Detective Conan Forum

Apotoxin Cronicle, (Sherry's memories)

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view post Posted on 18/9/2011, 18:56     +3   +1   -1
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Era partita come una semplice e indolore one shot, e mi è uscito un mattone di 18 pagine word. Per vari motivi mi trovo costretta a spezzetterla in più pezzi. Vi chiedo perdono gif

Si tratta di viaggio sulla vita di Shiho Miyano, dall'infanzia, allo studio in america, e della vita mibbica come "Sherry".
Chiedo venia fin da ora per possibili errori cronologici, o facciate di "trama"... ho cercato di rimanere più possibile fedele alle informazioni sparse per tutto DC, riguardo il passato della puccia, ma qualche svista l'avrò sicuramente presa. Prendetela come la mia personale versione di come si sono svolti i fatti, romanzata e principalmente inventata. Un mio capriccio personale :sisi:
E per la tecnica di narrazione... immagino che non sia granchè. Sicuramente disegno meglio di come scrivo.


Apotoxin Cronicle



“Se io... se io potessi perdere la memoria... se potessi scordare la morte di mia sorella, o di essere stata costretta a creare il farmaco dall’Organizzazione.... se potessi dimenticare tutto, e diventare semplicemente Ai Haibara... credi che le cose andrebbero meglio, Kudo?”

-Parte Prima-





Dei suoi genitori ricordava poco.
Solo una figura sfocata, malinconica, con i capelli lunghi. Le sussurrava qualcosa, la carezzava, e si allontanava. Probabilmente sua madre.
Di sua sorella invece si ricordava benissimo. Di come piangeva disperata, rompeva le cose e si chiudeva in camera, abbracciando un orso marrone grande quanto lei, sorda alle riprese delle signore che badavano a loro. Non capiva il perché di quel comportamento, ma a volte si univa a lei nei pianti dirotti, più per partito preso che per reale tristezza. A quei tempi non sapeva ancora che i suoi genitori erano morti.

Una signora dall’aria severa, ma gentile si occupava dell’appartamento dove vivevano. Preparava da mangiare, puliva la casa, e portava loro qualche gioco, ogni tanto. Ma non si dimostrò mai materna nei loro confronti, né passava qualche ora di svago con loro. Fare la madre non era nelle sue mansioni, diceva.
Akemi sbuffava sempre quando quella signora la rimproverava, e spesso le faceva dei piccoli dispetti apposta. E quando erano sole, passava delle ore a fare la sua imitazione, mettendosi un cuscino sotto la maglietta, e brandendo un cucchiaio di legno: cominciava a fare una voce buffa, con un accento strano, e agitava il cucchiaio come una matta, inseguendo la piccola sorellina. Shiho rideva sempre durante quelle scenette, che spesso finivano con una battaglia di cuscini sul divano, seguite ovviamente dai rimproveri severi della badante.
Ricordava anche di possedere un piccolo pupazzo: un piccolo gatto nero, con gli occhi azzurri. Lo aveva chiamato “Kuroneko”, e se lo portava sempre dietro, se poteva. La notte poi lo metteva vicino al cuscino, come un guardiano fedele. Akemi le diceva sempre che i gatti neri portavano sfortuna e che se continuava a dormirci insieme, un gatto nero l’avrebbe rapita. E lei in tutta risposta le faceva notare che per avere undici anni, dormiva ancora abbracciata con un orso vecchio e puzzolente. E partiva l’ennesima battaglia di cuscini. Quei momenti di svago infantile erano i migliori della giornata, e Shiho credeva che sarebbero continuati per sempre.

Un giorno, poi, arrivò nell’appartamento un uomo tutto vestito per bene,con cravatta e scarpe lucide, tre penne bianche che uscivano dal taschino, occhiali da sole, e una valigia da viaggio nera. La badante spiegò loro che era un rispettabile professore di qualche università (anche se Akemi si riferiva a lui come “Mr. Pinguino”), ed era venuto per fare alcuni test. Dalla valigetta tirò fuori fogli, formine di legno, e strani oggetti in metallo. Uno alla volta li sottopose all’analisi della piccola Shiho, la quale vedeva tutto come uno strano gioco. Akemi però non era affatto tranquilla. Anche a lei era stato fatto lo stesso test quando era piccola, e aveva un brutto presentimento.
Shiho invece era solo perplessa dall’atteggiamento del professore: aveva l’aria severa, ma più il gioco andava avanti, più la guardava con stupore, che se si trattasse di un’animale raro. Lo sentì poi parlare con la signora badante, mentre Akemi stava esaminando un rompicapo in metallo.
“Questa bambina è incredibile. A quattro anni, questi ragionamenti...”
“Deve ricevere al più presto un’istruzione adeguata!”
“Mai visto una cosa del genere...”
“E’ la degna figlia di suo padre.”
L’ultima frase che riuscì a origliare la colpì.
Era come il suo papà.
Le si gonfiò il petto di orgoglio, e corse da Akemi per raccontare ciò che aveva sentito, ma sua sorella non sembrava affatto felice. L’abbracciò forte, sorprendendo la piccola Shiho.
“Non te ne andare anche te”. Mormorò la ragazza, malinconica.
La piccola rimase ferma, uno strano magone le stringeva lo stomaco. Anche se non sapeva il perché, intuì che la sorella era triste a causa sua.
“Akemi.. ti voglio bene.” mormorò piano, abbracciandola come solo una bambina poteva fare.



Durante i mesi successivi incontrò un sacco di gente. Altri dottori la sottoposero a test simili al primo, e insegnanti che sapevano di tabacco cominciarono a farle scrivere fogli e fogli di ideogrammi, e calcoli.
Tutto ciò era molto noioso, anche se, quando si sentiva dire che i suoi genitori sarebbero stati orgogliosi di lei, si dava da fare, contenta di essere al centro dell’attenzione.
Cominciava a vedere Akemi sempre meno. Di giorno la sorella andava a scuola, usciva con gli amici e qualche volta era costretta a cenare fuori per dei violenti temporali. Quando la sera Akemi non c’era, e finalmente era lasciata in pace dagli insegnanti, si sedeva sul divano e abbracciava il suo pupazzo di gatto, aspettando di addormentarsi. A volte rimaneva sveglia per aspettare la maggiore.
Quando invece la sera le due sorelle erano insieme, parlavano del più e del meno, ridevano, e a volte Akemi le leggeva qualche storia.

Un giorno le raccontò una fiaba che sua madre le aveva raccontato a sua volta quando era piccola. Era una fiaba europea, molto famosa: parlava di una ragazza che era costretta dalla matrigna e dalle sorellastre a rimanere chiusa in casa, lavorando come una serva e mangiando gli avanzi dei pasti. Non poteva ribellarsi, e non poteva nemmeno scappare e gli unici suoi amici erano dei topini che vivevano nello sgabuzzino dove dormiva, e il cane da guardia. Finchè un giorno il principe del regno non fece una festa, e tutte le ragazze erano invitate al ballo. La giovane voleva partecipare, ma la matrigna, consapevole della bellezza della ragazza, la fece rinchiudere nelle segrete, impedendole di andare al ballo. La fanciulla pianse tanto, e in suo soccorso giunse una fata, chiamata dai topini, che la liberò dalla prigione e la fece andare al ballo, con un vestito magico. Al ballo il principe si innamorò perdutamente della fanciulla, ma a mezzanotte ella scappò dal ballo,perché la magia sarebbe finita dopo l’ultimo rintocco. Il principe girò per tutto il regno per ritrovarla, e quando scoprì che era una serva, non se ne curò, e la sposò, con l’invidia delle sorellastre.
“.. e vissero per sempre felici e contenti” disse Akemi con un sorriso.
“...”
“Che c’è? Non ti è piaciuta forse?”
“No,è bella... ma non capisco perché la ragazza ha fatto da serva per tanti anni, nonostante fosse figlia del padrone della villa... non poteva ereditare tutto e scacciare la matrigna?”
Akemi la guardò sconsolata. Era troppo realista per la sua età. Sospirò con un sorriso rassegnato, e scompigliò il caschetto ramato della bimba.
“Si, ma se fosse stato così, Cenerentola non avrebbe incontrato il principe, e non sarebbe diventata regina. In questo ci ha guadagnato, no?”
La piccola Shiho rimase un attimo a pensare. Poi annuì,sorridendo. Cominciò a guardare il pupazzo che teneva fra le braccia, tirandogli le orecchie di velcro.
“Credi che un giorno verrà un principe a portarci via?”
Akemi la guardò sorpresa.
“Perché? Non stai bene qua?”
“Sì, ma mi sembra... non so, mi trattano tutti in modo strano”
Akemi la guardò con tenerezza. Anche se aveva solo 5 anni scarsi, percepiva perfettamente che c’era qualcosa che non andava. Lei stessa a scuola era controllata a vista, e non poteva fare niente se non aveva il permesso della badante. Sperava solo che a Shiho venisse risparmiato tutto questo.
Per cambiare discorso, prese a tradimento il peluche di gatto che la bimba teneva nelle braccia.
“Sarà perché ti ostini a portarti questo dietro!” Akemi le fece la linguaccia.
“Ridammi Kuroneko!”
“Ah ah! Vienitelo a prendere, nanerottola”
“Akemiii!!” Shiho si lanciò sul futon, ma Akemi era già in piedi dall’altra parte. Due grossi goccioloni spuntarono negli occhi celesti della piccola, mentre cercava di uscire dal groviglio di coperte.
La maggiore allora le lanciò piano il gatto sulla testa, con un'altra linguaccia.
In fondo era pur sempre una bambina.


Quando Shiho compì sei anni, nell’appartamento si presentarono due uomini e una donna vestiti di nero. Erano accompagnati dal professor Mr. Pinguino, e si misero a parlare con la badante. Akemi era a scuola, e Shiho li guardava con non curanza. Era abituata a vedere gente strana in quell’appartamento, e non se ne preoccupava più di tanto. Continuò a scarabocchiare ideogrammi su un foglio, come se stesse disegnando.
“Sei tu Shiho?” La donna vestita di nero si avvicinò a lei.
“Sì” la bambina la degnò appena di uno sguardo. Parlava con un accento straniero. Forse era americana.
“Ci hanno detto che sei molto intelligente. Ti diverti qui?”. Era falsamente docile, lo si capiva subito.
“Mi annoio un po’...” Shiho fece le spallucce. Non le piaceva quella donna, ancora meno della badante.
“In America non ti annoierai. Imparerai molte cose là”
“America?... io non voglio andare in America!” Shiho si alzò a sedere, guardandola come se fosse un alieno. Aveva uno strano presentimento.
“Ah.. invece tu ci verrai. Non vorrai deludere la memoria dei tuoi genitori?”
Questa volta a parlare fu uno degli uomini che erano arrivati. Aveva i capelli brizzolati e un paio di baffi ben curati. Puzzava di sigaro.
“I.. i miei genitori?” Shiho era confusa. Prima parlavano di America, adesso dei suoi genitori...
“Oh si.. conoscevo tuo padre e tua madre molto bene...” Il signore sorrise. “.. e sono certo che loro ti avrebbero fatto studiare nei migliori istituti. Tu sei molto preziosa, piccola Shiho.. dovresti essere orgogliosa di essere figlia di Atsushi e Elena Miyano”.
La bambina rimase seduta, a fissare quegli uomini.
“Akemi lo sa?”
“Oh, non ti preoccupare per lei.. Akemi rimarrà qua a studiare normalmente. Non è speciale come te. Partirai tra una settimana. Avrai il tempo per salutarla.”
Detto questo i tre individui uscirono dall’appartamento, assieme al professore.
Shiho rimase sola, a fissare il vuoto. Sarebbe andata via senza sua sorella. Sentiva una rabbia crescere dentro di sé, ma stranamente non versò una lacrima. Rimase seduta su quel cuscino per tutto il pomeriggio.

“Mi raccomando,lavati i denti”
“Sì”
“E non mangiare quelle porcherie piene di grassi che fanno là!”
“Va bene”
“E non farti fregare solo perché sei straniera... fai vedere loro chi sei!”
“Akemi...”
“E fatti dei buoni amici, va bene sorellina?”
Shiho annuì. Erano in aeroporto, scortati da una decina di persone vestite di scuro. Tra loro c’erano anche la donna e l’uomo con i baffi di quel pomeriggio. Aspettavano che iniziasse l’imbarco per il loro volo.
“E poi ancora una cosa...” Akemi fece cenno a Shiho di avvicinarsi. Con la scusa di abbracciarla le sussurrò nell’orecchio.
“Questa gente continua a dire che i nostri genitori erano felici di quello che facevano, e felici di vederci seguire le loro orme. Tu non li hai conosciuti, ma io so che nostra madre era sempre triste. Non credere a tutto ciò che dicono. E ragiona con la tua testa.” Si distanziò e le scompigliò la frangia.
“E dai non piangere! Vedrai che presto verrò a trovarti!” Le fece un occhiolino d’intesa, che Shiho colse.
“A-Akemiii!!” La bambina le buttò le braccia al collo, in uno dei suoi pianti teatrali più ben riusciti.
Akemi sorrise. Potevano anche separarle, ma non potevano rompere l’intesa che le legava.
Una voce metallica chiamò il volo che dovevano prendere. Uno di quegli “agenti” prese la valigia di Shiho, e l’uomo coi baffi la invitò a seguirli.
“Sul serio, verrò a trovarti presto...” Akemi sentì gli occhi pungerle, mentre vedeva la folla dirigersi verso il banco.
“Adesso non ti metterai a piangere anche te, eh?” Shiho sorrise, furba, mentre si asciugava le lacrime, che non erano del tutto false.
“Schiocchina. Anzi, adesso vado a festeggiare, perché non c’è più quel gatto nero in casa!”
“La sciocca sarai tu! Ho lasciato Kuroneko nell’appartamento. Così ti tiene compagnia”. Shiho le fece la linguaccia. Sapeva che quel peluche le dava fastidio.
“Ah, piccola peste...”
“Miyano! Sbrigati!” La donna in nero la richiamò severa.
“Ciao Akemi” la bambina l’abbracciò per l’ultima volta.
“Chiamami appena arrivi...” Akemi le schioccò un bacio sulla testa.
Shiho annuì, e con gli occhi ancora lucidi, corse verso il bancone.
Chissà cosa avrebbe fatto in America...

---------
Parte seconda 2.1
Parte seconda 2.2
Parte terza
Parte Quarta
Parte Quinta
Parte Sesta, last part

La prima citazione viene dal 4 film... ovviamente non è per niente ufficiale, e sicuramente è leggermente diversa... ma ce lo vedevo bene come intro.


Edited by Sherry Of The Shadow - 29/6/2022, 01:02
 
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Sherry<3
view post Posted on 18/9/2011, 19:32     +1   -1




Molto bello questo capitolo!!!!!! mi è piaciuto molto.....menomale che ti è uscito un mattone di 18 pagine!!! :D
 
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view post Posted on 18/9/2011, 19:36     +1   -1
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E' molto coinvolgente mi è piaciuta molto ,sei riuscita a mantenere i caratteri delle due sorelle Shiho e Akemi immaginando un infanzia che non è molto distante da come l'avrebbe immaginata Gosho brava i miei complimenti :clap: :clap:
 
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view post Posted on 19/9/2011, 00:09     +2   +1   -1
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ila- chan, stavo quasi per mettermi a piangere!!!!
è dolcissima :wub: :wub: :wub: :wub:

very good, segretaria!!! *strizza l'occhio*


davvero molto bella. lo stile è buono, la narrazione semplice e scorrevole, ti appassioni subito a queste due sorelle myano :wub:
che donne!!!

sembra davvero di stare insieme a loro, di camminare con loro, di percepire i loro sentimenti...brava, brava, brava!!!!


continua così, che vai forte!!!! *pollice in sù*
 
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view post Posted on 20/9/2011, 10:47     +1   -1
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Grazie per i commenti, e anche per chi ha letto in silenzio :) Mi fa piacere che l'abbiate trovata interessante ^^

CITAZIONE (Sherry<3 @ 18/9/2011, 20:32)
Molto bello questo capitolo!!!!!! mi è piaciuto molto.....menomale che ti è uscito un mattone di 18 pagine!!! :D

Ah ah! beh, l'ho diviso in 5 pezzi.. dovrebbe essere più digeribile ;)

CITAZIONE (Ran87 @ 18/9/2011, 20:36)
E' molto coinvolgente mi è piaciuta molto ,sei riuscita a mantenere i caratteri delle due sorelle Shiho e Akemi immaginando un infanzia che non è molto distante da come l'avrebbe immaginata Gosho brava i miei complimenti :clap: :clap:

Ti ringrazio molto :) Sto cominciando ad affezionarmi veramente a questo "duo". Sul serio, Akemi tanta stima :sisi:

CITAZIONE (ShihoKudo @ 19/9/2011, 01:09)
ila- chan, stavo quasi per mettermi a piangere!!!!
è dolcissima :wub: :wub: :wub: :wub:

very good, segretaria!!! *strizza l'occhio*


davvero molto bella. lo stile è buono, la narrazione semplice e scorrevole, ti appassioni subito a queste due sorelle myano :wub:
che donne!!!

sembra davvero di stare insieme a loro, di camminare con loro, di percepire i loro sentimenti...brava, brava, brava!!!!


continua così, che vai forte!!!! *pollice in sù*

Eeh adirittura a piangere... e dire che è la parte più "tranquilla" di tutta la storia... Se vogliamo vederla a colori, si va graduatamente dal chiaro, al nero dell'ultima parte. Dall'infanzia alla dannazione. Grazie per il commento ^^

Metterò la seconda parte stasera. Mi sto divertendo a fare i tumbnails all'inizio storia :3 (per chi non sapesse, sono le mini immagini all'inizo)
 
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view post Posted on 20/9/2011, 21:51     +1   -1
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-Parte Seconda 2.1-



RTlCUsH



Shiho arrivò in america in serata. Il fuso orario la confuse non poco.
La camera d’albergo che le avevano procurato era al settimo piano. Dalle ampie finestre poteva godere di un ottima vista sulla città e di una luce naturale per buona parte del giorno. Il piccolo terrazzo era munito di una ringhiera abbastanza alta da rendere difficile qualsiasi scalata. E naturalmente qualsiasi fuga.
Aveva a disposizione una cameriera dell’albergo per qualsiasi esigenza, e fuori dei corridoi e nell’atrio c’erano gruppi di agenti che controllavano che fosse tutto in ordine. Anche solo pensare di fuggire da quel posto era una pura follia.

La scuola che frequentava era un istituto privato. C’erano insegnati americani che parlavano un poco di giapponese, e ben presto fu costretta a sapersi esprimere in inglese. Ci mise una settimana a padroneggiare la lingua, e un paio di mesi a cancellare l’accento giapponese. Sembrava che fosse nata e cresciuta lì.
Gli insegnanti erano entusiasti di lei. Apprendeva velocemente tutto ciò che studiava, e dimostrava una capacità di ragionamento fuori dal comune. Per non parlare dell’età incredibile.
Tutte quelle lodi in fondo le facevano piacere, ma non divenne mai arrogante. Sapeva che stava facendo la cosa giusta, e sentire aneddoti sui suoi genitori la rendeva orgogliosa.
Però soffriva lievemente di solitudine. Non c’era Akemi a fare battute ironiche sui professori, o sul naso a patata del direttore dell’albergo. E neanche la sera a tenerle compagnia raccontandole delle storie divertenti.
Si alzava, veniva scortata a scuola in taxi, studiava, mangiava un panino nel bar interno all’istituto e continuava la lezione. Tornava al sera nell’albergo, e oltre che studiare, non aveva altro da fare.
C’era una televisione, ma i programmi erano uno più sciocco dell’altro, e ben presto la scartò.
Cercò quindi qualcosa per trascorrere la serata in tranquillità, e scovò una piccola libreria in dotazione della stanza. Oltre alle guide turistiche, c’erano anche dei romanzi classici. Ne prese uno a caso, e cominciò a leggere, sprofondata nel divano.
Da quel momento cominciò a farsi recapitare una grande quantità di libri. Divorava tutto: dalla letteratura classica, a quelli moderna, dai racconti rosa (che definiva “sciocchi”) ai gialli (“poco credibili”). I racconti horror forse erano quelli che la appassionavano di più, ma più per una questione emotiva, che per gusto personale.
Forse era strano che una bambina di sette anni leggesse tutti quei libri, ma dal suo punto di vista era l’unico momento rilassante che poteva concedersi.

E al contrario di quanto Akemi le aveva raccomandato, non legò con nessuno in particolare all’istituto. Le lezioni che seguiva erano individuali, e non parlava mai con gli alti piccoli “geni” che frequentavano quel posto. Gli altri d’altro canto si riferivano a lei come “La glaciale giapponese”, e stavano alla larga.
Per Shiho era solo un problema in meno, e se ne curava poco.
Gli anni che trascorse lì passarono tuttavia in fretta. La routine giornaliera scandiva le settimane, e gli esami i mesi. Nel giro di tre anni raggiunse un’educazione ai livelli del diploma, e incominciò subito dopo a specializzarsi in medicina. Anche se le sembrava di seguire un percorso di studi già deciso in partenza, non le dispiaceva affatto. Scienze biologiche era la branca in cui afferrava meglio, e l’idea di seguire gli stessi studi del padre la spingeva a impegnarsi a fondo negli studi.
In tutto questo l’Organizzazione non era mai intervenuta, se non come guardia del corpo. Ogni tanto incontrava qualche professore mandato da loro, ma niente di più. Non li riteneva troppo invadenti.

In un caldo pomeriggio di maggio, all’età di 12 anni, dopo aver dato con successo un esame di chimica avanzata, si era seduta nella caffetteria dell’istituto. Stava aspettando che il taxi la venisse a prendere, e ingannava il tempo con un caffè, e “Il ritratto di Dorian Gray” sotto mano.
L’idea di cercare la bellezza e la giovinezza eterna le sembrava una cosa sciocca, da parte del protagonista. Come poteva pretendere di fuggire al tempo che scorreva, con l’inganno di un dipinto? Quel romanzo le sapeva troppo di fantascienza, più fantascienza che “Il mostro di Frankenstein”...
“Tu sei Miyano, la giapponese, vero?”
Shiho interruppe i suoi pensieri, e guardò stranita il suo interlocutore, abbassando il libro. Era un ragazzo dai capelli scuri, mossi ma tagliati corti, e un paio di occhiali spessi sul naso. Rimase a fissarlo come se si trattasse della cosa più assurda che avesse mai visto.
“Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” Il ragazzo sorrise, cercando di fare il simpatico.
“.. .. sì... cioè no... .. sì, sono Miyano” Si sentiva una sciocca. Era la prima volta da quando era lì che qualcuno le rivolgeva la parola, e aveva quasi dimenticato come si faceva.
“ Ti ho visto oggi all’esame. Sei stata grande! Io sono stato bocciato la prima volta, ma oggi sono passato! Ah, già, piacere! Sono Andrew Firston!”
Per i gusti di Shiho era partito peggio che male. Parlava troppo, e sembrava quel tipo di persona che non sapeva farsi gli affari suoi. Si guardò intorno, circospetta. Si aspettava di vedere un gruppetto di gente sghignazzante fare il tifo per qualche scommessa. Sembrava il classico approccio del “scommettiamo che la faccio parlare?”.
“Piacere...” Shiho chiuse il libro e appoggiò la guancia sulla mano, lievemente scocciata.
“Avanti, quale scommessa hai accettato? Parlare con me? Farmi uno scherzo? ...”
“Hey hey.. no niente di tutto questo... è solo che.. mi sembravi una tipa interessante, tutto qua”, il ragazzo, tale Andrew, si mise sulla difensiva, spaventato da tanta schiettezza.
Shiho invece lo guardava sempre più storto.
“Immagino che mi debba sentire onorata...” si alzò dal tavolo, raccolse la borsa con i libri, e fece per prendere il portafoglio per pagare il caffè.
“Ah no, non serve! Ho pagato io il tuo conto!” Andrew le sorrise caldamente.
Probabilmente voleva farle colpo. Shiho più che altro pensava che fosse un idiota.
“Ti ringrazio.. ehm... “
“Andrew”
“Si... grazie. Buon pomeriggio”. Lo congedò con un cenno della testa, e se ne andò.
“Domani ci sei?”
Ecco, adesso cominciava ad esagerare. Lo ignorò e uscì dall’istituto.

Durante i giorni successivi all’istituto, per un motivo o per l’altro, se lo trovava sempre davanti. Aveva 15 anni, ed era figlio di un importante affarista. Inizialmente Shiho lo paragonava a uno di quei cagnolini che ti seguono ovunque, e fanno un gran baccano, ma da quando aveva iniziato a scambiare qualche parola con lui, si accorse che andare all’istituto aveva un sapore diverso.
Quando disse ad Akemi che aveva fatto “amicizia” con lui, era entusiasta. Cominciò ad elencarle tutta una serie di attività da fare in compagnia, e le suggerì di farsi anche qualche amicizia femminile. Shiho scosse la testa sorridendo mentre la sentiva parlare. Era sempre così effervescente, tutto il contrario di lei.
Forse era giusto così.. doveva smettere di fare la selvatica e lasciarsi andare in qualche relazione sociale, come una qualsiasi ragazza della sua età.
Mentre stava facendo delle fotocopie di una dispensa di anatomia funzionale, Andrew le sbucò all’improvviso da vicino.
“Buongiorno!”
Ormai si era abituata a quelle apparizioni improvvise, e non si impressionò nemmeno. Voltò tranquillamente pagina e fece partire la stampa, degnandolo appena di uno sguardo.
“Stasera hai da fare?”
Si bloccò un attimo e si voltò a guardarlo.
“Stasera?”
“Si! Ti va di uscire a cena fuori?”
Shiho non sapeva cosa rispondere. Era indubbio che fosse un tipo invadente e a tratti pesante, ma in fondo era anche simpatico, e sapeva fare dei ragionamenti furbi. Nella testa sentì la voce di sua sorella Akemi che la spingeva ad accettare.
“Ci devo pensare...”. Scostò un ciuffo di capelli ramati dietro l’orecchio, mentre prendeva le fotocopie che aveva fatto.
“Beh, non hai molto tempo... è già pomeriggio, e al ristorante bisogna prenotare ora” Le fece un occhiolino d’intesa, ennesimo tentativo fallito di fare colpo.
Shiho sospirò, dubbiosa. Una cena fuori cosa poteva mai compromettere? Valeva la pena provare.
“Va bene... a che ora?”
Ad Andrew gli si illuminarono gli occhi. Scrociò le dita che teneva dietro la schiena, felice come un bambino.
“Alle 8 fatti trovare davanti all’istituto! Ti verrò a prendere con la limousine!”
“oh, addirittura la limousine... tuo padre ti ha dato la paghetta?” Shiho sfoggiò un sorriso ironico.
“Spiritosa! Vedrai che non ti pentirai di aver accettato!” La salutò, entusiasta, e corse fuori dalla biblioteca.
Shiho raccolse i suoi fogli e li mise in una carpetta. Non era ancora convinta di quello che aveva fatto, ma pentirsene adesso sarebbe stato inutile.


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Edited by Sherry Of The Shadow - 29/6/2022, 01:08
 
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Sono curiosa di come prosegue *_* il suo primo appuntamento come andrà a finire?
 
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ma che vuole questo firston? *scruta sospetta*


CITAZIONE
"oh, addirittura la limousine... tuo padre ti ha dato la paghetta?”

questo è perfettamente in stile shiho myano.
quanto la adoro :wub:


ottimo, davvero ottimo! *pollice su*
 
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view post Posted on 22/9/2011, 14:39     +1   -1
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Grazie per i vostri commenti °v°. In realtà la parte seconda era assieme a questo, ma alla fine usciva troppo lungo °_°. Almeno così sono più digeribili *tehe*


-Parte Seconda 2.2-




“Dove stai andando?”
Uno degli uomini in nero, corpulento e ben impostato, la fermò non appena uscì dalla porta della camera d’albergo.
Shiho lo guardò perplessa. Si era vestita in modo semi elegante, per quando potesse alla sua età, e la cosa agli occhi dell’uomo sembrava sospetta.
“Sto uscendo”
“Questo lo vedo bene... ti ho chiesto dove.”
“A cena fuori”
“Non ne ero informato”
Shiho sbuffò.
“Perché, adesso devo avere il permesso per uscire?”
L’uomo si aggiustò gli occhiali da sole sul volto, a disagio.
“Ho l’ordine di non farti uscire dall’albergo. Quindi per favore, rientra dentro”
La ragazza cominciò a inviperirsi.
“Sentimi bene, io esco ed entro quando mi pare. Non mi sembra che abbia mai fatto niente di male!”
“Signorina Miyano, la invito a rientrare dentro” La voce dell’uomo si era fatta improvvisamente dura, e con la sua mole le impediva di vedere oltre le sue spalle.
Tutto ciò le sembrava assurdo. Da quando le era impedito uscire?! Tentò ancora di far valere le sue ragioni.
“Mi stanno aspettando, e sinceramente sono già in ritardo”
“Torni. Dentro.”
Il tono non ammetteva repliche. Indignata e inviperita, si voltò indietro, sbattendo la porta in faccia all’uomo con violenza. Se lo aveva urtato tanto meglio. Lanciò la borsa sul letto e si sedette sul divano, scocciata per essere stata trattata come una prigioniera politica. Le dispiaceva inoltre che quel povero ragazzo sarebbe rimasto ad aspettarla per ore, senza sapere che non si sarebbe presentata.
Dopo mezz’ora qualcuno bussò alla porta. Per un folle attimo temette che Andrew aveva scoperto dove alloggiava ed era andata a cercarla. Invece entrò l’uomo con i baffi che puzzava di sigaro, che l’aveva accompagnata in America sette anni prima.
“Piccola Shiho, che piacere rivederti” L’uomo entrò nella stanza, e si sedette senza troppi complimenti sul divano. Tirò fuori un telefono cellulare e schiacciò qualche tasto.
“Si-signore...” Non lo conosceva bene, e non si ricordava nemmeno il nome,ma intuiva che non era uno da trattare a “porte in faccia”.
“Chiamami Awamori*...” tirò fuori un sigaro dal taschino della giacca e un accendino in argento.
“Posso?” chiese un attimo prima che accendesse il sigaro, come se si fosse ricordato della presenza della ragazza nella stanza.
“.. Certo...”
L’uomo tirò il sigaro diverse volte, finchè non si creò un piccolo braciere sull’estremità. Emise diverse nuvole di fumo, e in un attimo la stanza si avvolse una nebbiolina puzzolente.
“Mi hanno detto che questa sera avevi un appuntamento...”. L’uomo si atteggiava come un dirigente d’azienda con quel sigaro.
Shiho rimaneva davanti a lui, in piedi, con la gola e il naso che le bruciavano per il fumo.
“Sì...”
“Hai trovato un amichetto all’istituto?”
“No.. è solo un altro studente. Mi ha chiesto di uscire per compagnia..”
“Questo semplifica le cose... Oh, posso sapere il suo nome?” Awamori la fissò con intensità. Era uno sguardo che non ammetteva bugie o repliche. Faceva quasi paura.
“Andrew Firston...” Shiho disse quel nome senza neanche pensarci. Gli occhi di quell’uomo la mettevano in soggezione.
“Ah, Firston.. lo conosco suo padre... Bene...” tirò un’altra volta il sigaro. “Mettiamo in chiaro una cosa... tu non sei qui per divertirti, chiaro? Ti abbiamo mandato qui in America per prepararti al meglio per il tuo futuro, e distrazioni come amici e cene fuori, non sono nel programma. Sei stata brava ad arrivare a questo punto così velocemente, e brillantemente, ma mettiti in testa che finchè sei sotto la nostra tutela, dovrai fare quello che ti diciamo noi. Chiaro?”
“.. Chiaro...”
“So che sei una ragazza sveglia, e capirai il perché di questa politica. Tu sei destinata a fare grandi cose, Shiho Miyano. La vita sociale lasciala alla gente sciocca che perde solo del tempo.” Tirò un’ultima volta il sigaro e si alzò. Shiho rimase ferma al suo posto, mortificata e pietrificata. Non aveva il coraggio di ribattere.
“Spero che non ci sia più bisogno del mio intervento qua. La prossima volta che ci rivedremo, sarà quando tornerai in Giappone. Fino ad allora, impegnati e laureati presto”.
Awamori, sicuramente un nome in codice, uscì dalla stanza, chiudendo delicatamente la porta.
Shiho rimase ferma dov’era, immobile in mezzo a quella nuvola di fumo puzzolente. Lentamente andò verso la finestra e uscì sul terrazzo, respirando aria pulita.
Per la prima volta comprese a fondo la sua situazione.
Era un fantoccio. Un fantoccio in mano a delle persone sgradevoli e prepotenti, che sfruttavano la sua intelligenza per chissà quale scopo. Si sentiva oppressa e sciocca. Tremendamente sciocca.
Si appoggiò alle sbarre del terrazzo e si strinse nella spalle, presa dallo sconforto. Si sentiva in una gabbia impenetrabile.
“Akemi.. dove sei...?”

Il giorno successivo, all’istituto Andrew non si fece vivo. All’inizio Shiho pensava che si fosse offeso per il bidone della cena, ma successivamente scoprì che era stato trasferito in un altro istituto, e avrebbe continuato a frequentare altrove. Anche se nessuno le disse niente, aveva capito che gli era stato ordinato di cambiare istituto solo perché le aveva rivolto la parola. Si sentiva spregevole. E pericolosa.
Se prima la bolla di solitudine se l’era creata da sola, ora le veniva anche imposta. Decise comunque che avrebbe continuato la sua routine scolastica, e in fondo, non poteva fare altro. Divenne ancora più fredda e distaccata, anche con i professori stessi. Vedeva in tutti un potenziale “burattinaio”, e sentiva come se la sua vita fosse stata portata via da mani invisibili.
Della Shiho Miyano allegra e modesta che abbracciava il suo peluche di gatto, ormai non era rimasto niente.

Il giorno della laurea in Chimica Farmaceutica non fu niente di speciale. Aveva appena compiuto 13 anni, un risultato incredibile per una bambina. Anche per una bambina intelligente.
Fu tutto molto formale, e la discussione della tesi sembrava quasi che la professoressa fosse lei, e la commissione i laureandi. A vedere la sua laurea non ci fu nessuno di particolare. Qualche allievo impaurito, e un paio degli uomini in nero. Classico.
All’uscita dell’istituto, che visitava per l’ultima volta, la trovò ad attenderla Awamori, col sigaro in bocca e telefono all’orecchio. Parlava giapponese velocemente e male, e non capì di cosa stesse discutendo. Quando la vide, sfoggiò un sorriso che voleva essere amichevole.
“Ecco il piccolo genio. Congratulazioni per la laurea...” tirò un’ultima boccata di sigaro e mise il mozzicone in una scatoletta, dopo averlo spento.
“Grazie... “ In un’altra occasione sarebbe stata felice e orgogliosa di se stessa, ma in quel momento aveva il presentimento di lanciarsi a braccia aperte verso la bocca di un leone.
“Abbiamo fatto prendere la tua roba in albergo. Tra un’ora dobbiamo essere in aeroporto”
“In.. in aeroporto?!”
Questa proprio Shiho non se l’aspettava.
“Sì, piccola Miyano. Torniamo in Giappone. Qua non abbiamo più nulla da fare.”
Shiho non poté fare altro che stringere la borsa che portava a tracolla. Il Giappone. Sarebbe tornata a casa! Avrebbe rivisto Akemi, dopo.. dopo quella volta che era venuta a trovarla a sorpresa per il suo decimo compleanno. Inspirò piano, cercando di darsi un contegno. Salì sul taxi assieme a Awamori, e non prestò ascolto a quello che le disse durante il tragitto.
Finalmente avrebbe rivisto sua sorella.
Era l’unica cosa che le importava.

-----------

Dadadà!!... e l'atmosfera comincia pian piano a farsi pesantina... Povera puccia ç__ç
Awamori*: Sakè distillato e invecchiato in cantina, fino a che non diventa un liquore. Tipico Giapponese.


Edited by Sherry Of The Shadow - 29/6/2022, 01:07
 
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view post Posted on 22/9/2011, 15:52     +1   -1
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Uaoooooooooooooo sei troppo brava questa fic mi prende tantissimo ^^
povera puccia nemmeno un amico può avere :cry: come sono cattivi quelli dell'organizzazione :angry:
 
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view post Posted on 22/9/2011, 21:20     +1   -1
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The Dark One

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infinita tristezza per la puccia nostra *_*

un altro bel capitolozzo, good!
l'atmosfera era giustamente deprimente :ph34r:
 
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view post Posted on 22/9/2011, 23:21     +1   -1
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Super detective

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E vediamo com’è questa ff che ShihoKudo consiglia di non leggere…

CITAZIONE
Si tratta di viaggio sulla vita di Shiho Miyano, dall'infanzia, allo studio in america, e della vita mibbica come "Sherry".

Ma così mi fai venire il magone ancora prima di cominciare!

CITAZIONE
“Se io... se io potessi perdere la memoria... se potessi scordare la morte di mia sorella, o di essere stata costretta a creare il farmaco dall’Organizzazione.... se potessi dimenticare tutto, e diventare semplicemente Ai Haibara... forse le cose andrebbero meglio...”

*piange* non ricordavo questa citazione.
Il gattino è un amore :wub: Immagino non sia un caso se è nero, giusto? Ah, mi sbagliavo, era il peluche preferito dalla Puccina :wub: :wub: :wub:

CITAZIONE
“E’ la degna figlia di suo padre.”
L’ultima frase che riuscì a origliare la colpì.
Era come il suo papà.
Le si gonfiò il petto di orgoglio, e corse da Akemi per raccontare ciò che aveva sentito, ma sua sorella non sembrava affatto felice.

*sente il sibilo di una ghigliottina sopra la propria testa.

CITAZIONE
“No,è bella... ma non capisco perché la ragazza ha fatto da serva per tanti anni, nonostante fosse figlia del padrone della villa... non poteva ereditare tutto e scacciare la matrigna?”
Akemi la guardò sconsolata. Era troppo realista per la sua età. Sospirò con un sorriso rassegnato, e scompigliò il caschetto ramato della bimba.
“Si, ma se fosse stato così, Cenerentola non avrebbe incontrato il principe, e non sarebbe diventata regina. In questo ci ha guadagnato, no?”

A voler essere proprio realisti credo che Cenerentola fosse minorenne al tempo in cui suo padre morì per cui la matrigna aveva la sua tutela legale. E pure al tempo in cui ha incontrato il principe mi sa che Cenerentola era a malapena maggiorenne.

CITAZIONE
La piccola Shiho rimase un attimo a pensare. Poi annuì,sorridendo. Cominciò a guardare il pupazzo che teneva fra le braccia, tirandogli le orecchie di velcro.
“Credi che un giorno verrà un principe a portarci via?”

Ti accontenteresti del "cavaliere del grissino"? :tonno:

CITAZIONE
“Ah.. invece tu ci verrai. Non vorrai deludere la memoria dei tuoi genitori?”
Questa volta a parlare fu uno degli uomini che erano arrivati. Aveva i capelli brizzolati e un paio di baffi ben curati. Puzzava di sigaro.
“I.. i miei genitori?” Shiho era confusa. Prima parlavano di America, adesso dei suoi genitori...
“Oh si.. conoscevo tuo padre e tua madre molto bene...” Il signore sorrise. “.. e sono certo che loro ti avrebbero fatto studiare nei migliori istituti. Tu sei molto preziosa, piccola Shiho.. dovresti essere orgogliosa di essere figlia di Atsushi e Elena Miyano”.

cobra-300x219 oppure serpente+a+sonagli Non so a chi somigli di più...

CITAZIONE
“E poi ancora una cosa...” Akemi fece cenno a Shiho di avvicinarsi. Con la scusa di abbracciarla le sussurrò nell’orecchio.
“Questa gente continua a dire che i nostri genitori erano felici di quello che facevano, e felici di vederci seguire le loro orme. Tu non li hai conosciuti, ma io so che nostra madre era sempre triste. Non credere a tutto ciò che dicono. E ragiona con la tua testa.” Si distanziò e le scompigliò la frangia.

Akemi è era un'eroina :cry:

CITAZIONE
“Schiocchina. Anzi, adesso vado a festeggiare, perché non c’è più quel gatto nero in casa!”
“La sciocca sarai tu! Ho lasciato Kuroneko nell’appartamento. Così ti tiene compagnia”. Shiho le fece la linguaccia. Sapeva che quel peluche le dava fastidio.

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Parte seconda

CITAZIONE
Si alzava, veniva scortata a scuola in taxi, studiava, mangiava un panino nel bar interno all’istituto e continuava la lezione. Tornava al sera nell’albergo, e oltre che studiare, non aveva altro da fare.

Mi è venuto in mente adesso: certo che i MIB con la fuga di Sherry ci hanno preso una batosta fenomenale. Hanno investito una barca di soldi nella sua istruzione/addestramento e si ritrovano con in mano una formula incompleta (anche se non lo sanno) e nient'altro. Quanto mi fa godere 'sta cosa :muhaha: :muhaha: :muhaha: :muhaha: :muhaha: :muhaha: :muhaha:

CITAZIONE
C’era una televisione, ma i programmi erano uno più sciocco dell’altro, e ben presto la scartò.

Così come Gosho ha introdotto i cellulari nella storia, così è giusto che Shiho Myano a sette anni, cioè undici anni fa, si trovasse davanti la prima edizione del Grande Fratello :sisi:

CITAZIONE
“ Ti ho visto oggi all’esame. Sei stata grande! Io sono stato bocciato la prima volta, ma oggi sono passato! Ah, già, piacere! Sono Andrew Firston!”
Per i gusti di Shiho era partito peggio che male.

Anche peggio del peggio, direi. costui ha una faccia da "finirò cadavere entro la prossima settimana".

CITAZIONE
“Alle 8 fatti trovare davanti all’istituto! Ti verrò a prendere con la limousine!”
“oh, addirittura la limousine... tuo padre ti ha dato la paghetta?” Shiho sfoggiò un sorriso ironico.

Battuta che ci sta tutta. Forse la morte di Andrew non sarà una grande tragedia dopotutto. <_<

CITAZIONE
“Hai trovato un amichetto all’istituto?”
“No.. è solo un altro studente. Mi ha chiesto di uscire per compagnia..”
“Questo semplifica le cose... Oh, posso sapere il suo nome?”

Certo che facilita le cose. Shiho strepiterà di meno quando verrà ritrovato il suo cadavere se non è il suo ragazzo!

CITAZIONE
Il giorno successivo, all’istituto Andrew non si fece vivo. All’inizio Shiho pensava che si fosse offeso per il bidone della cena, ma successivamente scoprì che era stato trasferito in un altro istituto, e avrebbe continuato a frequentare altrove. Anche se nessuno le disse niente, aveva capito che gli era stato ordinato di cambiare istituto solo perché le aveva rivolto la parola. Si sentiva spregevole. E pericolosa.
Se prima la bolla di solitudine se l’era creata da sola, ora le veniva anche imposta. Decise comunque che avrebbe continuato la sua routine scolastica, e in fondo, non poteva fare altro. Divenne ancora più fredda e distaccata, anche con i professori stessi. Vedeva in tutti un potenziale “burattinaio”, e sentiva come se la sua vita fosse stata portata via da mani invisibili.
Della Shiho Miyano allegra e modesta che abbracciava il suo peluche di gatto, ormai non era rimasto niente.

Non è giusto. La Puccia non merita di essere trattata così! bear%20(6)
Ancora non sono convinto che Andrew sia tra i viventi.

CITAZIONE
“Abbiamo fatto prendere la tua roba in albergo. Tra un’ora dobbiamo essere in aeroporto”
“In.. in aeroporto?!”
Questa proprio Shiho non se l’aspettava.
“Sì, piccola Miyano. Torniamo in Giappone. Qua non abbiamo più nulla da fare.”

Manco il tempo di andare in bagno...


Complimentoni Sherry, una ff da magone. In effetti non so se la cosa sia proprio da lodare...
Comunque viene spiegato il passato della Puccia anche se credo che il peggio debba ancora venire. Per ora, grazie a Ticcy, non è stato molto peggio dei flashback di One Piece, a parte forse il totale isolamento dagli altri esseri umani che in effetti è oltremodo inumano.
Aspetto la prossima puntata.
 
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kaito zaoldyeck
view post Posted on 23/9/2011, 13:37     +1   -1




Ma che bella! ho iniziato a leggerla adesso e l'ho letta tutta di un fiato! sei bravissima davvero! mi piace molto non solo perchè è sul mio personaggio preferito ma anche perchè è raccontata benissimo! :clap: :clap: :clap:
 
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atpx8909
view post Posted on 23/9/2011, 17:06     +1   -1




si davvero interessante come storia. Dovresti unirti a gosho e aiutarlo a scrivere dei gialli sul detective conan, sei una scrittrice degna di essere l'erede di Conan Doyle, complimenti.
 
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view post Posted on 24/9/2011, 21:14     +1   -1
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Ohlalà! quanti commenti! :o:
per una volta facciamo le serie.. rispondiamo :ninja:

@Ran87: povera puccia davvero.. più andavo avanti a scrivere più mi veniva l'angoscia.. ç_ç

@shiho: .. e sarà sempre peggio :ph34r:

@harry: il tuo commento mi ha fatto morire X°DDD sai che su Andrew mi hai fatto venire i dubbi pure a me??? Non ne voglio sapere nulla XD Per quanto riguarda cenerentola.. si, poteva essere più realista, ma diamole un limite dai XD altrimenti questa a 4 anni spiegava il perchè i neutrini possano andare più veloci della luce (tanto per rimane in attualità)

@Kaito: Mi fa piacere che ti sia piaciuta :D anche se non sarà una fic tanto allegra, lo dico già :ph34r:

@atpx8909: eh adesso.. preferei essere l'erede di qualche fumettista, attualmente X°D Più che altro un tempo mi sarei unita a Gosho per costringerlo a fare un finale pro-puccia. :haibara:


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-Parte Terza-

sherryn



Quando sbarcò dall’aereo, si aspettava di vedere Akemi ad attenderla all’uscita dell’aeroporto, ma non vide nessuna faccia conosciuta.
Awamori la portò in taxi fino al vecchio appartamento, dove viveva prima di partire per l’America, e le disse frettolosamente che sarebbe rimasta lì finché non le avessero trovato una sistemazione migliore.
Rimase da sola nell’alloggio, immersa nella penombra. Scaricò la borsa con gli indumenti in sala e accese le luci. Tutto era rimasto come se lo ricordava. I vecchi soprammobili dall’indubbio gusto sugli scaffali. Il piccolo tavolino da tè sulla quale aveva passato tanti pomeriggi a studiare. Il divano perennemente in disordine e i cuscini tutti sformati. Non era cambiato niente, ma sentiva che era cambiato tutto. Era cambiata lei. E anche quell’appartamento in fondo sapeva di prigione.
Verso l’ora di cena, qualcuno entrò in casa. Una figura slanciata e aggraziata entrò in sala, posando la borsa e chiavi su una sedia. Sbadigliò vistosamente e si diresse distrattamente in bagno. Non l’aveva vista.
Shiho si lasciò scappare una risatina. Sua sorella era sempre stata una distratta.
Al suono di quella risata soffocata però, Akemi saltò in aria come una molla, lanciando un grido di spavento.
Fu tutto così improvviso che persino Shiho si spaventò, lanciando un urlo di rimando.
“Ma chi.. cosa...??.. ... SHIHO??! Ma! Ma.. tu sei in America!!” Akemi era a dir poco sconvolta. La guardava come se fosse un fantasma.
“St-stupida sorella!! Mi hai fatto venire un infarto!!”
“Stupida sarai te!! Quando sei arrivata???”
“Due ore fa!! Perché hai urlato??” Shiho prese il primo cuscino che aveva sottomano e glielo lanciò, con furia.
Akemi lo riprese al volo con uno sbuffo indignato,e glielo rispedì, cominciando a sorridere.
“Ah, è così che si trattano le sorelle maggiori??”
“Ah, è così che si salutano le sorelle minori??”
Il cuscino cadde in mezzo a loro, ansimanti e spaventate. Rimasero un attimo a fissarsi, incredule per vari motivi. La prima muoversi poi fu Shiho, che si lanciò letteralmente nelle braccia della sorella, ormai un’adulta formata e impostata.
“Akemi... ... ....mi sei mancata...” mugugnò la ragazza contro la sua spalla,vergognandosi un po’ di quella dimostrazione di affetto.
“Anche tu sorellina, anche tu... fatti vedere quanto sei cresciuta... “
Ad Akemi brillavano gli occhi dalla commozione. Era stata una giornata a dir poco negativa per i suoi canoni, ma quella sorpresa le aveva risollevato il morale. Non la vedeva da tre anni, e si erano sentite si e no 10 volte in tutto da allora.
“Come mai sei tornata? Non dovevi rimanere là fino alla laurea?”
“Si infatti... ho finito i miei studi”.
“..Stai scherzando?”
“No Akemi... ora sono ufficialmente una scienziata”. Mentre lo diceva si accorse di essere leggermente orgogliosa di quel titolo. Essere con Akemi le faceva dimenticare tutti i cattivi pensieri.
“Scienziatina vorrai dire” Akemi le fece un occhiolino scherzoso. “Piccola come sei, che vuoi pretendere?”
“Che spiritosa che sei!”
“Allora, raccontami! Che è successo in America? Hai trovato degli amici? E il fidanzato?.. anzi, prima dimmi cosa vuoi mangiare! Stasera ti porto a cenare fuori!”
“Ma.. puoi cenare fuori?”
“Certo che si! Che razza di domande mi fai? Dai mettiti qualcosa di carino! Stasera.. si festeggia!”
Shiho rimase un po’ perplessa. Pensava le fosse proibito uscire di casa. Si diede della sciocca, mentalmente: forse aveva ingigantito la faccenda,a causa della paura e di quel fumo che le infiammava la gola.
Sorrise calorosamente alla sorella, e andò a cambiarsi.

Rimase in casa di Akemi giusto per una settimana.
La maggiore le raccontò che durante la sua assenza, aveva cominciato a lavorare per un’agenzia di consegne. L’avevano raccomandata quelli dell’Organizzazione, e supponeva che il lavoro che svolgeva non fosse del tutto pulito. Però a parte l’illegalità dei pacchi, viveva una vita normale, si vedeva con i suoi amici, ed aveva cominciato a frequentare qualche ragazzo. Rimase sorpresa nel sapere che invece a Shiho avevano negato ogni tipo di svago sociale. Le raccomandò ancora di stare attenta con quei tipi, e di mantenere la sua indipendenza. Non doveva lasciarsi manipolare in quella maniera.
Una delle ultime sere che dormirono insieme si ripromisero che un giorno avrebbero trovato un modo per sganciarsi dall’Organizzazione, che sembrava averle condannate fin dalla nascita. Akemi avrebbe cercato di risalire a dei piani alti del gruppo, per contrattare la loro libertà, mentre Shiho si sarebbe impegnata a capire perché era così importante per loro.
Un giorno se ne sarebbero andate, e avrebbero incominciato una vita tutta nuova, magari in un’altra città.
E niente e nessuno le avrebbe più separate.

“Venga signorina Miyano, venga... le mostro il laboratorio”.
Shiho stava visitando la fabbrica farmaceutica nella quale avrebbe lavorato. La sua guida, un importante capo della ricerca di quella struttura, era un uomo piccolo, e pelato, e si comportava in maniere servile nei suoi confronti, nonostante fosse una mocciosa di tredici anni. Sicuramente era stato intimidito dagli uomini dell’Organizzazione.
L’ometto, viscido quando un topo, le illustrò la struttura, fornita di ogni tipo di attrezzatura e materiale.
Shiho da canto suo indossava un piccolo camice su misura per lei. Anche se la situazione doveva metterla all’erta, non le dispiaceva atteggiarsi come se fosse stata un’importante caporeparto. Infondo aveva studiato per quello.
Ottenne il suo laboratorio privato, compreso di studio e cucina. L’appartamento nuovo per lei invece era un passo dall’industria, ma lontano almeno venti chilometri da quello si Akemi. Sarebbe diventato difficile vedersi frequentemente, ma almeno potevano combinare un incontro quando volevano. Ora che era di nuovo a Tokyo sembrava tutto più facile.
Il giorno stesso del suo trasferimento, Awamori ricomparve, stavolta fumando una semplice sigaretta.
“Ci siamo sistemate bene vedo. Ti piace qua?”
“Non mi posso lamentare.. c’è tutto quello che potrebbe servire per una ricerca...” Lo guardò dubbiosa. “... ma non so ancora su cosa dedicarmi...”
“Di quello non ti preoccupare, piccola Miyano... domani riceverai tutta la documentazione che ti serve.” Si avvicinò di qualche passo, con fare importante.
“... il tuo compito sarà quello di continuare le ricerche dei tuoi genitori. Sei l’unica che può prendersi questa responsabilità. E sono informazioni assolutamente Top Secret, quindi non dovrai mai farne menzione a nessuno.”
Shiho rimase sorpresa. Le ricerche dei suoi genitori. Ci aveva pensato spesso su cosa si potevano essere dedicati fino alla morte Astushi e Elena Miyano.
Intuiva che fosse qualcosa di importante.

Il giorno dopo, quando arrivò nello studio, rimase sconvolta. Pile e pile di fascicoli, saggi, relazioni, fotografie, documentazioni, dischi, audiocassette, libri e un computer torreggiavano sulla sua scrivania. Qualsiasi spazio disponibile nello studio era stato occupato. Era una mole di materiale immane, e avrebbe impiegato almeno un mese per ispezionarlo tutto.
D'altronde il lavoro di una vita non si poteva riepilogare in 4 fogli.
Non si perse d’animo e cominciò a sfogliare il primo fascicolo della pila, rilegato in rosso. Sembrava una tesi universitaria. Anzi. Era la tesi universitaria di suo padre. In quel preciso momento sentì che la sua vita stava per ricevere una grossa svolta.

Uscì dal centro di ricerca tardi quel giorno. L’appartamento sapeva di nuovo e di estraneo e non c’era niente che la facesse sentire “a casa”. Un’altra prigione, si ritrovò a pensare.
Saltò completamente la cena, e si lasciò sprofondare nel divano rosso nuovo fiammante. Era esausta. E incredula.
Tutto le sembrava così assurdo. Anni di ricerca e di esperimenti per un concetto che lei stessa faticava a concepire.
Com’era possibile che un uomo importante e geniale come suo padre si era dedicato con tutto sé stesso alla creazione di un elisir dell’immortalità? E persino sua madre...
Aveva un gran mal di testa. Si alzò per prendere un bicchiere di acqua, ma nello stesso momento suonò il campanello. Non aspettava visite, e non aveva ancora detto a sua sorella dove era alloggiata. Guardò dallo spioncino della porta per vedere chi fossero. Riconobbe Awamori, con un paio di uomini.
Non aveva nessuna voglia di parlare con quell’uomo. Non quella sera. Ma aprì lo stesso, cercando di non farsi vedere infastidita dalla visita improvvisa.
“Buonasera Miyano. Scusa il disturbo, avrei dovuto chiamare”
“No, nessun dissurbo. Entri...”. Tanto sarebbe entrato comunque.
“Hai letto i fascicoli che ti ho fatto mandare?” Awamori entrò, seguito da due uomini. Uno di loro aveva dei capelli lunghi e chiari e fumava tranquillamente una sigaretta. Il volto era coperto da un cappello e non ricordava di averlo mai visto prima.
“Si.. ho letto”
“Cosa te ne pare?”
“... è una strana teoria... stento a credere possa essere fondata...” Shiho li accompagnò nel salotto, dove Awamori si sedette senza troppi complimenti. L’uomo con i capelli chiari invece rimase in piedi, dietro gli altri, come se fosse una sentinella. Si guardava intorno, senza dare troppo nell’occhio. Shiho non se ne curò.
“Eheh.. è quello che dicono tutti... però per noi è importante che tu ci creda, Miyano... c’è gente potente che ha investito per quarant’anni in questa ricerca, e non sarebbe felice di sapere che tutto andasse a rotoli solo per una ragazzina scettica. Hai l’ordine di continuare quella ricerca, e di ottenere un risultato soddisfacente. Nel minor tempo possibile.”
“..e se mi rifiutassi?”
“Ah... non pensavo di dovertelo dire ma... qualcuno a te caro farebbe un brutta fine.. e tu la seguiresti a ruota. Non abbiamo bisogno di giocatori inutili. Comprendi?
“Si.. perfettamente”
“Molto bene.” Tirò fuori una valigetta 24ore nera, e la mise sul tavolino davanti al divano.
“Questa sera sono venuto qua per farti un proposta. Mi è stato detto, dal momento che cominci ad investire un ruolo importante nella nostra causa, di permetterti di entrare nella “rosa principale”. Apparentemente non cambierebbe niente, ma acquisirai più influenza e importanza di quanto tu creda... E nel tuo caso potrai contare su una squadra di ricercatori, e di tutto il materiale che credi ti possa essere utile... anche cavie umane...”
“Cavie?...” Stava per protestare, ma ritenne saggio non dire altro. Aveva capito che era gente senza scrupoli, e faceva meglio a stare al loro gioco.
“Si, tutto quello che ti serve. Per non contare dei favori che riceverai. La nostra organizzazione è potente, e non ne rimarrai delusa.”
Shiho rimase in silenzio. Praticamente gli stavano chiedendo di avvicinarsi di più a loro, anche solo per essere controllata meglio. Però, se poteva chiedere tutto quello che voleva...
“Se accetto... posso chiedervi di lasciar andare via mia sorella dall’Organizzazione...?”
“Mphf... “Awamori si lasciò andare in una piccola risata soffocata.
“Magari ne riparliamo quando avrai completato la tua ricerca. Per adesso concentrati solo sul tuo obiettivo”
Forse aveva azzardato troppo, ma almeno era riuscita a ottenere un’informazione utile. Se completava quell’elisir come volevano loro, poteva chiedere la loro liberazione. Valeva la pena rischiare.
Li guardò con risoluzione.
“D’accordo. Entrerò nel vostro gruppo di eletti”
“Eccellente. Ti chiedo solo di lasciare la tua impronta digitale qua...” le mise sotto il naso un foglio scritto fitto in inglese. “.. e poi penseremo a tutto noi”
“Perché l’impronta digitale?” Shiho intinse l’indice nell’inchiostro nero. Sembrava dovesse fare un patto col diavolo stesso.
“Perché la firma a penna è facilmente riproducibile, e non è mai uguale. L’impronta digitale invece ti accompagna dalla nascita alla morte. Un vincolo indelebile.”
A parlare era stato l’uomo con i capelli chiari e il cappello. Aveva una voce e profonda, di chi fuma da una vita. Alzò leggermente la tesa per fissarla dritto negli occhi, e immediatamente Shiho percepì un brivido freddo lungo la schiena. Erano occhi verdi e glaciali, occhi di un assassino che non perdona. Una persona dalla quale bisognava stare alla larga. Da quei tre uomini percepiva un’aura negativa e opprimente.
E nel momento stesso in cui l’indice toccò la carta, si rese conto di essere persa.
“Molto bene” Awamori prese il foglio e lo mise al sicuro nella valigetta. Al suo posto consegnò a Shiho un fascicolo.
“Leggilo attentamente. Contiene le informazioni che ti servono per entrare nella rosa, e le nozioni che devi apprendere. Quando le avrai imparate, riconsegnalo a Gin. Sarà lui d’ora in poi il tuo mentore.” Indicò l’uomo coi i capelli chiari.
La ragazza prese i fogli, e notò in un elenco la voce: “Tiro con arma da fuoco”.
“Da questo momento il tuo nome in codice sarà Sherry.”

------------

E io un giorno troverò quel vino <_< non mi riterrò soddisfatta finchè almeno una volta in vita mia non prenderò una bottiglia di Sherry :ph34r:

Ah e questo Awamori è liberamente ispirato a Mister Wolf di Pulp Fiction... se avete mai visto quel film, sapete di chi parlo... calza al pennello il ruolo di un MiB :asd:


Edited by Sherry Of The Shadow - 29/6/2022, 01:08
 
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