| Come tutte le cose, anche quelle belle devono finire prima o poi, diceva Spongebob. Ma non è questo il caso, visto che di bello in questo special dal multiforme titolo (copyright Omero Inc.) c’è solo la Baronessa che ommioddioquellavocenonsipuòsentire.
Ebbene, trama in breve: indagini. Lettere, citazioni a caso, indagini. Satan diventa Saturn (c’è una A in più ma chissenefrega no?), che diventa sabato. Sabato viene prima della domenica e dopo il venerdì, inoltre sabato va in onda Ballando con le stelle, quindi Eids, altrimenti noto nella malavita londinese come AIDS, colpirà sabato (???), infettando tutti gli spettatori di Wimbledon con le spore magiche dell’HIV. Intanto a Wimbledon Minerva deve sconfiggere Demetra, ma, dietro consiglio di Eids, assume LSD prima dell’incontro, e non imbrocca un servizio neanche se giocasse alla Wii. Poi però arriva l’allievo di Holmes, che si mette a fare il ragazzo pon pon, e in un petosecondo di quaranta minuti individua il cattivone Eids, e lo mette fuori gioco grazie al potere di Oliver Hutton. Poi non lo so, a me finisce così, perchè poi hanno inserito a caso una scena di Piccoli problemi di cuore, e credo si tratti di un messaggio subliminale, ma devo chiedere ad Adam Kadmon.
Passiamo alla ciccia, e partiamo col solito pratico elenco. Le controindicazioni mediche sono le stesse della prima parte, quindi non le ripeto. E’ presidio medico chirurgico, non somministrare ai gurzi, può causare sonnolenza e morte improvvisa (ma sembrerà un suicidio), leggere attentamente ma solo se avete voglia il foglio illustrativo.
1- Diana la vecchia cicciona, non contenta dei soldi già buttati per invitare a Londra un nano che come si muove ti scatena stragi, si offre pure di pagare a tutti il biglietto per guardare la partita dal maxischermo, intercedendo presso il Comitato, che è tipo una loggia massonica fondata e guidata da Giancarlo Magalli (stando sempre ad Adam Kadmon). Paga il biglietto a quello stesso nano che manco si è degnato di partecipare alla sua cena. Allora vecchia, non hai capito come funziona: il nano non va agevolato, soprattutto non va agevolato buttando soldi al cesso. Il nano ha contatti con gli Illuminati, i Maya, Giacobbo, John Lennon e Paolo Fox: se non riesce risolversi i problemi neanche così, be’, s’arrangia.
2- Di nuovo, si è impegnati a sventare una strage, e la cornuta pensa alla “cosa importante” che deve dire a Minerva. Datela in pasto ad Eids, vi prego.
3- Lo stratagemma del Braille non è male come idea, se non fosse per due particolari: a. E’ troppo cervellotico. Maddai, chiedi aiuto in Braille, sul serio? Chi pensi che lo capisca? D’altra parte, la metà dei casi di Gosho che coinvolgono in qualche modo il filo da pesca e il nastro adesivo sono troppo cervellotici ed attuabili solo nella finzione, quindi… amen. b. E’ del tutto inverosimile che un essere umano, anche se è una campionessa di tennis, anche se è la regina di stica**i, anche se si chiama Minerva, anche se è gnocca, possa costruire un codice braille facendo cadere la palla esattamente dove vuole lei, peraltro toccando la rete (che rende il tutto più imprevedibile e difficile). Ed è inverosimile perchè non si tratta di avere culo una volta, si tratta di piazzare ogni tiro senza mai sbagliare, perchè se sbagli anche solo una volta tutto il codice va serenamente a farsi fo**ere. Ma neanche se ti dopi e assumi tutte le sostanze che il tuo organismo è in grado di reggere ce la fai! Vedi Gosho, c’è una sottile linea che separa il forzato dall’impossibile, e tu in questo caso l’hai stuprata proprio.
4- Il gurzo come al solito dimostra di ricordarsi anche nei momenti di difficoltà di essere un nano che non esiste, e che deve mantenere low profile. Per questo si mette a sbraitare come un idiota sugli spalti a Minerva, blaterando di essere un allievo di Holmes e che ha tutto sotto controllo (sì, ti crediamo), facendosi riprendere e finendo in diretta televisiva in mezzo mondo, anche su Rai Sport 2. Non bastava rilasciare interviste di rito dopo ogni tentato furto del gelataio, no, vogliamo proprio che Gin per la prima volta nella sua vita si ricordi di una sua vittima. Dai, gurzo, un altro sforzo e ce la fai!
5- Minerva, ovviamente, da dea della saggezza qual è, si fida di un marmocchio giappo esaltato solo perchè è l’allievo di Holmes. “Ha urlato che mi aiuterà! Che cosa significa?” Che è un invasato megalomane, ecco cosa significa! Però è l’allievo di Holmes, quindi gli diamo retta.
6- Per la stessa logica del codice braille, Minerva è anche in grado di colpire in piena fronte un tizio a distante millemila metri, facendogli pure male. Tutto questo perchè, in realtà, Minerva è un X-Men. Sapevatelo.
7- Parliamo un attimo dei Kudo. A parte il fatto che si comprano i biglietti di mezzo Wimbledon più i pass per i cessi per permettere al figlio di spostarsi un po’ dove gli pare (sarai anche amico, amante segreto e confidente del grande capo di Scotland Yard, Kudo, ma non è che per questo ora puoi dominare il mondo), vogliamo parlare di Yusaku Sonopiùfigodimiofiglio Kudo che risolve in un attimo il codice di Eids e, nonostante ci sia il pericolo di una strage, non si degna neanche di fare una caspita di telefonata al figlio? Mi sono ampiamente rotto di Kudo Senior che ogni volta se ne esce alla fine facendo il fenomeno della situazione, invece di aiutare il figlio prima, da persona matura in grado di capire che se ci sono centinaia di persone che potrebbero crepare da un momento all’altro, una telefonata al figlio per dirgli “guarda, ho risolto il codice” la puoi anche fare, senza sporcarti le mani, e i giochini a chi è più bravo li puoi fare in un altro momento, magari quando c’è un gatto da ritrovare o giocate a Cluedo. Quello è un atteggiamento che mi aspetterei dal figlio, o da Heiji, non da un quarantenne che tra “Facciamo divertire il figlio” e “Vediamo di evitare una strage” dovrebbe avere la maturità e il buon senso di dare priorità alla seconda.
8- E arriviamo alla scena madre, quella in funzione della quale era stato pensato tutto il caso, la “dichiarazione” di Shinichi. Una dichiarazione talmente attesa, talmente desiderata, talmente preparata e studiata che Gosho la relega in un flashback. In un flashback. Il momento topico della narrazione, compresso in un fott*to flashback da mezzo minuto, in cui Shinichi come al solito pontifica su tutto, facendo la lezioncina pure a Minerva e alle sue sentenze sullo zero che non vogliono dire niente. Un flashback in cui Shinichi, dopo aver già trattato di me**a Ran chiedendole di Apollo mentre lei era in modalità fiume in piena, si “dichiara” quasi come se la stesse attaccando. Come dire: “Che pa**e Ran, come sei complessata, te e le tue pippe mentali! Mi piaci, ok? Dì alla tua amica dell’Olimpo che lo zero è l’inizio di tutto, se non consideri i numeri negativi, e che non importa quale sia il movente, non c’è ragione per uccidere… Ah no, aspetta, quella la devo tenere per il colpevole… Insomma, ora smetti di fracassarmi i ma**ni e dimmi dov’è Apollo!” Il bello (si fa per dire), in tutto questo, è che la scena, essendo flashback, si interrompe con Shinichi che pontifica, senza mostrare la reazione di Ran. Reazione che dunque, non c’è stata: il tuo ragazzo per il quale ce la meni da seicento episodi si dichiara (per quanto in modo discutibile), e te non dici niente? Pronuncia un monosillabo, esprimiti a gesti, piangi, bacialo, stringigli la mano, dagli un calcio là dove non batte il sole, mettiti a cantare Hallelujah con un coro gospel, ma fa qualcosa, ragazza mia! No, tutto finisce così, lasciando le cose a metà (che è la cosa che riesce meglio a Gosho), perchè così c’è ancora materiale per portare avanti l’annosa love story per altri seicento episodi. Risponderà Ran? Contraccambierà? Quando e come lo farà? Ma CHISSENEFREGA!
9- Ma parliamo ancora dei Kudo, in particolare della loro provvidenziale presenza a Londra, che permette al nano di salvarsi le chiappette e tornare Kudo grazie ad una dose extra di antidoto e di tornare in Giappone a seminare morte e distruzione (rimane ancora metà della popolazione di Tokyo da sterminare, non si possono mica lasciare i lavori a metà). Antidoto extra che arriva grazie alla prudenza e alla lungimiranza di Ai, certa che il nano incosciente sprecherà la dose a disposizione per trattare male la sua bella e dichiararsi insultandola. A parte il fatto che io l’avrei lasciato marcire a Londra e sarei subentrato di diritto come capo della lotta all’organizzazione, dandomi da fare sul serio, e non soltanto nei periodi di ferie, per sistemare Ginuzzo e la bossa nel giro di una settimana. A parte questo, dicevo, passi pure l’improvviso altruismo di Ai che butta al vento non due ma tre (TRE!) dosi di antidoto per un capriccio infantile di un diciassettenne esaltato, ma anche chiudendo gli occhi in questo senso, rimane una domanda: perchè non dare direttamente la dose extra “use only in case of emergency or stupidity” al panzone tricheco, raccomandandogli di tenere nascosta la droga fino a che non si fosse resa necessaria? Perchè far scomodare i coniugi Kudo, che tra l’altro non avevano neanche il tempo materiale per fare tutto quello che hanno fatto? Sia chiaro, i miei occhi ringraziano per la presenza scenica della Baronessa Che Tutto Può, ma perchè inserirli a forza nella trama se per farlo bisogna forzare tutto il resto? Quando hai a disposizione un inutile tricheco che non aspetta altro che rendersi utile? E la cosa ironica è che il megalomane, che senza Ai era indiscutibilmente fott*to, non solo non la ringrazia, trova anche da ridire! “Poteva anche darmene cento di pillole!”. Ma magari, così finivi in overdose e ti toglievi dalle pa**e definitivamente, pezzo di un idiota!!
10- Ultima menzione per l’adattamento. Tanto per cominciare, gentili signori della Merak, voi non potete permettervi di cambiare ad cazzum la voce della Baronessa a piacimento. Per darle una voce così anonima e priva di ogni forma di cazzutaggine, poi! Il discorso si estende anche a Kudo: Sesana doppia già una ventina di personaggi, uno più antipatico dell’altro (dal gelataio allo zio Jirocoso l’esaltato), perchè non potevate lasciargli Romanò, che gli stava anche meglio? Sesana ha una voce troppo giovanile, meno autorevole e matura, non si adatta ad un personaggio come Yusaku. Ma tutto questo sparisce di fronte alla perla della settimana: Ai HABARA. Allora, voi potete tradurre la “dichiarazione” come caspita vi pare, “La ragazza che mi piace”, “La ragazza che amo”, “La ragazza che mi sta simpatica”, “La ragazza che ho incontrato ieri al cinema”, come vi pare. Ma non fate dire, per giunta a quella voce zuccherosa che avete appioppato alla Baronessa, Ai Habara. Ai non è Habara, dannatissimi idioti!
Considerazioni conclusive.
Punto primo. Il London Arc è l’ennesimo ritorno di Shinichi pompato come neanche il più importante dei casi mibbici (io credo che un hype come per questo caso non si sia visto neanche per HP), ma di cui non si sentiva la necessità. Lo scopo di questo “megacaso” è duplice: 1- Dare il contentino ai fan della coppia, che a quanto pare sono la stragrande maggioranza dei fan di DC, e che “chissenefrega dei Miyano e del panino d’argento io voglio il bacio del mio Shin con la mia Ran ommioddiosonounacoppiaperfetta <3<3”. 2- Tenerli buoni con un caso spacciato come importante ai fini della love story tra i due protagonisti (ma che di fatto non porta a niente, a nessun risultato, a nessuna dinamica nuova), per fargli dimenticare per un attimo dell’esistenza di una vera trama principale che procede allo stesso ritmo con cui Maurizio Costanzo corre alla maratona di New York. In fondo, con il London Arc Gosho ci ha riempito un volume, e ha sviato l’attenzione dei lettori dai veri problemi dell’umanità. Un po’ come gli illusionisti, come il gelataio: ti fanno credere che quello che sta facendo con la mano destra sia importante, e invece lavorano con la sinistra. E tutti, puntualmente, ci cascano.
Punto secondo. Il London Arc è anche un po’ l’archetipo dello stile dei casi del Gosho di oggi: l’idea di partenza è buona, ma viene sviluppata male (quante volte ci siamo ritrovati a dirlo, nelle ultime stagioni/volumi?). Difatti, l’idea di ambientare un caso a Londra, il tempio del giallo classico inglese, la vera protagonista delle avventure di Conan Doyle, ci sta perfettamente in un’opera il cui protagonista si spaccia per l’Holmes del terzo millennio. Anzi, è tanto perfetta che viene da chiedersi perchè Gosho non l’abbia sfruttata prima. Il problema, appunto, è che poi è sviluppata male. Mettendo per un attimo da parte la questione love story, il caso che ci propone Gosho non è neanche male: codici che sfruttano la topografia londinese, citazioni dai racconti di Conan Doyle, lo spettro di una strage imminente da sventare. Chiaro, non è niente che non ci si potesse aspettare da un caso di DC ambientato a Londra, però il materiale c’è; anzi, forse c’è persino troppa carne al fuoco. Il problema è che manca un fattore fondamentale in un caso incentrato su una potenziale strage: la tensione. La tensione, nonostante il contesto ottimale e il materiale narrativo, è ai minimi storici. E in quei pochi momenti in cui il toni si alzano un pochino, vengono subito smorzati e affossati dalla romantic dramedy in atto. In secondo luogo, non mi convinceva quando lessi il caso sul manga, e non mi convince tuttora l’idea di spostare il climax della narrazione a Wimbledon, che in una città come Londra non è di certo il contesto con più appeal “crime” che si possa trovare. L’idea che mi sono fatto è che, concentrando la seconda metà del caso sui campi da tennis, si finisca per svalorizzare e depotenziare quell’idea iniziale di ambientare il caso a Londra, per virare sul giallo sportivo. Insomma, una strage in pieno centro a Londra avrebbe avuto tutto un altro effetto. Scotland Yard, simbolo della crime story inglese, viene coinvolto solo di striscio, nonostante il padre del protagonista ce la meni tutte le volte con il suo amico che lavora lì. I luoghi topici, i monumenti della città vengono toccati solo di profilo, dall’esterno, senza coinvolgerli, senza nemmeno entrarvi, il più delle volte. Holmes è coinvolto solo a livello citazionistico, in funzione di una specie di caccia al tesoro che fa molto caso DB. E la minaccia-strage, come si è detto, ha l’appeal e la carica emotiva di una puntata di Porta a porta.
Punto terzo. Come ogni ritorno di Shinichi, tutto il caso è concepito in funzione della coppia ShinRan e dei loro complessi amorosi, e tutto il resto è poco curato (Shiracoso anyone?). Talmente poco curato, che il caso è pieno dall’inizio alla fine (letteralmente: da Diana buttoisoldialvento alla terza dose portata dai galoppini Kudo) di forzature, alcune trascurabili, altre fastidiose, altre ancora semplicemente inaccettabili. Perchè per nessun motivo, nemmeno per Shinichi e Ran (anzi, soprattutto per loro), puoi cambiare all’improvviso e ad cazzum la caratterizzazione di uno dei personaggi principali per servire i tuoi scopi: Ai non può passare da un giorno all’altro da “L’antidoto è una roba seria!” a “Toh, tieni due dosi, anzi facciamo tre che intanto una la userai per Ran”. Non può. E non c’è altro da dire.
Punto quarto. Paradossalmente, e ironicamente, la stessa scena madre per cui tutto il caso è stato pensato e costruito è semplicemente ridicola. Una colossale presa per il kudo. Ed è la dimostrazione definitiva, se ancora ce ne fosse il bisogno (ma non c’era), che un autore che ti piazza la dichiarazione d’amore più attesa dal suo pubblico di sempre in un flashback di trenta-secondi-trenta, è semplicemente incapace di gestire ogni qualsivoglia dinamica shojo. E che pertanto farebbe meglio a dedicarsi a quello che sa fare, invece di sconfinare troppo spesso in generi che non gli competono. Per non parlare di come anche questa volta, anche dopo averci costruito attorno un caso lungo come la mia vita, Gosho riesca a non concludere una beneamata mazza. Sì, perchè la dichiarazione più brutta della storia non riceve nemmeno una risposta (e tutto ciò è inverosimile, anche per una come Ran)! Shinichi si dichiara a modo suo, e Ran non fa nulla. Non. Fa. Nulla. Nè ora, nè negli episodi successivi. Così si può andare avanti per un’altra ottantina di volumi, e tenere ancora occupati i fan con periodici ritorni di Shinichi per sempre nei secoli dei secoli, amen.
Per questo, alla luce di quanto ho detto, posso affermare senza timore che sì, il London Arc è un caso inutile. Ai fini della trama, ai fini della love story, ai fini di tutto. E il caso a Londra si poteva fare ugualmente, ma con altre modalità. E senza romance, grazie.
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