FILE XLII
MORTE E RINASCITA
Un altro missile penetrò all’interno del piano, innalzando ulteriormente polvere e distruggendo in maniera orripilante i cadaveri dei poliziotti.
La polvere sollevata dalle esplosioni si addensò nel corridoio, mentre le robuste gambe dei due uomini battevano furiosamente sul pavimento a ogni rapido passo.
Mentre i proiettili disegnavano ampi archi di morte e le forze dell’ordine assediate tentavano di mantenere il controllo, Heiji Hattori e Kogoro Mouri si precipitarono contro i soldati del culto, che attendevano smaniosi nelle uniformi anonime e insanguinate.
Una granata esplose a pochi metri da Kogoro, che si coprì con un tavolo e non cadde.
Gli occhi del padre determinato e del giovane furente s’infiammarono, liberando le catene degli istinti animaleschi e primitivi.
Dietro di loro, tutti gli agenti levarono un grido e si scagliarono contro gli invasori, rivelando l’odio inarrestabile e insano appena scoperto.
La bambina dai capelli ramati entrò negli uffici, ove mirò brani di carne sparsi sul pavimento e pochi cultisti, i cui corpi erano stati forati da innumerevoli pallottole. L’ordine aveva trionfato… per il momento.
Si diresse verso Kogoro Mouri, che stava parlando con il tranquillizzante ispettore Megure, chiaramente ferito a un braccio, e gli agenti sopravvissuti.
Tutti si voltarono immediatamente.
Ayumi abbracciò piangendo l’amica.
«Per fortuna sei qui, signorinella… stavamo per venirti a cercare», dichiarò con solennità Megure.
«Come hai fatto a evitare quegli uomini, Ai?»
Haibara chinò tristemente il capo prima di rispondere al quesito di Ran.
«Akira… mi ha detto di nascondermi ed è andato via. Ha attirato il gruppo che ci stava cercando lontano da me. L’hanno inseguito… e non so cosa gli sia successo.»
«Da che parte è andato?», chiese la preoccupata Ran.
«Verso l’uscita.»
Udendo quelle parole, l’intero gruppo si precipitò alla ricerca dell’eroico salvatore della bambina.
Nessuno voleva crederci.
La testa di Akira, piena di ferite e graffi, era stata impalata senza pietà in mezzo alla strada. Il sangue macchiava l’asfalto. Il nobile filantropo era morto… ora rimaneva soltanto la morte.
Agasa impedì ai Detective Boys di assistere a un simile orrore e li riportò velocemente all’interno della centrale, resa ormai sicura dalla polizia, che aveva lottato fino allo stremo per difendere la civiltà.
Ran scoppiò in lacrime.
«Non ne posso più…»
Kogoro si chinò per abbracciare la figlia.
«Perché? Perché sta succedendo tutto questo?»
Ran cercò di pensare a Shinichi, uno dei pochi fari illuminanti della sua vita. Mentre le nubi oscure si addensavano, la luce del detective continuava a risplendere per preservare la mente dell’amata.
Megure raccolse un foglio nei pressi del tetro monito del culto.
«Kogoro! Devi assolutamente leggere questo messaggio.»
L’uomo, senza separarsi da Ran, afferrò la breve lettera, rivolta a lui.
La strada del ritorno ha sempre qualcosa di malinconico.
Morte Rossa
«La riconosco: è la sua calligrafia. Moriarty l’ha ucciso personalmente… ne sono sicuro.»
Mentre Heiji faticava a mantenere il controllo di sé, ricevette un messaggio al cellulare.
L’investigatore trasalì quando lesse le coordinate della posizione in cui, secondo le informazioni fornite, era stato recluso Conan Edogawa.