Detective Conan Forum

Kokoro no uragiri

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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 31/7/2014, 12:44     +1   -1




Kiare, scusa scusa scusa. Non ho visto che avevi postato due nuovi capitoli. Sei un'artista con i testi. Mi è piaciuta la vendetta di Ran, ma non ci voleva l'effetto del farmaco. Mi raccomando continua. Martina
 
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view post Posted on 10/8/2014, 15:49     +1   -1
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Parte quattordicesima

La persona che l’aveva presa la lasciò con la stessa velocità. Si voltò e rimase stupita nel vedere chi era.
“Rena? Rena Mitsunashi?” chiese con aria sconvolta.
“Per te sono Kir, mocciosa!” rispose risoluta lei.
“Tu… Tu fai parte…?” non riusciva a parlare.
Ormai non aveva più parole. Si sentiva spaesata e confusa. Avrebbe voluto capire cosa diavolo stesse succedendo, ma sapeva benissimo che non avrebbe avuto risposte, almeno non fino a quando continuava a stare là dentro.
“Sì esatto… faccio parte di tutto questo. Di questa organizzazione. - rispose incrociando le braccia - E ora rimarrai qui, finché non te lo dirò io…” disse con tono tranquillo e freddo per poi uscire dall’ufficio.
Ecco. Era di nuovo chiusa a chiave da qualche parte. Si sedette su una delle sedie che si trovava vicino alla scrivania di quella specie di ufficio e iniziò a picchiettare nervosamente le dita sul bracciolo.

I tre arrivarono all’ufficio vuoto e Vermouth spinse bruscamente Shinichi dentro. Tenendo sempre le spalle a Gin, tirò fuori dai pantaloni ad altezza cintura un coltellino e glielo passò al ragazzo, che si era voltato verso di lei.
“Prendi l’antidoto il prima possibile e non muoverti!” gli disse usando il labiale.
Lui non rispose, si limitò a girarsi, come frustrato e la donna gli mise il coltellino nelle mani.
Lui si volto di nuovo verso di lei, e verso Gin alle sue spalle.
“Troverò il modo di scappare maledetti bastardi! E non pensate di poterla fare franca!” urlò convinto.
Gin rise divertito, mentre Vermouth con la sua solita freddezza si allontanò dal ragazzo.
“Divertiti a provarci marmocchio…” disse con tono ironico per poi chiudere a chiave l’ufficio e lasciarlo dentro.
Solo quando sentì i passi dei due allontanarsi dalla porta il ragazzo iniziò a segare le corde che gli legavano i polsi dietro la schiena con il coltellino.
Ci mise vari minuti in cui le corde ruvide strofinavano fastidiose sui polsi ferendoglieli ancora di più. Poi finalmente fu libero.
Il dolore al petto era sempre più insopportabile. Sapeva che tra pochissimo sarebbe arrivato al limite della sopportazione.
Con la mano tremante iniziò a frugare nervosamente nella tasca dei pantaloni, finché non trovò quella piccola pillola bianca.
Ne aveva presa solo un’altra oltre a quella che aveva ingerito a casa del dottor Agasa. Se quella storia non fosse finita entro il tempo limite dell’antidoto, sarebbe tornato Conan e dopodiché non avrebbe più potuto fare nulla.
Si buttò la capsula in bocca e la ingoio senza acqua. Il dolore invece di diminuire aumentò a dismisura e perse i sensi.

L’auto correva decisa sulle confusionarie strade di Tokyo. Seguita a ruota da molte altre.
“Ma scusa tu sai dove si trova il loro covo?” chiese Jodie seduta sul sedile posteriore.
“L’ho scoperto circa un mese fa, nelle sembianze di Subaru Okiya. Ho seguito Bourbon fino a lì, ma poi ovviamente ho proseguito per non destare sospetti.” rispose l’uomo al volante con aria seria.
“Come agiremo?” chiese l’altro uomo seduto sul sedile del passeggero.
“Ho già dato istruzioni agli altri. Appena mi arriverà il messaggio di conferma che possiamo entrare irromperemo.”
“Aspetta un momento…! - lo bloccò l’unica donna in auto - Messaggio? Vuoi dire che abbiamo una talpa dentro l’organizzazione?”
Akai non ebbe il tempo di rispondere, fu Camel di fianco a lei a darle una risposta.
“Ma certo Jodie, c’è ancora l’agente della CIA là dentro…” ma anche lui fu interrotto dallo stesso Shuichi.
“Sbagli Andre! Hidemi Hondo, conosciuta nell’organizzazione come Kir, non è dalla nostra parte e non credo lo sia mai stata. Non sono sopravvissuto grazie a lei quella notte. Mi son sempre sbagliato in tutto questo tempo, lì dentro la vera mela marcia è lei: Rena Mitsunashi!”

“Esatto… Non ho idea di cosa sia successo, ma ora è chiusa a chiave nel mio ufficio, senza via di uscita.” disse la donna con quell’aria tranquilla e diabolica allo stesso tempo.
“Hai fatto benissimo Kir! - disse la persona seduta sull’elegante poltrona nera di quell’ufficio dall’aria professionale e allo stesso tempo elegante. - Prima di tornare nel tuo ufficio, vai a vedere che fine ha fatto Assenzio, ho bisogno di lui.”
“Sarà fatto boss!” rispose la donna per poi uscire da quell’enorme stanza.
Uscendo incrociò, proprio davanti alla porta Gin e Vermouth che sembrava volessero anche loro riferire qualcosa al capo dell’organizzazione.
Accennò un saluto e poi si diresse con passo svelto, verso la sala vuota al secondo piano che solitamente veniva usata come stanza in cui mettere a tacere i prigionieri.
Arrivata davanti alla stanza prese dalla tasca dei suoi jeans la chiave che aveva preso da una delle tasche della felpa nera di Ran quando l’aveva portata dentro il suo ufficio.
Aprì la porta e dentro vi trovò il biondo.
Era seduto nell’unica sedia che c’era nell’enorme stanza spoglia. Aveva gli avambracci appoggiati sulle gambe e aveva alzato lo sguardo sulla donna. Il suo labbro era tumefatto e gonfio sul lato destro.
“Cavolo… Sei ridotto proprio male.” disse la donna con tono divertito.
Lui si alzò deciso e la guardò con aria irritata.
“Molto simpatica… Quando rivedo quella puttana, giuro che la uccido!” disse.
Si vedeva che era furioso. Il fatto che Ran gli avesse rovinato il suo viso di cui si vantava sempre con tutte lo irritava parecchio.
“Non ti preoccupare… La tua sgualdrina è rinchiusa nel mio ufficio. Ora però ti vuole il boss, quindi farei meglio ad andare.” le rispose la bruna, lasciando il passaggio della porta libero.
Lui senza dire niente, uscì dalla stanza e si diresse verso l’ufficio del capo.

Il treno finalmente si fermò alla stazione del quartiere di Beika di Tokyo.
Il ragazzo dalla pelle scura scese da quel mostro di metallo e per un attimo rimase come spaesato. E’ vero, era arrivato a Tokyo, ma ora non aveva la minima idea di come poter fare per dare una mano al suo amico.
Durò solo un’attimo quella sensazione, poi tornò il solito lucido detective di sempre. Conveniva andare all’agenzia Mouri e partire da lì. Magari avrebbe scoperto che il suo amico era ancora lì, tranquillo e non c’era mai stato nulla di cui preoccuparsi. E fosse successo il contrario avrebbe chiesto informazioni a Ran e Kogoro.
Uscì dalla stazione e prese un taxi, dando al tassista l’indirizzo dell’agenzia investigativa Mouri.

I due membri dell’organizzazione uscirono dall’ufficio del loro capo.
“Non capisco davvero cosa ha in mente quella persona. Insomma poteva approfittare del fatto che il ragazzo fosse debole per parlare con lui e ucciderlo. Invece vuole aspettare un’ora che si riprenda.”
La donna sorrise divertita.
“Tu non sai proprio cosa sia la parola ‘onore’ vero?”
“So’ benissimo cosa intendi, ma la nostra organizzazione punta sulla riuscita del nostro obbiettivo e bisogna farlo nel modo più discreto possibile, quindi non capisco tutto questo rispetto verso un moccioso.”
“Forse il boss è stupito dal fatto che quel moccioso sia riuscito a sfuggirti e quindi vuole vedere con chi abbiamo a che fare.” rispose risoluta la donna.
Ma si zittì subito dopo quell’affermazione, perché il suo collega aveva infilato velocemente la mano nell’impermeabile e aveva tirato fuori la sua amata pistola.
“Ti consiglio di smetterla di prendermi in giro donna! Non sei più la sua preferita quindi ti consiglio di…”
“Il fatto che non sia più la sua preferita non ti autorizza a minacciarla Gin!” disse qualcun altro che a sua volta puntò una pistola all’uomo dai capelli lunghi.
L’uomo dagli occhi di ghiaccio abbassò la pistola con un ghigno e si voltò verso la persona alle sue spalle.
“Bourbon, nessuno ha chiesto il tuo intervento.”
“Fino a prova contraria lei è la mia compagnia ed ho tutto il diritto di difenderla.” rispose il ragazzo biondo continuando a tenere la pistola puntata contro l’altro.
“Ah già, dimenticavo l’idea malsana di quella persona di affidarti alle cure di Vermouth… Allora ti lascio con la tua badante!” rispose allontanandosi.
“E tu torna pure dal tuo scimmione!” rispose scocciato Amuro, rimettendo la pistola in tasca.
Quando Gin girò l’angolo ed i suoi passi si affievolirono fino a scemare del tutto, la donna parlò, mantenendo comunque la voce bassissima.
“Non sono riusciti a scappare. Non so dove sia la ragazza, ma Kudo è chiuso dentro l’ufficio vuoto al secondo piano, in attesa di portarlo dal boss.”
“Non possiamo liberarlo. Altrimenti la tua copertura salta, visto che solo tu e Gin dovreste sapere dove si trova.” rispose lui risoluto.
“Lo so. Per ora non ci resta che aspettare e vedere cos’ha in mente il Boss.”

La bambina dai capelli ramati era seduta tranquilla su una delle sedie dell’ufficio di Shuichi Akai nella sede dell’FBI.
Ovviamente solo all’apparenza era tranquilla. Per non mostrare la sua agitazione aveva preso un foglio bianco dalla stampante e una matita dal portapenne e aveva cominciato a disegnare.
Era stata sempre brava ad usare la matita, e la sua piccola mano da bambina iniziò a tracciare linee leggere sul foglio bianco.
All’inizio non si era resa conto di cosa stava disegnando, la sua mano andava spedita, a memoria. Poi si rese conto che stava comparendo un viso tondo e bambinesco, dei capelli ribelli che che scendevano a ciuffi sulla fronte e due occhi grandi dietro un paio di occhiali.
Continuò decisa a ritrarre le sembianze di quel bambino che le aveva rubato il cuore. Quel ragazzo che era sempre pronto a difenderla in qualsiasi situazione. Creò ombre e luci, facendo uno stupendo disegno che le impegnò parecchio tempo.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:00
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 28/8/2014, 07:22     +1   -1




Ciao kiare, problemi con internet mi spiace.
Tutto bene?
La storia è sempre più intrigante, bravissima
 
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view post Posted on 29/8/2014, 16:58     +1   -1
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Parte quindicesima

Fece gli ultimi tratti a quel bel disegno ritraente il suo compagno di classe, non che il suo primo vero amico e forse… Sì, forse anche il suo primo amore. Ammirò quel disegno per un po’, le era venuto proprio bene.
Le scappò un sorriso, uno di quelli spontanei. Di quelli che a lei capitava raramente di avere, da quando ne aveva memoria. E tutti quelli che si ricordava erano avvenuti proprio grazie a lui. Non passò molto che però quel sorriso sparì, lasciando di nuovo quell’espressione seria, e forse anche preoccupata. Il suo pensiero era volato lontano, dovunque si trovasse lui. Pregava con tutto il cuore di rivederlo. Doveva tornare, non poteva perdere. Doveva tornare sano e salvo o non se lo sarebbe mai perdonata. E lei doveva trovarsi pronta per il suo ritorno.
Fece un grosso respiro, piegò in due il suo disegno e lo infilò nel suo zaino arancione, che era già pieno, di libri, quaderni e fogli, forse un po’ troppo per una studentessa delle elementari. Si mise lo zaino in spalla e uscì dall’ufficio di Shuichi Akai per dirigersi verso l’ascensore.

“Boss, non la trovo da nessuna parte…” disse nervoso l’uomo rivolto a un apparecchio telefonico.
“Pazienza, farai il lavoro da solo! Voglio quell’uomo morto, il prima possibile!” rispose qualcuno dall’altro lato del cellulare.
“Ok, boss!”
Dopo aver chiuso la chiamata si diresse verso l’ascensore.

Heiji finalmente arrivò di fronte all’agenzia Mouri. Salì le scale, che davano sulla strada, ed arrivato alla prima porta, quella dell’ufficio dell’investigatore, suonò il campanello.
Dopo poco un Kogoro trasandato gli aprì la porta.
“Scusa Heiji, ma ora sono un po’ impegnato. Comunque accomodati pure!” poi si risedette alla scrivania ed Heiji capì che si stava guardando le corse dei cavalli.
All’inizio si chiese com’era possibile che fosse così tranquillo, poi ricordò che giorno era. Che razza di idiota. Era lunedì. A quell’ora sia Ran che Conan erano a scuola, come aveva fatto a non pensarci?
E poi accadde…
Vide un luccichio dall’edificio di fronte. Capì subito cosa stava succedendo, ma non ebbe il tempo di dire niente se non urlare.
“Detective Mouri giù!”
Si lanciò verso di lui, ma il proiettile di Korn fu più veloce. In pochi millesimi di secondo raggiunse la testa dell’investigatore privato.
Non fu una morte sanguinaria. Il proiettile gli perforò la tempia, invece che la nuca, visto che si era girato quando Heiji l’aveva avvertito. Si accasciò subito sulla sua sedia di fronte ad un Heiji completamente scioccato.

Shinichi riaprì gli occhi. Dovette, sbattere le palpebre un paio di volte prima che quella fastidiosa patina nebbiosa sparisse dalla sua vista. Si trovava ancora nell’ufficio vuoto del secondo piano.
Era ancora un po’ stordito, ma non poteva permettersi di aspettare che si riprendesse. Prese il cellulare dalla tasca interna della sua giacca. Sul display erano ancora segnate le chiamate di Heiji, a cui non aveva risposto. Premette solamente il tasto verde del telefono.

Il ragazzo dalla pelle scura era ancora lì, completamente sconvolto, quando il suo cellulare squillò. Con mano tremante, senza riuscire a staccare gli occhi dal cadavere del detective prese il cellulare dalla tasca. Appena vide il nome sul display, fu come riscosso da quel tremendo incubo, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. Si allontanò dalla finestra, mettendosi in un angolo, poi rispose.
“Kudo dove diavolo sei?!” disse.
Il ragazzo sgranò gli occhi quando sentì l’amico rispondere. Non solo sembrava stanco, come se fosse nel bel mezzo di qualcosa di davvero pericoloso, ma usava anche la sua vera voce, quella da diciassettenne.
“Hattori, abbiamo un grosso problema…”
“Lo dici a me? Sono venuto a Tokyo per cercarti e…”
“Hattori, devi farmi un favore. Devi andare a casa mia e dire a Subaru Okiya che Ran ed io siamo al covo dei Man In Black…”
“Tu… Cosa?!”
Il ragazzo dalla pelle scura era sempre più sconvolto.
“Lo so… Mi dispiace non averti avvisato prima… Ma è successo tutto all’improvviso stamattina ed ora non il tempo di spiegarti…”
“Ok ok… ma prima di staccare la chiamata dovresti sapere una cosa…”
“Cosa?”
“Un… un cecchino dell’organizzazione ha… ha appena fatto fuori Kogoro davanti ai miei occhi…” rispose con la voce che tremava.
“Che cosa?!”
L’urlo di Shinichi risuonò in tutto l’ufficio vuoto, ed anche nell’orecchio di Heiji.
“Scusami io…”
“Hattori, allontanati da lì e corri a casa mia… Per favore… Il più in fretta possibile. Se quelli scoprono che c’era un testimone non esiteranno a farti fuori.”
“Lo so benissimo ma…”
“Non puoi fare niente per lui… Tanto Ran è qua… Non si accorgerà di niente e per ora penso sia meglio non dirglielo…”
“Non siete insieme?”
“No… E la devo ritrovare… Allontanati da quel luogo e fa quello che ti ho detto… Ci sentiamo dopo!”
Dopodiché Shinichi chiuse la chiamata, perché il ragazzo iniziò a sentire il suono della linea libera.
Chiuse anche lui la chiamata, rimise il telefono in tasca, facendo attenzione a rimanere al bordo del muro in modo che non potesse essere visto attraverso la vetrata, si avvicinò ad essa e quando fu proprio di fronte abbassò la tendina. Sì forse era un rischio, ma non poteva permettere che qualcuno vedesse l’uomo morto, perché poi sarebbero sorti problemi.
A quel punto, prese le chiavi dell’ufficio dalla scrivania ed uscì di corsa chiudendosi la porta a chiave alle spalle.

Il biondo attraverso la porta con aria disinvolta, per poi chiudersela alle spalle facendo un giro di chiave.
“Finalmente sei arrivato…” disse una voce nell’ombra.
Lui sorrise compiaciuto.
“Non credevo di esserti mancato così tanto.”
“Più di quanto immagini!” disse avvinghiandosi a lui e baciandolo appassionatamente.
L’uomo sorrise ancora, risponendo al bacio e ricambiando quell’abbraccio passionale. Le sue mani, infatti, scesero subito ai suoi glutei palpandoglieli.
Non c’era bisogno di preamboli o parole tra i due. La loro passione era qualcosa che ormai andava da sola, come i loro vestiti che ben presto si ritrovarono in un angolo della stanza, buttati a terra.
Le afferrò il seno con irruenza facendola gemere, mentre continuava a baciarla, iniziando anche a morderle il labbro inferiore.
Poi senza nessun preavviso lei afferrò il suo membro e se lo infilò dentro.
Da quel momento in poi, l’eccitazione dei due non fece altro che aumentare. Lui accelerava sempre di più i movimenti e lei gemeva sempre più forte. Finché entrambi non arrivarono al culmine.
Rimasero lì… Abbracciati l’uno all’altra in quell’ufficio scuro e spartano, ansimando e dandosi piccoli baci.
“Diavolo… farlo con te è sempre una libidine…” disse lui in un sussurro.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:01
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 29/8/2014, 17:28     +1   -1




Kiare, sigh, perché il povero goro. Stiamo demolendo la povera Ran. Shinichi, sei un insensibile.
Kiare complimenti comunque per il colpo di scena
 
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view post Posted on 29/8/2014, 19:27     +1   -1
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Povero Shinichi lui che c'entra?? XD
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 29/8/2014, 19:28     +1   -1




Ma scusa, poteva dire'' oh no povero goro, come lo dico a Ran? ???''
 
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view post Posted on 29/8/2014, 19:41     +1   -1
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Magari non era il momento... E poi in quel momento il punto di vista era di Heiji... Quindi non si sa ancora cosa ha pensato Shinichi... In quel momento era preoccupato più per Heiji che era ancora lì no??
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 29/8/2014, 19:44     +1   +1   -1




Giusto hai ragione, ma è stato lo shock per lui poverino. Sai che nella realtà del manga non potrei immaginare una cosa simile?:)
 
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view post Posted on 12/9/2014, 09:25     +1   -1
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Parte sedicesima

Non ci poteva credere. Le parole di Heiji gli risuonavano in testa e più le sentiva più un il suo stomaco si contorceva dal disgusto. Com’era potuto accadere? Avrebbe dovuto pensare a questa possibilità, avrebbe dovuto capire che messi alle strette avrebbero reagito in quel modo. Se quella mattina, invece di fare le cose in modo avventato si fosse fermato un attimo a ragionare, come fa un vero detective, avrebbe potuto evitare che accadesse. E invece ora si trovava lì, completamente scioccato al pensiero che Kogoro Mouri fosse morto. Come glielo avrebbe detto a Ran? Come avrebbe potuto riferirle una cosa tanto terribile? Prima o poi avrebbe dovuto farlo. Lo sapeva bene. Le aveva mentito già troppe volte e dirle una bugia anche su una cosa del genere sarebbe stato davvero ingiusto.
“Sono un idiota!” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Subito dopo un rumore assordante gli penetrò l’orecchie, alzò lo sguardo ed ebbe appena il tempo di vedere la grata del condotto di ventilazione che si staccava dal muro e cadeva sul pavimento dell’ufficio spinta da un piede. Subito dopo sbucò un viso.
“Ran…”
“Lo so anche io che sei un’idiota, ma io voglio uscire di qui e non me ne vado senza di te…” le disse lei in tono sarcastico.
Lui abbassò lo sguardo affranto, come diavolo poteva dirglielo?
“Prendimi!” disse lei all’improvviso, buttandosi giù.
Lui fu preso alla sprovvista, però riuscì comunque a prenderla al volo.
“Lo sai che potevi sfracellarti al suolo?” la rimproverò.
“E’ stata una prova di fiducia no?” sorrise lei.
Lui la lasciò andare e lei si rimise in piedi. La guardò, quello sguardo celeste non era più spaventato, ma determinato. Come poteva dirle che suo padre non c’era più? Con quale coraggio avrebbe spento la sua determinazione e il suo coraggio un altra volta?
“Ran io… ti devo dire una cosa…”
La ragazza sgranò gli occhi. Quell’espressione, gli occhi bassi, la voce innocente… Tutto le ricordava…
“Conan…” lo disse d’istinto, senza pensarci, ma mai si sarebbe aspettata che il ragazzo alzasse lo sguardo ancora più stupito.
Ci fu quasi un minuto di assoluto silenzio in cui i due ragazzi si guardarono negli occhi, poi.
“Tu… Tu sei Conan?!” chiese Ran, la sua voce non sembrava più stupita, era quasi un sibilo come se fosse pronta ad attaccare.
“Ran… - disse lui alzando le mani e indietreggiando - Non è come pensi giuro…”
“Tu! Mi hai mentito, per tutto questo tempo?!” la sua voce stava diventando sempre più tagliente e la sua furia s’iniziava a vedere anche nei lineamenti del viso.
“Ran… Non mi sembra il momento e il luogo adatto…” rispose lui continuando a indietreggiare.
Lei strinse i pugni furiosa, poi allentò la presa.
“Hai ragione non lo è, ma non credere che ti possa perdonare per questo!” disse sedendosi sull’unica sedia dell’ufficio.
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
“C’è dell’altro…”
Doveva dirglielo, doveva farlo. Mentirle ancora sarebbe stato come tradirla e sapeva bene come ci si sentiva ad essere traditi dalla persona che si ama.
Lei alzò lo sguardo, ma lui non la vide, perché continuava a tenerlo basso.
“Poco fa… Heiji mi ha riferito… Mi ha riferito che…”
“Terra chiama Shinichi! Ce la puoi fare a fare una frase di senso compiuto?” lo rimproverò lei irritata.
“Un cecchino dell’organizzazione è andato all’agenzia e ha ucciso Kogoro…” disse tutto d’un fiato, solo a quel punto alzò lo sguardo, ma se ne penti subito amaramente.
Gli occhi di Ran si riempirono di terrore e subito dopo di lacrime. Per poi essere coperti dalle sue stesse mani.
Il ragazzo preso da un moto di tristezza infinita e compassione per lei si avvicinò mettendole una mano sulla spalla.
“Ran…”
“Lasciami! - urlò lei alzando lo sguardo livido e pieno di lacrime - Credi che non lo sappia? Credi che non sappia che è tutta colpa tua?”
Quelle parole furono come un pugnale dritto al cuore.
“Se tu ci avessi detto la verità fin da subito ci saremmo difesi. Avremmo saputo cosa stavamo affrontando. Ma invece no, fai sempre tutto di testa tua vero?”
“Ran io volevo solo…”
“Non dirlo! Non ti azzardare a dire che volevi difendermi perché giuro che non vedrò più di me! Se tu mi avessi, ci avessi voluto difendere ce l’avresti dovuto dire. Bel modo il tuo di difendere le persone! Io sono stata stuprata e mio padre è morto. Facciamo i complimenti al detective più geniale del Giappone.”
Dire che si sentiva un verme era davvero poco. Il cuore gli martellava in petto agitato e un senso di ribrezzo e nausea gli stava inondando la gola. Aveva ragione. Aveva ragione su tutto. Era stato un idiota fin dal principio. Far credere a tutti di essere morto e poi apparire davanti a Ran o chiamarla, l’aveva messa in pericolo allo stesso modo di come sarebbe stato se le avesse raccontato tutto.
“Hai ragione tu Ran… - disse con voce sommessa sedendosi a terra - Non merito neanche il tuo perdono… Ti porterò fuori di qui… Poi potrai anche non vedermi più…” le ultime parole gli fecero male al cuore, ma le disse sinceramente.

“E la nostra seconda occasione, vediamo di non sprecarla.” disse la bionda chiudendo il cellulare e mettendoselo in tasca.
“Ti ha detto di farlo uscire?” chiese Amuro.
“Esatto. Non ci resta che andarlo a prendere e farlo uscire, dopodiché diremo al boss che è scappato mentre lo scortavamo.”
“E per Ran?”
“Ancora ci devo pensare a lei. Non so neanche a dove sia.”
“Di sicuro mio cugino, l’avrà portata di nuovo lì.”
“Ne dubito. Non ho sentito neanche un urlo o un pianto e Ikuto non è uno che ci va per il sottile dopo che gli sfuggi sotto il naso.”
“Bene, allora andiamo a salvare Kudo e poi pensiamo a qualcosa per lei.” disse il ragazzo.

La donna sorrise maligna.
“Ma guarda un po’. Allora Gin non aveva tutti i torti su di loro.” disse in un sussurro per poi allontanarsi.

Arrivata al piano terra si rivolse alla ragazza che l’aveva accolta quando era arrivata.
“Scusi signorina, sa per caso se c’è un laboratorio attrezzato da queste parti?” chiese.
“Ne abbiamo uno all’interno dell’edificio, perché?”
“Ne avrei bisogno.” rispose lei risoluta.
La ragazza sembrò stupita, poi però si riscosse e rispose alla ragazzina.
“Dammi solo un minuto.”
Dopodiché prese la cornetta del telefono bianco che stava sul bancone e digitò un numero.
“Signor Balck, sono io. La bambina che l’agente Akai ha portato qui desidera accedere al laboratorio del quarto piano. - ci fu una pausa in cui Ai riuscì a sentire gente confabulare dall’altro lato della cornetta, poi - Ok grazie mille.” disse chiudendo la chiamata.
Poi aprì un cassetto e ne tirò fuori una tessera magnetica arancione su cui era scritto a caratteri neri Laboratory.
“Ecco a te, mi raccomando stai attenta.” disse.
“Non si preoccupi.” rispose la bambina per poi prendere la tessera e dirigersi nuovamente verso l’ascensore.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:02
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 12/9/2014, 09:32     +1   -1




Meglio tardi che mai shin, sei stato gentile a ricordarti di goro.
Kiare non farmi di questi scherzi:mi piange il cuore vedere ran e shin litigare. Brava come sempre
 
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view post Posted on 14/9/2014, 13:54     +1   -1
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Anche a me Marty... Ma purtroppo non potevo non farlo... sta nel loro carattere...
 
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view post Posted on 20/9/2014, 11:35     +1   -1
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Parte diciasettesima

Il silenzio ormai regnava da parecchi minuti in quella stanza.
Ran continuava a piangere, ma neanche un verso o un singhiozzo usciva dalla sua bocca. Le sue lacrime scendevano silenziose, senza poterle fermare.
Poco più in là Shinichi era seduto a terra, le ginocchia al petto e la testa appoggiata su di esse, mentre le braccia avvolgevano le gambe piegate.
Ormai da più di cinque minuti la situazione era quella, poi da lontano il rumore dei passi. Entrambi i ragazzi assunsero lo stesso sguardo di terrore. Quei due sguardi che s’incrociarono subito. Quei due sguardi che subito si cercarono a vicenda anche dopo tutto quello che era successo. Sapevano che se sul serio qualcuno stava andando a prendere Shinichi, per portarlo via, Ran non sarebbe dovuta essere lì.
La ragazza si buttò a terra e gattonando si nascose sotto la scrivania, che per fortuna aveva una lastra di legno proprio sul davanti, verso la porta.
I passi si fermarono, proprio davanti l’ufficio. Si sentì la chiave infilarsi nella serratura. In quello stesso istante, Shinichi, che si era alzato in piedi, tirò un calcio alla grata che era rimasta a terra di fianco a lui e mentre la chiave girava nella toppa Ran si allungò e la trascinò sotto la scrivania insieme a lei.
La porta si aprì e Shinichi tirò un sospiro di sollievo. Ad aprire la porta erano le uniche due persone di cui sapeva di potersi fidare. Con passo veloce, andò verso di loro, li invitò ad entrare con un gesto e poi chiuse la porta alle loro spalle.
“Kudo che fai?” chiese Amuro stupito.
Lui parlò, ma non rispose al biondo.
“Ran puoi uscire…” disse.
A quelle parole la ragazza sbucò dalla scrivania. Aveva ancora gli occhi rossi per il fatto e il suo viso era parecchio sconvolto.
“Angel!” esclamò Vermouth.
La ragazza si alzò in piedi e silenziosamente, senza riuscire a dire niente, si avvicinò al gruppo.
“Sei sconvolta… Che ti ha fatto quel bastardo?!” chiese con tono quasi furioso.
La ragazza rimase zitta per qualche secondo, poi riuscì a parlare.
“No-no… Io… Io sono subito scappata, ma poi sono rimasta bloccata da… da Rena Mitsunashi…”
A quel racconto rimasero tutti e tre stupiti, visto che Shinichi non aveva avuto il tempo di chiederle nulla.
“Sono… sono scappata attraverso il condotto di ventilazione e sono arrivata qui…” disse indicando proprio il condotto aperto.
“Capisco, ma allora cosa è successo di…”
“Non sono affari nostri!” lo bloccò la bionda prima che il ragazzo potesse finire la domanda.
Aveva notato le occhiate che si erano lanciati i ragazzi. Quello di lei deluso e amareggiato e quello di lui dispiaciuto e affranto. Sapeva benissimo cos’era successo. La verità era venuta a galla, ma c’era una cosa che non poteva sapere e fu proprio Shinichi a rivelarglielo, dopo qualche secondo d’imbarazzante silenzio.
“Vermouth che tu sappia oltre a Chianti e Korn quali altri cecchini ci sono all’organizzazione?”
“Loro sono gli unici. E visto che ho ucciso Chianti è rimasto solo Korn.”
“Capisco…” rispose.
“Perché?” chiese di nuovo la donna.
Il ragazzo lanciò un occhiata a Ran, che rimaneva in silenzio, sconvolta, poi ricominciò a parlare.
“Credo che il vostro capo abbia ordinato a Korn di andare all’agenzia ad uccidere Kogoro e a quanto pare è riuscito nel suo intento…”
“Che cosa?!” esclamarono insieme i due.
“Me l’ha detto Heiji… Era andato all’agenzia per parlarmi ed è successo proprio davanti ai suoi occhi.”
“Maledizione… - sibilò la donna per poi rivolgersi di nuovo al diciassettenne - Adesso dov’è?”
“L’ho mandato a casa mia ad avvisare Subaru Okiya dell’accaduto.” rispose.
“E’ tempo sprecato. Silver Bullet sarà già qui a momenti con molti agenti…” disse lei.
Il ragazzo rimase stupito.
“Tu… tu sapevi di…”
“Ovvio! - fu Amuro a rispondere - Secondo te perché non volevo venire a casa tua quel giorno? Lo sappiamo già da un po’ che Subaru Okiya e Shuichi Akai sono la stessa persona.”
“Quindi adesso cosa facciamo?” chiese Shinichi.
“Non ne ho la minima idea. - rispose Vermouth con aria grave - Farvi tentare di nuovo la fuga sarebbe rischioso per tutti a questo punto. L’unica soluzione che mi viene in mente è aspettare qui, finché non mi arriva il messaggio di conferma che Silver Bullet e la sua squadra sono qua davanti, ma anche in questo caso saremmo subito scoperti visto che il boss mi ha detto di portarti nel suo ufficio.”
“E allora andiamoci!” disse Shinichi deciso.
Era quasi un anno che aspettava quel momento. Vedere in faccia la persona che più di tutte gli aveva rovinato la vita e l’aveva resa un’inferno. Quella persona che odiava con tutta la sua anima e che forse ogni tanto negli angoli più reconditi del suo cuore e nelle parti più lontane della sua coscienza, avrebbe voluto vedere morta.
“Bene… Angel, tu rimarrai qui. Amuro prenditi cura di lei, fino al mio ritorno, se le cose si mettono male oppure arriva la squadra ci vediamo al corridoio sette tutti e quattro, tu accompagnerai lei e io lui.” disse risoluta.
“Perfetto!” disse Amuro tirando fuori la pistola e tenendola in mano, pronta per ogni evenienza.
Dopodiché Shinichi e Vermouth uscirono dall’ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.

Il ragazzo di Osaka era appena arrivato a villa Kudo, quando gli arrivò un nuovo messaggio di Shinichi.
Cambio di programma, a casa non troverai nessuno. Però è meglio se rimani lì, sotto lo zerbino c’è una chiave di riserva.
Guardò il display del cellulare innervosito. Ma per chi diavolo l’aveva preso? Per un moccioso? Lui non era come tutti gli altri. Non voleva essere protetto come Ran, Ai e tutti gli altri. Lui era il suo migliore amico, gli era stato sempre vicino in qualsiasi situazione. E l’avrebbe fatto anche ora, anche se questo avrebbe potuto voler dire farlo fino alla fine.
Si rificcò il cellulare in tasca e si diresse verso casa del dottor Agasa. Appena suonò il campanello la porta fu subito aperta, come se l’uomo aspettasse proprio sulla soglia.
Lo guardò bene, era preoccupato, si vedeva dalla carnagione particolarmente pallida e dall’espressione del viso.
“Heiji, accomodati.” disse subito scostandosi e facendolo entrare.
“Grazie professore, ma non voglio rubarle molto tempo. Ho solo bisogno di sapere cosa devo fare per raggiungerlo.”
L’uomo sospirò.
“Siete proprio uguali voi due. Seguimi.” disse rassegnato per poi dirigersi nuovamente verso il laboratorio di Ai, questa volta seguito da Heiji.

Shuichi stava guidando l’auto su cui c’erano anche Camel, James e Jodie. Dietro a loro, a distanza di sicurezza c’erano le altre auto.
L’uomo aveva acceso la radio, dopo aver finito di discutere di Rena Mitsunashi. Ormai non mancava molto alla destinazione e ascoltare qualche notizia o della musica per distrarsi dal lavoro era la cosa migliore.
Una notizia però attirò l’attenzione di tutti.
“E’ stato ritrovato un corpo senza vita nel fiume Tama. Il corpo appartiene a una ragazza del liceo, a quanto dicono i documenti che aveva nella tasca della giacca dell’uniforme il suo nome è Sera Masumi.”
A quel nome, l’agente dell’ FBI puntò il piede sul freno, facendo stridere le gomme dell’auto. Tutte le macchine dietro a lui si fermarono in tempo, evitando un incidente a catena.
“E’ una delle amiche di Ran!” esclamò Jodie con tono quasi sconvolto, mentre la radio continua a parlare di lei descrivendola.
“Non solo…” sussurrò Akai.
“La ragazza è morta solo da qualche ora a detta della scientifica, per via di un colpo d’arma da fuoco. Nessuna traccia del colpevole.”
Lei mani di Akai strinsero convulsamente il volante.
“Quei pezzi di merda me la pagheranno cara.”
Dopo aver detto ciò, premette di nuovo sulla frizione ingranò la prima e scalò le marce velocemente premendo in maniera folle l’acceleratore.
“Akai vuoi dirci che succede?” chiese Camel un po’ stupito.
“Succede che hanno ucciso mia sorella e questa volta non gliela perdono!” disse con torno furioso, lasciando tutti sbalorditi.

Il ragazzo si sistemò bene la giacca nera sopra la sua bella camicia bianca, poi guardò con aria maliziosa la donna di fronte a lui.
“Torno ai miei affari.” disse con tono tranquillo.
“Bene - rispose la donna - fagliela pagare per quello che ti ha fatto!” disse con tono deciso.
“Oh, puoi starne certa… - affermò lui con un tono mostruosamente perfido e quasi terrificante - Le farò rimpiangere di essere nata a quell’inutile sgualdrina!”
Poi con quel sorriso maligno ancora sulle labbra uscì da quell’ufficio spartano e s’inoltrò nei corridoi della sede dell’organizzazione.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:03
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 1/10/2014, 08:42     +1   -1




Vorrei proprio poter ucciderli io quei dannati. Confido nella tua bravura
 
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view post Posted on 14/10/2014, 11:40     +1   -1
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Parte diciottesima

Usciti dall’ufficio, Vermouth afferrò entrambi i polsi di Shinichi e glieli legò dietro la schiena, chiedendogli scusa con un sibilo della voce, poi tirò fuori la pistola e puntandogliela alla schiena lo iniziò a condurre verso l’ufficio del boss.
Durante il tragitto, però, stando attenti che nessuno li stesse a sentire e parlando a voce bassissima iniziarono a discutere. Fu Vermouth ad iniziare, doveva avvertire il ragazzo di ciò verso cui stava andando in contro.
“Ok Cool guy, ascoltami bene… So ciò che provi verso l’organizzazione e verso il boss, ma finché non siamo sicuri che Silver Bullet e i suoi sono qui e possiamo passare al contrattacco non provocarlo… Rispondi solo quando ti viene richiesto e cerca di non rispondere alle sue provocazioni, qualsiasi cosa dirai davanti al boss potrebbe ritorcetela contro e usufruirne per farti del male, quindi stai attento anche a ciò che dici…”
“Cavoli, ha l’aria di essere terribile…” sussurrò Shinichi.
“Lo è solo con chi non gli interessa. Era una persona fantastica una volta, ma il potere e i soldi sono tentazioni che riescono a corrompere quasi chiunque e il boss, purtroppo, non è un’eccezione.” rispose la bionda, con tono sempre più malinconico.
“Ho come l’impressione che ti abbia deluso, o sbaglio?” disse, sempre a bassa voce, il ragazzo.
“Era la mia migliore amica, forse più di quanto lo era tua madre…”
“Aspetta… Amica?” chiese con tono stupito Shinichi, interrompendo il discorso della donna.
Lei sorrise divertita.
“Sì, Cool guy, il boss è una donna. Comunque… lo eravamo fin da bambine, possiamo dire che abbiamo fondato questa organizzazione insieme, un po’ anche per gioco, un po’ perché volevamo sul serio fare qualcosa che sarebbe rimasto alla storia, impresso indelebilmente nella memoria di tutto il mondo. Poi però la cosa degenerò e fui io l’unica ad accorgermene, ma dirglielo non servì assolutamente a nulla, aveva sempre più potere, sempre più soldi, era temuta da tutti e questo le piaceva e le è sempre piaciuto. Ero la sua preferita solo per l’amicizia che ci legava, ma lei già non mi sopportava più, diceva che dovevo smetterla di pensare e vivermi tutto questo. Poi arrivò lui e…” strinse il pugno libero nervosa.
“Non sei costretta a raccontarmi tutto se non vuoi farlo.” la rassicurò lui.
A quella frase la coppia si zitti, mentre andavano verso quell’ufficio.

La campanella trillò per annunciare l’inizio dell’intervallo.
“Mi piacerebbe sapere dove si sia andato a cacciare Conan…” disse Ayumi tirando fuori il suo succo di frutta dallo zaino.
“E Ai allora? Se n’è andata via con Subaru e non ci ha più fatto sapere nulla.” sentenziò scocciato Genta addentando un pezzo di pizza.
“Ragazzi forse è successo qualcosa…” disse Mitsuhiko abbassando un po’ il tono della voce.
“Del tipo cosa?” chiese di nuovo il bambino robusto.
“Ricordate il discorso che ci ha fatto l’altro giorno Ai? Sul fatto che Conan doveva proteggerci? Forse loro due sanno qualcosa che noi non sappiamo…”
“Vuoi dire che ora Conan potrebbe essere ad affrontare quel tizio del bar?” chiese Ayumi, i suoi occhi già tremavano dalle possibili lacrime.
“Non lo so… Ma di certo non starò qui con le mani in mano a non fare nulla!” rispose il bambino lentigginoso con tono deciso.
“Sono d’accordo con te amico!” esultò Genta.
“Sì, ma come facciamo ad uscire da scuola, abbiamo ancora più di quattro ore di lezione.” disse Ayumi.
“Non vi preoccupate, seguite quello che faccio io.” disse.
Poi si buttò a terra e cominciò a strillare tenendosi la pancia, subito gli altri due lo imitarono.
A quei lamenti la signorina Kobayashi accorse subito, chiedendo ai bambini cosa fosse successo.
“Ho malissimo alla pancia!” mugolò Mitsuhiko.
“Anche io…” si lamentò Ayumi.
“E io pure…” li seguì Genta.
“Ma come mai così all’improvviso e tutti e tre assieme?” chiese stupita l’insegnate.
“Dev’essere stato il pollo di ieri, l’ha cucinato mia sorella e Ayumi e Genta sono venuti a mangiare da me.” rispose prontamente Mitsuhiko continuando a stringersi le mani sullo stomaco.
“Eh va bene, vi accompagno in infermeria.” disse la maestra, per poi mettersi dietro ai tre bambini e dirigersi verso l’infermeria della scuola elementare Teitan.

Ran era di nuovo seduta sulla sedia che c’era dietro alla scrivania, con lo sguardo spento.
Amuro non aveva la forza di fare nulla. Stava lì, in piedi, con la pistola in mano. Aveva vissuto gli ultimi mesi a casa di quella ragazza e di suo padre e vederla in quel modo lo faceva star male.
Ricordava ancora che quando Vermouth gli disse che l’avrebbero dovuta proteggere a qualunque costo, lui si era sentito rassicurato. Per lui era diventata come una sorella adottiva e non avrebbe mai voluto vederla soffrire a quel modo.
Tentò di parlare, ma non ebbe neanche il tempo di emettere un fiato che Ran ruppe quel silenzio.
“Amuro… Tu lo sapevi che Conan era Shinichi vero?” la sua voce era spezzata e debole, come se non avesse avuto più la forza di parlare.
“Lo immaginavo sì…” rispose il biondo, capendo finalmente cosa era accaduto poco prima che entrassero lui e Vermouth nell’ufficio.
“Dimmi, tu lo faresti? Mentiresti mai per quasi un anno alla persona che dici di amare?” chiese di nuovo.
Non lo guardava in faccia, guardava da un’altro lato.
“Io credo… Credo che… Sì lo farei… Se fossi sicuro che sarebbe l’unico modo per salvarla lo farei…” rispose.
Solo in quel momento lei si voltò, e i suoi occhi di nuovo pieni di lacrime ponevano una sola domanda.
Il ragazzo sospirò, si avvicinò a lei, posò la pistola sulla scrivania e si chinò, mettendole le mani sulle spalle.
“Ran ascoltami, l’unico errore che Shinichi ha fatto è stato innamorarsi di te… Per proteggerti gli sarebbe bastato farti credere che fosse morto, come ha cercato di farlo credere a noi… In questo modo Ikuto non sarebbe arrivato a te, e tutto questo non sarebbe successo… Come pensi avrebbe potuto sopportare le tue lacrime se tu avessi creduto che lui non sarebbe mai più tornato?”
Lei tirò sù col naso e con la manica della felpa nera si asciugò le lacrime.
“Non lo so… E’ che in questo momento mi sta davvero crollando tutto il mondo addosso… Mi sento…”
Non riuscì a finire la frase. Tooru Amuro, inaspettatamente, l’aveva abbracciata.
“Risolveremo tutto Ran, te lo prometto…” le sussurrò a un orecchio.

Finalmente una porta nera e lucida si parò loro davanti e si fermarono. La bionda gli sussurrò nuovamente di seguire i suoi consigli e poi con fare delicato bussò.
“Avanti…” si sentì dire dall’altro lato.
Solo a quell’invito la donna, prendendo prima un grosso respiro, abbassò la maniglia e spinse la porta verso l’interno.
Entrarono, e per un attimo a Shinichi sembrò che il mondo stesse andando a rallentatore, dandogli la possibilità di guardarsi in intorno e di ammirare la donna più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita.
L’ufficio era spartano, al contrario di quello di Vermouth, in cui era stato, non c’erano poltrone, fotografie o decorazioni. C’era solo una scrivania in legno scuro, con sopra un portapenne a una cartella di documenti, una libreria stipata di libri sull’economia e sulla politica e una poltrona girevole proprio dietro la scrivania. Il tutto però era mostruosamente professionale e per niente apatico, come ci si potrebbe aspettare. Il problema è che quella semplice stanza era completamente oscurata dalla bellezza che vi era dentro, seduta in modo quasi provocante su un lato della scrivania.
Lo sguardo di Shinichi si fermò parecchio su di lei, e gli fu davvero difficile mantenere la sua freddezza.
Indossava un tailleur nero, molto elegante. Le sue scarpe col tacco a spillo erano lucide e nere. Le sue gambe accavallate avevano l’aria di essere le più vellutate e perfette che potessero esistere ed erano fasciate dalla gonna nera, che probabilmente se fosse stata in piedi le sarebbe arrivata poco sopra le ginocchia e che invece in quel momento le arrivava solo a metà coscia. La sua vita non era sottile, ma perfettamente adeguata al resto del corpo, stretta dentro la camicetta bianca e la giacca nera, entrambe abbottonate solo fino alla riga del seno, un seno davvero prosperoso e perfetto. Ad adornare il suo collo c’era una stupenda collana di perle bianche ed opache, sicuramente vere. E per completare la bellezza quasi surreale, una cascata di capelli mori dai riflessi rossi le cadeva sulla spalla sinistra, mentre due magnetici e perfettamente truccati occhi verdi incrociavano quelli un po’ stupiti e spaesati di Shinichi.
Poi probabilmente il tempo ricominciò a prendere il suo ritmo normale, perché Shinichi sentì la porta alle loro spalle chiudersi, sicuramente era stata Vermouth, e quella donna scendere dalla scrivania ed avvicinarsi a loro.
Persino nel camminare quella donna aveva una leggiadria e un’eleganza inimmaginabile, e inspiegabilmente il cuore del diciassettenne iniziò a martellare imperterrito nel suo petto.
“Così tu sei il famoso Shinichi Kudo…” disse prendendolo per il mento con due dita e squadrando il suo viso come se fosse un prodotto da comprare.
Il ragazzo sentì le mani, ancora legate dietro la schiena iniziare a sudare. Davanti a quegli occhi freddi e stupendi come due smeraldi, che gli bucavano l’anima, si sentiva impotente e sperduto.
“Sinceramente mi aspettavo di più, da colui che è riuscito a sfuggire a al mio miglior sicario.” disse lei mollandolo e tornando verso la sua scrivania.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, vedendola allontanarsi di nuovo. Rilassò di nuovo i muscoli e s’impose di rimanere lucido e freddo. Non aveva davanti una modella, aveva davanti il capo dell’organizzazione. Una donna spietata pronta a tutto per arrivare dove vuole e ottenere il suo obbiettivo.
La donna si sedette sulla poltrona e poggiò gli avambracci sulla scrivania intrecciando le dita delle mani.
“Allora Shinichi… dimmi… Come mai non sei morto undici mesi fa?” chiese con voce melodiosa e dolce, come se stesse parlando a un figlio.
“L’aputoxina era ancora sperimentale e non ha avuto l’effetto che doveva avere.” rispose con tono freddo, era di nuovo completamente lucido.
“Curioso, prima che la nostra scienziata sparisse avevamo fatto tutti i test ed avevano avuto risultati positivi. Mi stai dicendo che su di te ha avuto un effetto diverso?”
“Esatto… Sono rimasto svenuto per un paio di giorni, dopodiché è tornato tutto normale.” mentì, con tono sicuro.
“Però sei sparito…”
“Ho nascosto le mie tracce ed ho continuato ad indagare su Gin e Vodka, arrivando fino all’intera organizzazione. Non potevo permettermi che pensaste che ero sopravvissuto così sono sparito, in modo che mi credavate morto.”
“Poi però due settimane fa Assenzio è venuto da me e mi ha detto che aveva avvicinato la tua ragazza e aveva scoperto che eri ancora vivo.”
Le mani dietro la schiena si strinsero a pugno, e il diciassettenne dovette usare tutto il suo autocontrollo per non digrignare i denti dalla rabbia.
“Direi che il suo piano per attirarti qui, ha funzionato alla perfezione.” concluse la donna.
“Ci sarei venuto comunque prima o poi. Ho intenzione di mettere la parola fine a questa organizzazione…” si dovette mordere la lingua per non proseguire.
Aveva esagerato. Sicuramente Vermouth, dietro di lui gli aveva lanciato un occhiata accusatoria e preoccupata allo stesso tempo, o forse era riuscita comunque a mantenere la sua freddezza. Fatto sta che aveva esagerato.
“Ma davvero? - chiese con tono divertito la mora - E dimmi come hai intenzione di intraprendere questa tua grande impresa?”
Il ragazzo abbassò gli occhi. Aveva parlato a sproposito e non aveva la risposta pronta come prima. C’erano due alternative o rimaneva zitto e faceva finta di niente oppure interpretava la parte del ragazzino coraggioso e masochista finché quel maledetto messaggio di Akai non fosse arrivato.
Alzò di nuovo lo sguardo. Uno sguardo furibondo.
“Non lo so. Ma stai pur certa che ci riuscirò!” rispose deciso.
“Non credo di averti dato il permesso di darmi del tu, moccioso. Comunque sia credo che senza un piano sia un po’ difficile che dici?”
“Questo lo vedremo, forse non lo sai, ma sono parecchio bravo ad improvvisare…”
Non sapeva più che dire. Sperava con tutto il cuore che quel maledetto messaggio arrivasse in fretta.
“Bene, allora ti illustro la situazione perché forse non ti è abbastanza chiara. - disse alzandosi in piedi e avvicinandosi di nuovo a lui - Tu sei qui. Legato, davanti a me e con uno dei miei alle tue spalle. La tua ragazza è da qualche parte in questo edificio, e ti assicuro che anche se è scappata di nuovo Assenzio la ritroverà prima che possa uscire. Ora io ti consiglio di tenere quella tua boccuccia chiusa - disse afferrandogli le guance con due dita e stringendo sulle labbra - se non vuoi che lei ci rimetta le penne. Sono stata chiara?”
Shinichi era di nuovo nel panico. Aveva esagerato di nuovo e questa volta aveva messo nuovamente in pericolo Ran, ma subito qualcosa smosse le rocce sul suo petto e sul suo stomaco facendo entrare uno spiraglio di speranza. La voce di Vermouth dietro di lui parlò.
“Boss, abbiamo un problema. A quanto pare gli agenti dell’FBI stanno facendo irruzione nell’edificio.”

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:04
 
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