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Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

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Neiro Sonoda
view post Posted on 22/3/2015, 19:38 by: Neiro Sonoda     +1   -1




Ma chissà come mai avrò cambiato avatar…? :shifty:
Godetevi l’aggiornamento!!





Capitolo 19
Ciò che un’impronta può dimostrare


“… E questo è tutto” concluse ansiosamente il dottor Agasa.
Conan lo scrutò per un lungo istante, le sopracciglia aggrottate nella sua tipica espressione concentrata. “La descrizione che ci hai fornito su quel corriere sembrerebbe confermare la mia ipotesi, ossia che quell’uomo in realtà fosse Amuro. Non possiamo esserne certi, ma non avendoti mai incontrato è probabile che non sia stato molto meticoloso nel camuffarsi… In poche parole, i miei sospetti hanno una base discretamente solida”.
“Mi spieghi cosa cambia il fatto che si tratti proprio di Bourbon?” chiese Ai un po’ secca. Dal canto suo, il dottor Agasa appariva sempre più agitato.
“Meglio sapere con chi avremo a che fare per primo” si limitò a rispondere Conan. “Ora ascoltatemi bene: voi due dovete tornare a casa vostra e ispezionarla da cima a fondo, per scovare le altre microspie. Per scrupolo controllate pure il sotterraneo, anche se, ritenendo esatta la mia teoria, è piuttosto improbabile che ce ne siano… Amuro deve aver approfittato per piazzarle durante quei pochi attimi in cui è rimasto da solo in soggiorno”.
“D’accordo” accondiscese Ai.
“Agite con estrema discrezione. Non dovete assolutamente lasciar intendere che avete trovato le microspie… Cercatele senza fare alcun rumore sospetto e lasciatele lì dove sono. Chi vi ascolta non dovrà intuire che vi siete accorti di tutto, è chiaro?”
“Sarà una faticaccia!” esclamò il dottor Agasa impressionato.
“Non abbiamo scelta” replicò Conan con fermezza. “Mi raccomando, conto su di voi”.
“E se vengono a ucciderci?” chiese Ai senza giri di parole.
“Non preoccupatevi di questo… Io vi raggiungerò il prima possibile, appena avrò terminato un paio di faccende” assicurò Conan.
Ai emise un sospiro. “Kudo… non capisco cosa tu stia architettando, ma noi siamo spacciati. È solo questione di minuti prima che ci eliminino tutti… Magari a casa del professore ci sono pure delle telecamere”.
“Ne dubito” rispose Conan. “Il falso corriere non avrebbe avuto abbastanza tempo per installarle… Posizionare una telecamera in un punto strategico, dove possa riprendere le persone senza essere notata, non è un’impresa che si possa portare a termine in pochi minuti. Con le microspie è molto più semplice, visto che captano soltanto i rumori e le conversazioni: le puoi mettere ovunque, basta che siano nascoste”.
“Oh… è vero” riconobbe Ai.
“Non c’è tempo da perdere, dovete sbrigarvi. Haibara, appena avete finito mandami una mail, per informarmi delle stanze in cui si trovano le altre microspie. D’accordo?”
“Va bene, Shinichi” rispose il dottor Agasa al posto di Ai, dirigendosi assieme a lei verso l’uscita della libreria.
“E un’ultima cosa: non vogliamo fornire ulteriori informazioni a chi ci spia, quindi evitate di chiamarmi col mio vero nome” aggiunse Conan serio.
“E se Bourbon sa già tutto?” obiettò il professore.
“Non possiamo dirlo con certezza… Meglio non rischiare”.
“Allora restiamo così… Dottor Agasa, andiamo” concluse Ai asciutta.

Sonoko insistette per accompagnare Ran a casa e lei intuì che non si trattava di un gesto di semplice cortesia: di certo la sua migliore amica voleva approfittarne per farle un interrogatorio su quello che era successo con Kyosuke. La cosa più strana era che lui aveva fatto finta di niente e risposto con naturalezza, ma al tempo stesso con evasività, alle insistenti domande di Sonoko, poco dopo che lei era uscita dal negozio con Masumi e lo aveva visto mentre stava per baciare Ran. Sembrava non essere affatto a disagio ed era riuscito abilmente a portare il discorso su un altro fronte, cosicché all’apparenza ognuno aveva dimenticato quella strana scena. All’apparenza.
Ran si era sentita in imbarazzo per tutto il tempo. Non sapeva cosa pensare… Kyosuke era interessato a lei, oppure aveva soltanto cercato di farle capire che secondo lui Shinichi la ricambiava? O, più semplicemente, era stato un banale scherzo e non andava preso tanto sul serio?
“Ran?” La voce di Sonoko suonò stranamente esitante. “Ora possiamo parlare? Siamo sole”.
Sì, probabilmente la stanza da letto era un posto abbastanza sicuro, visto che Kogoro si trovava nell’ufficio al piano di sotto e Conan era dal dottor Agasa. Ran si sedette sul proprio materasso a gambe incrociate, scrutò Sonoko per qualche istante e disse piano: “Va bene”.
“Non sono qui per farti il processo, davvero… Vorrei solo sapere che diavolo succede”.
“Ti capisco”.
“E allora racconta, che aspetti?”
Ran annuì. Se all’inizio Sonoko sembrava ansiosa di ricevere una notizia su cui spettegolare, adesso era chiaro che si era resa conto del suo turbamento e sperava di aiutarla in qualche modo. In fondo, era pur sempre la sua migliore amica e Ran sapeva quanto tenesse a lei. Si interessava alla sua felicità, anche se questo a volte si traduceva in domande e battutine scomode…
“Kyosuke mi ha chiesto… cosa c’è tra me e Shinichi” esordì.
Sonoko sbatté le palpebre, sorpresa. “Gli avevi parlato di lui?”
“Esatto. Anzi, diciamo che mi ha tirato fuori la verità” ammise Ran un po’ vergognosa. “Ha insistito per sapere quali sono le mie intenzioni e mi ha… incoraggiata a farmi avanti”.
Sonoko inarcò le sopracciglia. “Incoraggiata? E come, tentando di baciarti?”
Ran ridacchiò, a disagio. “Mi ha proposto di fingere che lui fosse Shinichi… e di dire ad alta voce quello che provo”.
“Quindi era una specie di recita” dedusse Sonoko. “Wow! Idea intelligente”.
“Resta il fatto che il suo atteggiamento mi ha colpito… Non me l’aspettavo”.
“Uhm”. Sonoko mise le mani dietro la schiena e studiò minuziosamente l’espressione dell’amica. Dopo una pausa di silenzio, azzardò: “Non è che Kyosuke t’interessa un po’, eh?”
Ran, colta alla sprovvista, non seppe che rispondere. Sonoko riprese: “Non ci sarebbe niente di male, sai… È un così bel ragazzo! Anzi, che dico, un figo da paura… e con quella sua allegria saprebbe come tenerti di buonumore”.
“Ah, questo è sicuro” commentò Ran.
“Oooh… allora ci stai davvero facendo un pensierino!” sentenziò Sonoko, riacquistando il tono argentino. “Perché non esci da sola con lui, una volta? Non devi sentirti in colpa verso Shinichi, in fondo non ha mai detto di essere innamorato di te, non c’è nulla di ‘ufficiale’ fra voi!”
Ran arrossì violentemente. “Ma dai, Sonoko! Cosa dici?” protestò.
“Dico che forse stai dando una svolta alla tua vita! E potrebbe essere un buon segno”.
Ran scosse il capo, senza replicare. Aveva un’espressione strana sul volto… un misto di dolcezza e malinconia, che Sonoko non riuscì a decifrare. E ancor meno fu in grado di interpretare la situazione una certa persona che si era ritrovata a origliare la conversazione.
Conan si era diretto all’Agenzia Investigativa dopo aver spedito una mail molto importante col cellulare: voleva sincerarsi che Ran e Kogoro stessero bene e dare anche una controllatina alla casa, sebbene fosse quasi sicuro che lì non c’erano microspie. Entrato nell'ufficio, aveva incontrato Kogoro e si era rivolto a lui per ricevere notizie di Ran.
“È rientrata da poco assieme a Sonoko, ora sono tutte e due in camera sua” aveva risposto con noncuranza l’investigatore, fumando una sigaretta.
“Rientrata? Vuol dire che era uscita?” aveva chiesto Conan incuriosito.
“Sì, con Sonoko, quella maschiaccia di Sera e un tizio che non avevo mai visto. Mi è stato detto che è il fratello di un amico di Ayako Suzuki, ma non so…”
“Il fratello di un amico di Ayako? Cioè la sorella di Sonoko?” Conan era saltato su come punto da una vespa.
“Proprio così” aveva confermato Kogoro, stringendosi nelle spalle. “Immagino che tu lo conosca… È un tipo a posto, vero?”
Ancora lui!, aveva pensato il piccolo detective. Perché, per una ragione o per l’altra, deve sempre ronzare attorno a Ran?!
“Be’, io vado un momento di sopra” si era limitato a dire, senza curarsi di smentire o meno Kogoro. E così aveva fatto, per poi ispezionare attentamente le stanze… Non era potuto entrare in quella di Ran per non disturbare lei e Sonoko, ma nemmeno aveva ignorato i loro discorsi, ascoltandone una parte oltre la porta socchiusa.
Sonoko insinua che Ran possa provare interesse per quel Kyosuke… ma non può essere! È me che lei… Oppure no?, si era chiesto ansiosamente Conan, dimenticando per un attimo i gravi problemi legati all’Organizzazione. Aveva ripensato ai propri timori, confidati a Heiji quel giorno all’ospedale, e alla reazione di Ran quando Kyosuke le aveva telefonato al bar…
Perché, Ran? Io credevo… Rispondi a Sonoko, di’ che non t’importa nulla di quel tipo…
Ma, all’affermazione di Sonoko ‘stai dando una svolta alla tua vita e potrebbe essere un buon segno’, Ran non aveva dato alcuna risposta. Conan si era sentito talmente sconfortato da desiderare di rimanere lì per sempre, appoggiato al muro e immobile come una statua. Per fortuna il cellulare che gli vibrava in tasca, annunciando l’arrivo di una mail, lo aveva distolto dai pensieri cupi.
Devo concentrarmi sul piano… Siamo tutti in pericolo e se non mi sbrigo le cose precipiteranno…
Perciò si era rimesso in azione, cercando di mettere da parte la sconvolgente idea che Ran non gli volesse più quel bene speciale che tanto gli scaldava il cuore… L’ultimo argomento che avevano affrontato lei e Sonoko, quando lui era passato una seconda volta davanti alla camera con la porta accostata, era stato un viaggetto da fare fino a uno dei lidi più belli di Kamakura.
“Ti lascio il volantino pubblicitario… La spiaggia che c’interessa è segnata” aveva detto Sonoko gaia. “In una giornata di sole potremmo prendere il treno e andarci, no?”

Kogoro faceva zapping da un canale all’altro, aspettando il suo programma preferito. Sonoko era andata via, mentre Conan era in giro per casa e Ran si trovava probabilmente nella propria camera. Il pomeriggio stava trascorrendo in maniera piuttosto normale, ma solo in apparenza; d’altra parte, l’investigatore non poteva certo immaginare i dilemmi in mezzo a cui si stava dibattendo il giovanissimo ospite che abitava, assieme a lui e a sua figlia, all’Agenzia Mouri. Nemmeno quando lo vide entrare nel suo ufficio tutto affannato, Kogoro sospettò qualcosa… Era fin troppo impegnato ad attendere l’inizio della sua trasmissione del cuore.
“Io devo andare!” annunciò Conan in fretta. “Farò molto tardi, probabilmente mi fermerò a dormire dal professore… anzi, sicuro. Non c’è bisogno che mi chiamate, va bene?”
“Mmh?” Kogoro si voltò verso il piccolo detective. “Hai detto che vai dal dottor Agasa?”
“Sì, rimango lì per la notte” ribatté Conan impaziente. “Vorrei provare la sua nuova invenzione assieme a miei amici”.
“Capisco” borbottò Kogoro, tornando a guardare la televisione. “Vai pure”.
“Non telefonate” ribadì Conan. “Starò benissimo, non dovete preoccuparvi”.
“Ah, io non mi preoccupo di certo… e nemmeno Ran, se sa che sei dal professore”.
Conan ebbe un lieve sussulto udendo il nome della sua amica d’infanzia. Era quasi riuscito a dimenticare la conversazione tra lei e Sonoko, udita attraverso la porta… e ora il sospetto che quel Kyosuke potesse aver suscitato l’interesse di Ran tornò prepotentemente a insinuarsi dentro di lui. Scrollò la testa, quasi volesse scacciare tutto come una mosca fastidiosa, e disse lentamente: “Hai ragione. Non si preoccupa per me”.
“Comunque sia, vedi di non cacciarti nei guai con quei tuoi amichetti ficcanaso” lo avvertì Kogoro in tono perentorio.
Conan annuì. “Ricevuto. Per favore, di’ a Ran…”
Cosa? Che non voglio essere dimenticato? Che ritengo praticamente impossibile un cambiamento così repentino dei suoi sentimenti? Che non sopporto l’idea di perderla?, pensò con amarezza. Poi ricordò il piano che doveva seguire, un piano pericoloso e per alcuni versi troppo avventato, che avrebbe potuto far diventare quel giorno l’ultimo della sua vita. Non voleva essere pessimista, ma sapeva bene che stava per compiere qualcosa di estremamente rischioso… Desiderava con tutte le sue forze sconfiggere gli Uomini in Nero e tornare dalla sua amica d’infanzia, parlarle finalmente a cuore aperto, tuttavia non poteva essere sicuro al cento per cento che ce l’avrebbe fatta. Sospirò pesantemente.
“Di’ a Ran che, anche se me ne vado, non sarà sola” mormorò, e uscì rapidamente dall’ufficio. Kogoro, che lo aveva ascoltato, sia pure per metà, aggrottò la fonte udendo quella strana risposta. Cosa prendeva a quel moccioso, adesso?
Non ebbe la possibilità di rifletterci a lungo, perché il telefono squillò istericamente, distogliendolo dai suoi pensieri. L’investigatore afferrò la cornetta con un gesto scocciato e disse: “Pronto?”
“Sono Megure… T’interessano alcune informazioni su quel tuo allievo?”
Kogoro sobbalzò: non si aspettava proprio che l’ispettore potesse avere importanti novità! "L'avete trovato?” domandò con il cuore in gola.
“No, purtroppo. E le notizie non sono incoraggianti… Se vieni alla centrale, te ne parlerò con calma” replicò Megure, distruggendo immediatamente le speranze del suo ex collega.
“Maledizione! D’accordo, vengo subito” assicurò Kogoro. Al diavolo il programma televisivo! Riagganciò e corse a riferire a Ran l’accaduto.
“Se vuoi posso accompagnarti” si offrì lei con gentilezza. “Conan è andato via di nuovo, giusto?”
Kogoro annuì. “Già… Adesso che ci penso, mi ha chiesto di portarti un messaggio, prima” rammentò, corrugando la fronte per la seconda volta.
“Un messaggio?” ripeté Ran. “Quale?”
“Era un po’ strano… Qualcosa come: ‘Anche se io me ne vado, tu non sarai sola’”.
Ran restò basita davanti a quelle parole. “Sei… sei sicuro?”
“Non ho capito neanch’io dove intendesse andare a parare… ma adesso non ha importanza. Voglio andare subito alla centrale” rispose Kogoro risoluto. “Se vuoi davvero venire, ti conviene sbrigarti”.
Ran distolse gli occhi da quelli di suo padre, guardando l’arredamento della camera con aria assente. Sul comodino troneggiava ancora il cellulare di Shinichi, da quel giorno in cui si erano incontrati… Le sembrava passata un’eternità da allora.
Shinichi… che sta succedendo?
Avrebbe voluto averlo accanto ed essere certa che stesse bene. Avrebbe voluto sapere se si era messo sulle tracce di quei criminali con i nomi in codice di alcolici, cosa contava di fare per fermarli e se aveva davvero una pista facile da seguire, oppure stava peccando di presunzione. Avrebbe voluto chiedergli perché sembrava non volersi far aiutare da nessuno… e se le aveva mentito, nascondendosi dietro le sembianze di Conan.
‘Anche se io me ne vado, tu non sarai sola’.
Perché il suo ‘fratellino’ aveva pronunciato quella frase? Ran cominciò ad avvertire una sorta di pericolo dietro la misteriosa affermazione riferitale da suo padre. Per un attimo, provò uno sgomento tale da non riuscire a reagire in alcun modo: la gola le si bloccò e i suoi arti parvero paralizzarsi, come se qualcosa l’avesse pietrificata.
“Allora, Ran? Hai deciso di venire?” la sollecitò Kogoro, ignaro dei processi mentali e delle sensazioni della figlia.
Lei si riscosse bruscamente. “Sì… vengo” assentì, ma la sua testa era da un’altra parte. Meccanicamente, senza rendersi nemmeno conto di quello che faceva, mise in tasca il cellulare di Shinichi e si avviò verso l’uscita della propria stanza.

“Quindi non avete trovato alcun indizio?”
Kogoro e la figlia erano seduti di fronte alla scrivania dell’ispettore Megure, che aveva appena iniziato a riferire le ultime scoperte dei suoi agenti. Le novità si rivelarono tutt’altro che piacevoli: Tooru Amuro sembrava proprio essersi volatilizzato nel nulla, nonostante le ricerche accurate della polizia.
“È impossibile che sia scomparso così! Dannazione, dovete trovarlo!” inveì Kogoro alla fine, picchiando un pugno sulla scrivania.
L’ispettore Megure lo guardò severamente. “Non possiamo farci niente” dichiarò. “Takagi, Sato e gli altri hanno tentato il possibile per rintracciarlo… Deve aver in qualche modo previsto le nostre mosse”.
“Accidenti, che uomo subdolo!” imprecò Kogoro con rabbia. “Prima si finge mio amico, poi rapisce mia figlia e salta fuori che è un criminale incallito…”
“Cerca di calmarti” ordinò Megure imperioso. “Non serve fare così… Come ti ho già spiegato, i pochi indizi in cui ci siamo imbattuti sembrerebbero confermare una fuga di Amuro dal Paese. È evidente che non possiamo più agire in alcun modo contro di lui”.
“E se fosse un trucco?” obiettò Kogoro. “Magari è ancora qui in Giappone, sotto il nostro naso, e si nasconde così bene da non farsi trovare!”
“Cercheremo di appurarlo” rispose Megure. “Non so dove arriveremo, ma…”
“E la pistola?” incalzò Kogoro interrompendolo. “Vi ha portato a qualcosa?”
L’ispettore scosse la testa. “A che vuoi che ci servisse un’arma nuova nuova e senza la minima traccia?” replicò. “Anche se quella pistola appartenesse ad Amuro, non ci può portare da nessuna parte… Non vi sono impronte digitali sopra, tanto per cominciare, per cui cosa pretendi di dimostrare? E comunque, l’uomo che l’ha impugnata e ha sparato a Heiji Hattori era incappucciato, oltre a portare i guanti…”
Ran, che fino a quel momento aveva ascoltato senza grande interesse, immersa com’era nei suoi pensieri, sentì il suo cuore saltare un battito. Alcune parole pronunciate da Megure avevano fatto scattare un interruttore nel suo cervello e capì che forse era vicina a una verità importante.
Impronte digitali… e dimostrare? Ma certo!
“Mi scusi, ispettore…” esordì incerta.
Megure si voltò verso di lei, un po’ sorpreso. “Cosa c’è?”
“Si potrebbe fare un confronto di impronte digitali… per me?”
Kogoro strabuzzò gli occhi. “Figliola… che storia è questa?”
“Non c’entra niente con la faccenda di Amuro” precisò Ran, “ma ci terrei ad avere una risposta, se è possibile”.
Megure sembrava ancora perplesso. “Di che si tratta?”
“Ecco, dovreste confrontare le impronte che sono rimaste su un cellulare con…” Ran s’interruppe: quale oggetto toccato da Conan poteva utilizzare? Non ne aveva alcuno sottomano…
“Con…?” fece eco l’ispettore, mentre Kogoro continuava a strabuzzare gli occhi.
“Per favore, lasciate che torni a casa un momento e vi porterò tutto quello che serve” dichiarò Ran balzando in piedi. “Faccio subito!”
“Ran! Che diamine…?” Suo padre era sempre più disorientato.
“Fidatevi! È una cosa importante!” E senza aggiungere altro, Ran si fiondò fuori dall’ufficio dell’ispettore Megure. Chiamò un taxi, tornò all’Agenzia Investigativa e si precipitò dentro, col cuore a mille e la bocca secca per l’emozione.
Qualcosa che è stato sicuramente toccato da Conan, qualcosa che è stato sicuramente toccato da Conan…
Con una buona dose di frenesia, andò alla ricerca di un oggetto che potesse fare al caso suo. Le sudavano le mani e sentiva lo stomaco contrarsi per il nervosismo. Forse era finalmente vicina… Vicina alla prova che avrebbe confermato o distrutto la sua tesi. Ricordò l’occasione in cui Kazuha aveva perso il suo amuleto e loro due si erano ritrovate a parlare, anche se per breve tempo, di quello che era successo durante il caso del villaggio Higashi-Okuho; il confronto delle impronte era stato determinante per dimostrare l’innocenza di Shinichi, accusato ingiustamente. E per farlo, Heiji si aveva chiesto alla polizia del villaggio di controllare un pezzo di catena contenuto nel suo portafortuna, che Ran sapeva per certo essere stato toccato da Conan. Già allora si era chiesta se fosse soltanto un’altra coincidenza oppure no…
Lo saprò… Finalmente lo saprò… Appena avrò quel che mi serve…
In camera di Conan, sul pavimento, trovò inaspettatamente la spilla realizzata dal dottor Agasa per la Squadra dei Giovani Detective. Era la sua, non c’erano dubbi… L’ultima volta che gliela aveva mostrata, Conan le aveva fatto notare una piccola ammaccatura sul lato sinistro.
Questa ce l’ha… dunque appartiene proprio a lui! È quello che ci vuole, pensò Ran. Recuperò la spilla e la intascò, poi corse fuori dalla stanza. In men che non si dica, era di nuovo in viaggio verso la centrale di polizia, le frasi dette una volta da Shinichi che le rimbombavano in testa.
’Il segno immutabile per tutta la vita che ogni essere umano riceve dal Cielo, sin dalla nascita… La traccia che costituisce la prova più sicura nelle indagini… L’impronta digitale’.
“Ran, vuoi spiegarmi cosa stai combinando?!” sbraitò Kogoro in preda all’agitazione e alla confusione, non appena sua figlia rientrò nell’ufficio di Megure col fiato grosso.
“Ho quello che ci serve!” annunciò lei ansimando. “Ecco qui”. Porse all’ispettore il cellulare di Shinichi e la spilla di Conan, tirandoli fuori dalle tasche dei jeans.
“Quindi bisogna fare un confronto di impronte digitali fra questi due oggetti?” domandò Megure.
“Esatto. Se la mia teoria è giusta, dovrebbero corrispondere… Ovviamente troverete anche le mie, su entrambi”.
“Ma… ma quella non è la spilla del moccioso con gli occhiali?” esclamò Kogoro. “Cosa c’entra con il cellulare? Che non è neanche il tuo, ora che ci penso…”
“Papà, basta. Ripeto, questa faccenda non c’entra con Amuro, ma io voglio delle risposte. Esiste una verità…” affermò Ran, gli occhi brillanti e le mani in continuo fremito, “che credo mi sia stata taciuta troppo a lungo”.
“Esiste una verità?” L’ispettore Megure inarcò un sopracciglio, poi sorrise benevolo. “Lo sai… Shinichi Kudo, il tuo caro amico, parla quasi così” commentò in tono accondiscendente. “Ammetto che i tempi in cui mi stava alle costole durante le indagini ogni tanto mi mancano”.
Kogoro storse il naso. “Lasciamo perdere quel ragazzino! È anche colpa sua se mia figlia è stata…”
Ran fulminò il padre con un’occhiataccia. “Non parlare a vanvera, papà, d’accordo?” intimò. Si rivolse all’ispettore: “Potete prendere le mie impronte… Risulterà che sono presenti sia sul cellulare che sulla spilla, dato che li ho toccati entrambi. Oltre alle mie, dovrebbero esserci quelle appartenenti a una sola persona… Se non corrispondono, vorrà dire che ho sbagliato e che il proprietario del cellulare non ha mai toccato la spilla in vita sua”.
“Si può sapere di chi stai parlando?” sbottò Kogoro irritato.
“Per favore, papà… non fare domande. È una questione che sostanzialmente riguarda solo me” disse Ran in tono definitivo.
L’investigatore sbuffò, accomodandosi meglio sulla sedia. “Sarà. Spero solo che tu non finisca di nuovo nei guai” bofonchiò.
“Starò sempre attenta, promesso” assicurò Ran abbozzando un sorriso.
“Be’, se davvero dobbiamo fare questo confronto chiamo gli agenti” intervenne Megure. “Scoprirai questa verità, che a quanto sembra per te è così importante”.
Ran annuì, tesa. Non era mai stata tanto vicina alla conferma o alla demolizione totale dei suoi sospetti… Ciò la agitava enormemente, ma lei era anche determinata nel suo proposito. Nei minuti che seguirono, s’impose sempre più spesso di rimanere calma e non perdere mai il controllo… tuttavia, quando fu il momento dell’annuncio dei risultati, non poté trattenersi e si alzò in piedi di scatto.
“Ebbene?” domandò, stritolandosi le mani e avvertendo il battito del proprio cuore rimbombarle nelle orecchie.
“Su entrambi gli oggetti sono state rinvenute le sue impronte digitali, signorina” la informò un agente.
“E…?”
“E risulta che, oltre a lei… li abbia toccati la stessa persona”.

Edited by Neiro Sonoda - 3/8/2015, 00:29
 
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