| 7.2 Alla Ricerca di un Amico
"Non dovevi farlo. Hai visto come hanno reagito?! Perché lo hai affrontato?" "E' solo un graffietto, non temere." "Rispondi alla mia domanda." "Non ci ho visto più, quando ti ha chiamato "abominio"...non ce l'ho fatta a trattenermi." "Tanto ci sono abituato, potevi anche ignorarlo." "No! E' proprio questo il punto! Nessuno dovrebbe chiamarti in questo modo." "Preferisco essere preso in giro, che guardarti ogni volta pieno di cerotti. Sei il mio unico amico." "Tu sei speciale, e loro sono solo invidiosi, non possono trattarti così." "Speciale? Bella battuta...sento soltanto di avere una maledizione..." "Ti sbagli. Non solo hai capacità straordinarie, ma sei anche un amico speciale. Anche tu sei il mio unico amico." "Perché allora mi evitano tutti, perché quando perdo il controllo tutti hanno paura di me?" "Solo perché non sanno davvero chi sei." "Sei...sicuro? Vuoi davvero continuare ad essere l'amico del mostro?" "Si. Il migliore amico." "Allora stringimi la mano. Voglio un patto ufficiale. Anche io voglio essere il tuo amico per eccellenza." "Certo. Nessuno riuscirà mai a separarci." "E con questa stretta di mano...adesso siamo come fratelli." "Saremo amici per sempre."
"Ehi, svegliati! E' già mattino!" gridò Enigma cercando di svegliare il collega addormentato "Ti lamentavi che dormire sul tetto fosse scomodo...è bastato un sacco a pelo per farti cambiare idea." "Non è come pensi tu. Ho dormito malissimo, e ho fatto pure un sogno strano." rispose il ladruncolo piuttosto nervoso "Come sta il nostro prigioniero?" "Benissimo, fin troppo. Ha cercato di scappare più volte, lo trovo sempre esausto quando vado a portargli da mangiare." disse Enigma, rapportando il tutto ad alta voce. "Forse...oggi vado a fargli visita. Giusto per scrupolo." commentò il collega di Enigma, con fare indifferente. "Sei sicuro? Non ti lascerai trascinare dal passato?" gli chiese Enigma, piegando leggermente le palpebre, senza però nascondere i suoi occhi cerulei quasi fosforescenti. "Il passato? Non è altro che un vento passeggero per me. Non andrò a rovistare nei ricordi che ho promesso di dimenticare." affermò il possessore del Wakizashi, quasi come un avvocato, mentre intona la sua arringa del giorno. "Allora resta fermo e buono, la mia Risorsa ti darà il permesso di entrare, ma il procedimento non sarà piacevole." lo allertò Enigma, piuttosto allegro, dietro la sua sciarpa di seta. "E sia! So che sei un vero artista, amico mio. Non mi accadrà nulla di male, a parte forse la mummificazione!" disse con fare sprezzante, posizionandosi davanti ad Enigma. Il ragazzo, mascherato dagli occhiali e dal berretto da baseball, aprì le braccia al cielo, quasi per immolarsi di fronte al virtuoso collega. Enigma non era il tipo da perdersi nelle acque dell'umorismo. Con grande scioltezza, fece inglobare il suo collega dalla pergamena di papiro, prima di trasformarlo in una misera pallina fatta di cellulosa e poco più. Il resto del procedimento, era persino più facile che rubare un giocattolo ad un bimbo addormentato: bastò raggomitolare le palline di papiro in un unica massa, per trasportare il ladruncolo dalla realtà di tutti i giorni ad un mondo diverso, dove il suo ostaggio lo aspettava.
Il ladruncolo si guardò attorno con immenso stupore. Tutto ciò che aveva attorno sembrava l'ottava e la nona meraviglia del mondo: delle pareti di papiro che respiravano aria, delicate e leggere, decorate con spettacolari disegni che parevano antichi geroglifici, facevano solo da ingresso ad un regno lillipuziano. Anche la pavimentazione era fatta di papiro, il che costrinse il ladruncolo a saltellare come una lepre, per riuscire ad avanzare in quell'ambiente labirintico. Trovò ben presto un lungo corridoio, dal quale provenivano degli strani lamenti. Non erano echi di sofferenza, assomigliavano maggiormente a dei borbottii, sbuffi di una locomotiva in corsa. Non avrebbe mai potuto sbagliarsi, quegli sbuffi il ladruncolo li conosceva a menadito, erano rimasti congelati nella sua memoria proprio fino a quegli istanti. In fondo ad una sorta di corridoio, costituito da lenzuoli di papiro dal profumo agrodolce, spuntava una stanzetta piuttosto buia, era sicuramente quella la cella a cui Matt era stato destinato. Era una prigione senza sbarre, solo una cascata di veli opachi, bianchissimi e rigidi come massi, divideva il ladruncolo dal possessore della penna. Il ragazzino stava parlottando come a suo solito, una vera e propria pentola di fagioli. Ma forse quella volta, nella ricetta c'era un misto di tristezza amalgamata alle sue parole. Matt intravide subito l'ombra del ladruncolo dietro il leggiadro papiro, e scattante come un ghepardo, si alzò da terra irato: "Ehi! Sono relegato qui da almeno tre giorni! Mi spiegate una volta per tutte che diavolo volete da me?" disse Matt, quasi a voler cominciare una ramanzina di perenne durata. Il ladruncolo non rispose. Strinse i pugni. In quel momento, odiò se stesso più di ogni altra cosa. Gli occhiali da sole gli caddero dal naso, e una luce fucsia cominciò a splendere nelle sue iridi, annegate da un pianto che avrebbe trattenuto con tutte le sue forze; lo avrebbe ricacciato senza pietà, non era tempo per i sentimentalismi. "Peter?! Sei tu?" sussurrò Matt senza fiato, impedendo al ragazzo di fronte a lui di raccogliere gli occhiali. Lo shock fu tremendo per il ragazzino dagli occhi fucsia chiaro, che rimase immobile, come se il tempo l'avesse perso per strada. "Vorrei non esserlo mai stato." rispose Peter con un triste sorriso. Oramai le sue carte erano state scoperte, non c'era motivo di rigirare il coltello nella piaga.
Fu un incontro che entrambi aspettavano da tre anni ormai. L'amicizia per loro fu come percepire gli stessi suoni, emozionarsi nello stesso momento, spartire un po' della propria anima. E finalmente, le metà si erano riunite ancora una volta, riunite dal caos, riunite dal dolore. "Non finisci mai di stupire, vero?" ridacchiò Peter, piuttosto scosso "Come hai fatto a capire che ero io. Non ho nemmeno fiatato per paura di farmi scoprire." "Sciocco...dovresti ricordartelo. E' sempre stato così, ogni volta che ti cadevano gli occhiali da sole, era il finimondo. Forse non te ne sei mai accorto, ma quando questo capitava, si sentiva sempre un chiarissimo grugnito provenire dalla tua voce." gli spiegò Matt a tratti raggiante, a tratti mortificato. Il suo migliore amico, era proprio a due passi da lui, ma un muro insormontabile, eretto proprio da Peter, sembrava aver spezzato quel legame indissolubile. "Matt...non sprecare le tue energie. Ti libereremo molto presto, ma al momento dovrai stare qui. Dopo che ti avrò liberato, avrai tutto il tempo per odiarmi." disse Peter a sguardo basso, addolorato, avvertendo il volto pieno di domande dell'amico. "Perché...perché mi hai fatto richiudere in questa prigione, che cosa ti ho fatto?" chiese Matt, senza che il suo umore grigio lo facesse vacillare. "Non te lo posso dire. Non posso." rispose Peter, con la voce sempre colma di tristezza. "Perché non puoi? C'è qualcuno che ti costringe? Enigma per caso?" chiese con foga Matt, stringendo i veli di papiro che lo separavano dal suo interlocutore. "No. Sono io che l'ho convinto a fare quello che abbiamo progettato. Tutto proviene dal mio cuore, Matt." rispose Peter a fatica, con voce altalenante. "Io...non capisco. Dov'è finita la nostra amicizia? Non ti fai più vedere per tre anni, e poi torni in città solamente per prendermi in giro?!" urlò Matt furibondo "Dove...dov'è finito il nostro patto? Dov'è finita la nostra Vecchia Alleanza?" "Ti prego, smettila. Ogni tua parola mi fa sentire sempre più un essere dannato, un...mostro." rispose Peter, tentando di far tacere quel supplizio, di zittire un amico incredulo. "Quando sarà tutto finito, ti lasceremo andare, e non mi farò più vedere, te lo giuro." "No! Non è questo che voglio Peter! Ho chiamato la mia O.A.G la "Vecchia Alleanza"...era il nome che ci eravamo dati io e te, quando eravamo bambini. Io non ti ho mai dimenticato, non voglio che tutto finisca un altra volta..." disse Matt quasi in preda ad una dolorosa euforia. "Infatti...eravamo bambini. Un semplice trasloco è stato sufficiente per separarci. Forse eravamo solo degli illusi." affermò Peter con un tono nostalgico. "Peter...mi conosci. Sai che non mi arrenderò facilmente. Non ti permetterò questa toccata e fuga. Questa, è la nostra unica chance. Ho tante cose da raccontarti..." "Anche io Matt... e vorrei tanto farlo. Un giorno forse, ma non qui. Non ora." disse Peter, prima di congedarsi "Sei il mio unico ricordo d'infanzia felice. Mi hai fatto capire tante cose. Mi hai fatto vedere i miei occhi in modo diverso, mi hai fatto vivere non come un mostro, ma come un ragazzo dotato di un potere eccezionale. Non voglio ricordarti in altro modo." Matt ascoltò i passi incerti di Peter raggiungere l'uscita della prigiona fatta di papiro, si lasciò cadere a terra, sul morbido papiro. Non aveva mai creduto al destino, nemmeno durante le situazioni più fortunose. Eppure aveva parlato con un amico, un fratello, che aveva sempre sperato di rincontrare. E sapeva, che dietro quelle parole dure, anche Peter pensava lo stesso. Ma cosa lo spingeva allora, ad esprimere tutto quel distacco?
Jane non aveva chiuso occhio. Quella scena traumatizzante che aveva vissuto impotente venne proiettata nella sua mente una miriade di volte, permettendole solamente di trovare la quiete necessaria per una misera pennichella. La ragazzina si era messa a dormire nel letto di Matt, stringendo il suo orso bianco di peluche, quasi avesse potuto avvertire il suo respiro, attraverso l'inanimato batuffolo peloso che non smise mai di abbracciare, per tutta la notte. All'improvviso, il campanello cominciò a strillare nelle orecchie della ragazzina, che venne svegliata malamente. Facendo un movimento brusco, si sporse troppo dal letto rialzato del fratello, e finì per piombare a terra trascinata dalla scherzosa forza di gravità. Come se non bastasse, gli ospiti che entrarono nella sua camera, la trovarono quasi spalmata al pavimento come marmellata, era solo l'inizio di una giornata a dir poco burrascosa: "Jane! Ma...dormi sul pavimento per caso?" le chiese Wesley perplesso. "Beh, magari è più comodo..." tentò di difenderla Mike, inutilmente. "Siete uno più tonto dell'altro!" li fulminò Jane, piena di energia "Vi sembro un cagnolino da compagnia?! IO dormo su un materasso, come tutti gli esseri umani, mi sembra piuttosto ovvio!" "Uh...pessima sveglia..." sussurrò Wesley a Mike, cercando il suo appoggio. "Ti aspettiamo in cucina allora, ci siamo praticamente tutti. Abbiamo una riunione da sostenere!" esclamò Mike con tono critico "E se ti degnassi di vestirti come si deve, e magari di sistemarti quel cespuglio che hai in testa..." "Non dovevi dirlo!" lo fermò Wesley, anche se oramai la goccia aveva già fatto traboccare ampiamente il vaso. I due ragazzini fuggirono dalla camera dell'arpia, prima di essere presi a cuscinate. Wesley però, non comprese perché Mike avesse provocato l'ira funesta della ragazzina, doveva pur conoscere il suo caratterino, un mondo dove la pazienza non esisteva affatto: "Perché l'hai fatta arrabbiare?! Adesso se la prenderà con me...sono finito!" esclamò Wesley, pensando seriamente di dover emigrare, pur di salvarsi dalle grinfie di Jane. "Tranquillo, Wesley. Conosco bene le donne! Ho semplicemente giocato un po' con lei, tutto qui. E poi quando si arrabbia, sembra così..." l'ispirazione di Mike venne spenta come una debole fiammella esposta alla gelida bora. Leila chiamò a rapporto tutti i membri della O.A.G in cucina, con una certa fretta in corpo, che non fece presagire nulla di buono. La cucina di casa Wolfram sembrava essere diventata il quartier generale di un intero esercito. Nonostante l'aria terribilmente afosa e il poco spazio che rimaneva per tutti i presenti, nessuno sembrava mostrare il minimo lamento, la minima stanchezza. In quella cocente sauna, i genitori di Wesley e di Mike, assieme a Chester e a qualche soldato, erano pronti a dibattere per arrivare all'obiettivo finale: ritrovare quel bizzarro ragazzino dalle occhiaie pronunciate e dallo spirito battagliero. Mentre le gocce di sudore scivolavano sulla pelle abbronzata e morbida di Leila, le sue parole attirarono l'attenzione di tutti i presenti: "Sono quattro giorni che hanno rapito mio figlio. Le ricerche della Polizia non sono servite a nulla, è tempo di afferrare il testimone, di stringerlo, e di portarlo fino al traguardo!" affermò solennemente la donna, attirando un ronzio di consensi per tutta la cucina. "Ho delegato le pattuglie ad un mio sottoposto, di cui mi fido ciecamente. Potrei cominciare a far ricerche fin da ora, mi basta un fischio!" esclamò Chester piuttosto irrequieto. "Apprezzo il tuo aiuto...il vostro aiuto, ma vorrei non cercare un pesciolino in un grande oceano. Dobbiamo sapere in anticipo, ciò che il nostro istinto ci suggerirà di seguire. A questo proposito..." si voltò verso la figlia, che sembrava impaziente di mettersi in mostra "Jane, vorresti dirlo tu per me?" "Certamente!" rispose amena "La mamma ha notato delle stranezze, e vorremo partire proprio da quelle, per scovare i due rapitori. Prima di tutto...il sigillo." "Dev'essere un tipo piuttosto in gamba." affermò Chester pensoso "Dovremmo chiamare un esperto di sigilli magici dai campi di battaglia, se davvero vogliamo rimuovere quello che blocca la scuola." "Ma questo è quello che vogliono loro!" si intromise Mike, alzando la voce come un hooligan "Ci metteremmo sempre più in ridicolo, per risolvere un problema che potremmo sbrogliare per conto nostro!" L'intera stanza lo guardò con disappunto. Ma Mike, da bravo mediatore, non si scoraggiò. Solo allora Chester spezzò il silenzio con una delle sue risate grottesche: "Beh, in effetti, scomodare un prezioso elemento impegnato sul campo potrebbe non essere un idea vincente!" esclamò il Generale Massimo, impressionato dalla testardaggine del bulletto. "Non è accaduto solo alla scuola." disse Leila, che con un tono fermo e deciso, riportò un po' di calma in quell'atmosfera movimentata "Hanno tentato di rinchiudermi in una stanza, probabilmente con lo stesso metodo. Le ragazze del centro di bellezza hanno giurato di non aver sentito la mia voce dall'interno, e di aver provato più volte ad aprire la porta." "Non hai trovato alcun pezzo di carta, o qualche disegno dipinto sulla porta?" le chiese Chester impaziente "L'innesco che da il potere ai sigilli magici, dipende dalla superficie su cui sono stati infissi, e questo vale anche per la loro rimozione. Se riuscissimo a capire il meccanismo d'innesco, basterebbe invertirlo per liberare la scuola, e per fermare il ragazzino incappucciato in seguito." "Purtroppo ho distrutto la porta per sfuggire alla mia prigionia, e quando sono tornata per un sopralluogo l'avevano già portata via..." rispose sconsolata la donna, che catalizzando a sé tutte le emozioni della stanza, trasmise un po' della sua apprensione a tutti i presenti. Tutti i cervelli si accesero contemporaneamente, cercando di sciogliere un nodo che sembrava apparentemente una catena indistruttibile. I ricordi di Jane però, riuscirono a disfare il filo giusto, più di ogni ragionamento logico. Fu quasi provvidenziale. La ragazzina aveva giurato vendetta, e finalmente, le immagini proiettate nella sua mente cominciarono a svelare l'oscurità: "Il papiro...ma si! Il papiro!" esclamò salendo sulla sedia, sovrastando tutti dall'alto "Quel ragazzino incappucciato, non solo mi ha intrappolata con la sua Risorsa, ma mi ha anche impedito di reagire, probabilmente ha inciso un sigillo proprio sulla sua Risorsa!" "Frena un secondo! Quindi il materiale utilizzato per evocare i sigilli è proprio la sua pergamena!" esclamò Chester poco professionale, facendo imbarazzare gli ufficiali giunti con lui "Ma come faremo a procurarcela?!" "Avete fatto allontanare i civili dal parco, giusto?" Quindi alcuni frammenti della gabbia che mi ha imprigionato dovrebbero ancora trovarsi in quel luogo!" rispose Jane, con la sua illuminante intuizione. "E' vero, ma solo fino a questa mattina! Dovete sbrigarvi, o quando passeranno gli addetti alle pulizie del parco, la nostra unica briciola di pane farà una brutta fine!" disse Chester come se avesse preso la scossa "Non c'è tempo da perdere! Vecchia Alleanza, dirigetevi al Parco Glorificus!" "Scusi...e lei ci abbandona così sul più bello? Oppure ha di meglio da fare?!" esclamò Mike, con tono astioso, sentendosi preso in giro dal Generale. "Assolutamente no, teppista." rispose Chester, scompigliando i suoi quattro peli coloro carota "Vedi, Jane ha detto che questo Enigma ha inciso i sigilli, non dipinto. Probabilmente si sarà servito delle unghie, e credo proprio di sapere come fare per rintracciare...il suo Talento."
Mamma e figlia, assieme al secchione e al bulletto, si precipitarono al parco per trovare quello che stavano disperatamene cercando: piccoli, minuscoli brandelli di risposte vacillanti. Sfortunatamente, i segreti di Enigma avrebbero potuto sparire per sempre. Gli addetti alle pulizie del parco avevano già ripulito tutto, il luogo era più lindo di una fonte d'acqua pura. Jane in particolare ci rimase malissimo, e con la bocca aperta, bofonchiò: "L'unica speranza che ci rimaneva...era questa...altro che ultima a morire." "Ma quello non è il camion dell'immondizia?!" esclamò Mike riaffiorando dalla sua stessa espressione sconsolata. "Mike...hai ragione!" esultò come una bambina Jane, guardando poi la madre con uno sguardo talmente languido, da convincere anche un boia a fermare la sua ascia. "Mi stai chiedendo di andare a rovistare nella spazzatura, piccola mia?" le chiese Leila con un viso alquanto disgustato. "E se te lo chiedessi con gentilezza?" ribadì Jane con occhi da cerbiatto. "Guardate, i camion se ne stanno andando!" esclamò Wesley con occhio vigile. "Dal centro di bellezza, ad una discarica. Mi chiedo, cosa posso aver fatto di male io? Cosa?" disse Leila autocommiserandosi. "Allora questo è un si! Presto, non c'è tempo da perdere mamma! Non sarai mica una donnetta impressionabile vero?" esclamò Jane, cominciando a correre per inseguire quell'oceano nauseabondo di rifiuti. "Che cosa dovremmo fare noi due?!" gridò il bulletto a Jane e Leila, subito dopo il loro scatto fulmineo. "Tornate alla scuola e cercate un modo per entrare, tentate di tutto!" ordinò Leila prima di correre mano nella mano con la figlia, più che altro trascinata, per adempire ad una ricerca del tutto spiacevole. Jane e Leila cominciarono la loro maratona. Nonostante i cenni delle due, il conducente non sembrò in alcun modo disposto a fermare la sua corsa, e questo era un guaio bello e buono: in tutto il mondo, ma soprattutto a Calvas, i camion della spazzatura riuscivano a raggiungere tranquillamente i cento chilometri all'ora, e parecchie volte riuscivano ad usufruire di corsie preferenziali pur di terminare il lavoro in anticipo. Una strada spianata avrebbe consentito al camion di sfrecciare sull'asfalto come una macchina da corsa, e raggiungerlo sarebbe diventato impossibile. Davanti alla vettura mastodontica e maleodorante, un esercito di fari verdi stimolò il guidatore ad esercitare pressione sull'acceleratore. Le gomme rombanti del camion strisciarono sull'asfalto, gridando come sirene, e partirono a tutto gas. Leila era proprio ad un passo dal semaforo, ma il camion sembrò sfuggirle come un pugno di sabbia. La donna però decise di tirar fuori il coniglio dal cilindro, e con una velocità impressionante, scagliò uno dei suoi dardi verso la vettura. La freccia riuscì perfettamente a conficcarsi nel camion come uno spillo. La Risorsa di Leila sembrò concretizzare nevischio rossastro. Delle piccole particelle cremisi apparvero tra il dardo e Leila, fino a materializzare una sorta di fune, sottile e leggera come una lunghissima ciocca di capelli bordeaux. Il filo cinse con gentilezza la vita di Leila, fino ad avvolgerla in una dolce stretta, l'altro capo invece, si fissò direttamente nel dardo appena scagliato. Con un forte slancio, il filo fece spiccare un volo leggiadro alla donna, che venne tirata dalla forza della vettura; reggendosi saldamente alla fune salvifica, Leila riuscì nella sua impresa. Dopo che la vettura le fece spiccare quel balzo impressionante, la donna riuscì ad intercettare un sicuro punto di caduta e ad atterrarci senza farsi male. Durante la folle corsa del camion, da brava scalatrice provetta, la mamma amorevole riuscì a trovare un appiglio che le permise di rimanere sdraiata comodamente, col vento che le faceva quasi imbizzarrire la chioma color pece. Jane nel frattempo, tuffandosi da un apertura dimensionale all'altra, si era tenuta sempre vicina al suo obiettivo, ma non avrebbe retto ancora a lungo lo sforzo, a breve il camion le avrebbe fatto mangiare la polvere: "Forza Jane! Devi lanciarti!" strillò Leila vedendo che la vettura stava guadagnando pian piano terreno. Jane decise di far spalancare un buco nero proprio sopra la vettura, lasciandosi poi cadere nel vuoto. Fu un procedimento delicato quanto pericoloso, dato che la ragazzina dovette improvvisarsi uno stuntman a tutti gli effetti. Il risultato però, fu alquanto inaspettato: "Sono...finita... nella spazzatura! Qualcuno mi salvi da questo orrore!" gridò Jane tutta nauseata. "Beh, figlia mia, in fondo sei caduta sul morbido! Ma non facevi tanto la temeraria giusto qualche minuto fa?" rispose la madre quasi scoppiando dalle risate. "Mamma! Sai qual è la differenza tra rovistare nella spazzatura e finirne totalmente immersi?!" ruggì Jane furibonda, vedendo il sorriso sornione della madre "Tirami fuori da qui! Adesso!" "Mi spiace, ma andiamo tropo veloci, dovrai aspettare che ti scarichino, pulcina mia..." Tra le grida atroci che Jane cacciò dal camion dell' immondizia, le due sparirono dalla vista di Wesley e Mike, che dopo aver assistito l'accaduto, non poterono fare a meno di sorridere. La strana coppia si diresse alla scuola, osservando con occhi tutt'altro che speranzosi, quella forza impenetrabile, che impediva loro persino di avvicinarsi alla scuola. Wesley non si sentiva per niente a suo agio, accompagnato dal suo nemico naturale, non riusciva a concentrarsi, voleva trovare il suo sancta sanctorum per riflettere con calma. E fu così, che il secchione riuscì a trascinare Mike nella biblioteca di Calvas Ovest, un luogo che probabilmente, non si era azzardato nemmeno ad osservare da lontano: "Ecco un bel posticino dove rimescolare il mazzo confuso dei mie pensieri!" esclamò Wesley, abbassando la voce per non disturbare i lettori attorno a quegli scaffali appesantiti da innumerevoli tomi, ricchi di sapere, parole, vita e morte "Ah! L'odore dei libri nuovi di zecca crea quasi dipendenza! Mi spiace averto portato qui con me, ti starai annoiando a morte!" continuo Wesley tentando di coinvolgere Mike. "E' un luogo da secchioni." commentò Mike freddo come il ghiaccio. "Dovresti saperlo, le persone non cambiano mai col passato, e io rimarrò sempre un secchione, mi spiace." tentò di giustificarsi Wesley grattandosi la sua chioma bionda. "Eh...possiamo chiudere col passato, ma il passato non chiude con noi..." pensò Mike ad alta voce. I due si guardarono negli occhi, quell'aria di filosofia era talmente bizzarra, per due ragazzini così diversi, che quasi la realtà pareva finzione. Wesley fece accomodare Mike in una postazione computer, tentando di intrattenerlo in tutti i modi, mentre egli avrebbe sfogliato un libro introduttivo riguardo i sigilli magici. I due ragazzini si immersero nel loro passatempo, senza più pensare ad altro. Wesley si voltò qualche attimo dopo verso Mike, scuotendo la testa, ma allo stesso tempo sorridendo con aria appagata: "E chi si sarebbe mai aspettato che il terribile bullo della scuola conoscesse Shakespeare così a fondo? Forse diventeremo veramente amici. Che bello!" pensò rincuorato.
Jane aveva scelto il giorno sbagliato per vestirsi di bianco. Si era sporcata in maniera così uniforme da farla assomigliare ad un dalmata in gonnella. E come ultimo tocco di bellezza, una bellissima buccia di banana si era appiccicata sulla sua spalla sinistra. Quando Leila la tirò fuori dall'immondizia franata su di lei, lo sguardo della ragazzina fu decisamente esaustivo: non una risata, non una parola. Erano finalmente arrivate alla discarica, e Leila stava facendo una gran fatica a trattare con gli addetti, che non aspettavano altro che liberarsi del loro carico. Bastò mostrare una sorta di distintivo, che non era nient'altro che lo stemma ufficiale di tutte le O.A.G, per metterli a tacere: una semplice ala d'angelo. La donna provò un profondo imbarazzo, e sperò che col tempo esercitare la propria autorità sarebbe stato molto più semplice. Armate di guanti in lattice e di tanta pazienza, le due cominciarono a spulciare i sacchetti della spazzatura uno dopo l'altro; in fondo pochi camion provenivano dalla zona critica, e le possibilità di successo sembravano irrisorie, ma a nessuna delle due venne in mente di tirarsi indietro, nemmeno per sbaglio. Con la Risorsa del fratello come fonte di illuminazione, la sorella cominciò il suo lavoro di sorella quasi devota. Nel contempo, Wesley continuò a macinare pagine con un ritmo spropositato, mentre senza palesarlo apertamente, anche Mike stava facendo le stesse ricerche dell'amico dalla pelle scura: "Accidenti, l'innesco di un sigillo possiede migliaia di variabili possibili, non si può tirare ad indovinare." commentò Wesley a bassa voce. "Possibile che non abbia un punto debole? Insomma, il creatore, secondo quanto ho letto, deve sempre esercitare il suo potere sul sigillo, come diamine ci riesce a farlo ventiquattrore su ventiquattro?!" puntualizzò Mike scocciato. D'un tratto, una luce fatta di mille lampadine s'accese nella mente di Wesley. "Hai...ragione! Un appostamento!" esclamò gioviale, attirando una dozzina di sguardi truci di affamati lettori "Pensaci un secondo! Perché il sigillo posto sulla porta del centro di bellezza è collassato facilmente? Perché il suo creatore non si trovava lì, dato che Jane l'ha incontrato al parco Glorificus!" aggiunse abbassando di molto il tono di voce, portandosi una mano vicina alla mascella, per celare le sue parole. "Quindi, un sigillo col potere al massimo delle sue possibilità, dovrebbe avere un controllo costante da parte del creatore, no? Questo può significare soltanto una cosa..." disse il bulletto dai capelli ardenti, quasi in telepatia con il secchione. "Si, il creatore si sarà piazzato per forza in posto molto vicino, come il palazzo di fronte alla scuola ad esempio..." concluse Wesley, infervorato come una rock star. "Fantastico, potremo prendere a pugni quei due maledetti fuggiaschi, già mi prudono le mani!" annunciò Mike, stringendo la sua mano destra con furore "Nel frattempo cosa potremmo fare per ammazzare il tempo?" "Potremmo leggere un opera internazionale...magari una qualsiasi...il Mercato di Venezia ad esempio." rispose Wesley, non facendosi scappare l'occasione per dare una frecciatina al bulletto. "Spiritoso..." ribatté Mike, per nulla divertito.
"Ah! C'è una pantegana enorme! Si salvi chi può!" ululò Jane, tremando come una petalo solitario. "E' solo un peluche a forma di roditore...sai, il tuo curioso modo di essere coraggiosa è decisamente inquietante!" esclamò Leila, sogghignando. "Io vorrei essere inquietante! Ma non per ogni urlo di terrore che caccio, ma per la mia furia spietata!" rispose Jane mettendo le mani sui fianchi, rendendo forse noto uno degli scopi della sua vita. "Umh...credo che tu debba lavorare molto allora. Il regno della terribile Jane è ancora lontano, e lo sarà finché ci sarò io!" rispose Leila dolcemente, abbracciando la figlia con scherno. "Ah! Qualcosa si muove!" gridò nuovamente Jane, peggio di una soprano, prima di rendersi conto che era proprio la Risorsa di Matt a scuotere le sue purissime ali "La penna sembra aver trovato qualcosa, forse dovremmo aprire questo sacco, è come se me lo stia indicando con insistenza." constatò la ragazzina dall' animo conquistatore. Finalmente, come due agenti della polizia scientifica, Leila e Jane rinvennero i tanto ricercati pezzi di papiro, che cercarono di maneggiare con la massima cura. Presto si accorsero che il tessuto non aveva perso la sua inspiegabile robustezza, a prova di ciò, il sacco che lo conteneva era forato in più punti. Tuttavia le incisioni sul papiro era misteriosamente scomparse. Leila afferrò al volo l'unica spiegazione possibile ed immaginabile: "Un innesco davvero ingegnoso. Difficile prendere contromisure senza sapere della sua esistenza." disse la donna aggrottando le sopracciglia. "Tradotto? Che significa?" si lamentò Jane, tutta imbrattata di sporcizia. "Guarda cosa succede a questo simpatico frammento di pergamena se, accidentalmente, lo espongo alla luce solare per qualche minuto..." disse Leila dando vita al suo piccolo esperimento dall'andamento già segnato. Poco dopo che i raggi solari baciarono ogni fibra del papiro, il materiale cominciò gradualmente a reagire: sembrò che un micino invisibile stesse affilandosi le unghie sul tessuto, dato il rumore che emanò il papiro, incidendo lentamente su se stesso il sigillo che poco prima era sparito alla vista. Il papiro stava tentando di materializzare il sigillo ancora una volta: "La pergamena ha trovato un modo originale per attivare i sigilli magici, e giusto per caso, la vostra scuola è esposta al sole per quasi tutto il suo viaggio." affermò Leila dopo il suo resoconto scientifico. "Quindi, il fatto che abbiano bloccato l'accesso alla scuola...è una mera coincidenza!" esclamò Jane impallidita. "Proprio così. Era uno dei pochi edifici papabili. Il sigillo riceve l'innesco al mattino, e accumula l'energia solare fino al tramonto. Se supponiamo che la Risorsa possa trattenere a lungo la luce solare, allora l'innesco rimarrebbe attivo anche per qualche ora della sera..." commentò Leila riconoscendo quanto Enigma fosse stato astuto. Si udì l'intonare di un canto leggiadro, forse un colibrì, forse un pettirosso, fatto sta che quel canto, proveniva semplicemente dalla tasca di Leila. Il cellulare della donna continuò a cinguettare per qualche secondo, prima che le sue mani lo afferrassero. Dopo una rapida conversazione, Leila assunse un espressione convinta e sicura, come una supercalcolatore, in grado di risolvere anche i calcoli più impossibili: "Ci hanno sottovalutato, e pagheranno cara la loro svista. La Vecchia Alleanza non negozia con nessuno, quando c'è la vita di un nostro membro in pericolo." affermò la donna con regalità. "Si, noi ce lo riprenderemo con le nostre forze, non vedo l'ora che si faccia notte!" esclamò Jane alzando le braccia al cielo, ricordando vagamente una cheerleader. "Si, anche io sono molto curiosa. Ma, cara mia, prima di prepararti per la battaglia, forse ti converrà farti una bella doccia. Una lunga doccia." concluse Leila stuzzicando la figlia col suo pungente sarcasmo.
"Che cosa stai leggendo Enigma? Mi sembri piuttosto indaffarato." disse Peter all'amico incappucciato. "Oh, è il mio diletto maggiore. Senti questa: se in un villaggio esiste un solo barbiere, il quale rade solo ed esclusivamente quelli che non si radono da soli, allora chi rade il barbiere?" chiese Enigma all'amico, mentre i suoi occhi che si illuminarono, sfidando quelli fucsia dell'amico. "Enigma! Sei davvero fissato con gli indovinelli, non potresti concentrarti su quello che stiamo facendo? E' di vitale importanza!" rispose Peter contrariato, ma sorridente. "Non conosci il paradosso del barbiere di Bertand Russell? Uh uh...bene, sarà davvero divertente..." commentò Enigma sghignazzando dietro la sciarpa. "E perché mai? Non mi dire che..." "Si! Ci hanno smascherati, o almeno, questo è quello che credono loro." disse il ragazzo, quasi stesse leggendo un paio di barzellette. "Verranno qui dunque? Non sarà facile fermarli, ma forse potremo finalmente contrattare con loro..." aggiunse Peter rimettendosi gli occhiali sul viso, riflessivo. "Tranquillo, queste superficiali esche troveranno un pesce non facile da agguantare." gli confidò Enigma, molto sereno. "Vedo che sei stato previdente come ti avevo chiesto. Sono proprio orgoglioso di avere una persona come te al mio fianco." lo elogiò Peter. "Beh, la mia non è solo arte fine a se stessa. Sarà tutto come un gioco, dove io sarò il regolamento supremo. Sarà davvero emozionante...peccato che saranno loro, quelli a divertirsi di meno..." concluse il ragazzino. Una strana ombra truce avvolse lo sguardo determinato di Enigma, che nonostante tutto, non aveva perso nemmeno un briciolo del suo spirito mite e allo stesso tempo grintoso. Il suo volto, indecifrabile, proprio come un paradosso, profetizzava soltanto l'avvenire di un ennesima ed intensa sfida, che la Vecchia Alleanza avrebbe dovuto fronteggiare a viso aperto, nel buio dell'incertezza.
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