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Kokoro no uragiri

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KiarettaScrittrice92
view post Posted on 15/3/2012, 11:41 by: KiarettaScrittrice92     +1   +1   -1
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Ecco qua la mia prima Hot-shot...
Spero vi piaccia...

Kokoro no uragiri

Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
Quinta parte
Sesta parte
Settima parte
Ottava parte
Nona parte
Decima parte
Undicesima parte
Dodicesima parte
Tredicesima parte
Quattordicesima parte
Quindicesima parte
Sedicesima parte
Diciasettesima parte
Diciottesima parte
Diciannovesima parte
Ventesima parte
Ventunesima parte
Ventiduesima parte
Ventitreesima parte
Ventiquattesima parte
Venticinquesima parte
Ventiseiesima parte
Ventisettesima parte
Ventottesima parte
Ventinovesima parte




Parte prima
Si stava chiedendo ancora come fosse stato possibile.
Si era risvegliata lì, nel suo letto, in cui riusciva ancora a sentire il suo profumo. Quel profumo che l'aveva inebriata, che le aveva fatto perdere la testa.
Non le era mai successo di perdere in quel modo il controllo di sé. Era sempre stata molto razionale nelle sue scelte, a meno che non si trattasse di lui, ma forse era proprio lui la causa di tutto. Se non fosse sparito, se fosse rimasto sempre accanto a lei, forse non si sarebbe sentita tanto disperata e non avrebbe fatto quell'errore.
Eppure era lì, nuda, su un letto che non era quello di camera sua. E al pensiero di quella notte, un macigno le si posò sul cuore.
Si rigirò nel letto e lo vide. Anche lui era nudo. La pelle abbronzata, i capelli biondi spettinati. Dormiva come un angelo.
La ragazza si alzò, senza fare troppo rumore. Non voleva svegliarlo. Non avrebbe saputo cosa dirgli.
Si vestì, prese la borsa e uscì da quella casa, mentre ancora mille pensieri le frullavano nella testa.
Quel macigno che si era posato sul suo petto, premette ancora più forte, quando uscendo dal cancello della villa e svoltando a destra per tornare a casa, vide casa sua. L'aveva tradito, proprio a due passi da lui. Certo, ora non era a casa. Era chissà dove dietro a uno stupido caso, ma l'aveva tradito. Provava a convincersi che probabilmente lui aveva fatto lo stesso, ma una strana sensazione le diceva che non era così.
S'incamminò verso casa e quando passò davanti alla villa, chiuse gli occhi per cercare di non pensare a ciò che aveva fatto. Appena li chiuse però, attraverso le sue palpebre chiuse, vide il suo volto. Lo sguardo triste, come non l'aveva mai visto in vita sua, se non pochissime volte. Quegli occhi azzurri trasmettevano una tristezza palpabile. Riaprì gli occhi di colpo per non vedere quel volto, che non faceva altro che far premere ancora di più il masso sul suo petto. La luce le ferì gli occhi, ma si abituò di nuovo dopo poco. Continuò a camminare. Ora la sua mente riusciva solo a pensare che era una traditrice, una traditrice vigliacca.
Non si rese neanche conto del tempo che era passato, perché si ritrovò sotto casa. Alzò lo sguardo. La scritta "Agenzia investigativa Mouri" risaltava sulle finestre. Fece un grosso respiro e prese le chiavi dalla borsa. Dopodiché aprì ed entrò in casa. Sapeva che erano appena le otto del mattino, e che sicuramente quei dormiglioni di Conan e di suo padre, stavano ancora dormendo alla grande.
Si diresse in punta dei piedi in camera sua. Appena entrata chiuse la porta a chiave e posò la borsa sulla scrivania. Poi si accorse di cosa non andava nella sua stanza.
Sul suo letto, sotto le coperte, c'era un corpicino tutto rannicchiato. Il suo petto si alzava e si abbassava.
Nel comodino accanto i suoi occhiali.
La ragazza sorrise e si avvicinò al letto. Si sedette a fianco al bambino e lo guardò. Quel visetto, quante volte aveva guardato quel bambino ripensando ai bei momenti passati con lui quando erano più piccoli anche loro.
Il bambino, però aveva percepito il movimento del letto e si stropiccio gli occhi con la mano, che poi allungò per prendere gli occhiali. Messi gli occhiali aprì gli occhi.
"Che ci fai qui?" chiese con la voce impastata dal sonno.
"Potrei chiedere la stessa cosa a te piccolo birbante. Per tua informazione questa è la mia camera" disse lei incrociando le braccia.
"E' che…beh ecco…io…avevo fatto un'incubo e…" arrossì.
Aveva davvero fatto un incubo, ma stranamente era la prima volta che non sognava Gin e Vodka. Anzi probabilmente se fosse stato il solito incubo, avrebbe fatto finta di niente, si sarebbe girato dall'altro lato e si sarebbe addormentato. Ma l'incubo di quella notte, non solo aveva spaventato Conan, ma aveva spaventato anche Shinichi. Per questo si era diretto in camera sua e si era messo sul suo letto. Adesso che ci pensava, non aveva nemmeno idea di come si fosse addormentato. Si ricordava solo di essersi sdraiato nel letto inebriato dal suo profumo, e aveva stretto a se il suo cuscino. Poi non ricordava più niente.
La ragazza era zitta e lo guardava, non aveva più le braccia incrociate, ma sembrava avesse altri pensieri per la testa.
"E comunque tu non dovevi essere da Sonoko?" chiese Conan tirandosi su dal letto.
"Sì - disse lei riprendendosi dai suoi soliti pensieri che l'avevano riaccompagnata fino a casa - ma ecco…il fatto è che Sonoko ha avuto un contrattempo ed è dovuta andare via. Così non potendo rimanere a casa sua, sono tornata a casa anche io"
Per fortuna, aveva mandato un messaggio la sera prima all'amica dicendole di coprirla e lei stranamente non aveva fatto domande. Forse però sarebbe stato meglio. Se Sonoko avesse capito le sue intenzioni, l'avrebbe fermata in tempo. Se lei gli avesse raccontato tutto, a quest'ora non sarebbe in quella brutta situazione. Si alzò.
"Io vado a farmi la doccia, tu vai pure in cucina a fare colazione ok?" disse al bambino.
"Va bene" disse lui guardandola allontanarsi.
Che le prendeva? Non si era mai comportata così. Riusciva a capire che c'era qualcosa che la turbava. Ma cosa? Cosa poteva mai far sentire così tanto in ansia la sua piccola Ran? Forse avrebbe dovuto chiamarla. Sì, forse era il modo migliore. Era sicuro che con lui si sarebbe tranquillizzata.
Scese al piano di sotto diretto alla cucina.
Ran si stava facendo la doccia, ma neanche quello funzionava. Pensava che almeno quei dieci minuti sotto l'acqua calda potessero farle dimenticare tutto. Pensava che ciò che aveva fatto poteva essere lavato via. Ma si sbagliava. Quel corpo, il suo corpo, in quel momento la inorridiva. Era stato toccato da mani che non erano le sue, baciato da labbra che non erano le sue e soprattutto non era stato violato da lui. No quella doccia non le aveva affatto lavato via il peso. Anzi, le aveva fatto provare ancora più disgusto per se stessa.
Quando scese in cucina era vestita con jeans e maglietta, i capelli già asciutti. Conan stava bevendo il suo latte e la guardò entrare, senza dire una parola.
Lei si avvicinò al frigo e si verso anche lei un bicchiere di latte fresco, che iniziò a bere in piedi.
Poco dopo Kogoro entrò in cucina.
"Ehi Ran! Com'è an-an-an-ahhhh-andato il tuo pigiama party con Sonoko?" chiese il padre sbadigliando.
"Benissimo" rispose lei freddamente.
"Sono contento. Io scendo sotto, portami un caffè ok?" e uscì dalla stanza.
Il bambino lo guardò uscire. Era furibondo. Possibile che non capisse che sua figlia aveva qualcosa che non andava? Va bene che non era mai stato un grande investigatore, ma almeno capire quando sua figlia è giù di morale. Non c'era tempo da perdere, doveva capire cosa stava succedendo. Doveva chiamarla, e doveva farlo in quel preciso istante.
Finì tutto il latte che era rimasto nel bicchiere in un sorso, poi uscì senza dire una parola. Corse in camera sua prese il cellulare e il farfallino, infine si diresse in bagno, per poi chiudersi a chiave.
Digitò il numero, mentre spostava la rotella del farfallino rosso. Dopodiché aspettò.
Il cellulare le stava squillando, lo prese e lesse il nome sullo schermo. Rimase paralizzata. Perché mai la chiamava? Perché proprio quel giorno? Forse sapeva già tutto? Impossibile. Erano passate appena tre ore da quando aveva lasciato quella casa. Forse voleva solo sapere come stava. Doveva rispondere, altrimenti si sarebbe insospettito.
Finalmente rispose.
"Ciao Ran"
"Ciao" rispose lei.
Sempre fredda. Pure con Shinichi. Stava davvero male. Doveva aiutarla, doveva capire.
"Ran tutto ok? Ti sento strana"
"No, no, sto bene tranquillo. Sono solo un po' stanca. Stanotte sono stata - stette un'attimo zitta poi continuò - sono stata da Sonoko e siamo state sveglie fino alle tre"
"Capisco"
Non ci era riuscito neanche così. Ran era muta come un pesce. Ma in fondo se lo aspettava, molto spesso faceva la finta forte, e si sfogava solo quando era al limite.
"Come mai hai risposto così tardi?" riprovò, prendendo il discorso da un'altro lato.
"Ero in bagno"
Ma cosa stava dicendo? In bagno c'era lui. Perché gli mentiva anche su questo? Cosa diavolo stava succedendo?
Un pensiero orribile gli passò per la mente. L'incubo di quella notte. No. Non era possibile. Lei non l'avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai preso una decisione del genere. Scosse la testa per cercare di togliersi quei pensieri.
"Ran, che ne dici se ci vediamo?"
"Cosa?" chiese lei stupita.
Non poteva chiederle quello, non in quel momento. Cos'avrebbe fatto?
"Sì, tra due giorni" rispose lui.
"Perché?" la domanda le uscì spontanea.
Non voleva vederlo. Non in quel momento. Probabilmente il giorno prima avrebbe pagato chiunque milioni di yen per poterlo rivedere. Ma ora no. Non dopo quello che gli aveva fatto.
"Come perché? Perché è da un sacco che non ci vediamo!"
"Va…va bene"
"Allora ci vediamo tra due giorni al bar vicino a casa mia, ciao"
"Ciao" e chiuse la chiamata.
Giusto quel bar. Quel bar dov'era iniziato tutto. E se sul serio sapesse già tutto? Oppure era solo una coincidenza che avesse deciso quel bar?
Ran gli aveva praticamente chiuso il telefono in faccia. E' vero l'aveva salutata, ma sembrava avesse avuto fretta di staccare. Gli nascondeva qualcosa, questo era sicuro. Ma non gl'importava. Lui voleva solo che lei fosse felice. In fondo anche lui le nascondeva parecchie cose, non poteva pretendere che lei dovesse fare il contrario.
Fece un sospiro e uscì dal bagno.

Heiji era stato invitato a casa di Kazuha assieme ai suoi genitori, per una cena. Tutti gli adulti però erano usciti per una passeggiata e sarebbero tornati per ora di cena.
I due ragazzi erano in una piccola stanza vicino alla sala da pranzo, stavano giocando a scacchi, quando squillò il telefono di casa. Kazuha si alzò, uscì dalla camera e andò a rispondere.
Era Ran e sembrava preoccupata.
Poco dopo, Heiji passò dal corridoio per dirigersi verso il bagno.
"Che cosa?" urlò la ragazza attaccata alla cornetta del telefono.
Il ragazzo si bloccò all'angolo e tese l'orecchio. Sapeva che non doveva origliare, ma era più forte di lui. In fondo, cosa poteva nascondergli Kazuha? Si distolse dai quei pensieri perché la ragazza iniziò a bisbigliare e quindi dovette concentrarsi di più su ciò che diceva.
"Com'è potuto succedere?"
Sembrava preoccupata. Il ragazzo era curioso di sapere chi c'era dall'altra parte della cornetta, ma la risposta gli arrivò quasi subito.
"Senti Ran, stai tranquilla. In fondo è anche colpa sua. Insomma se non fosse sparito così tu non l'avresti mai fatto"
Quindi stava parlando con Ran. E probabilmente l'argomento della questione era Shinichi. Ma cos'è che non avrebbe dovuto fare? Il ragazzo si distrasse di nuovo dai suoi pensieri perché Kazuha ricominciò a parlare.
"Su Ran non piangere, vedrai che andrà bene. Tu vai lì e evita il discorso. Fai come se fosse tutto come al solito. Vedrai che sarai così felice di rivederlo che dimenticherai tutto"
Dopodiché salutò l'amica e chiuse la chiamata.
Appena abbassò la cornetta telefonica, Heiji uscì dall'angolo in cui era rimasto nascosto ad origliare.
"Cos'è successo?"
Kazuha si girò, il ragazzo aveva lo sguardo serio e per niente ironico come quando la stava per prendere in giro. Le mani in tasca e quegli occhi verde scuro penetranti.
"Niente era Ran che mi ha chiesto un consiglio" disse lei deglutendo, non l'aveva mai visto così serio, o almeno non con lei. Di solito si comportava così, quando faceva domande a un criminale.
"Non mi mentire Kazuha, non ci riesci con me. Stavate parlando di Shinichi. Cos'è successo?"
Si stava avvicinando pericolosamente a lei che iniziò a indietreggiare.
"Non è niente davvero solo…" non finì la frase. Anzi la finì con un gemito.
Heiji con uno scatto fulmineo aveva coperto la distanza fra di loro e le aveva bloccato i polsi sopra la testa. I loro visi erano a pochissimi centimetri di distanza l'uno dall'altro.
"Parla" disse il ragazzo.
Il suo profumo le inondò i polmoni. Iniziò a tremare, come glielo poteva dire? Sicuramente lui sarebbe andato a riferirlo all'amico. E Ran sarebbe stata nei guai. Rimase pochi secondi a pensare, ma poi il ragazzo allentò la presa. Fino a lasciarle i polsi. Lo sguardo era ancora serio, indagatore. Sembrava volesse vederle l'anima attraverso i suoi occhi.
"Perché l'ha fatto?" chiese poi.
La ragazza rimase interdetta. Possibile che avesse capito tutto? Possibile che solo origliando la telefonata e vedendo la sua reazione aveva capito la situazione? Eppure era stata attenta a non far trapelare niente in quello che diceva mentre era al telefono con l'amica.
"Rispondimi!" disse alzando la voce.
"Io…io… non lo so… dice che ha incontrato questo ragazzo al bar vicino a casa di Shinichi. Era andata lì per una commissione di Kogoro. A quanto ho capito dice che il ragazzo era un cliente di suo padre e le avrebbe dovuto dare una busta in cui c'era scritto l'incarico. Poi dice che si son messi a parlare e che si è sfogata con questo ragazzo che si è mostrato molto gentile…e poi dice che ha bevuto… non so quanto abbia bevuto ma… ma il ragazzo l'ha portata a casa sua che era là vicino e… ed è successo…"
Stava piangendo. Ora che l'aveva detto ad alta voce finalmente capiva davvero. Capiva cosa doveva provare la sua amica. Se lei avesse fatto una cosa simile ad Heiji non avrebbe più avuto la forza di guardarlo in faccia. Con quale coraggio le aveva detto di stare tranquilla. Con quale sfacciataggine le aveva consigliato di andare lo stesso all'appuntamento.
Heiji sembrava una statua di pietra. Non riusciva a capire come poteva essere successo.
"Heiji ti prego non lo dire a Shinichi" disse la ragazza ancora tra le lacrime.
"Stai scherzando per caso? - urlò il ragazzo - Ci mancherebbe solo questo. Quel poveraccio, ha già un sacco di problemi così, ci manca solo sapere che la ragazza che gli piace si è fatta un'altro!"
"Non dire così - urlò in risposta Kazuha - E' colpa sua se è sparito. Ran era disperata. Aveva solo da starle vicino quando…"
Si zittì. Heiji aveva tirato un pugno alla parete su cui era ancora appoggiata. Poi si allontanò senza fiatare, lasciando la ragazza inerme nel corridoio.

"Ti prego Ai, mi serve"
In quel momento sembrava davvero un bambino, che fa i capricci quando non ottiene quel che vuole. Ci mancava solo che battesse i piedi ed era perfetto.
"Ti ho detto di no! Questi antidoti non crescono sugli alberi, inoltre se li usi troppo potresti assuefarti e non funzionerebbero più! E poi mi spieghi perché vorresti tornare Shinichi?"
"Perché mi sono preso un'impegno e non posso disdirlo! Per favore"
"Dai Ai, lasciaglielo prendere. Una volta in più non cambierà le cose" intervenne il dottor Agasa.
La ragazza sbuffò, ma poi cedette. No riusciva a dirgli di no. Quel suo dolce viso, come si poteva dire no a quegli occhi azzurri? Come si poteva dire di no a un angelo del genere? Il suo angelo, che si preoccupava per lei. Che ogni volta che era in pericolo la salvava anche contro la sua volontà. Che quando era spaventata la rassicurava con un sorriso.
Gli porse la pillola.
"Non sprecarla" disse soltanto.
"Grazie Ai. Ti devo un favore" disse il bambino prendendo la pillola e mettendola in tasca.
Dopodiché uscì e si diresse a casa sua. La sua vera casa. Quella in cui adesso viveva Subaru Okya. Il cancello era aperto, così entrò. Il suo giardino. Quanti ricordi. Non si potevano neanche contare. Suonò al campanello e aspettò che gli aprisse.
"Ciao Conan che ci fai qui?" disse il ragazzo facendogli segno di accomodarsi.
"Oh no grazie, devo scappare a casa. Sono qui perché Shinichi mi ha detto di chiederti se puoi lasciargli la casa questo fine settimana"
"Questo? Intendi, domani e dopodomani?" chiese il ragazzo.
"Esatto, ti chiede scusa del poco anticipo, ma ha detto che è importante"
"Ma certo non c'è problema. Vado volentieri in qualche Hotel in centro per il fine settimana. Dì pure a Shinichi che non ci sono problemi" rispose con un sorriso.
"Grazie Subaru, ciao" salutò il bambino allontanandosi, mentre il ragazzo rientrava in casa.
Ora era tutto pronto. Nulla doveva andare storto. Aveva preso quella decisione e non sarebbe tornato indietro. Ora non restava altro che aspettare il fatidico giorno. Aspettare l'appuntamento con Ran. Stavolta doveva farcela. Secondo i calcoli di Ai, il nuovo antidoto sarebbe durato 48 ore. L'avrebbe preso solo un'ora prima dell'appuntamento, giusto il tempo di riprendersi, poi avrebbe incontrato Ran al caffè. Niente sarebbe andato storto sta volta.

Uscì di casa e iniziò a camminare.
Si sentiva la testa completamente vuota. Non sapeva neanche come si fosse convinta ad uscire.
Nel momento in cui aveva aperto l'armadio per scegliere i vestiti da mettere, il suo cervello sembrava avesse smesso di funzionare. Aveva fatto tutto ad istinto.
Eppure l'aria fredda la risvegliò. Mentre si avvicinava, a passo lento, a quel maledetto bar iniziò a capire cosa stava facendo.
Perché stava andando da lui? Perché si era convinta ad andare all'appuntamento? Cosa gli avrebbe detto? Come si sarebbe comportata? Erano diecimila quesiti. Tutti senza una risposta accettabile da dare.
Ma le sue gambe continuavano da sole verso quel luogo.
Arrivò pochi minuti dopo. L'insegna rosa in cima al locale. Strinse forte il cinturino della borsetta che aveva in spalla, poi fece un grosso respiro ed entrò.
Si guardò subito intorno, per vedere se era già lì, ma non sembrava esserci. Pensò che forse era meglio, perché così avrebbe avuto il tempo di trovare una soluzione al suo problema.
Poi però si accorse che si sbagliava. Era in un angolo lontano dall'entrata. Era seduto ad un tavolino per due. Indossava un paio di jeans, una camicia bianca e sopra una giacca blu scuro. Il mento appoggiato sul palmo della mano destra, le punte delle dita poggiate proprio sotto la bocca. Sembrava assorto nei suoi pensieri e guardava dall'altro lato.
La ragazza strinse di nuovo il cinturino della borsa tanto che le nocche le diventarono bianche, e si diresse al tavolo.
Appena fu vicina il ragazzo si girò e le sorrise.
Quegli occhi, quel sorriso, quel volto. Avrebbe voluto scoppiare a piangere, buttarsi tra le sue braccia e dirgli tutto. Invece strinse più forte la cinghia e si sedette alla sedia di fronte.
Il ragazzo alzò la mano per chiamare la cameriera.
"Desiderate?" chiese con un sorriso.
"Io prendo un caffè!" disse schietta Ran.
Era ancora fredda. Iniziava davvero a preoccuparsi. Se neanche la vista di Shinichi la faceva stare meglio, voleva dire che il problema era davvero serio. Ordinò anche lui e quando la cameriera se ne andò.
"Allora, che mi racconti?" chiese con un sorriso.
"Niente di nuovo" rispose stringendo ancora la borsa.
Lui si mise di nuovo nella posizione di quando era entrata al bar, ma stavolta la guardava fissa. I suoi occhi di un azzurro perfetto trafiggevano i suoi.
"Mi dici cosa di prende?"
"Niente" disse lei.
Era arrossita, ne era sicura. Si sentiva le guance bollenti. Sebbene fosse nervosa, quello sguardo l'aveva fatta emozionare ancora una volta. Come aveva potuto tradirlo. Come aveva potuto fare un atto così deplorevole.
"Ran - sorrise di nuovo - Ti conosco troppo bene per capire quando menti"
Calò di nuovo il silenzio e poco dopo tornò la cameriera con le loro ordinazioni che poggiò sul tavolino. Sul vassoio però c'era qualcosa in più.
"Questi ve li manda il ragazzo del tavolo cinque" disse lasciando sul tavolo due cioccolatini e indicando un tavolo vicino alla porta.
Entrambi guardarono verso il tavolo indicato. A Ran si gelò il sangue nelle vene. Al tavolo, con un altrettanto attraente sorriso c'era lui che li salutava.
"Lo conosci?" chiese Shinichi.
La ragazza si rigirò di nuovo, voltando le spalle al biondo.
"E' un cliente di papà"
Sicuramente era quel ragazzo che Ran avrebbe dovuto incontrare per ricevere l'incarico di Kogoro.
"Ciao tu devi essere Shinichi"
Si era alzato dal tavolo. Ran s'irrigidì sentendolo così vicino. Perché doveva andare così? Perché non potevano passare un normale pomeriggio, per poi tornare alla sua depressione?
"Esatto piacere" disse il ragazzo stringendogli la mano.
"Mi chiamo Ikuto. Sai ho avuto l'occasione di conoscere la tua Ran. E' una ragazza splendida, sei davvero fortunato. Trattala bene"
A ogni parola Ran stringeva sempre più convulsamente la cinghia della borsa che non si era ancora tolta dalla spalla.
Il ragazzo biondo si allontanò di nuovo senza aspettare una risposta.
Shinichi lo stava ancora guardando allontanarsi. Ora era tutto chiaro. Gli era bastato fare due più due e ora era tutto chiaro. La scelta improvvisa del pigiama party da Sonoko, il comportamento di quegli ultimi due giorni.
Per un attimo gli mancò il fiato, strinse il pugno sul tavolo, come aveva fatto a non capirlo prima?
"Scusami devo andare in bagno" disse alzandosi e allontanandosi.
Tirò un pugno al muro del bagno. Come aveva potuto farlo? E soprattutto perché? Forse sarebbe stato meglio se non l'avesse scoperto. Forse sarebbe stato meglio rimanere ignaro di tutto e continuare con il piano. Il piano. Aveva organizzato quell'appuntamento nei minimi dettagli. E ora non sapeva neanche se aveva un senso andare avanti.
Eppure c'era qualcosa che avrebbe dovuto provare in quel momento e che non sentiva. Avrebbe dovuto essere deluso. Deluso del comportamento di Ran. E invece niente. Anzi nella sua testa ronzava il fatto che lui era sparito. Già lui era Conan. Lui non c'era mai stato per lei. La chiamava ogni tanto e basta. Non poteva pretendere che durante la sua assenza si sentisse sicura di sé, invece che persa.
Era deciso. L'appuntamento avrebbe continuato il suo corso. Proprio come aveva pianificato. Poi se mai lei avesse confessato, lui con un po' di rancore l'avrebbe perdonata.
Sì l'avrebbe perdonata. Perché l'amava troppo per perderla per sempre.
Si lavò la faccia con l'acqua ghiacciata e uscì dal bagno.
Passarono il resto del tempo al bar in assoluto silenzio.
Poi, quando ebbero svuotato le loro tazze, Shinichi si alzò e lo stesso fece la ragazza.
Lui pagò entrambe le consumazioni, poi le prese la mano e la trascinò fuori dal bar.
Appena fuori girò a sinistra e andò spedito verso casa sua, trascinando Ran dietro a sé.

Arrivarono a casa pochi secondi dopo. Non solo perché il bar era vicinissimo, ma perché Shinichi si era messo a camminare a passo svelto.
Appena superato il portone il ragazzo lo chiuse sbattendolo.
"Vado a farmi una doccia, siediti pure" disse sbrigativo, poi sparì dalla sua vista.
Lei ormai era perfettamente lucida. Sì era lucida. Gli avrebbe raccontato tutto. Appena si sarebbe presentata l'occasione avrebbe raccontato tutto quanto.
Ci aveva pensato per tutto il tempo, da quando avevano incontrato Ikuto al bar. Doveva dirglielo.
In quasi tre giorni, sarebbe riuscita a dirglielo. Tre giorni. Solo in quel momento le venne in mente.
Prese la borsa e cercò freneticamente il cellulare. Il messaggio era ancora salvato.
Allora ci vediamo domani alle 17…Dì a tuo padre che dormi da Sonoko per due notti. Voglio stare con te il più possibile prima di ripartire.
Tre giorni da sola con lui. Tre giorni da sola con Shinichi. Tre giorni soli a casa sua.
Si sentì bollire. Era arrossita. Ne era sicura.
L'aveva tradito. Eppure continua ad arrossire al suo pensiero.
"Finalmente sorridi"
Si girò. Si girò e divenne paonazza.
Era lì davanti a lei. A petto nudo. Con solo un paio di boxer. I capelli ancora umidi, erano appiccicati al viso e ogni tanto gocciolavano sul pavimento.
Non riusciva a proferire parola. Era paralizzata. Il cuore le batteva a raffica. Con uno sforzo immane cercò di tenere la bocca chiusa.
Lui le si avvicinò. Le sembrava che il cuore le dovesse, da un momento all'altro, uscire dal petto. L'abbracciò.
Un abbraccio normalissimo. Eppure il cuore continuava a martellarle il petto.
Il profumo del suo deodorante le inondava i polmoni. Il corpo nudo premeva contro il suo. il suo mento appoggiato nell'incavo del suo collo.
S'irrigidì. Non riusciva a ricambiare quell'abbraccio. Eppure lui sembrava non preoccuparsene.
Anzi si staccò dall'abbraccio e le prese il viso tra le mani.
La ragazza sentì di nuovo il sangue salire alle guance, mentre quei due zaffiri la guardavano seri. Sembravano volessero leggere la sua colpa attraverso la sua anima.
Forse era quello sguardo serio. Forse il macigno dei giorni prima che sembrava essere tornato a pesare sul petto.
Ma decise che era il momento. Sì era il momento. Doveva confessarlo, doveva dirgli tutto. Probabilmente sarebbe finito tutto. Ma non poteva illuderlo in quel modo.
"Shinichi io…"
Non finì. Le aveva messo un dito sulla bocca.
"Zitta…dopo" le sussurrò.
Poi, senza darle il tempo di farla rispondere, o farle dire un'altra parola, la baciò. La baciò.
Non un bacio qualunque. Un bacio di quelli veri, di quelli che creano emozioni in soli due secondi.
Le labbra erano dischiuse e il suo respiro le entrava in bocca. La lingua s'intrecciò alla sua. La inseguiva, in un girotondo dentro le loro bocche. Lui poi si allontanava e le mordicchiava il labbro. Poi tornava alla sua bocca. Si allontanava di nuovo e seguiva il profilo delle sue labbra con la lingua.
Lei dal suo canto non stava ferma. Non riusciva. La sua mente le diceva che avrebbe dovuto allontanarsi e scappare, dirgli ciò che la turbava. Ma il suo istinto diceva il contrario.
Le mani si alzarono automaticamente verso la sua nuca. Iniziò a intrecciare le dita della mano destra in mezzo ai suoi capelli castani, e premette ancora di più il suo corpo a quello nudo di lui.
Appena notata la reazione della ragazza, lui con un movimento fluido, che mostrava tutta la sua forza, la sollevò dai fianchi e la adagiò sulle scale che portavano al piano di sopra della villa. Senza scollarsi dalle sue labbra.
Si mise sotto di lei e con la mano seguì il profilo del suo corpo.
La sua mano veloce le sfilò la ballerina rossa e poi salì verso la gamba nuda. Saliva verso la coscia incrociando il pantaloncini di jeans. Passo oltre ad essi e salì verso il fianco.
Salì verso la camicia rossa smanicata.
La mano dal lato del suo corpo passò al centro. I baci continuavano. Lei era sempre più presa sempre più sua. Si sentiva posseduta dalla sua passione. Era così inebriata che quando lui iniziò a sbottonarle la camicia non disse niente. Anzi lo aiutò. Lo aiutò per velocizzare il tutto.
Lui si staccò finalmente dalla sua bocca e iniziò a baciarle il collo scoperto, scendendo sempre di più fino ad arrivare in mezzo al suo petto. Ran sentì il suo reggiseno nero come un ostacolo. Era già pronta a toglierlo, ma lui fu più veloce e con una sola mano fece scattare il gancio e glielo sfilò.
Appoggiò la testa sul suo seno nudo. Era proprio come se lo immaginava. Perfetto. Non troppo grande e neanche piccolo. Perfetto. Così morbido, che avrebbe potuto stare lì per ore. Perfetto.
La sua mano però sembrava essere affamata d'altro. Scese di nuovo ai pantaloncini. Stavolta perfettamente al centro.
Con lo stesso gesto veloce con cui aveva sganciato il reggiseno, sbottonò il jeans.
In un attimo Ran si sentì priva di ogni velo. E non solo emotivo, ma anche fisico.
Era nuda. Era nuda, davanti a lui. Era nuda davanti alla persona giusta. Era nuda davanti all'uomo che amava.
Shinichi la guardò meravigliato per qualche secondo. Dopo che era diventato Conan, aveva perso le speranze che quel giorno arrivasse.
Invece erano lì. Nudi. Sulle scale di casa sua.
Forse sarebbe durato per solo un fine settimana, ma almeno ci era riuscito.
E non gli importava se non era stato il primo. In quel momento non gli importava.
L'importante era stare lì con lei. Vederla finalmente sua. Sentirla finalmente sua.
E il momento arrivò. Entrò. La sensazione di non sentire il bloccò gli contorse per un attimo lo stomaco.
Ma non si fermò. Anzi sfogò la sua frustrazione nel primo movimento, facendola gemere.
Faceva tutto lui. Lei continuava a baciargli il collo e tirargli i capelli per il piacere.
Gemeva. Gemeva come non mai. E questo lo eccitava a dismisura.
Ad un tratto quando ormai erano a un ritmo pieno, suonò il campanello.
Shinichi pensò velocemente. Senza fermarsi, premette la mano sulla bocca di lei.
Non si sarebbe fermato. Non ora che era sua. Chiunque fosse stato alla porta, avrebbe aspettato o sarebbe tornato più tardi.
Accelerò i movimenti. Voleva possederla, ancora di più di quanto stava facendo.
Ran si sentiva completamente in estasi.
Non si era mai sentita così. Assolutamente.
Pochi giorni prima con Ikuto, non aveva provato niente. Non c'era la passione, non c'era la soddisfazione. Era sfogo. Nient'altro che sfogo.
Con lui no. Con lui le piaceva. Neanche. Era più che piacere.
Lui andava sempre più veloce e lei provava sempre più godimento.
Arrivò al culmine. Arrivò al culmine poco prima di lui. La mano di lui ancora premuta sulla bocca che non le permetteva di sfogarsi buttando fuori la voce. Così si morse l'interno della bocca.
Poco dopo lui si sciolse dall'intreccio dei corpi.
Non gli importava se aveva sporcato il pavimento. Avrebbe lavato anche ore poi. Ma la soddisfazione di ciò che era successo gli inondava il cuore.
Si accasciò a fianco a lei. Entrambi avevano il fiatone. Entrambi ansimavano entusiasti.
"Shinichi - disse lei dopo avere ripreso un po' di fiato - io…"
"No Ran, ti prego…Non ora…Non rovinare questo momento…"
Era vero. Avevano un intero week-end per parlare.
Ma quel momento era magico. Non l'avrebbe dovuto rovinare per una cosa del genere.
Ormai l'aveva scoperto. Se prima non lo sapeva, ormai l'aveva capito.
L'avrebbe scoperto poi se l'aveva perdonata per quel gesto disperato. Ma ora l'importante era essere stata sua per quel momento.
Chissà quanto tempo era passato. Chissà quanto era durato tutto quanto. Quanto tempo era passato da quando lui era uscito nudo dalla doccia?
Non lo sapeva. E non le importava più di tanto.
Era tra le sue braccia. Tra le sue braccia al fondo delle scale di casa sua.
E in quel momento le bastava quello.

Erano nella seconda camera da letto della casa.
"Non ci ero mai stata in quest'ala di casa tua" disse lei prendendo due lembi del lenzuolo candido.
"Io invece ci venivo sempre a giocare da piccolo" rispose lui prendendo gli altri due lembi e tirando in modo che si adagiasse perfettamente sul materasso.
Dopodiché misero anche la coperta azzurra e due cuscini col le federe nuove e candide.
"E anche il letto e pronto, considerata l'ora dovremmo pensare a qualcosa da mangiare, perché non credo che tu viva solo d'amore" disse il ragazzo con un sorriso.
La ragazza non sapeva se prenderla come una frecciatina. Forse si sentiva ancora tanto in colpa e pensava che ce l'avesse con lei quando invece non era così.
O forse era davvero così. Forse voleva davvero fare quella battuta così tagliente. In quel caso, però, se lo sarebbe meritato.
"Ehi cos'è quella faccia? Forza vuoi mangiare sì o no?" le prese la mano e la trascinò al piano di sotto.
In cucina tirarono fuori un po' di ingredienti. Il minimo indispensabile. Giusto per fare un sugo per condire la pasta.
"Ti dispiace mettere su l'acqua e ogni tanto controllare il sugo? Io vado un attimo in bagno"
La ragazza rispose solo con un cenno di testa. Era davvero taciturna. Shinichi si stava preoccupando. Forse pensava che lui ce l'avesse ancora con lei. Ma come poteva. Come poteva portare rancore a quegli occhi azzurri. A lui gli bastava la promessa che da quel giorno in poi ci sarebbe stato solo lui. Non gli importava di prima. Non gli importava di Ikuto o come si chiamasse. Eppure tra meno di 48 ore sarebbe tornato Conan, e allora come avrebbe potuto sperare che lei le tenesse fede se lui spariva di nuovo?
Stava ancora a rimestare il sugo. Era soprappensiero. Seguiva i disegni che il cucchiaio di legno faceva sulla superficie rossa della salsa. Solo dopo un po' si accorse che stava continuamente scrivendo il suo nome. Scriveva Shinichi, poi lo cancellava passandoci il cucchiaio in mezzo. Shinichi e riga in mezzo. Shinichi e riga in mezzo. Arrossì continuando quello strano gioco. Nello stesso istante in cui sparì quell'emozione ne arrivò un altra.
Il ragazzo era tornato dal bagno e l'aveva presa per i fianchi. Ora le baciava il collo in modo molto sensuale. Anche troppo. La punta della lingua seguì il profilo del suo collo. Decisamente troppo sensuale.
Tentò di girarsi, inutilmente. Lui la teneva ferma, di spalle. Giocava coi suoi capelli, le mordicchiava l'orecchio, poi ad un certo punto sentì il suo respiro vicino al lobo e avvertì appena un sussurro.
"Pronta al secondo round?"
Senza aspettare risposta il ragazzo spense il fuoco del sugo, perché non si bruciasse. Poi la prese e la mise sul tavolo. La baciò su tutte le parti non coperte dai vesititi. Questa volta fu lei ad afferrargli i capelli corti e mori e a giocarci, tirarli, intrecciarli.
La scena che si era creata in fondo alle scale all'ingresso, prese di nuovo vita sul tavolo della cucina.
Ran era distesa sul tavolo, mentre Shinichi la sovrastava.
La passione non sembrava essersi affievolita con la stanchezza. Anzi sembrava essere aumentata, da parte di entrambi.
Finirono esattamente allo stesso modo.
Sul tavolo. Abbracciati e nudi.
"Promettimi che d'ora in poi sarai solo mia. Promettimi che non ci sarà più nessun altro al mio posto" sussurrò continuando a stringerla.
"Lo prometto" rispose lei.
"Anche quando me ne andrò di nuovo via?" chiese lui.
"Lo prometto. Non ti tradirò mai più in vita mia. Lo giuro sulla mia vita e su tutto ciò che ho caro"
L'aveva detto col cuore. E lui lo sapeva.
Ora era contento. Ora era sicuro che quel fine settimana sarebbe stato perfetto.

Edited by kiaretta_scrittrice92 - 2/3/2015, 19:12
 
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