Grazie a tutti ragazzi, davvero!
mi dispiace per il ritardo ma ho avuto una settimana di fuoco e con il caldo e tutto mi manca l'ispirazione di scrivere...spero mi torni al più presto!
Poi sono contenta che stiano trasmettendo il film "l'inseguitore corvino" proprio in queste serate, così chi non l ha visto può capire meglio la ff^^ e poi,merita!
bene,ecco a voi il prossimo Chap
CAPITOLO 6: Proteggere e Trovare...
Il giorno arrivò, splendente più che mai, le nuvole grigie avevano lasciato posto ad un cielo azzurro e ad un sole che già nella prima mattina scaldava che un piacere.
In città un viavai di macchine, autobus e gente che si affrettava per le strade, chi andava al lavoro, chi a scuola…
I bambini erano entusiasti della bella giornata estiva, così come i ragazzi.
“Ha, è proprio una bellissima giornata oggi, vero Ran?” disse Sonoko all’amica, stiracchiandosi le braccia.
“Gia!mi dispiace per Conan che non può godersela…”
“Ha, il marmocchio è a casa malato è?”
Ran annuì.
Poco distante incrociarono i Detective Boys, anche loro intenti ad andare a scuola.
“Dov’è Conan?” chiese la piccola Aiyumi
“Mi dispiace, ma è a casa del dottor Agasa con la febbre..”gli spiegò Ran
“Che peccato…” disse Mitzuhiko.
I tre amichetti si guardarono con sospetto,mentre la combriccola si rimise a camminare, le due liceali si misero a parlare dei loro discorsi, mentre i bambini discutevano tra loro d’altro,
“Manca anche Ai..” fece notare Genta
“Non trovate che ultimamente Conan si comporti in modo strano?” disse Mitzuhiko.
“Già…” Aiyumi era molto preoccupata per il suo piccolo amico, ed era triste per il fatto che non potesse vederlo.
I tre rimasero in silenzio, ognuno con i propri pensieri finchè non arrivarono a scuola e durante la giornata i loro pensieri furono dimenticati.
Drin…drin…drin…
Il telefonino di Conan lo svegliò, il quale si alzò lentamente, prese ad occhi chiusi il cellulare e rispose
Pronto..?” disse con voce sonnacchiosa
“Hei, Kudo!” l’accento tipico di Osaka risuonò nelle sue orecchie.
“..Heiji!”
“Sei vivo,Kudo!?” lo rimproverò e Conan fu costretto ad allontanare il cellulare dall’orecchio
“Hattori, puoi per favore non urlare?”
“Ha si.
Ti senti bene? Hai una voce…”
Conan sbadigliò
“Ha! eri ancora a letto he?” scherzò lui
“Piantala, non sono stato bene ieri.”
Conan si alzò dal letto ei si diresse verso la porta.
“Sei riuscito a risolvere il caso? Non mi hai più chiamato.”
“Scusami, me ne ero scordato”
“Grazie per la considerazione he? Be, ti ho chiamato anche per un altro motivo…
se non sbaglio abbiamo un incontro in sospeso io e te” e si mise a ridacchiare
“Heiji, non è proprio il momento delle visite” disse Conan strofinandosi i capelli.
“Tutte scuse…dì che non c’hai voglia di venire fin qua!” disse Heiji scherzando
Conan si diresse giù per le scale. Un altro sbadiglio. Provò a sentirsi la fronte, sembrava che la febbre fosse sparita.
“Mi senti Kudo?” urlò un Heiji impaziente
“Ti sento benissimo!” rispose di rimando Conan.
“Ok ok, senti…”
“Heiji…” la voce del bambino si fece d’un tratto seria. L’amico percepì che qualcosa non andava.
Conan stette in silenzio, non sapendo bene cosa dire.
“…Si sono fatti vivi?” chiese preoccupato
Conan sorrise amaro
“Non è il caso di parlarne al telefono.”
“Ok, ho capito. Ti raggiungo appena possibile!” e così dicendo riattaccò
“Heiji!?” provò a fermarlo, ma era tardi.
‘
Per una volta che stacca lui, gliela faccio passare’ pensò con un sorrisetto.
Conan rassegnato, aprì la porta ed entrò in sala sotto gli sguardi curiosi di Agasa e di Ai, la quale si alzò e si avvicinò al detective, mettendogli la sua manina sulla fronte per sentirgli la febbre.
Lo sguardo impassibile di Lei, quasi severo e la vicinanza tra loro, lo fece lievemente arrossire. Quel loro contatto sembrava non terminare.
“Bene, sei guarito” disse lei con un sorriso accennato, lui annuì.
‘Sarà la febbre…’ pensò con un sorrisetto.
“Come mai non sei a scuola?”
“Che domande…perché dovevo badare a te” scherzò lei
“Spiritosa…”
La scienziatina si sedette sul divano a leggere una rivista e Conan andò a vestirsi.
Mentre era nella stanza ripensava continuamente a quegli individui.
Doveva proteggere tutti quelli con cui aveva avuto dei contatti…ma come? Da solo non poteva proteggere contemporaneamente Ran, Goro, i Giovani Detective, Agasa, Ai e magari pure l’ispettore Megure, l’agente Tagaci, Sato e tutti gli altri.
No, ci voleva una soluzione.
Si grattò la testa cercando di trovarne una, quando tra le persone che stava pensando, glie ne venne in mente una in particolare che poteva fare al caso suo.
Proprio non gli andava di chiedere aiuto, ma arrivati a quel punto poteva succedere di tutto.
Prese il cellulare e compose il numero di quella persona.
“Ponto?” rispose una voce femminile
“Salve, agente Jodie…”
La Porche nera sfrecciava a tutta velocità quel pomeriggio tra le strade del Giappone.
Al volante c’era un uomo dai lunghi capelli biondi, i suoi occhi furibondi più che mai e il vestito nero a renderlo ancor più minaccioso.
Il suo compagno seduto di fianco lo guardava con sguardo timoroso, come se volesse replicare qualcosa, ma poi cambiava idea per paura di farlo arrabbiare ancora di più.
“Senti Capo…” iniziò timoroso Vodka
Silenzio.
Nessun cenno da parte sua.
“ Non credo che in quelle condizioni dovresti…” ma Gin gli lanciò un occhiataccia che lo bloccò all’istante.
“Taci! Troverò quel ragazzino e allora lo ucciderò lentamente…gli farò pentire di ciò che ha fatto…” la sua voce era cavernosa e Vodka non replicò. Sapeva che aveva ragione, bisognava trovare il responsabile dell’incidente di due giorni prima.
Ancora stentava a crederci, per poco non ci rimettevano la vita!
Con che coraggio si era buttato dalla torre! e loro credevano che volesse farla finita.
No, invece in un attimo gli lanciò addosso qualcosa che colpì in pieno l’elicottero e lo fece precipitare, ma grazie ai paracadute di emergenza erano riusciti a salvarsi.
Si erano procurati delle ferite gravi e furono trasportati nell’ospedale dell’organizzazione di fretta.
Gin non aveva proferito parola, ma il suo sguardo di ghiaccio diceva tutto.
Aveva espresso solo chiaramente la sua opinione: era stato un ragazzino, l’aveva visto chiaramente nello scontro a fuoco, almeno, la sua sagoma piccola e minuta faceva supporre quello.
Essendo molto lontani non era riuscito a vederlo in faccia, ma si era promesso che l’avrebbe riconosciuto se se lo fosse trovato davanti. Già pensava ai tanti modi atroci per ucciderlo, una lenta agonia…
L’umiliazione e lo stupore erano compagne, insieme ad una grande rabbia…come aveva potuto farsi sconfiggere da un bambino?
No,era inaccettabile.
Erano appena usciti dall’ospedale, ovviamente senza il consenso dei medici, ma niente e nessuno poteva fermare l’ira dello spietato Gin.
Era insopportabile l’aria dell’ospedale, così decise di andarsene, seguito dal suo compagno fedele Vodka, il quale non se la sentiva di lasciare da solo il suo Capo.
Gin non era riuscito a trovare pace, non riusciva a star fermo e non agire…
A quel punto non c’era atro da fare. Bisognava chiamare Lui…cominciò a comporre quel numero sotto lo sguardo quasi impaurito di Vodka.
Quando finì di comporre il numero, si portò il cellulare all’orecchio.
Cominciò a squillare…
“Pronto!”
“Salve capo...”
“Guarda chi si rivede…”
Il Boss sorrise beffardo e riprese:
“Sono venuto a conoscenza del vostro fallimento. Non me lo sarei mai aspettato, soprattutto da un tipo in gamba come te.”
Gin si morse il labbro
“E’ appunto per questo che l’ho contattata. Vi chiedo di affidarmi l’incarico di trovare la persona che ha causato tutto questo.”
Il Boss non rispose subito
“Dunque, sai chi è?”
“E’ stato un ragazzino…”
a quel punto scoppiò in una risata giuliva
“Un ragazzino!?” chiese ridendo
A quel punto Gin era tremante di rabbia e di umiliazione
“Vi chiedo di affidarmi il compito di trovarlo e ucciderlo con le mie mani…”
Improvvisamente il Boss smise di ridere e divenne serio.
“Attento Gin, deciderò io se potrai eliminarlo tu. Se è così intelligente, prima voglio che lo porti qui da me…Vivo.”
A quel punto Gin dovette rassegnarsi alla possibilità di uccidere qualcun altro. Chiunque esso fosse.
“D’accordo…” e chiuse la conversazione, sbattendo forte lo sportellino del suo cellulare e scaraventandolo nel sedile dietro con rabbia.