| Un semplice gesto ma impregnato d'emozioni contrastanti, avvolsero la dolce kunoichi. Non ebbe il coraggio di guardare in volto il suo amante, per questo continuò a stringersi tra le sue vesti, nascondendo le sue gemme perlate alla vista del jonin. La conosceva troppo bene e Fuyuki era una persona sveglia, per quanto potesse essere di poche parole, avrebbe avvertito subito che qualcosa in lei non andava. Pregò con tutta se stessa che ciò non avvenisse, pregò mentalmente per poterlo stringere ancora a se dopo la guerra e pregò nella speranza che le rivelazioni dettate da Ashi, non fossero che uno sciocco errore di comprensione. Sapeva che si stava illudendo ma quegli inganni creati dal suo stesso essere, l'aiutavano, la facevano sentire "meno peggio". Gli occhi persi nel vuoto mentre riconquistava una consapevolezza, non avrebbe mai permesso che un simile segreto, la facesse desistere da ciò che si era ripromessa. Lo avrebbe protetto, lo avrebbe amato con tutta se stessa; lo voleva il suo spirito, lo voleva il suo corpo. L'accarezzò, la consolò dandole attenzioni nelle quali non occorreva l'ausilio di parole. I lunghi e profumati capelli vennero smossi dall'aria gelida mentre i due Hyuga si cercarono con i loro specchi dell'anima. Il frastuono dei combattenti era solo un lontano ricordo, il rumore lontano passava in un secondo piano mentre le loro labbra si sfioravano. La compostezza che entrambi avrebbero dovuto mantenere si sciolse con quel tocco, nemmeno la battaglia più ardua li avrebbe divisi. Il filo rosso del destino, ormai li legava indissolubilmente. Watashi non avrebbe potuto niente contro i loro sentimenti, che divampavano come fuoco, sovrastando la tensione e la paura di perdersi. Un brivido le percorse la schiena mentre le farfalle nello stomaco sembrarono aver appena spiccato il volo. Ogni volta che sentiva il suo sapore, che entrava in contatto con lui, il suo fisico reagiva di conseguenza come l'effetto di una molla; non si era ancora abituata a tutto quello, eppure già non riusciva più a farne a meno. Controvoglia ma costretta dalla situazione in cui ormai versavano tutti loro, si allontanò ricambiando lo sguardo dell'ex ANBU. Un sorriso malinconico si dipinse sulle sue rosee labbra prima di schiudersi per completare la frase del suo partner.
- Per tutta la vita... - disse in un sussurro la quattordicenne, incurante che qualcuno si stesse avvicinando a loro.
Non voleva dividersi da lui, non voleva sciogliere le loro mani intrecciate. Sapeva che la sua potenza era nettamente inferiore a quella del sensei ma per nulla al mondo si sarebbe tirata indietro, per nulla al mondo avrebbe permesso che facessero del male al suo uomo. Quel Dio malevolo, che stava creando scompiglio tra di loro, poteva aver avuto tutte le ragioni del mondo per comportarsi in quella determinata maniera con il genere umano ma la ragazzina dalla chioma blu non sarebbe rimasta impassibile, non se avessero provato a toccare la cosa per cui viveva. Lo sguardo si fece determinato, era pronta. Per quanto quel fardello continuasse a pesare sulle sue esili spalle, aveva deciso di tacere; ci sarebbe stato un luogo e un tempo sicuramente più adatto per trattarne. Senza contare che i contrasti tra il nukenin e la sua coetanea erano ancora freschi, vivi in lei, si ricordava perfettamente quando qualche giorno prima l'aveva minacciata di morte. Svelare quello che probabilmente lui le teneva nascosto, avrebbe sicuramente riacceso d'ira le iridi del membro dell'Akatsuki, di cui aveva avuto già il dispiacere d'assistere. Il loro momento d'intimità venne immediatamente interrotto, una voce fece voltare entrambi gli amanti, i quali notarono solo in quell'istante un giovane dai capelli neri che si era rivolto con riverenza al capitano della sua divisione. Probabilmente sarebbe stato nel loro gruppo ma questo Chiaki non poteva saperlo. La genin lo guardò incuriosita storcendo leggermente in viso, senza che nessuna ruga di rabbia compromettesse il suo faccino delicato. Non gli affibbiava una colpa per l'interruzione, anzi erano stati lei e Fuyuki a isolarsi un po' troppo da tutto il resto. Rimase in ascolto silenziosa, quasi occultando la sua presenza agli occhi del tipetto. Non si stava rivolgendo a lei era inutile intervenire ma la curiosità era una caratteristica che da sempre l'aveva contraddistinta. Kira Uchiha, a prima vista non gli avrebbe dato più di lei d'età, eppure parlava con una scioltezza che spesso la Hyuga non aveva visto fare nemmeno alle alte cariche del suo villaggio; quello strano comportamento in parte l'affascinò ed in parte dentro di lei la rese vuota. Quelle dettate dalla sua bocca le parvero come lettere concatenate tra di loro per convenienza. Non sempre ciò che il proprio animo comunica o vuole emanare corrisponde a ciò che le proprie labbra pronunciano, proprio come non combacia ciò che viene percepito dal proprio interlocutore; e lei per quanto fosse la persona meno adatta a capire le persone riuscì quasi ad avvertire quella strana sensazione. Una presentimento, oppure semplici pensieri dati dall'agitazione della guerra, non lo sapeva. Si sarebbero dovuti fidare l'un l'altro se volevano portare a casa la pelle ma chi avrebbe detto a quel ragazzo se proprio lei gli avrebbe pugnalato le spalle alla prima occasione? Oppure un nukenin come Fuyuki? Lo fissava mentre professava quelle parole, non accettando il tradimento del jonin. Nulla per lui era giustificabile, il suo amore per la patria era grande e lo si avvertiva ad ogni frase pronunciata. Per la fanciulla di Konoha, invece, il suo villaggio non era niente, era un posto come tanti altri nel mondo, dove qualcuno aveva deciso di farla nascere. Suo padre, un comunissimo jonin della foglia, invece, la pensava proprio come quell'Uchiha; era stato lui a indurla alla carriera ninja, un mestiere che non le si addiceva affatto. Più ascoltava e più le sembrava d'avere a che fare con un automa, che fosse in stretta confidenza con l'Hokage? Come poteva dire quelle cose? Quella devozione che riponeva in lei, le crearono altri interrogativi che non avrebbero mai trovato risposta, almeno non li. Dare la vita per uno sconosciuto, le ricordava un po' se stessa ma le ragioni beh, erano completamente diverse. La kunoichi lo faceva per sentirsi accettata, per creare quei legami che l'avevano sempre condizionata a rimanere da sola, per lei quei discorsi rimanevano scialbi, privi di significato. La sua visione d'uguaglianza era rivolta a tutti gli esseri umani, tutti erano figli della stessa terra, tutti erano fratelli, tutti avrebbero dovuto condividere le stesse meraviglie, che fosse un cielo stellato o una cima innevata. Un coprifronte, un segno che ne marcava la provenienza, cos'era se non un oggetto che poteva essere forgiato da chiunque? Le risposte dell'eremita furono ironiche, non sembrava essere interessato a quello che quel ragazzo pensava, chissà quanti altri come lui la vedevano alla stessa maniera. La genin ricercò lo sguardo del maestro ma la sua attenzione si spostò presto sul nuovo arrivato. Un ragazzo di Kiri, capelli albini, dall'insicurezza evidente, sembrò per un attimo essere colto dal panico. Non balbettava come lei ma si intrecciò con le parole, dandole l'impressione che non fosse sicuro quello che stesse dicendo. Come dargli torto? Era un semplice neo genin e già lo avevano mandato al fronte a morire. Come avrebbe fatto a proteggere molti di quelli come lui? Perché avevano permesso questo i kage? Il suo pensiero andò a Hyou e al suo discorso, fatto nel sottobosco. Capiva meglio ora le sue ragioni che lo spingessero a lottare, capiva perché avesse a cuore la faccenda di Furikami. Il compito della giovane ormai non si fermava più solo a Fuyuki, doveva proteggere anche lui, lo doveva fare per quelle madri che probabilmente non avrebbero più visto tornare i loro bambini. Chiaki tirò un sospiro, chissà se anche Takayoshi stava combattendo tra una di quelle schiere?
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