Detective Conan Forum

Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

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Neiro Sonoda
view post Posted on 24/10/2014, 14:50 by: Neiro Sonoda     +1   +1   -1




Rieccomi :)
Con un capitolo interamente dedicato ai miei beniamini di Osaka :wub: Buona lettura!




Capitolo 13
Sentimenti contrastanti


La moto frenò bruscamente davanti all’Agenzia Investigativa Mouri.
“Scendi e vai ad avvertire il signor Kogoro di quello che è accaduto, così potrete andare tutti e due all’ospedale” consigliò Masumi a Conan, mentre lui saltava giù dal sedile e si liberava del casco. “Io credo che resterò qui con Ran, lei non può certo uscire di casa. Va bene?”
Conan annuì. “Saliamo insieme, allora”.
Trovarono Kogoro davanti alla televisione, che faceva zapping da un canale all’altro con aria annoiata. “Salve” salutò distrattamente.
“È successa una cosa terribile” disse Masumi senza giri di parole. “Heiji Hattori è dovuto andare in ospedale… Signor Kogoro, forse è il caso di chiamare i suoi genitori!”
All’investigatore cadde di bocca la sigaretta che stava fumando. “Che?!” esclamò.
“Gli hanno sparato” spiegò Masumi in fretta. “La ragazza di Osaka, Kazuha, in questo momento è con lui… ma credo sia opportuno…”
“Frena, frena, maledizione!” intimò Kogoro con espressione allarmata e disorientata insieme. “Chi ha sparato a quel ragazzo?”
“Non lo sappiamo” intervenne Conan asciutto. “Chiunque fosse, non si è fatto vedere in faccia”.
“Ma è assurdo! Non eravate semplicemente andati dal professor Agasa?!”
“Ora non c’è tempo per ulteriori chiarimenti” tagliò corto Masumi. “Qualcuno deve raggiungere Kazuha e avvisare i genitori di Hattori…”
“Ci faremo portare da un taxi fino all’ospedale allora” disse Kogoro, recuperando un po’ di calma. “Però non voglio che Ran rimanga da sola…”
“Non si preoccupi, sto io con lei” chiarì Masumi. “Salutatemi Kazuha e ditele da parte mia che andrà tutto bene, di sicuro il suo amico se la caverà. Avete capito?”
Kogoro fece un rapido cenno d’assenso. Conan invece disse: “Vado io di sopra ad avvertire Ran, faccio in un attimo… Sera, tu puoi salire non appena sarò tornato”.
“D’accordo”.
Qualche minuto dopo Kogoro e Conan montarono su un taxi, diretti all’ospedale dov’era stato portato Heiji. Masumi emise un sospiro, infilò le mani nelle tasche dei pantaloni che le erano stati prestati, e si accinse a raggiungere la camera da letto di Ran, augurandosi che per quel giorno gli imprevisti fossero finiti.

Kazuha Toyama aspettava notizie dai medici, il cuore colmo d’ansia, stritolandosi le mani in grembo. Per l’ennesima volta, rivide davanti a sé il viso sofferente del suo amico d’infanzia, che nonostante tutto era animato da un sorriso…
“Kazuha, non preoccuparti, ogni cosa si risolverà per il meglio” disse Heiji, la voce roca.
Lei gli strinse l’avambraccio, accarezzando quella pelle abbronzata così diversa dalla sua. “Devo telefonare ai tuoi genitori”.
“Non è necessario e poi scommetto che ci penserà il detective Kogoro… A quest’ora lo avranno di sicuro avvisato” replicò Heiji con un po’ di fatica.
“Basta, non parlare… Accidenti, mi auguro che l’ospedale non disti ancora molto!”
“Sei troppo agitata”.
“Non dovrei?” sbottò Kazuha tirando su col naso. “Guardati qui, mezzo morto su un’autoambulanza… Spero che quel fazzoletto che hai usato prima come fasciatura provvisoria sia servito a qualcosa…” Scacciò le lacrime che minacciavano di pungerle gli occhi.
Il sorriso di Heiji si fece più marcato, sebbene lui stesse ansimando per il dolore al fianco. “Sei carina coi capelli così… Dovresti scioglierli più spesso” osservò, gli occhi verde-azzurri fissi su quelli color smeraldo di Kazuha. Poi le sue palpebre si chiusero…

“Signorina?”
Un’infermiera grassottella si avvicinò a Kazuha, sorridendole con aria incoraggiante. Lei alzò la testa di scatto.
“L’insegna della sala operatoria non lampeggia più, il che significa che i medici stanno per uscire… Presto avrà notizie del suo amico e sono certa che saranno buone”.
Kazuha deglutì, sforzandosi di mandar giù il groppo che aveva in gola. “La ringrazio” mormorò. Un attimo dopo le porte della sala operatoria si spalancarono e la ragazza raggiunse di corsa uno dei medici, il cuore che batteva come un tamburo impazzito, il sudore che colava lungo il viso, le mani in continuo fremito, incapaci di fermarsi.
“Allora?” domandò, la voce che tremava lievemente.
“È andato tutto bene”.
Kazuha si passò una mano sulla fronte, sollevata. “Meno male… Temevo il peggio”.
“Tra qualche minuto potrà vederlo” soggiunse il dottore, “ma non è ancora sveglio”.
“Non importa, si figuri… Mi basta sapere che è fuori pericolo”.
“Lo è, stia tranquilla”.
“Kazuha!” Il richiamo squillante di Conan raggiunse le orecchie della ragazza di Osaka, mentre il piccolo detective correva verso di lei assieme a Kogoro, attraversando rapidamente il corridoio. “Come sta Heiji?”
“Ah, siete qui… Sta bene, per fortuna” riferì Kazuha, voltandosi e facendo un debole sorriso. Si sentiva ancora un po’ scombussolata.
“Abbiamo avvisato i suoi genitori e promesso che li richiameremo” spiegò Kogoro. “Probabilmente saranno qui dopo aver preso il primo volo per Tokyo… Allora vado a informarli delle ultime novità, d’accordo?”
Kazuha e Conan annuirono. Kogoro li lasciò da soli e a quel punto il piccolo detective esclamò: “Sera ti manda i suoi saluti… Era convinta che sarebbe andato tutto per il verso giusto e che non dovessimo preoccuparci”.
“Be’…” sospirò Kazuha, aggiustandosi la maglia, “credo che chiunque si sarebbe preoccupato, al mio posto. Comunque dovrò ringraziarla. È una persona davvero in gamba, mi ha aiutata moltissimo”.
“Uhm…” Conan aggrottò la fronte, poi alzò la testa per incontrare lo sguardo di Kazuha. “Posso sapere come mai ci avete seguiti?”
“Avevamo paura… che vi succedesse qualcosa” confessò lei. “Dopo aver parlato un po’ fra noi, abbiamo deciso che la scelta migliore era venirvi dietro”.
Conan emise uno sbuffo. “Di solito non siete così…” cominciò, senza riuscire a terminare la frase. In effetti, non sapeva bene che dire… ‘Impiccione’ non gli sembrava propriamente la parola giusta e, d’altro canto, bisognava riconoscere che lui e Heiji avrebbero potuto correre un rischio ancora peggiore se Kazuha e Masumi non fossero arrivate. Però c’era da considerare che non avevano nemmeno potuto scoprire chi si celava sotto il cappuccio del loro assalitore… e tutto per colpa di Masumi.
Kazuha parve intuire cosa passava per la testa del suo interlocutore, almeno in parte. “Vuoi dire che di solito io me ne sto buona buona con Ran mentre tu fai compagnia a Heiji durante le sue indagini? Be’, generalmente è così… ma questa volta era diverso” affermò con convinzione.
Conan la fissò incuriosito. “E perché mai?” domandò.
“Perché ho parlato con Ran e… questo mi ha fatto capire che qualcosa sta cambiando”. Il tono di Kazuha era terribilmente serio, il suo volto aveva un’espressione strana, gli occhi apparivano animati da una luce nuova. “Ran si è trovata in pericolo solo qualche giorno fa” riprese. “Shinichi ha sempre cercato di tenerla lontana dalle sue indagini, per non rischiare di metterla nei guai, eppure lei è finita lo stesso in una brutta situazione… Non sa praticamente nulla di quel che sta combinando il ragazzo a cui vuole tanto bene e, nonostante ciò, per poco non le hanno fatto la pelle! Questo significa che essere tagliata fuori non è sempre una garanzia… Non è giusto continuare a credere che tenere le persone all’oscuro dei pericoli possa sempre e comunque preservarle da essi!”
La bocca di Conan si spalancò per la sorpresa, di fronte a quelle affermazioni. Kazuha proseguì: “Non metto in dubbio che le intenzioni di Shinichi siano buone e certamente Ran non può stare sempre con lui, anche perché in genere sa cavarsela da solo… ma cosa succederebbe se avesse bisogno d’aiuto? Ran dovrebbe esserne informata, così affronterebbero il problema assieme!”
Il piccolo detective guardava Kazuha come se la vedesse per la prima volta. Mai l’aveva sentita fare certi discorsi… Non era abituato a prestarle molta attenzione, per la verità, ma comunque non gli era mai capitato di ascoltare le sue parole e restarne così colpito.
Lei non sa nulla del pericolo reale in cui ti trovi… Quanto può contare la sua opinione?, gli fece notare una vocina interiore. Parla per il bene di Ran perché è sua amica, però non ha la minima idea di quanto sia complicato quello che tu stai passando…
Le spalle della ragazza di Osaka s’incurvarono, un segnale inatteso di malinconia e abbattimento. “Forse sto solo pensando a me stessa” mormorò, senza nemmeno più rivolgersi chiaramente a Conan e tenendo gli occhi puntati sui propri sandali. “Sono stufa che Heiji cerchi ogni volta di lasciarmi indietro… In alcuni casi è giusto, ma in altri no… Chissà cosa poteva succedergli stasera!”
Conan abbassò lo sguardo a sua volta. Non si sentiva la persona più adatta per presenziare a quegli sfoghi… Senza contare che i riferimenti a lui e Ran e l’essere stato definito ‘il ragazzo a cui vuole tanto bene’ lo avevano messo parecchio a disagio, anche se ovviamente Kazuha non poteva nemmeno immaginarlo. Si schiarì nervosamente la gola ed esordì: “Ormai è andata com’è andata… e comunque quello che succede tra Ran e Shinichi riguarda più loro che te, non trovi?”
Kazuha alzò la testa, le guance arrossate per l’imbarazzo. “S-sì, hai ragione” riconobbe, tormentandosi una ciocca di capelli.
“Inoltre Heiji sta bene; questo è l’importante, no?” insistette Conan, con il suo tono migliore da bambino allegro. “L’infermiera sta venendo proprio ora verso di noi, il che significa che tra poco potrai vederlo… Non sei contenta?”
Kazuha assunse un’espressione più rasserenata e tirò fuori un sorriso, seppure un po’ forzato. “Grazie” si limitò a dire con voce tiepida.
Dopo quella strana conversazione, le cose procedettero normalmente; o almeno, come c’era da aspettarsi che procedessero dopo tutti gli avvenimenti della giornata. Kogoro riferì le parole dei signori Hattori, che sarebbero arrivati in ospedale entro breve tempo, Conan si chiuse in un silenzio meditabondo e Kazuha andò a trovare Heiji. Ovviamente lui era addormentato e non poteva sentirla, ma la ragazza di Osaka si curò ugualmente di entrare in punta di piedi, come se temesse di disturbarlo.
Lo osservò con insistenza per qualche minuto. Le faceva un effetto bizzarro vederlo lì, immobile e con gli occhi chiusi, anziché in piedi, attivo e dinamico come solo lui sapeva essere, con quel suo sorriso aperto e un po’ sfrontato dipinto sulle labbra, il berretto da baseball calcato sulla testa, le mani in tasca e le sopracciglia folte inarcate in un’espressione attenta, concentrata; era un po’ come trovarsi dentro un sogno. Kazuha fece qualche passo avanti, gli occhi fissi sul volto di Heiji: appariva placido e tranquillo, come se stesse riposando serenamente nel proprio letto dopo aver trascorso un pomeriggio uguale a tanti altri… Per un attimo ebbe un moto di tenerezza, ma poi tornò subito seria e preoccupata, come le era già successo in passato. Eh sì, non era la prima volta che stava in ansia per Heiji, anche se sapeva bene quanto fosse in gamba e bravo a cavarsela in qualsiasi situazione… Tra l’altro, era già la seconda volta che lui veniva colpito da una pallottola! Forse l’amuleto che gli aveva regalato non era poi così efficace o, più semplicemente, era giusto che lei gli stesse accanto durante quel momento difficile. Già, accanto.
Kazuha abbassò il capo, avvilita. Avrebbe tanto voluto essere più di un’amica per lui, avrebbe voluto che Heiji ricambiasse l’affetto speciale nutrito da lei nei suoi confronti… Era così da anni ormai, Kazuha si sentiva come se lo amasse da sempre e non poteva né voleva fare a meno della sua presenza; il problema era costituito dal fatto che Heiji la vedeva come una specie di sorella e nulla di più. Per questo Kazuha non era mai riuscita a confessargli i suoi sentimenti, né ci aveva mai provato*: preferiva rimanere sua amica piuttosto che trovarsi di fronte alla classica risposta ‘mi-dispiace-ma-non-ti-ricambio’, che avrebbe finito per farli allontanare. In fondo, le cosa non andavano poi così male: Heiji e lei si vedevano ogni giorno, andavano a scuola insieme, qualche volta uscivano pure, anche se lui si dimostrava sempre seccato all’idea di accompagnarla al cinema, a fare shopping o in qualsiasi altro posto. Inoltre Kazuha lo seguiva spesso durante le sue indagini, a Tokyo, nella loro città natale o in qualunque luogo. Insomma, passavano un sacco di tempo gomito a gomito, e d’altronde così era sempre stato, sin da quando erano molto piccoli; sarebbe stato orribile troncare tutto solo perché lei era innamorata, o no?
In diverse occasioni si era chiesta se il sentimento di affetto quasi fraterno di Heiji fosse maturato, o potesse maturare, al punto da trasformarsi in qualcos’altro… ma aveva concluso che, con ogni probabilità, non sarebbe mai accaduto. Troppe volte si era illusa del contrario: quando si erano trovati entrambi in pericolo sull’isola di Bikunijima, quando erano stati sequestrati da un’avvocatessa senza scrupoli e Heiji sembrava sul punto di dirle qualcosa d’importante, quando erano stati a cena con un gruppo di illusionisti e lei aveva infastidito il suo amico d’infanzia col suo atteggiamento un po’ frivolo, per poi sentirsi definire da lui ‘un’allieva’, una dipendente…
Kazuha sbuffò frustrata. Una dipendente di Heiji, figuriamoci… Sì, lo accompagnava quasi sempre durante le indagini, però non partecipava e comunque non le era mai interessato fare la detective o roba del genere. Era abbastanza negata per quel tipo di cose e Heiji lo sapeva; perché l’aveva apostrofata in quel modo? Una parte di lei si augurava che fosse stata solo una scusa per mascherare la gelosia, ma non sapeva spiegarsi perché mai, dopo quella volta, non ci fosse stato più alcun ‘segnale’. No, era chiaro che i sentimenti di Heiji non erano cambiati, altrimenti lui l’avrebbe dimostrato, prima o poi. Non poteva essere tanto sciocco da non accorgersi quanto lei gli volesse bene, diamine! Se avesse contraccambiato il suo amore glielo avrebbe detto, così si sarebbero baciati, messi insieme e…
Kazuha arrossì violentemente. Doveva smettere di crogiolarsi in quelle fantasie, non portavano a nulla. Heiji la considerava un’amica, punto. Lei doveva accontentarsi così e sperare che in un lontano futuro le cose cambiassero. Magari lui si sarebbe finalmente innamorato, oppure lei avrebbe cominciato a interessarsi a un altro… No, a dir la verità non credeva più di tanto alla seconda ipotesi. Le veniva troppo difficile immaginare il suo cuore che batteva più forte alla vista di un ragazzo che non era Heiji. Lui la prendeva in giro e la stuzzicava, guardandola con quegli occhi ironici e scrutatori, chiamandola ‘stupida’, sbuffando quando lei insisteva per andare insieme da qualche parte… ma, al tempo stesso, riusciva a farla ridere e sentire bene, si preoccupava per la sua incolumità, non voleva vederla triste e si adoperava per rincuorarla quando era giù di morale, le aveva insegnato tante cose, si prodigava a chiederle scusa per primo durante i loro innumerevoli battibecchi. Kazuha lo amava esattamente per quello che era e mai avrebbe voluto che cambiasse; purtroppo tutto questo suo amore non era sufficiente per farla andare oltre la ‘zona amica’ e quindi non poteva certo costringere Heiji a mettersi con lei.
Lo osservò ancora per qualche istante, accarezzandosi distrattamente i capelli sciolti. Le aveva detto che era carina… Forse, una volta sveglio, gli avrebbe fatto piacere vedere che lei non li aveva raccolti di nuovo in una coda, com’era sua abitudine da sempre.
Che t’importa di quello che ha detto? Sicuramente non lo ripeterà, perciò è meglio che non ti fai filmini mentali, la ammonì la vocina del buonsenso nella sua testa. Ma sì, doveva legarsi i capelli come al solito e basta. Tirò fuori il nastro color arancio dalla tasca dei jeans che le aveva prestato Ran e lo utilizzò per fermare la sua coda di cavallo, poi sfiorò appena il braccio di Heiji, al quale era stata attaccata una flebo.
Spero che tu ti rimetta presto, gli augurò, solo mentalmente. Tanto, anche se avesse parlato, lui non avrebbe potuto sentirla… Era decisa ad allontanarsi, almeno inizialmente, ma non riuscì a farlo e restò per diversi minuti accanto al letto, continuando a massaggiare con delicatezza il braccio del suo amico d’infanzia e a rivolgere i suoi pensieri verso di lui, quasi stesse inscenando un dialogo telepatico.
Vorrei tanto che sapessi quanto tengo a te… però non è importante, al momento. Anzi, forse per te non lo sarà mai… e io voglio che tu stia bene, prima di tutto. Come va la ferita? Non ti fa molto male, vero? Certo che te la sei vista brutta… e se io non fossi arrivata? Chissà come sarebbe andata a finire! Oh, Heiji, ma perché? Perché il tuo lavoro dev’essere così rischioso? E poi sei ancora un semplice liceale… Come ti viene in mente di metterti sempre nei guai? Non potresti prenderti una pausa, ogni tanto? Ti prego, Heiji…
“Ti prego, Heiji…” Le parole le uscirono di bocca d’istinto, in un sussurro fioco, senza che lei volesse pronunciarle ad alta voce; fu allora che il ragazzo di Osaka si agitò appena fra le lenzuola bianche, sbatté le palpebre e puntò lo sguardo sulla sua amica.
“Kazuha… hai una faccia orribile” commentò, squadrandola.
Lei lo lasciò andare e fece un passo indietro come se avesse preso la scossa, poi storse le labbra in una smorfia. “Ti sei svegliato” constatò, sforzandosi di assumere un tono neutro. “Buon per te, tra non molto arriveranno i tuoi genitori” soggiunse, rimarcando dentro di sé quanto fosse sciocco e assurdo aspettarsi un risveglio stile film romantico; era ovvio che Heiji le avrebbe rivolto una delle sue solite, stupide battute, appena ripresi i sensi.
“Li hai chiamati?” domandò lui. “Non era necessario… Sai quanto i miei siano impegnati”.
“Ti hanno sparato. Pensi che loro non avrebbero dovuto saperlo?” ribatté Kazuha un po’ secca.
“Non ho detto questo… spero soltanto che non si siano allarmati eccessivamente” puntualizzò Heiji.
“Non ne ho idea, è stato Kogoro a telefonare”.
Il giovane detective dell’ovest si alzò a sedere con lentezza, portandosi una mano al fianco dolorante. “E quel moccioso di Conan dov’è?” s’informò, accennando un sorriso.
“Vuoi parlare con lui?” chiese Kazuha, sempre ostentando indifferenza. Non che quella richiesta la sorprendesse, sapeva da un pezzo che Heiji e Conan erano pappa e ciccia… ma almeno si aspettava un’accoglienza un po’ più sollecita prima di lasciare la stanza d’ospedale.
Forse è meglio così… Questo tonto non sembra nemmeno aver fatto caso alle mie parole, né al mio gesto, pensò la ragazza di Osaka con una punta d’amarezza.
“Ti chiamo subito Conan, va bene?”
“Sì, grazie” borbottò Heiji, che stava ascoltando solo per metà. Tuttavia, non appena realizzò che Kazuha era in procinto di andarsene, alzò gli occhi dal lenzuolo un po’ stropicciato e si affrettò a fermarla, mettendo da parte il pensiero di ciò che avrebbe voluto dire a Conan: “Aspetta, Kazuha… Vieni un po’ qui”.
“Io?” Lei sgranò gli occhi, colta alla sprovvista, indicando se stessa con l’indice.
Heiji annuì. “Tu, esatto”.
“Che vuoi?” replicò la ragazza, quasi sulla difensiva.
“Parlare di un paio di cosette. È vero quello che mi hai detto prima di venire all’ospedale? Sei stanca che io cerchi di escluderti dalle mie indagini più pericolose o roba del genere?”
Kazuha guardò Heiji, la sua espressione grave, il senso d’attesa scolpito sul suo volto. Per qualche ragione, sembrava importante per lui ottenere una risposta. “Più o meno… Diciamo che in questo caso non ero tranquilla” ammise, leggermente a disagio.
Il detective dell’ovest inarcò un sopracciglio. “Non eri tranquilla? Pensi che non sappia badare a me stesso, forse?”
“Be’…” Kazuha voleva rispondere in maniera gentile ma, leggendo un che di accusatorio nelle parole di Heiji, si accalorò: “Esatto! La penso proprio così!”
Il ragazzo incrociò le braccia, nonostante quel movimento gli provocasse una stilettata di dolore. “Sei una sciocca” riuscì a controbattere. “Io so benissimo quello che faccio… e l’ultima persona di cui ho bisogno è una rompiscatole come te!”
“Ah, davvero? Allora vorrà dire che la prossima volta ti lascerò al tuo destino!” sbottò Kazuha rabbiosamente, gli occhi lucidi.
“Sarebbe meglio per tutti. Io sono stanco di dirti sempre quello che devi fare! Sono un detective, ho i miei casi a cui badare… Non ho tempo da perdere con le tue paranoie, Kazuha, mettitelo in testa” concluse Heiji duro.
La sua amica d’infanzia tirò su col naso. “Molto bene. Quando ritornerai qui… non ti aspettare che ti segua. Se ti bucano la carcassa con un altro proiettile non sarà affar mio, che succeda a Tokyo, a Osaka o dovunque”. E con queste parole taglienti abbandonò la stanza, marciando a grandi passi verso l’uscita.







* essendo assente dal panorama generale di “Reduci” il caso di Londra, che include la dichiarazione di Shinichi a Ran, anche il tentativo di Kazuha di confessare i propri sentimenti a Heiji nel Volume 75 non è mai esistito in nella mia storia




Nota per Francy: Sera e Amuro avranno entrambi un certo ruolo all’interno di questa storia… perciò non ti preoccupare, prima o poi capirai le loro intenzioni :D Per questo capitolo, ho scelto volontariamente di dedicarmi alla storia d’amore tra Heiji e Kazuha, ma gli assaggi di trama mibbica sono sempre dietro l’angolo, il quattordicesimo “atto” ne sarà la prova… Purtroppo non credo che lo posterò tanto presto, ma comunque cercherò di fare del mio meglio
Ah, ne approfitto anche per “segnalarti” due cose:
uno, la splendida fanfiction ShinRan scritta dall’utente “Il Cavaliere Nero”… Se hai tempo ti consiglio vivamente di leggerla e commentarla, la trovi tranquillamente qui sul forum e secondo me andrebbe letta da qualunque fan ShinRan;
due, per caso mi sono accorta che qualcuno è passato nel topic della tua storia “Shinichi e Ran dopo lo scontro con i MIB”... Io quella non la conosco ancora, di te ho letto solo un racconto breve, però a quanto pare hai un nuovo fan, quindi mi permetto di consigliarti di andare a vedere un po’ cosa ti ha detto.

Alla prossima!

Edited by Neiro Sonoda - 26/1/2015, 20:03
 
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