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Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

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Neiro Sonoda
view post Posted on 30/4/2014, 15:20 by: Neiro Sonoda     +2   +1   -1




E finalmente siamo al tanto atteso capitolo 7
Tanto atteso da chi? Da me, naturalmente :D
Buona lettura!




Capitolo 7
Ferite del fisico e dell’anima


Conan procedeva a passo veloce lungo la strada verso l’Agenzia Investigativa Mouri, la gola in fiamme e la mente in tumulto, il cellulare stretto in mano. Il sole era basso sull’orizzonte e lui, intanto che camminava, si sforzava di rimanere lucido; eppure nel suo cervello si formavano continuamente immagini tremende, cariche di cattivi presentimenti.
Non può essere nelle LORO mani… Lei no… Ci dev’essere qualche altra spiegazione…
Sentì lo stomaco che si torceva al pensiero che Ran potesse essere finita tra le grinfie degli Uomini in Nero. Non riusciva a togliersi dalla testa quell’idea, malgrado non esistesse alcun indizio che potesse avergliela suggerita. Cos’era che gliela ripeteva incessantemente? Il suo istinto? Il suo cuore? O solo la paura che lei finisse nei guai per colpa sua, cosa che lo opprimeva da quando si era imbattuto per la prima volta in Gin e Vodka?
Ran... dovunque tu sia, aspettami. Se sei in pericolo non perdere le speranze, verrò io ad aiutarti...
Si fermò un attimo per riprendere fiato. Dannazione, il raffreddore gli toglieva le energie e perciò si stancava più facilmente... Provò di nuovo a telefonare a Ran, ma il cellulare di lei risultava spento.
Dove sei?, pensò Conan sconfortato, massaggiandosi distrattamente la clavicola destra. Come previsto da Ran, si era formato un piccolo ematoma violaceo nel punto in cui la lattina di tè freddo l'aveva colpito; se n'era accorto la sera prima, quando si era tolto i vestiti per andare a letto. Tuttavia, non era certo quell'insignificante doloretto a tormentarlo... Intascò il cellulare e cominciò a correre, deciso a raggiungere subito la sua meta, ma una violenta e improvvisa fitta al cuore lo fece sobbalzare.
Cosa diavolo...? No, non è possibile...
Una ben nota sensazione di calore bruciante lo invase dalla testa ai piedi, mentre il suo battito cardiaco accelerava bruscamente, mozzandogli il respiro.
Non capisco... Perché sto tornando adulto? Non ho preso alcun antidoto...
Ma certo, la torta! C'era del liquore dentro, forse qualcosa di simile al Paikal... Non poteva trasformarsi in mezzo alla strada, doveva andare a casa sua a recuperare degli abiti nuovi, così fu costretto a fare dietrofront. Fortunatamente, sapeva che il signor Subaru quel giorno era uscito e sarebbe rientrato tardi... Per la prima volta maledisse quella che in un'altra occasione gli sarebbe apparsa come una benedizione insperata: non voleva perdere tempo, desiderava scoprire cos'era successo a Ran... però non aveva scelta. Percorse il tragitto alla massima velocità che gli consentivano i suoi muscoli. Arrivato a casa Kudo, riuscì per qualche miracolo ad aprire la porta e a oltrepassare la soglia d'ingresso, dopodiché una fitta lancinante al petto lo fece cadere in ginocchio con un gemito soffocato. Sentì le spalle stirarsi dolorosamente e le gambe gli tremarono in maniera incontrollabile, mentre tutte le ossa del suo corpo sembravano sciogliersi e la fronte gli scottava come se avesse la febbre. Non riuscì a togliersi gli abiti da bambino, che iniziarono a stargli terribilmente stretti. Poi avvertì la stoffa della maglia tendersi, il tessuto dei pantaloni lacerarsi... Gli si strapparono tutti i vestiti e intanto il dolore alla gola aumentò considerevolmente.
Qualche istante più tardi, non appena fu in grado di reggersi in piedi, si alzò e si precipitò nella sua stanza, afferrando in fretta una camicia bianca e un paio di jeans. Li indossò, prese due scarpe qualunque, recuperò l'orologio spara-aghi, che era riuscito a togliersi tempestivamente prima di crollare in ginocchio durante la trasformazione, e corse fuori di casa intascando gli occhiali e i due cellulari che portava sempre con sé. Per fortuna la sofferenza fisica si era ormai ridotta a un semplice bruciore alla gola, causato dal raffreddore, e le sue gambe da diciassettenne erano piuttosto veloci. Arrivò all'Agenzia Investigativa in breve tempo.
Nonostante fosse convinto di essere preparato a qualsiasi eventualità, restò paralizzato di fronte allo spettacolo che si presentò ai suoi occhi: il corpo di Ran era disteso a pancia in giù sulle scale esterne, con accanto una lunga scia di sangue.
"Ran!"
La raggiunse rapido, il cuore che martellava furiosamente, la bocca secca e asciutta per la tensione, provando un moto di senso di colpa così forte da fargli venire la nausea.
"Ran, rispondimi! Ran!" Si inginocchiò accanto a lei, voltandola e prendendola fra le braccia. Era pallida, ma respirava. Aveva una lacerazione alla gamba destra, da cui continuava a colare il sangue che aveva imbrattato parte dei gradini, e le mani avvolte in alcune bende arrangiate, macchiate di rosso. Shinichi si augurò che le ferite non le facessero troppo male e si chinò immediatamente a esaminarle la gamba.
Non sembra grave... ma va medicata. Devo portare subito Ran in ospedale, pensò risoluto.
D'istinto, si strinse al petto il corpo esanime della ragazza. Come aveva potuto permettere che le venisse fatto del male? Forse non si era sempre ripromesso di proteggerla? Perché non le era stato accanto nel momento del bisogno, perché?!
Che cosa può esserle capitato? Chiunque sia stato non la passerà liscia... però io dovevo essere con lei. Non avrei mai dovuto lasciarla, questa è la verità... invece me ne sono andato appresso a quegli Uomini in Nero e per poco non ci rimettevo la pelle, così adesso lei chissà quanti guai ha passato, solo per causa mia...
Si accorse che stava tremando e un senso di frustrazione gli pulsava nelle vene come veleno. Avrebbe tanto voluto che lei si svegliasse, avrebbe voluto incontrare lo sguardo limpido e sincero dei suoi occhi meravigliosi e vedere il suo sorriso aperto... A quanto pareva, non era proprio possibile. Shinichi sospirò pesantemente, preparandosi ad alzarsi e a sollevarla... e, inaspettatamente, Ran si mosse.

La gamba le faceva male, era stordita e aveva le palpebre pesanti come pietre. Tuttavia esisteva qualcosa di stranamente gradevole in quella brutta situazione... un odore familiare che le entrava nelle narici, solleticandole appena, con dolcezza.
Non capisco... Che sta succedendo?
Si rese conto che il suo fianco destro era appoggiato a qualcosa... no, a qualcuno. Un indumento di tessuto leggero le accarezzava la guancia e due braccia la reggevano, nonostante sentisse ancora il freddo dei gradini sotto di sé. E quel profumo così piacevole... Senza riflettere, si aggrappò saldamente al corpo che le stava donando tepore e sicurezza, prima di realizzare che, a giudicare dalla familiarità dell'odore, poteva appartenere solo a una persona...
Shinichi?!
"Ran?" chiamò esitante lui in quel momento. "Ran, mi senti?"
Dev'essere un sogno... Non può trovarsi davvero qui, pensò lei. Eppure, il suono della sua voce sembrava così reale...
"Ran, apri gli occhi" la esortò lui, scuotendola appena.
Obbedì, certa che l'avrebbe visto e un attimo dopo si sarebbe svegliata, ritrovandosi da sola. Incrociò il suo sguardo teso e preoccupato, quelle iridi blu luminose e intense, inconfondibili...
"Come stai?" chiese Shinichi apprensivo.
"I-io... Tu..." Non riusciva nemmeno a formulare una frase sensata, tutto le appariva incredibile. Lui era esattamente come ricordava, solo un po' più pallido, forse a causa dell'ansia; Ran premette il volto contro la sua camicia bianca, sempre più convinta di sognare.
"Ti... ti porto subito in ospedale" disse Shinichi, una traccia di disagio chiaramente percepibile nel tono di voce. Ran sentì che la sollevava e cominciava a scendere i gradini; fu allora che iniziò a venirle il dubbio di essere perfettamente sveglia.
"Sei davvero... qui?" azzardò titubante.
Lui sbatté le palpebre, con espressione confusa. "Sì, certo" rispose poi. "Perché, credi che sia un fantasma o qualcosa del genere?" Rise lievemente, ma la preoccupazione restava visibile sul suo volto.
"No, io..." All'improvviso Ran si sentì tremendamente stupida e avvampò, ripensando al modo in cui si era abbandonata tra le braccia di lui. Percepiva il battito del suo cuore accanto alla propria guancia, il calore del suo corpo... Iniziò a girarle la testa.
"Sh-Shinichi... mettimi giù, per favore".
"Sei pazza? Con quella ferita alla gamba come fai a camminare?!"
"S-solo un attimo, ti prego". Non sapeva nemmeno lei perché gli avesse fatto quella richiesta; nel suo intimo, era tutta scombussolata.
Sospirando Shinichi la accontentò, premurandosi di sorreggerla, nel caso rischiasse di cadere quando appoggiava a terra il piede destro.
"Dai, non ce la puoi fare... Vieni qua" sbuffò in tono di rimprovero. Erano ormai arrivati alla fine della scalinata; si caricò Ran sulla schiena, passandole le braccia sotto le ginocchia, e lei arrossì di nuovo, sentendosi sfiorare inavvertitamente la parte inferiore delle cosce.
"Ch-chiami un taxi o qualcosa di simile?" domandò incerta, aggrappandosi timidamente alle spalle di Shinichi.
"Ovvio. Ti aspettavi che ti portassi fino al Policlinico Beika a piedi?"
Il rossore non accennava a defluire dalle guance di Ran, anzi, si intensificò quando lei udì quelle parole; anche Shinichi era un po' in imbarazzo, considerata la situazione, ma cercò di far finta di nulla.
"Non ci metteremo molto, in ogni caso. Stai tranquilla" aggiunse amichevolmente.
"Come... come mai sei qui?" chiese Ran, sforzandosi di usare un tono casuale.
"Be'... avevo pensato di passare a trovarti, visto che dovevo venire a Beika per prendere delle cose a casa mia"
"Ah".
"Mi dici che ti è successo? Non credo che tu sia caduta".
Ran trasalì involontariamente. "Ecco, io..." Ripensò a quello che aveva vissuto e si sentì di nuovo impaurita, quasi fosse stata ancora in pericolo. Istintivamente, si strinse forte a Shinichi, come se in quel modo potesse riacquistare un po' di sicurezza e ricevere conforto... Lui ebbe un sussulto avvertendo la pressione delle sue dita sul proprio livido, appena sotto la clavicola.
"Cosa c'è?" esclamò subito lei, accorgendosene.
"N-niente". Shinichi non poteva dirle che si era fatto male in quel punto... e comunque, non glielo avrebbe detto nemmeno se avesse potuto permetterselo senza problemi.
"Sei sicuro?" insistette Ran.
"Certo. Piuttosto, com'è che sei sul punto di strangolarmi?" scherzò lui, nonostante non avesse alcuna voglia di ridere.
"Io..."
"Ti è successo qualcosa di brutto, Ran?" Stavolta Shinichi usò un tono terribilmente serio.
"Preferirei parlarne... dopo, con più calma" ammise lei. "Ti dispiace?"
"Come vuoi. Ma... non è niente di tanto grave, vero?"
"No... Insomma, per fortuna ora è tutto a posto..." mormorò Ran con voce un po' debole. Shinichi decise di non chiederle altro, rendendosi conto che forse si stava stancando a conversare, ma l'agitazione lo divorava e il senso di colpa sembrava scavargli un solco al centro del cuore.
"Va bene, adesso non dire più nulla, non ti affaticare... Vedrai che presto saremo all'ospedale e ti medicheranno la gamba".
E se scopro che ti hanno fatto qualcos'altro, io... non rispondo delle mie azioni.

Shinichi aspettò che finissero di visitare Ran, andando avanti e indietro per uno dei corridoi del Policlinico Beika, la mente piena di pensieri a dir poco assillanti. Non riusciva a ragionare lucidamente e la cosa lo faceva infuriare... Nel suo cervello, vorticavano continuamente le stesse domande.
Che può esserle successo? Perché è ferita? Chi è stato e cosa le ha fatto?
Strinse così forte i pugni che gli sbiancarono le nocche. Proteggere coloro a cui teneva, Ran in particolare, aveva sempre rappresentato una priorità per lui. E adesso lei si era trovata in pericolo, inspiegabilmente... Shinichi non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che fosse accaduto tutto per causa sua, che in qualche modo la ragione per cui individui ignoti se l'erano presa con Ran fosse collegata a lui.
Ignoti... o forse no. E se c'entrassero davvero gli Uomini in Nero?
Quel sospetto lo tormentava, provocandogli un'angoscia indicibile, che gli gravava addosso come se un peso gli stesse schiacciando la trachea.
Ma se fosse stata nelle loro mani, a quest'ora sarebbe... Oppure no?
Era come se avesse un macigno sul petto, qualcosa che rischiava di esplodere da un momento all'altro...
"Shinichi?"
Si voltò di scatto. Ran lo stava raggiungendo, zoppicando pian piano, la gamba avvolta in una lunga benda bianca. A quanto pareva riusciva a camminare, anche se doveva farlo con molta lentezza.
"Siediti" rispose subito lui, indicando una delle panchine di plastica del corridoio.
Ran obbedì. "Vedo che mi hai aspettata".
"Non dovevo?" replicò lui scherzosamente, prendendo posto a sua volta e cercando di mostrarsi tranquillo, almeno un po'. In realtà non lo era affatto, ma sperava di non darlo a vedere.
"Comunque non ho nulla di grave... La ferita alla gamba guarirà, basta che io faccia attenzione a non sforzarmi. Quanto alle mani, be', mi fanno male, però..."
Le frasi di Ran, pronunciate con tono falsamente spensierato, furono interrotte bruscamente da Shinichi: "Dimmi la verità, che ti è capitato?"
"Ecco..." Lei ebbe un piccolo sussulto e sgranò gli occhi di fronte a quella reazione: il suo amico d'infanzia era sempre stato un tipo razionale, controllato e coi nervi saldi, perché adesso sembrava così diverso? Aveva l'ansia stampata in faccia, quasi come se fosse... spaventato. O era solo Ran che vedeva la propria paura e il proprio sgomento, conseguenze inevitabili degli avvenimenti di quel pomeriggio, riflessi nei suoi occhi?
"Shinichi... che sta succedendo?" gli chiese, guardandolo intensamente.
"Mi sembra che sia tu a dovermelo spiegare" ribatté lui, una nota d'impazienza nella voce. "Perché sei ferita?"
Ran sospirò. "All'uscita da scuola... un uomo mi ha teso un agguato" rivelò flebilmente. "Sono stata rapita e rinchiusa in un posto buio, forse in periferia. Il mio sequestratore voleva... voleva avere qualche informazione su di te".
Shinichi allungò istintivamente una mano per stringere quella di Ran, ma si bloccò, un po' imbarazzato; concentrò la propria attenzione sul volto di lei, teso e inquieto, avvertendo chiaramente la sua agitazione.
Cosa ti hanno fatto? Dimmelo, ti prego...
"Hai visto quell'uomo in faccia?" si limitò a chiedere.
Ran scosse il capo. "Era camuffato. So che era vestito di scuro e aveva una pistola. Mi ha minacciata, per cercare di costringermi a parlare".
Sarebbe stato normale se lei si fosse arrabbiata... ma non c'era traccia di accusa in quei grandi occhi chiari, solo timore e preoccupazione.
"Mi dispiace" borbottò Shinichi. Sapeva che avrebbe dovuto comportarsi in maniera diversa, eppure gli veniva difficile. "Hai detto che era vestito di scuro... per caso di nero?"
Ran annuì stancamente. "Poi è arrivato un altro... Non l'ho visto in faccia, ma mi è sembrato di conoscere la voce. Sono andati via tutti e due e li ho sentiti parlare: hanno detto... hanno detto che tu saresti dovuto m-morire..." La voce iniziò a tremarle; questa volta Shinichi non riuscì a dominare i propri sentimenti e le afferrò le mani bendate, con delicatezza.
"Cos'hanno detto esattamente? Per favore, Ran, è importante".
"I-il mio rapitore... era convinto che tu fossi ancora vivo, anche se... anche se qualcuno gli aveva riferito che eri..." Ran scosse freneticamente la testa, le labbra che tremavano. "Shinichi, sei in pericolo" aggiunse poi, con più fermezza. "Quell'uomo voleva qualcosa da te, io ne sono certa!"
"Ran, spiegami bene tutto" insistette lui. "Non ho ancora capito..."
"Cosa c'è da capire?" s'infervorò lei. "Tu non sei più al sicuro... anzi, forse non lo sei mai stato, in questi mesi. Ti stai nascondendo da quei criminali, vero? Gin, Vodka, Sakè, eccetera..."
Shinichi spalancò la bocca. "Ran! C-come...?"
"Li ho sentiti" confessò lei in un bisbiglio. "Sakè è il nome in codice con cui hanno chiamato il mio rapitore... e Gin e Vodka sono quelli che gli avevano parlato della tua... della tua..."
"... Morte" non poté trattenersi dal completare Shinichi. Ran lo guardò angosciata.
"Allora..."
"Che cos'ha detto l'altro?" la interruppe il giovane detective. "Quello che ti è parso di riconoscere dalla voce..."
"Ha parlato di un'organizzazione... poi si è sentito un colpo di pistola e io... io, che ero legata, mi sono scorticata le mani sul pavimento nel tentativo di allontanarmi dalla porta".
"Non hai visto niente della stanza in cui ti trovavi o altro?"
"No, era tutto buio... È già tanto se sono riuscita ad ascoltare qualche brandello di conversazione oltre la porta chiusa".
Shinichi accarezzò lievemente i palmi fasciati di Ran. "E poi?" domandò, senza staccare gli occhi da lei. I loro volti erano poco distanti, il corridoio completamente deserto creava una cornice quasi surreale per quel momento, già di per sé insolito.
"B-be', qualcuno è... è entrato nella stanza in cui mi trovavo. M-mi ha stordita e portata fino al vecchio parco alla periferia di Tokyo..."
"Pensi che sia stato il secondo uomo?"
"C-credo di sì... sempre che mi conoscesse davvero. Io sono sicura di una cosa, la sua voce non mi è suonata nuova" ammise Ran. La distanza fra lei e Shinichi si era talmente accorciata da poterle permettere di avvertire chiaramente il suo respiro sul proprio viso. La temperatura del corridoio dell'ospedale sembrava essersi alzata in maniera inspiegabile e il cuore le batteva forte.
"Dimmi cos'è successo ancora" continuò lui. Il suo tono appariva più calmo, adesso. Ran cercò di rilassarsi, ma aveva ogni nervo del corpo in fibrillazione; Shinichi le era così vicino, troppo vicino...
"Mi... mi sono risvegliata proprio su una... panchina del parco" riuscì ad articolare. "Ho visto che accanto a me c'era la mia cartella... e avevo le mani fasciate. Forse... forse il secondo uomo mi ha lasciata andare perché non ero il suo obiettivo..."
"Lui voleva me, non è così?" sussurrò Shinichi. Ormai avevano abbassato entrambi la voce...
"N-no" balbettò Ran in un soffio. "In realtà, il mio rapitore ha detto qualcosa a proposito di Sera..." Le ultime parole le erano uscite di bocca frettolosamente, inciampando una sull'altra.
"Che cosa?!" Gli occhi di Shinichi si spalancarono e lui si allontanò rapidamente da Ran, senza però lasciarle andare le mani. Lei deglutì nervosamente.
"Penso... che l'obiettivo del secondo uomo fosse lei. Ma il mio rapitore voleva arrivare a te, ha cercato di sfruttarmi come esca per entrambi..."
"... E probabilmente è stato ucciso" concluse Shinichi. "Aveva disobbedito agli ordini". Mollò le mani della sua amica d'infanzia e puntò lo sguardo di fronte a sé, appoggiandosi i palmi sulle ginocchia. Aveva un'espressione indecifrabile, lontana e assorta.
"Shinichi, che significa questo?" incalzò Ran. "Cosa c'entra Sera in tutto ciò? E tu... non è vero che stai seguendo un caso difficile, in realtà ti nascondi da quegli uomini e intanto cerchi di indagare su di loro. Ammettilo!"
Nessuna risposta. Ran si accalorò.
"Per favore, guardami! Sono stata rapita... e per poco non rimanevo uccisa! Tu mi devi una spiegazione, Shinichi".
"Ran..." Lui trasse un lungo sospiro.
"Cosa?"
"La verità è che... che in questo momento..."
Non so dove sbattere la testa... Non voglio che ti capiti qualcosa di brutto, non me lo perdonerei mai...
"Hai bisogno di aiuto, Shinichi" lo interruppe lei. "Non credo che tu possa farcela da solo".
Lui sospirò di nuovo, ancora più forte. "Non devi pensare a me" esordì infine. "Me la caverò... La faccenda non è poi così grave".
"Che cosa stai dicendo?!" proruppe Ran incredula. "Certo che lo è..."
"Sono un detective, Ran. So quello che faccio... e conosco quegli uomini, so già come agire per fermarli" dichiarò Shinichi con il suo tono più sicuro e deciso. Stava mentendo spudoratamente e lo sapeva, ma non era in grado di trovare un'altra soluzione... Voleva che Ran si tranquillizzasse e non poteva certo raccontarle tutti i suoi guai.
"Sei sicuro?" insistette lei fissandolo.
"So che hai avuto paura... però non ti accadrà più nulla, te lo prometto" garantì Shinichi. Ran continuava a guardarlo, come se volesse leggergli dentro a tutti i costi... Shinichi si vergognò delle proprie menzogne, ma se non altro la promessa di proteggerla era un obbligo a cui intendeva tener fede, sempre, a qualsiasi prezzo. Su quello era stato sincero, non avrebbe assolutamente permesso che lei si trovasse di nuovo in pericolo.
"Shinichi... io non voglio che..."
"Shh". Lui posò inaspettatamente l'indice sulle labbra di Ran. "L'importante è che stai bene. Il resto lascialo a me... Ti chiedo soltanto una cosa".
"Di... dimmi pure".
"Per un po', cerca di non andare in giro da sola nei luoghi isolati, soprattutto quando è buio" disse Shinichi, tornando ad appoggiare la mano sul proprio ginocchio. "Preferirei che tu fossi più prudente, d'accordo?"
"Va... va bene".
"Comunque, non devi farti prendere dal panico... La situazione è sotto controllo, penserò io a tutto".
"Non mi faccio prendere dal panico!" protestò Ran. "Io..."
Ho paura per te, Shinichi. Tanta paura...
"So che sei una fifona... ammettilo" la punzecchiò lui, nel tentativo di alleggerire l'atmosfera. Il viso di Ran s'infiammò.
"Sei veramente antipatico!" accusò lei, ma intanto sentì il proprio cuore riscaldarsi: se Shinichi scherzava, forse la situazione non era così terribile.
Lui si abbandonò sulla panchina di plastica dell'ospedale, un'espressione molto più rilassata dipinta sul volto; stiracchiò le braccia e aggiunse: "Ti chiamerò quando sarà tutto sistemato... Tu, intanto, parla con Sera e mettila in guardia, è bene che sappia qualcosa di questa storia. Ed evitiamo di telefonarci, almeno per qualche giorno".
"Oh". Ran avvertì una punta di delusione. "Ma tu quindi... non resti?"
Shinichi scosse la testa. "Devo risolvere la questione... e non posso farlo rimanendo qui, credimi".
Ran annuì. "Sei sicuro che basti così? Non bisognerebbe parlare con la polizia o..."
"A questo non devi pensare. Ti ho già detto che farò io tutto il necessario" concluse Shinichi in tono definitivo. La sua amica d'infanzia si lisciò lentamente la gonna a pieghe della divisa scolastica.
"Come vuoi". Adesso era chiaramente più rassicurata e Shinichi si sentì sollevato. Forse non aveva combinato un pasticcio poi tanto grave...
"Solo un'altra domanda, Ran: sei arrivata da sola fino a casa tua?"
"Sì, dopo aver controllato se mi avevano restituito il cellulare... Sai, il mio rapitore ha cercato di telefonare a Sera, ma risultava occupato".
Probabilmente perché lei aveva chiamato me... Meglio saperne di più però, si disse Shinichi. "Ti spiace darmi un attimo il tuo cellulare?" domandò.
"È scarico" lo informò Ran. "Comunque, sembra che non abbia nessun danno, altrimenti avrei pensato che lo avevano rotto o qualcosa di simile..."
"Fammi vedere lo stesso" replicò lui. Ran estrasse il telefonino dalla tasca e glielo porse in silenzio, perdendosi poi nella contemplazione di Shinichi che lo esaminava. Le piaceva quel suo sguardo concentrato... In momenti del genere, lui era troppo preso da quello che stava facendo per accorgersi di essere osservato, il che le risparmiava una bella dose di sentimenti imbarazzanti.
"Sembra tutto a posto... tieni" disse lui infine, restituendole il cellulare.
Ran lo intascò. "Se mi viene in mente qualche particolare che potrebbe esserti utile... posso chiamarti?" azzardò timidamente. "Magari se capisco chi è il secondo uomo..."
"No, non serve. Ho già una pista da seguire, non mi occorre altro" si affrettò a puntualizzare Shinichi.
Meno avrai a che fare con me, meglio sarà... Mi dispiace, Ran, ma è l'unica soluzione...
"D'accordo. Ehm... adesso?"
"Ti riaccompagno a casa" rispose lui. Forse aveva parlato un po' troppo, si sentiva la gola secca... Si schiarì la voce. "O magari conviene che avvisi tuo padre, che non sa niente di questa storia e potrebbe preoccuparsi" soggiunse.
"Già, è vero! Meglio che lo chiami..."
"Prendi pure il mio cellulare, è carico".
"Grazie" mormorò Ran. Compose il numero dell'Agenzia Investigativa e attese.
"Accidenti, non prende bene qui... Chissà se mi allontano un attimo..." Si alzò con precauzione e percorse il corridoio, svoltando l'angolo che portava alle scale. Shinichi avrebbe voluto seguirla, per sorreggerla nel caso avesse rischiato di cadere... Non era molto tranquillo, considerato che lei aveva la gamba fasciata, ma non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che le prime avvisaglie dei dolori precedenti alla trasformazione in bambino invasero il suo corpo.
Non adesso, per favore... Tutto, ma non questo...
Purtroppo non servirono a niente quelle preghiere: Shinichi capì che doveva allontanarsi in fretta, prima che tornasse Ran e scoprisse il suo segreto.
Perché sempre nel momento sbagliato? Sarebbe stato meglio se non mi fossi trasformato affatto...
Si portò una mano al cuore, stringendo i denti, sforzandosi di resistere. All'estremità del corridoio, dalla parte opposta all'angolo oltre il quale era sparita Ran, c'era il bagno. Shinichi usò le ultime energie che gli restavano per raggiungerlo e si chiuse dentro, mordendosi le labbra per non urlare.
Accidentaccio...
Poco dopo, tornò ad avere le sembianze di un bambino delle elementari e appoggiò la fronte ancora sudata alla porta fredda.
Perdonami, Ran.

Edited by Neiro Sonoda - 26/1/2015, 19:54
 
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