Ecco il nuovo capitolo, un po in anticipo, spero non vi dispiaccia
Capitolo 13: “Ritorno in scena” parte 2
Arrivarono al vecchio Hotel di buon’ora, decisero tuttavia di aspettare la sera per un migliore effetto sorpresa.
“Questa storia mi puzza…” Disse Akai annusando l’aria
“Già sono d’accordo…” annuì Heiji
“Guardate non c’è nemmeno una guardia, e ci sono varie finestre rotte…” Si preoccupò ancora di più Shinichi.
Mentre i nostri eroi aspettavano in macchina si scatenò un temporale incredibilmente forte, la pioggia batteva sui vetri degli appartamenti poco lontani dal luogo d’incontro dell’organizzazione cui dovevano recarsi.
Shiho aveva chiesto espressamente una stanza separate dalle altre per lei e Shinichi, aveva bisogno di parlargli.
“Shinichi…” Cominciò lei “Come ti senti?”
“Ma che razza di domande sono?” chiese Shinichi simulando divertimento
“Rispondi” si fece seria Shiho
“Bene, non preoccuparti, sto bene, la nostra preoccupazione primaria ora è attaccare e sconfiggere totalmente l’organizzazione” disse questo volgendo lo sguardo fuori dalla finestra
“Chissà perché, ma io non ci credo” disse Shiho ironica.
Shinichi rabbrividì quando Shiho lo strinse a se da dietro, mentre lui ancora guardava le goccioline di pioggia sul vetro.
“Perché non mi dici come stai davvero?.... Siamo sposati, ricordatelo” Shiho batté più volte le palpebre per ricacciare indietro le lacrime Shinichi se ne accorse e decise di gettare la spugna, non era mai riuscito a resistere a quei tristi e dolci occhi verdi, che tanto amava.
“E’ vero, non sto affatto bene” disse sedendosi sul letto, dopo essersi staccato da Shiho “la morte di Vermouth non era di certo ciò di cui avevo bisogno ora, voglio dire, prima ero preoccupato per lei, certo, ma non mi aspettavo che l’avrebbero uccisa così a sangue freddo…” Shinichi emise un profondo sospiro
“Spero solo che la sua famiglia sia salva….” Shinichi si era aperto completamente a Shiho che in risposta lo aveva abbracciato per consolarlo.
In quel momento Shinichi avrebbe voluto che il tempo si fermasse, arrossì come se fosse la prima volta che aveva abbracciato Shiho, ancora nei pani di Ai.
Rispose all’abbraccio, trattenendo Shiho come se avesse paura che avrebbe finito per sgusciare via da quell’abbraccio andandosene per sempre.
Entrambi sospirarono in silenzio cercando, con quell’abbraccio, di sciogliere l’ansia che aveva cominciato a salire in loro da quella mattina, dovuta, probabilmente, al crescendo di sensazioni che stavano affrontando in quell’ultimo periodo.
“Ti amo, Shinichi” sospirò Shiho, come la prima volta che lo aveva detto a se stessa, quando aveva, infine, capito di amare soltanto colui che, secondo lei, non sarebbe mai stato suo.
“Anche io ti amo, Shiho” Shinichi lo disse più in fretta, come se avesse paura che quelle parole sarebbero sfuggite al suo controllo e sarebbero andate via, volando in controluce a quel tramonto che squarciava le nuvole.
Intanto nell’altra stanza Akai si stava guardando allo specchio, ricordando il suo primo incontro con quel boss di cui, non fosse stato per Vermouth anni dopo, non avrebbe mai saputo il nome.
Era una fredda giornata di Dicembre, Il natale era ancora lontano, però, come d’altronde ogni anno, le luci che illuminavano le strade di Tokio e il freddo che attanagliava la città davano già l’aria natalizia.
Moroboshi Dai, alias Shuichi Akai, si stava incamminando per i freddi e bui corridoi di uno dei tanti covi dell’organizzazione criminale più potente del mondo.
Un fulmine squarciò il celo, mentre Akai si dirigeva, imperterrito, verso il secondo incontro più importante della sua vita.
Accarezzò la porta in legno scuro che si era, finalmente, trovato di fronte. Bussò due volte e aspettò che lo invitassero ad entrare.
La voce di un uomo dall’altra parte della porta lo spinse ad accomodarsi.
Attorno ad un tavolino con alcune bottiglie di alcolici sopra, c’erano radunati i più importanti membri dell’organizzazione.
Gin, Vermouth, Assenzio e Caintreau.
Dietro una scrivania di mogano, nera come il buio che la precedeva, c’era seduto un uomo di cui nono conosceva né volto né nome, sapeva soltanto che era chiamato “Boss” da alcuni e “Quella persona” da altri.
“Benvenuto Moroboshi Dai, appena arrivato e già sento parlare così bene di te, sono lusingato che un uomo della tua arguzia abbia deciso di unirsi a noi, e sono sollevato nel sapere che non abbiamo un nemico della tua portata, ma prego siediti.” Concluse la voce con un tono affabile che non convinse per niente Akai.
“Boss, ancora non sono convinto che un novellino….” Cominciò Assenzio, ma venne fermato dal boss
“Non mi interessano le tue convinzioni assenzio, piuttosto dimmi cosa ne pensi mia cara Angel.” Disse il boss rivolgendosi a Vermouth
Shuichi Akai credette, per un momento, che si fosse rivolto ad’ un’altra persona presente nella stanza e che lui non aveva ancora notato. Questo perché gli sembrava impossibile chiamare una donna come Vermouth “Angel”.
“Ti dirò” incominciò Vermouth mandando in fumo tutte le congetture di Akai. “Non credevo fosse così affascinante” sorrise maliziosa la donna.
“Pfff…” sbuffò Gin infastidito
“Cosa c’è Gin? Qualcosa ti dà fastidio?” sorrise lei parlando con una finta nota di gentilezza.
“Direi che è meglio che sedi il tutto prima che scoppiate come l’ultima volta…” Si intromise il boss “Passiamo a questioni più importanti ora: quale sarebbe il nome adatto al nostro nuovo amico? Sul tavolo c’è il solito metodo ci sono quattro bottiglie, dategli una pistola.” Disse il boss indicandolo, ma ancora nascosto nell’ombra.
“Bene Moroboshi, spara ad una delle bottiglie, senza leggerne il nome, e quella che prenderai segnerà il tuo nome nell’organizzazione, e l’inizio della tua nuova vita.” Shuichi Akai prese la pistola che Gin gli stava porgendo, sparò alla bottiglia più a destra.
Vermouth si alzò e lesse ad’ alta voce l’etichetta sulla bottiglia: “Benvenuto, Rye” e sorrise maliziosa.Shuichi Akai inserì la pistola nella fondina sulla caviglia, nascondendola con il pantalone, si guardò allo specchio un’ultima volta, per poi scendere nella hall dell’albergo dove tutti lo aspettavano.
Shinichi e Shiho avevano un brutto presentimento a riguardo, ma ormai era troppo tardi per annullare la missione.
Era notte fonda e le nuvole, tornate poco dopo il tramonto, come se volessero donare alla città la vista di quel magnifico spettacolo, prima di tornare ad occupare il cielo dei cittadini.
Tutti i presenti entrarono nell’edificio, proprio nel momento esatto in cui aveva ricominciato a piovere, quando, all’improvviso, il telefono di Shinichi vibrò nell’oscurità, gli era arrivato un messaggio, per fortuna, aveva disattivato la suoneria, ma la luce dello schermo che aveva aperto per spegnere il cellulare gli fece guadagnare un’occhiata scocciata da tutto il gruppo.
Il testo del messaggio gli fece, invece, cambiare idea e, sempre più bianco, passò il telefono agli altri del gruppo che lo guardavano preoccupati dall’espressione che aveva assunto, il messaggio recitava così :
“E’ una trappola, andatevene e subito !” Ma la cosa più spaventosa di tutto il messaggio era il numero da cui proveniva, infatti il mittente del messaggio era : Sharon Vineyard.
Il gruppo si guardò attorno sconsolato, ma era oramai troppo tardi.
Le luci si accesero all’improvviso rivelando loro che erano circondati dagli uomini dell’organizzazione.
Clap…
Il gruppo si guardò intorno cercando una via di fuga impossibile da trovare
Clap…
Shuichi Akai si guardava ancora intorno in cerca di una soluzione, poi sentì il rumore di qualcuno che batteva le mani.
Clap…
“Bene, bene. Chi avrebbe mai immaginato, che avrei trovato il gruppo al completo proprio qui ed ora, tutti in un colpo: L’agente Saintemillion, Rye” sorrise bastardo nel pronunciare quel nome “ Shinichi Kudo, e la nostra traditrice Sherry”
“Assenzio…” enunciò Shuichi Akai, dando a tutti la conoscenza di quel nome “Credevo di averti ucciso con quattro colpi alla schiena, eppure sei ancora vivo vedo…” Lo provocò Akai.
“La fortuna, seppur solo a volte, aiuta. E poi sono vivo da decenni più di te, credevi davvero di avermi ucciso?” Una risata roca e inquietante uscì dalla bocca di Assenzio
“Beh, lo speravo” gli sorrise Akai
“A-Assenzio….” Balbettò Shiho “C-Come ho fatto a non accorgermene?” si incolpò.
Shinichi le strinse la mano per rassicurarla.
“i due piccioncini si stringono la mano prima di morire!” rise uno degli uomini che li circondavano, causando una risata di gruppo, che fu repentinamente messa a tacere dalla voce di Assenzio “SILENZIO!!!”
Le voci si spensero una ad una, e l’inquietudine più totale calò ancora su quell’hotel che sarebbe dovuto essere abbandonato da tempo oramai immemore.
“Toglietemi solo una curiosità….” Ricominciò L’uomo in nero “Come vi è sembrata la morte di Vermouth?” Un sorriso sadico gli sfigurò il volto, segnato dal barlume di una pazzia così consunta da essersi rafforzata, in quel piccolo strato mentale di sanità ,che ancora imperniava la mente di Assenzio.
La vista delle espressioni arrabbiate del gruppo gli bastò come risposta “Bene, ora potete anche ucciderli….” Detto questo Assenzio si voltò e fece per andarsene, quando le luci della hall si spensero ancora.
“A terra…” Una voce sibilò nelle orecchie del gruppo, una voce stranamente camuffata.
Non ci pensarono due volte a contestarla e, non appena ebbero toccato terra una pioggia di proiettili invase il cerchio di uomini attorno a loro, senza lasciare che nemmeno una parola avesse il tempo di uscire dalle loro bocche i proiettili li uccisero tutti.
“MA CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO ?!!!” La voce di Assenzio risuonò nella hall e le luci si accesero come comandate da quel tono di voce imperioso.
La luce mostrò che attorno al corpo del gruppo non era rimasta anima viva, tutti gli uomini in nero che li circondavano erano stati uccisi dalle pallottole e il sangue era sgorgato fino a raggiungere i piedi di Akai, Irene e Shinichi, che erano i tre più esterni.
Una figura nera indossante un abito da sera maschile era voltata verso l’uscita dando le spalle alle altre persone presenti in sala.
“E tu chi sei?” Domando Assenzio cercando di controllare la sua rabbia.
“Chi?” Una voce modificata fece la sua entrata in scena, mentre l’oscuro figuro era ancora voltato verso le porte a vetro dell’entrata ad osservare la pioggia che batteva sui vetri.
“Sono soltanto, Me…” Si voltò, mostrando ai presenti nella stanza la maschera che indossava.
Una sorriso a V appiattita copriva la parte inferiore, mentre dli occhi inarcati all’insù, come se la maschera stesse ridendo, la rendevano ancor più inquietante.
“BASTA CON LE CAZZATE…” Urlò Assenzio, che sembrava aver ormai perso quell’ultimo briciolo di sanità mentale che lo aveva tenuto calmo fino a quel momento “CHI DIAVOLO SEI?!!!” Urlò ancora in preda all’ira.
“Se ci tieni a saperlo, per usare una citazione, permettimi, in nome del più consueto nomignolo, di accennarti al carattere di questa Dramatis Persona…” Si inchinò togliendo il cappello a cilindro nero che aveva, fino ad allora, coperto la parte superiore della maschera, mostrando la parrucca che gli copriva i capelli.
Il mantello, anch’esso nero sventolò alle sue spalle mostrando le due pistole, inserite nelle fondine ai lati del pantalone.
“Io sono quello che per molti può essere considerato un giustiziere, ma preferisco il termine Vendicatore, sono una persona, che, stanca dei soprusi del crimine, è venuta a troncare la vostra esistenza per sempre.
Non ho un’nome: sono e basta.
Non ho un’età: sono un’ideologia che esiste da sempre.
Non ho un volto: faccio parte dell’immaginario comune.
Ma se proprio volete nominarmi in mia assenza, potete chiamami: V.” La figura si avvicinò ad Assenzio e, con un balzo, si aggrappò alla ringhiera dell’impalcatura sulla quale Assenzio lo guardava immobile.
Si avvicinò all’uomo in nero e fece per prenderlo alla gola con la mano destra coperta da un guanto di velluto nero.
Un proiettile colpì la ringhiera distraendo la figura con il braccio ancora alzato verso Assenzio.
V Guardò verso il basso e scoprì che ad aver sparato il colpo era stato Shinichi Kudo.
“Shinichi Kudo…” La figura lo guardò assumendo un tono di voce pensante, che si riconosceva anche dal camuffamento di quest’ultima “Perché vuoi salvarlo? Chi più di te ha sofferto per causa loro? Chi più di te e tua moglie Shiho? Perché vuoi salvarlo?”
“Per la stessa ragione per cui tu vuoi ucciderlo!” Disse deciso il detective facendosi avanti in quella carneficina che si trovava attorno “Per un’idea, un’idea incompresa, l’idea dell’omicidio, io non posso comprenderla.
Certo posso comprenderne le ragioni, ma non il gesto, quello non lo capirò mai!” La decisione nelle parole del detective era irremovibile.
V saltò dall’impalcatura, e si mise di fronte al detective “E per questo ti rispetto…” Disse sorprendendo tutti e voltandosi verso l’uscita “Per cui non lo ucciderò davanti a te, ma sappi che te ne pentirai” Cominciò a camminare verso l’uscita ma venne interrotto a metà strada dal detective
“E’ una minaccia?” Chiese gonfiando il petto orgoglioso
“No, prendilo come avvertimento. Io non uccido chi non lo merita…” Detto questo aprì le porte dell’albergo ed uscì fuori sotto la pioggia battente.
I presenti rilasciarono il fiato trattenuto fino a quel momento “Allora? Dov’è Champagne?” La voce di Akai ruppe il silenzio venutosi a creare, risvegliando Assenzio dalla trance in cui era caduto.
“Morto, a quanto sembra…” Disse con tutta tranquillità l’uomo prima di rientrare da dov’era venuto lasciando tutti a bocca aperta…
Spero vi sia piaciuto il capitolo.
Per V mi sono rifatto un po a me stesso, un po a V per Vendetta ed un po all'assassino di still life (solo per gli abiti, e nemmeno tanto
)