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Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

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Neiro Sonoda
view post Posted on 5/4/2014, 20:01 by: Neiro Sonoda     +1   +1   -1




Sakura, se vuoi che ti chiami... Sakura, non hai che da chiederlo! :D
Be', bando alle ciance... Proseguiamo con la fanfiction:




Capitolo 2

Villa Suzuki


La campanella della ricreazione era suonata da una manciata di minuti quando Sonoko propose a Ran di telefonare a Shinichi: “Prima lo inviti, meglio è! Forza, approfitta dell’intervallo”.
Ran ripensò ai propri ghirigori mentali di quella mattina e si sentì improvvisamente una stupida; chiamare Shinichi non le apparve mai così difficile come in quel momento… Per qualche strana ragione, concluse, preferiva non avere a che fare con lui per un po’.
“E allora?” insistette Sonoko. “Ti vuoi sbrigare?”
“N-non… non posso”.
“Sì che puoi. E devi. Io e Sera ti forniremo l’incoraggiamento necessario, muoviti” disse Sonoko perentoria, facendo cenno a Masumi di raggiungere lei e Ran accanto a una finestra della II B.
“Ma, a quest’ora… di solito lui non risponde e...”
“Che importa? Fa’ un tentativo!”
“Dai, Ran” la esortò Masumi. “Puoi farcela”.
“D’a… d’accordo”.
La chiamata venne avviata con dita tremanti. Ran trasse un lungo respiro, sperando di riuscire a calmarsi, ma questo non le impedì di avere un lieve sussulto quando udì il suo amico d’infanzia esclamare: “Sì, pronto?”
Dalla voce, appariva perfettamente tranquillo e rilassato. Ran strinse forte il cellulare ed esordì: “Shinichi… Ehm, per caso ti disturbo?”
“No… che succede?” Lui sembrava sorpreso.
“Ecco… S-Sonoko vuole organizzare una piccola gita… e le piacerebbe se venissi anche tu. Sei libero questo finesettimana?”
Il tono di Shinichi suonò ancor più stupito: “Sonoko mi ha invitato?”
“Sì, alla villa dei Suzuki, sull’altopiano di Izu” precisò Ran, un po’ meno tesa. “Ci sarà sua sorella Ayako… e anche Sera”.
“Uhm… e cosa si fa di bello?”
“Be’, c’è il campo da tennis…” Ran guardò Sonoko in cerca di aiuto e lei si limitò a bisbigliare concitata: “Digli che hai bisogno di parlargli!”
Dall’altro lato, Masumi sorrideva bonariamente, quasi divertita dalla situazione; Ran non sapeva più come comportarsi.
“Insomma, puoi venire?” si risolse a chiedere.
Shinichi tentennò. “Be’, per la verità…”
“Immagino che tu sia molto impegnato, vero?” si affrettò a rispondere Ran. “Non importa, sarà per un’altra…” Sonoko la interruppe, impedendole di terminare la frase: “Smettila di fare la scema! Insisti!”
“Che succede?” domandò Shinichi perplesso. Ran arrossì.
“N-niente, è solo che…”
“Perché non ci sentiamo più tardi?” suggerì lui. “Credo sia la cosa migliore… A dopo, Ran”.
“V-va bene, come vuoi. Ciao”.
Sonoko aspettò che l’amica riattaccasse prima di investirla come una furia: “Ma che cavolo hai combinato, si può sapere?!”
“Io…”
“Ran, non ci siamo proprio! Come te lo devo dire che è il momento di prendere in mano la vostra situazione?! Ti sembra questo il modo?”
“Basta, per favore. Shinichi non verrà, punto”.
“Ma cos’ha detto esattamente?” s’informò Masumi, scrutando Ran con attenzione.
“Niente d’importante. Ci sentiremo più tardi, ma sono sicura che lui stesse per rifiutare l’invito”.
Sonoko scosse il capo, indignata. “Giuro che se lo acchiappo…”
“Dai, avrà i suoi buoni motivi” osservò Masumi per mettere pace. “Non sei d’accordo anche tu, Ran?”
Lei annuì e andò a sedersi al suo banco. “Sta per suonare” disse, per tutta risposta. Masumi aggrottò la fronte, poco convinta da quella reazione disinteressata, ma la fine della ricreazione scoccò prima che potesse rivolgere a Ran qualsiasi domanda, perciò prese posto anche lei, senza aggiungere un’altra parola.

Conan era seduto sui gradini esterni dell’Agenzia Investigativa, con il cellulare in mano e lo sguardo perso nel vuoto. Era passato il tramonto e lui avrebbe dovuto telefonare a Ran – lei, evidentemente, non era portata a prendere l’iniziativa –eppure non aveva ancora mosso un dito… forse perché non sapeva bene cosa dirle.
A livello teorico, sarebbe stato abbastanza semplice riprendere le sembianze di Shinichi Kudo e accompagnare la sua amica d’infanzia alla villa di Sonoko: sarebbe bastato avere una scorta dell’antidoto contro l’APTX, diligentemente creato da Ai Haibara. Tuttavia, nella pratica, la cosa aveva le sue complicazioni, in primis il parere contrario della piccola scienziata.
“Ti ho dato tutte le compresse che hai voluto, come mi avevi chiesto, ma onestamente sono stufa di vedertele utilizzare a sproposito” aveva commentato qualche ora prima, tenendo le braccia incrociate sul petto.
“A sproposito? Ma se l’ultima volta ho preso un campione per sbaglio!” aveva ribattuto Conan, punto sul vivo.
“Certo e poi sono dovuta venire io a toglierti le castagne dal fuoco”. L’espressione di Ai era corrucciata e il suo tono infastidito.
“Senti…”
“No, ascoltami tu, Kudo: il gioco non vale la candela. La continua assunzione dello stesso farmaco genera assuefazione e questo potrebbe essere un ostacolo contro l’efficacia di un possibile antidoto definitivo… Senza contare che si tratta pur sempre di un veleno e il tuo organismo potrebbe riportare dei danni, in futuro” aveva concluso Ai seria, gli occhi freddi e penetranti fissi sul volto di Conan. Il piccolo detective si era messo a sbuffare ma, suo malgrado, quel discorso lo aveva colpito più di quanto fosse disposto ad ammettere. E adesso, mentre si trovava sui gradini dell’Agenzia Investigativa, si chiese se veramente l’uso che intendeva fare dell’antidoto fosse tanto sconsiderato.
Nonostante una parte di lui si ostinasse a negarlo, era principalmente per Ran che l’idea di partecipare al ‘ritrovo’ a Villa Suzuki lo attraeva. Per avere la sua compagnia nei panni di se stesso, cosa che non avveniva da tempo. La domanda a questo punto era: si trattava di una ragione sufficiente per rischiare?
Certo, se finalmente ti decidessi a confessarle quello che provi per lei, ne varrebbe la pena eccome!
Il pensiero prese forma nella mente di Conan senza che lui potesse frenarlo, facendogli accelerare il battito cardiaco e accendendo le sue guance di un calore improvviso. Scrollò la testa, come se volesse liberarsene, e cercò di analizzare la situazione con freddezza e razionalità.
Ran mi ha detto che l’idea è di Sonoko, però sicuramente le farà piacere rivedermi… E se davvero si creasse la situazione adatta per parlarle? Forse sarebbe opportuno approfittarne… Dovrei prestare attenzione, comunque; l’ultima volta l’antidoto ha coperto a stento quattro ore…
Ripensò alle parole di Ai, poi a Tooru Amuro: lo aveva visto chiaramente servire alcuni clienti del Poirot, tornando da scuola.
Potrebbe venire a sapere che sono in gita assieme a Ran, ma l’Organizzazione non deve scoprirlo… Accidenti…
Rifletté a lungo, gli occhi puntati sullo schermo del cellulare. Alla fine, si decise a chiamare Ran, provando mentalmente il discorso che avrebbe dovuto farle e accostando alla bocca il modulatore vocale.
“Pronto? Sei tu, Shinichi?” chiese la ragazza qualche istante dopo.
“Sì, chi altri?” replicò lui. “Senti, ho pensato bene a quello che mi hai detto stamattina…”
“E…?”
“Ecco… non potrò raggiungervi” spiegò Conan. “Ho degli impegni che non posso proprio rimandare”.
“Ah”. La risposta di Ran fu un monosillabo e ciò rese impossibile capire quanto le dispiacesse, tuttavia Conan riusciva facilmente a immaginare la sua espressione delusa. Per un attimo, provò un senso di colpa soffocante e un’insolita sensazione di vergogna.
“Be’, vorrà dire che avvertirò Sonoko e andremo senza di te” proseguì Ran in fretta. “Ti saluto”.
“Cosa? Ah sì, certo. Divertitevi, eh”.
“Oh. Naturalmente. Ciao, Shinichi”.
“Ciao”. Un po’ frastornato, Conan chiuse la comunicazione e continuò a ripetersi mentalmente, per cinque minuti buoni, di aver fatto la cosa più giusta e più prudente.
La accompagnerò come Conan, non come Shinichi. Meglio di niente…
Rientrò silenziosamente, deciso a stare un po’ con la sua amica d’infanzia e cercare eventualmente di tirarla su (in fondo, glielo doveva). Lei non gli sembrò particolarmente allegra, ma per fortuna non era nemmeno triste… Tutto sommato, fu una serata normale.
Se Conan si sentiva abbastanza in pace con se stesso, almeno per il momento, Ran era in confusione. Non sapeva più cosa aspettarsi da Shinichi; sì, le aveva detto che era impegnato e lei si fidava, però… esisteva un problema sostanziale, un pensiero che non le dava tregua, specialmente dopo le riflessioni del mattino.
Mi sta nascondendo qualcosa…
Per l’ennesima volta, rammentò il giorno in cui era stata presa in ostaggio da un criminale assieme a suo padre e a Masumi, proprio all’Agenzia Investigativa Mouri; Shinichi aveva risolto quella situazione spinosa, sia pure per telefono, ma non si era minimamente preoccupato di passare a trovare la sua amica d’infanzia. Eppure, in quel momento era dal professor Agasa… Non gli sarebbe costato nulla fare un salto da lei, almeno all’apparenza.
“Può darsi che avesse un buon motivo per non farlo” aveva commentato Masumi la mattina seguente, quando Ran l’aveva informata di aver semplicemente ricevuto una mail da Shinichi, senza che lui si facesse vivo.
È più o meno quello che hai detto oggi, Sera… ma tu non lo conosci. E soprattutto, non sei nei miei panni… Io non ne posso più delle sue sparizioni, non poté evitare di pensare Ran, sconfortata.
Una mail. Questo era tutto ciò che era riuscita a ottenere. E’ vero, Shinichi l’aveva salvata e lei gli era grata, però avrebbe voluto delle risposte.
Che ti aspetti da me, Shinichi? Quale significato ha per te il nostro legame? E soprattutto, che cosa mi stai tenendo nascosto?
Domande su domande. E nessuno sapeva se quei dubbi avrebbero mai trovato il modo di dissolversi.

Un bel bagno in vasca era quello che ci voleva, in particolare la sera. Le bollicine di schiuma rosata accarezzavano la pelle, l’acqua tiepida tonificava il corpo. Era facile non pensare a nulla in quella situazione di relax… o forse no.
‘L’Organizzazione non ha alcun lavoro per me, al momento, quindi posso prendermi una piccola pausa’.
Certo, una pausa per essere libero di ficcanasare. Figuriamoci.
‘È una specie di curiosità’
Be’, si disse Vermouth emergendo dalla vasca, se questa fantomatica curiosità avesse portato Bourbon a intralciare i suoi piani, ci avrebbe pensato lei a rimetterlo a posto. Non poteva permettere che quell’uomo la ostacolasse, in alcun modo.
Più tardi, seduta su una poltrona a gambe accavallate, il corpo sinuoso avvolto in un asciugamano e i folti capelli biondo platino sciolti sulle spalle nude, prese a sorseggiare distrattamente un drink. Bourbon aveva in mente qualcosa, ne era convinta. Anche dietro quell’insistenza nel vedere il filmato della morte di Shuichi Akai doveva nascondersi uno scopo o un piano… In ogni caso, lei non sarebbe rimasta a guardare se i suoi segreti avessero rischiato di venire alla luce.
Le venne in mente la soddisfazione che aveva provato dopo l’esplosione del vagone merci del Mystery Train, sfumata in capo a qualche minuto; eh sì, purtroppo Sherry non era morta come tutti credevano e si trovava ancora sotto la protezione del caro Silver Bullet. Un avversario contro cui era sempre bello scontrarsi, che dava sapore a qualunque sfida... Abile e intelligente, ma al tempo stesso terribilmente sciocco. Davvero quel ragazzo era convinto di riuscire a salvare la vita di chiunque, perfino dei suoi nemici, se necessario? Non poteva pretendere di sconfiggere l’Organizzazione senza mettere da parte quegli ideali assurdamente nobili… però, tutto sommato, Vermouth era rimasta colpita da lui. Sapeva che le sue capacità lo rendevano un vero Silver Bullet, un nemico da temere; erano i suoi precetti di lealtà, correttezza, giustizia e quant’altro a impedirgli di diventare fino in fondo colui che aveva la possibilità di fermare per sempre gli Uomini in Nero.
Tanto meglio così. Quanto a Sherry…
Le labbra perfette della donna s’incurvarono in un sorriso. Avrebbe aspettato l’occasione giusta per uccidere quella maledetta traditrice, all’insaputa degli altri membri dell’Organizzazione… Un momento in cui Sherry sarebbe rimasta sola, lontana dalle premure di quel ragazzo; lei, Vermouth, attendeva l’opportunità con gioia, per potersi in qualche modo vendicare della persona che le aveva rovinato la vita.

“E questa è la vostra stanza; carina, vero?”
Sonoko spalancò la porta di una delle camere di Villa Suzuki, indicandone l’arredamento con un ampio gesto del braccio e sorridendo a Ran e Masumi, che annuirono lentamente.
“Ho pensato di mettervi in stanza assieme, visto che io dormo con Ayako” aggiunse Sonoko, mentre tutte e tre varcavano la soglia. “Potete rilassarvi con calma, i ragazzi arriveranno più tardi”.
“Bene” rispose Masumi, osservando i letti aggiustati in maniera impeccabile e le tendine color crema che adornavano la grande finestra. “Certo, è un peccato che Conan non sia con noi”.
“Oh, ancora questa storia”. Sonoko alzò gli occhi al cielo con aria esasperata. “Vedrai che ti scorderai in fretta di quel moccioso, vedendo gli amici di mia sorella!”
Ran depositò la sua borsa sul prezioso tappeto rosso che si trovava accanto a uno dei letti. “Spero solo che papà sappia prendersi cura di Conan… Nessuno dei due era molto entusiasta di lasciarmi venire qui da sola”.
Sonoko si strinse nelle spalle, del tutto indifferente agli stati d’animo dei familiari dell’amica. “Io vado a chiamare Makoto… Sapete, non mi ha ancora detto a che ora arriva esattamente. A dopo!” E si dileguò.
Masumi tolse il suo inseparabile borsalino blu e lanciò un’occhiata a Ran. “Credo che Sonoko sarà piuttosto impegnata in questi due giorni… Mi sa che non la vedremo un granché”.
“Be’, lei e Kyogoku non passano del tempo assieme da una vita” osservò Ran. “È normale che vogliano approfittare di questa occasione”.
“Bah! Io mi auguro soltanto che questi amici di sua sorella siano simpatici… e che non ci sia di mezzo qualche appuntamento al buio per me”.
Ran scoppiò a ridere, stupefatta. “Dai! Sonoko non arriverebbe mai a questi livelli, credimi”.
“D’accordo, se lo dici tu”. Masumi si avvicinò alla finestra, che dava su un grazioso balconcino, tenendo le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. “In fondo, anche se a te ha fatto una storia infinita quando ha saputo che Kudo non sarebbe venuto, non ti ha costretta a richiamarlo di nuovo”.
“Ehm, già”. Ran abbasso lo sguardo, inginocchiandosi sul tappeto e aprendo la cerniera della sua borsa, per controllare che fosse tutto in ordine. Non riusciva a trovare altro da dire.
“C’è qualcosa che non va, vero?” Masumi si girò verso di lei, i penetranti occhi verde muschio puntati sul suo volto, le sopracciglia scure inarcate. Ran sussultò.
“M-ma no, che ti viene in mente? È tutto a posto”.
“Hai sempre avuto delle reazioni strane se si nominava Kudo, ma ultimamente più del solito… Avete litigato?”
“Chi, io e Shinichi? No, assolutamente” disse Ran, sforzandosi di parlare in modo naturale.
Masumi non sembrava convinta. “Sarà, ma io…”
In quell’istante, la porta si aprì ed entrò Sonoko. “Makoto mi ha appena confermato che sarà qui subito dopo pranzo e poi andremo insieme al campo da tennis!” esclamò. “Non è fantastico?”
“Naturalmente” si affrettò a rispondere Ran.
“Accidenti, non vedo l’ora! Finalmente potrò dimostrargli la mia abilità di giocatrice… e non solo!” affermò Sonoko radiosa, facendo l’occhiolino.
“Buon per te” borbottò Masumi; era evidente che la faccenda non le interessava più di tanto.
“Adesso io torno in camera. Ci si vede più tardi!” trillò Sonoko e, per la seconda volta, filò via alla velocità della luce. Masumi stava per riprendere il discorso con Ran, ma ci rinunciò, rendendosi conto che l’amica non aveva alcuna voglia di affrontarlo. Forse, in un altro momento, sarebbe riuscita a capire cosa le frullava in testa.
Verso l’ora di pranzo, arrivarono alla villa i nuovi amici di Ayako Suzuki: erano quattro in tutto, tre maschi e una femmina. Avevano suppergiù la sua età, a eccezione di uno.
“Ah, sì, lui è mio fratello Kyosuke” lo presentò Hiroshi Shibata, uno dei ragazzi, alto, bruno e affascinante. “Frequenta ancora il terzo anno di liceo”.
“Be’, sarà in buona compagnia, no?” disse Kyoko Minamizawa, unica femmina del gruppo dei quattro, bionda, spigliata e vivace. “Se non sbaglio, anche tua sorella Sonoko va alle superiori, vero, Ayako?”
“Eh, già” confermò Sonoko allegramente. “Come pure le mie amiche qui, Ran Mouri e Masumi Sera. Piacere di conoscerti, Kyosuke! E tutti voi, naturalmente…”
Ran fece un breve inchino a ognuno, Masumi si limitò a qualche cenno di saluto.
“Ora che siamo al completo, possiamo preparare da mangiare” intervenne Ayako. “Ho fatto la spesa e concesso un paio di giorni liberi allo chef, perciò… chi viene a darmi una mano?”
“Io sono disponibile” assicurò Ran.
“Idem” aggiunse subito Kyoko.
“Allora io penserò a intrattenere gli ospiti” replicò Sonoko. “Venite”. Si diresse verso il salotto, seguita da Masumi, Kyosuke, Hiroshi e Taisaku Dojima, l’altro ragazzo del gruppo, un tipo serioso e precisino con gli occhiali e i capelli castani. Tutti si accomodarono sui divani bordeaux della stanza e Sonoko iniziò a porre un sacco di domande agli ospiti di sua sorella.
“Dunque, voi siete tutti amici di vecchia data, giusto?”
“Esatto” annuì Taisaku.
“Abbiamo conosciuto Ayako per caso, al karaoke” spiegò Hiroshi. “Ci piacevano le stesse canzoni, così abbiamo legato subito”.
“Davvero? Non me lo ha mai detto!” esclamò Sonoko. “E ditemi, siete esperti di musica?”
“Io suono la chitarra” ammise Kyosuke. “Una volta tua sorella mi ha chiesto di esibirmi in sua presenza, ma non l’ho ancora fatto… Pensavo di tentare oggi”.
“È un’ottima idea!” approvò Sonoko gaiamente. “Io adoro la musica…”
“Anche il tennis” osservò Kyosuke a sorpresa. “Ci è stato detto che sei una campionessa…”
“Sì, ce lo ha garantito Ayako” aggiunse Hiroshi. Sonoko arrossì, piacevolmente lusingata.
“Diciamo… che me la cavo”.
“Insegnami qualcosa!” propose Kyosuke entusiasta. “Non ho mai avuto molto tempo da dedicare allo sport, ma il tennis mi ha sempre appassionato”.
“Oh. Be’, se vuoi…”
“Certo che voglio! Altrimenti non te l’avrei chiesto, no?” Kyosuke fece un sorriso smagliante e Sonoko si perse nella contemplazione dei suoi bei lineamenti: naso dritto, pelle chiara, scintillanti occhi scuri e capelli un po’ lunghi, che gli ricadevano attorno al volto.
Cavoli, se è carino, pensò la ragazza. Ancora più del fratello…
“Non vedo l’ora di ascoltare le tue canzoni!” disse con aria sognante. Masumi, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, tossicchiò, concentrata su una possibile reazione di Makoto Kyogoku di fronte a quella scena. Kyosuke si girò verso di lei.
“Tu, invece? Che talento hai?”
“Sono un detective” rispose Masumi con una scrollata di spalle.
“Detective?” ripeterono Hiroshi e Taisaku in coro. Sembravano piuttosto scettici.
“Eh, già. Sera è un’investigatrice molto in gamba” puntualizzò Sonoko. “Non è famosa qui in Giappone perché ha vissuto a lungo in America… ma col tempo sono sicura che diventerà celebre!”
“Be’, non esageriamo”. Masumi si passò una mano fra i capelli corti, scompigliandoli. “E comunque, a me la fama non interessa. Amo la mia professione, tutto qui”.
“Wow, che tipa!” Kyosuke pareva sinceramente impressionato. “Chissà se ci sarà l’occasione di vederti in azione come detective?”
La chiacchierata proseguì fino all’ora di pranzo, dopodiché andarono tutti a mangiare. La cucina di Ayako venne lodata più volte e i suoi amici si dimostrarono abbastanza ciarlieri ed espansivi, soprattutto Kyosuke. Makoto invece arrivò di lì a qualche minuto e, come promesso, lui e Sonoko si recarono al campo da tennis, mentre Ran rispose alla mail che le aveva inviato suo padre sul cellulare (‘Sto andando col moccioso a mangiare al Poirot, come vanno le cose lì?’). Poco dopo, Kyosuke invitò lei e Masumi a uscire fuori, così fecero una passeggiata lungo il viale alberato attorno alla villa. Stavano parlando tranquillamente, quando un urlo acuto li fece sobbalzare.
“È Kyoko!” disse Kyosuke allarmato. “Cosa può essere successo?”
“Andiamo a vedere!” esclamò Masumi risoluta, correndo verso il portone d’ingresso socchiuso.

Edited by Neiro Sonoda - 3/8/2015, 15:30
 
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