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Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

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Neiro Sonoda
view post Posted on 14/7/2015, 19:47 by: Neiro Sonoda     +1   -1




Diciamo che Ai è un personaggio più complesso; credo dipenda dal fatto che passa repentinamente da una situazione iniziale (far parte dell’Organizzazione e non avere amici) a una completamente diversa, che è quella attuale. All’improvviso si ritrova con dieci anni di meno, cambia casa, ha un padre adottivo e persone attorno che le offrono il loro affetto e il loro sostegno. Niente la tiene legata alla vita di prima, se non i ricordi, giacché anche sua sorella Akemi è morta… quindi Ai cambia (diventando meno fredda e scontrosa) proprio perché la sua esistenza è stata completamente capovolta. Per Ran non è così, di conseguenza è un personaggio che non muta molto i suoi atteggiamenti nel corso della storia
Quanto al rapporto fra Ai e Shinichi, anch’io penso che l’amicizia sia la direzione migliore che possa prendere, e mi auguro fermamente che Gosho non inserisca complicazioni amorose. Che Shinichi s’innamori di Ai mi sembrerebbe una cosa senza senso e spero che lei non lo ami, così si risparmierà altre sofferenze (direi che ne ha passate abbastanza!). E poi, in fondo, nonostante i dubbi su quello che prova lei, ciò che vediamo rappresentato è una bella amicizia fra i due! Secondo me sarebbe un peccato “stravolgerla”.
In questa fanfiction, io ho cercato di indirizzare tutto verso una buona conclusione: Ai decide di restare amica di Shinichi, in attesa di capire meglio in che direzione verte il sentimento che prova per lui (ma nel suo cuore comincia già a rendersi conto di non volerlo come suo ragazzo); Shinichi, invece, si precipita da Ran, per dirle tutto quello che non le ha ancora detto.

Dopo l’adrenalina della battaglia, le rivelazioni shock del capitolo 31 e la corsa sempre più affannosa di Shinichi del 32, questo capitolo 33 credo risulterà un po’… diverso. E bizzarro, aggiungerei. Del resto, bizzarra è la sua storia: è l’unico capitolo della fanfiction che è stato scritto per intero prima che io mettessi mano al prologo. Quindi avete di fronte un caso in cui la fine è stata scritta prima dell’inizio di tutto :)
Naturalmente la versione che oggi voi potete leggere del capitolo 33 ha beneficiato di tutte le aggiunte e le correzioni che io ritenevo necessarie, dopo che la mia mente aveva partorito i 32 capitoli precedenti e il prologo :D ma la sostanza è rimasta quella. Ciò che volevo far succedere fra Ran e Shinichi quel lontano giorno in cui ho messo le mie idee nero su bianco succede adesso; mi auguro solo di aver trovato le parole giuste per raccontarlo.
Questa scena (perché non ci sono “stacchi”, l’insieme va letto d’un fiato) mi ha in un certo senso perseguitato più volte, da quando ho iniziato a immaginarla; credo sia questo il motivo per cui ho scelto il titolo che vedete per il capitolo. Se avete curiosità o perplessità in proposito, vi prego di sottopormele; a volte, dietro un titolo breve può esserci una storia quasi lunga ;)
Be’, adesso penso di aver straparlato abbastanza. Vi lascio alla lettura, ci becchiamo al momento dei commenti e poi per l’epilogo! ^_^




Capitolo 33
Reduci


Si aspettava che lei, voltandosi e notandolo, gli andasse incontro con la bocca spalancata, chiamandolo per nome, chiedendogli dov’era stato e perché l’ultima volta era sparito all’improvviso (anche se, negli ultimi tempi, lui spariva sempre all’improvviso quando si vedevano). Si aspettava, conoscendo la sua emotività, di incrociare lo sguardo di due occhi lucidi di rabbia e preoccupazione, mescolate a un chiaro senso d’attesa. Niente di tutto ciò.
Ran gli si avvicinò con passo cauto, mentre lui rallentava la sua corsa, limitandosi a un semplice: “Ciao, Shinichi. Cosa ci fai qui?”
La voce non tradiva alcuna emozione, contrariamente al solito. Anche il volto sembrava stranamente impenetrabile… Shinichi rimase sorpreso e disorientato da una reazione simile, tant’è che ci mise un po’ a rispondere.
“Ti stavo… cercando” ammise, sincero.
“Capisco, sei venuto per me” constatò lei, sempre con quel tono impassibile che non le apparteneva. Osservò con occhio apparentemente distaccato l’aspetto trasandato di lui, i capelli bruni spettinati, la maglietta che, a causa del sudore, gli si appiccicava addosso, il volto un po’ arrossato per la corsa. Solo qualche settimana prima, Shinichi era sicuro che gli avrebbe chiesto cosa aveva combinato e perché, vedendolo in quello stato. Adesso niente. Perché era così fredda?
D’un tratto, sebbene fosse accaldato, avvertì un brivido gelido percorrergli la schiena. Difficilmente avrebbe creduto che Ran potesse riservargli un’accoglienza del genere. Lei era la ragazza dolce, affettuosa e sorridente che dispensava amore con generosità, la ragazza che manifestava sempre i propri stati d’animo, che era disposta ad aspettarlo anche se ogni tanto si arrabbiava con lui, che a volte pronunciava il suo nome come se fosse stato una caramella che le si scioglieva sulla lingua, che aveva pianto quando lui era ‘scomparso’. Perché adesso lo trattava quasi come un estraneo?
Forse perché qualcosa è cambiato… Quel ragazzo, Kyosuke…
Il timore tornò a insinuarsi nella sua mente, come un’onda che s’infrange violenta sulla riva; stavolta fu impossibile reprimerlo, autoconvincersi di aver pensato una cosa senza senso. E se Ran avesse iniziato davvero a innamorarsi di quel tipo? Lui, in fondo non c’era mai, almeno per come funzionavano le cose dal suo punto di vista. Non era nella stessa città, non aveva la possibilità di starle accanto, di partecipare a un’uscita di gruppo o di rivolgerle sguardi incoraggianti.
No, non è possibile… Non è giusto…
Ebbe una fitta dolorosa al cuore, quasi come se l’effetto dell’antidoto stesse terminando. E subito gli montò una rabbia bruciante verso Kyosuke Shibata: come si era permesso di intromettersi tra lui e Ran? E lei, come poteva interessarsi al primo venuto così da un giorno all’altro?
Certo, perché secondo te lei sarebbe rimasta in eterno ad aspettare uno che si fa vivo meno di una volta al mese, ha la brutta abitudine di sparire senza avvisare e nove volte su dieci è irraggiungibile al telefono…
Sussultò, quando quei pensieri presero forma nel suo cervello. No, non poteva biasimare Ran del tutto. Non gli aveva mai promesso nulla di concreto, era lui che si era illuso che lo amasse e che il suo sentimento fosse più forte di qualsiasi distanza…
Perché il mio lo è… ma quindi Ran…?
“Non dici niente?” esclamò lei. La sua voce suonava ancora fredda e scostante e Shinichi si accorse che non lo stava più neanche guardando; i suoi occhi erano puntati sul sole, che colorava il cielo di oro e arancio. Sentì un’altra fitta al cuore.
In così poco tempo è cambiato tutto… È davvero possibile?
Diverse volte, da quando era tornato bambino, aveva considerato l’idea che per Ran fosse meglio smettere di volergli bene, anziché continuare a versare lacrime perché lui non c’era: non aveva mai sopportato di vederla piangere, di leggere il dolore sul suo volto, di assistere alla scomparsa del suo sorriso – quel sorriso che lui aveva imparato a considerare una delle cose più belle del mondo. Eppure, nell’istante in cui la prospettiva di essere divenuto meno importante per lei prendeva forma, l’animo di Shinichi si ribellava a quella realtà. In fondo, non aveva visto sempre e solo Ran struggersi per lui… anzi. Si era trovato davanti in più occasioni, durante quei lunghi mesi di vita nella stessa casa, un viso più luminoso che mai, ravvivato dal rossore sulle guance e animato da due iridi splendenti e sognanti. Perché innamorarsi può rendere anche molto felici, entusiasti e bendisposti verso tutto. Non sarebbe stata una cosa buona, per Ran, godere di quella felicità assieme al ragazzo che per tanto tempo aveva occupato i suoi pensieri?
Be’, non è così semplice, ci sono degli innegabili ostacoli. E adesso ho di fronte una ragazza che ha eretto una barriera di distacco fra me e lei…
Forse il motivo per cui Ran si comportava in quel modo era un altro. Forse aveva scoperto la vera identità di Conan ed era arrabbiata perché lui le aveva mentito. Dopotutto si era comportata in maniera davvero strana, in ospedale. La cosa aveva insospettito Shinichi, ma non c’erano stati altri segnali… anche se, in definitiva, non è che avessero interagito molto una volta che lui era tornato a casa, considerando che Sonoko si era praticamente sequestrata Ran.
Eppure è possibile… Possibile che ce l’abbia con me e basta, che finora abbia fatto finta di nulla perché aspettava che uscissi allo scoperto nelle mie reali sembianze. Ma allora quel tipo…?
Non sapeva a quale ipotesi dare retta, in quel momento, e questo gli impediva perfino di tirare poche sillabe fuori dalla bocca. Ran tornò a concentrarsi su di lui, osservandolo in silenzio, probabilmente in attesa di sentirlo parlare.
Forza, Shinichi… comunque stiano le cose, lei merita di sapere la verità… Sei venuto fin qui per dirgliela, no?
Sì, ma non solo. Era venuto anche per dirle quello che avrebbe dovuto confessarle molti mesi prima, ma ormai poteva essere tardi…
Di nuovo gli balenò in mente la conversazione con Ai, il modo in cui lei aveva centrato il nocciolo del suo problema: “Non hai più molto da temere, Kudo” aveva detto. “Potresti tranquillamente rivelarti a lei come hai sempre sognato, anche se c’è l’incognita dell’antidoto. Insomma, ritengo sia meglio per la tua bella avere un quadro della situazione… e poi potrà prendere una decisione consapevole, qualunque essa sia”.
Era esattamente così che doveva andare, inutile negarlo. Ed era giusto, sebbene accettare questa realtà rappresentasse un duro scoglio… Ran non aveva soltanto il diritto di sapere tutto, ma anche di scegliere in che modo restare legata a Shinichi. Scegliere se affiancarlo in quella che sembrava una lotta continua per ritornare completamente se stesso, oppure iniziare a prendere le distanze. Shinichi non era tanto sciocco da credere che avrebbero finito col tagliare i ponti, si rendeva conto di essere un amico importante per Ran, però non escludeva l’idea che lei stabilisse di allontanarsi per un po’ da lui. La attendevano un mucchio di rivelazioni shock… e di sicuro qualche esplosione di rabbia non sarebbe mancata. Magari Ran si sarebbe lasciata trascinare tanto da strillare a Shinichi che lo odiava; o magari si sarebbe sforzata di evitarlo nei giorni seguenti, troppo risentita e turbata per affrontare ancora il discorso che rischiava di dividerli…
Shinichi si schiarì nervosamente le gola, tuttavia non riuscì ad articolare alcun suono. Ran seguitava a tacere e a guardarlo; certo non poteva sapere quali fossero i suoi processi mentali, però riusciva a scorgere il tormento nei suoi occhi. E questo la faceva stare male: dopotutto, se era in collera con lui era solo perché gli voleva un bene dell’anima, e lei stessa lo sapeva perfettamente.
“Shinichi?” lo chiamò, il tono e l’espressione del volto sensibilmente addolciti. “C’è qualcosa che non va, vero? Ti vedo preoccupato”.
Probabilmente ‘preoccupato’ non era il termine corretto, ma Ran sperava comunque che avrebbe sbloccato la situazione. Lui emise un profondo sospiro.
Sì, sono preoccupato, Ran. Temo di perderti per sempre e di averti ferita irrimediabilmente…
Avrebbe voluto avere il fegato di mettere da parte l’orgoglio e l’imbarazzo, per poterle parlare in quei termini. Invece si limitò a un “Ho qualcosa da dirti. È… piuttosto importante”.
Ran annuì. Come se non avesse atteso altro e per lei non fosse affatto una sorpresa. E in effetti non lo era, anche se Shinichi non poteva saperlo.
“Riguarda me, ma… be’, riguarda pure te” continuò lui serio, deponendo il suo zaino sulla sabbia.
“Bene. Ti ascolto”. Ran era tornata distaccata, il suo tono non aveva alcuna inflessione particolare.
Shinichi si fece coraggio. “Ecco… ricordi il giorno in cui siamo andati assieme al Tropical Land, vero?”
“Sì, me lo ricordo”.
“Be’, a un certo punto io sono corso via… per seguire un uomo sospetto. Era… era vestito di nero, l’avevamo incontrato sul treno dei misteri con un suo compare coi capelli lunghi”.
Ran non disse niente. Ripensò al brutto presentimento che aveva avuto quella sera, quando Shinichi si era allontanato…
‘Ti raggiungo più tardi, Ran!’
Erano state le ultime parole che le avesse detto. Ma non l’aveva raggiunta, né più tardi né mai. Non nei panni di se stesso, almeno… Si erano incontrati quando lui era già tornato bambino, e allora le aveva detto di chiamarsi Conan Edogawa.
La sensazione che aveva provato quando lui era andato via… non l’avrebbe mai dimenticata. Il terrore di non vederlo più, di perderlo per sempre, cosa che per poco non si era avverata poche settimane addietro, in quella vecchia villa con l’immenso giardino abbandonato. Ebbe la tentazione di afferrargli la mano e stringerla, felice che le fosse ancora accanto, però si trattenne: preferiva aspettare che lui concludesse il discorso, per potergli parlare a sua volta con franchezza.
“Quella sera, quando ho seguito quell’uomo… be’, l’ho visto contrattare con un losco individuo, che gli ha dato dei soldi. Poi…” Shinichi deglutì: non era facile confessare di essersi fatto cogliere di sorpresa come uno stupido. Con una traccia d’incertezza nella voce, riprese: “Il complice mi ha colpito alle spalle, poi ha detto che non avrebbe potuto spararmi perché in giro c’erano ancora poliziotti… e ha pensato di risolvere la faccenda in un altro modo”.
Questa volta lo sguardo di Ran appariva preoccupato. Non era riuscita a mascherare i suoi sentimenti, perché il racconto di Shinichi stava prendendo una piega che lei non si aspettava… tuttavia continuò a tacere.
“Mi ha somministrato una pillola. Ha detto che era una sostanza che consentiva il delitto perfetto, poiché non lasciava tracce nell’organismo della vittima. Un veleno letale, insomma…”
Shinichi tacque un istante, prima di proseguire con decisione sempre maggiore: “Suppongo che tu non abbia dimenticato la nostra conversazione di qualche settimana fa, quando ti ho accompagnata al Policlinico Beika, dopo che eri stata rapita e poi liberata misteriosamente. Be’, quei nomi in codice di alcolici, Gin e Vodka, che hai sentito pronunciare del tuo rapitore… appartengono agli uomini con cui io ho avuto a che fare alla fine della gita al Tropical Land. Sono loro che hanno cercato di uccidermi, credendo di esserci riusciti… anzi, per la precisione è stato Gin, quello coi capelli lunghi. Si è assicurato che inghiottissi il fantomatico veleno letale e mi ha lasciato disteso in mezzo all’erba, fuggendo assieme a Vodka”.
L’espressione di Ran era ancor più ansiosa. Sembrò che le mancasse il fiato per un attimo.
Oddio, un veleno… ma allora il dottor Agasa non aveva creato un farmaco speciale per farlo rimpicciolire, come credevo io!, pensò la ragazza. Questo vuol dire che Shinichi ha rischiato di…? Proprio dopo avermi appena salutata… Il presentimento che ho avuto non era sbagliato! Addirittura ci sono di mezzo veleni… È orribile…
“V-volevano ucciderti… con una pillola?” chiese, con la voce che tremava lievemente. “Quegli uomini che si fanno chiamare Gin e Vodka?”
Shinichi annuì. “Esatto, anche se poi è andata diversamente. Vedi, Ran, sia Gin che Vodka fanno parte di un’organizzazione di delinquenti molto pericolosa… La stessa di cui hai sentito parlare il giorno del tuo sequestro. Io ti avevo chiesto se il tuo rapitore portasse abiti neri… Be’, sappi che tutti i membri dell’organizzazione in questione amano vestirsi di nero. Per mesi, io ho tentato di smascherare i loro crimini senza spiegarti nulla, lasciandoti all’oscuro dei miei piani affinché tu non corressi rischi; ma adesso…”
A quel punto, Ran scoccò un’occhiataccia a Shinichi, che lui non seppe come interpretare e lo portò a interrompersi bruscamente. Forse aveva sbagliato a esprimersi, forse non avrebbe dovuto porre l’accento sul fatto che Ran non sapesse alcunché dei suoi progetti e dovesse restare al sicuro lontana da tutto, bensì rivelarle seduta stante il segreto della sua identità. Perché non riusciva a essere diretto con lei, una buona volta? Dov’era finita la sua capacità di essere chiaro e conciso, che emergeva in così tante occasioni, specie quando esponeva la soluzione di un caso? E come mai Ran lo aveva guardato infastidita? Era un modo per accusarlo, perché non si trovava al suo fianco quando lei aveva messo a repentaglio la propria vita, durante il confronto finale con Vermouth? O lei sapeva che lui era lì come Conan Edogawa e gli stava tacitamente rimproverando di non essere onesto, di seguitare a recitare la parte di quello che era rimasto lontano da lei per mesi, credendola in una botte di ferro grazie ai suoi silenzi?
Decise di far finta di nulla e continuò, sforzandosi di mantenere la calma: “Ran, adesso è diverso. È giusto che tu sappia qualcosa in più rispetto ai pochi accenni che ti ho fatto in ospedale. Non solo Gin e Vodka hanno tentato di uccidermi e io sono sopravvissuto, dedicando le mie energie alla ricerca di un modo efficace per incastrarli… Ho dovuto anche nascondermi, perché l’assunzione del veleno non è avvenuta senza conseguenze. Quando ho ripreso i sensi, infatti, ero vivo e in forze, però… però il mio corpo non era più lo stesso. Si era trasformato… in quello di un bambino”. Shinichi lanciò a Ran un’occhiata significativa, il cuore che gli martellava furiosamente. L’aveva fatto, aveva pronunciato la frase fatidica… Aspettò che la sua amica d’infanzia replicasse, ma lei abbassò il capo, evitando d’incrociare il suo sguardo e focalizzandosi sulla distesa di sabbia sotto i propri piedi, che si estendeva fino agli scogli sulla sinistra.
“Ran, guardami, per favore” la esortò Shinichi. “Ti sto dicendo che io… che io ero Conan e sono stato accanto a te per tutto questo tempo. È così che mi sono nascosto dai criminali dell’Organizzazione… senza mai confessartelo”.
Ran sollevò la testa, incontrando gli occhi di lui, quel blu profondo colmo di sincerità e senso di colpa… Le salì un groppo in gola, che impedì a qualsiasi risposta di venir fuori.
“Sarai arrabbiata con me, suppongo” soggiunse il giovane detective. “Ti ho mentito, ti ho presa in giro, cercando di farti ricredere ogni volta che avevi dei sospetti su di me… ma ho agito così perché non volevo causarti guai di nessun genere. Non c’è bisogno che ti dica quanto potesse essere pericolosa l’Organizzazione, visto che lo hai scoperto a tue spese. Io non potevo permettere che ti ritrovassi sulla strada di quegli assassini, così ho tentato… di proteggerti”.
Shinichi sospirò, osservando Ran più intensamente.
“In qualche modo, però, ti ho messa in pericolo lo stesso. Immagino che non sarei mai dovuto venire ad abitare a casa tua… perché, nel momento cruciale, tu sei riuscita a trovarmi. Addirittura hai… hai rischiato la rua vita per me. E questa è una cosa che io non avrei mai voluto che accadesse. Mai, devi credermi. Ran, Non posso sopportare che tu…”
“Shinichi, basta” riuscì a interromperlo lei con voce incrinata, quasi dura. “Anch’io ho qualcosa da dirti. Qualcosa che riguarda me”.
Lui si sentì come trapassato da una lama di ghiaccio. Avrebbe preferito che gli urlasse in faccia, piuttosto che un atteggiamento come quello.
Ecco, adesso verrà a dirmi che non potrà mai perdonarmi una cosa del genere…
Ran fece un piccolo passo avanti. Era giunto il momento di parlare con chiarezza, porre le domande che la assillavano e rivelare ciò che aveva taciuto fino a quel momento. Trasse un lungo respiro, come se si preparasse ad affrontare un’enorme difficoltà.
“Perché non ti sei confidato con nessuno?” chiese a Shinichi.
“Be’, in realtà… a qualcuno l’ho detto” ammise lui, quasi in tono di scusa. “Al dottor Agasa, per esempio. È stata la prima persona che ho incontrato dopo quello che mi era successo. Ma cosa c’entra questo con… con quello che devi dirmi?”
“C’entra eccome!” Ran stavolta parlò con rabbia. “Forza, a chi altri lo hai detto? Ad Hattori, giusto?”
Shinichi assentì. “Non ne avevo l’intenzione, mi ha messo con le spalle al muro…” provò a giustificarsi, nonostante fosse conscio che non sarebbe servito a granché. Dopotutto, anche Ran aveva tentato di metterlo con le spalle al muro, a suo modo…
“E i tuoi genitori? Lo sapevano pure, vero?”
“Sì, gliel’ha detto il dottor Agasa”.
“Insomma” ricapitolò Ran, “non hai parlato con nessuno che potesse aiutarti davvero. La polizia, per esempio. Si può sapere cosa credevi di fare da solo?”
Shinichi sussultò, sbattendo le palpebre. Che diamine significava quel discorso?
Gli occhi grandi di Ran sembravano mandare lampi. “Sei andato a viso aperto contro di loro, come se fossero dei criminali da quattro soldi… Ti rendi conto che potevi rimetterci la vita?! Ma tanto il signorino si crede chissà chi, pensa di poter risolvere tutto nel modo migliore e in un batter d’occhio, con la sua intelligenza e le sue capacità deduttive, senza tenere in conto…”
“Ran, ma che cosa stai dicendo?” proruppe Shinichi incredulo. Faticava a raccapezzarsi, aveva creduto che lei si sarebbe dichiarata stanca delle sue bugie, che gli avrebbe detto di avercela a morte con lui per essere stata ingannata e tenuta all’oscuro di tutto…
“Cosa sto dicendo?! La verità! Perché esiste una sola verità, mio caro detective, come tu non manchi di ripetere ogni volta… ed è che tu sei un presuntuoso e un egoista, che non accetta aiuto da nessuno e si getta in mezzo al pericolo, incurante delle conseguenze! Completamente dimentico del fatto che esistono persone che gli vogliono bene e si preoccupano per lui, perché hanno paura… hanno paura di quello che può succedergli e di… di p-perderlo per sempre…”
Davanti agli occhi esterrefatti del suo amico d’infanzia, Ran scoppiò in lacrime, e le ultime parole le uscirono a fatica, soffocate dai singhiozzi sempre più volenti che le scuotevano il petto. Non avrebbe voluto avere una reazione così esagerata, ma era stato naturale, inevitabile… Troppo a lungo aveva fatto finta di niente e trattenuto le sue emozioni, troppo a lungo aveva indossato la maschera dell’indifferenza, ed era una cosa che detestava. Si era comportata così perché aspettava il momento propizio per spingere Shinichi a vuotare il sacco e per sfogarsi con lui, facendogli comprendere il suo stato d’animo, tutto il dolore, l’angoscia, la frustrazione che aveva provato… Ora non voleva più fingere, mai più.
Shinichi non smetteva di fissarla, come imbambolato. Possibile che si fosse sbagliato? Che le sue supposizioni fossero errate? Cercò di attirare l’attenzione di Ran su di sé: “Per favore, non piangere…”
“Come… come ti permetti di chiedermelo?!” sbottò lei, le lacrime che scorrevano incontrollabili lungo le guance. “Non hai idea di quello che ho passato in queste settimane, dopo che sei scomparso dall’ospedale… Credevi di tranquillizzarmi dicendo che avresti pensato a tutto da solo e che non avevi bisogno di niente? Be’, io ho provato a darti retta, a convincermi che non ti stessi sopravvalutando… però non ci sono riuscita! E tanto per la cronaca, sapevo già che tu e Conan siete la stessa persona! Nutrivo dei sospetti da un po’, ma ho ricevuto la conferma che cercavo solo il giorno in cui poi sei rimasto ferito… perciò ho deciso di aspettare che ti riprendessi, prima di toccare l’argomento!”
“Oh”. Shinichi si sentì un po’ stupido.
“Ho avuto così… così tanta p-paura per te… Temevo che ti succedesse… qualcosa, d-da un momento all’altro… Per questo ho voluto raggiungerti, q-quella sera…” Ran continuava a singhiozzare, gli occhi arrossati dal pianto, mentre cercava inutilmente di asciugarsi il viso. Shinichi non sopportava di vederla in quello stato, ma sapere che era stata in ansia per lui era senza dubbio meglio che venir trattato in maniera fredda e indifferente… Subito si rimproverò per essersi sentito sollevato a quel pensiero e si disse che doveva cercare di consolare Ran, a tutti i costi.
“Non posso vederti così… Cerca di calmarti, Ran”. Usò il tono più affettuoso e amichevole che riuscisse ad assumere in quel momento. Lei lo guardò attraverso il velo delle lacrime, gli occhi pieni di dolore, le labbra che tremavano.
“Non è giusto che tu soffra in questo modo soltanto a causa mia. E poi, in fondo, sono ancora qui, no?” disse Shinichi accennando un sorriso.
Ran rise tra i singulti, una risata cupa, priva di allegria. “E se invece tu fossi…? Come credi che avrei reagito?”
“Ran, io non ho mai voluto che tu stessi male… Davvero, non sapevo che avessi scoperto chi è Conan in realtà!” affermò Shinichi con una certa energia. “E di sicuro non potevo immaginare che mi venissi dietro, quella sera… Ero convinto che tu fossi al sicuro, ignara del segreto della mia identità!”
“Già. Non t’interessava nulla in quel momento, fuorché i tuoi piani!” lo accusò Ran. “E invece di chiedere aiuto a più persone possibili, ti sei limitato a contare sul signor Subaru Okiya e sulla sua amica identica alla giornalista Rena Mizunashi… Perché, Shinichi? Io non capisco come la tua pista potesse prevedere questo… Non so bene cosa stessi architettando, ma sembra quasi che per te l’unica soluzione fosse agire in autonomia per sacrificarti da eroe. E rischiare di lasciarmi sola, senza mai avermi spiegato niente. Come hai potuto credere che fosse meglio per me non sapere? Come hai potuto tuffarti a capofitto in un’impresa tanto spaventosa, dopo avermi detto che te la saresti cavata, che avevi tutto sotto controllo? Non t’importava proprio di come mi sarei sentita, scoprendo che eri MORTO!” urlò Ran, trovando finalmente il coraggio di pronunciare con voce alta e ferma quel terribile vocabolo, anzi, gridandolo con quanto più fiato aveva nei polmoni.
“Perché dici così?” protestò Shinichi, ferito. “Non è vero…”
“Non è vero?” ripeté Ran, ancora in lacrime. “Allora dimmelo tu, cos’è vero! Vediamo se stavolta sei convincente!”
“Ritengo che tu ti stia facendo un’idea sbagliata delle mie intenzioni” ribatté Shinichi. “Sì, la mia strategia comprendeva dei rischi, senza contare che alcune cose non sono andate affatto come prevedevo… però io non ero da solo. C’era l’FBI con me, il signor Subaru e Rena Mizunashi – sì, era proprio lei – sono in realtà degli agenti sotto copertura. E si sono dimostrati più in gamba di tanti poliziotti che conosco… Non potevo desiderare appoggio migliore di quello che mi hanno dato. Inoltre, combattere contro l’Organizzazione rappresenta sempre un grande pericolo; cosa avrei dovuto fare, voltare le spalle a qualsiasi atto di giustizia e rintanarmi in casa?”
“Non ti ho mai chiesto questo, ma…” Ran si bloccò, fissando Shinichi con gli occhi sgranati. “L’FBI, hai detto? Io non lo sapevo…”
“Ovvio, ma adesso lo sai. E comunque non sei la persona più adatta per farmi una predica sulle morti ‘da eroi’” sottolineò Shinichi, senza riuscire a evitare di indurire un po’ il tono. “Insomma, chi si è infilata nel portabagagli della macchina della professoressa Jodie, per poi lanciarsi tra le pallottole di un’assassina? E chi mi ha raggiunto, qualche sera fa, pur sapendo che probabilmente stavo rischiando il collo?”
Ran arrossì. “Era diverso! Io… ho chiamato la polizia” si difese, seppure un po’ debolmente.
“E io ti ho appena detto che c’era l’FBI con me. Siamo pari, non trovi?”
“Sì, però…”
“Naturalmente devo ringraziarti. Mi hai salvato e ti devo la vita” disse Shinichi, guardando la sua amica d’infanzia con un misto di gratitudine e rimprovero. “In ogni caso, non ti nasconderò che mi hai fatto prendere un bello spavento”.
“Anche tu a me” replicò subito Ran. “E come se non bastasse, adesso vengo pure a sapere che hai ingerito del veleno…” Si asciugò le lacrime, rabbrividendo impercettibilmente.
“Ah, ma quello è storia vecchia” disse lui con un’alzata di spalle. “Se non sono morto allora…”
“Che c’entra!” s’infiammò Ran. “Io credevo che avessi preso qualche farmaco creato dal dottor Agasa e potessi trasformarti come e quando volevi… Che avessi cominciato a utilizzarlo perché eri in pericolo e volevi nasconderti per un po’ di tempo, senza però smettere di indagare su quegli uomini…” S’interruppe, mentre un nuovo interrogativo prendeva forma nella sua mente, e fissò Shinichi con la fronte aggrottata. “Ma allora quando torni grande… come fai, scusa?”
“È una lunga storia. Dunque, hai presente Ai Haibara? Be’, lei… lei è un ex membro dell’Organizzazione…”
“Cosa?!” Ran spalancò la bocca, sorpresa. “Ecco perché…”
“… Perché quella donna, Vermouth, ha tentato di ucciderla, sì. Ai era una scienziata, perché in realtà è una ragazza, non una bambina delle elementari. Ha creato quel veleno e l’ha ingerito per poter lasciare l’Organizzazione”.
“Quindi… quindi lei sapeva che non era un veleno letale?” chiese Ran, sbalordita.
“Sapeva che c’era la possibilità di regredire allo stato infantile, anziché morire… È venuta a cercarmi, dopo essere fuggita”.
“Perciò… lei conosceva il tuo segreto”. Ran provò una punta d’invidia.
“Sì, ha tentato anche di creare un antidoto” rivelò Shinichi. “Finora, però, è riuscita a realizzarne solo uno provvisorio”.
“E tu… tu l’hai mai vista da grande?” si lasciò sfuggire Ran.
Sicuramente sarà una bella ragazza, aggiunse fra sé.
“Scusa, ma questo cosa c’entra?” domandò Shinichi perplesso.
“N-niente” balbettò Ran arrossendo. “Voi siete stati fianco a fianco per tutto il tempo, giusto? Ed è stata lei a raccontarti della sera al molo, quando l’ho protetta…”
“Esatto. Be’, non è che me l’abbia detto subito, l’ho dovuta convincere. Forse non voleva… che mi agitassi”.
Ran ebbe un sussulto involontario. “Come dici, scusa?”
“C’ero anch’io, quella notte. Tu non mi hai notato, ma ero accanto a Jodie, svenuto. Sapere che avevi rischiato la vita a pochi passi da me non sarebbe stato molto piacevole, no?”
“Oh. Sì, capisco”.
Tacquero entrambi, gli occhi fissi sul tramonto, la luce aranciata del sole che illuminava i loro visi, accendendo i loro capelli di sfumature inconsuete.
“Ran?” chiamò Shinichi a un certo punto.
“Sì?”
“È per questo che ce l’hai con me? Perché hai temuto che mi succedesse qualcosa e ci sei stata male?”
Lei annuì lentamente, le guance ancora soffuse di un lieve rossore.
“Quindi non… non mi odi per averti mentito” azzardò lui.
“Odiarti? Secondo te io ne sarei capace?”
“Ma… perché non ti sei confidata con me fino a oggi, scusa? Ti sei tenuta dentro un peso del genere, come hai potuto?”
Ran fece un debole sorriso. “Mi pareva abbastanza evidente che tu non fossi pronto a confrontarti con me – e forse non lo ero neanch’io – perciò ho preferito tacere, no? Te l’ho spiegato prima”.
Shinichi scosse il capo. “Sei incredibile”.
Sì, davvero incredibile… Sarà per questo che mi piaci così tanto…
Avvampò a quel pensiero, che si era formato involontariamente nella sua testa. Ran lo osservò incuriosita.
“Che c’è?”
“Niente… Sai, mi sono preoccupato pure io, ma non solo dopo che ho saputo ciò che è successo al molo, oppure dopo quella notte in cui mi hai raggiunto. Anche poco fa, per un attimo”.
“Perché?” chiese Ran confusa.
“Tuo padre mi ha detto che non c’eri, Sonoko non sapeva dove fossi finita, quindi…”
“Dai, veramente? L’Organizzazione non c’è più, Shinichi, cosa poteva capitarmi? Tanto più che non sono certo andata in capo al mondo…”
Lui si passò una mano fra i capelli in disordine. “Lo so, infatti dopo essere stato nella tua stanza ho capito che probabilmente eri qui da qualche parte. Mancava il volantino delle spiagge di Kamakura che Sonoko ti aveva portato, così non ci ho messo niente per arrivare alla verità. Anche se questo non mi ha impedito…”
“… Di fare il tragitto di corsa” completò Ran, con un sorriso.
“Eh, già”.
Scese nuovamente il silenzio. Shinichi stentava a credere di aver detto a Ran quanto era capace di preoccuparsi per lei: di solito non era molto schietto su argomenti simili, preferiva di gran lunga mascherare un eventuale senso d’apprensione con un commento distaccato o una battuta ironica. Forse, per una volta, desiderava che Ran vedesse con più chiarezza cosa albergava nel suo cuore… Che si sentisse amata e accolta apertamente, come meritava, soprattutto dopo l’enorme affetto che gli aveva dimostrato. Non che Shinichi esprimesse in tal modo il suo pensiero, ma arrivare a mettere da parte il suo rigido autocontrollo, ripetersi mentalmente che teneva a Ran e voleva che lei capisse fino a che punto… era già qualcosa. Sarebbe stato troppo pretendere che Shinichi Kudo desse il via a un discorso ben fatto ed eloquente sull’amore, eppure il suo atteggiamento e il suo desiderio di essere sincero come non mai erano forse più importanti di un insieme di frasi efficaci. Chissà se Ran sarebbe riuscita a intuirlo?
“Sai… mi dispiace di averti dato dell’egoista, prima”. Lei parlò all’improvviso, rompendo la quiete. “Ti ho aggredito senza sapere bene com’erano andate le cose, ma ero così concentrata su me stessa… Non dubito che tu abbia qualcosa di cui farti perdonare, ma mi sa che sono stata io l’egoista”.
“No, non scusarti, Ran. Penso di poter capire un minimo come ti sei sentita” assicurò Shinichi, rivolgendole uno sguardo comprensivo.
E non sai quanto sollievo ho provato quando mi hai detto che eri preoccupata per me… Temevo che non t’importasse… anche se non volevo vederti piangere…
“Shinichi?” La voce di lei suonava esitante.
“Dimmi”.
“Ecco… ricordi quando mi hai fatto quel discorso a proposito della tua deduzione su di me, un po’ di tempo fa? Cosa intendevi esattamente?”
“Ah, be’…” Lui sentì un calore inaspettato invadergli la faccia e, colto alla sprovvista, non riuscì a rispondere in maniera sensata. Anche Ran era visibilmente in imbarazzo e non ce la faceva a sostenere il suo sguardo.
“Se non vuoi dirmelo, non sei obbligato. Tanto non era una cosa importante, giusto?” si affrettò a replicare, in tono falsamente spensierato.
Ma che sto combinando?, si rimproverò dentro di sé. Mi ero ripromessa che avremmo toccato anche questo tasto…
Shinichi fece un cenno di diniego. “In verità, per me è piuttosto importante. Vorrei parlartene, perché dopotutto avrei dovuto farlo molto prima”.
Ma potrebbe essere troppo tardi, non poté impedirsi di pensare.
“Oh… allora ti ascolto”. Ran racimolò il coraggio per guardarlo, sebbene le palpitazioni rendessero affannoso il suo respiro e la spingessero a tenere la testa bassa. Caspita, era davvero bellissimo… anche più del solito, nonostante i capelli scompigliati, il volto teso e arrossato, le piccole gocce di sudore che gli solcavano la pelle chiara, simili a perle di rugiada. Anzi, forse proprio a causa di ciò. Lo Shinichi che aveva davanti era diverso da quello sicuro di sé e impeccabile che era abituata a vedere, più ‘umano’ in un certo senso… Si perse nella contemplazione dei suoi occhi, che brillavano come il mare poco distante da loro, sotto i riflessi del sole ormai morente.
“Questa deduzione…” Shinichi cominciò a parlare, sforzandosi a sua volta di guardare Ran, nonostante l’imbarazzo gli facesse martellare il cuore e ardere le guance, mentre l’ultimo bagliore del sole pomeridiano svaniva con un guizzo.
“Sì?” Il viso di lei era carico d’attesa e questo gli diede un fremito di speranza. Forse non aveva smesso di amarlo, non si era interessata a quel Kyosuke…
“Questa deduzione è stata formulata da me… dopo che hai detto che volevi parlarmi. Avevi intenzione di chiedermi una cosa, giusto? Una conferma… su quello che realmente provo per te”.
Ran era così emozionata che le tremavano le gambe. “Tu hai dedotto… questo?” chiese in un soffio.
“Be’, sì”. A Shinichi mancò quasi la voce. “Ho dedotto che desiderassi conoscere i miei sentimenti nei tuoi confronti… ed era esattamente quello che volevo sapere anch’io da te”.
Ran gli si avvicinò, prendendogli la mano con delicatezza. La sentì calda e sudata… o forse lo era la sua?
“Shinichi, io…”
Lui si specchiò nei suoi occhi chiari e luminosi; non gli erano mai parsi così straordinariamente espressivi e mai come in quel momento desiderò baciarla.
“I-io… cioè, tu… tu sai quali sono i miei sentimenti. Te l’ho detto quando eri Conan”.
“Eh, già. ‘A me Shinichi piace da morire’” recitò lui, rammentando le parole di quella sera lontana e lanciando a Ran un’occhiata quasi maliziosa, che la fece avvampare ulteriormente.
“M-ma allora perché…?”
“Perché voglio che tu lo ripeta, sapendo chi hai davanti. E voglio…” Shinichi si preparò a pronunciare le parole fatidiche, stringendo la mano di Ran, ma lei lo interruppe.
“Forse ‘mi piaci da morire’ non rende l’idea fino in fondo” sussurrò, avvicinandosi ancora di più. Lui sentì che il cuore gli tamburellava impazzito contro la gabbia toracica, mentre il calore gli si diffondeva dal viso lungo tutto il corpo, come una scarica elettrica. Ran gli rivolse un dolce sorriso, sfiorandogli il naso con il proprio. Fu un attimo… e le loro labbra si toccarono.
Un’emozione travolgente esplose nell’animo di Shinichi mentre, istintivamente, attirava Ran a sé, circondandole la vita con le braccia. Lei gli appoggiò una mano sulla spalla e con l’altra gli accarezzò i capelli; percepiva il tepore del suo petto sudato, l’odore della sua pelle, la stretta amorevole delle sue braccia… la tenerezza del suo bacio. Dischiuse le labbra, pronta a dare un lieto seguito all’incontro fra le loro bocche, quando si accorse che il corpo di Shinichi era scosso da uno strano tremito. Un attimo dopo lui si era allontanato bruscamente da lei, troncando il loro bacio praticamente sul nascere e ansimando forte.
“Che… che succede?” chiese Ran col fiato corto.
Shinichi si teneva una mano sul cuore, il viso deformato da una smorfia. Emise un lamento soffocato, affondando le unghie nel tessuto della maglietta.
“Stai male?” esclamò Ran allarmata. “Che cos’hai?”
Non è la prima volta, realizzò all’improvviso. È già successo in passato… e se non fosse una coincidenza?
“Shinichi, ti scongiuro, dimmi cosa ti succede!” implorò preoccupata, sostenendolo con le braccia.
“R-Ran… p-per favore, vai via…”
“Ma perché? È l’antidoto, vero? Ti dà qualche problema?” incalzò la ragazza, spaventata dal calore innaturale che emanava il corpo di Shinichi… Era quasi come se si stesse sciogliendo vivo.
“Sta svanendo… l-la sua efficacia” ansimò lui. “Lasciami andare, Ran…”
“Io rimango con te, qualunque cosa succeda” obiettò lei testarda, senza mollarlo.
“N-no” si oppose Shinichi con voce spezzata. “Non voglio… che tu veda…” Cercò di sottrarsi alla sua presa, mentre si chinava per recuperare il proprio zaino.
“Fa così male?” chiese Ran apprensiva. Le si lacerava il cuore a vedere Shinichi che soffriva.
“Sì, è doloroso… Ran, ascoltami…”
Le ombre del crepuscolo li avevano avvolti e ormai la spiaggia si faceva sempre più buia. Il volto di Shinichi era contratto dal dolore e scottava, a causa dell’improvviso aumento della temperatura corporea; quando Ran gli tastò la fronte, spingendogli indietro i capelli, la sentì bollente, e talmente madida di sudore che sembrava avesse tuffato la testa nell’acqua calda.
“Devo andare… vicino agli scogli” disse lui scattando in avanti.
“Va bene, però non ti affaticare… Appoggiati a me”.
Shinichi avrebbe desiderato insistere affinché Ran si allontanasse, ma lei si era incaponita a volerlo scortare fino alla meta. Il tempo stingeva, se lui non si sbrigava avrebbe finito col trasformarsi in Conan senza aver mosso che pochi passi verso gli scogli… Non avrebbe sopportato che accadesse, era già abbastanza brutto che l’effetto dell’antidoto fosse terminato durante il bacio con Ran.
“Cerca di non starmi troppo addosso, per piacere… Sento molto caldo” le spiegò in fretta, mettendocela tutta per respirare regolarmente.
“D’accordo” acconsentì Ran, turbata. “Ti accompagno soltanto…”
Rimase al fianco di lui, tenendolo per mano; entrambi attraversarono la spiaggia e giunsero a destinazione con un po’ di fatica.
“Qui…” mormorò Shinichi. “Lasciami qui…”
“Ma…”
“Quando sarà finita… starò benissimo” assicurò lui. “Però devi lasciarmi da solo, non voglio che tu sia presente…” Trattenne un gemito, premendosi di nuovo la mano sul petto, e si abbandonò accanto a un grosso scoglio, mollando la mano di Ran. Lei percepì le lacrime salirle agli occhi: avrebbe tanto voluto rimanergli accanto, aveva troppa paura che potesse succedere qualcosa di imprevisto se si allontanava… tuttavia capì che era meglio fare ciò che lui le aveva chiesto. Si voltò per andarsene, il cuore colmo di pena.
“Ehi, Ran…” la richiamò Shinichi.
“S-sì, dimmi” balbettò lei, girandosi di scatto.
Ti supplico, promettimi che andrà tutto a posto e che non ti accadrà nulla, pregò fra sé.
L’avanzare della sera aveva tinto di scuro gli occhi a Shinichi, che, nonostante il dolore che lui stava provando, erano sempre meravigliosi, profondi come l’oceano e rassicuranti come la stretta di un abbraccio.
“Stai tranquilla… Va bene?”
“Va bene” promise Ran, mentre una lacrima le scivolava furtiva lungo la guancia.
“Adesso… vai” la esortò lui, serrando i denti.
Lei gli strinse brevemente la mano, rivolgendogli un debole sorriso d’incoraggiamento.
“Ti amo” sussurrò Shinichi.
“Anch’io” mormorò Ran allontanandosi, gli occhi lucidi e l’animo traboccante di sensi di colpa, sperando che quella tortura, toccata al ragazzo che le era tanto caro, finisse il prima possibile.
 
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