Siamo alla parte decisiva della storia... Pronti?
Capitolo 8Dove sei?
"E' fuori discussione!" urlò Kogoro infuriato. "Vorresti andare fino a New York
adesso? Per inseguire quel detective da quattro soldi che ti ha fatto soffrire come un cane?! No, no e no!"
"Papà, ti scongiuro. E' importante per me".
"Quel ragazzo ti ha procurato soltanto dolore e guai. Non permetterò che ti faccia ancora del male, Ran".
"Ho già prenotato il volo. Devi solo accompagnarmi all'aeroporto".
"Io non ti accompagno da nessuna parte!"
"Allora prendo un taxi" ribatté Ran ostinata.
Kogoro si lasciò cadere sul divano. "Tesoro, per favore... ragiona, non puoi fare una pazzia del genere e per uno sciocco ragazzino, poi! Ti ha rovinato la vita già abbastanza e lo sai".
"Shinichi non mi ha rovinato la vita. Io lo amo! Devo andare da lui, papà, e subito. Se perdo questa possibilità di sistemare le cose... potrei non averne più alcuna. Me ne pentirò per il resto dei miei giorni, se non lo raggiungo".
Kogoro scosse la testa. "E' un'assurdità".
"No, non lo è. O forse sì, ma non m'importa. Io ho bisogno di parlare con Shinichi prima che sia tardi. E non lascerò che tu me lo impedisca".
Il detective guardò il volto determinato di sua figlia, i suoi pugni serrati, gli occhi colmi di dolore e ostinazione. Emise un lungo sospiro. "E va bene, Ran. Ti accompagno. Prenota un posto sull'aereo anche per me".
"Cosa?"
"Non penserai che ti mandi da sola! Scordatelo, signorina. Io verrò con te, e se quel mini-investigatore da strapazzo osa farti qualcosa giuro che se la vedrà con me. Vado a preparare le valigie".
DLIN DLON!
Avevano suonato. Shiho si precipitò ad aprire, dando una veloce sistemata ai capelli.
"Salve".
Spalancò gli occhi. "Ra-Ran Mouri?!"
"Proprio io. Sorpresa di vedermi?"
"Che... che diamine ci fai qui?" balbettò Shiho. "Come hai avuto il mio indirizzo?"
"E' stato il dottor Agasa a darmelo. Poso entrare?" chiese Ran con calma.
Shiho riacquistò la sua naturale freddezza. "Vieni" disse semplicemente, invitandola dentro l'appartamento con un gesto un po' brusco.
"Grazie. Non rimarrò molto, c'è mio padre qui fuori che aspetta. Allora, parla".
Shiho inarcò le sopracciglia. "Non capisco cosa vuoi. A che ti riferisci?"
"Non fare la finta tonta, per favore". La voce di Ran s'incrinò appena. "Dov'è Shinichi? E' venuto qui, vero?"
Shiho aprì la bocca, ma la ragazza di Tokyo non la lasciò parlare: "So che è partito per gli Stati Uniti e che aveva una certa fretta. Chi poteva voler vedere, se non te?"
"Non capisco proprio cosa intendi" ribatté Shiho secca.
"Non mentire!" Ran alzò la voce, poi trasse un respiro profondo e provò a controllarsi.
"Per favore, è importante per me saperlo. Dimmi la verità, Shinichi è venuto qui?"
Shiho la guardò negli occhi, seria. "E' almeno un mese che non lo vedo. Non sapevo nemmeno che fosse partito, l'unica persona con cui sono rimasta in contatto in queste settimane è il dottor Agasa".
"Da-davvero?"
"E' così. Poi, se non vuoi crederci, non è affar mio".
"Ma allora Shinichi non è partito per raggiungerti. Io credevo..."
Shiho scosse la testa. "Perché diavolo Kudo sarebbe dovuto venire qui, scusa? Gli ho già causato abbastanza guai, anche se lui afferma di non avere rancore nei miei confronti".
Ran si lasciò sfuggire un lungo, penoso sospiro. "Ero convinta che avesse ripreso i contatti con te, dopo che l'ho lasciato... E che alla fine tu gli avessi proposto di venire qui o qualcosa del genere".
Shiho strabuzzò gli occhi. "Tu... tu l'hai lasciato?"
"Be', sì. Circa un mese fa, dopo che... insomma, lo sai. Ero sicura che tra noi nulla avrebbe più potuto essere come prima... non per me. Ma poi ho capito che non ce la facevo a stare senza di lui. Che dovevo tentare di parlargli, almeno un'ultima volta". Ran fece una pausa e riprese con decisione: "Quando ho scoperto che era partito... ho pensato subito che tu gli avessi chiesto di raggiungerti, magari perché avevi qualche problema... o semplicemente perché desideravi averlo accanto. E lui doveva essersi reso conto di provare qualcosa per te, o comunque che tanto valeva venire qui, dato che io lo avevo mollato. Così ho deciso di partire anch'io: volevo dirgli che ci avevo ripensato, che in queste settimane avevo compreso davvero quanto lo amassi... Se avessi dovuto sentirmi dire che preferiva te, pazienza, mi sarei fatta da parte. Ero disposta a correre questo rischio, purché sapesse che in realtà... che in realtà mi importa ancora di lui. Eccome se mi importa".
Ran tacque. Shiho fu colpita dal profondo dolore che emanavano i suoi occhi.
"Ho provato, sai? A rifarmi una vita senza Shinichi. Ma non ci sono riuscita e probabilmente ci riuscirei solo se mi dicesse chiaramente che non mi ama più, perché a quel punto dovrei accettare la sua volontà e rispettare i suoi sentimenti".
"Non è vero che non ti ama più" ribatté Shiho, sorprendendosi lei stessa per aver detto quelle parole.
"Come fai a esserne così sicura?" domandò Ran perplessa.
"Difficilmente ho incontrato un ragazzo più innamorato di lui. E non credo che, in un mese, le cose siano cambiate. Quanto a me... dubito fortemente che possa mai amarmi. E poi, se avesse voluto che si stabilisse un certo rapporto fra noi, mi avrebbe contattata, non credi? E' vero, non gli avevo dato il mio indirizzo, però..."
Ran aggrottò la fronte. "Ma allora, se davvero non è qui, dove può essere andato? Dai suoi genitori?"
"Direi che è l'unica possibilità" commentò Shiho. "In ogni caso, se devi parlargli, ti consiglio di farlo in fretta. Devi essere proprio innamorata per esserti scaraventata qui senza nemmeno avere la certezza di trovarlo... Ma dico io, non avresti potuto telefonargli?"
Ran arrossì. "Ecco, io... non so se ne avrei avuto il coraggio".
"Ma il coraggio di saltare sul primo aereo l'hai avuto, eh? Sei una ragazza strana, Mouri. Molto impulsiva".
"Sì, be'... probabilmente ho fatto una stupidata. Non volevo perderlo, capisci? Io... io sono disposta a tutto per lui".
"Lo vedo" replicò Shiho. "Comunque, non credo che Kudo sia da meno di te, sai?"
"Lo... lo pensi veramente?"
"Be', posso dirti che quella notte di un mese fa... anzi, quella mattina, ti stava sognando".
"Ma che...?"
"Stavo andando via e lui era immerso nel sonno. Sei libera di non credermi ma, prima che varcassi la porta, l'ho sentito chiaramente pronunciare il tuo nome".
Ran arrossì nuovamente. Non sapeva proprio cosa rispondere.
"Be', ti ho disturbato abbastanza, Shiho. Adesso devo andare e trovare il primo aereo per Los Angeles" disse infine, dirigendosi verso la porta.
"Vai, vai. E buona fortuna".
Shiho la accompagnò con lo sguardo finché non chiuse il battente con un colpo secco. Sospirò, pensando che quella ragazza era davvero fuori dal comune e che qualunque ragazzo avrebbe dovuto tenersela stretta, se avesse avuto la fortuna di ottenere il suo cuore. Come Shinichi... Chissà dov'era finito?
All'improvviso, Shiho realizzò di avere gli slip vagamente umidi. Durante la conversazione con Ran non se n'era accorta, ma adesso... Corse in bagno e si tirò giù i pantaloni. Sulle mutande c'era una bella macchia di sangue.
Oddio! Le mestruazioni...?Ma allora... allora non era incinta! Frastornata, corse a recuperare un assorbente per metterlo. E così era solo un ritardo... e il mal di testa un sintomo pre-mestruale. Di colpo si sentì leggera, meravigliosamente leggera. Uscì dal bagno e prese in mano la confezione del test di gravidanza, che era nascosta nella sua stanza. Lo aveva comprato quella mattina, ma non aveva avuto il coraggio di farlo... o forse uno strano sesto senso le aveva consigliato di attendere ancora un po'?
Fece per buttarlo via, ma in quell'istante le squillò il cellulare.
"Sì, pronto?"
"Shiho, sono Jake. Come stai?"
"Tutto ok, grazie" rispose lei sorridendo, ancora un po' incredula per quello che aveva appena scoperto.
"Non volevo disturbarti, ma è successa una cosa incredibile... L'esperimento a cui stavamo lavorando ha avuto una svolta inaspettata! Vuoi sapere?"
Il sorriso di Shiho si allargò. "Ma certo, Jake. Raccontami, ho tutto il tempo che vuoi".
Kogoro non aveva fatto che brontolare, ma alla fine Ran era riuscita a convincerlo a trovare un altro aereo, diretto a Los Angeles. Grazie al Cielo, ricordava la via in cui era situata la casa dei signori Kudo e, con un po' di fortuna, riuscirono ad arrivarci.
"Spero per te che quel ragazzino sia qui, altrimenti... Non mi avevi detto che dovevamo girare tutti gli Stati Uniti per cercarlo!"
"Vedrai che è qui" ribatté Ran con decisione, suonando il citofono. Aveva provato a telefonare a Yukiko e Yusaku, ma nessuno dei due aveva risposto. E Shinichi... be', ancora una volta non ce l'aveva fatta a chiamarlo, ma si era guardata bene dal dirlo a suo padre.
Citofonò di nuovo, impaziente. Nulla.
"Forse sono fuori tutti e tre" azzardò.
"Be', tanto piacere! E noi che facciamo qua?" sbottò Kogoro nervosamente.
Ran abbassò la testa, a disagio. E adesso? Capiva che suo padre fosse stanco di quella situazione... cosa poteva fare?
In quel momento, un'auto si fermò poco distante da loro, nei pressi di un'abitazione accanto a quella dei signori Kudo. Ran si precipitò verso quella macchina, ignorando le proteste del padre, e si rivolse in inglese all'uomo che stava al posto di guida.
"Excuse me, do you know Mr an Mrs Kudo?"
"Oh, yes" rispose quello. "Why?"
"I'm a friend..." cominciò Ran esitante. "Where are they?" Indicò la casa, spiegando che sembrava non esserci nessuno.
L'uomo assunse un'espressione triste. E la risposta che diede a Ran la lasciò totalmente sconvolta.
"Che cosa? All'ospedale?" esclamò Kogoro spiazzato. "E perché mai?"
"Pare che il signor Yusaku abbia avuto un grave incidente" disse Ran con voce tremante. "Adesso capisco perché Shinichi è andato via così all'improvviso... O mio Dio, e se suo padre morisse?"
"Su, non essere melodrammatica... vedrai che se la caverà. Adesso andiamo a cercarci un bell'albergo e ci riposiamo un po', va bene?"
"Ma..." cominciò a protestare Ran.
"Niente ma. Almeno adesso sai dov'è quel ragazzino e per tua fortuna non è andato a femmine. Non mi faccio un'altra corsa fino all'ospedale, non ora, intesi?"
Così Ran dovette piegarsi. Ma non appena suo padre prese sonno nella camera di un modesto hotel a tre stelle, si precipitò fuori. Non voleva aspettare un minuto di più, Shinichi era in una situazione difficile e lei desiderava stargli accanto. Adesso non le importava più di dirgli che lo amava e sapere di chi era innamorato... voleva soltanto offrirgli un po' di conforto. Dopotutto, prima che la sua ragazza, era stata la sua migliore amica.
Chiese informazioni alla reception su dove trovare l'ospedale (per fortuna il vicino di casa dei Kudo le aveva detto il nome), si fece chiamare un taxi e salì a bordo.
Aspettami, Shinichi... Sto arrivando.All'ospedale ci mise un'eternità a trovare il reparto giusto e stava quasi per scoraggiarsi, ma alla fine...
Eccoli!, pensò. Shinichi e Yukiko erano in uno stretto corridoio, a pochi passi dalla sala operatoria. Lei era seduta, lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia; lui andava avanti e indietro, con gli occhi incollati al pavimento.
"Shinichi!" urlò Ran, con il poco fiato che le era rimasto. Lui si voltò e sbatté le palpebre, come se non credesse minimamente a ciò che aveva di fronte. Oddio, che sensazione meravigliosa le dava il solo vederlo... le sembrava passata davvero una vita dall'ultima volta. Lo trovò anche più bello di quanto ricordasse, nonostante le ombre scure sotto gli occhi e il viso tirato per l'ansia.
"Ran? Che... che ci fai qui?" mormorò Shinichi incredulo. Anche Yukiko aveva alzato la testa, stupita.
"Ho saputo di tuo padre, mi dispiace tanto... Cos'ha? E' grave?" chiese Ran affannata, raggiungendoli.
Yukiko la invitò a sedersi accanto a lei con un gesto della mano. "Stiamo aspettando da un pezzo, ormai... Dovrebbero darci notizie a momenti".
"Come hai fatto a sapere che ero qui?" domandò Shinichi.
"Be'... diciamo che ho fatto le mie indagini" Ran accennò un debole sorriso.
"Lo so che sono sparito all'improvviso... Il fatto è che mi ha telefonato la mamma, per dirmi che l'altro giorno papà aveva avuto un incidente e che erano sopraggiunte delle complicazioni impreviste, per cui doveva essere operato stasera. Così ho preso il primo aereo per Los Angeles".
"Quando Shin-chan è arrivato, Yusaku non era ancora entrato in sala operatoria" spiegò Yukiko, "ma naturalmente io ero già qui. Ci sono stata praticamente tutto il giorno".
"Sono sicura che andrà bene" disse Ran in tono incoraggiante. "Vedrete, ogni cosa si aggiusterà per il meglio".
"Ma sei venuta da sola?" chiese Yukiko apprensiva.
"No, sono con mio padre. Solo che lui è... rimasto in albergo, poco distante da qui. Sapete, era un po' stanco".
"Capisco". La mamma di Shinichi si alzò in piedi. "Vado un attimo in bagno. Tesoro, siediti un momento, non ce la faccio più a vederti andare da una parte all'altra".
Shinichi obbedì. Mentre sua madre si allontanava, prese fiato e si rivolse a Ran: "Allora, come hai fatto a sapere dov'ero?"
Il suo tono non era di rimprovero, anzi, sembrava felicemente impressionato dalla cosa, sebbene il suo viso fosse terribilmente segnato dalla preoccupazione per suo padre.
"Il dottor Agasa mi ha detto che eri partito per gli Stati Uniti e, quando ho saputo cos'era successo, ho pensato di raggiungerti".
"Ma il dottor Agasa non aveva idea che mio padre fosse in ospedale, quindi non puoi averlo scoperto prima di partire. Ciò vuol dire che sei venuta fin qui solo per seguire me".
Ran arrossì violentemente. "Be', io... avevo bisogno di parlarti, ecco. Quando però il vicino di casa dei tuoi mi ha detto dell'incidente di tuo padre, ho pensato... ho pensato che potevi aver bisogno di una presenza amica".
Shinichi non disse nulla.
"Naturalmente posso essermi sbagliata" continuò Ran, "ma ho deciso comunque di tentare".
"E che cosa dovevi dirmi?" chiese lui, guardandola attentamente.
"Non è importante, adesso. Tu pensa a stare tranquillo, vedrai che presto avremo notizie di tuo padre".
Calò il silenzio. Yukiko, tornata dal bagno, li raggiunse senza dire una parola. Un attimo dopo, ecco avvicinarsi un medico. Shinichi strinse istintivamente la mano di Ran.
"L'operazione è andata a buon fine. Direi che dovrebbe essere fuori pericolo... Adesso è ancora sotto l'effetto dell'anestesia".
"Sul serio?" esclamò Yukiko. "Oh, grazie a Dio..."
Shinichi aggrottò la fronte. "Dovrebbe? Vuol dire che non è sicuro?"
"Non al cento per cento" rispose il medico. "Ma dubito che ci saranno altri problemi e, in ogni caso, non lo sapremo prima di qualche ora".
"Il peggio è passato" sospirò Yukiko, mentre i suoi occhi riprendevano una piccola parte della loro luce di vivacità. "Be', direi che voi ragazzi potete andare a casa... Ran, tesoro, si vede che sei stanchissima e anche Shin-chan ha bisogno di un bel riposino".
"E tu, mamma?" chiese Shinichi.
"Resterò qui, ma voi non preoccupatevi per me. Shin-chan, accompagna Ran in albergo da suo padre e poi torna a casa, ok? Ti serve una bella nottata di sonno, credimi".
"Ma..."
"Niente ma! E' un ordine".
Shinichi assunse un'espressione rassegnata. "Va bene, mamma. Salutami papà, non appena si sveglia. Su, Ran, andiamo".
E uscirono assieme dall'ospedale.
"Cercasi Shinichi disperatamente": forse era così che dovevo intitolare il capitolo
Comunque "Dove sei?" mi piaceva di più.
Non ho fatto descrizioni approfondite, sia perché l'intera storia è stata scritta piuttosto di getto, sia perché con questa parte volevo comunicare ai lettori un certo "dinamismo", una sensazione adrenalinica, insomma. E scrivere in maniera concisa e quasi "frettolosa" penso che possa dare l'idea!