Detective Conan Forum

Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

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Neiro Sonoda
view post Posted on 13/4/2014, 21:44 by: Neiro Sonoda     +1   +1   -1




Non c'è niente da fare, mi è venuta proprio la frenesia con "Reduci"... Casco male, visto che in questo periodo nessuno si fa vedere molto nella sezione Fanfiction... e rischio di guastare il senso di attesa generato dal capitolo 4 Siccome però ho battuto il 5 e non vedevo l'ora di postarlo... eccolo qui!
Buona lettura!





Capitolo 5

Imprevisti


“E così c’è stato un omicidio proprio al Caffè Poirot? Ed era presente il signor Subaru assieme a te?” esclamò Ai il lunedì mattina, al ritorno da scuola.
Conan annuì. “Per fortuna il caso è stato risolto in fretta e Amuro ha preso in mano la situazione. Il signor Subaru non si è fatto notare” spiegò.
“Uhm”. La piccola scienziata aggrottò la fronte, meditabonda. “E tu?” chiese all’improvviso.
“Io cosa?”
“Sei stato attento a non attirare gli sguardi di quel Bourbon, vero?”
“Ho fatto del mio meglio” garantì Conan. E non è stato facile, aggiunse fra sé.
“Bene” disse Ai con voce neutra. “Senti un po’, Kudo…” esordì poi, guardando Conan con una certa attenzione.
“Sì?”
“Quel Subaru… è molto bravo a fare deduzioni, giusto? Non sarà per caso… un detective in incognito che sta indagando sull’Organizzazione?”
L’espressione di Conan si rabbuiò appena. “Come mai t’interessa?”
“Be’, mi sembra più che lecito” ribatté Ai, senza smettere di scrutare l’amico come se stesse analizzando un composto chimico. “L’hai coinvolto nel tuo piano sul treno, no? Significa che ti fidi di lui”.
“Ti ho già detto che Subaru è dalla nostra parte, Haibara” replicò Conan un po’ secco..
“E ti sembra una risposta soddisfacente?”
“Che altro vorresti sentire, scusa?”
Ai fece un respiro profondo e si fermò sul marciapiede. “Ascoltami bene, Kudo: questa storia non mi piace affatto. Sono stanca di essere tenuta all’oscuro dei tuoi cosiddetti piani, specialmente se prevedono il mio diretto coinvolgimento. Sono stata chiara?”
Conan, che si era fermato a sua volta, alzò gli occhi al cielo. “D’accordo, d’accordo. Terrò presente la tua opinione, va bene?”
“Be’, me lo auguro”. Ai lanciò un’occhiata all’entrata della farmacia lì accanto e aggiunse, cambiando argomento: “Devo comprare alcune pastiglie per la gola per il dottor Agasa… Mi fermo qui”.
“Vuoi che ti aspetti?” propose Conan amichevolmente. “Tanto non ho fretta”.
Ai scosse il capo. “No, vai pure. A domani”.
“Sei sicura? Non mi garba che tu gironzoli da sola” disse lui, ma la risposta fa una risatina sommessa.
“Mica sono nata ieri. E poi la casa del prof. non è molto lontana da qui” affermò infine Ai, tornando seria.
Conan fece una piccola smorfia. “Come preferisci. Ah, più tardi devo passare dal dottor Agasa per cambiare la batteria del mio orologio-torcia… Ci vediamo dopo” esclamò. Ad un cenno di Ai, rispose agitando la mano e si voltò per andarsene.
La piccola scienziata lo guardò allontanarsi, appoggiata al muro adiacente alla farmacia, le mani affondate nelle tasche del cappotto. Un fugace sorriso si dipinse sulle sue labbra: anche se non l’avrebbe mai ammesso, le faceva piacere quando Conan si preoccupava per lei. Per molti anni, durante la sua vita, era stata abituata a stabilire rapporti freddi con le persone… Quando qualcosa non andava, le toccava arrangiarsi da sola, perché nessuno l’avrebbe mai aiutata senza volere niente in cambio, né tanto meno confortata. L’unica che era stata capace di mostrarle un modo di vivere alternativo era sua sorella Akemi, la quale, nonostante fosse cresciuta nel clima di illegalità e oscura segretezza che circondava l’Organizzazione, proprio come lei, aveva sempre un sorriso e una buona parola da rivolgerle. I suoi modi erano pieni di calore, la sua voce le infondeva serenità e speranza, speranza che un giorno sarebbero state entrambe libere dalla morsa degli Uomini in Nero. Akemi era stata un raggio di sole per Ai, la sola persona che l’avesse fatta sentire amata e avesse sempre tentato il possibile per starle vicina. Ogni tanto le aveva rivolto anche dei rimproveri, sia pure affettuosi, per cercare di spronarla a uscire dal guscio e diventare più socievole… ma Ai non c’era mai riuscita. Sapeva di non essere come sua sorella, sia per natura che per colpa delle circostanze, e aveva sempre continuato a mascherare le emozioni. Tuttora lo faceva, nonostante avesse la possibilità di lasciarsi andare, nonostante fosse attorniata da persone che le volvevano bene e l’avevano accettata, senza giudicarla minimamente in base al suo passato…
Be’, in realtà non era stato proprio così. Ricordava perfettamente il giorno in cui aveva conosciuto Conan e lui l’aveva accusata di essere un’assassina (al contrario del dottor Agasa, che l’aveva accolta amorevolmente sin da subito); quelle parole l’avevano ferita molto, anche se si era sforzata di non darlo a vedere. Eppure, non ci era voluto chissà quanto perché lui le offrisse il proprio appoggio e la propria protezione… come se non avesse mai pronunciato quelle frasi, come se lei fosse stata sua amica da sempre. La affascinava questo suo lato determinato e protettivo.
La affascinava e la sorprendeva, perché non avrebbe mai creduto che, dopo la morte di Akemi, qualcuno potesse prendersi cura di lei. Invece Conan lo aveva fatto e continuava a farlo, dimostrandole che non era rimasta sola al mondo e che esistevano ancora persone disposte a starle accanto, nonché a combattere contro coloro che tanto a lungo l’avevano sfruttata per poi togliere la vita a sua sorella come se niente fosse. Per la verità Ai non credeva che l’Organizzazione potesse davvero essere sconfitta, ma sapere che esisteva qualcuno pronto a lottare per distruggerla le dava coraggio. A suo modo, aveva sempre cercato di sconsigliare a Conan di andare allo sbaraglio contro gli Uomini in Nero, proprio perché temeva che fosse una causa persa; però, vederlo tutto animato quando si presentava qualche occasione di fronteggiarli faceva nascere nel suo cuore una piccola fiammella. Forse, si ripeteva nel suo intimo, non era una cosa tanto impossibile…
Naturalmente, si guardava bene dal dirlo a lui. Non voleva che, in tal modo, diventasse troppo sicuro di sé… Già lo era e questo non costituiva un fatto positivo, non sempre. Inoltre, lei era troppo avvezza a mantenere una barriera attorno a sé e quel discorso sarebbe potuto scivolare su qualcosa di decisamente imbarazzante… I suoi sentimenti per lui.
Lei stessa era confusa di fronte alle emozioni contrastanti che si agitavano nel suo animo quando si trovava con Conan. Certo, ormai aveva fatto l’abitudine alla sua presenza, dato che si vedevano praticamente ogni giorno, ma alcuni comportamenti di lui… la disorientavano. Rammentò l’occasione in cui le aveva prestato i suoi occhiali, assicurandole che in tal modo nessuno l’avrebbe riconosciuta… Glieli aveva adagiati sul naso con un sorriso complice, per poi regalarle un occhiolino e dirle: “Sono occhiali speciali, da fare invidia anche a Clark Kent!”
Sempre sorridendo a fior di labbra, Ai ricordò come il suo cuore, per un attimo, avesse pompato più forte dopo quelle dimostrazioni di affetto e sostegno… e come, quando Conan l’aveva portata faticosamente sulle spalle perché lei era ferita e semi-incosciente, si fosse sentita al sicuro, nonostante il dolore e lo sfinimento. Non avrebbe voluto essere in nessun altro posto in quel frangente, non senza di lui.
Eppure, c’erano momenti in cui non lo sopportava. Come adesso, per esempio. Perché si ostinava a tenerle nascosto chi fosse in realtà quel Subaru? Cosa sapeva di lui?
Sciocco… Sempre fissato a proteggere gli altri, cercando di tenerli fuori dalle situazioni potenzialmente pericolose, senza mai spiegare nulla, o quasi…
Faceva così con tutti, ormai lei lo aveva capito. Era il suo modo per esprimere il proprio affetto…
E io? Io come dimostro quello che provo per gli altri?
Be’, con Ayumi, Genta e Mitsuhiko era sempre cordiale… A volte un po’ distaccata, ma loro le volevano bene lo stesso. Ayumi, soprattutto, le era particolarmente affezionata, tant’è che lei la considerava ormai quasi una sorellina. Il rapporto con Conan era diverso, più complesso e sfaccettato, in quanto lui era a conoscenza dei suoi trascorsi e della sua vera identità, al contrario dei bambini. Per questo motivo Ai non sapeva bene come inquadrarlo…
Sono innamorata?
Più volte si era posta questa domanda, sebbene il lato più freddo e razionale della sua mente fosse portato a censurare interrogativi simili. Ad ogni modo, non era mai riuscita a trovare una risposta soddisfacente.
Forse ho bisogno di lui… ma è poi tanto diverso?
L’unica cosa sicura era che, negli ultimi tempi, si sentiva un po’ meno incerta sulle proprie gambe, nonostante la presenza di quel Bourbon… Si era abituata alla sua nuova vita, in poche parole, anche se la consapevolezza di costituire un bersaglio per l’Organizzazione era sempre presente dentro di lei; forse dipendeva dal fatto che, ora come ora, gli Uomini in Nero erano convinti che fosse morta nell’esplosione avvenuta sul Bell Tree Express. C’era solo da sperare che non scoprissero la verità, almeno per un bel po’…
Altre cose la turbavano, in tutta onestà; oltre ai vari interrogativi sulla reale identità di Subaru Okiya, la rendeva inquieta il pensiero di Masumi Sera, quella strana ragazza che aveva incontrato sul treno, amica di Ran Mouri. Aveva provato una brutta sensazione di fronte a lei e ancora non sapeva spiegarsi da cosa fosse originata… Si augurò di non rivederla tanto presto.
Be’, basta rimuginare… Sarà meglio che vada a comprare le pastiglie per il professore…
Come al solito spettava a lei curarlo, ma bisognava ammettere che l’anziano scienziato faceva lo stesso nei suoi confronti. Si preoccupava per la sua salute, per la sua sicurezza… per la sua felicità. Era la persona più vicina a un padre che Ai avesse mai conosciuto e, in fondo al cuore, lei serbava la convinzione di non poter più fare a meno di lui.
Entrò in farmacia, comprò ciò che doveva procurarsi e infine prese la strada verso l’abitazione del professore… Quella che ormai, a tutti gli effetti, era casa sua.

Conan stava percorrendo il tragitto verso l’Agenzia Investigativa Mouri quando s’imbatté in Ran, Sonoko e Masumi, che tornavano da scuola.
“Ehi!” le salutò, agitando la mano nella loro direzione. “Ciao!”
“Ma guarda, il moccioso!” commentò Sonoko, mentre Ran e Masumi sorridevano con aria complice al piccolo detective. Quando le raggiunse, Ran si chinò verso di lui, chiedendogli: “Com’è andata oggi?”
“Oh, tutto normale” assicurò Conan noncurante. “E voi?”
“Idem” rispose Ran tirandosi su. “Allora, torniamo a casa insieme? Sera, Sonoko, potete fermarvi un po’ da me se vi va”.
Sonoko stava per aprir bocca, ma un grido improvviso fece voltare bruscamente tutti e quattro: “Ehilà, ragazze!”
Kyosuke Shibata correva verso di loro, i capelli neri scomposti e un’uniforme blu addosso, probabilmente quella del suo liceo. Sorrise allegramente alle tre amiche, un sorriso talmente aperto e contagioso da spingerle a ricambiare all’istante.
Conan aggrottò le sopracciglia. “E lui chi sarebbe?” domandò, rivolgendosi a Ran.
“È Kyosuke Shibata, il fratello di un amico di mia sorella” spiegò Sonoko. “Ci siamo conosciuti sabato”.
“Eh, già” confermò Kyosuke. “Vi avevo promesso che sarei passato a farvi una visitina, no? Ero andato di fronte al vostro liceo, ma praticamente non c’era più nessuno, così…” Si sistemò rapidamente i capelli e osservò Conan incuriosito. “Chi è questo bambino? Il fratellino di una di voi?”
“In un certo senso” disse Ran. “Si chiama Conan Edogawa, vive a casa mia da qualche tempo”.
“È un po’ la nostra mascotte” scherzò Masumi, scompigliando i ciuffi ribelli di Conan, che si accigliò ancora di più.
Ehi, che vuole questa?
“Capisco. Be’, che ne dite di uscire insieme, stasera? Potremmo andare in qualche locale carino” propose Kyosuke, rivolto alle tre ragazze. “Io sono libero e voi?”
“Ottima idea!” approvò Sonoko con voce argentina. “Ci sto!”
“Ehi, ti sei dimenticata quanti compiti abbiamo?” la rimproverò Masumi. “Credo sia meglio fare un altro giorno” soggiunse, guardando Kyosuke. “Sai, con più calma…”
Sonoko s’imbronciò; era più che evidente che i compiti erano il suo ultimo pensiero, in quel momento. Kyosuke si focalizzò su Ran, forse sperando in una risposta positiva al proprio invito: “E tu che ne dici?”
“Be’, purtroppo abbiamo tanto da studiare, Sera ha ragione…”
“È proprio un no, sei sicura?” Kyosuke scoccò a Ran uno sguardo seducente e lei arrossì lievemente, con non poco dispetto di Conan.
“S-sono sicura”.
“Sarà per un’altra volta” rincarò Masumi.
“Uhm…” Kyosuke corrugò la fronte, soppesando l’idea. “Ma sì, avete ragione, tanto non abbiamo fretta. A presto, ragazze!”
Sonoko ricambiò il saluto. Ran stava per fare altrettanto, mentre lasciava la presa di una mano sulla cartella per ricacciare indietro una ciocca di capelli, finitale sul volto, quando Kyosuke compì un gesto del tutto inatteso. Afferrò con gentilezza il polso di Ran, le tirò su la manica della camicia bianca e scrisse rapidamente un numero di telefono sul suo avambraccio, prendendo una penna che teneva infilata sopra l’orecchio.
“Questo è il mio cellulare… e aggiungo anche il mio indirizzo e-mail” dichiarò, strizzando l’occhio a un’attonita Ran, che non era riuscita ad articolare alcuna frase di senso compiuto. “Chiamatemi, quando volete uscire. Ci vediamo!” Fece l’occhiolino anche a Masumi e a Sonoko, sbalordite quasi quanto Ran, e si dileguò in tutta fretta, sotto lo sguardo torvo di Conan.
“Che tipo!” ridacchiò Sonoko. “Faresti meglio a salvarti il numero e l’indirizzo e-mail sul cellulare, prima che si cancellino dal tuo braccio, Ran”.
“Cosa? Oh, sì, naturalmente” rispose lei, cominciando a camminare. La sua migliore amica la seguì assieme agli altri due, osservandola per un attimo, poi sentenziò: “Mi sa che Shinichi deve cominciare a preoccuparsi”.
Conan trasalì. Le guance di Ran s’imporporarono all’istante e lei protestò: “Sonoko!”
“Kyosuke mi sembra parecchio interessato a te… Non sei d’accordo anche tu, Sera?”
“Bah”. Masumi non pareva molto convinta e Sonoko la fissò, un po’ infastidita.
“Cosa intendi con quel ‘bah’?”
“Kyosuke è gentile con tutti” replicò la giovane investigatrice con un’alzata di spalle. “Se proprio devo parlare con onestà, non mi sembra che ci provi con qualcuna in particolare… e poi Ran ha altro a cui pensare, vero, Conan?”
“E questo che significa?” ribatté Sonoko. “Dato che Shinichi non ha voluto accompagnarla sabato scorso, è liberissima di distrarsi un po’… anche perché Kyosuke è un figo, parliamoci chiaro”.
Conan tossicchiò, visibilmente irritato. Sonoko se ne accorse ed esclamò: “Oh, cielo! Dimenticavo che il moccioso è un ammiratore di quel fanatico di gialli… Ora correrà a raccontargli tutto!”
“Non dirò niente a Shinichi” puntualizzò Conan, sorpassando le tre amiche e non riuscendo a evitare un tono leggermente aspro. “Però questi discorsi mi sembrano un po’ stupidi”.
“Che cosa vuoi capirne tu, di bei ragazzi! Sei solo un marmocchio!” rimbeccò Sonoko. “Inoltre, anche se andassi a raccontare tutto a Shinichi… in fondo se l’è voluta. Se ci avesse seguite alla villa, forse Ran non avrebbe legato così tanto con Kyosuke…”
Conan emise uno sbuffo, senza dire nulla. Masumi invece si bloccò, pronta a dirigersi dall’altra parte della strada.
“Io devo andare, ci vediamo domani, d’accordo? Ciao, Conan!”
“Ciao, Sera!” gridarono Ran e Sonoko, intanto che la ragazza si allontanava. Conan le fece un cenno col capo, in silenzio, troppo concentrato sulle proprie riflessioni per badarle più di tanto.
Quel tale non mi piace per niente… Farebbe meglio a girare a largo da Ran, pensò il piccolo detective corrucciato. Nel frattempo, Sonoko aveva cambiato argomento e si lamentava con Ran dei compiti assegnati alla loro classe, cosicché lui poteva continuare a rimuginare sull’impressione sgradevole che gli aveva suscitato quel Kyosuke…
“… Ti ho detto che non voglio più sentire questa storia!” Una voce infuriata fece sussultare sia Conan che le due amiche. In un appartamento poco distante da loro, una donna urlava a pieni polmoni e i suoi strilli si udivano chiaramente sopra i rumori della città, grazie a una finestra aperta. Ran e Sonoko si scambiarono uno sguardo, continuando a camminare; davanti a loro, Conan si limitò ad abbassare gli occhi sulle proprie mani, che teneva infilate nelle tasche dei pantaloni.
Guarda un po’ che gente, si disse.
“Mi hai rovinato la vita!” inveì la donna, sempre più isterica. “Fuori di qui!”
“Ehi, quanto fuo…” Sonoko s’interruppe bruscamente, lanciando un gridolino, mentre Ran esclamava in tono d’avvertimento: “Conan, fa’ attenzione!”
Lui alzò la testa, appena in tempo per vedere una lattina di tè freddo arrivargli addosso. Lo colpì poco sotto la clavicola destra, strappandogli un ‘ahi’ e piombando con un tonfo sul bordo del marciapiede.
“Conan!” Ran gli si accostò, visibilmente preoccupata. “Stai bene?”
Lui fece una smorfia, massaggiandosi la parte lesa. “Sì, tutto a posto”.
“Che razza di villani” bofonchiò Sonoko contrariata, chinandosi a raccogliere la lattina di tè. “Che dite, vado a riportargliela?” chiese indicando la finestra aperta, da dove provenivano i balbettii sconnessi di un uomo, probabilmente il marito della donna che aveva urlato.
“No, lascia perdere” consigliò Ran. “Andiamocene, prima che ci arrivi qualcos’altro addosso…”
In quell’istante, l’uomo spalancò la porta d’ingresso dell’appartamento: era un tizio piccolo e magro sulla quarantina, con gli occhiali sul naso e un’espressione terrorizzata. La donna, capelli bruni in disordine e fronte aggrondata, si affacciò invece dalla finestra.
“Vattene!” ordinò, minacciosa. Poi chiuse le imposte con un colpo secco.
“Tenga… e cerchi di non far arrabbiare sua moglie, la prossima volta” disse Sonoko, porgendo la lattina all’uomo. La linguetta era ancora da strappare, la bibita doveva essere nuova nuova. Il tipo annuì, spaventato, dileguandosi subito dopo.
“Bah!” borbottò Ran. “Per fortuna non hanno lanciato niente di eccessivamente pesante… Su, Conan, fammi vedere”.
“Dai, non serve…” cominciò lui, un po’ imbarazzato dall’esagerata vicinanza del volto di Ran, ma quei tentativi di allontanarla non servirono a nulla: lei gli scostò la felpa, mettendo a nudo la clavicola ed esaminando la parte di pelle sotto di essa.
“Per adesso c’è solo un po’ di rossore” constatò, “ma se ti fa male potrebbe formarsi un livido”.
“Non è niente… di grave” tagliò corto Conan, sentendosi vagamente a disagio. Avvertiva il respiro leggero di Ran sul collo e il profumo fresco e dolce dei suoi capelli gli riempiva le narici. “Andiamo a casa, forza”.
“Va bene” acconsentì lei, rialzandosi. “Sonoko, tu vieni con noi, giusto?”
“Ovvio. Così poi studiamo assieme”.
“E cerchi di ricordarti che per oggi non potremo uscire con Kyosuke”.
Sonoko annuì vigorosamente. ”Eh, già”.

Il giorno seguente, terminate le lezioni, Ran si diresse verso il suo armadietto per recuperare la sua roba e tornare a casa. Era sola, perché Sonoko doveva sistemare alcune cose con i compagni del circolo di tennis e Masumi si trovava in biblioteca a fare una ricerca.
“Vado via subito, Conan ha un po’ di mal di gola e preferisco essere nei paraggi se ha bisogno di qualcosa” aveva detto Ran alla sua migliore amica, prima che si separassero. Sonoko si era messa a sbuffare.
“Quando la smetterai di fare la mammina premurosa? Vabbè, torna pure a casa, se proprio vuoi. Ci vediamo domani, ricordati che una di queste sere dobbiamo uscire con Kyosuke”.
“Sì, sì” aveva detto Ran con rassegnazione.
Sonoko non cambierà mai, pensò mentre si toglieva le scarpe. Spero soltanto che il suo Kyogoku non si arrabbi più di tanto.
Uscì dal liceo, salutò un paio di studenti che conosceva e prese la strada che era abituata a percorrere ogni giorno. Era un pomeriggio grigio e nuvoloso, le vie di Beika apparivano rumorose e trafficate come al solito sotto il cielo plumbeo, che minacciava l’arrivo della pioggia.
Uffa, non mi piace il brutto tempo…
Ran svoltò in un vicolo sparuto che sbucava su una stradina secondaria. In genere per quel breve tratto non passava mai nessuno, e attraversarlo in solitudine, in una giornata come quella, non era il massimo; la ragazza emise un piccolo sospiro, stringendo la cartella… e all’improvviso qualcuno le arrivò alle spalle.
Ran non ebbe il tempo materiale per reagire in alcun modo: il misterioso individuo le puntò una pistola alla tempia, intimandole con voce rauca di camminare piano lungo il vicolo e non parlare. “Niente mosse false, ragazzina, o ti buco il cervello con una pallottola” sussurrò in tono di minaccia. Ran iniziò a tremare, colta totalmente alla sprovvista.
Chi è quest’uomo e cosa vuole?, pensò spaventata.
“So che pratichi il karate, ma non ti servirà in questa situazione… Ho i riflessi pronti io” bisbigliò al suo orecchio quella voce sgradevole, ruvida come i muri scrostati che delimitavano il vicolo. “Su, cammina. Se fai la brava non ti accadrà nulla di male”.
Ran guardò con la coda dell’occhio il suo assalitore e ciò che vide non la rassicurò per niente. E quella sensazione di freddo sulla tempia… era orribile, le toglieva il fiato. Non poté fare altro che obbedire agli ordini dell’uomo, camminando lentamente senza osare dire alcunché, il battito del cuore che le rimbombava nelle orecchie, le dita sudate serrate attorno al manico della cartella. Percepiva chiaramente lo spiacevole tocco della mano sinistra del suo assalitore sul fianco, cosa che la faceva rabbrividire.
Lasciami stare… Lasciami…
Erano arrivati quasi alla fine del vicolo; l’uomo mollò la presa su di lei, senza smettere di tenerla sotto tiro con la pistola, e premette uno straccio umido sulla sua bocca. Ran spalancò gli occhi, soffocando un grido, poi perse lentamente i sensi.

Edited by Neiro Sonoda - 3/8/2015, 15:33
 
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