Avanzavano spediti nella foresta, muovendosi in direzione di una meta ancora sconosciuta, guidati dal Byakugan del Chunin, che senza sosta sorvegliava l'intera zona, pronto a reagire al primo segno che avrebbe ritenuto sospetto. Fukuizuna e Chiaki, con tanto di furetti al seguito, si limitavano a stare dietro e a non perderlo di vista, seguendo i suoi spostamenti e aumentando il ritmo del passo quando il giovane ANBU si mostrava impaziente di giungere a destinazione. Il suo desiderio di incontrare i nemici e di dar loro una lezione memorabile dopo ciò che avevano fatto alla povera Seiri era fin troppo grande, tanto da averlo costretto ad entrare in azione immediatamente, prima che il nemico potesse allontanarsi da quel luogo. Kirinaki avrebbe pagato un caro prezzo, il più salato per espiare le proprie colpe e sarebbe stato proprio Fuyuki ad esigere il riscatto, come un crudele strozzino che non si fa scrupoli dei debitori che non hanno modo di saldare il passivo. Non poteva perdonare chi aveva osato rubare i ricordi di una dolce fanciulla, privandola non solo delle enormi conoscenze che possedeva, ma del suo stesso passato, della sua identità. In quel mattino la Nebbia Piangente aveva firmato la propria condanna a morte, sarebbe passato del tempo, ma prima o poi lui e Shinan avrebbero visto bruciare il vessillo di quell'organizzazione davanti ai loro occhi pregni di soddisfazione.
Continuarono a correre senza trovare nulla per circa un'ora, quando improvvisamente lo sguardo del ragazzo si posò su una freccia depositata per terra, seguita da un altra a diversi metri di distanza. Seguendo quella pista il gruppo di ricognizione giunse nei pressi di un nero cancello situato su un'altura, posto in cui la scia di dardi terminava. Una smorfia perplessa si dipinse sul volto dello Hyuga quando si accorse di non poter indagare oltre quel ferreo traguardo con il suo potente Doujutsu, per qualche ragione a lui ancora sconosciuta. Quella situazione non gli piaceva, ma per lo meno era certo di trovarsi vicino alla tana del nemico, proprio come quando a Kitawashi aveva trovato un abitazione protetta dal suo sguardo acuto, identificandola subito come il covo del famigerato Sanzu. Ciò che invece puzzava ancora di più erano le frecce che aveva trovato per terra, indizi troppo evidenti che un Nukenin che si rispetti non avrebbe mai lasciato dietro di sé, se non per attirare in un tranello i suoi inseguitori.
E' una trappola, ne sono certo.
Nonostante temesse di cadere in un'imboscata, al tempo stesso doveva però considerare che non era possibile procedere oltre. Sarebbe stato come fare un salto nel buio, nessuno di loro poteva dire chi o casa li avrebbe attesi oltre quel cancello, ma avrebbero reagito con prontezza ad ogni situazione, come dei veri ninja di Konoha. Si avvicinò al portone di ferro e con la mano scostò il manto di foglie che l'aveva coperto, scoprendo alcune incisioni lungo i bordi, simboli che non riusciva a decifrare, che stranamente presero vita, venendo baciati da una densa luce, non appena il diciottenne ebbe toccato con la mano la fredda superficie.
Asgra ri ros, amah chio dah!
Quei lemmi risuonarono nella sua mente, pronunciati da una voce atavica che sembrava essere stata partorita dal suo stesso inconscio. Non riusciva a comprendere quale fosse il loro reale significato, ma era come se in passato le avesse giù udite, come se dopo tanto tempo stessero riaffiorando nella sua testa. Lanciò un'occhiata alla Genin, che - esattamente come lui - sembrava perplessa, completamente spiazzata da quel misterioso evento. Anche lei aveva sentito quelle strane parole, mentre Fukuizuna sembrava essere stata risparmiata, dato che nemmeno una traccia di dubbio aveva infettato la sua espressione, sempre fiera e glaciale, degna bandiera per una guerriera come lei. L'eremita non riusciva ancora a dare una spiegazione a ciò che era successo, ma da quel momento in poi avrebbe agito con cautela, senza mai dimenticare quelle parole. Non poteva trattarsi soltanto di una coincidenza.
- Mi raccomando, occhi aperti.
Disse con fare freddo, mentre candidi boccoli di fumo venivano partoriti dalla sua sigaretta, che lentamente andava consumandosi, riversando il suo aspro odore nell'aria. Non poteva fare altro che superare quell'ostacolo e procedere oltre, anche senza conoscere ciò che avrebbe trovato dietro quel portone. Non si sarebbe fatto trovare impreparato, la sua mano destra accarezzava con cura l'elsa di Namida, pronta a sfoderarla immediatamente, se fosse stato necessario. L'altra invece ispezionava il nero cancello, cercando con attenzione qualcosa con cui avrebbe potuto aprirlo. Se fosse riuscito nel suo intento si sarebbe finalmente ritrovato a pochi passi da Kirinaki, come il cacciatore nella tana del lupo, inconsapevole però che anche lui era a sua volta una ghiotta preda, una pecora che si stava lanciando nelle fauci del suo carnefice.