Seconda Parte - ShihoCapitolo 11
Il contrattacco di ShihoBeika, Luglio 2046
Caro Diario,
riprendo a scrivere questo diario dopo circa un mese di interruzione. Quello che è accaduto sfiora l’assurdo e c’è voluto del tempo per trovare la lucidità e la calma per riordinare le idee e vedere il tutto sotto la giusta prospettiva. Posto questo preambolo, caro Diario, vado a narrare ciò che accadde quella sera di fine Giugno.
Lasciai l’albergo intorno alle 18:15. Avevo chiesto a Ran di farmi uno squillo quando suo padre avesse lasciato la casa; come previsto, un quarto d’ora dopo essere partita, arrivò la chiamata di mia figlia. Shinichi, come ipotizzato, era uscito per giungere a destinazione alle 19:30.
Durante il tragitto, a dire il vero, mi sembrò che un’auto mi stesse seguendo. Per un paio di volte credetti di vedere una vettura sportiva rossa che faceva la mia stessa strada, ma arrivata al bivio che conduceva alla residenza di Sheryl, l’altra auto tirò dritto proseguendo per Izu. Evidentemente era solo un tizio che faceva il mio stesso percorso; supposi d’essere divenuta paranoica a furia di frequentare il detective dell’Est e non prestai più attenzione alla questione.
Come detto, la villa dei Kawashima sorge sul mare. Un unico vialetto la collega alla statale per Izu; il tracciato è come incastonato tra un ampio bosco a sinistra ed il mare a destra (da questo lato la costa è quasi a strapiombo), pertanto chiunque mettesse un’auto di traverso sulla carreggiata bloccherebbe completamente il transito.
Decisi di fermarmi a 800 metri dal cancello della residenza. La strada, subito dopo, effettua una curva e si conclude davanti al palazzo; posizionandomi in quel punto avrei evitato che Sheryl mi vedesse, nel caso in cui si fosse affacciata da qualche finestra mentre aspettava il suo cavaliere. Per prudenza, in attesa di Shinichi, collocai la macchina tra gli alberi così da essere invisibile per mio marito che fosse sopraggiunto.
Attesi circa dieci minuti. I dieci minuti più lunghi della mia vita; il cuore mi batteva all’impazzata, cosa avrei dovuto dirgli? In verità avevo studiato il piano per costringerlo a parlare con me, ma non m’ero minimamente soffermata su cosa dire. Ero stata davvero astuta!!
Mentre mi rimproveravo per questa leggerezza (avere un bel discorso pronto sarebbe stato in effetti molto meglio), sentii l’inconfondibile rombo della nostra porsche che accedeva alla strada privata. Calcolai bene i tempi e sbucai con l’auto proprio davanti alla vettura di mio marito; mentre sbarravo così il passaggio, vidi la nostra macchina sterzare bruscamente verso il mare e frenare.
Nonostante ciò, Shinichi rimase a bordo. Incuriosita, fui io a scendere e m’avvicinai. Quando mi vide, e mi riconobbe, il mio scaltro marito uscì a sua volta dall’abitacolo.
“Che ci fai qui, Shiho?”
“Dobbiamo parlare, in modo franco e senza interruzioni. Questo era l’unico modo!”
“Non abbiamo nulla da dirci, vai via!”
Mi afferrò per un braccio e mi spinse verso la mia auto. Mi liberai e lo guardai negli occhi:
“Non mettermi le mani addosso, o sarà peggio per te. Sai di cosa sono capace! Cos’è, hai fretta di raggiungere la tua amante? Non puoi perdere cinque minuti a parlare con me?”
“Non è così; ma devi andare via, immediatamente!”
“No, maledizione, no! Non andrò da nessuna parte se prima non mi dici che sta accadendo. Non posso credere che i tuoi sentimenti per me siano mutati solo perché non ho più 20 anni; non sei mai stato un uomo così superficiale, altrimenti non t’avrei sposato. Dimmelo ancora una volta, dimmi che sono così vecchia e brutta da non poter competere con una ventenne. Dimmelo guardandomi negli occhi, non tenendo il capo abbassato; hai ribrezzo di osservare il mio viso? È il volto di una donna di 55 anni che ha avuto 4 figli; non sapevi che sarei invecchiata quando mi sposasti? O pensavi che le mie pozioni mi avrebbero tenuta sempre bella come quando avevo 18 anni? Ho usato ogni mezzo messo a disposizione dalla cosmetica moderna per attenuare il corso del tempo, faccio ginnastica regolarmente, ma non sarò mai più ventenne; se vuoi una ragazzina al tuo fianco, non faccio per te. Se vuoi una donna con cui passare il resto della tua vita, e con cui invecchiare, allora devi rimanere con me. Cosa credi? Anche tu stai invecchiando; pensi che non m sia accorta che stai mettendo su la pancetta, credi che non incontri uomini e ventenni affascinanti in facoltà? Pensi che non noti quando qualche studente mi osserva con sguardo lascivo? Ma mai ho pensato di lasciarti o tradirti, per me ci sei solo tu, sempre tu. E non posso vivere senza di te! Credevo che lo stesso fosse per te; non posso immaginare d’aver sbagliato il mio giudizio. Ti prego, dimmi la verità: cosa si nasconde dietro le tue pazzie di questo mese?”
Avevo detto tutto ciò che m’era passato per la mente, speravo d’aver fatto colpo o quanto meno d’averlo fatto ragionare; ma non sapevo cosa aspettarmi. Il vecchio Shinichi, l’uomo che avevo sposato, m’avrebbe di certo ascoltato, ma lo Shinichi che aveva corso la cavallina in quel mese non so come avrebbe reagito. Effettivamente mio marito sembrava totalmente distratto, non faceva altro che guardarsi intorno e non mi rivolgeva la parola; questo atteggiamento mi fece imbestialire. Gettai un’occhiata nella sua auto e vidi, sul lato del passeggero, un mazzo di fiori; agii di impulso e di questo, ora, mi vergogno.
Corsi verso la porsche ed aprii lo sportello del passeggero. A questo punto mio marito si destò e mi si avvicinò:
“Ferma, che vuoi fare?”
“Per chi sono le rose? Ed i cioccolatini?”
“Per … per Ami”.
“Risposta sbagliata!”
Afferrai i fiori e li gettai via; le rose precipitarono dallo strapiombo e finirono in acqua, subito dopo stessa sorte fece la scatola di cioccolatini.
“Cosa fai, sei pazza!”, urlò disperato Shinichi (ci teneva così tanto a portarli a quella ragazza?).
“E di chi credi che sia la colpa, se mi comporto così? È tua, maledettissimo idiota, solo tua! Ho commesso solo una stupidaggine in vita mia ed è stata quella d’innamorarmi di un insensibile come te”.
“Shiho, ti prego, per amore dei nostri figli, vai via. Vai a casa, aspettami lì. Tra un paio d’ore sarò di ritorno e ti spiegherò ogni cosa. Lasciami il tempo di sistemare due cose e sarò tutto per te, ti darò tutte le informazioni che vuoi, ma vai via, ascoltami!”
“NO, dannazione, basta bugie e sotterfugi! Voglio risposte, e le voglio ora. Non vado da nessuna parte!”
“Non essere irragionevole, ascoltami, per favore. Devi andartene!”
“Perché? Forse la sciacquetta che ti spupazzi potrebbe venire qui e fare una scenata? Che venga! Le insegnerò che non si fregano i mariti alle altre donne. Ho finito con le buone maniere!”
“Non dire assurdità! Non è questo il motivo”.
“Ed allora che accade?”
“Non è il momento ora! Vai a casa, ti dirò tutto, ma quando saremo a casa”.
“No!”
“Maledizione! Sei peggio di un mulo testardo. Va bene, vuol dire che ti riporterò io alla villa. Verrò con te, sei contenta?”
“Non mi muovo, se non ti sarai spiegato!”
Vidi che mio marito era titubante e molto agitato. Non capivo quel suo comportamento, la cosa mi puzzava, e molto. Non sembrava un adultero che teme una scenata, ma più un marito in apprensione. Era come le tante volte in cui m’aveva protetto dall’Organizzazione nascondendomi le cose ed agendo in modo apparentemente illogico, ma erano cose accadute 20 anni prima. Da anni non faceva nulla alle mie spalle. Ad un tratto mi venne un’illuminazione. Ripensai a quello che dice sempre Sherlock Holmes, e che Shinichi ripete in continuazione: “
Se elimini l’impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, è la verità!" Tutto apparve chiaro e limpido nella mia mente e non so se fui più sollevata o più infuriata da quello che stavo iniziando ad immaginare. Quindi gli chiesi:
“Non mi dirai che tutto questo fa parte di una qualche tua maledettissima indagine, vero?”
Chinò il capo e non disse nulla.
“Ma cos’hai nel cervello? Sei tutto cretino? Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Si può giungere ad un livello d’idiozia tale per un caso da concludere? Ehi, sto parlando con te, signor detective dell’Est!”
“Perdonami, ti prego! Hai ragione su tutto, ti spiegherò ogni cosa, ma vai via, sei in pericolo mortale, vai via, ti scongiuro!”
Stavo per ribattere, quando sentimmo il rumore di pneumatici in avvicinamento dalla statale.
“Scappa, Shiho, scappa immediatamente, vai via!”, Shinichi urlava come un disperato, ma l’essere all’oscuro di ogni cosa mi impediva di agire con sollecitudine. Tre suv neri si fermarono intanto dietro la porsche e bloccarono l’unica via di salvezza, uno dei mezzi s’avvicinò al bosco per impedirci di andare tra gli alberi.
“Shinichi, che succede?”
“Stai dietro di me!”
Così dicendo mi spinse alle sue spalle e si pose tra me e le persone che stavano scendendo dai mezzi. Sbucarono dodici uomini e, devo ammettere, ebbi paura. Dal modo di fare e per come erano vestiti sembravano chiaramente dei delinquenti, infatti estrassero le pistole e ce le puntarono contro. Quindi, quello che doveva essere il capo, disse:
“Signor Kudo, credo che dovremmo fare due chiacchiere. La prego di salire in auto”.
“D’accordo, ma fate andare via la donna!”
“E lasciare la sua bella consorte da sola su questa brutta strada? Ma per chi ci ha preso? Siamo gentiluomini! Verrà anche lei con noi e ci terrà compagnia!”
Gli scagnozzi di quel tizio si fecero avanti, Shinichi mi prese per mano e mi bisbigliò:
“Andiamo, vedrai che tutto si risolverà in breve, non ti preoccupare”.
Capitolo 12
PrigionieriNon ci stavo capendo più nulla! Fummo bendati, legati e fatti salire su uno dei veicoli; quindi il piccolo convoglio, fatta retromarcia, ritornò sulla statale. Per tutto il tragitto rimanemmo in silenzio; i nostri rapitori non dissero una parola e nemmeno mio marito. Ad un tratto fu proprio lui a rompere la quiete di quel viaggio:
“Non avete bisogno di lei; lasciatela andare, non è neppure mia moglie, ormai: stiamo quasi per divorziare, lo avrete saputo di certo”.
I criminali non risposero. Dopo una mezz’ora, il gruppo raggiunse la propria destinazione. Ci fecero scendere e sedere per terra, quindi ci tolsero le bende. Eravamo in un magazzino, penso abbandonato; ma quanti magazzini avrò visto in vita mia? Poi i nostri rapitori uscirono e ci lasciarono soli.
“Allora, Shinichi, mi vuoi spiegare? Chi sono questi e cosa vogliono?”
“La sera in cui Ami venne a cena da noi, se ti ricordi, volle che fossi io a riaccompagnarla a casa”, come avrei potuto dimenticare quella serata?, “Durante il tragitto, la ragazza mi spiegò d’essere nei guai e che per questo motivo aveva chiesto a Conan di presentarle suo padre: voleva il mio aiuto (forse hai notato che Conan voleva venire con noi, quella sera, quando dovevo riaccompagnare Ami a casa, ma lei glielo impedì con uno sguardo. Il piano originale prevedeva che i due ragazzi mi parlassero insieme, ma dal momento che nostro figlio non sapeva nulla del caso, Ami gli aveva solo detto che mi voleva chiedere un favore, la ragazza preferì tenerlo fuori, almeno per il momento, e parlarmi a quattr’occhi. Quella sera tornai tardi perché passai diverse ore a farmi spiegare la situazione e trovare la strategia d’azione migliore). La giovane attrice è rimasta orfana dei genitori e potrà entrare in possesso dell’eredità solo al compimento dei 21 anni, ossia tra tre mesi. Finora un vecchio amico di suo padre ha gestito il suo enorme patrimonio, ma la cosa finirà con il compleanno della ragazza.
Ami m’ha detto d’aver subito pressioni da parte del suo tutore affinché lasciasse a lui l’amministrazione di tutto, così da potersi dedicare alla sua carriera d’attrice. Ma lei è testarda e vuole occuparsi in prima persona dei propri soldi. Mentre era in America aveva notato che qualcuno la teneva d’occhio e s’era preoccupata, erano giunte anche minacce contro il suo ragazzo e …”.
“Ha un ragazzo?”
“Sì, quel biondino che interpretava Mercuzio nel
Romeo & Giulietta di nostro figlio. Come ti dicevo, avevano minacciato il suo fidanzato, cercando pure di rapirlo. Lei sospettava che fosse il suo tutore a manovrare il tutto e così, per evitare che avesse altri guai, Ami mollò in malo modo il giovane e tornò in Giappone con Conan. Mi propose di fingere che il nostro ragazzo fosse il suo nuovo fidanzato così da attirare l’attenzione su di lui e costringere i criminali a rapirlo. Ovviamente io e la polizia saremmo stati pronti ad intervenire”.
“Non mi dirai che Conan sapeva ciò che la sua amica stava tramando e che era d’accordo!”
“No, assolutamente! Come t’ho detto, Ami gli aveva solo confidato che voleva conoscermi per avere il mio aiuto; l’avrebbe informato del piano solo dopo che io le avessi dato il mio appoggio. Ma c’era un problema. L’idea in sé era buona, ma non volevo che Conan, che non ha mai fatto parte del nostro mondo investigativo, finisse in pericolo, non me lo sarei mai perdonato. Così le proposi di fare io il suo nuovo innamorato. Quando ebbe accettato, divenne superfluo avvertire nostro figlio delle nostre mosse, più i miei familiari si fossero stupiti, indignati, per il mio comportamento, più la cosa sarebbe sembrata credibile.
Per allontanare Conan, quindi, le dissi di trattarlo male; una sera pertanto, lei lo congedò con durezza dicendogli che aveva un altro impegno (ossia andare in discoteca con me)”.
“Vi vidi anch’io quella sera al
Moebius, ballavate in un modo indecente!”
“Eri lì?”
Per una volta vidi Shinichi stupito, non s’era accorto di me, evidentemente! Ripresosi dalla sorpresa, continuò il racconto, sempre più incredibile ed assurdo:
“Per fare in modo che tutti sapessero della mia sbandata, come la chiamarono poi, ovviamente, dovevamo renderci molto visibili e far parlare di noi. Per questo feci tutte quelle cose strane, come andare in discoteca e ballare in quel modo: speravo di farmi notare. Ma non ottenni alcun risultato; allora decisi di attuare un piano più audace, come portarla al parco e lì baciarla. In precedenza avevo, anonimamente, avvisato dei paparazzi che ci sarebbe stato un scoop sul detective dell’Est e quando li vidi appostati iniziai a baciare e palpare Ami (che essendo un’attrice resse perfettamente il ruolo); non sai quanto mi sia costato farlo, sapendo che stavi guardando da dietro la siepe (credi che non t’avessi vista?). In origine avevo pensato infatti di avvisarti della mia infatuazione prima della pubblicazione dello scoop giornalistico, per cercare di prepararti psicologicamente al mio tradimento, ma la tua iniziativa mandò all’aria il mio progetto; purtroppo non potevo rimandare il tutto dal momento che il fotografo era lì per noi e dovetti andare avanti con l’operazione.
Tu assistesti a quella brutta sceneggiata e vi credesti, a quel punto lasciai che la storia seguisse il suo corso. Temevo però che tu finissi nei guai; giunto a questo punto, cercai pertanto di avvalorare la tesi della mia sbandata per spingerti a lasciarmi: tornai a casa ad orari improponibili, mi rifiutai di fare il “bagno” con te (e non sai quanto m’è costato questo), mi feci sporcare la camicia di rossetto, tutto per renderti sospettosa e fatti agire come una donna gelosa, tradita dal marito (confidavo, conoscendoti, che alla fine avresti lasciato casa nostra, del resto è quello che volevi fare quella volta famosa con Sonoko). Speravo che i nostri nemici, vedendo che c’eravamo separati, credessero al mio rapporto amoroso con Ami e non toccassero te ed i ragazzi (avrai visto che qualcuno controllava casa nostra! Erano loro che studiavano la situazione). Decisi di rimanere a vivere alla villa per permettere ai nostri avversari di notare che avevo delle uscite molto abitudinarie e che quindi sarebbe stato facile aggredirmi poco prima della residenza dei Kawashima (seguendo il sistema che hai attuato tu)”.
“Ma allora, quando al parco le dicesti ‘Sarò al tuo fianco fino alla fine’ intendevi parlare dei pericoli che correva?”
“Precisamente!”
“E come speravi di evitare il tuo sequestro?”
“Semplice, ho sempre agito in accordo con il questore Megure ed il commissario Sato. Miwako era perfettamente informata di ogni mia mossa. Nelle rose che hai buttato in mare c’era un microfono tramite il quale ero in contatto con la polizia, nei cioccolatini c’era un segnalatore. Ho effettuato quella strada ogni giorno, con fiori e cioccolatini, nella speranza d’essere rapito, ma senza risultato. Quando vidi la tua auto bloccarmi il passo, sulle prime pensai che fossero loro, per questo non scesi dal veicolo. Quando ti riconobbi, avvisai Sato e Takagi che era un falso allarme e dissi loro di non fare nulla. Speravo di farti allontanare velocemente da lì; poi, però, hai fatto la tua scena madre, buttando tutto di sotto ed ora la polizia non sa dove ci troviamo”.
“Scena madre? Ma hai idea di come mi sia sentita quando ho visto che avevi un’altra, quando trovai il rossetto sul colletto, quando ti vidi al parco fare quelle cose indecenti con il rischio di farti vedere dai passanti, quando non mi parlavi al telefono, quando m’hai detto che ero una vecchia e che mi lasciavi per questo? Ti avrei ammazzato, altro che scena madre! E poi, mi vuoi dire che quando Sheryl mi rispose in malo modo al telefono era una recita?”
“Esatto! Visto che continuavi a chiamare, la prima volta le dissi di farsi sentire mentre mi diceva che il bagno era pronto e poi la spinsi a parlarti in quel modo. Lei non voleva, era contraria all’idea di farti soffrire. Infatti al parco, prima che la baciassi, mi chiese se non era il caso di dirti tutto, che tu avresti capito la situazione. Devo ammettere però che fu un po’ sibillina e posso capire che tu abbia compreso altro. Poi commisi un errore e raccontai ad Ami che tu eri dietro quella siepe; lei ci rimase male e si sentì dispiaciuta per averti fatto assistere a tutta quella sceneggiata, così, di nascosto da me, ti inviò un messaggio in cui ti confortava e ti faceva forza”.
“Era suo? Ma dove ha preso il mio numero di telefono? Io non gliel’ho mai dato!”
“Sì, fu lei (mi disse d’averlo ottenuto da Conan la sera in cui venne a cena da noi dicendogli che sarebbe stato per lei un onore avere il numero della sua scrittrice preferita), mi arrabbiai moltissimo! Se tu avessi capito, saresti stata in pericolo ed anche il piano sarebbe potuto andare a rotoli. Per questo fui duro con te quando vi vidi al parco. Temevo che t’avesse detto qualcosa, ma per fortuna ero arrivato in tempo (infatti la pedinavo di nascosto per tenerla sott’occhio, per ciò ho annullato tutte le altre indagini che avevo in corso; dovevo concentrarmi solo su questo caso)”.
“Ma cosa vogliono ora questi rapitori?”
“Se, come credo, sono scagnozzi del tutore, vorranno costringere Ami a firmare la delega minacciando di ammazzarmi. Per questo non dovevi essere qui. A quest’ora ci sarebbe Sato con i suoi uomini qua fuori”.
“Sei un idiota patentato. Dovevi dirmi tutto. Non so proprio se potrò mai perdonarti!”
“Allora, signor Kudo, ha riflettuto un po’? Credo che sia il momento di fare due chiacchiere”.
Il capo della banda di rapitori fece il suo ingresso. Era davvero un brutto ceffo, con la testa rasata ed una lunga cicatrice sulla guancia destra.
“Credo che dovrebbe chiamare la signorina Kawashima e dirle cos’è accaduto”.
“Prima però liberate la signora, non c’entra nulla!”
“Come, noi pensavamo che fosse felice di poter parlare con sua moglie, dopo tanto tempo!”
“Non è più nulla per me. È solo un peso, mandatela via!”
“Allora, se è un peso, non le dispiacerà se i miei ragazzi passeranno un po’ di tempo con lei, prima d’ammazzarla. Sa, non è niente male. Ma se lei è tanto idiota da preferire una ragazzina … i gusti sono gusti! Ragazzi, è tutta per voi!”
Vidi quattro dei rapitori avvicinarsi ed afferrarmi. In pochi attimi fui in piedi, mentre i tizi mi trascinavano in un’altra stanza. Però il capo li fermò.
“Bene, signor detective, che ne dice? La facciamo questa telefonata?”
Shinichi non rispose nulla, ma lanciava sguardi di sfida verso il suo avversario.
“Come vuole lei, detective. Ragazzi, perché non vi divertite di qua? Magari al signor Kudo fa piacere osservare sua moglie stuprata. Ed andate a chiamare anche gli altri; non è giusto che vi divertiate da soli. Come si dice: più si è, meglio è!”
Si mise a sghignazzare in modo lascivo. Io avevo la nausea e sinceramente temevo per quello che sarebbe accaduto. Non saremmo mai usciti vivi da là; la polizia non sapeva dove fossimo ed io non avevo detto niente a nessuno. Ci avrebbero fatto a pezzi. Guardai mio marito, lo vidi pallidissimo, mentre gli altri delinquenti (ne contai rapidamente un otto, forse gli altri quattro erano fuori di guardia) si avvicinavano a me ed iniziavano a mettermi le mani addosso strappandomi la camicetta (erano troppi per poterli respingere, in più ero legata, e quindi non riuscivo a far altro che dimenarmi senza concludere nulla). Ero ormai in reggiseno, quando il mio uomo urlò:
“Lasciatela, … maledetti, … lasciate … mia moglie!”
“Non vi siete separati? Con tutte le cose brutte che va dicendo in televisione, ora si preoccupa per lei?”
“Lasciatela … per favore … è mia moglie … mia moglie!”
“La telefonata, signor Kudo!”
“Va bene, va bene, farò quello che vuoi, ma lasciatela stare!”
Il capo schioccò le dita, quegli energumeni si fermarono e mi riportarono accanto a mio marito.
“Stai bene?”
Annuii senza dire nulla (quante volte, in vita mia, ho partecipato ad eventi come questi? Credo d’aver perso ormai il conto!).
“Farò come vuoi, ma prima voglio vedere il tuo mandante!”
“D’accordo, signor Kudo, purché si finisca questa storia”.
Dal fondo della stanza apparve un uomo, un signore di circa 50 anni, alto e robusto, con capelli bianchi ed ampi baffi, vestito molto elegantemente, sembrava un gentiluomo d’altri tempi.
“Lei, se non sbaglio, è il tutore di Ami. Il signor Nagaishi, vero?”
“Vedo che mi conosce! Bene, questa telefonata?”
“Che ne sarà della ragazza quando avrà firmato la delega?”
“Non preoccuparti per la tua amichetta, quando avrà portato i documenti firmati nel posto che le dirò la manderò nel luogo dove ho spedito i suoi genitori; così il patrimonio dei Kawashima sarà tutto mio, finalmente!”
“Tutto questo grazie ad una delega?”
“Non mi interessa più la delega! Quella che firmerà sarà un testamento in cui mi lascia erede universale di tutti i suoi beni; quando avrò messo le mani sui soldi sistemerò quella stupida come merita! Ed ora chiami!”
“Va bene, ma liberate la donna! Non vi serve a nulla!”
“Non sei nella condizione di chiedere niente”; così dicendo, uno degli scagnozzi diede un pugno a mio marito e gli spaccò il labbro, il sangue iniziò a colargli sul colletto.
“Kudo, poche storie, chiami subito o sua moglie farà una brutta fine!”
“Non credo proprio!”
La voce femminile che pronunciò questa frase ci fece alzare la testa verso l’alto. In un punto della passerella sovrastante si vedeva un’ombra stagliarsi contro la luce della Luna.
CONTINUA
Nel prossimo capitolo:
"Dovrei offendermi, non m’avete riconosciuta? Ma che razza di zoticoni! Che gente senza un minimo di buon gusto! Ma chi cavolo frequenti, Shin-chan?”