato ed indolore. Le sue negoziazioni furono disordinate, carenti sul fronte della credibilità. Nonostante per Betty rivelarsi al governo fosse alquanto indifferente, data la sua inevitabile apparizione al pubblico, Chester decise di preservare la sua identità.
In un circolo vizioso, sfiducia abbracciò sfiducia. Avrebbero dovuto attendere la bellezza di quattro giorni, e la Red Hunt, nel peggiore dei casi, avrebbe potuto terminare molto prima.
Non tutto svanì nella polvere. I membri del Consiglio, conoscendo il carattere dittatoriale di Justin, non si stupirono di alcune dichiarazioni del Generale Massimo, anche se storsero il naso quando si parlò del Drago della Furia. La questione dei Servizi Segreti fu la questione su cui si focalizzarono maggiormente, facendo partire una serie di controlli a tappeto nella base segreta.
Difficilmente avrebbero trovato qualcosa, ma il tentativo venne apprezzato da tutta la Nuova Alleanza.
In ogni caso, Betty cominciò a fondare le prime preoccupazioni. Non aveva mai visto Chester in quel modo: sembrava logorato, totalmente fuori strada. Non si azzardò minimamente a giudicarlo, ma quel Generale dall'aspetto abbattuto le riservò nel cuore una grande pena.

Mentre Angel cominciò a studiare un piano di difesa, Leila e Miriam decisero di ritardare la loro dichiarazione di resa, cercando di confondere le acque, rendendosi dei perfetti capri espiatori. Le due donne risultarono incluse nell'elenco dei partecipanti alla Red Hunt.
Cercarono di contattare immediatamente il giovane Vincent, che tuttavia si dimostrò totalmente irreperibile. Non restava altro che raggiungere Laganal il più presto possibile.

I Wolfram riuscirono a tornare finalmente a casa. Tutti e tre si lanciarono nei loro morbidi letti, esausti. Riavvolgendo il nastro del passato provarono una dolce sensazione di leggera protezione. L'intero quartiere era diventato un vero e proprio campo militare, difficilmente i tre Comandanti si sarebbero potuti avvicinare senza sollevare un vero e proprio finimondo.
Secondariamente, non era nel loro stile scegliere la strada più semplice. Infine, sapevano perfettamente che prima o poi, i tre sarebbero dovuti uscire allo scoperto: era tra le regole che Matt e Justin avevano stipulato, i partecipanti avevano un limite di tempo di ventiquattr'ore prima di dover uscire allo scoperto, sotto gli occhi del sole. L'esposizione sarebbe dovuta permanere almeno per sessanta minuti.
Se uno dei cacciatori avesse scovato una delle loro prede, sarebbe automaticamente scattata la proclamazione della battaglia, assolutamente imminente, senza la minima scusante. Il duello sarebbe terminato solo quando una delle due Risorse in gioco avrebbe smesso di funzionare, preservando così l'incolumità dei contendenti.
Giocando al gatto col topo, e gestendo le ore di tranquillità, la Nuova Alleanza avrebbe sicuramente potuto resistere fino all'agognata conferenza stampa, anche se questo non avrebbe garantito la conclusione immediata della gara. Conoscendo le reazioni bellicose di Justin, Kamili sarebbe potuta sparire da un momento all'altro.
Il grande vantaggio che coesisteva con lo svolgimento della Red Hunt, più che all'aspettativa di rivalsa, era un elemento fondamentale. Era l'unico fattore che poteva garantire al Comandante dei Servizi Segreti una sorta di sopravvalutazione nei suoi confronti, equilibrando così le sue decisioni, evitando che la giovane ragazza potesse rimetterci il futuro.
In ogni caso, il primo giorno di quella strana libertà imprigionata fu un esperienza a dir poco catartica.
Le scorie negative che ogni membro aveva accumulato si dissiparono, se non del tutto, almeno in una loro gravosa parte. Non avrebbero mai pensato che la loro quotidianità si trattasse di un semplice privilegio, a cui erano rimasti così attaccati da rimanere impreparati, nel caso il mazzo fosse stato sconvolto.
Era la loro vita di sempre, ciò che li rendeva loro stessi.
Quella atmosfera giovò a tutta la Nuova Alleanza, tuttavia, non poteva compiere fin troppi miracoli. Leila e Matt non riuscirono a parlarsi in modo naturale. Le loro frasi erano ancora troppo ingessate, spaventate di venire alla luce. Jane cercò di destreggiarsi in quella bizzarra situazione, ma non riuscì ad essere il filo conduttore che avrebbe sperato.
Mike riprese conoscenza, e diventò l'incubo dell'ospedale a cui era stato affidato. Il fuoco della vendetta aveva irradiato tutti gli incubi che la sostanza paralizzante gli aveva procurato. Dopo un lungo periodo di degenza, una volta ripreso il controllo del suo corpo, la sua guarigione si era rivelata a dir poco eccezionale. La rigenerazione delle punture era accresciuta in modo esponenziale da quando il giovane bulletto era riuscito a risvegliarsi. La simbiosi tra Mike e la sua Risorsa aveva giovato al suo rientro in campo, un legame roccioso, scolpito in due anime che formavano un solo corpo.
Tutta la sua energia esplose in dispetti, capricci e marachelle. Dopo che tutti i test vennero effettuati, e constatando la completa ripresa del giovane dai capelli rossi, i medici dimisero il ragazzo in quattro e quattr'otto.
Wesley passò la giornata giocando con le parole dei suoi libri preferiti. Una poesia in particolare, consigliatagli da un bulletto misterioso, lo aveva colpito così profondamente da lasciarlo quasi senza fiato dall'emozione. I due poi si erano sentiti al telefono, parlando del più e del meno.
La famiglia di Peter s'improvvisò un piccola pasticceria. Prepararono una marea di dolci, dai muffin ai biscotti, per coronare il tutto con una cheesecake ai frutti di bosco.
Miriam si sentì ancora più madre di quanto non lo fosse già, insegnando ai due figli i suoi deliziosi trucchetti, tra una guerra di farina e l'altra. I due ragazzi, all'inizio rimasero totalmente spiazzati dalla sua iniziativa, in seguito furono piacevolmente sorpresi.
Tristezza e scetticismo rimasero nel dimenticatoio.
Angel non smise di lavorare ai video, cercando di trovare il più misero indizio, dal mattino fino alla sera. La moltitudine di privilegi che aveva ottenuto - seppur contro la sua volontà - risultarono insopportabilmente assillanti, obbligando il ragazzo a non ignorarne nemmeno i più impercettibili aspetti dei filmati che stava analizzando.
Al calare della notte, si concesse una comprensibile pausa. Sorseggiando lo Chardonnay che si era segretamente conservato, auspicando una migliore occasione per poterlo gustare in santa pace, decise di staccare gli occhi da quello schermo che ormai l'aveva quasi completamente imbrigliato. Fu un delicato attimo, respiri gustosi, inebrianti.
“Scusami, avremmo dovuto berlo insieme...ma in questo momento proprio non ce la faccio. E' l'unico modo che ho per staccare la spina..:” pensò tra un sorso e l'altro, riuscendo a non alzare troppo il gomito.
Si arrese senza accorgersene, addormentandosi sulla scrivania.


Il conto alla rovescia cominciò a battere rumorosamente, sbattendo le porte del destino.
Al secondo giorno, nessuno si era azzardato a sporgere il naso fuori dalle proprie abitazioni. Il conteggio era stato inizializzato all'una del pomeriggio del giorno precedente, e alle nove del mattino, niente si era ancor smosso. Mancavano appena quattro ore.
Sotto gli occhi attenti dei soldati dell'esercito, Leila uscì dal suo condominio come se nulla fosse. Borsa in spalla, si recò al supermercato più vicino, per poi uscire venti minuti dopo, con un paio di sacchetti di plastica ricolmi di spesa.
“Temo che dovrai lasciare tutto quel peso a qualcun altro.” il Secondo Comandante, appollaiato su un albero non lontano dal supermercato, si fece notare con la sua voce, possente e giovanile.
“Tu saresti?” rispose Leila, non particolarmente impressionata.
Saltò giù dal massiccio ramo di quercia che l'aveva sostenuto fino a quel momento.
“Sono il secondo Comandante dei Servizi Segreti, mi chiamo Ezdard.” ad d'un tratto, perse inspiegabilmente ogni tono di professionalità “E io so chi sei tu! Leila...una combattente formidabile, la punta di diamante della Nuova Alleanza! Sono davvero, davvero emozionato di poterti sfidare!”
Mentre il ragazzo saltellava dalla gioia dell'esitazione, Leila non rispose. Con fare indifferente prese la spesa e si diresse alla sua destra svoltando l'angolo. Il povero Ezdard ci rimase piuttosto male, e solo dopo qualche secondo di sconcerto, riuscì ad avere le forze per seguire la donna.
Era inviperito.
Mentre la Risorsa di Ezdard raggiunse il suo possessore, scendendo elegantemente dall'albero in cui entrambi si erano nascosti, Leila non smise di camminare, nella più completa freddezza.
“E perché mai dovrei mettermi a giocare con un ragazzino?” rispose senza voltarsi, con un tono fin troppo altezzoso.
“M-ma! Come si permette! Non può ritirarsi, le regole sono state stipulate!” il rispetto che aveva per la guerriera di fronte riuscì a trattenere ogni risentimento nei suoi confronti “La prego, cerchi di collaborare! Sono sicuro che non resterà delusa da me!”
Dopo uno sbuffo poco solidale, Leila si voltò verso il suo futuro avversario, aveva smesso di scappare una volta per tutte.
“E va bene, se proprio vuoi una battaglia, avrai una battaglia. Non ti lamentare però se alla fine rimarrai con un pugno di sabbia in mano.”
“GRAZIE!” strepitò il Secondo Comandante, afferrando la sua Risorsa, prontamente trasformata “Ci divertiremo tantissimo! Sarà tutto davvero fantastico, anche se sarò io a vincere!” il suo stato d'ingenua trepidazione era perfettamente paragonabile a quello di un bambino, appena giunto nel Paese dei Balocchi.
“Sarà tutto come dici, certamente...ma non prenderò parte a tutto questo. Mi ritiro ufficialmente dalla Red Hunt, qui ed ora!” sorrise, quasi un gesto di scherno nei confronti di un Ezdard dal cuore spezzato.
“Ma che...che diamine le ho fatto! Perché è così meschina con me?!” uno sfogo che non lo fece nemmeno sentire sollevato.
“Non essere triste. Avrai la tua sfida...” all'improvviso, dai lati della piccola stradina dove Leila si era infilata cominciò ad accadere qualcosa.
Dei coni composti da papiro spuntarono fuori dalla parete del supermercato, precisamente alla loro sinistra, invadendo tutto il perimetro della sua facciata, occupando quasi cento metri di distanza. Così facendo tracciarono un percorso che ben presto, si sarebbe rilevato qualcosa di molto insidioso: un imboscata dallo stile ineccepibile.
Matt, Jane ed Enigma apparvero magicamente da un portale dimensionale, che li fece giungere proprio sul tetto del supermercato.
“La pochissima gente che girava qui attorno...i camion che sono passati di frequente dalle zone di Pervas...i miei colleghi mi avevano detto di aspettare! Sono stato incauto!” pensò Ezdard, pentendosi della sua spensieratezza.
Senza passare ai convenevoli, Matt ordinò alla penna si scagliare un potentissimo flusso elettrico, che investì completamente i coni posizionati meticolosamente dal ragazzino incappucciato.
Il flusso di corrente si diffuse su ogni cono, come in un carosello di luci natalizie, Ezdard non fu abbastanza lesto a capire cosa stesse succedendo, si aspettò un attacco diretto che mai avvenne.
Il papiro rilasciò l'elettricità, che venne proiettata in tante linee rette ed orizzontali, infrangendosi contro l'edificio posizionato di fronte a quella facciata del supermercato, uno stabilimento completamente - e non casualmente - abbandonato.
In questo modo, il Secondo Generale venne intrappolato dall'essenza del fulmine, in un perfetto campo di battaglia profondamente studiato.
“Pensavi davvero che aspettassimo di farci sorprendere da voi?” esclamò Leila, provando una piccola dose di tenerezza nei confronti dello sfortunato prigioniero.
Ezdard cercò uno spiraglio senza speranza. Di fronte a lui, così come alle sue spalle e sopra la sua testa, i flussi di corrente non smettevano di scorrere, ricreando delle grate strette e impossibili da scassinare.
Jane evocò un altra apertura dimensionale, che fece sparire la madre, proiettandola direttamente sul tetto. Con un altro piccolo sforzo Enigma fece il viaggio opposto, atterrando sul proprio terreno di gioco.
“Te la vedrai con me.” affermò un Enigma particolarmente centrato.
“Tsk...mi avete trattato come un mero incompetente, fin da quando mi avete incontrato, solo perché ho cercato di essere amichevole con voi...”
Il volto di Ezdard sembrò essere vittima di una possessione, solo per un decimo di secondo. La rabbia lo aveva punto senza farsi notare, aveva contaminato ogni suo muscolo facciale, ma solo per un nefasto secondo d'oscurità.
“Lasciamo il resto a te Enigma. Potrebbero giungere gli altri due Comandanti, per questo dobbiamo ispezionare la zona.”
“Gli altri due sono lontani...non arriveranno mai in tempo.” Ezdard sorrise, in un modo totalmente diverso da quello era solito fare “Non c'è nulla da temere...in tre minuti sarà tutto finito.”
Si avvertì una strana energia nell'aria, Enigma sapeva che avrebbe dovuto dare il massimo fin dall'inizio.
“Fallo nero, Enigma!” gridò Matt, prima di sparire assieme alla famiglia, verso un altro squarcio dimensionale.
“Davvero? Solo tre minuti?” chiese Enigma, in posizione di guardia “ Beh, permettimi di farti un regalo. Saranno i tre minuti più umilianti della tua vita.”
 
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view post Posted on 17/11/2017, 15:34     +1   -1
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3.5 Affari in Sospeso


“Sei tutti noi Enigma...” il giovane Wolfram era appena tornato a casa, famiglia al seguito, dopo un rapido giro di perlustrazione. Il tempo di esposizione era finalmente terminato.
Ezdard non aveva mentito, non c'era traccia degli altri due Comandanti, la battaglia non avrebbe subito alcuna interruzione.
“C'è qualcosa che non va?” chiese Leila, avvicinandosi dolcemente al pargolo, seppur leggermente riluttante.
“Tranquilla, è tutto a posto.” distolse lo sguardo, sorridendo al novanta per cento “Sono solo preoccupato per Enigma. Il Secondo Comandante potrebbe sembrare un brocco della peggior specie...ma quando l'abbiamo guardato da vicino, ho sentito qualcosa che non mi è piaciuto per niente.”
“Vedrai che Enigma ne verrà a capo.” cercando di rincuorare il giovane Matt, Leila stava tentando di risollevare anche se stessa, così come il loro legame, a tratti scheggiato dall'indecisione.
Non avevano nemmeno fatto in tempo a chiudere la porta, che un intruso si infiltrò nella loro tana con la scioltezza di una lepre in stagione di caccia.
“Ciao microbo! E' da tanto che non ci si vede!” un Mike all'apparenza perfettamente in salute fece un rapido ingresso nella dimora dei Wolfram. La sua comparsa condì quell'atmosfera malinconica con un gusto di speziata allegria.
“Mike, stai bene!” gridò Matt, stringendogli la mano.
“Sono sano come un pesce!”
“Esatto! Un pesce infilzato da uno spiedino, pronto per essere grigliato...” il solito umorismo tagliente della giovane Jane, che subito dopo mise in chiaro i suoi veri pensieri “Sono contenta che tu stia bene, Mike.”
Il bulletto dai capelli rossi arrossì, prima che Leila gli mostrasse tutta la sua ospitalità.
“Ci voleva davvero una bella notizia! Accomodati pure, non fare complimenti!”
Davanti ad una spremuta d'arancia, i quattro si schierarono attorno al tavolo del soggiorno, aggiornandosi sulle loro ultime faccende, cercando di apprezzare ogni momento di preziosa serenità.
Una batteria spensierata che troppo presto esaurì i suoi argomenti.
Dopo qualche secondo di silenzio, Jane cercò di evitare situazioni spiacevoli.
“Credo che andrò a farmi un riposino. Sapete com'è, il mio corpo ne ha proprio bisogno!” cercò di congedarsi, sperando che tutti si fossero dispersi, evitando così di parlare di cose spiacevoli.
Non era affatto il momento.
“Il dolce far niente!” rispose Leila divertita “Credo che ti seguirò a ruota, ti avviserò quando ci diranno come è andata la battaglia. Voi invece che farete?”
“Ci inventeremo qualcosa...” replicò Matt, a corto di scuse.
“Buon riposo signora Wolfram!” concluse Mike cordiale, prima di indugiare nello sguardo di Jane “E' tutto a posto? Se hai bisogno di qualcosa...”
Avendo intuito cosa fosse quella strana esibizione di sentimenti, Matt si mise in disparte, osservando la situazione da un angolino, senza origliare. Leila aveva già raggiunto il suo agognato letto.
“Si, è tutto a posto. Ho solo bisogno di staccare...credo.”
“Eppure dal tuo viso sembra che tu stia pensando a qualcosa. Non voglio impicciarmi...nemmeno forzare qualcosa che ancora non riesci ad esprimere. Ma sappi che sono qui...non vado da nessuna parte!”
Le due parti andavano sullo stesso binario, una contro l'altra. Jane stava cercando di tagliare il discorso, per il bene di tutti. Mike invece stava tentando di allacciare qualcosa che forse, a piccoli passi, avrebbe potuto germogliare un sentimento diverso.
Si guardarono negli occhi. Un indizio sufficiente per il ragazzino dai capelli rossi, che riuscì a deviare il binario dei malintesi.
“In ogni caso, bella mossa.”
“Scusami?”
“Hai fatto bene a distrarre quei due. Non si sono ancora chiariti del tutto, e parlare della Red Hunt di certo non avrebbe aiutato. Così avranno tempo per rilassarsi e sarà più facile per loro...tornare ai vecchi tempi.”
Jane apprezzò profondamente quel tipo di perspicacia.
“L'hai capito! Non ero sicura di quello che stavo facendo, ma sono contenta abbia funzionato!”
“In questo momento, sei tu quella che ha in mano la situazione.” aggiunse Mike fiducioso “Hai una grande responsabilità sulle spalle, ma non è giusto che tu le affronti tutta da sola.”
“E per questo ti sei reso disponibile...grazie, davvero!”
Quelle parole l'avevano risvegliata. Si sentiva un po' più libera dalle avversità, di buon umore, pronta a sorridere contro il suo stesso acido cinismo.
“Va bene, allora se avrò bisogno di aiuto te lo dirò. Va bene?” fece per entrare nella sua stanza, diede un ultima occhiata a Mike, e poi chiuse la porta.
Mike arrossi nuovamente, e camminando in modo piuttosto scomposto, raggiunse il giovane Matt. Era facilmente individuabile, dato che, da dietro le quinte, saltellava come una molla ubriaca.
“Che cosa hai combinato?!” chiese Matt, cercando i dettagli “Ok non sono un esperto per quanto riguarda queste cose...ma non sono mica così stordito! Dai raccontami!”
“Penso di aver fatto qualche punto...” guardando fisso il vuoto, non riuscì a contenere la sua contentezza “Lo spero tanto!”
Jane era rimasta immobile, schiena alla porta.
“Ha ragione. Sono l'unica che in questo momento può fare qualcosa. Ma di certo non posso sfidare il Primo Comandante, sarebbe un suicidio...ma c'è qualcuno con cui ho un conto in sospeso...”
Fece qualche passo, fino a quando, quasi spontaneamente, non tornò ad appoggiarsi alla porta.
“Aspetta un secondo...non è che Mike...”


Un soffio d'autunno.
Occhi chiusi, un Vincent silenzioso.
Uno spiazzo tra la fitta vegetazione attorno a Nelk.
Il ragazzo era seduto a contatto con la terra, gambe incrociate, accanto alla sua Risorsa.
Trasformata in katana e conficcata nel terreno, la lama dell'arma vibrò leggermente.
Vincent aprì gli occhi.
In un lampo, scagliò un fendente orizzontale sorprendendo un guerriero incappucciato, completamente vestito di nero. Dall'alto, un sussurro di vento gli suggerì di spostarsi, mentre una pioggia di kunai cominciò a piangere su quel campo di battaglia. Con un polso fluido quanto un ruscello primaverile, Vincent respinse ogni singola minaccia, per poi lanciarsi in volo, trasformandosi in aquila. Ritornò alla sua forma originale, giusto qualche attimo prima di stanare la sua preda, in grado di levitare si, ma non di sfuggire all'inevitabile.
Un altro guerriero perfettamente mimetizzato venne scovato e messo al tappeto in qualche secondo.
Il ragazzo atterrò con una perfetta coordinazione, ma tremendamente insoddisfatto.
“E' troppo facile. Vi ho dato ben quindici secondi di vantaggio questa volta.” sentenziò amareggiato.
“Ci spiace...” i due ragazzini incappucciati si rialzarono, con qualche acciacco, l'unica vera ferita era quella nel loro orgoglio.
“No, non è colpa vostra. Ma devo trovare un allenamento più...provante. Siete tra i migliori per quanto riguarda le missioni di spionaggio, e siete davvero giovanissimi...non avete nulla di cui preoccuparvi.” con fare amichevole, si avvicinò ai due ragazzini ancora incappucciati.
“Siete ancora qui?” Tara raggiunse il campo d'allenamento, con una camminata così leggera che avrebbe potuto calpestare una manciata di mine inesplose “Come stanno procedendo gli allenamenti?”
“Le abbiamo prese come al solito.” affermò il più magrolino dei due, nemmeno tredicenne.
“Ne avete di strada da fare, ma non temete.” come capo delle Ombre del Passato, la donna non faceva mai sentire i più giovani fuori posto, anche se venivano relegati a compiti decisamente ristretti “Contro di me...il vostro maestro mangia la polvere!”
“Che cosa?!” i due ragazzini ridacchiarono, parlando tra loro, mentre Vincent manifestò la sua nobile offesa “Forse un anno fa. Ma l'età avanza, e sappiamo che non sei più quella di un tempo...”
Agganciò il suo orecchio, in un battito di vento.
“Mi stai dando della vecchia?!” rispose Tara, falsamente adirata.
“Fa male!” esclamò Vincent, cercando di rinnegare tutto “Certo che no! Non mi permetterei...mai!”
Tara lasciò la presa, continuando a recitare in una commedia scherzosa. I due ragazzini, orfani da fin troppo tempo, invidiarono quel rapporto madre-figlio così disteso, costituito da un reciproco rispetto, ricamato fino alle fondamenta più profonde.
“So che vuoi superare i tuoi limiti. In fondo c'è sempre qualcuno più forte di noi, da qualche parte, chissà dove.”
“Madre...” riflesse il suo desiderio verso Tara, doveva sentire il suo fremito, la sua pelle che richiamava un allenamento estenuante e remunerativo “A parte gli scherzi, voglio davvero misurarmi con te. L'apprendimento non ha confini, me l'hai insegnato tu.”
“Mi stai chiedendo un addestramento? Proprio tu?” si grattò il naso, all'inizio incredula, poi desiderosa di udire il resto della storia.
“Si...proprio io. Sono stato in grado di autogestirmi quasi sempre. Ma adesso la situazione lo richiede, e voglio arrivare al massimo delle mie potenzialità, e solo tu puoi farmi raggiungere questo obiettivo!”
Con un rapido cenno, Tara congedò i suoi insaziabili spettatori. Aveva bisogno di riflettere, in una conversazione senza alcuna interferenza esterna. Qualche attimo dopo riprese i suoi passi.
“Devi aver incrociato qualcuno di davvero fuori dall'ordinario... per arrivare fino a questo punto.”
“Lo so. In questi anni sono diventato il Signor faccio-tutto-da-solo. E forse mi sono anche sopravvalutato. Non m'importa del passato. In questo momento i Servizi Segreti, coloro che stiamo combattendo, hanno tra le loro fila degli elementi davvero in gamba. Devo essere all'altezza.”
“Lo fai per i tuoi nuovi amici? Sai come la penso...”
“No, io non tradirei mai la lealtà di questa organizzazione. Ma sono delle persone di cui ci possiamo fidare, te lo posso garantire!” sapeva che la madre non era interessata a contaminare le Ombre del Passato con qualcosa che provenisse dall'esterno. Tuttavia cercò in ogni modo di farle cambiare prospettiva, almeno per quella occasione.
“Uhm...e va bene.” la gioia di Vincent venne spenta come una piccolissima candela di compleanno “Ma vedremo cosa fare dopo la vostra spedizione...non posso massacrarti proprio alla vigilia di una missione così rischiosa. Non credi?”
Il suo desiderio era stato esaudito, con le dovute condizioni. Nei suoi occhi, il viso del Primo Comandante non faceva che scomparire in un miliardo di granelli di sabbia, scacciato dalla katana soshu di Vincent.
“Prega solo di finire la Red Hunt prima che torni dalla montagna...o in questa competizione potresti avere un piccolo...incidente.”


Dopo un oretta di riposo, Leila preparò i bagagli dell'avventura, partendo per Laganal, dove avrebbe incontrato Vincent, Miriam e Loretta, organizzando così la spedizione futura.
Angel sarebbe giunto a casa Wolfram in una mezz'oretta, mentre la battaglia tra Enigma ed Ezdard non era incredibilmente terminata.
Il tempo scorreva troppo velocemente. Una clessidra troppo permissiva che Matt decise di ignorare, coinvolgendo Mike nella sua misteriosa crociata.
“Perché mi hai portato qui? Non mi piace affatto questo posto.”
Mike si guardò attorno spaesato, nei bassifondi delle cantine di quel condominio, dove i Wolfram abitavano felicemente, più o meno.
“Era qui...da qualche parte! Deve essere qui!”
“Di che stai parlando? E te lo ripeto, che diavolo ci facciamo qui?!” chiese un Mike sempre più disorientato.
“Angel dovrebbe arrivare a momenti, per analizzare ancora una volta i nostri futuri combattimenti. Ma...non credo di essere pronto, devo distrarmi con qualcosa.”
“E tu giustamente ti distrai con ragnatele e muri rinsecchiti?” una lamentela più che lecita da parte del bulletto dai capelli rossi.
“Certo che no!” stizzito, cercò di attirare la sua attenzione “Vedi, sono già stato qui. E la prima che sono passato in questo punto, non solo c'erano dei Green Blood nascosti nell'oscurità, ma anche qualcos'altro...una pavimentazione d'acciaio o qualcosa del genere!”
“Come mai sei interessato a questa lastra di dannatissimo acciaio?”sbuffò piuttosto seccato, illuminandosi il viso col suo smarthphone, unica fonte di luce in tutta la stanza, assieme alla Risorsa di Matt.
“Queste cantine sono vecchie come il cucco! E' impossibile che siano fatte d'acciaio, specialmente quello che ho visto io. Era troppo recente, quasi pulito, almeno rispetto a tutto quello che ci circonda.”
Gli occhi verdissimi di Mike si accesero, facendogli scompigliare i suoi cortissimi capelli rasati.
“Una stanza segreta!”
“Beh chi può dirlo?” sorrise, finalmente aveva trovato il suo compagno di giochi “Ma sicuramente potrebbe essere l'accesso per qualche edificio misterioso! Non c'è miglior modo per prendersi una degna pausa!”
“Basta che non finiamo nuovamente nella base dei Servizi Segreti...” ironizzò Mike, cerando di rimuovere quella ingloriosa esperienza.
“Non sarà una cosa lunga, voglio solo capire di che cosa si tratta, poi torneremo indietro!” avrebbe davvero desiderato che le sue parole risultassero una bugia, ma in fondo non aveva dimenticato il suo senso del dovere.
“Ti aiuto a cercare!” esclamò Mike, cominciando ad esplorare quel corridoio, deturpato dall'abbandono.
“Probabilmente l'esercito è passato di qui. Avranno cercato di celare il punto esatto, ma non credo si siano sprecati troppo. Avrebbero attirato l'attenzione...”
“E che c'entra l'esercito in tutto questo?!” domandò Mike, sperando di non finire nei guai ancora una volta.
“Ecco... è una storia lunga! Diciamo che solo io, al di fuori dell'esercito di Gracalm, sono al corrente di questa stranezza. Mi hanno fatto promettere di non dirlo a nessuno. Ma che vuoi che succeda se diamo una rapida occhiata!”
“Ben detto topastro!” Matt non fu molto entusiasta del suo ennesimo nomignolo piuttosto dispregiativo, almeno in superficie “Sono veramente stufo di questi inutili segreti!”
I due cominciarono a cercare, in un abisso di oscurità dove forse, in qualche fondale, lo scrigno del tesoro li attendeva con trepidazione.
“Questa parete...non me la ricordo!” affermò Matt, sicuro del suo passato “Da questa parte si attraversava un lungo spiazzo, per poi arrivare alla tana di...una bestia schifosa!”
“Hai ragione. Sembra molto più recente degli altri muri, col buio non si riesce a capirlo subito! Però...una cosa è sicura.” dopo un rapido passo indietro, la pelle del suo braccio destro si riforgiò nella sua adorata corazza lavica.
Con un dritto devastante, sfondò il muro fino a sgretolarlo, cancellando la sua precaria costituzione “E' come hai detto tu. E' stato costruito in gran fretta, non si sono impegnati così tanto!”
“Spero non ci abbiano sentiti!” bisbigliò Matt, apprensivo “Abbiamo circa venti minuti prima che Angel arrivi a casa, bisogna anche contare il tempo che ci mettiamo a tornar su!”
“Aspetta un momento! Che cosa hai detto a Jane? Lei sa che siamo qui?”
“Mia sorella, per quanto sia rompiscatole...è facile da corrompere!” dichiarò Matt, sogghignando come il peggior malvagio delle favole “Una ventina di Spells sono sufficienti per poter fare un giro in santa pace senza che lei s'impicci...almeno per un po' di tempo!”
“Anche a lei piacciono i soldi eh?” Mike sorrise, un altro tratto che lo colpì nel suo interesse, per quanto strampalato si trattasse “E' giusto tenere ai propri risparmi, possono sempre tornare utili nei momenti più opportuni!”
“Hai proprio due prosciutti giganti conficcati negli occhi...” biascicò Matt, cercando di trattenere il suo lato più lagnoso, per il bene della loro piccola missione segreta.
I due proseguirono oltre il muro, verso una nuova terra, ma bastarono pochi passi oltre il confine per avvertire qualcosa di nuovo.
“Eccolo! Lo stiamo calpestando, il pavimento che dicevo!”
Mike toccò la fredda superficie, e per poco non si congelò i polpastrelli. Quella lastra era un perfetto esempio di termica solitudine.
“Questa sembra molto più solida, non credo riuscirò a buttarla giù senza fare un bel casino!” dichiarò Mike, piuttosto assorto.
“Questa volta ci penserò io.” rispose Matt, sfoggiando un sorriso da piccolo gentiluomo “La prima volta che ho raggiunto questo punto ero ancora un bambinetto inesperto...”
“Ancora?” lo sbeffeggiò l'amico, nascondendosi dietro il palmo della sua mano.
“Dai piantala! Il tempo sta viaggiando contro di noi!” dopo quella sgridata, non fu del tutto semplice riprendere il filo del suo annodato discorso “Col passare del tempo, ho appreso molte abilità, una in particolare mi sarà molto utile...stai indietro!”
Matt ordinò alla Risorsa di trasformarsi in stocco, e quella buffa quanto vitale essenza librò le sue ali sempre più pure, mutando in un turbinio di leale vivacità. In seguito, il ragazzino appoggiò la punta dello stocco sull'area designata, rilasciando qualche goccia di liquido sfavillante, fino a tracciare un rettangolo fosforescente.
“Ah, ho capito! Prima non potevi farci saltare tutti in aria. Ma ora puoi!” ironizzò Mike, facendo qualche passo indietro aggiuntivo.
“Non essere così pessimista!” lo rassicurò il minuto compagno “Mi sono esercitato tanto negli ultimi mesi. Ho cercato di aumentare il controllo delle esplosioni per riuscire a neutralizzare i nemici, senza coinvolgere i miei compagni di squadra. Come vedi, ho lasciato cadere una quantità minima di liquido. Il botto sarà ridotto solo al necessario.”
Pareva si fossero catapultati in una stazione aerospaziale, si erano nascosti a qualche metro di distanza, dietro ad un angolo, accovacciati.
“Il conto alla rovescia è tutto tuo.” affermò Mike, che non stava nella pelle.
“Perfetto! Tieniti forte! Il bello verrà tra tre...due...uno...”
“Boom.” disse una terza voce.
Angel si era materializzato alle loro spalle, e il terrore che riuscì ad incutere ai ragazzini fu così intenso che Matt perse il controllo, non riuscendo a fermare la deflagrazione.
Fortuna per quel trio, l'intensità del fragore non fu affatto pericolosa, e disegnò solamente una botola misteriosa proprio in mezzo a quel corridoio impataccato, sollevando ogni granello di polvere che fino a quel momento aveva riposato in pace.
“Che cosa state combinando?!” braccia conserte, ciuffo sul viso, poca luminosità. Angel era in posizione decisamente intimidatoria.
“Accidenti! Perché sei venuto così in anticipo!” si lamentò Matt, cercando di sgattaiolare via dalle domande scomode.
“Sono un tipo che detesta i ritardi, qualcosa in contrario?” obiettò Angel, tastandosi la fronte “Menomale che tua sorella vi ha visti entrare nelle cantine dal balcone...o non avrebbe potuto indicarmi dove vi eravate rintanati...lo sapete che state rischiando di cacciarvi in guai seri?”
“Appena arrivo a casa la strozzo lo giuro!” commentò Matt, continuando ad ignorare la sua colpevolezza.
“Ascolta...non saremmo andati da nessuna parte!” Mike prese le parti più diplomatiche, cercando di giocare con le parole, come spesso gli riusciva “Volevamo solo verificare i nostri sospetti. Matt mi ha raccontato di una stranezza che forse ci avrebbe condotto ad un nascondiglio segreto, Volevamo soltanto dare una controllatina per poi tornare in casa! Andiamo, nessun Comandante potrebbe mai trovarci qui sotto!”
“Un nascondiglio segreto?” Angel cercò di non assecondare le vocine nella sua testa “E perché avete fatto tutto di nascosto?”
“Perchè in teoria...solo io dovrei essere a conoscenza di questo segreto! Io e...Chester.” con un tono apparentemente innocente, il ragazzino dal ciuffo spettinato lanciò la sua ragnatela.
“Stai dicendo che Chester ha nascosto qualcosa proprio qui? Nelle cantine di questo condominio? Seriamente?!” tentò di sbirciare il corridoio con lo sguardo, ma non riuscì ad esporsi abbastanza per avere un chiara anteprima di quello strano segreto.
Avrebbe dovuto schierarsi, da una parte o dall'altra. L'esitazione non era permessa.
“Ehm...sentite. Io non vi voglio chiudere in gabbia, non lo farei mai.” i due ragazzini capirono, aveva pienamente abboccato “Se volete fare delle cose del genere, la prossima volta abbiate la decenza di avvisarmi. Per me va bene se facciamo qualche pausa, specie se abbiamo in serbo qualcosa di decisamente...interessante.”
Era fatta. Ed ecco un altro membro della squadra di ricerca.
I tre si diressero verso quella botola strettissima, cercando di buttare gli occhi verso uno strano pozzo che si era repentinamente forgiato. C'era uno spazio appena sufficiente per farci passare un adulto.
“Uhm, vedete il fondo?” chiese Matt, cercando di scavalcare con lo sguardo le due persone di fronte a lui.
“Credo di si non è troppo profondo. In ogni caso è buio pesto.” rispose Angel, sempre più curioso.
“C'è davvero una stanza qui sotto, Matt avevi ragione!” Mike, pienamente soddisfatto, stritolò amichevolmente il suo piccolo amico.
“Andrò per primo.” Angel si prese l'esclusiva, lasciando i due ragazzini a bocca assciutta.
“Cosa?! C'eravamo prima noi!” il possessore della penna cercò di far valere i suoi diritti, ma fu tutto inutile.
“La struttura potrebbe non essere solida come sembra, prima è meglio tastare il terreno. E' molto più sicuro mandare me per primo.” rispose il ragazzo dalla barba nera, per niente permissivo.
“Certo, come no!” sbuffò Matt, imbronciato “Si vede che stai ridendo Angel!”
“I-io? Hai preso un abbaglio...” concluse il ragazzo dalla barba nera, sghignazzando tra le ombre.
“Ma Jane non può prendere parte all'esplorazione?” chiese Mike dal nulla, cercando di risultare discreto.
“Assolutamente no! Ha fatto la spia e quindi non si merita il divertimento!” controbatté il dolce fratellino della diretta interessata.
Tirando fuori il suo smarthphone e utilizzandolo come torcia, Angel saltò giù dall'insenatura senza pensarci due volte scendendo di circa tre metri più in basso.
Attorno a lui non sembrava esserci anima viva. La luce del giorno non era nemmeno al corrente dell'esistenza di quel luogo.
Batté lo scarpone sinistro al suolo. Rumore metallico, di nuovo.
“Non è naturale, qualcuno ha costruito qualcosa qui...è solamente una stanza, oppure qualcosa di più?” si chiese il Guerriero Ardente, avanzando lievemente “Ah Chester...perchè hai voluto che nessuno conoscesse questo posto...me l'hai davvero servita su un piatto d'argento.”
“Come va laggiù? Possiamo raggiungerti? La mia Risorsa può farci risalire senza problemi!” Matt non avrebbe voluto essere così insistente, ma fu più forte di ogni altra tentazione.
“Lascia che controlli come si deve!” rispose il Dragon Charmer, sull'onda della sicurezza.
Si affiancò alla prima parete che riuscì a tastare, per garantirsi un sicuro appoggio del tutto cieco. Cercò d'intravedere il materiale che la sua mano sinistra stava accarezzando, vagando tra il buio e la meraviglia.
“Questo tipo di struttura...è andata in malora da tanto tempo, ma i materiali che hanno usato solo all'avanguardia!” diede qualche colpetto alla parete per avere qualche informazione in più “E' davvero resistente, non credo di aver mai visto nulla del genere.”
Nel bel mezzo dell'analisi, qualcosa lo mosse.
Le sue gambe cominciarono a fremere, il suo corpo, per qualche strano motivo, entrò in uno stato di allerta disperata.
“No...non può essere...non qui!”
“Che succede?! Non ti sentiamo più Angel!” gridò Mike, dall'altra parte dell'universo.
“DISTRUGGETELA!” il suo grido squarciò la quiete delle cantine, rimbombando in continuazione “Distruggete la botola! Ora!”
“Che cosa?!” Matt rimase di sasso, ma cercò di restare lucido, facendo generare altro liquido esplosivo dalla sua Risorsa.
“Che cosa hai visto?!” domandò Mike, agitato.
“Non è qui...ma forse non è poi così distante. Non l'ho visto, ma lo sento...è una sensazione che mi scava brutalmente nella pelle! In questo luogo, o nelle sue prossimità, è passato un Drago! Ed uno bello grosso! Ne sono sicuro!”
Il respiro dei due ragazzini venne tagliato con un paio di forbici affilate. La sorte sembrava volerli rigettare nella stessa barca che li aveva affondati senza pietà. Ma in questo caso, era molto, molto peggio. Matt non riuscì ad accettare quel flusso d'illazione.
“Non può essere! Chester non può averlo fatto! Non può aver imprigionato un Drago! Io non ci credo!”
“Non aspettare! Sento che si sta avvicinando!” gridò Angel, cieco da ogni direzione “Se dovesse localizzarci, potrebbe tentare di di arrivare a voi, e se arrivasse in superficie...potrebbe succedere di tutto! Non possiamo conoscere le intenzioni di questa creatura, ma se è stato rinchiuso qui sotto, sicuramente non è particolarmente amichevole!”
Una nuova detonazione avrebbe dovuto invadere il cuore di quelle cantine segnate dalla mala sorte.
Mike e Matt si guardarono negli occhi.
Il piccolo Wolfram ripensò alle parole di Angel.
Aveva capito. Era la cosa giusta da fare.
I due ragazzini saltarono giù.
Giunsero dal compagno che mai avevano pensato di lasciare.
Una violenta esplosione chiuse il passaggio tra due realtà. L'inferno lasciò spazio a qualcosa che si trovava ancora più in profondità. Oltre l'abisso.
“Perché?! Perché l'avete fatto?!” bisbigliò Angel, che contrariato, apprezzò comunque il gesto.
“Sarai anche un grande combattente, ma non possiamo lasciarti da solo, al buio, a fronteggiare una creatura così pericolosa!” ribatté Matt, senza alcun rimorso “Siamo la Nuova Alleanza, e nessuno, e dico NESSUNO, viene lasciato indietro!”
“Questo è un pericolo incombente! La Red Hunt può attendere per un po' non credi?” aggiunse Mike, spalleggiando lo gnometto dagli occhi nocciola.
“E poi, scommetto che Jane ha sentito l'ultima esplosione. Verrà sicuramente ad aiutarci, e grazìe alla sua Risorsa saremo fuori di qui in men che non si dica!”
Uno strano verso echeggiò per ogni ignoto anfratto. C'era veramente qualcosa, in quel maestoso e sconfinato paradiso delle tenebre, qualcosa stava attendendo i tre inaspettati ospiti.
“Chester...posso fidarmi ancora di te?” pensò Matt, che scoraggiato, non fece altro che guardare il nero totale.

Nel contempo, una Jane in tutta fretta, stava scendendo le scale del suo condominio.
D'un tratto, la fastidiosa suoneria del suo cellulare riuscì a rallentarla.
“Che c'è?! Sono occupata adesso, se dovete dirmi qualcosa...”
Si zittì. Restò ad ascoltare per pochi secondi, fermando la sua frenetica discesa.
Era ufficiale. Enigma era stato sconfitto.
 
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Quanto tempo...grazie ancora per farmi pubblicare qui!


3.6 Un Vicolo Cieco


Più di un ora prima...

"Mi avete davvero giocato!" Ezdard sembrava essere ritornato alla sua versione fanciullesca, ma la sua Risorsa aveva intenzioni assolutamente bellicose.
"Se vuoi posso porre fine alle tue sofferenze, risparmia il tuo tempo, fidati di me." suggerì un Enigma sicuro di sè.
"Fai del tuo peggio." rispose il biondino a tono, prima d'accorgersi di un particolare inchiodante.
Le sue scarpe erano come incollate al suolo, non c'era modo di smuoverle, un cemento invisibile sembrava averle avvolte in una bizzarra fissità.
"Che ne dici? Forse l'ho già fatto:" un Enigma pragmatico passò all'attacco, sfoderando le lame di papiro con cui era solito passare all'offensiva.
Ezdard carpì la presenza della Risorsa avversaria in tutto l'asfalto che lo sorreggeva, così come nelle parete alla sua destra. Aveva capito che nemmeno quelle superfici silenziose gli avrebbero permesso il minimo vantaggio.
"Ha ricoperto tutte le superfici solide col suo papiro, tutto il campo di battaglia è invaso dal suo potere!" pensò il giovane Secondo Comandante, prima di subire una sferzata rapidissima al fianco.
Enigma balzò sull'unica parete disponibile. Il papiro rese la gravità un inutile virgola, permettendo al suo possessore di correre sul vasto muro verticale.
L'agente dei Servizi Segreti non si perse d'animo, e ordinò alla sua Risorsa di scomporsi. La base del ventilare, un boomerang dalle unghie pungenti, non aspettò nemmeno un cenno d'aria, e si mise all'inseguimento dell'unica minaccia all'orizzonte.
Roteando selvaggiamente, l'arma non riuscì ad intercettare il ragazzino incappucciato. La sua rapidità nei movimenti risultò imprevedibile, e saltando continuamente da pavimento e parete, riuscì ad avvinarsi ancora una volta al suo avversario, lanciando un affondo ravvicinato.
Questa volta, la griglia che proteggeva le eliche del ventilatore evocò la sua forza difensiva, e funse da scudo e armatura, evitando un altro colpo diretto al suo possessore.
Il ragazzino dalla sciarpa rossa non mostrò la minima esitazione, e batté il piede con forza, proprio di fronte al Secondo Comandante. L'asfalto mostrò le sue vere sembianze, una lunga striscia di papiro che si sollevò da terra, quasi separando i due combattenti. Enigma incise rapidamente un rettangolo verticale, con qualche segmento a fungere da decorazione, attivando così la diramazione del papiro. Incastrandosi tra i piccoli forellini della griglia, il papiro riuscì a rimuovere la protezione, rendendola inutilizzabile. Il ventilatore invece, non sembrava volesse prendere parte allo scontro, e continuava a nascondersi dietro al suo possessore, senza nemmeno emettere il suo vivace respiro.
L'avversario non ebbe alcun modo di difendersi, ed Enigma riuscì ad infliggere una grande sequenza di colpi, che colpirono principalmente gli arti del giovane, in modo da annullare totalmente la sua precaria mobilità.
"Devo prima pensare a questo maledetto papiro..." pensò il Secondo Comandante, tra un colpo e l'altro, senza alcun timore del dolore.
Un breve attimo di respiro da parte di Enigma. Il suo avversario aveva sperato in quel momento, tra una ferita e l'altra.
"Fierce Wind!" il suo grido echeggiò in tutta la via, mentre il il boomerang affilato ripartì alla carica.
Sembrava molto più veloce del solito, per cui Enigma dovette distogliere il suo guardo, schivando ogni offensiva da parte dell'arma alata, poco prima di respingerla lontano con l'aiuto delle sue fidate lame. Quando si voltò verso il suo avversario, il coniglio rintanato nella tana si rivelò un lupo mascherato.
Le eliche perforanti del ventilatore, tatticamente lasciato in disparte fino a quel momento, si erano ingrandite così tanto da sollevare a mezz'aria la loro stessa base, eguagliando la superficie delle eliche di un elicottero.
La Risorsa non si scompose. Quando superò il limite del confine elettrico, non venne nemmeno scalfita, al contrario, cominciò a roteare come un ingranaggio impazzito, infrangendosi sull'asfalto, che venne fatto a fettine.
"Eppure ho ordinato alla Risorsa di indurire le strisce di papiro, senza tralasciarne una! Tutto il vantaggio che ho sparpagliato nel campo di battaglia sta andando in fumo!" pensò il più giovane dei due, dietro la sua sciarpa rossa.
D'istinto, Enigma decise di saltare sulla parete verticale, cercando di riordinare le idee. Un privilegio che gli venne legato.
Le violentissime pale s'infransero sul palazzo, rimuovendo i pezzi di papiro, e trasformando la facciata in un vero e proprio colabrodo, che rimase in piedi per miracolo. Il ragazzo incappucciato venne investito dalla miriade di detriti che cominciarono a schizzare sia dal marciapiede che dalla parete laterale.
Aveva commesso un terribile errore di calcolo.
Per quanto l'imboscata fosse risultata perfetta, aveva pescato forse il peggiore avversario dei tre disponibili.
Un combattente giovane ma veterano, specializzato in blitz ad alto rischio, e in demolizioni di obiettivi di massa. Il classico bulldozer della compagnia.
Un giovane dall'indole sempre positiva, che nascondeva un lato atipico, quasi distruttivo.
Un agente che in tutta quella baraonda, non smetteva di sorridere, stoicamente compiaciuto.


"Fate silenzio." bisbigliò Angel, cercando di farsi spazio, cercando un petalo di luce in uno sterminato prato fiorito.
"E' molto vicino a noi?" chiese Matt, cercando di illuminare più possibile il luogo, utilizzando la sua fidata penna.
"Non proprio, ma l'odore che emana mi sta letteralmente distruggendo le narici...è un esemplare che è rimasto qui per molti anni."
Il ragazzino recepì il messaggio, e sfruttando la sua miglior visione, decise di scoperchiare gli spazi più remoti che lo avevano circondato.
Le pareti erano ricoperte in una lega d'acciaio molto particolare, tendente al marrone talpa. I tre sembravano essere finiti in un ripostiglio, dato l'arredamento spoglio. In una stanza che non raggiungeva i quaranta metri quadri, l'unico accenno di vitalità era donato da qualche pacco di cartone, sparso qua e là, tra un sacco di calcestruzzo e l'altro. Non sembrava esserci una vera e propria uscita, un luogo che risultava all'apparenza sigillato, non uno spiraglio d'aria aveva osato smuoversi fino a quel momento.
"Che strano...non vedo fessure di nessun tipo." esclamò Matt, a voce bassa.
"Hai ragione. Non so come spiegarlo...è come se questa stanza fosse stata costruita come un unico blocco!" rispose Mike, tentando di affidarsi al suo fiuto, a volte troppo dipendente dalla sagacia di Wesley.
"E allora perché siamo riusciti ad entrare qui dentro?" il giovane Wolfram si fermò a metà strada, tra indizi e intuizione.
"Deve essere stato progettato come un bunker di massima sicurezza." affermò Angel, fiducioso "Il materiale che ricopre queste pareti non è affatto deteriorato, ve lo posso assicurare. Si tratta di una lega particolare, utilizzata dall'Esercito di Gracalm, specialmente nei campi di battaglia di Riterloo. E' un materiale che potrebbe sopportare un bombardamento aereo e rimanere intatto. Da quanto ho appurato tra le mie...scorribande, questa lega particolare non esiste in natura, ma può essere utilizzata grazie ad un Talento particolare. Credo che potrebbe tranquillamente resistere anche alla tua abilità esplosiva, Matt."
"Non capisco...perché Chester ha voluto che tacessi?" i dubbi di Matt continuavano a riaffiorare, rifiutandosi di affogare nel dimenticatoio.
"Beh, si è sempre dimostrato una brava persona..." i due ragazzini si voltarono verso il più grande, non aspettando quegli apprezzamenti da parte di Angel "Non mi guardate così, non è che mi fidi ciecamente di lui! Però...deve esserci un motivo ben preciso per cui ti ha tenuto fuori da questa faccenda..."
"Io mi chiederei un altra cosa." esordì Mike, puntando il dito verso l'alto "Siamo in un bunker di massima sicurezza. Siamo in un stanza che non si collega a nessuna parte. Mi chiedo...perché c'è solo una via d'entrata e uscita? Perché non era sigillata anche quella?"
"Forse si tratta di un uscita d'emergenza!" rispose Matt, tirando ad indovinare.
"Senza scale? In un emergenza, raggiungere l'uscita attraverso quel cunicolo stretto mi sembra del tutto improbabile..." Angel scacciò via quella deduzione frettolosa "A me sembra una sorta di botola. Magari ci buttavano dentro dei rifiuti."
"E allora che ci fanno questi pacchi qui dentro?" puntualizzò Mike "Sono intatti, come sono arrivati fin qui?"
"Non posso credere che quella che abbiamo oltrepassato si tratti davvero di un entrata a tutti gli effetti!" dichiarò il Dragon Charmer "Quelli dell'Esercito si sono davvero bevuti il cervello!"
All'improvviso, la voce di Jane fece capolino dal piano superiore. Si sentiva a malapena, le macerie che Matt aveva liberato erano riuscite a ricoprire la piccola via d'accesso. Un masso enorme si era adagiato su quella finestrella artificiale, impedendo ad altri detriti di infilarsi nel cunicolo, infilandosi nel canale oscuro.
"E' arrivata!" affermò il ragazzino dalle occhiaie pronunciate, illuminando la connessione tra inferno e paradiso "Ma il passaggio è bloccato! Come facciamo a farci sentire?"
"Prova ad avvicinarti fin lassù con l'aiuto della tua Risorsa. Intanto, io e Mike cercheremo qualche altra informazione." rispose Angel, pensando di aver già concluso la sua ricerca.
Matt venne lentamente sollevato dalla Risorsa trasformata, che nonostante la sua luminescenza, non poteva compiere movimenti bruschi o affrettati. Durante quella precisa manovra aerea, Mike decise di frugare un po' tra i pacchi che si nascondevano tra le ombre, aiutato dal suo fidato accendino.
"Angel? Che coso sono queste?" tirò fuori un paio di imbragature, molto simili a quelle che si usano per scalare la montagna, con tanto di moschettoni.
"Uhm, e queste che ci fanno qui..." si chiese Angel, mentre Matt si stava avvicinando sempre più alla cima.
Capì l'esatta e fastidiosissima percezione, quella effimera illuminazione che arriva sempre in ritardo, come se per questa il tempo non esistesse. Quella maledetta idea che arriva sempre troppo tardi.
Si precipitò sotto il cunicolo che Matt stava attraversando. Il materiale impenetrabile non era diffuso proprio dappertutto, poiché terminava la sua corsa proprio nel canale verticale, lasciando il posto alla roccia viva e fresca. Era proprio come pensava.
Matt udì uno scricchiolio inaspettato. Aveva quasi raggiunto la cima, per cui non se ne curò troppo. Angel ebbe una reazione palesemente opposta.
Gridò con tutto il suo fiato in gola. Gli gridò di scendere, scendere e basta, scendere negli inferi senza la minima esitazione. Il forte legame che si era creato tra i due sancì la rapida scelta del piccolo Wolfram. Si lasciò cadere nel vuoto, Risorsa stretta in mano, cascando tra le braccia dei suoi amici. Un atterraggio che stampò un sorriso divertito da parte di Matt, sentendosi quasi adulato da tutta quell'apprensione nei suoi confronti.
Non ci fu il tempo per assaporare quel sentimento.
Giusto qualche attimo dopo, lo scricchiolio che Matt aveva udito si tramutò in un orrenda orchestra di ferraglia, che scatenò un vero e proprio terremoto artificiale.
"Che cosa succede?! Sembra quasi che..." gli scossoni non permisero a Mike di concludere le sue parole, ma Angel ebbe il tempo di raccogliere il testimone.
"Si! Ci stiamo spostando! Questa camera si sta spostando da sola!"
Qualcosa aveva animato quella stanza abbandonata, che cominciò a passeggiare per il sottosuolo.
Inoltre, l'unico collegamento alla luce del sole chiuse venne tranciato di netto, dato che lo stretto cunicolo che Matt stava per risalire decise di restringersi, fino a chiudersi ermeticamente.
Se il ragazzino fosse rimasto a mezz'aria, sarebbe rimasto schiacciato dalla stessa via di fuga che, poco prima, gli aveva donato la speranza della libertà. Roccia e metallo erano diventati una cosa sola, comandando ogni spostamento, racchiudendo i malcapitati nella loro sfera di cristallo.
All'improvviso, dopo un leggera pausa, la stanza cominciò ad inclinarsi, in una disordinata estasi rumorosa. Ma che cosa stava succedendo?
Senza essersene accorto, superando la superficie rettangolare della stanza, Matt aveva sorpassato una fotocellula particolare, che era stata programmata per attivarsi solamente in un caso: nel caso il cui un qualsiasi corpo avesse superato il sensore passando dal basso verso l'alto, questo avrebbe fatto scattare il marchingegno. Il sistema meccanico che governava quella sorta di ripostiglio si era destato dopo tantissimi anni di coma.
Non avendo alcun appiglio disponibile, i tre vennero sospinti sul nuovo pianoterra, una delle pareti laterali. Fortunatamente, la discesa non si rivelò eccessivamente ripida, e con un inclinazione piuttosto graduale, evitò qualsiasi pericolo di caduta.
La confusione regnò sovrana negli animi dei tre giovani. Il tremolio continuò a rendere i movimenti quasi impossibili, fino a quando la stanza non si fermò.
Jane e tutte le persone accorse nelle cantine si accorsero di quello strano fenomeno. La ragazzina, non avendo la forza necessaria per spostare le macerie che la separavano dai suoi cari, chiamò in aiuto la Lama Vendicativa: le chiese di localizzare i tre sperduti, aprendo un portale che avrebbe potuto riportarli indietro.
I secondi passarono incessanti. Nel contempo, Matt fu il primo ad alzarsi.
"State tutti bene?"
"Nulla di rotto, solo un po' di polvere qua e là." rispose Mike, dandogli una pacca sulla spalla.
La stanza si era ribaltata. Il gruppo poggiava i piedi sul lato corto di una delle due pareti laterali, e data la conformazione rettangolare dell'area, il soffitto sopra le loro teste si era allungato, sottraendo larghezza, spazio per respirare. La fessura che li aveva condotti in quel bunker non aveva cambiato la sua posizione, soltanto che in quel momento conduceva ad uno stretto cunicolo orizzontale.
"Fosse solo quello il problema..." Angel ruppe l'atmosfera, ma con delle buone ragioni "Non credo che Jane riuscirà a trovarci."
"Che cosa?!" ribatté Mike, non sopportando la lontananza di una persona che riteneva speciale "Jane è capace di raggiungere posti davvero lontani! Anche se siamo sottoterra..."
"Non è per questo." ancora una volta, la sua sincerità fece male, un penetrante affondo dritto alla schiena "Non notate nulla? Guardate le pareti che ci circondano."
I due ragazzini avevano completamente ignorato un dettaglio significativo. Una nebbiolina verdognola aveva ricoperto la stanza, quasi avesse voluto incantarla con il suo irresistibile aroma.
Non sembrava un gioco di nuvole, bensì aveva un aspetto particolare. Ogni qualvolta una presenza avesse tentato di avvicinarsi ad una delle pareti, la nebbiolina si sarebbe addensata nel punto interessato, trasformandosi nel muso di un Drago verdognolo, dalla dubbia specie. Tentare un qualsiasi contatto con quel volto bestiale non sarebbe stata un idea particolarmente saggia.
"Qualunque cosa si trovi qui sotto, ha eretto un bella maledizione. Ci ha isolati dal resto mondo con una forza primordiale che non solo non riesco a manovrare..." Angel, frastornato, tentò di utilizzare le sue abilità da Dragon Charmer, ma senza successo "...è una forza che non riesco proprio a comprendere."
"Quindi questo Drago non ha delle belle intenzioni! Maledizione!" esclamò Mike, sperando a tutti i costi di evitare un incontro ravvicinato con la creatura.
"Non ci resta che proseguire." affermò Angel, sul piede di guerra. "Restare qui non ci servirà a nulla, questa stanza, e probabilmente molte altre adiacenti, sono state stregate dal volere di questo strano esemplare. Abbiamo due opzioni. La prima consiste nell'affrontare, sconfiggere il Drago e sperare che Jane sia ancora quassù, e che riesca a localizzarci anche se la stanza è stata spostata. La seconda opzione consiste nel cercare un uscita alternativa, evitando chiunque voglia seppellirci qui dentro."
"Se questo Drago è forte quanto quello che abbiamo affrontato poco tempo fa...preferirei un uscita di scena tranquilla, per questa volta." Matt si espose, e Mike lo seguì a ruota.
"Concordo con lui. Non che abbia paura, sia chiaro!"
"E allora non ci resta che proseguire." Angel prese il comando, affiancato dalla Risorsa del giovane Wolfram.
I tre scorsero il cunicolo orizzontale appena sopra le loro teste, e con un agile gioco di squadra riuscirono a raggiungere l'uscita, strisciando cautamente verso il pericolo ignoto.


La via aveva acquisito l'aspetto di un vero campo di battaglia, come se un ordigno fosse stato rilasciato giusto qualche attimo prima. La Risorsa di Ezdard non aveva soltanto dilaniato la parete del supermercato, ma aveva affondato le sue lame nell'asfalto, tramutandolo in una sorta di malleabile poltiglia, tra un cratere e l'altro.
Enigma si rialzò da tutte quelle macerie. Il suo respiro sembrava volesse disobbedirgli. Ad ogni boccata d'aria, sembrava che avesse sempre meno aria nei polmoni.
“Maledizione...non avrei voluto passare alla parte rischiosa...” pensò il ragazzino incappucciato, cercando di rimettersi in sesto il prima possibile.
“Ah, non mi piace deturpare i beni cittadini in questo modo, anche se questo quartiere non se lo fila più nessuno!” esclamò Ezdard, rilassato.
Con estrema spavalderia, richiamò la sua elica distruttiva, che si approssimò al suo fidato possessore. Prese un fazzoletto di stoffa e cominciò a strofinare le pale del ventilatore, come se niente fosse.
“La tua prigione non è durata molto. Se vuoi arrenderti, o se vuoi scappare. Questa sarebbe la tua occasione.”
“Scordatelo.” rispose Enigma, stizzito.
Senza il minimo preavviso, delle strisce di papiro, sparpagliate nel campo di battaglia, tentarono un assalto disperato, provenienti da ogni direzione. Nonostante fosse stato brutalmente tagliuzzato, il materiale riuscì a riorganizzarsi, riunendosi con il propri simili, tessuto ancora sopravvissuto al massacro. A pochi metri dal bersaglio, le strisce di papiro si conglomerarono in quattro gruppi, che presero forma e sembianze di quattro giaguari da corpo e occhi bendati.
Il motore della distruzione riprese a girare. La Risorsa sferzò nel silenzio, squarciando le prime due minacce. Gli altri due felini decisero di balzare all'indietro, tentando un approccio più ragionato. Il Secondo Comandante impugnò il ventilatore con destrezza, riuscendo perfino a farlo roteare attorno al suo corpo senza nemmeno sfiorare i suoi abiti eleganti.
Mentre i due predatori esaminarono con cura il loro bersaglio, Enigma rimase immobile, poco distante dalla zuffa. Il papiro lo stava avvolgendo ancora una volta, per permettergli di trasformarsi in una creatura leggendaria quanto dimenticata.
Roteando ad una velocità spropositata, la base del ventilatore, colpì il ragazzino incappucciato sulla schiena, impedendogli la canalizzazione della sua estrema risorsa.
“Non so che cosa tu stia combinando, ma sarebbe meglio se tu ti concentrassi su di ME. Non credi?” l'occhio allenato di un combattente esperto non si poteva eludere con un semplice diversivo.
Mentre Ezdard continuò il suo confronto contro le bestie bendate, il boomerang d'acciaio non diede un attimo di respiro al povero Enigma, che dovette armarsi nuovamente delle sue lame gemelle per riuscire quanto meno a non essere percosso in continuazione.
Tutti i piani di Enigma gli si erano rivolti contro. In quell'assurdo ammutinamento, Enigma sentiva che le redini del gioco si stavano allontanando, nonostante la sua stretta disperata.
I giaguari vennero dilaniati senza troppo complimenti, così il Secondo Comandante cambiò il suo obiettivo, non avendo la minima paura nello scagliare il suo mostro d'acciaio addosso al suo avversario. Enigma si difese con l'istinto, ma la battaglia di lame non era destinata a perdurare.
Il boomerang mirò al ginocchio sinistro, facendo perdere gli appoggi al ragazzino incappucciato. Il secondo dopo venne inesorabilmente disarmato, dato che con una rapida rotazione, le eliche della Risorsa del biondino fecero a brandelli il papiro. Infine, la griglia del ventilatore diventò un arma offensiva, uno scudo con una fortissima forza d'impatto, che s'infranse su un Enigma sempre più in difficoltà.
Con un colpo di reni, celando il suo animo stremato, il membro della Nuova Alleanza tentò di mescolare le carte in tavola. Ma era tutto inutile. Quelle carte erano state inchiodate al tavolo di una strategia asfissiante, ricolma di dominazione.
Sembravano due combattenti di una lega completamente diversa, eppure non era così. Apparenze o meno, le continue aggressioni da parte della Risorsa Multipla si rivelarono una vera e propria nemesi per la sua attitudine strategica al combattimento. Una volta sorpassate le difese pareva non ci fosse alcuna soluzione, come se si fosse trattato di un infezione incurabile.
Dopo l'ennesima batosta, Enigma cominciò a sentire il suo corpo allo stremo, così come la forza combattiva della sua Risorsa.
“Senti, non voglio farti del male. Questo combattimento è chiuso.” affermò Ezdard, con un briciolo d'insignificante compassione.
“Non mi aspettavo di finire alle strette così presto...ma lo sai una cosa? Sono sempre io quello che decide quando questa battaglia dovrà terminare.” rispose Enigma, come al solito molto audace, oltre ogni ammissione.
“E che cosa vorresti fare? Radunare tutta questa cartaccia ancora una volta? Vuoi davvero che sminuzzi questo papiro fino a creare tanti bei coriandoli? Non c'è problema.”
“Dai...perché non provi?” sorrise. Ezdard non si azzardò minimamente a sottovalutare di nuovo il suo avversario.
Osservò i cumuli di papiro stracciato attorno a lui. Aveva chiuso gli occhi, e loro si erano mossi, anche se di un millimetro.
“Non questa volta!” esclamò, con una scossa che gli attraversò l'animo “Ti darò il colpo di grazia così la finirai con questi trucchetti inutili!”
Si era voltato solo per un istante, ed Enigma era sparito. Il campo di battaglia si era riempito di palline di tessuto accartocciato.
“Ma certo...deve essersi nascosto in una di queste...in qualche modo!” realizzando il piano di fuga di Enigma, il Secondo Comandante decise di passare al setaccio.
Puntò il bersaglio più vicino, ma incredibilmente, la stoffa non si arrese al suo assalitore, e schivò prontamente le lame affilate della Risorsa Multipla. Un piccolo folletto rapidissimo, che prese il volo, sorvolando rapidamente Ezdard, che dovette voltarsi nuovamente per capire dove fosse finita la sua preda.
“Dovrebbe essere volato dietro di me! Ma dove si trova?!” gridò Ezdard, non amando le prese in giro che già quotidianamente soffriva.
Avvertì altri movimenti sinistri, e decise di passare alle maniere forti.
“E va bene! Vorrà dire vi distruggerò tutte in un colpo solo!” fece ingrandire le eliche del ventilatore da battaglia, preparandosi a rimodellare di squarci la via, ancora una volta.
Ad un tratto, poco prima di scagliare la sua Risorsa, le sue braccia smisero di funzionare.
“Non posso... io non posso credere che...sul serio?!” la prese quasi sul ridere.
Aveva sempre avuto alcune strisce di papiro attaccate al proprio corpo, sin da quando Enigma si era volatilizzato. In un impercettibile silenzio, con una leggerezza così eterea che Ezdard non potè percepire, le strisce si erano accumulate pian pianino sulla schiena dell'agente, compresa quella che poco prima aveva giocato con i suoi occhi. Al momento opportuno, il papiro bloccò i movimenti del Secondo Comandante, per dar via all'irruzione finale.
La Risorsa del biondino non poté torcere nemmeno una fibra dei parassiti che avevano catturato il suo possessore. Se le sue eliche avessero provato a danzare, avrebbe impietosamente colpito il suo sfortunato alleato, bloccato nel bel mezzo alla traiettoria delle eliche.
“Forse fanno davvero bene a trattarmi come un ragazzino...” ammise il Secondo Comandante, spaesato “Ma se credono che questo possa farmi vacillare...non mi conoscono affatto!”
Con quella strana promessa, Ezdard venne inghiottito dalla più grande gabbia di papiro che Enigma avesse mai creato. Un cumulo di tessuto che arrivò a superare la grandezza di un umano adulto, una sorta di piramide, dorata e leggiadra.

Enigma si appoggiò ad una parete di papiro, per poi sedersi a terra.
“Sei nel mio mondo adesso. Anzi, lo sei sempre stato.” affermò Enigma, con una nota agrodolce “Purtroppo...la mia Risorsa non ha più una goccia di energia nel suo essere. La prigione è complessa, le strade infinite, ma prima o poi...mi troverà. Sono nel vicolo cieco che io stesso ho creato.”
 
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Nonostante la mia "sindrome da HunterxHunter" sono tornato e ringrazio per l'ennesima volta questo forum per questo spazio :)


3.7 Strade Infinite

Ezdard aprì gli occhi. Li chiuse, e li aprì nuovamente.
Non c'era modo di evadere la realtà, non era ad un sogno a cui stava assistendo. Attorno a lui, infinite pareti fatte di papiro si ergevano leggiadre, oscillando leggermente, senza mai cedere alla volontà del vento.
«È davvero tutta opera sua? Questo posto...è immenso.»
«Vedo che ti sei svegliato.» la voce di enigma, una risonanza lontana, investì le percezioni del Secondo Comandante, privato della sua arma di devastazione.
«Se mi fai uscire adesso, forse...ti lascerò andare!» un bluff mal riuscito, ma un tentativo andava comunque sperimentato.
«So perfettamente che la tua Risorsa non si trova in questo luogo. Non puoi uscire da qui di tua volontà, e sfortunatamente, nemmeno le mie decisioni contano ormai.»
«Che stai dicendo?!» chiese Ezdard, timoroso.
«La voce che senti non è altro che...un flusso della mia coscienza. I miei pensieri si sono sparsi in questo luogo subito dopo che l'ho creato, credo...di averli trasmessi senza volerlo.»
Il giovane guerriero, con un paio di ragionamenti azzeccati, riuscì a capire cosa fosse successo.
«Capisco...Enigma deve essere svenuto, non è così?»
«Esattamente, si trova in questa prigione proprio come te, ma ha esaurito ogni goccia di energie.»
«Quindi...devo raggiungerlo prima che riprenda le forze.»
La voce, con una certa dose di stima, sembrò quasi congratularsi col suo avversario.
«Sei un avversario in gamba. Analitico e allo stesso tempo distruttivo. Con ogni probabilità, sei il miglior avversario che io abbia mai affrontato.»
Il Secondo comandante frugò nella sua giacca, come se fosse alla ricerca di qualche spicciolo smarrito. Una revolver fu tutto quello che riuscì a scovare.
«Non avrei mai pensato di essere costretto a prendere in mano questa schifezza. E questo è solo a causa tua, in fondo anche tu meriteresti qualche elogio...»
Osservò il caricatore. Sette colpi.
Il primo esplose immediatamente, ma la sua avanzata si fermò ancor prima di cominciare. Le pareti di papiro non sembravano minimamente perforabili.
«Sarebbe stato troppo facile.» sorrise per non sospirare.
«Mi dispiace, ma questo è il mio terreno di gioco. Non sarà facile raggiungermi, perfino io non conosco tutte le insidie che questi corridoi celano.»
«Aspetta un secondo!» c'era qualcosa che non andava, ed Ezdard si era subito accorto di un piccolo dettaglio «Perché non mi hai semplicemente rinchiuso in una stanza senza uscite? Avresti avuto il tempo di riprendere le forze, e io sarei stato in netto svantaggio qui dentro...»
La voce per un momento abbracciò il silenzio. Quella domanda aveva spiazzato la sua bizzarra sicurezza.
«Beh, non nego che mi piacerebbe averlo fatto. Ma...non ho potuto.»
«Non posso credere che tu mi abbia lasciato una possibilità solo per la tua eccessiva correttezza!» Ezdard sembrò non accettare quel trattamento di favore.
«Correttezza? Non è una parola che mi rappresenta. In fondo ti ho messo in trappola in un maniera piuttosto beffarda.»
«Smettila! Odio...questa sensazione!» ribatté il Secondo Comandante, adirato più che mai «Non ti ho chiesto nessun privilegio, non voglio elemosinare nulla a nessuno!»
«Dovrai accettare ciò che ti ho offerto, volente o nolente. Inoltre, non è l'unico motivo per cui ti ho concesso una via di fuga.» la voce sembrò sorridere, non si destava alcun astio nei confronti del suo avversario «Se non mi fossi trasferito in questo labirinto, la tua Risorsa mi avrebbe fatto a pezzi pur di liberarti, non avrei avuto modo di difendermi. Come se non bastasse, anche se ti avessi rinchiuso in una stanza isolata, non avrei concluso nulla: non posso riprendermi da tutti colpi che mi ha sferrato come se nulla fosse, sarebbe questione di ore, e la mia prigione di papiro non durerebbe così tanto. Per questo ho voluto...fare una scommessa con me stesso.»
«Incredibile...anche in una situazione disperata, non hai esitato a rischiare pur di avere una flebile possibilità...» commentò Ezdard, riconoscendo tutta l'abnegazione di Enigma.
«Esattamente! Creare questa selva di corridoi era l'unico modo per tentare lo scacco matto, nonostante richiedesse uno sforzo davvero dispendioso. E' questione di mere possibilità: ho una piccola chance, esattamente come te.»
«E ti aspetti che mi faccia sconfiggere da te? Non sei nemmeno in grado di parlarmi di persona!» rispose il Secondo Comandante, fiducioso.
«No...non sarò io a sconfiggerti. La tua disfatta sarà l'immagine di te stesso.»
«Tsk...mi sono già sconfitto così tante volte, che oramai so come rimediare.» pensò il giovane guerriero, prima d'incamminarsi tra quelle pareti, dorate e danzanti.

«Per fare chiarezza...non sono claustrofobico!»
«E allora perché stai tremando come una foglia?» Mike non aveva mezze misure quando c'era da essere schietti, e Matt lo sapeva fin troppo bene.
«Sai, non è che capiti tutti i giorni di essere infilato in un cunicolo così stretto! Sento come se dovesse cedere e schiacciarci da un momento all'altro!»
«Buone notizie, vedo un apertura.» Angel riuscì a risollevare l'animo del ragazzino, stritolato da cunicoli di gelida ansia.
Il Dragon Charmer, a capo del gruppo, si ritrovò davanti ad una grata che fortunatamente risulto semplice da rimuovere. I tre sgusciarono fuori dal cunicolo in tutta tranquillità. Erano ancora immersi nel buio, illuminato tenuemente dalla penna e dal martello.
«E' un altra sezione dello stesso luogo...forse ci siamo addentrati ancor più in profondità di questa struttura militare...» realizzò Angel, distante «E per la tua gioia Matt, anche il cunicolo da cui siamo arrivati ora è inaccessibile, la strana forza che abbiamo osservato prima ora si sta diramando anche in quella strettoia.»
«Se dovessi affrontare il Drago in questione, lo ringrazierò a dovere.» rispose Matt sarcastico «Correggetemi se sbaglio...se la nebbia verde cerca di tagliare il nostro spazio di manovra, vuol dire che siamo costretti ad avanzare senza troppe soste, non è vero?»
«Dovresti usare la testa sempre in questo modo!» esclamò Mike, concordando con le ipotesi del suo amico.
«Penso che tu abbia ragione. Non voglio avere a che fare con quel Drago, specialmente con quella nebbia attorno, che ci separa dalle vie di fuga.» constatò Angel, mantenendo la calma.
Le due Risorse cercarono di fare squarcio in quel buio poco arrendevole. Poco distante dai tre intrepidi ragazzi, un vicolo cieco, fatto di una apatica parete ammaccata. Dall'altra parte, un lunghissimo corridoio completamente deserto, che dirigeva ad una miriade di porte automatiche, l'ingresso di uno stabilimento che abbondava di spazio abbandonato.
Non avendo altra scelta, i possessori di Risorsa proseguirono verso un campo sterminato pieni di possibilità. Mentre Mike e Matt stavano aspettando il momento giusto per avvicinarsi ad una porta, lo sguardo di Angel vagava frenetico, quasi avesse perso la strada: stava cercando disperatamente un generatore d'emergenza, per quanto fosse stato improbabile ritrovarlo ancora del tutto funzionante.
«Guardate qui...avevano persino installato un impianto d'aerazione.» commentò il ragazzo barbuto, ad alta voce «Chissà perché, dopo tutta la fatica che ci avranno messo ad erigere tutto, hanno mollato gli ormeggi senza nemmeno guardarsi indietro...»
«E se la Green Soul avesse trovato questo posto? Magari sono scappati tutti...» ipotizzò Mike, cadendo nell'errore.
«Non credo sia così...non avrebbero avuto il tempo di portarsi via tutti gli equipaggiamenti, e sicuramente avremmo ritrovato qualche vittima. A me sembra proprio che se ne siano andati, consapevoli che non avrebbero mai potuto tornare...ma perché?» avanzando con un passo ritmico, Angel faceva lavorare corpo e cervello all'unisono.
Arrivarono al cospetto di una porta automatica, ma non si azzardarono nemmeno a sfiorarla. Non sapevano che cosa avesse potuto aspettarli, e le tenebre non sono conosciute per donare fiducia agli ignari viaggiatori.
«Quindi...entriamo?» domandò Matt, facendo un passo indietro.
«Per quanto detesti ammetterlo, qualsiasi informazione che non riusciamo a catturare potrebbe costarci tempo e fatica...cerchiamo di dare un occhiata senza perderci in chiacchiere. La nube, seppur lentamente, continua ad avanzare.» semaforo verde, mancava soltanto colui che si sarebbe fatto avanti per primo.
A prima vista, sembrava che Matt fosse stato il primo a tirarsi indietro. Ma la sua sfrenata curiosità, ed un pizzico di ritrovato coraggio, capovolsero le carte in tavola.
«Se non vi dispiace, farò io gli onori di casa!»
«Non se ne parla, potrebbe essere pericoloso.» commentò Angel, senza riscontrare alcun effetto. Matt si era già fiondato di fronte alla porta.
«Mi sa che non funziona...» con un tono amareggiato, il ragazzino girò i tacchi, ricongiungendosi al gruppetto.
«Ma guardati...speravi davvero accadesse qualcosa?» chiese il Dragon Charmer, tra il divertimento e il disappunto.
Matt mostrò tutti i suoi denti, in un sorriso ostentato fino in fondo.
«Che c'è di male? Io non sono mai stanco di stupirmi un po'!»
Mentre Mike si fece cadere le braccia, Angel strinse il suo martello, cercando di non farsi coinvolgere troppo da una risata che sarebbe potuto scatenarsi da un momento all'altro.
«E va bene, ti accontento io!» un colpo rapido ma efficace sfondò la lastra metallica, che venne respinta con violenza verso l'interno della stanza.
«Che forza, bel colpo!» saltellando, Matt decise di perlustrare la stanza per primo «Vediamo che cosa c'è qui!»
Mentre il ragazzino dalle occhiaie pronunciate cominciò a giocare alla caccia al tesoro, Mike ed Angel si guardarono negli occhi, in modo alquanto sarcastico.
«Io...credo che questo ragazzino sia una creatura completamente incomprensibile!» esclamò il Guerriero Ardente, sghignazzando «Eppure riesce sempre a strapparti una risata, è ridicolo!»
«Ti ci dovrai abituare...» rispose Mike, sorridente «Matt è fatto così. Può essere una ragazzina spaventata al primo attimo, e l'attimo dopo si trasforma in un valoroso cavaliere in armatura. L'attimo dopo è un bambino iperattivo, quello dopo è serissimo come un uomo di quarant'anni...»
«E' la descrizione di una persona fuori di testa!»
«No..il problema è che lui è proprio sano di mente! Non ha la minima scusante, è tutto frutto delle sue emozioni grossolane!» guardo versò quel caro amico, ora intento ad osservare quella che sembrava una stana adibita al briefing di varie operazioni «Ma...durante questi mesi ho capito che non sarebbe lui se non fosse...esattamente così. E' una persona che non si stanca mai delle sorprese, forse perché anche lui non smette mai di sorprenderci, sia nel bene che nel male!»
«Tieniti stretti questa amicizia, è più preziosa di quanto non sembri.» concluse il ragazzo dai capelli ricci, raggiungendo un Matt piuttosto indaffarato.
«Già...» il ragazzo dai capelli rossi sospirò, cercando di essere positivo «Non posso davvero rovinare questo legame. Non posso.»

Ezdard svoltò l'angolo, si guardò indietro, poi osservò l'ennesima ramificazione che il labirinto gli aveva proposto.
«In che modo dovrei sconfiggermi da solo? Annoiandomi a morte?» lamentoso e ricolmo d'agitazione, il Secondo Comandante non si era ancora abituato a quegli spazi labirintici, nella più totale monotonia.
Tre direzioni, osservò la destra e la sinistra, ma alla fine optò per il centro un lunghissimo corridoio in salita che quasi pareva una scalinata. Con tutta la cautela possibile cominciò a percorrere la lunga e stretta via, ma ad un certo punto fissò le scarpe a quella pavimentazione ondosa.
«Non può essere così semplice.» pensò «Se restassi fermo ad aspettare, dovrei solo aspettare che la Risorsa di Enigma finisca la benzina...»
«Che delusione...» la voce del ragazzino misterioso echeggiò nuovamente per quella prigione spettrale «Non ti ho invitato al mio ricevimento per startene lì in disparte! Così ti perdi tutto il divertimento!»
«Dieci secondi...» un rapido conteggio che Ezdard aveva sperato di prolungare «Sono stato fermo solo dieci secondi! Se davvero ha attivato qualche trappola, vuol dire che non muoversi per quel lasso di tempo è la condizione per poter attivare la trappola...dovrò avanzare senza mai fermarmi.»
«Che ne dici se vengo a farti compagnia?» concluse Enigma, eccitato.
Il Secondo Comandante si mise in guarda, pur continuando ad avanzare a piccoli passi, sperando di aver confermato la sua ipotesi. D'un tratto, la figura del ragazzino incappucciato comparse dall'orizzonte del corridoio. Avanzava senza indugi, sapendo di non poter evitare uno scontro frontale.
«Un'illusione? Non può sicuramente essere lui in carne ed ossa, non è cosciente in questo momento.»
I due continuarono ad avanzare, due treni sullo stesso binario, due stelle comete in rotta di collisione.
Il guerriero scelto non aveva mai smesso di prendere ogni precauzione, osservando qualsiasi cosa calpestasse, tenendo sempre i sensi attivi e vigili. Stava aspettando la verità, che gli avrebbe permesso di elaborare la migliore strategia difensiva.
Erano sempre più vicini. Ad un paio di metri di distanza, Enigma sferrò un colpo a sorpresa.
«Come pensavo...» il biondo sorrise, bloccando il pugno di Enigma con la sua mano destra, tenendo stretta la presa «Sei solo sfrutto del papiro, fuori dai piedi!»
Con un deciso calcio frontale, Ezdard sfondò il torace del fantoccio, rivelando la sua vera natura, proprio come aveva previsto. Ciò che tuttavia non aveva calcolato, erano le conseguenze del suo contrattacco.
Dall'interno del fantoccio, che pian piano si afflosciò in tanti strati dorati, una dozzina di scoiattoli di papiro sbucarono fuori in tutta fretta. Lesti e difficili da seguire, i piccoli roditori mummificati dal tessuto delicato si lanciarono sull'intruso.
«Ma che?! Levatevi di mezzo!» ruggì Ezdard prima di respingere dei primi due, appostati sulle sue braccia.
Afferrò il terzo dalla sua spalla, liberandosi dal fastidio. Si rese conto troppo tardi che i piccoli quadrupedi non avevano mai avuto intenzione di attaccarlo.
«La pistola!» esclamò sentendo che un paio di scoiattoli erano riusciti a percorrere la sua schiena.
La estrasse rapidamente, cercando di scrollarsi di dosso il resto di quei briganti in miniatura. Quando si ritrovò il revolver in mano, le sei creature fatte di papiro collassarono sull'aggeggio, cercando di disarmare il Secondo Comandante a tutti i costi.
Partì un colpo involontario, dovuto al continuo disturbo arrecato dai roditori, che sancì la fine dello scontro: appena la pallottola sparata attraversò uno di quei fugaci animali, tutti gli altri si afflosciarono rapidamente, in strascichi di tessuto stropicciato.
Ezdard si precipitò ad osservare i gracili resti dei suoi assalitori, dimostrando un occhio decisamente allenato.
«Quella strana incisione su quell'esemplare...non era affatto decorativa. Si trattava di un sigillo!» realizzò Ezdard, sollevato «Beh...mi è andata bene! Se non avessi colpito proprio quell'esemplare, mi avrebbero rallentato ancora di più!»
Inaspettatamente, qualcosa si mosse nel labirinto.
Il Secondo Generale osservò la pavimentazione. Si stava inclinando, e la fine del corridoio non era affatto vicina.
Cominciò a correre a perdifiato, sperando di trovare l'angolo di una parete laterale, dove avrebbe potuto appigliarsi in caso il pavimento avesse raggiunto un inclinazione perfettamente verticale. Le sue gambe cominciarono a provare la fatica, i loro ingranaggi sembravano poco lubrificati, scricchiolanti fibre muscolari in preda al panico.
Ezdard intravide una svolta a poca distanza, ma oramai la calma ascesa lo aveva quasi costretto ad arrampicarsi a quattro zampe. Con uno scatto finale, spiccando un salto utilizzando la parete come trampolino di lancio, riuscì ad afferrare con una mano la parete che normalmente lo avrebbe portato ad Ovest.
Mancava un ultimo sforzo. Il baratro che osservò con la coda dell'occhio non aveva smesso di chiamarlo. Appoggiò la pistola oltre l'appiglio che lo aveva salvato da una caduta infernale, e con un grido lanciato dalla sua stessa fatica, riuscì a sollevarsi verso la terraferma, o almeno la sua blanda imitazione.
Non c'era posto per il respiro di sollievo in quella prigione monocromatica, ed Ezdard se ne era già reso conto. Si rialzò ignorando le preghiere del suo corpo affranto, e fece qualche passo gironzolando qua e là, cercando di tenere un ritmo sostenuto, ma non troppo impegnativo.
«Oh, no...» sospirò allarmato, quando cominciò ad avvertire il suolo inclinarsi, tra drappeggi di papiro impazziti, ancora una volta.
«Non riuscirò a scappare, non so nemmeno dove andare...» commentò Ezdard, cercando di analizzare l'ambiente, senza lasciare nulla al caso «Deve essermi sfuggito qualcosa...deve essere così!»
Un altra scalata impossibile venne proposta al giovane combattente, che questa volta rifiutò il braccio di ferro con la gravità. I due corridoi viventi si sarebbero incastrati creando un unica profondissima botola.
«Se dovessi posizionare l'incisione che disattiva tutto questo...dove la metterei?» si chiese il biondino, cercando di riflettere in fretta.
Si affacciò verso l'abisso che aveva appena sconfitto, temendo di essersi fidato troppo delle apparenze.
«Dove nessuno tornerebbe...probabilmente è posizionato sul soffitto, nei pressi di dove sono stato fermato dagli scoiattoli...tutto questo solo per distogliere la mia attenzione da un pericolo ben maggiore.» sorrise cercando di mantenere i piedi ben saldi, l'inclinazione lo stava facendo scivolare verso il basso, secondo dopo secondo.
«Ottima mossa Enigma.» afferrò la pistola, fissando il suo sguardo sul bersaglio che presto avrebbe dovuto incontrare «Purtroppo per te, amo gettarmi in situazioni pericolose...letteralmente!»
Ezdard si gettò nel vuoto, dimostrando un sangue freddo a dir poco formidabile. Abbandonandosi al suo destino, non si distrasse nemmeno per un attimo. Poco più di due secondi di caduta, ed ecco che l'incisione venne scovata.
La polvere da sparo si posò delicatamente sul papiro indifeso.

«E anche in questa stanza non c'è nulla...» bofonchiò Matt, annoiato.
«Peccato, a giudicare da questi ganci e dagli armadietti vetrati, sembra che questa un tempo fosse l'armeria. Purtroppo hanno portato via tutto.» affermò Angel, quasi affranto.
«Meglio così.» rispose il ragazzino dalle vistose occhiaie «Odio le armi da fuoco...specialmente quando sparano!»
«Beh, che cosa ti aspetti che facciano?» replicò Mike, divertito «Se fosse per te, probabilmente sparerebbero coriandoli!»
«No, quelli sono solo uno spreco, inquinano e basta!»
«In una regione infestata da una miriade di mostri e brutti ceffi, abbiamo persino qualcuno che si ricorda di preservare il pianeta!» il Dragon Chamber fu colpito dal riguardo verso la natura che il ragazzino aveva dimostrato.
«Non scaldarti troppo.» esclamò il piccolo Wolfram, in tutta onestà «Saprò pur certe cose, ma questo non significa che sia esperto nell'argomento...»
«Eppure non è il pensiero che conta?» chiese Mike, cercando di non delegittimare la premura del suo compagno di classe.
«Se fosse così facile, non esisterebbero i problemi da risolvere.» osservò Angel, sulla strada del realismo «C'è sempre qualcuno che si deve sporcare le mani alla fine, e di solito le persone che lo fanno sono un decimo di quelle che "ci tengono”.»
«Un po' come il nostro caso, immagino.» uscendo dall'armeria, mani in tasca, Mike decise di distaccarsi da quel discorso poco piacevole.
«Uhm...com'è che siamo passati dalle armi da fuoco a questo argomento così...brutale? Non è che stiamo impazzendo?!» chiese Matt, piuttosto paranoico, mentre seguì Mike fuori dalla stanza.
«Tranquillo, razza di fifone!» sorridendo, il guerriero seguì i suoi compagni d'avventura verso l'uscita «State solo crescendo, è normale farsi certi tipi di domande ogni tanto. Una volta che avrete le risposte a tutto, sono certe che non avrete più paura di...»
Si ritrovò davanti un paio di enormi occhi gialli, governati dal muso di un Drago che non aveva mai visto.
«Una maschera di squame...la forma da rettile e le ali appuntite in quel modo...» mormorò Angel confuso.
«Ma non può essere il Generale Fox!» replicò Matt, indietreggiando lentamente.
«Questo è certamente un Deep Green, ma è davvero simile al Drago della Furia. La Green Soul ne ha replicato le fattezze piuttosto accuratamente.»
«Aspettate un secondo!» aggiunse Mike «E se Chester avesse saputo della presenza di questo Drago? Spiegherebbe perché ha lasciato tutto sigillato!»
La creatura ringhiò minacciosamente, quasi a sottolineare la poca considerazione che il gruppo ebbe nei suoi confronti. In qualche attimo preparò un respiro infuocato, dal colore di un verde acceso.
Angel si pose davanti ai due ragazzini, non troppo fiducioso, e toccò il suo tatuaggio, pronto a ritornare Dragon Charmer.
«Ci sta sbarrando la strada per intrappolarci in quella nebbia verdastra, non possiamo farci rinchiudere in un angolo o sarà la fine! Se davvero possiede anche un minima parte del potere dei Draghi, dovrei riuscire a manovrare il suo potere. Eppure questa sensazione che sento...non mi piace per niente.»
Matt gridò il nome del Dragon Charmer, che si preparò a proteggerli con tutte le sue forze. Il suo tatuaggio prese vita nascosto dai suoi vestiti, e il fuoco si fermò a metà strada, con l'immenso stupore del Drago.
«Ma certo...la Green Soul ha creato questo esemplare per attirare le persone come me!» gridò nel bel mezzo dello sforzo «Non posso assorbire questa forza, è fatta apposta per uccidermi!»
Angel decise di reindirizzare il respiro verso il mittente, pur sapendo che tutti i Draghi sono immuni al respiro di ogni esemplare, compresi loro stessi. Prendendo di mira gli occhi della bestia il guerriero riuscì a creare un piccolo diversivo, accecando per qualche secondo l'aggressività del Deep Green.
«Matt illumina la strada...e corri come non hai mai corso prima d'ora!»
I due ragazzini non si guardarono indietro, e tra le grida della belva inferocita, i tre cominciarono uno scatto verso un vuoto infinito.
Quasi completamente alla cieca, Matt svoltò alla sua destra, controllando se i suoi compagni non avessero perso terreno. Il Deep Green si riprese rapidamente, e partì all'inseguimento, trascinando la sua enorme mole con tutta la ferocia possibile.
Passo dopo passo, il fiatone sempre più stringente. Eppure, Angel non si era ancor dato pace. C'era davvero qualcosa che non quadrava.
«Ok...è un Deep Green capace di sfruttare il potere di un Drago. Scommetto qualsiasi cosa: questo potere è stato corrotto dalla Green Soul in qualche modo, per impedirmi di sfruttarlo. Ma non capisco!»
«Angel?! Che cosa facciamo?!» gridò Matt, costatando che il Drago era ancora alla loro calcagna, seppur non fosse riuscito ad avvicinarsi troppo.
«So che sembra una follia ma...devi prendere tempo! Finché non troviamo un vicolo cieco, continua a correre!»
«Che cosa?! Stiamo correndo sopra un mare di lame qui!» precisò Mike, senza nemmeno guardarsi indietro, l'immagine nella sua testa di quel Drago omicida era più che sufficiente per lui.
«Fidatevi di me! Se ci ritroveremo in vicolo cieco, starò in prima linea pur di difendervi!»
«Gira a destra Mike!» gridò Matt, interrompendo la conversazione.
I due seguirono le indicazioni del loro compagno, una piccola cometa dagli occhi assonnati, una luce che anche in questo frangente disperato, si fidò ciecamente dei propri amici.
Inaspettatamente, uno squarcio nella vecchia pavimentazione costrinse Matt ad un grido ancora più forte del precedente. Non esitò nemmeno per un istante e saltò da una sporgenza all'altra con tutta la sua energia. Angel e Mike, dai riflessi sempre pronti, seguirono il balzo e ritornarono sulla scia. Il Drago non aveva ancora smesso di braccarli.
In pochi secondi una biforcazione costrinse Matt ad un'altra scelta frettolosa. Nonostante ciò, con il grande stupore di Mike, il ragazzino comunicò di svoltare a destra senza nemmeno calcolare l'alternativa
«Ma certo!» esclamò Mike, una volta realizzato il piano del giovane Wolfram «Un percorso infinito!»
«Hai trovato una strada circolare nel bel mezzo di un inseguimento! Sei grande!» aggiunse Angel, con la sua totale gratitudine «Ora non devo perdere tempo. Ci sono due cose che non mi tornano. Come ha fatto il Drago a raggiungerci senza che lo percepissimo minimamente? E poi...perché la creatura non è mai fuggita da qui? In fondo le cantine non erano così lontane. Evidentemente non ha potuto...ma per quale motivo? Perché si è relegata in questo luogo abbandonato?»
La fuga sembrava infinita, ma ad un tratto, una fiammata provenne inspiegabilmente da una parete, assaltando il gruppo con estrema precisione. Angel non si fece attendere, e riuscì facilmente a deviare la fiammata verso il soffitto, creando una stella fiammante che si prosciugò rapidamente.
«Che diavolo?! Da dove proveniva quel respiro?!» sbraitò Matt, accelerando il passo.
«Questo Deep Green...è incorporeo. Sta cercando di intrappolarci perché non può fisicamente fermarci con la propria massa. Tuttavia può evocare la forza di un Drago quasi del tutto autentica...»
La creatura decise di spezzare le regole, comparendo dal pavimento che i tre combattenti stavano affrettatamente calpestando. Attraversò i loro corpi senza il minimo sforzo, prima di tentare l'ennesima offensiva.
Il Dragon Charmer non aveva alcuna intenzione di cedere lo scettro dell'iniziativa.
Rivolse la sua mano verso le fauci del Deep Green, e irrigidì tutti i muscoli, comprese le più piccole e insignificanti falangi. Quella che sembrava l'imitazione di un Drago rimase quasi soffocata, dato che non era più un grando di emanare il proprio respiro, congelato in tutto e per tutto nella sua gola.
«Finalmente possiamo smettere di correre...» dichiarò Mike, sdraiandosi a terra, più che abbattuto.
«Diciamo che il peggio è passato, ma non abbiamo troppo tempo.» rispose Angel tenendo stretta la presa «Dobbiamo lasciare al più presto questo posto, non ve ne dimenticate!»
«Ora che lo guardo meglio, somiglia veramente al Generale Fox, è come se ne avessero fatto una brutta copia.» asserì Matt, cercando di riprendere fiato «Ma se è incorporeo e può trapassare i muri, perché non è semplicemente salito in superficie?»
«Perché non poteva.» la conoscenza del Dragon Charmer si rivelò ancora una volta impeccabile «Anche se non posso assorbire il suo potere, riesco a percepirlo più chiaramente ora. Questo è solamente un eco. E' una proiezione di un qualcosa che oramai ha cessato di esistere da tanto tempo, come un ricordo che si materializza nella realtà.»
«Stavamo per essere uccisi da qualcosa che non esiste?!» Mike le aveva davvero sentite tutte, ma questa davvero non riuscì a mandarla giù.
«Vorrei essere più chiaro, ma non posso trattenere questa bestiaccia per sempre, e poi potrei sempre sbagliarmi!» una sincerità fin troppo cruda, tipica di Angel.
«Faccio finta di non aver sentito!» esclamò Matt, sfruttando tutta la quiete nella tempesta.
«In teoria, l'origine di questa proiezione ci dovrebbe condurre in un luogo diverso da questo.» guardando verso l'accesso al poligono di tiro alle sue spalle, il Dragon Charmer si preparò a sguinzagliare il suo nemico «Tenetevi pronti! Questa volta sarò io che vi farò strada, andiamo!»

Ezdard si rialzò. Per un attimo gli parse di essere svenuto, per un attimo gli sembrò di essere scampato ad una strampalata sbornia. Cercò di tornare alla dolce realtà. Sapeva di aver disinnescato la rete di una raffinata trappola, costruita con estrema minuziosità.
«Me la sono vista brutta...» ammise il secondo Comandante, riprendendo la sua marcia «Questo posto è davvero pericoloso.»
«Non mi aspettavo riuscissi a tenermi testa, complimenti!» la voce di Enigma tornò a girovagare tra un corridoio e l'altro «Visto? Ho fatto bene a darti una possibilità, la stai sfruttando bene! Non dovresti sentirti offeso.»
Ezdard sbuffò, alquanto infastidito, utilizzando i suoi vigorosi passi come valvola di sfogo.
«Stai zitto. Non sai nemmeno di cosa stai farneticando.»
«Ne sei proprio sicuro?» il sorriso di Enigma si dipinse nell'aria.
«E come potrei non esserlo? Io sono il re delle seconde occasioni! E pensa un po', sto parlando con una voce, davvero fantastico!»
«Non è detto che una voce non possa ascoltare.»
«Senti, non voglio rimanere a chiacchierare con te.» borbottò Ezdard, scuotendo la testa «Quando saprai cosa si prova ad essere una ruota di scorta, allora fammi un fischio.»
La voce tacque per qualche secondo, lasciando da solo il respiro affannato del suo prigioniero, unico baluardo contro il silenzio. Era come se si chiedesse per quale motivo il Secondo Comandante avesse fatto tralasciare qualcosa, nonostante non avesse molta voglia di aprirsi.
«Sai perché ti sei sentito scombussolato?» d'un tratto, la voce del ragazzino decise di cambiare argomento, passando ai fatti.
I piedi del giovane agente si spensero. Era incappati in qualcosa di straordinariamente appiccicoso, eppure sembrava che non ci fosse altro che papiro sotto ai suoi piedi.
«Per quale motivo...per quale motivo non riesco a muovermi?!» gridò Ezdard, presso alla sprovvista.
«Quindi non ti sei accorto che la conformazione del labirinto ora è molto più semplice. Speravo non ti fossi accorto di qualche corridoio magicamente scomparso!» con un tono gioviale, la coscienza del ragazzino incappucciato era sicura di aver fatto breccia nelle difese nemiche «Vedi, ho deciso di utilizzare un altro mazzo di carte, ma anche io devo rispettare delle condizioni. Perciò, ho dovuto sacrificare una buona parte della pianta del labirinto per poter cambiare le regole.»
«Allora sono davvero svenuto, forse per colpa del sigillo disinnescato. E' stato davvero questione di secondi.»
«Dei secondi più che sufficienti per mascherare il mio...restauro. I sigilli esercitano l'eresia verso la realtà, la stravolgono a loro piacimento. Spesso il loro disinnesco può comportare qualche piccolo disturbo all'organismo umano, specialmente se si rimane troppo vicini al sigillo nel momento del suo disinnesco.» spiegò la voce, fin troppo disponibile «E indovina un po'. Hai già esaudito la nuova condizione per poter attivare il mio sigillo!»
«Ma certo...ecco perché mi hai rivolto la parola. La restrizione era parlare con te, non è vero?»
«Hai superato i dieci secondi di conversazione, mossa non molto saggia!» esclamò la voce, prima che una sorta di terremoto, si diradasse per tutto il labirinto. Un rumore di strappi provenne dal suolo dove Ezdard era rimasto intrappolato. Pareva che ogni fibra di tessuto avesse cominciato un lento processo di autodistruzione, sfregiando ogni sua fibra fino al profondo.
I primi spiragli d'oscurità si mostrarono agli occhi dello sfortunato prigioniero, che cercò freneticamente di guardarsi attorno, cercando il sigillo da esorcizzare.
Le lancette del tempo caddero spietatamente sul campo di battaglia. Il Secondo comandante cadde in una stretta botola costellata da sporgenze e dislivelli, che resero il viaggio atroce, molto più della caduta stessa. Il biondino sputò un lamento di dolore, prima di percepire nuovamente un sonno inarrestabile.
«Non posso...se svengo un altra volta, sarà la fine...» sussurrò il Secondo Comandante, visibilmente provato.
«Comunque...non fraintendermi. Non sono un mostro. Non ti ho sfruttato solo per puro gradimento. So benissimo di cosa parli, più di quanto credi.»
La vista cominciò a spaccarsi, come frammenti di un vetro ormai opaco. Ezdard non smise mai di combattere, nemmeno quando il sonno gli sembrò la più ammaliante delle tentazioni.
«Magari...li chiudo solo per un attimo. Sarà solo per un secondo, nessuno se ne accorgerà. Un piccolo e insignificante...secondo.»
Le palpebre si abbassarono lentamente, un tramonto che forse, avrebbe sancito la fine di quel ciclo, e l'inizio di una notte vittoriosa.

Edited by Poirot Len - 3/5/2019, 16:41
 
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Non fu particolarmente piacevole.
Era come se qualcuno stesse continuando a sottrargli l'aria dai polmoni, scavando un buco invisibile nel suo petto. Avrebbe fatto di tutto per perdere la capacità di espirare, voleva trattenere anche la più piccola briciola d'aria dentro si sé.
Non sapeva cosa pensare. Forse si trovava in uno stato di torpore, ad un passo dalla realtà ma intrappolato in un sogno. O forse tutto ciò che stava provando non era che una rozza costruzione di sentimenti artificiali. Se solo avesse potuto schiarire la sua vista sfocata, avrebbe strappato quel velo d'incertezza che non aveva smesso di stringergli il collo.
Un battito di ciglia, ed Ezdard riuscì ad aprire gli occhi.
Ce l'aveva fatta, aveva chiuso gli occhi solo per qualche attimo. Aveva resistito al richiamo della sconfitta, riuscendo a sfuggire alla sue seduzioni, giusto per un soffio.
«Anche quando il tuo corpo si è arreso, tu non ti sei dato per vinto. Proprio ciò che avrei voluto evitare.» la voce di Enigma echeggiò per quella che sembrava una cella, una stanza ricoperta di un papiro non più dorato, sporcato da aloni di carbone e insita oscurità.
«Sei stato tu che mi hai incuriosito.» rispose il Secondo comandante, sfoggiando un sorriso affaticato «Hai detto che capisci che cosa provo. Dimostralo.»
«La sindrome del secondo posto. Penso che questa definizione mi rappresenti alla perfezione.»
d'un tratto strascichi di tessuto ricrearono la figura di Enigma, seppur con qualche imprecisione, e qualche strappo alla rinfusa. Nel frattempo, Ezdard riuscì a sedersi, appoggiandosi ad una parete.
«Vorrei solo dimenticare la mia vita precedente. Sono sempre stato in ritardo. La mia precedente famiglia, se così si può definire, mi ha dato uno scopo solo perché era quello che loro detestavano più di ogni altra cosa. Un disonore che viene scaricato solo ad uno sfortunato prescelto. Per quanto a voi sembrino eccezionali le mie manipolazioni coi sigilli, tutto questo un tempo era solo oggetto di scherno. Ero un ridicolo pagliaccio agli occhi di tutti.»
Il falso Enigma si sedette a terra, incrociando lo sguardo della persona che avrebbe dovuto sconfiggere.
«Certo, la mia stirpe faceva parte di radici corrotte collegate ad un albero velenoso. Ma non sono mai riuscito ad ignorare la rabbia che scorse dentro di me...quando li eliminai uno dopo l'altro. Non fu solo un opera di giustizia, non salvai soltanto delle vite. Mi vendicai in modo puro, spietato. Era il prezzo per avermi messo in disparte per tutta la vita. Forse se non mi avessero considerato un verme della peggior specie, a quest'ora sarei diventato uno di loro. In questo senso, li potrei quasi ringraziare. Ciò che provavo ogni volta che la vita mi riservava un altro giorno...era sperare di non averne un altro in più.»
«Nonostante i tentativi, sapevi che avresti fallito e che non avresti mai conquistato la loro approvazione.» l'agente biondino, guardando verso il cielo a lui negato, si agganciò al discorso dell'avversario.
«Provai e provai con tutte le mie forze, ma sembrava quasi che io fossi destinato a quella posizione. Nulla avrebbe potuto cambiare.»
«Il confronto è inevitabile, ed ecco che vivi all'ombra di qualcun altro.» Ezdard sospirò, ripensando alla sua storia «Mio fratello...è una persona eccezionale. Uno dei giovani più promettenti dell'intero reparto dell'esercito. Avrei voluto soltanto che i miei genitori ci avessero visto allo stesso modo. La mia vita non aveva alcun valore, essere sotto una buona luce era l'unica cosa a cui tenevo. Volevo il loro affetto così ossessionatamene, che presi una brutta strada, cominciai a cadere, prima da un fronte e poi dall'altro. Scuola, amicizie, onore.»
Si mise una mano sugli occhi. Incredulo, continuando a conversare col suo carceriere. Era troppo catartico per non perseverare.
«Ero così disperato...che mi sono rivolto ad una setta di Remi di Caronte. Cominciai a a frequentarli di nascosto, pur sapendo a cosa sarei andato incontro. Ho tradito la fiducia che la mia famiglia, in ogni caso, seppur celatamente, aveva riposto di me. Ma fui così cieco! Nello specchio non vedevo che il riflesso di mio fratello, che continuava a ridermi in faccia.»
Il fantoccio che aveva assunto le sembianze di Enigma abbozzò un espressione compassionevole, evitando lo sguardo affranto di Ezdard per non rimanere troppo coinvolto.
«L'affetto...l'amore. Sono cose che ci fanno perdere la testa. Rimpiango ancora di aver lasciato andare una persona che adesso, vorrei qui accanto a me.»
«Sono cose che dovrebbero renderci felici, eppure noi facciamo di tutto per distorcerle. Quando mio fratello mi seguì in una di quelle selvagge notti, rischiò la vita per salvarmi da quel baratro. E io cosa feci? Lo respinsi, fiero di una dignità che nemmeno possedevo. Per questo lui è a Riterloo ora, ha lasciato il palco solo per me, per farmi splendere senza che la sua luce possa oscurare la mia. Beh, questo è quello che voglio credere, perché potrebbe essersi semplicemente stancato di me.»
«Sono certo che non sia così.» la voce di Enigma, quasi se quella frase gli fosse sfuggita dalla bocca, ostentò una certa dose d'imbarazzo.
«Ma sentilo. Il mio acerrimo nemico che dopo avermi pestato cerca pure d'incoraggiarmi!» un tenue riso gli attraverso il diaframma dolorante, ma ne era valsa la pena.
«Tranquillo, non ricapiterà.» replicò l'eco orgoglioso «È solo che...queste che abbiamo raccontato sono cicatrici. A volte scordiamo di averle, ma se guardiamo nel punto giusto, eccole. Non se ne sono mai andate.»
«E ci fanno anche dei brutti scherzi! Se non fossi stato fragile, forse non sarei mai caduto in questa trappola.»
«Non dobbiamo far altro che tenerle con noi, ma fuori dalla memoria.» concluse la voce, facendo sorridere il fantoccio in modo alquanto bizzarro.
«E' per questo che mi sono rivolto a Justin. Mi ha donato l'ennesima occasione che sicuramente non meritavo.»
«E io ho trovato una nuova famiglia, che lentamente, mi sta trasformando in qualcosa di nuovo. Mi rende felice.»
«Eppure c'è sempre quella fitta. Quella fitta che ogni tanto fa male...quasi volesse riportarci indietro.»
«Lo so. E sai una cosa? Io mi diverto quando sento quella fitta. So che mi vuole sfidare ancora una volta. E sai perché? Non ha fatto altro che perdere e perdere un numero indecifrabile di volte!»
I due si scrutarono, trovando una complicità che non avrebbero mai pensato di scovare in una battaglia fino all'ultimo colpo. Sapevano di aver conquistato un qualcosa di speciale, anche se si erano resi conto che il loro dialogo, seppur piacevole, non sarebbe potuto andare avanti per sempre.
Uno dei due avrebbe dovuto compiere la mossa definitiva. Per quanto amaro sarebbe potuto risultare.


«Muro!» gridò Matt, all'ennesimo sbarramento verso la fuga.
La nebbia verdognola che non aveva smesso di cacciarli, seppure con una certa flemma.
I tre si voltarono. Il Drago non avrebbe desiderato che un altra occasione per poter infierire sugli esseri umani. Angel prontamente interruppe ogni azione offensiva, ma questa volta, una morsa di dolore gli attraversò il bicipite destro, quasi avessero tentato di afferragli il braccio per strapparlo dal resto del corpo.
I due ragazzini si avvicinarono alla loro guida, sincerandosi delle sue condizioni.
«Angel! Che ti succede?» esordì il giovane Wolfram, nelle vesti di una nonna preoccupata.
«Non preoccuparti, questa bestia non andrà da nessuna parte!»
«Ti abbiamo chiesto come stai, non cercare di girarci attorno!» una sgridata da parte di Mike fu un avvertimento sufficiente per svuotare il sacco.
«Purtroppo, lo stress fisico che comporta l'utilizzo di questo potere non è indifferente...» strinse i denti, sapendo che in ogni caso, soffrire era la sua unica scelta «Sento che ci siamo avvicinati molto al nostro obiettivo, non possiamo arrenderci adesso!»
«Questa allora è l'ultima volta che ti metterai in pericolo!» asserì Mike, con il suo compagno di classe in pieno consenso.
«Ce la dobbiamo fare in un colpo solo!» aggiunse il ragazzino dalle occhiaie pronunciate, non nascondendo un po' di affanno per tutte le corse che aveva compiuto.
«Avrei da ridire...» venne trafitto da due sguardi imperturbabili «Ma so che tanto voi non mi ascoltereste! Avete vinto. Allora...pronti a schizzare via! Proviamo a dirigerci verso quel corridoio dalle pitture più chiare!»
I due annuirono e si misero in testa alla corsa. Dopo essersi allontanato il più possibile, Angel rilasciò la sua prigione, e il Deep Green fu si nuovo libero, desideroso di vendetta.
Il gruppetto cominciò a percorrere quello che si rivelò essere un corridoio molto più lungo del previsto. Ma la cosa che donò loro una ventata di speranza, fu quello che cambiò attorno a loro: le piastrelle metalliche rinforzate, che li avevano racchiusi in un bozzolo di sicurezza, fecero spazio ai dei mattoni di cemento bianchi, e una ripida scalinata verso il basso, eternamente nell'abisso.
«Perché stiamo scendendo ancora?» strillò Matt, tra curiosità e apprensione.
Mike scorse una scritta di sfuggita, e di certo non avrebbe potuto tenerla tutta per sé.
«People Mover?! Che cos'è?» chiese affannato.
«Che cosa?! Stai scherzando?!» rispose Angel, incredulo «E' una sorta di navetta automatizzata, funziona un po' come una metropolitana automatica!»
«Allora possiamo scappare?» domandò il più minuto dei tre, pregando per una risposta affermativa.
«Se si trova li, e se troviamo il modo di farlo funzionare...magari siamo fortunati!» esclamò Angel, sorridendo a pieni denti.
Uno scalino dopo l'altro, l'attesa pagò il risultato. Una navetta incastonata in un paio di rotaie d'acciaio si rivelò dietro un angolo insperato: si trattava di una piccola scatoletta di un pallido blu metallico, che nemmeno raggiungeva la lunghezza di un vagone ferroviario. Impolverata ma senza nemmeno un graffio, aveva aspettato da non troppo tempo qualche passeggero da portare sulle sue spalle. Le rotaie, due paia di strisce metalliche poste parallelamente, non parevano affatto danneggiate, pativano solamente qualche acciacco dovuto al disuso. Il percorso che queste guidavano proseguiva per un lunghissimo rettilineo, sconosciuto agli occhi dei tre avventurieri.
«L'hanno davvero lasciata qui!» esclamò Mike, dissipando i suoi dubbi.
«E' proprio come pensavo, hanno fatto i bagagli in fretta e furia per abbandonare una base segreta praticamente pronta all'utilizzo. E qual è il modo migliore per spostare persone e carichi? Un bel treno in miniatura!» affermò il Dragon Charmer, analitico.
«Aspetta un secondo!» intervenne Matt, cercando di non guastare troppo le feste «Se questo aggeggio è automatico, come lo facciamo partire?! La mia Risorsa può generare la corrente per far partire dei macchinari, ma...»
«...qualcuno deve restare al pannello di controllo per poter sfruttare la tua Risorsa.» realizzò il ragazzo barbuto, rassegnato «Probabilmente è in quella entrata proprio ai piedi di questa scalinata.»
Un lamento tumultuoso ed inquietante investì i battiti dei tre giovani.
«Matt, dammi la tua penna. Sai che puoi fidarti di me.» con il braccio ancora dolorante, Angel aprì il palmo della mano in direzione del piccolo sognatore «Lo sai che non c'è altro modo, a meno che tu non voglia destreggiarti con la schermata comandi...»
Con un terribile nodo alla gola, Matt si rivolse alla sua Risorsa.
«Non permettergli di fare sciocchezze.» le chiese a bassa voce, la penna asserì con un rapido gioco di luce.
«Aspettatemi dentro il mezzo. Attiverò la corrente e programmerò il mezzo per schizzare via da questo posto. Il Deep Green proviene proprio dalla direzione dove ci stiamo per dirigere. Non abbassate mai la guardia!»
«Torna da noi tutto intero! È una minaccia!» ringhiò Mike, agitato.
«Sarò felice di darvi una lezione o due quando torno!» replicò Angel, fiducioso.
Il gruppo si spezzò.
Il Dragon Charmer, con una doppia fonte di luce a suo servizio, non faticò a trovare l'accesso ai pannelli di controllo che aveva intravisto poco prima. Qualche inutile stanza d'intermezzo, ed ecco che una mezza dozzina di grandi schermi e un complesso riquadro di comando si rivelarono ai suoi occhi, viandanti in cerca del sole.
La Risorsa di Matt compì il suo obiettivo, e donò un flusso di corrente continua all'attrezzatura. Le lampade interne alla navetta si accesero, evitando così che i due ragazzini rimanessero alla mercé del bagliore di un misero accendino.
Angel non si dissolse nel suo primo successo, e cominciò ad analizzare l'impianto. Tramite il display che si accese qualche secondo dopo, si accorse che una delle due navette si trovava dall'altra parte della base, ecco spiegate le rotaie in più che avevano osservato. Riuscì a trasferire potenza al People Mover, giocando con gli interruttori giusti. Non restava che programmare la velocità e la destinazione.
Si spostò rivolto verso uno schermo più piccolo, riuscendo ad inserire i dati nel database del sistema. Sapeva che il Drago era sempre più vicino.
Mentre il computer cominciò a computare i comandi assegnatogli, il Drago della morte comparve alle sue spalle. Svelto, si voltò e strinse i denti ancora una volta, annullando ogni velleità della creatura.
I suoi muscoli cominciarono a tremare, sempre più rigidi, era come se stessero sopportando il peso di centinaia di chili. Con la coda dell'occhio, Angel cercò di capire se l'operazione fosse andata a buon fine, ma il tempo non gli fu affatto amico. Entrambi i suoi polpacci caddero sotto i pesi dei crampi.
Fu costretto a sedersi a terra, col Drago che lentamente avanzava, verificando lo stato precario del suo futuro pasto. Ad un certo punto, in tutto quel tormentato e logorante gioco di forza, il ragazzo dalla tunica nerastra si accorse di un dettaglio.
«Anche se lo lasciassi andare... potrebbe prendersela col pannello di controllo!» pensò Angel, prima di abbozzare un piccolo grido di dolore «No...dovessi morire qui stesso...non toccherai quei ragazzini!»
Matt e Mike aspettarono secondi infiniti, prima di percepire un flebile movimento da parte del People Mover.
«Ce l'ha fatta! Stiamo partendo a rilento, ma...stiamo davvero partendo!» esultante Mike venne calmato dal carico della realtà.
«Angel! Stiamo partendo! Raggiungici, ora!» gridò Matt, pressato dai sussulti del suo cuore.
Niente rispose, nemmeno il lamento del mostro si dipinse in quella tela sprovvista di suoni.
«Oh, no...» Mike ebbe la tentazione di raggiungere il loro compagno d'avventura, ma sapeva che non avrebbe cambiato le cose.
La sua priorità in quel momento, era salvare Matt. Il giovane Wolfram aveva avuto la stessa tentazione, quasi impossibile da sopire.
«Non posso lasciarlo li! Non così! Glielo avevo detto!» strepitò Matt, bloccato da un triste e razionale bulletto.
«Se morissimo ora, il suo sacrificio sarà stato vano! Lo dobbiamo accettare...anche se tutto questo fa schifo, lo dobbiamo accettare!»
Il People Mover cominciò ad acquistare velocità, allontanandosi dalla linea di partenza.
«Angel! Non farmi questo...non possiamo farcela senza di te! Torna qui...ti prego!» un ultimo lamento, ed ecco che Matt si lasciò andare, accasciandosi ad uno dei sedili del mezzo, spezzando la sua resistenza.
La nave lasciò il porto. Onda dopo onda, il porto si rimpicciolì sempre di più, fino a diventare quasi impercettibile. I due ragazzini non smisero mai di fissare quel porto, fino all'ultimo secondo.
Una luce impercettibile cominciò a ritornare grande, bellissima e sfolgorante. La Risorsa stava tornando dal suo affranto possessore, con un piccolo regalo insperato: aggrappato con una mano all'impugnatura dello stocco, il combattente barbuto era riuscito a sopravvivere ancora una volta.
Le ali della Risorsa si dimenarono portentose, trasportando quel soldato ferito tra le braccia dei due increduli ragazzini. Non riuscendo nemmeno a stare in piedi, appena atterrato, il Guerriero Ardente si accasciò a terra in maniera scomposta, evitando almeno di battere la testa da qualche parte.
«Visto...non è stato così difficile!» ironizzò Angel sogghignando, beccandosi un calcio nello stinco da parte di un Matt tutt'altro che divertito.
«Sei un testone! Ti avevo detto di non rischiare!» sembrava che Matt ne avesse per tutti, squadrò persino la penna, che non sembrò affatto spaventata «Avresti dovuto dargli una bella scossa!»
La Risorsa s'illuminò freneticamente, accendendosi e spegnendosi come in un corto circuito.
«Sembra come se voglia dirmi che...» sussurrò Matt, pensieroso.
«Si, la tua simpatica penna mi ha folgorato senza troppi convenienti! Siete proprio in sintonia voi due...» affermò il Dragon Charmer, con un tocco acidulo.
«Beh, ha fatto bene!» intervenne Mike «Che cosa è successo?!»
«Beh, avrei voluto bloccare il Drago per giusto qualche... secondo. Ma il tuo stocco mi ha folgorato, poi mi ha spinto verso la pulsantiera, e ha ricoperto tutti quanto con quelle strane particelle arancioni. Dopo che il Deep Green ha esaurito il suo respiro, i comandi che avevo inserito sono stati accettati. Infine, la tua Risorsa mi ha letteralmente ammanettato al suo manico bendato... e infine mi ha trasportato fin qui, attirando l'attenzione del Drago con la sua forte luce intermittente.»
«Aspetta un momento! La mia Risorsa è stata grandiosa, specialmente quando ti ha fatto ragionare con le cattive...» constatò il ragazzino dalle vistose occhiaie, ignorando lo sguardo contrariato di Angel «Ma per come ci hai raccontato tutto, il Drago a questo punto dovrebbe essere...»
«Ci sta inseguendo!» gridò Mike, dirigendosi alla coda del People Mover «Sta guadagnando terreno, seppur lentamente!»
«Devo solo... fermarlo...» il ragazzo barbuto tentò di alzarsi, ma i due ragazzini frenarono quel vano sforzo.
«Hai fatto abbastanza, ora tocca a noi!» affermò il bulletto, sicuro dei suoi mezzi.
«Se questo mezzo mantiene una buona velocità, ci basterà rallentare il Deep Green più possibile!»
«Se provi a fare qualcosa il tuo stinco avrà una discussione con le mie scarpe, ancora!» tra consigli e minacce di un Matt infervorato, il Guerriero Ardente si arrese all'evidenza. Non era più in grado combattere, per quanto non riuscisse ad ammetterlo.
«Non vi dirò di non fare stupidaggini, perché io ne avrò commesse un centinaio oggi...ma state attenti, capito?»
I due ragazzini sorrisero, l'apprensione del loro amico non poteva che essere apprezzata. Il legame di quel trio era stato forgiato da mille peripezie.
Si voltarono verso la creatura al loro inseguimento. Decisi a scacciarla una volta per tutte.

«Senza dubbio è stato un discorso interessante.» esclamò la voce di Enigma, in modo sbrigativo «Ma è tempo di chiudere questo scontro...con questa.»
Enigma contro Ezdard. Uno scontro fisico e mentale che stava per giungere alla conclusione.
Il manichino e l'agente ferito si erano scrutati per qualche secondo, prima che il fantoccio rivelasse il suo joker.
«Questa... è la tua pistola. Penso che tu sia capace di riconoscerla.» puntando l'arma da fuoco contro il Secondo Comandante, la voce di Enigma fece intendere che avrebbe abbracciato delle decisioni drastiche, contro ogni previsione «Non mi costringere a farlo. Non sono bravo con questi affari. Arrenditi e tutto sarà finito.»
Ezdard si tastò la giacca e i pantaloni, e constatò che l'imitazione del ragazzino incappucciato non aveva mentito.
«Se non sei sicuro della tua mira, finirò con una pallottola in mezzo alla fronte.» rispose l'agente, del tutto composto «Sei davvero disposto a prendere questo rischio? In fondo, sei solo il grillo parlante di Enigma...»
«Non voglio farti del male, ma... la posta in gioco è troppo alta!» dichiarò la voce, facendo percepire tutta le sue vibrazioni.
«Uhm... non ti biasimo, il nostro boss ha un po' esagerato questa volta. Esiliare una ragazzina in questo modo è orribile... ma anche ciò per cui stiamo lottando è altrettanto importante. Mi dispiace che siamo arrivati a questo punto.»
Ezdard scosse la testa, facendosi coccolare dalle onde del rimorso.
Era solo un ragazzino. Un giovane così spaventato che persino la sua coscienza sarebbe stata capace di un atto sconsiderato. Eppure, rinnegare la propria causa sarebbe stato altrettanto estenuante. Non c'erano mani vincenti, solo due sconfitte differenti.
Il Secondo Comandante, seguendo l'istinto del suo corpo malandato, trovò il modo di alzarsi, seppur claudicante. Non aveva mai smesso di fissare il suo interlocutore, per quanto quell'ammasso di tessuto non esistesse realmente.
«Bene, se sei davvero deciso a salvare la tua amica... dovrai spararmi. Non mi tirerò indietro.»
«Perché siete così testardi?! Perché non vi tirate indietro... e per che cosa?! Cosa c'è di così importante?!» imprecò la voce, manifestando tutta la sua esitazione.
Ezdard non rispose. Non voleva ritardare quel momento un secondo di più.
Un leggero click invase la piccola stanza.
Qualche attimo di pace, prima dell'ultima rivelazione.
«Quando?» domandò il fantoccio di papiro, in procinto di accartocciarsi «Quando hai rimosso i proiettili? Nel momento in cui sei caduto qui, ti ho sottratto la pistola e...»
«Oh, scusami! Ma sei arrivato tardi questa volta!» con un sorriso sgargiante, Ezdard mostrò i proiettili rimasti, ben celati in una tasca interna nella giacca «Fin da quando mi hai rinchiuso qui, ho cominciato a sospettare che tu sapessi del mio asso nella manica. Ho avuto una conferma dopo l'altra man mano che ho superato le varie insidie che mi hai proposto. Le bestie di papiro avevano l'unico obiettivo di disarmami, tutti quei tentativi di farmi cadere... erano tutti stratagemmi per sottrarmi l'unica minaccia che realmente tenevi. Se avessi trovato il vero Enigma, anche se si fosse svegliato, non avrebbe avuto alcuna possibilità di difendersi. Dopo aver superato la trappola del pavimento inclinato, prima che cominciasse la successiva, ho semplicemente scaricato la revolver, aggiungendo i proiettili manualmente solo in caso di necessità. La tua strategia si è dimostrata troppo leggibile, per cui ho potuto prendere le dovute precauzioni.»
«Ah... menomale.» sussurrò la voce, quasi grata di non aver superato il limite «Sai... c'è una cosa che tuttavia non hai calcolato.»
Un brivido percorse la schiena del Secondo Comandante, minando per un attimo tutte le certezze che aveva costruito.
«Hai detto che non rappresento fisicamente Enigma, e hai ragione. Controllo questo labirinto e tutto ciò che viene generato qui dentro...» una striscia di papiro avvolse la pistola di Ezdard, prima che il ragazzo di papiro la puntasse nuovamente al Secondo Comandante.
«Ha creato dei proiettili dal papiro?!» pensò il biondo combattente, decisamente alle strette.
Il burattino del labirinto sparò cinque colpi con una precisione disarmante, che sfiorarono Ezdard in vari punti del corpo. I proiettili di tessuto s'infransero nel muro dello stesso materiale, frantumandosi in coriandoli colorati.
«Magari Enigma non ha mai preso una pistola in mano, ma pensi io che la mia Risorsa non sia capace di fare questo ed altro? In fondo sono parte della sua Risorsa! Ah! Ti avrei fatto cantare come un uccellino!» esclamò la strana riproduzione, prima di abbandonare la sua vita, afflosciandosi in tante strisce di papiro dorato.
«Beh...ci ho provato fino alla fine. Non ho abbastanza forza per ricreare dei proiettili efficaci col papiro, non era assolutamente in programma. Beh... congratulazioni, hai vinto!»
Un sospiro di sollievo così dirompente da poter alimentare una brezza d'autunno. Il Secondo Comandante l'aveva spuntata per pochissimo.
Una piccola apertura si rivelò nella stanza. In una sorta di ripostiglio segreto, Enigma giaceva pacifico, appoggiato ad una parete che assomigliava ad un trono in miniatura.
«Ecco il tuo premio. Vedi di non svegliarlo, o potrebbe reagire male!»
Zoppicando, Ezdard si avvicinò al suo avversario, per poi sedersi accanto a lui, stremato più che mai.
«È stato... fantastico! Mi sono divertito moltissimo! La battaglia migliore della mia vita! E non solo perché qualcuno è riuscito a tenermi testa, ma anche... per la persona che ho incontrato.»
«Ti prego, Kamili fa parte della nostra famiglia... ed è ancora rimasta nel mio cuore. Non voglio perderla...» il timbro di voce cominciò a deformarsi, affievolendosi nel silenzio.
«Enigma... dopo che tutto questo sarà finito, non esiterò ad aiutare la vostra amica. Non ti conosco nemmeno, ma so che ti devo questo favore. Puoi starne certo.»
Il labirinto cominciò a crollare, collassando su sé stesso. I due tornarono finalmente al loro campo di battaglia.
Tutto e ancor di più era capitato in quella capsula del tempo. Ma il resoconto del presente fu tutt'altro che misericordioso. Enigma era stato sconfitto.
 
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282 replies since 31/12/2012, 19:34   3740 views
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