| FILE XXXIII RIGENERAZIONE Il Sole sorse con timidezza, sconfiggendo temporaneamente la tetra oscurità che aleggiava su Tokyo. Il campo aveva finalmente riacquistato il proprio ordine, sicché le famiglie, prima disperate e urlanti, ora piangevano silenziosamente nelle loro tende. L’aura di sconfitta impregnava la città, pietosamente indaffarata nei suoi costanti tumulti sociali. Kogoro si erse per ammirare la fioca e pallida luce, elevandosi al di sopra del dolore per ricevere l’aiuto della figlia, che si prodigava affinché il padre non precipitasse a terra a causa della ferita. Il gruppo riunito si avviò verso l’uscita del campo. Un’immensa e cieca determinazione pervadeva le menti di ogni elemento del gruppo. I Detective Boys non erano più bambini… la violenza cui avevano assistito aveva cancellato ogni traccia d’illusione infantile dai loro cuori. Sonoko si avviava, sorretta da Eri, verso l’ospedale per valutare gli effetti della violenza, ma non provava alcun sentimento; era stata svuotata dell’amore e della pace. Agasa, un povero vecchio che aveva sempre sperato nel meritato riposo della vecchiaia, avvertiva su di sé il pesante fardello della colpa; avrebbe potuto impedire il coinvolgimento degli innocenti bambini. La mente della moglie del detective Mouri non riusciva a liberarsi della tetra angoscia per il marito e per il disperso Conan, vittima della furia incontrollabile della Morte Rossa. Heiji Hattori ribolliva di un’impavida e quasi palesata follia sempre crescente, accentuata a ogni istante dalla scomparsa del suo migliore amico. Kazuha, appoggiata mestamente all’amico d’infanzia, non aveva nemmeno la possibilità di pensare, attorniata da orrende visioni di morte e sofferenza. Ran e Kogoro, portatori di una scomoda e orrenda verità, incespicavano senza speranza nel grigiore malato dell’inquinamento urbano, intervallato da timidi raggi solari che rivelavano un meraviglioso cielo sereno, occultato dalle nubi di smog. Haibara rifletteva. Il detective del terzo millennio, la speranza della sua vita, l’unico essere umano che avesse risvegliato la sua umanità, cacciando la gelida spietatezza della scienziata nerovestita, era svanito, consumato dall’incomprensibile ed eterno riposo. Tutti erano stati colpiti al cuore, confermando le previsioni infauste di Moriarty. Okiya, la cui vicinanza non le aveva provocato la consueta sensazione, afferrò delicatamente la mano di Ai, sorridendo con dolcezza. Non era la fine. Una vita intera li aspettava… Conan sarebbe tornato. Sherlock Holmes era stato obbligato a rinunciare al dono della vita per trionfare sul male, ma era poi risorto dalle proprie ceneri per portare la luce della ragione nell’eternità del buio mortale. Haibara si fermò improvvisamente mentre il gruppo procedeva con lentezza, distanziandosi dagli altri. «Non è finita…» Le lacrime cominciarono a rigare il suo viso. Il resto della disperata comitiva si fermò, voltandosi verso l’insolita e risoluta bambina. «Conan non è morto… Morte Rossa non ha ancora vinto. Morte Rossa non può vincere.» Kogoro scosse leggermente la testa, ormai incapace di provare fiducia nel futuro. Il suo goliardico senso dell’umorismo, un disperato tentativo di velare i propri tormenti interiori, era completamente svanito, facendosi rimpiazzare dalla celata sconsolatezza. Il ricordo di Akemi instillò immediatamente un autoritario e positivo auspicio nelle parole di Shiho. «Che cosa direbbe Conan se ci vedesse ora? Egli vedrebbe i cenci della nostra forza dispersi e piangenti… e ci griderebbe a piena voce di rialzarci! Noi siamo l’ordine, siamo i sentimenti, siamo la vita! Nulla potrà mai cambiare questo… neanche la Morte Rossa. Il nostro amore per Conan si trasformi nel motivo per continuare a vivere: lui non ci avrebbe mai permesso di ridurci così. Moriarty potrà averci rubato le anime, ma non ci priverà mai dell’unione affettiva che ci lega! Quel mostro non può sapere cosa sia l’amore, non conosce la speranza, non ricorda il cambiamento né la pace! Il mondo potrà crollare intorno a noi, ma resisteremo e continueremo a lottare per ciò che è giusto! Il vuoto non ci avvolgerà, non ci divorerà… quando abbandoneremo l’esistenza, ovunque andranno i nostri corpi, saremo uniti per l’eternità. Nessuno potrà mai separarci… neanche la morte.» Ran spalancò gli occhi e, separandosi per un momento dal padre, camminò verso Ai prima di abbracciarla in un raro e innaturale momento di silenzio cittadino. Il vento cancellò i pensieri, lasciando unicamente la speranza. «Hai ragione, Ai. Possiamo ancora vivere: finché non ci abbandoneremo a Lui, Morte Rossa non potrà mai raggiungerci.»
Edited by MAN_IN_BLACK - 30/5/2012, 12:20
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