| FILE XLVI CONFRONTO INEVITABILE Il sangue colava copiosamente dalle ferite. Gli indumenti del Dio divenivano sempre più pesanti. Non avrebbe retto ancora a lungo il pesante fardello di tale identità. Il suo fragile organismo umano non sarebbe mai stato in grado di imitare la perfezione mentale e strutturale della Morte. La fabbrica abbandonata in cui era stato rinchiuso il bambino si stagliava di fronte a Carcassa, che ansimava pesantemente all’interno della maschera vitrea del suo padrone eterno. Aveva ancora un compito da svolgere per Lui. Spinse con forza il portone cigolante, mentre la flebile luce solare illuminava timidamente l’interno arrugginito del fabbricato. Un uomo lo attendeva. «Sapevo che saresti venuto qua… ti sei presentato, alfine.» Carcassa, il cui volto giapponese era celato dalla tetra raffigurazione dell’Incubo, rimase in silenzio. «Non sono un codardo, Gin. Il tuo recente messaggio di sfida mi ha fatto infuriare solo di più. Sono giunto per farti a pezzi.» «”Infuriare”? Sono terrorizzato…» Gin si voltò e sparò senza alcun avvertimento precisamente contro i fori, presenti sul Trench, che le pallottole dei sicari avevano in precedenza prodotto, trapassando nuovamente la carne dell’avversario, che cadde a terra. Gin rimase immobile e a distanza di sicurezza dal ferito. «Che ti aspettavi? Uno scontro leale? Non sono un idiota... sono un sicario.» Carcassa, con le ultime forze rimaste, si sollevò in piedi. «Il culto non cederà… anche dopo la mia morte, continuerà a mietere il giusto tributo da questa civiltà malata.» «Può darsi… ma tu non vivrai per vederlo.» Un altro colpo della Beretta ruppe il vetro antiproiettili della maschera, già danneggiato, e s’infisse profondamente nella testa del seguace del culto. «Morte Rossa… la continuazione la vedrai dall’aldilà.» Sul volto di Gin s’impresse un ghigno malefico. Eliminato il pericolo, si avvicinò al cadavere per spogliarlo delle eventuali armi e fotografarne il volto sanguinante, come aveva domandato esplicitamente “quella persona”. Il temuto e sadico uomo in nero sobbalzò leggermente quando si accorse che Morte Rossa era disarmato e notò alcune protuberanze insolite. Dopo aver tagliato il vestito con un coltello, comprese ciò che stava rischiando e si lanciò rapidamente verso l’uscita. Quando ebbe oltrepassato la porta, le cariche esplosive nascoste all’interno dell’indumento devastarono il complesso.
«Sì, Vermouth: è morto, ma per poco non ci ho rimesso la pelle... e sono pure ferito. Vodka mi sta portando via. Possiamo considerare chiusa la faccenda.» Gin, dopo aver udito la secca risposta della donna, chiuse, disgustato, la telefonata e si concesse un raro momento di riposo, sedendosi comodamente sul sedile della macchina. «“Quella persona” ha detto che il bambino catturato da MR non dovrà essere eliminato, visto che non ha potuto appurare le nostre identità né la natura della nostra Organizzazione. Il fatto che fossimo travestiti da cultisti l’ha salvato… per ora.»
Un Dio scrutava da lontano la Porsche 356A che si allontanava. «A presto, Carcassa: ora sei ricongiunto al cerchio universale. Nulla può ferirti, il freddo artiglio della vita e il terrore della fine dell’esistenza non permangono più dentro il tuo guscio devastato. Poveri illusi! La Morte Rossa non può essere fermata: l’Organizzazione cadrà.»
Edited by MAN_IN_BLACK - 24/12/2020, 09:42
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