FILE LI
ESITI PREVISTI
«Kogoro, Heiji, Conan… siete l’ultima speranza che ci rimanga. Vi forniremo dei giubbotti antiproiettile per aiutarvi… almeno un po’.»
Heiji ignorò le parole dell’ispettore mentre tentava di mettersi in contatto telefonicamente con i genitori, fallendo a causa dell’intasamento delle linee.
Il liceale s’incupì e non rispose ad alcuna sollecitazione, pur accettando, con brevi cenni della testa, di partecipare alla missione apparentemente suicida insieme al migliore amico e al detective incapace che aveva contribuito a creare il mostro che aveva probabilmente sterminato la sua famiglia.
«Conan, non chiamare Ran… non voglio che sappia cosa andremo a fare.»
Kogoro, tristemente determinato, si rivolse agli agenti.
«Promettete di difendere Ran ed Eri da ogni pericolo.»
Sato e Takagi furono i primi a inchinarsi con rispetto e mestizia dinanzi al coraggioso Mouri.
«Mi dispiace che voi ragazzi siate stati coinvolti… soltanto io meritavo una simile punizione.»
Conan chinò il capo e cominciò a riflettere.
Egli ripensò all’enigmatica apparizione di Vermouth, che aveva riconosciuto dall’espressione “Cool Guy”, nel covo di Morte Rossa, al legame di parentela che univa quest’ultimo ai Dornez, ai numerosi “pianti” del folle e dei suoi seguaci e alla presenza del cellulare di Akira nell’albergo di Nikko, che si era rivelato stranamente inutile (fatto insolito all’interno di un piano di un maniaco della precisione come Moriarty). Rifletté anche sulle informazioni, ottenute in maniera insolita da quest’ultimo, riguardanti i luoghi degli attacchi, sui messaggi della Morte al fratello, sul cadavere carbonizzato di Morte Rossa nel capannone, sulle telefonate anonime che avevano permesso la distruzione del culto e, soprattutto, sullo strano e ambiguo comportamento dell’altruista direttore nei confronti di Ai.
Non riusciva a capacitarsi del motivo per cui, inizialmente, non le avesse prestato minimamente attenzione (non più di quanto avesse fatto con gli altri membri del gruppo) per dimostrarsi, in seguito, pericolosamente interessato al suo destino e al suo tenebroso passato.
Il figlio del ricco Caesar, poco prima di allontanarsi da Ai durante l’assalto alla stazione di polizia, aveva rivolto a quest’ultima la parola un’ultima volta, ma, per ovvie ragioni, la scienziata non aveva potuto rivelare la conversazione segreta alla polizia.
Cercò di ricordare precisamente le parole usate.
L’Organizzazione ha generato il vero orrore;
l’universo stesso piange di fronte alla tracotanza di una simile mostruosità.
Lui morirà insieme al Progetto…
e i Miyano scivoleranno nell’oblio.
Nessun problema, giovane Shiho:
tu sopravvivrai.
Adesso nasconditi:
a loro penso io.
Terminato il breve discorso, Akira aveva tirato fuori dalla propria tasca l’inconfondibile cellulare nero e bianco e si era diretto verso l’uscita.
Due termini attraversarono la sua mente geniale, ripetendosi innumerevoli volte all’interno del suo esperto encefalo.
Conan fu folgorato dall’illuminazione della verità.
Ora la paura non lo dominava più, giacché aveva quasi il completo controllo della situazione.
Un solo dubbio lo attanagliava.
Era profondamente disgustato: qualunque fosse stata la natura di tale “progetto”, non giustificava simili azioni.
Una cosa era certa: non poteva ancora riferire le sue osservazioni ai compagni a causa delle implicazioni legate all’Organizzazione, che era tornata prepotentemente al centro dei suoi pensieri.
Aveva quasi tutte le carte in mano, ma quella fondamentale persisteva nella sua fastidiosa fuga e soltanto Moriarty avrebbe potuto fornirgliela.
Heiji Hattori mirò con sguardo sconsolato l’amico, invidiando la natura conosciuta del sorriso involontario che si era sporto sfacciatamente dall’interiorità di Shinichi Kudo.
Il liceale rimpicciolito, fino a quel momento totalmente immerso in pensieri razionali e dominabili, fu ricacciato in pochi secondi nella misera e caotica realtà.
«Kudo…»
I mormorii disperati del giovane furono uditi solo dalla persona in questione, che si era avvicinata allo studente dalla pelle scura per tentare inutilmente di aiutarlo.
Non aveva ancora pensato alle conseguenze attuali del piano di Morte Rossa.
I genitori di Heiji erano probabilmente morti, mentre intere città erano state devastate dal culto della Morte Rossa.
Kogoro s’inginocchiò per cercare di sollevare il liceale, che si era seduto sul pavimento.
«Heiji… mi dispiace.»
«Già…»
L’intero gruppo si fermò per udire le tragiche sentenze di Hattori.
Sato e Takagi cercarono pateticamente di consolarlo.
«Tutto è finito, ma questo non m’impedisce di lottare. Catturerò quell’abominio… e lo consegnerò alla giustizia per farlo impiccare.»
Heiji Hattori si alzò per ammirare la sconsolata potenza della moderna torre di Tokyo, che aveva cominciato a risplendere mentre il malato vento urbano scomponeva i capelli dell'adolescente sconfitto.