Detective Conan Forum

Reduci, Cos'è successo dopo il Mystery Train?

« Older   Newer »
  Share  
Neiro Sonoda
view post Posted on 1/5/2014, 19:54     +1   -1




Mi è mancato il fiato, sul serio.
Qualcuno finalmente ha commentato? :woot: :woot:
Grazie, grazie, ran e shinichi!! (ribadisco che hai un bellissimo nick :D )
 
Top
ran e shinichi
view post Posted on 2/5/2014, 10:40     +1   -1




Non devi ringraziare me,ma devi ringraziare te stessa per aver scritto questa magnifica storia. ;)
baci ran e shinichi<3
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 2/5/2014, 20:06     +1   -1




CITAZIONE (ran e shinichi @ 2/5/2014, 11:40) 
Non devi ringraziare me,ma devi ringraziare te stessa per aver scritto questa magnifica storia. ;)
baci ran e shinichi<3

E' bello sapere che ti è piaciuta così tanto! Mi auguro che continuerai a seguirmi, allora :) Ho molte scene belle in programma e spero di riuscire a "raccontarle"
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 14/5/2014, 16:30     +1   -1




Noto che in questo periodo il forum non è molto "attivo"
Ciò mi scoraggia dal postare altri capitoli di Reduci, per cui credo che per un bel po' non mi farò viva in questo topic.
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 3/6/2014, 23:34     +1   -1




Neiro, te lo avevo promesso che avrei letto la tua storia. Mi vergogno a dire che li ho letti in un soffio, ma mi sono piaciuti molto questi capitoli. Grazie della fiducia.

Martina
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 4/6/2014, 13:44     +1   -1




CITAZIONE (marty=shinichi x ran fan @ 4/6/2014, 00:34) 
Mi vergogno a dire che li ho letti in un soffio, ma mi sono piaciuti molto questi capitoli. Grazie della fiducia.

Martina

Ma figurati, perché mai dovresti vergognarti di averli letti tutto d'un fiato? Vuol dire che eri impaziente :D Appena posso pubblico il capitolo 8 e vado a leggere il tuo aggiornamento :)
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 5/6/2014, 19:56     +1   -1




Neiro mi piacere risentirti e sappi che ti considero una grande amica. In effetti in vedo l'ora di leggere l'ottavo capitolo.

P.s: in quanto al la mia fanfiction, ti aspetto ;)
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 6/6/2014, 20:05     +1   -1




CITAZIONE (marty=shinichi x ran fan @ 5/6/2014, 20:56) 
Neiro mi piacere risentirti e sappi che ti considero una grande amica. In effetti in vedo l'ora di leggere l'ottavo capitolo.

P.s: in quanto al la mia fanfiction, ti aspetto ;)

Grazieee! Sei troppo buona con me Per l'ottavo capitolo dovrei farcela entro domani e anche per la tua fanfiction :) (adesso vado un po' di fretta.)
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 6/6/2014, 20:40     +1   -1




Fai con calma non preoccuparti ;)
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 7/6/2014, 16:44     +3   +1   -1




Capitolo 8
Mantenere la calma


“Sì, pronto?” La voce sonnacchiosa di Kogoro raggiunse l’orecchio di Ran, attraverso il cellulare prestatole da Shinichi; la ragazza trasse un profondo respiro, rendendosi conto che probabilmente suo padre si era addormentato senza tenere in considerazione l’orario e non aveva avuto alcuna preoccupazione per la sorte della figlia.
“Papà, sono io” esordì, fermandosi sul secondo gradino della scalinata dell’ospedale.
“Ah, Ran… che ore sono?” bofonchiò l’investigatore. “Mi ero appisolato… Accidenti, ma è tardissimo! Tu dove sei? Va tutto bene?”
“Sì, be’…”
“Ora che ci penso, mi aveva telefonato quella maschiaccia per chiedermi di te… Mi spieghi che ci fai ancora dal dottor Agasa? Perché ti trovi lì, non è vero?” esclamò Kogoro, che ormai era del tutto sveglio.
“Papà, io… in realtà sono in ospedale” confessò Ran.
“In ospedale?” ripeté Kogoro, evidentemente spiazzato. “A fare che?!”
“Diciamo… che ho avuto un piccolo incidente. Ma sto bene, sono soltanto… caduta”,
“Figliola, cosa stai dicendo?! Dove sei caduta? E quando?”
“Non è nulla, papà, non ti agitare…”
“Dimmi esattamente dove ti trovi” ordinò lui perentorio. “Vengo subito a prenderti”.
“Sono al Policlinico Beika… Non da sola, c’è anche Shinichi” spiegò Ran in fretta.
“Che… che diavolo ci fa quel ragazzino con te?!” sbottò Kogoro nervosamente.
“Ecco… ci siamo incontrati e…”
“Basta così, mi stai già causando abbastanza agitazione… Arrivo immediatamente”. E Kogoro riagganciò con rapidità.
Ran assunse un’espressione rassegnata, salì lentamente i due gradini della scalinata e svoltò l’angolo per tornare alle panchine di plastica dov’era seduto Shinichi. Quando si accorse che lui non c’era, ebbe un sussulto.
Ehi! Fino a poco fa si trovava qui…
“Ehm, Shinichi?” chiamò titubante. Il corridoio era deserto.
Non riesco a capire… Che fine ha fatto?
Da una delle porte bianche che si affacciavano sul corridoio uscirono due infermiere che chiacchieravano. Ran si avvicinò a loro più veloce che poté.
“Scusate… avete per caso visto un ragazzo della mia età qui da qualche parte? Io mi sono allontanata un attimo e…”
“Un ragazzo? No, non mi pare” rispose una delle due infermiere, la più giovane, corrugando la fronte alta.
Magari è andato in bagno, pensò Ran a quel punto. Be’, aspetterò, sicuramente uscirà tra poco…
“Vi ringrazio, mi siederò qui allora” disse, indicando il posto dove fino a qualche minuto prima c’era Shinichi.
“Ti serve qualcosa?” chiese gentilmente la seconda infermiera, una donna dall’aria materna, forse sulla quarantina.
“Oh, no… Tra un po’ dovrebbe arrivare mio padre, non si preoccupi”.
Così Ran andò a sedersi, aspettando fiduciosa che Shinichi ritornasse. Eppure, nel suo cuore qualcosa le diceva che lui era andato via di nuovo, come faceva sempre.

Ai Haibara dovette cercare di mantenere la calma nella Squadra dei Giovani Detective e non fu un’impresa facile; in qualche modo, aveva intuito che Conan voleva sbrigarsela da solo e perciò tentò di tenere buoni i loro amici, che erano balzati tutti e tre in piedi, alquanto ansiosi di dare una mano.
“Vogliamo aiutare Ran!” esclamò Ayumi. “Lei è sempre così carina con noi…”
“E Conan ha bisogno della sua Squadra!” aggiunse Genta convinto.
“È nostro dovere!” rincarò Mitsuhiko. “Haibara, ti prego…”
“Sentite” – Ai fece un passo verso i tre bambini, un’espressione determinata dipinta sul volto – “non possiamo fare nulla, mi sembra chiaro. Conan se la caverà”.
“E se Ran è stata rapita? Che ne sarà di lei?” proruppe Ayumi.
“Ran è in gamba” tagliò corto Ai. “Inoltre, ho ragione di credere che anche le sue amiche la stiano cercando…”
Tra cui quella strana ragazza, pensò.
“Non possiamo stare qui! Perché non andiamo anche noi?” insistette Mitsuhiko.
“Su, ragazzi, cercate di tranquillizzarvi” intervenne il dottor Agasa, che era appena tornato dal bagno. “Sapete com’è Shi… cioè, volevo dire Conan… È convinto che ce la farà da solo e non ha voluto coinvolgervi di proposito”.
“Ma è proprio qui che sbaglia!” sbottò Genta. “Non siamo forse i suoi compagni d’avventura, in qualunque occasione?”
“Va bene, facciamo così: aspettiamo un po’, per vedere se lui ci dà notizie. Se non ci contatta, vedremo come comportarci” propose Ai con fermezza.
Ayumi, Genta e Mitsuhiko si scambiarono uno sguardo. “D’accordo” acconsentirono infine.
Ai andò a sedersi sul divano e incrociò le braccia, senza aggiungere altro.
Be’, perlomeno sono riuscita a tenere a bada i ragazzi… Spero solo che Kudo non si cacci in qualche pasticcio. Quanto a Ran Mouri…
Era difficile esprimere a parole ciò che provava, però… sentiva una certa agitazione all’idea che quella ragazza si trovasse in pericolo. All’apparenza, non avevano un grande rapporto: Ran credeva che Ai fosse una bambina ed era sempre dolce e amichevole nei suoi confronti (d’altro canto, lei lo era un po’ con tutti); Ai tendeva a mostrarsi distaccata, come faceva con le persone con cui interagiva poco, e certo non dava prova di chissà quale affetto. Eppure… nessuna delle due avrebbe mai dimenticato la notte in cui avevano rischiato entrambe la vita e Ran si era lanciata su Ai per farle scudo col proprio corpo, nel tentativo di proteggerla. Quell’esperienza le aveva unite più di quanto si potesse immaginare, anche se non ne parlavano mai; era rimasta impressa nei loro cuori e nelle loro menti. Per un attimo, ad Ai era sembrato di riavere al fianco sua sorella Akemi… l’unica donna che avesse conosciuto disposta a qualunque cosa per salvarla. D’altronde, la sensibilità e la generosità di Ran l’avevano già colpita in un’altra occasione, quando lei, i Giovani Detective e il professor Agasa l’avevano incontrata casualmente al mare assieme all’amica Sonoko Suzuki. Ricordava di non essersi sentita bene, quella volta, e la prima ad accorgersene era stata Ran, che l’aveva portata in braccio fino all’ombrellone. Persino Conan, che ovviamente era presente, si era limitato a blaterare qualcosa a proposito delle conseguenze che porta stare troppo tempo sotto il sole… Ran no, aveva capito quale fosse la cosa fondamentale da fare e si era affrettata ad agire. Sulle prime, Ai aveva provato un certo disagio: Ran era così diversa da lei, sempre spontanea e solare, con un meraviglioso sorriso… Non c’era da stupirsi che tutti le volessero bene, Conan in primis, e Ai si era sentita molto ‘fuori posto’. Aveva pensato che non sarebbe mai riuscita a instaurare alcun tipo di rapporto con quella ragazza, nemmeno uno di facciata. Si era sbagliata invece, perché col tempo la sua compagnia le risultava sempre più gradita. Questo la confondeva un po’: sarebbe stato più logico essere invidiosa del legame speciale fra lei e Conan, legame di cui loro stessi, a volte, sembravano ignorare la forza e la profondità… be’, bisognava anche considerare che Ran non sapeva chi fosse in realtà il suo ‘fratellino’. Ad ogni modo, Ai aveva imparato a voler bene alla figlia del detective Mouri, seppure in maniera particolare. Non le dimostrava mai nulla, però le faceva piacere quando Ran le rivolgeva frasi tipo ‘come stai?’, oppure le sorrideva con aria affettuosa. C’erano momenti in cui le ricordava incredibilmente Akemi e questo le provocava una fitta dolorosa al petto: il pensiero di non poter mai più riabbracciare sua sorella tornava a farsi sentire prepotentemente in lei, bruciando come una ferita aperta, profonda e sanguinante. Nonostante ciò… avvertiva una minuscola sensazione di sollievo in una parte del suo cuore, all’idea che esistesse qualcuno che possedeva qualità simili a quelle di Akemi.
Forse, se un giorno il dolore per la perdita della sorella si fosse attenuato, lei sarebbe riuscita ad aprirsi di più con Ran, e a ricevere conforto dalla sua presenza; per il momento si accontentava del rapporto che avevano, per quanto fosse da approfondire ancora molto. Ad esempio sapeva bene che, ora come ora, non avrebbe mai avuto la forza di raccontare a Ran la sua vera storia: preferiva tacere, anche perché, come aveva detto più volte a Conan, chiunque conoscesse i suoi segreti rischiava di trovarsi in pericolo. Ai non avrebbe mai permesso che qualcuno finisse nei guai per colpa dei suoi trascorsi con l’Organizzazione, a maggior ragione se si trattava di una persona che conosceva e a cui tanti tenevano, lei compresa.
Di Ran l’avevano impressionata non solo l’altruismo e la capacità di percepire le necessità del prossimo, anche la discrezione; con lei non era mai insistente, le offriva la propria compagnia, ma la lasciava in pace se capiva che aveva bisogno di stare un po’ sola, oppure preferiva non conversare. Per molte cose non possedeva un grande intuito o spirito d’osservazione, però quando si trattava di prendersi cura degli altri non si tirava mai indietro, anzi. C’erano poche persone così al mondo, solo uno sciocco non se ne sarebbe reso conto.
Spero che stia bene, si augurò Ai. E che Conan ci dia presto notizie…
Trascorsero diversi minuti e Ayumi, Genta e Mitsuhiko cominciarono a dare segni d’irrequietezza. Il dottor Agasa cercava di distrarli, ma non era facile… e Ai iniziava a sentirsi nervosa.
Che diavolo stai combinando, Kudo?!
DRIIN!
La piccola scienziata sobbalzò. Le stava suonando il cellulare… ed era Conan! Rispose subito, mentre Ayumi, Genta e Mitsuhiko si voltavano immediatamente verso di lei: “Pronto?”
“Haibara, sono io”. Conan parlava a voce bassa, con cautela.
“Qualche novità?” domandò subito Ai.
“Ho trovato Ran, sta bene… ma io ho un problema”.
“Cioè?”
“Ecco, dovresti chiedere al dottor Agasa di venire fino al Policlinico Beika” disse Conan. Ai non poteva saperlo, ma lui era ancora tappato in quel bagno, nell’ospedale; aveva aspettato con trepidazione che Kogoro venisse a riprendere Ran e aveva vissuto momenti di grande tensione, poiché la sua amica d’infanzia si era messa a bussare alla porta, chiamandolo. Solo l’intervento del padre, che aveva insistito per riaccompagnarla a casa ad ogni costo, le aveva impedito di continuare a cercare Shinichi.
“Mi ha lasciato anche il suo cellulare, devo restituirglielo!” Le proteste di Ran erano giunte facilmente fino alle orecchie di Conan, che aveva provato un moto di dispiacere.
“Appunto! Vedrai che passerà da casa nostra per riprenderselo… Ora andiamo”. Kogoro sembrava più che sicuro del fatto suo, coì Ran si era dovuta piegare… e adesso, mentre Conan parlava con Ai, probabilmente stava per arrivare all’Agenzia Investigativa, con la vana speranza di rivedere presto Shinichi.
“Senti, mi spieghi cosa sta succedendo?” esclamò Ai accigliata.
“Te l’ho già detto, manda il prof. a prendermi al Policlinico Beika… e avvertilo di portare dei vestiti per me” rispose Conan, un po’ a disagio.
“Maledizione, che hai combinato?!” La voce calma di Ai iniziava ad incrinarsi.
“Mi sono trasformato in Shinichi e ora sono tornato bambino… Ho bisogno di abiti nuovi, potete passare a prenderli a casa mia, in questo momento non c’è nessuno…”
“Ma… come…?!”
“Non ho tempo di spiegarti, Haibara… Per favore, fai come ti dico! Dovrebbero esserci ancora un paio di pantaloni e qualche maglietta, il dottor Agasa riuscirà a trovarli con un po’ di fortuna”.
“D’accordo, d’accordo. Dove sei di preciso?” s’informò Ai.
“Nel bagno in fondo al corridoio del secondo piano. Sbrigatevi, prima che venga qualcuno!” disse Conan concitato.
“Bene”. Ai riattaccò e subito i Giovani Detective la tempestarono con una raffica di domande.
“È tutto a posto” riuscì a replicare lei a un certo punto. “Conan e Ran sono salvi. Voi potete andare a casa, ormai è tardi”.
“Ne sei certa, Haibara?” chiese Mitsuhiko. “Non è che c’è qualcosa che non va?”
“Ma no, figurati… Forza, domani a scuola rivedremo tutti Conan”.
Finalmente, dopo qualche altra frase rassicurante, i tre bambini abbandonarono l’abitazione del dottor Agasa. Ai chiuse il battente con un sospiro e si voltò verso l’anziano scienziato, seria.
“Dobbiamo andare a recuperare Conan… C’è stato un imprevisto”.

“Shinichi, vuoi dirci che ti è capitato?”
Il dottor Agasa guidava non troppo velocemente per le strade di Beika, brulicanti di persone e mezzi di trasporto; accanto a lui Ai taceva, chiusa in un silenzio meditabondo, e Conan si trovava sul sedile posteriore, di nuovo con abiti da bambino addosso.
“Credo che Haibara dovrà analizzare un campione di quella torta” esordì lentamente il piccolo detective. “C’è qualcosa dentro che mi ha permesso di riacquistare le mie sembianze… Non me l’aspettavo, meno male che è successo prima che incontrassi Ran”.
“Insomma… vuoi dire che ti sei trasformato per strada?” esclamò il dottor Agasa incredulo.
“Certo che no, sono andato a casa mia… Oggi il signor Subaru non c’è e ho potuto approfittarne”.
“Per tua fortuna, sono venuta anch’io col professore” s’intromise Ai un po’ brusca. “Ho trovato i tuoi vestiti strappati sparsi per tutto l’ingresso e li ho dati via… Cosa avrebbe pensato il signor Subaru se li avesse visti? A quest’ora sarà rientrato… Tu potevi stare più attento!”
“Che vuoi che m’importasse in quel momento?” ribatté Conan. “Avevo ben altro da fare!”
“Già, come sta Ran?” s’informò il dottor Agasa. “E come hai fatto a sapere che era all’ospedale?”
“Per la verità l’ho incontrata davanti a casa sua… Sono io che l’ho accompagnata fino al Policlinico Beika” ammise Conan, senza entrare nei dettagli.
“Ti ha detto dov’era stata?” chiese Ai.
Conan abbassò il capo. “L’hanno rapita… Opera di un complice degli Uomini in Nero”.
Ai sbiancò e il professore trasalì. “Che cosa?!” urlarono all’unisono.
“Non le avrai rivelato il nostro segreto, vero?” aggiunse lei tesa.
“No, ovviamente. Appena ho capito che stavo per tornare bambino mi sono chiuso in bagno… e prima…”
“Prima…?” insistette Ai, voltandosi verso l’amico per studiarlo con attenzione.
“Be’, le ho detto di non preoccuparsi, che risolverò tutto io. L’ho anche pregata di non contattarmi in alcun modo” spiegò Conan con voce neutra.
“Hai fatto bene” approvò Ai. “Per caso lei è riuscita a capire cosa voleva il suo rapitore?”
“Le ha chiesto informazioni su di me… ovvero su Shinichi Kudo. Sembrava convinto che fossi ancora vivo e voleva che Ran glielo confermasse”.
Ai sgranò gli occhi. Come faceva Conan a prendere la notizia con tanta flemma? Non si rendeva conto di quanto fosse in pericolo la sua vita o stava solo fingendo?
“Kudo… sai cosa significa tutto ciò, vero?” lo sollecitò con aria grave.
“Lo so benissimo. È per questo che ho cercato di tenere Ran fuori dalla faccenda” replicò lui. “Anzi, forse è meglio che mi sia ritrasformato prima, così non l’ho accompagnata a casa ed è venuto Kogoro a riprendersela. Ad ogni modo, una cosa è certa: a rapirla dev’essere stato un membro poco importante dell’Organizzazione… e forse è rimasto addirittura ucciso”.
“Ma… di chi parli?” proruppe Ai disorientata.
“Si chiama Sakè. Per caso lo conosci?” domandò Conan per tutta risposta.
“Mi spiace, mai sentito” disse Ai scuotendo la testa.
“Il punto è che c’era un altro con lui. Ran non ha visto in faccia nessuno dei due, ma ha detto che le è sembrato di aver già sentito la voce del secondo uomo… anzi, ne era sicura. Ciò vuol dire che potrebbe trattarsi di qualcuno che la conosce, anche visto e considerato che poi l’ha portata in salvo… Io credo fosse Bourbon”.
“Il cameriere del Poirot?” esclamò sbalordito il dottor Agasa.
“E ha portato in salvo Ran?” chiese Ai scettica. “Spiegati meglio, per favore”.
“Ran è stata rapita e rinchiusa in un luogo buio, probabilmente in periferia” inizio Conan. “A farlo è stato quel Sakè, che l’ha minacciata per saperne di più su di me. Poi è arrivato questo secondo uomo e si sono messi a parlare, ma non in presenza di Ran, che tra l’altro era legata… Lei ha ascoltato parte della conversazione attraverso la porta, dopodiché ha sentito uno sparo; pare che il secondo uomo fosse insoddisfatto del lavoro di Sakè e che il suo obiettivo non fossi io, bensì un’altra persona”.
“Allora perché Sakè ha rapito Ran?” Il dottor Agasa appariva ancor più confuso.
“È semplice: sa che lei è collegata a Shinichi Kudo, colui sul quale voleva informazioni… e a Masumi Sera, che invece interessava all’altro membro dell’Organizzazione. Ha pensato di prendere due piccioni con una fava”.
Ai e il professore si scambiarono uno sguardo allibito. Conan proseguì: “Dopo aver capito queste cose, Ran è stata stordita dal secondo uomo e si è risvegliata su una panchina del vecchio parco alla periferia di Tokyo. Si era ferita alle mani e se l’è ritrovate fasciate con bende di fortuna… Mi pare evidente che chiunque l’abbia liberata non ha digerito il suo rapimento, per questo io credo che si tratti di Bourbon. È lui che vuole qualcosa da Sera”.
“Ma… perché?” riuscì ad articolare Ai. E chi è veramente quella ragazza?, aggiunse fra sé.
“Non so cosa c’entri Sera con gli Uomini in Nero, sta di fatto che è in pericolo. In effetti, Vermouth l’ha presa di mira sul treno…” rammentò Conan, aggrottando le sopracciglia.
“E se fosse una di loro?” esclamò Ai senza giri di parole. “Quando l’ho incontrata ho avuto una brutta sensazione…”
“No, io non penso che Sera faccia o abbia fatto parte dell’Organizzazione. Comunque ho consigliato a Ran di metterla in guardia, non si sa mai”.
“Ricapitolando: quel Sakè sostiene che tu sia ancora vivo e ti stava cercando. Ciò significa che siamo tutti in pericolo, anche perché Bourbon potrebbe essersi insospettito e aver deciso di indagare sulla faccenda” concluse Ai. “Magari scoprirà che sei tornato bambino e a quel punto…”
“Non scoprirà un bel nulla” ribatté Conan sostenuto. “Non facciamoci prendere dal panico… Staremo attenti e, nel frattempo, io eviterò di farmi vivo con Ran. Spero non se la prendano più con lei, ma comunque vada tenterò il possibile per proteggerla”.
“Siamo con l’acqua alla gola, Kudo”.
“Nient’affatto. Tu pensa a fare delle analisi sulla torta, Haibara, al resto provvedo io” dichiarò Conan in tono fermo e deciso. Quando parlava così, Ai riusciva quasi a credergli con facilità, senza bisogno di altre spiegazioni. Quasi

Edited by Neiro Sonoda - 26/1/2015, 19:56
 
Top
ran e shinichi
view post Posted on 7/6/2014, 23:31     +1   -1




Ciao neiro,
ho visto che finalmente hai pubblicato, aspettavo cn ansia, ma ne è valsa la pena aspettare . Questo capitolo è strepitoso, mi è piaciuto tanto, sn curiosa di cm continuerai, Conan mi sembra abbastanza determinato, aspetto il continuo.
Baci ran e shinichi<3
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 8/6/2014, 10:19     +1   -1




Ciao Neiro, bel capitolo.
Inizio a chiedermi anch'io chi è sakè.
Conan, ma anche tu... come ti è venuto in mente di tornare Shinichi, dico io.
Attendo il nono capitolo.
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 11/6/2014, 14:12     +2   +1   -1




Ragazze, non sapete quanto mi rendono felici i vostri commenti… Spero di ripagarvi a dovere col nono capitolo.

CITAZIONE (marty=shinichi x ran fan @ 8/6/2014, 11:19) 
Conan, ma anche tu... come ti è venuto in mente di tornare Shinichi, dico io.

Ma povero… mica è stata colpa sua se nella torta c’era il liquore (solo mia, che volevo far comparire Shinichi a tutti i costi ;) )




Capitolo 9

Il dubbio che non si scioglie mai


Ran era chiusa nella sua stanza da diversi minuti. Non aveva mangiato, ma non le importava, difficilmente sarebbe riuscita a mandar giù anche un solo boccone. Probabilmente, si disse, si stava comportando in maniera stupida… eppure non era in grado di agire diversamente. Non ora che la sua mente era così maledettamente concentrata sull’incontro inaspettato di quel pomeriggio con il suo amico d’infanzia.
Se n’è andato. Ancora una volta senza dirmi nulla.
Appoggiò la fronte al cuscino, come se la sua morbidezza potesse confortarla. Il sapore amaro della delusione le riempiva la bocca e il cuore sanguinava per quella separazione, tanto inattesa quanto indesiderata.
Shinichi, perché mi fai questo?
Guardò per l’ennesima volta il cellulare di lui, che aveva lasciato sul comodino. Aveva creduto che potesse essere una garanzia per rivedere presto Shinichi, ma si era sbagliata. Rimpianse di non averlo cercato in lungo e in largo per l’ospedale.
Dice che non devo preoccuparmi, che risolverà tutto… Sembra che s’interessi al mio bene, poi però va via senza nemmeno salutarmi…
E adesso non poteva neppure chiamarlo. Non avrebbe saputo più niente di lui, probabilmente fino al momento del suo ritorno.
A meno che non mi avvisi quando riesce a sistemare questa faccenda… Io comunque non so più che pensare…
Strinse forte il cuscino e vi affondò il volto. Suo padre si era preoccupato ma, vedendo che lei appariva troppo stanca per parlare, l’aveva lasciata in pace, consigliandole di andare a letto e acquistando della roba da mangiare già pronta al supermercato più vicino. Così Ran aveva finito per non raccontargli nulla del suo rapimento, rimandando la questione all’indomani e sperando di fare una bella dormita. Adesso, mentre cercava di prendere sonno, non poteva evitare di rimuginare su tutte le disavventure di quel pomeriggio.
Accipicchia, mi sembra di diventare pazza…
Neanche Conan aveva fatto domande, si era limitato ad augurarle buon riposo, però le era sembrato un po’ strano… forse addirittura più preoccupato di Kogoro.
“Ran?”
Come evocato da quei pensieri, il ‘fratellino’ di Ran bussò alla sua porta con una certa energia, chiamando gentilmente il suo nome. La ragazza si chiese per un attimo se farlo entrare, e lui intanto continuò: “Posso? Avrei una cosa da dirti”.
“Vieni” si risolse a rispondere Ran. Si vergognava un po’ di farsi vedere con la faccia amareggiata, perciò si alzò a sedere, scostandosi i capelli dagli occhi e cercando di apparire più rilassata. Poco dopo, Conan spinse la porta e varcò la soglia della stanza: era già pronto per andare a dormire, indossava un pigiama azzurro e aveva uno sbaffo di dentifricio sul mento. Ran non riuscì a trattenere un piccolo sorriso di fronte a quella vista.
“Se ti serve il bagno puoi andarci. Io ho finito” disse Conan in tono cordiale, avvicinandosi al letto.
“Oh. Grazie”.
“Sei sicura che non vuoi mangiare nulla? Il cibo pronto del supermercato non era niente male, sai?”
Ran si strinse nelle spalle. “Non ho fame, te l’ho già spiegato”.
“Uhm”. Conan fece un altro passo avanti, fino a ritrovarsi proprio di fronte a lei. “Come stai?” chiese, usando un tono grave che quasi stonava con il suo tenero aspetto da bimbo.
Ran sbatté le palpebre. “Io…” cominciò, senza proseguire. Conan non smetteva di fissarla, dietro le lenti i suoi occhi non mollavano quelli di lei nemmeno per un istante… Ran, per qualche strana ragione, capì che non riusciva a mentire.
“Ho avuto una giornata un po’ pesante” confessò. “Adesso non ho voglia di parlarne, ma…”
Che cosa sto facendo? Scarico le mie insoddisfazioni su un bambino di sette anni…
Eppure, nell’istante in cui lo guardò, non le sembrò di vedere un ragazzino. C’era qualcosa di terribilmente maturo in lui, in barba al pigiama infantile e al mento sporco di dentifricio.
“Ti è successo qualcosa di brutto, Ran?” le chiese, facendola trasalire. “Ce l’hai scritto in fronte… Mi chiedevo se ti andava di confidarti, ecco”.
Confidarmi, già… Forse dovrei, però…
“Io sono qui, se hai bisogno di qualcosa. Oh!” Conan spostò lo sguardo sul comodino e la sua faccia divenne sorpresa. “Di chi è quel cellulare, Ran?”
Il tono sembrava di innocente curiosità. La domanda era quella che probabilmente avrebbe posto qualsiasi bambino…
Perché lui è un bambino… Quante volte dovrò ripetermelo?, pensò Ran. Abbassò la testa, osservando le proprie mani intrecciate, e rispose stancamente: “È di Shinichi, me l’ha lasciato oggi”.
“Tu l’hai incontrato?” esclamò Conan con aria stupita.
“Sì, per caso” mormorò Ran.
Ecco, adesso mi chiederà perché non sono contenta di averlo visto, dato che ormai mi conosce… e io non saprò cosa dirgli.
Ma, quando rialzò il capo per focalizzarsi su Conan, non lesse alcun interrogativo sul suo volto. Vedeva soltanto quegli occhi che, nonostante appartenessero a uno scolaro di prima elementare, le ricordavano un po’ troppo il ragazzo a cui pensava così spesso… Probabilmente era colpa del fatto che le iridi di Conan avevano un colore molto affine a quelle di Shinichi, anzi, uguale. La medesima tonalità assunta dalle onde del mare quando c’è bel tempo… calda, azzurra e confortante.
“Conan?” lo chiamò Ran con voce un po’ incrinata.
“Sì?”
“Per favore, vorrei rimanere da sola… Ti spiacerebbe andare a letto?” Non ce la faceva più a sopportare la vista dei suoi occhi sebbene, come già altre volte, fossero carichi di affetto e comprensione… Al contrario di quelli di Shinichi, ugualmente simili a specchi cristallini ma generalmente imperscrutabili, oceani insondabili nei quali leggere le emozioni era quasi sempre difficile…
“Va bene, Ran. Però… non voglio che tu sia triste” disse Conan con una vocina piccola piccola, distogliendo lo sguardo. Quella reazione suscitò in Ram un’ondata di tenerezza improvvisa.
“Ehi”. Gli appoggiò entrambe le mani sulle spalle esili, sollecitandolo a concentrarsi di nuovo su di lei. “Stai tranquillo, non sono triste… soltanto un po’ pensierosa. Domani sarò come nuova, te lo prometto”.
Quanto sono sciocca… Dovrei essere io a prendermi cura di lui, invece lo metto in ansia con le mie paranoie…
“Come va il tuo mal di gola?” domandò con premura. “È migliorato?”
“Cosa? Oh, sì…” Conan parve un po’ a disagio.
“Mi raccomando, riguardati” disse Ran, lisciando il colletto del pigiama al suo ‘fratellino’. “E poi…” Gli scostò la maglia, portando allo scoperto il punto in cui si era fatto male il giorno prima, e notò immediatamente il livido. “Lo sapevo, guarda… Vuoi che ti metta un po’ di pomata?” si offrì.
Conan fece un cenno di diniego. “Non è necessario” rispose.
Ran gli sfiorò delicatamente la pelle violacea, la fronte aggrottata. Conan si sottrasse alla sua presa, sfoggiando un sorriso aperto e ingenuo. “Non è niente, Ran… Mi passerà” affermò con naturalezza. “Vado a dormire, allora… Sogni d’oro”.
“Ciao, buonanotte, Conan” augurò lei, agitando la mano. Qualche attimo dopo era di nuovo sola… Spense la luce e si lascò cadere sul letto, una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se una parte del suo animo fosse in allarme. Chiuse gli occhi.
Una serie di immagini scorrevano nella sua mente, come i fotogrammi di un film che avanzano troppo in fretta… Shinichi che la teneva fra le braccia, che le domandava come stava e voleva sapere ciò che le era accaduto… Shinichi che sussultava appena quando lei, aggrappata alle sue spalle, premeva una mano poco sotto la sua clavicola…
“Cosa c’è?” gli aveva chiesto; lui aveva risposto subito: “Niente”.
Il livido di Conan, il suo volto serio, le sue frasi…
‘Come stai?’
‘Ti è successo qualcosa di brutto, Ran?’
Le stesse parole usate da Shinichi. Lo stesso sguardo apprensivo che, quel pomeriggio, lei aveva scorte sul viso del suo amico d’infanzia, prima che l’espressione tornasse a essere indecifrabile…
Gli occhi.
Identici a quelli di Shinichi, nel colore e nella forma. Gli occhi più belli che Ran avesse mai visto…
Perché non riesco a togliermi dalla testa quest’idea assurda? Conan non può essere Shinichi… Quante volte l’ho pensato e sono stata prontamente smentita dai fatti? Li ho visti assieme alla mia recita, sono stata al telefono con uno mentre l’altro era davanti ai miei occhi… Perché non mi sono mai convinta del tutto? Sul momento sì, mi davo della sciocca ed ero sicurissima di aver preso un abbaglio… ma poi? Qualche mese dopo, bastava una stupidaggine a rimettermi in testa qualche sospetto… e adesso di nuovo…
Basta, doveva darci un taglio con quelle idiozie. Conan era soltanto un bambino di sette anni, questa era la verità.
Eppure…
Ricordava bene come, più o meno tre settimane prima, fosse avvenuto quello strano incidente con furto, che a prima vista poteva sembrare un omicidio e somigliava curiosamente a un caso di dieci anni addietro, risolto da Yusaku Kudo, il papà di Shinichi. In quell’occasione Conan si era comportato in maniera davvero insolita, mettendosi a parlare proprio come avrebbe fatto Shinichi… ‘Mio padre’, così aveva detto riferendosi a Yusaku. Ran era rimasta sbalordita, per un attimo aveva visto di fronte a sé il suo amico d’infanzia, tant’è che aveva afferrato Conan per le spalle, quasi volesse scuoterlo, accertarsi di chi fosse… Il bambino si era giustificato immediatamente, sostenendo di aver appena letto una mail di Shinichi e, in effetti, aveva il cellulare in mano. Nonostante ciò, Ran aveva esclamato di getto, senza riflettere: “Non devi spaventarmi! Gli assomigli già così tanto!”
Era vero. Gli assomigliava terribilmente, sotto moltissimi aspetti. Amava esaminare minuziosamente i luoghi dei delitti, faceva ragionamenti logici complessi, era bravo col pallone, impazziva letteralmente per Sherlock Holmes e conosceva a memoria i libri che narravano le sue imprese, aveva una certa cultura…
Poi c’erano tutte quelle strane coincidenze. Il fatto che somigliasse in maniera incredibile a Shinichi bambino (bastava guardare una foto), che fosse comparso nella vita di Ran proprio quando il suo amico d’infanzia era ‘sparito’, che sapesse tante cose di lui e si muovesse con estrema naturalezza nell’enorme biblioteca di casa Kudo… come se la conoscesse da sempre.
Perché?, si chiese Ran. Perché?
Aveva visto Conan e Shinichi insieme solo due volte, alla sua recita scolastica e il giorno dopo… Proprio quando si era ormai convinta che loro due fossero la stessa persona, quando credeva di aver trovato la prova che sosteneva la sua tesi…
La coincidenza del gruppo sanguigno…
Poi, più nulla. Shinichi era rimasto con lei, l’aveva invitata a cena in un ristorante, si era assentato per risolvere l’ennesimo caso e alla fine non l’aveva nemmeno salutata. Conan si era presentato in sua vece, riferendo a Ran le parole che Shinichi aveva detto prima di dileguarsi e che le erano rimaste tremendamente impresse.
‘Tornerà. E fino ad allora vorrebbe che tu lo aspettassi’...
Quella volta Ran si era sentita delusa, non credeva che lui se ne sarebbe andato così. Intanto però, aveva acquisito la certezza che le sue supposizioni fossero completamente errate… finché non aveva ripreso a dubitare e di nuovo le era stata offerta una dimostrazione che contestava la sua teoria, anche se forse meno incisiva di quella della recita.
‘Scusami, a quanto pare mi ero di nuovo confusa’… Aveva detto qualcosa del genere a Shinichi, al telefono, e si era ripetuta diverse volte che non doveva più perdersi in ragionamenti tanto tortuosi quanto assurdi. Shinichi era Shinichi, Conan era Conan. Non c’era altro da aggiungere… e poi lei si sentiva così felice, finalmente il suo amico d’infanzia le aveva dato il proprio numero di cellulare, in modo che potesse udire quella voce calda e rassicurante quasi tutte le volte che voleva, invece che limitarsi a ricevere e-mail e sperare che a lui saltasse il grillo di telefonare… Non era finita, nemmeno in quell’occasione. Bastava sempre così poco per riaccendere il dubbio nel cervello di Ran che lei ormai iniziava quasi a temere per la propria salute mentale… o, al contrario, di avere perfettamente ragione.
Conosceva Shinichi, sapeva che non faceva mai nulla senza un buon motivo; per questo era convinta che, se davvero si nascondeva dietro le sembianze di Conan e non le diceva niente, era perché lo riteneva necessario. Magari in tutto ciò erano coinvolti gli strani uomini con nomi in codice di alcolici…
Già, quei criminali. Shinichi le aveva assicurato che se la sarebbe cavata da solo contro di loro e che lei non doveva preoccuparsi; Ran poteva solo sperare che fosse davvero così, altrimenti c’era davvero il rischio che il suo amico d’infanzia ci rimettesse la vita…
Quelli non scherzavano affatto… anche il secondo, ne sono convinta. È vero che mi ha salvata, però…
Nel buio, Ran spalancò improvvisamente gli occhi. Un lampo di lucidità, rapido come un fulmine che squarcia il cielo nelle notti di tempesta, aveva illuminato la sua memoria: adesso ricordava dove aveva già sentito la voce del secondo uomo e non riusciva a capire come poteva essere stata tanto sciocca da non arrivarci prima. Certo, non gli aveva mai udito quel tono duro e spietato da quando l’aveva incontrato e mai avrebbe pensato che potesse assumerlo… Ad ogni modo, ora sapeva con certezza chi fosse quell’individuo e la sola idea bastò a farla rabbrividire.
Tooru Amuro. Cameriere del Caffè Poirot, nonché allievo di suo padre.

Edited by Neiro Sonoda - 26/1/2015, 19:58
 
Top
marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 11/6/2014, 21:19     +1   -1




Amuro... l'essere che detesto di più! Spero che gosho lo elimini.
Comunque bel capitolo come sempre, neiro.
Conan corri ai ripari, perché Ran ti scopre.
 
Top
Neiro Sonoda
view post Posted on 19/6/2014, 12:20     +1   +1   -1




E finalmente arrivano… i miei amatissimi ragazzi di Osaka :wub:
Non riesco a immaginare DC senza di loro, perciò ho pensato bene d’inserirli anche nella mia fanfiction
Qui si limitano a entrare in scena, ma non pensate che le sorprese di quest’altro pezzetto di Reduci si fermino… Buona lettura!





Capitolo 10

Il sopralluogo


Heiji Hattori e Kazuha Toyama arrivarono all’aeroporto della città di Tokyo nel pomeriggio di venerdì, intenzionati a dirigersi verso l’Agenzia Investigativa Mouri.
“Povera Ran” commentò Kazuha mentre scendeva dall’autobus assieme a Heiji, per percorrere a piedi l’ultimo tratto di strada. “Ne ha passate di tutti i colori in pochi giorni… Avrei voluto essere con lei”.
“E a cosa sarebbe servito?” obiettò Heiji, aggrottando le sopracciglia folte e scure. “Certo non potevi esserle d’aiuto…”
“Che insensibile” replicò Kazuha contrariata, attorcigliando un dito intorno all’estremità del suo nastro per capelli color arancio. “Almeno le sarei stata accanto, visto che una persona di nostra conoscenza non si degna di farlo”.
“Piantala di dire sciocchezze” rimbeccò Heiji. “Che ne sai tu, dei problemi di Kudo?”
“So come dovrebbe comportarsi un uomo nei confronti della sua ragazza”.
Già… peccato che il suddetto ‘uomo’ si trovi in una situazione alquanto spinosa, una situazione che tu non arrivi nemmeno a immaginare, cara Kazuha, pensò Heiji corrucciato, aggiustandosi il berretto da baseball.
“Comunque, Ran mi ha raccontato molto poco della faccenda… Forse c’è una spiegazione per lo strano comportamento del suo bello” rifletté Kazuha ad alta voce, attraversando le strisce pedonali.
Heiji la seguì, ancora accigliato. “Il suo… bello?” ripeté.
“Shinichi. O Kudo, come lo vuoi chiamare” rispose Kazuha noncurante.
“E da quando in qua tu lo chiami per nome?” chiese Heiji, raggiungendo la sua amica d’infanzia e guardandola con gli occhi a fessura. Lei si strinse nelle spalle.
“Che differenza fa, scusa?”
“Ne fa eccome. L’hai visto giusto un paio di volte… Mica avete confidenza” ribatté Heiji in tono sostenuto.
“Ma che importanza ha? Il punto è che Ran rimane sempre da sola, perché quello bada soltanto ai suoi casi… e non è giusto!” protestò Kazuha con voce vibrante.
‘Quello’ va un po’ meglio, non poté fare a meno di pensare Heiji. Poi si disse: Che cavolo mi passa per la testa? Chi se ne frega di come Kazuha chiama Kudo?!
Scrollò il capo, mise da parte quelle riflessioni alquanto illogiche e sconclusionate ed esclamò: “Su, vedrai che Ran sta bene. Sbrighiamoci ad arrivare da lei però, altrimenti si fa notte”.
Kazuha annuì. “D’accordo”.

“Quindi hai scoperto davvero qual è il posto in cui l’avevano rinchiusa?”
“Sì, mi è bastato fare qualche indagine… Adesso non mi resta che darci un’occhiata”.
Sul divano, Heiji e Conan parlavano a bassa voce, lontani dalle orecchie di Ran e Kazuha, che si trovavano in stanza da letto, e di Kogoro, che era troppo impegnato a guardare la televisione.
“Se è così ti accompagno” si offrì immediatamente il detective dell’ovest. “In fondo, sono qui per questo…”
“Come preferisci” rispose Conan neutro.
“Oh, andiamo, Kudo… dimmi la verità, hai aspettato apposta il mio arrivo perché potessimo indagare assieme” replicò Heiji, con l’aria di chi la sa lunga.
“Sciocchezze. Se non sono andato prima a fare un sopralluogo è stato unicamente per cause di forza maggiore” smentì Conan. Ripensò per un momento ai giorni che erano seguiti al rapimento di Ran… Lei aveva deciso di raccontare la sua disavventura a Kogoro, insistendo che Tooru Amuro era implicato nel suo sequestro: “Quella voce che ho sentito apparteneva a lui! Ormai che sono più che sicura”.
“Stupidaggini!” aveva esclamato Kogoro. “Perché mai Amuro dovrebbe far parte di una banda di criminali? Ti sarai confusa, figliola”.
“Non mi sono affatto confusa! Ti dico che era proprio la sua voce!”
“Ran, ascolta”. L’investigatore aveva appoggiato le mani sulle spalle della figlia con fare paterno, poi aveva continuato a parlare, calmo: “Hai subito uno shock… ma adesso non devi più pensarci, l’importante è che sia finito tutto”.
“Io…”
“Pensa a rimetterti, al resto provvedo io. Va bene?”
Il viso di Ran si era adombrato. “D’accordo” aveva mormorato lei, inespressiva. Dopodiché era diventata più taciturna e la questione 'rapimento' non veniva affrontata da allora. Per quanto ne sapeva Conan, Kogoro si era ripromesso di tenere d’occhio Amuro, ma non aveva fatto alcun tipo d’indagine concreta… Il piccolo detective se lo aspettava, perciò a quel punto si era deciso a prendere in mano da solo le redini della faccenda e, dopo qualche sforzo, aveva capito qual era il luogo in cui Ran era stata portata dal misterioso Sakè.
Non aveva parlato delle sue ricerche con la sua amica d’infanzia perché non voleva che si turbasse o si preoccupasse, senza contare che da giovedì sera lei aveva la febbre e cassa Mouri era stata un continuo andirivieni di persone che venivano fin lì per vederla (prima Sonoko e i Giovani Detective, poi Masumi, che ancora adesso si trovava in stanza con Ran, assieme a Kazuha)… Ne aveva discusso solo al telefono con Heiji che, al solito, gli aveva fatto mille pressioni per sapere tutto. Così, ora come ora, era più che logico supporre che il ragazzo di Osaka si sarebbe fatto in quattro pur di accompagnarlo 'in missione' ed era meglio rassegnarsi all’idea.
“Senti, Hattori, puoi venire se ti va… ma non pensare che io abbia bisogno di te, so benissimo fare il mio lavoro” tenne a precisare il piccolo detective, asciutto.
“E piantala di fare l’antipatico” lo rimbrottò Heiji, affondando le mani nelle tasche dei jeans. “Credi che sia venuto fin qui per girarmi i pollici?”
Conan sospirò. “Be’, allora conviene che ci sbrighiamo subito. Diremo a Kogoro che andiamo per un po’ dal professor Agasa… Ci penserà lui a scortarci con il suo maggiolino fino al posto che dobbiamo controllare”.
“Benissimo. Diglielo tu, io avverto Kazuha, o c’è il rischio che non vedendomi faccia un quarantotto”. E Heiji si alzò rapidamente dal divano.
Più tardi, i due investigatori s’incamminarono verso l’abitazione del dottor Agasa, immersi nei propri pensieri. Heiji aveva tentato di fare conversazione, ma si era accorto che Conan non aveva molta voglia di parlare, così aveva deciso di tacere a sua volta.
Immagino sia preoccupato per Ran… Se glielo chiedessi cercherebbe di negare, però sono convinto che sia così… In fondo, lui ha sempre cercato di tenerla fuori dai suoi guai…
Suonarono al campanello della casa del prof. (il cancello era aperto). L’anziano scienziato aprì la porta e sorrise affabile a entrambi.
“Venite, vi aspettavo… Ah, Shinichi, Ai mi ha detto che voleva parlarti un attimo, ti attende giù”.
“Non adesso” ribatté Conan. “Dobbiamo andare… Ovviamente Haibara resta qui”.
Heiji ridacchiò, inarcando un sopracciglio. “Fosse per te lasceresti tutti indietro, vero, Kudo?”
“A me non serve aiuto. Tienilo bene a mente, Hattori”.
Il detective dell’ovest storse le labbra e fece una faccia che diceva chiaramente ‘che noioso’; il professor Agasa invece scosse il capo, un po’ contrariato.
“Shinichi, credo che Ai voglia parlarti delle analisi compiute su quella torta…”
“Lo immaginavo, ma ripeto che è meglio rimandare. Dobbiamo raggiungere il luogo del rapimento di Ran, poi penseremo al resto” replicò Conan risoluto.
“E va bene” si arrese lo scienziato. “Andiamo”.
Uscirono in fretta dalla casa e salirono in macchina, Agasa al posto di guida, Conan accanto a lui, sul sedile del passeggero, Heiji sul sedile posteriore.
“L’ultimo tratto, dal vecchio parco alla periferia di Tokyo fino all’edifico che cerchiamo… lo percorreremo a piedi” dichiarò Conan, rivolgendosi al suo ‘collega’. “Il dottor Agasa parcheggerà da qualche parte e attenderà il nostro ritorno”.
Heiji annuì. “Chiaro”.
L’anziano scienziato mise in moto senza parlare. Era evidente che, come al solito, era disposto a offrire il suo contributo con estrema naturalezza, astenendosi dal replicare… Heiji gli scoccò un’occhiata di apprezzamento, rammentando tutti gli aiuti e gli strumenti ingegnosi che aveva fornito a Conan negli ultimi tempi.
“Kudo, cosa pensi di trovare esattamente in quel posto?” chiese poi.
“Non lo so, ma è possibile che ci sia qualche traccia. L’Organizzazione è bravissima a non destare sospetti, però vale comunque la pena di tentare… Mi spiace solo di non essere riuscito ad andarci prima” rispose Conan.
“Non preoccuparti, vedrai che riusciremo a saperne di più su quel Sakè” disse Heiji. “Così gliela farai pagare per aver rapito la tua ragazza” aggiunse, un brillio malizioso negli occhi color acquamarina dal taglio deciso.
Conan arrossì. “Non è la mia ragazza, non parlare a vanvera, Hattori” ribatté indispettito. Al volante il professor Agasa si lasciò sfuggire un sorrisino, però continuò a tacere, mentre Heiji sfoggiava un’espressione divertita e un po’ saccente.
“Piantatela” insorse allora Conan con voce incrinata. “Siamo qui per lavorare, non per ridere”.
“E va bene, amico. Il capo sei tu” commentò Heiji strizzando l’occhio. Il piccolo detective lo guardò torvo, ma scelse di non replicare.
Il resto del viaggio trascorse in maniera abbastanza tranquilla; arrivato fino al luogo dove avrebbe dovuto fermarsi, il dottor Agasa fece scendere Heiji e Conan e si accinse a trovare un posto adatto per parcheggiare.
“Mi raccomando, Shinichi” fu l’unica cosa che disse prima di accomiatarsi. Conan gli rivolse un sorriso sicuro, poi iniziò a camminare assieme a Heiji, diretto alla meta.
“Ehi, Hatttori” lo richiamò a un certo punto, in un bisbiglio. “Te ne sei accorto anche tu, vero?”
“Che una moto ci stava seguendo? Ovvio” rispose Heiji, a voce altrettanto bassa. “Ora però non c’è nessuno… Credi che ci abbiano persi di vista, oppure che si siano nascosti da qualche parte?”
Conan corrugò le sopracciglia. “Non ne ho idea… È strano” mormorò, continuando a camminare. “In ogni caso, non possiamo permetterci alcun errore. Dividiamoci e cerchiamo di confondere le acque, così li semineremo”.
Heiji fece un cenno d’assenso. “D’accordo”.

“Che posto lugubre, eh, amico?”
I due detective attraversavano con circospezione il corridoio dell’edifico abbandonato dov’era stata rinchiusa Ran; Heiji aveva appena parlato per spezzare la tensione ma, come si aspettava, Conan non aveva risposto, troppo impegnato nell’osservazione di ciò che li circondava. Il luogo aveva sicuramente un che di sinistro, vecchio e polveroso com’era: c’erano crepe sui muri, le finestre rotte e sbarrate per metà facevano filtrare appena la luce esterna, un odore pesante aleggiava nell’aria e una miriade di ragnatele infestava gli angoli delle pareti.
Conan si sentiva inquieto. Lui e Heiji si erano appena ritrovati dopo l’operazione ‘seminare-chi-ci-stava-pedinando’, che probabilmente era riuscita… eppure, un senso d’allarme non smetteva di tormentarlo. Come se avvertisse una presenza estranea lì vicino. Sì, era evidente che qualcuno era entrato nell’edifico molto di recente, a giudicare dalla scarsissima quantità di polvere rinvenuta sulla maniglia della porta d’ingresso, ma non era detto che, chiunque fosse, si trovasse ancora lì.
Maledizione… Se soltanto fossi stato un po’ più svelto nelle mie indagini…
Accanto al piccolo detective, Heiji scrutava la semioscurità attorno a sé con aria guardinga, tenendo le mani nelle tasche della felpa. Anche lui aveva una brutta sensazione… Non capiva da cosa fosse originata, ma tutti i suoi sensi erano in stato di allerta.
“Ci siamo” bisbigliò Conan, accennando alla porta alla sua destra. Era quella la stanza dove Ran era stata prigioniera, ne aveva la certezza; si trattava dell’unica, infatti, con le finestre completamente ostruite dall’esterno da robuste assi di legno, che impedivano totalmente l’ingresso della luce solare.
Heiji si fice avanti e abbassò la maniglia con circospezione, aprendo la porta pian piano. Fu allora che accadde l’imprevedibile: lui e Conan riuscirono appena in tempo a scorgere la figura di un uomo inginocchiato, che dava le spalle a entrambi, dopodiché un colpo di arma da fuoco partì nella loro direzione, centrando il muro accanto al battente, in basso. Heiji imprecò, balzando all’indietro, mentre il misterioso individuo si alzava in piedi e si calcava sul viso l’ampio cappuccio di una giacca a vento, per poi voltarsi verso i detective e alzare una pistola contro di loro. Doveva averli sentiti e, non appena si erano arrischiati ad aprire la porta, aveva puntato la propria arma dietro di sé, colpendo il muro. Certo che, considerato che non aveva potuto prendere la mira, era andato molto vicino a beccare uno dei due.
“Andiamocene!” intimò Conan a denti stretti. Quell’uomo, chiunque fosse, aveva una pistola, non potevano affrontarlo faccia a faccia. Si girò e prese a correre, imitato da Heiji. Udirono un altro sparo, che mancò di poco il braccio di Conan, provocandogli un sussulto: se non stavano attenti, lui e il suo amico avrebbero potuto seriamente rischiare la vita…
Corsero per il corridoio, inseguiti dall’incappucciato, che non si fece pregare per premere di nuovo il grilletto e questa volta colpì Heiji. Al detective dell’ovest sfuggì un urlo soffocato e lui si bloccò, portandosi una mano al fianco destro, che aveva cominciato a sanguinare imbrattando di rosso il tessuto blu della felpa. D’istinto, anche Conan si fermò, il cuore in gola e i nervi a fior di pelle, il cuore che gli esplodeva nel petto. Si aspettava che il loro assalitore lanciasse un qualche grido di battaglia e si preparasse a freddare entrambi, ma quello rimase zitto… e un attimo dopo la porta d’ingresso si spalancò. Due figure slanciate si profilarono sulla soglia e un oggetto tondo di medie dimensioni fu scagliato contro l’incappucciato, centrandogli il braccio e costringendolo a mollare la pistola con un grugnito. Conan ne approfittò per far partire uno dei suoi dardi narcotizzanti e l’uomo si accasciò sul pavimento, lottando per non sprofondare nell’incoscienza.
Heiji si chinò a recuperare la pistola con un fazzoletto, la bocca serrata in una smorfia di dolore, e puntò gli occhi su color che avevano tratto in salvo lui e il suo ‘collega’: erano le ultime persone che si sarebbe aspettato di vedere.
“A quanto pare... siamo arrivati al momento giusto” disse la prima abbassando la cerniera della giacca a vento, che fino ad allora era tirata su al massimo, tanto che il colletto arrivava all’altezza della bocca. Poi un berretto venne sfilato, rivelando una chioma di capelli neri corti e ribelli, mentre la seconda persona liberava i propri dallo stretto chignon fermato con un nastro color arancio, lasciando che una cascata uniforme di ciocche brune ricadesse sulle spalle e alcuni ciuffi adornassero il suo viso delicato, sul quale spiccavano due occhi verde smeraldo.
“K-Kazuha!” balbettò Heiji.
“E Sera!” aggiunse Conan spiazzato.

Edited by Neiro Sonoda - 26/1/2015, 19:59
 
Top
205 replies since 27/3/2014, 21:20   7224 views
  Share