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Carissimi lettori,
so benissimo che è un orario improponibile per postare qualsiasi cosa, ma ci tenevo tanto a postare il capitolo, perché altrimenti avrei rimandato di giorni e non sarebbe stato giusto nei vostri confronti, che siete sempre tanto gentili a seguirmi e a commentare! Grazie mille per i vostri bellissimi complimenti, mi riempite sempre di gioia e mi lusingate tantissimo... Davvero grazie di cuore. Dire che possiamo ritornare alla nostra storia... Buona Lettura! ^^ Capitolo XXXII Si avvicina l'ora della verità! L'uomo con i baffetti sotto il naso fine, che aveva le narici allargate era irritato e anche serio, all'interno della vettura, la quale era stata riparata dai fori che si erano aperti sulle ruote. Il detective più famoso di tutto il Giappone, grazie ovviamente a Conan, che lo narcotizzava sparandogli al collo con aghi soporiferi, molto fini e indolori che uscivano dal suo orologio, stava stringendo le mani sul volante. Sua figlia, invece, giaceva morta sotto villa Ukamaghi, la villa dove, in quel momento, il Boss dell' Organizzazione Nera risiedeva, crogiolandosi nella sua provocazione inviata a Shinichi Kudo che, nelle vesti di Conan, stava andando a cercare Soburo Aotu, il critico letterario di Oteshiri, sempre se quella era la sua vera identità. Kogoro respirava profondamente, mentre varcava i confini di Oteshiri, nella prefettura di Tottori, guardando tutti quei palazzoni grigi che si innalzavano tristi e sentendo le onde del mare che, malinconiche, si scagliavano contro gli scogli quasi neri che emergevano dal mare verdastro della cittadina. Il detective non poté fare a meno di emettere un verso di disgusto: non aveva mai visto una città tanto triste, ma il peggio doveva ancora arrivare, mentre viaggiava con la sua vettura per quelle strade fatte di cemento nero, con sopra disegnate le classiche strisce che stavano sbiadendo lentamente, come inghiottite dalla stessa strada. L'uomo con i capelli corti e i baffetti, che tutti ritenevano il grande Kogoro Mori, presto, avrebbe appreso la notizia della morte del professor Agasa e forse, allora, qualcosa nella sua mente si sarebbe acceso. Non si poteva definire un uomo totalmente stupido, Kogoro Nori, aveva dimostrato di avere, qualche volta, una buona intelligenza e soprattutto una grande serietà, degna di un ex poliziotto come lui e soprattutto di un valore come il Coraggio, che di sicuro non gli mancava quando doveva affrontare faccia a faccia il suo nemico, ma adesso era un uomo anonimo al volante di una automobile anonima, dentro una città che, anche all'artista più stravagante, non avrebbe comunicato nulla, se non un'infinita tristezza... I piedi, all'interno della scarpe speciali, preparate dall'ormai defunto professor Agasa, stavano sudando e iniziavano ad accaldarsi, avvolti da quei pesanti calzini bianchi che il ragazzino con gli occhiali indossava. Non poteva, però, preoccuparsi dei suoi piedi, anche se dolevano ed era fastidioso tenersi quel dolore: doveva cercare il critico letterario ad ogni costo. Quell'uomo poteva rivelargli la verità, ma prima di presentarsi davanti al grande ed inquietante cancello nero, fatto di ferro, di villa Ukamaghi, decise di passare in albergo a prendere qualche cosina utile, come alcune ricariche per il suo orologio che sparava aghi soporiferi e anche due palloni da inserire nella cintura che poteva gonfiarli a qualsiasi misura volesse, che molte volte gli tornarono utili. All'interno della sua stanza regnava un gran silenzio, ma a dire il vero, in tutto l'albergo dominava un gran silenzio, da quando anche la receptionist era stata assassinata in quella maniera così brutale. Al piccolo bambino, che in realtà era un ragazzo di 17 anni, passavano tanti ricordi nella sua mente: tutto il male che quell'Organizzazione aveva recato a tantissime persone, eppure, la situazione non era chiara del tutto, ma presto lo sarebbe diventata. Per quanto considerasse la tappa in albergo una perdita di tempo, ma necessaria. Conan, che aveva i capelli, di solito arruffati, appiccicati alla fronte a causa del sudore viscido e fastidioso, si sarebbe dovuto ricredere. Fece in presto quello che doveva fare, cioè ricarica cintura e orologio e poi bere un po' d'acqua calda da una bottiglia che era sul comodino di quella stanza da tanto tempo. Era incredibile come, quella stanza, fosse stata utilizzata per pochissimo da lui. Il piccoletto aveva tutto quello di cui aveva bisogno, pensò, mentre quell'acqua calda gli passava all'interno della gola, scendendo dalla sua bocca fino allo stomaco, riempiendolo e anche dissetandolo (in quel momento avrebbe bevuto di tutto!). Si passò una mano tra i capelli e allargò le narici per poter riempire i polmoni d'aria e il suo petto si gonfiò molto e fu per lui una bellezza indescrivibile, come se fosse tornato a vivere dopo aver inspirato una grossa quantità d'ossigeno. Sentì i capelli sopra la sua testa ammassarsi in un unico punto, cioè quello dove lui aveva passato le dita e poi ridiscese le poche scale che doveva percorrere e lanciò un'occhiata furtiva attorno a sé. Non cera nessuno nei paraggi, solo un grosso silenzio e un visione abbastanza inquietante di tavolini tondi, dietro i quali c'erano delle sedie in plastica azzurra, vuoti, tutto vuoto. Una pianta verde, ma che si stava afflosciando al suolo, era messa in un angolino dentro un vaso, fatto anch'esso di plastica marroncina. Conan rimase fermo immobile e guardò dalla parte del bancone, dove un tempo, dietro, c'era la signorina che li aveva accolti e passò in rassegna con gli occhi anche quella zona, scrutando bene tutto, anche la cassetta dove c'erano dei giornali di qualche mese prima, si vedeva che nessuno leggeva mai giornali, anzi, nessuno era mai stato in quell'albergo per più di un giorno forse, data la sua bassissima qualità e soprattutto data la collocazione. Qualcosa gli saltò subito all'occhio, però, un titolo bello in grande, scritto a caratteri neri su un quotidiano. Conan non riusciva a vedere bene la fotografia in bianco e nero perché il giornale era piegato, quindi allungò il braccio destro e aprì la mano, afferrando il giornale con decisione e aprendolo di scatto e rimase scioccato da quello che lesse e vide.... COMPAGNIA DI ATTORI SCOMPARE NEL NULLA! Conan non ci mise molto a riconoscerli. La fotografia era riflessa sulle lenti dei suoi occhiali, li riconosceva benissimo: era la famiglia Ukamaghi al completo: Aisha Ukamaghi (Maramoto da "nubile"), con il suo viso angelico sorridente e accanto il suo bambino, Kinje, che stava attaccato alla gamba della madre, sorridendo anche lui, felice. Vicino ai due c'era Bojo Ukamaghi, il pianista che era seduto su una sedia con in mano il suo prezioso violino e fingeva di suonarlo con gli occhi chiusi, mentre alle sue spalle c'era Beila Fotima, l'antipatica signorina, che in quella foto, invece, sembrava molto dolce, con quelle labbra piegate all'insù in un dolce sorriso, con accanto a lei il grasso "critico letterario", che reggeva sul braccio un sacco di fogli, come se fosse lui il regista della compagnia, con uno sguardo serio, però pieno di allegria e, in mezzo a tutti stava lui, sempre sulla sua sedia a rotelle e gli occhi infossati nelle orbite e il viso smorto: Azumamaro II, che dall'articolo, invece, risultava chiamarmi Hamouro Sonozi, fondatore della compagnia e pure finanziatore. Qualcosa in quella fotografia fece spalancare gli occhi a Conan: il giornale risaliva a due anni e mezzo prima e il suo cuore cominciò a battere fortissimo e la saliva gli si era completamente prosciugata in gola. Come poteva essere così stupido? Adesso tutto aveva un senso, tutta la storia quadrava alla perfezione e di sicuro alla villa avrebbe trovato la risposta finale: adesso tutto aveva un senso, solo i particolari erano oscuri e il Boss dell'Organizzazione Nera avrebbe dovuto scoprire tutte le sue carte e per Conan sarebbe stato un giochetto batterlo: bisognava catturarlo il prima possibile e da solo avrebbe potuto farcela, bastava comportarsi in maniera normale e fingere... Doveva colpire Soburo e tutta la verità sarebbe venuta a galla in un batti baleno. - E' strano che non sia tornato...- Queste parole uscirono dalla bocca del tenente Rovighj, il quale rimase fermo nel letto a guardare il cielo nuvolo fuori dalla finestra, chiedendosi che fine potesse aver fatto Shinchi, mentre la piccola Shiho bagnava i suoi capelli ramati con le lacrime saline che, silenziose, continuavano ad uscirle dagli occhi lucidi. La sua corna era rossa, mentre l'iride umida risaltava ancora di più i suoi occhi. Kudo era nei guai, se lo sentiva e lei se ne stava imbambolata con quel tenente, che era vivo per miracolo e stava guardando il cielo da minuti parlando da solo, visto che lei non lo ascoltava e rispondeva dei timidi "Ah" ogni tanto per fargli capire che lo stava ascoltando, quando in verità le sue orecchie erano concentrate sul suono della sua voce e i suoi occhi lo vedevano ancora, mente le sue narici erano piene del suo profumo... Lo sentiva vicino a lui, mentre fantasticava nascosta dalla grossa rivista che fingeva di leggere. Ad un tratto la voce potente del tenente che fece risalire Ai dalla sua bolla di ricordi e la piccola bambina con i capelli ramati rispose, sentendo parte della domanda del tenente: - ... Dov'è andato???- Ai non rispose subito, si limitò a sospirare, mentre il tenente stava aspettando una risposta, guardando quella rivista, come se potesse vedere dietro la povera bimba che stava piangendo e la compatisse, trattandola però come un padre severo, che tenta sempre di fare del bene, anche se questo provoca dolore. In quel momento, mentre Ai cercava di ignorare il tenente che stava diventando sempre più determinato ad ottenere una risposta, il piccolo Conan aveva intercettato il "critico letterario" e stava per avere con lui il faccia a faccia a carte scoperte che bramava tanto nella sua mente.... |