Accidenti... dicevo che avrei diminuito il ritmo, ma, a quanto pare, mi sono contraddetto di nuovo! A voi i commenti
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FILE XII
IL SEME DELLA FOLLIA
«Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto.»
Sonoko lesse timorosamente la citazione nietzschiana, impressa paurosamente sopra un muro mediante uno spray rosso, senza coglierne il vero significato, prima di procedere per le strade della città in rovina, che, fino a qualche ora prima, era un incantevole paradiso.
I pochi umani rimasti vagavano deliranti e senza meta, mormorando pietosamente i nomi delle persone che avevano perso durante l’attacco impietoso della Morte o strisciando per terra tentando di strapparsi i capelli. Sembrava che un inferno perverso e il sogno di un folle avessero sostituito il mondo reale, tramutandolo in una grottesca parodia della verità.
Vide, strizzando gli occhi arrossati a causa del fumo accecante, una piccola squadra di uomini armati che procedeva rapidamente verso i sopravvissuti.
«Siamo qui! Venite ad aiutarci!», urlò, sperando che quei poliziotti potessero fornirle un supporto valido nella ricerca degli altri e soprattutto di Ran, la cui assenza la stava enormemente turbando; era quest’ultima, infatti, a salvarla da ogni situazione di pericolo; sentiva di non essere nulla senza di lei.
Un proiettile trapassò inaspettatamente il suo braccio, facendola cadere a terra strillando. Dinanzi a lei, gli uomini incappucciati, ora maggiormente visibili, stavano sistematicamente facendo a brandelli con dei machete gli ultimi rimasti senza pronunciare una sola parola. Questo era davvero troppo.
La ragazza si alzò e iniziò a correre, ignorando il lancinante dolore grazie al totale terrore che l’aveva ormai invasa. Non le importava più di salvare gli altri: l’istinto di conservazione la stava incitando inconsciamente a disinteressarsi del destino degli estranei. Non sarebbe morta quel giorno… il suo cervello non glielo avrebbe consentito.
«Adesso sarà meglio portare a letto i ragazzi… ne hanno passate davvero troppe. Quando avremo finito, sarà meglio setacciare l’albergo in cerca di eventuali ordigni; mi fido di te, Conan, ma preferisco essere sicuro di ciò che hai affermato», consigliò Agasa, che si stava seriamente preoccupando per la sorte di Ai, che pareva quasi in fin di vita.
Akira tentò, intanto, di comunicare con l’apparecchio telefonico della reception, ma i cavi delle linee erano stati, evidentemente, tagliati, impedendo le comunicazioni con il mondo esterno attraverso quella via. I cellulari degli ospiti, inoltre, erano misteriosamente scomparsi prima del loro risveglio, lasciando attivi soltanto quelli di Conan, dei suoi amici e di Akira.
«Sonoko… Sonoko! Sei viva!», esclamò Ran, che si risollevò da terra per correre incontro all’amica, creduta morta fino a quel momento. Quest’ultima non rispose, rimanendo in silenzio mentre continuava a fissare il pavimento con gli occhi sgranati.
«Devo consegnare questo messaggio ad Akira.», disse la giovane, in preda allo choc.
L’addetto si voltò con preoccupazione verso di lei, scrutandola dubbiosamente prima di avvicinarsi alla studentessa per prendere il foglio di carta dalla sua mano.
«Sonoko, cosa ti hanno fatto?», chiese l’amica, carezzando mestamente i capelli di quest’ultima.
Akira, intanto, lesse lentamente la comunicazione che avrebbe cambiato per sempre la sua esistenza.
«No, perché… perché? Maledetto bastardo! Me l’avevi promesso… perché l’hai fatto?»
Il distrutto receptionist crollò a terra, strappando la lettera a lui rivolta e urlando in preda alla furia e all’angoscia.
«Cos’è accaduto? Che cosa hai scoperto?», domandò Conan.
«Voi… li avete ammazzati tutti.»
Edited by MAN_IN_BLACK - 25/4/2012, 09:49