Sono tornata… per chiudere il cerchio.
“Reduci” è ufficialmente conclusa e non credo di avere molto da dire qui, a due passi dall’epilogo… Chiedo soltanto, visto che ultimamente ho acquisito nuovi lettori (i quali si interessano anche ad altre mie fanfic), se il progetto della posta (
qui c’è il link che spiega tutto su di esso) può essere replicato a breve. Insomma, se dopo aver letto la fine di questa fanfiction ci saranno delle domande che chi mi legge vuole sottopormi… si potrebbe “rinnovare” il tête-à-tête che avevo già fatto tempo fa
Pensateci tutti con calma e fatemi sapere, intanto buona lettura!
NeiroEpilogoSe qualcuno mi chiedesse quanto di ciò che è successo oggi pomeriggio corrisponde a quel che mi sono immaginata tante volte, be’, direi ‘davvero poco’!, rimuginava Ran Mouri, dopo aver finito di lavare i piatti. A casa sua la serata era trascorsa tranquillamente; non c’era nulla, in apparenza, che facesse indovinare le novità portate con sé dalla giornata, eppure il silenzio di Ran durante la cena, rotto qua e là da qualche breve affermazione di circostanza, avrebbe suggerito all’occhio di un osservatore attento che non tutto era uguale a ventiquattr’ore addietro. Perciò, una volta esaurite le distrazioni che si potevano cavar fuori mettendo a posto la cucina, la ragazza si ritrovò, com’era naturale, a pensare insistentemente alla sua ‘gita’ sulla spiaggia, con gli incredibili risvolti che essa aveva avuto. Non che prima non ci avesse pensato, ma almeno godeva della possibilità di distogliervi l’attenzione per un po’, concentrandosi su macchie di unto e stoviglie sporche.
Se non sapessi che tutto è accaduto realmente, penserei a uno scherzo della mia immaginazione!, si disse mentre andava verso la sua stanza. In giro per la casa non c’era nessuno, dato che la cena era stata preparata più tardi del solito; Kogoro e Conan non avevano perso tempo per infilarsi in camera da letto, a maggior ragione dopo che Ran aveva insistito per sistemare la cucina da sola (attività alla quale, peraltro, era discretamente abituata).
Magari quei due dormono già! Io, invece, non ho per niente sonno, constatò Ran fra sé, emettendo un sospiro. Entrò nella sua camera, accese la luce, accostò la porta e si gettò sul letto ancora vestita. Non riusciva a togliersi dalla testa le sensazioni provate quel pomeriggio e concluse che, anziché scacciarle, era meglio abbandonarsi a esse, anche solo per un po’. Chiuse gli occhi e percepì il suo cuore accelerare i battiti, nell’istante stesso in cui il ricordo del bacio con Shinichi riaffiorava dolcemente.
Da quando erano stati assieme a New York, più di un anno prima, Ran aveva sognato diverse volte che Shinichi si dichiarasse a lei e la baciasse; ma figurarsi un’esperienza è una cosa, viverla è un’altra. Adesso che si erano davvero baciati – anzi, che lei aveva baciato lui, venendo ricambiata! – era tutto così diverso, così assurdamente speciale e bello, nonostante le piccole note stonate dell’insieme…
A Ran sarebbe piaciuta una situazione un tantino più tranquilla, dove entrambi erano al meglio di sé, invece che sudati e completamente rossi in volto. Senza contare che avevano appena finito di discutere animatamente! Certo, subito dopo c’era stata la dichiarazione di Shinichi e Ran, per sua stessa ammissione, si era arrabbiata con lui perché aveva temuto per la sua vita… però il quadro totale non risultava romantico al cento per cento, sebbene la luce del tramonto avesse fornito una cornice ideale. Quanto all’indesiderata interruzione del bacio, era naturale provare delusione al riguardo, ma di sicuro né Shinichi né Ran potevano opporsi a quel tipo di circostanza avversa. E se lei aveva avuto delle preoccupazioni sullo stato di salute di lui, una manciata di minuti di attesa erano bastati per rasserenarla, poiché Shinichi l’aveva raggiunta senza mostrare più alcun segno di malessere. L’unica differenza, ovviamente, era il fatto che non avesse più le sembianze di un adolescente, bensì quelle di un bambino.
Non avevano parlato molto durante il viaggio di ritorno… anzi, si può dire che non avessero parlato affatto. Erano entrambi troppo presi dal pensiero di ciò che era successo e avevano esaurito la capacità di esprimersi. La cosa non li disturbava, in fondo. Era tutto così meravigliosamente surreale, dal loro punto di vista! Shinichi stesso era apparso un po’ diverso a Ran, durante quella lunga conversazione sulla spiaggia. Da quando lo conosceva, era sempre stato restìo ad ammettere i propri torti o ad esprimere il proprio affetto nei confronti di qualcuno. A volte lei si era chiesta se per caso preferisse farsi mozzare la lingua, piuttosto che riconoscere apertamente di avere a cuore le sorti di una persona cara, di essere capace di provare ansia e sgomento come i comuni mortali! Le piaceva per quello che era, beninteso, perché sapeva che, dietro la sua corazza di detective freddo, saccente e calcolatore, si celava un ragazzo di animo buono, pronto rischiare tutto per coloro che amava… Ogni tanto, però, l’avrebbe preferito un po’ più diretto, maggiormente disposto a mostrare qualcosa dei suoi sentimenti. C’erano state delle occasioni in cui l’aveva stupita con le sue premure, in cui era riuscito a strapparle un sorriso in momenti non tanto facili, in cui aveva dato prova del suo profondo senso dell’amicizia; eppure, mai come quel pomeriggio sulla spiaggia l’aveva resa partecipe di tutto ciò che lo riguardava. Aveva deciso di farle comprendere quanto tenesse a lei, senza mezzi termini. Forse era per questo che baciarlo le era venuto tanto naturale… e adesso chissà quanto tempo sarebbe dovuto trascorrere, prima di poter godere nuovamente della presenza di quello Shinichi un po’ inedito, investigatore eroico e ragazzo innamorato insieme! Chissà quando lei avrebbe assaporato ancora il contatto con le sue labbra, dopo quel casto e tenero bacio! Il loro primissimo bacio…
Ran percepì un intenso calore affluirle alle guance. Non era sicura di riuscire a tenere per sé un segreto del genere. Forse tacere con Kogoro sarebbe stato facile, ma non con le sue amiche Sonoko e Kazuha. Già, a proposito… aveva lasciato il cellulare spento da quando era andata a Kamakura! Si alzò di volata dal letto e corse a recuperarlo per accenderlo, rimanendo in piedi vicino alla porta della sua stanza.
Si sentiva un po’ in colpa nei confronti della sua migliore amica e le dispiaceva non averla invitata in spiaggia con lei. Sapeva che Sonoko ci teneva molto, infatti la sua intenzione iniziale era stata quella di contattarla e trascorrere del tempo assieme. Poi, però, si era resa conto di voler rimanere da sola con i suoi pensieri… Per questo aveva spento il cellulare, isolandosi temporaneamente dalle persone a cui voleva bene. Non immaginava che Shinichi sarebbe andato a cercarla e avrebbe deciso di chiarire le cose fra loro, sebbene una parte di lei avesse desiderato, anche solo per un attimo, che le camminasse al fianco durante la sua passeggiata sulla sabbia.
Ora che mi viene in mente, lui ha detto qualcosa a proposito di Sonoko… Deve averle chiesto dov’ero andata a finire, ma l’avrà avvisata di avermi trovata?, s’interrogò Ran aggrottando la fronte. Quando notò che il suo cellulare, oltre a delle chiamate perse, segnalava un messaggio non letto, si affrettò a controllarne il contenuto e lesse a bassa voce il testo: “‘Non so cosa stai combinando, comunque il moccioso con gli occhiali vuole parlarti. Appena vedi questo messaggio, se lui non è già con te, telefonagli. Credo abbia qualcosa da dirti… e io spero che tu ti faccia trovare e non sia andata a Kamakura senza di me! Ci vediamo domani’”.
Be’, sarà meglio che le risponda, pensò Ran con un lieve sorriso sulle labbra.
Sperando che non si arrabbi…Iniziò a digitare il suo messaggio, ma qualcuno bussò alla porta socchiusa e le fece distogliere l’attenzione dal cellulare.
“Sì, chi è?” esclamò Ran a quel punto.
“Sono io”. La voce di Shinichi risuonò oltre il battente, col suo limpido timbro infantile. “Posso entrare?”
Ran avvampò. “Oh… sì, vieni”.
La porta si aprì e Shinichi comparve sulla soglia, un’espressione indecifrabile su quel viso che mostrava dieci anni in meno di quanti lui ne avesse effettivamente.
“Ciao” lo salutò Ran, nervosa. Erano di nuovo soli, come durante il viaggio di ritorno da Kamakura, ma questa volta nessuno dei due poteva rifugiarsi nel silenzio: se Shinichi era passato di lì, probabilmente aveva qualcosa da comunicarle prima di andare a dormire. E Ran non era sicura di riuscire a rimanere a proprio agio, perché quella situazione era troppo assurda, troppo fuori dal normale.
“Ciao”. Shinichi ricambiò il saluto con tranquillità, come se nulla fosse mutato dai giorni in cui doveva fingersi un bambino in tutto e per tutto. Era difficile, però, credere che quella calma non fosse semplice apparenza: qualcosa doveva agitarsi anche nel suo animo, solo che veniva messa a tacere dal suo formidabile autocontrollo. Ran sperò che quel particolare tratto del carattere di lui la ‘contagiasse’ un po’, ma il buonsenso le suggeriva che, dopo giorni in cui si era sforzata di comportarsi da sorella maggiore e un tentativo di restare distaccata davanti a uno Shinichi col suo aspetto di adolescente, imbrigliare le emozioni non sarebbe stato possibile.
“Vedo che hai fatto rivivere il tuo cellulare” osservò lui accennando alle mani di Ran, strette attorno al telefonino, che attendeva la continuazione del messaggio da inviare.
“Cosa? Ah, sì… stavo scrivendo un sms…” spiegò la ragazza vagamente.
E la mia faccia, intanto, dev’essere una specie di semaforo, annotò fra sé.
Per un attimo, il viso di Shinichi parve irrigidirsi. “Un sms? A chi lo stai mandando?”
“A Sonoko” rispose Ran ingenuamente, poiché non aveva capito cos’era balenato nel cervello del suo interlocutore.
“Ah, bene”. Shinichi si ricompose, rilassando i muscoli del volto e accennando un sorriso. “L’avevo avvertita che non doveva preoccuparsi, ma suppongo che tu preferisca darle qualche spiegazione su dove ti trovavi oggi pomeriggio”.
Ran assentì, cercando di concentrarsi sul messaggio, e Shinichi la scrutò per un lungo istante. “Va tutto bene, giusto?” si assicurò. “Non volevo disturbarti, però c’è qualcosa di cui ti dovrei parlare”.
Il cuore di Ran fece un balzo. Ignorando quella reazione istintiva, seppure con notevole difficoltà, lei invitò Shinichi a continuare, rivolgendogli un debole cenno e tornando poi a spostare lo sguardo sul proprio cellulare.
“È… un argomento delicato” confessò lui adombrandosi. “Non ho intenzione di spaventarti o di metterti pressione… È solo che mi sembra più corretto che tu conosca la verità fino in fondo”.
Ran si chiuse ostinatamente nel proprio mutismo. Non voleva parlare, la voce le sarebbe uscita fievole e smorzata… Provò a calmare l’affanno del suo cuore e a respirare con calma, senza lasciar trasparire troppa agitazione.
Cosa le voleva dire Shinichi? Si era forse accorto di non sentirsi pronto a gestire una storia d’amore, almeno finché non riacquistava fattezze da diciassettenne? Stava per annunciarle che se ne andava da casa Mouri? Ma lei non voleva che se ne andasse…
“Per favore, potresti staccare gli occhi da quel telefono?” esortò Shinichi, un po’ impaziente. “Vorrei che mi ascoltassi con tutta la tua attenzione”.
Ran deglutì. “Ti ascolto lo stesso” garantì senza muovere il capo, intanto che premeva i tasti del cellulare per scrivere il messaggio destinato a Sonoko.
Shinichi emise un piccolo sbuffo e s’infilò le mani in tasca. “D’accordo, come vuoi. Il fatto è che… insomma, non è facile la situazione in cui ci troviamo ora. Penso che tu lo sappia ed è inutile girarci intorno. Io non… non so quando tornerò finalmente quello che ero”.
Di nuovo silenzio. Shinichi proseguì: “Ai dice… che trovare un rimedio per lei e per me sarà complicatissimo. Non siamo riusciti a mettere le mani sui dati della sostanza che abbiamo ingerito e non sappiamo se ci riusciremo mai, perché il Boss dell’Organizzazione ci ha giocato un brutto tiro… quindi la creazione dell’antidoto definitivo potrebbe avvenire fra molto tempo”.
Ran si accorse di aver scritto una parola invece di un’altra. Prima di cancellarla, si decise a incontrare lo sguardo di Shinichi, scoprendolo serio, grave e… cos’altro? Cos’altro c’era in quegli occhi che lei conosceva e amava così tanto? Senso di colpa? O addirittura timore? D’accordo, le sue parole non erano portatrici di buone notizie, ma non c’era bisogno che lui si sentisse in colpa o avesse paura. E poi, paura di cosa? Che lei lo abbandonasse, forse?
“Ran”. La voce di Shinichi, per quanto venisse fuori dal corpo di un bambino, suonò stranamente profonda alle orecchie della ragazza. “Potrei essere costretto a veder passare degli anni, prima di riprendere le mie vere sembianze, e non ho alcuna garanzia da offrirti, anche se conto molto sulla bravura di Ai. Insomma, desidero che tu capisca fino a che punto è dura la condizione attuale… e non solo per me”.
Ran aspettò che il discorso continuasse, ma così non fu. Allora Shinichi non voleva dirle che se ne andava… Si sentì sollevata, nonostante la prospettiva di un’attesa lunga anni, che lui le aveva presentato, fosse difficile da concepire.
“Tu sei convinto che ce la farai?” domandò. “A tornare quello di prima, intendo”.
“Sì” rispose Shinichi senza esitare. “Il problema è
quando. Non voglio… caricarti di pesi inutili, non so se mi spiego”.
Ran scosse lievemente il capo. S’inginocchiò di fronte a lui per essere alla sua stessa altezza, stringendo il cellulare con una mano. Shinichi lanciò un’occhiata fugace allo schermo.
“Ehi, che guardi?” lo riprese lei, colta alla sprovvista. Accipicchia, stava per dirgli una cosa fondamentale… e lui pensava a spiare i suoi messaggi!
“È solo Sonoko. Che t’importa di quello che le scrivo? Anzi, sarà meglio che mi sbrighi a terminare questo sms e glielo mandi…” aggiunse Ran, ricordandosi che doveva anche correggere una parola sbagliata e facendo per alzarsi.
“Lo so, che è Sonoko… però dai, potresti posare un attimo il cellulare! Lascia che parliamo noi, prima, dopotutto non mi sembra così indispensabile il messaggio per lei!” ribatté Shinichi. “Insomma, mi infastidisce che stai incollata a quel coso mentre discutiamo di una faccenda urgente…”
“Ti infastidisce?” ripeté Ran. “Addirittura…”
“Be’, sì! Ho perfino pensato… No, lasciamo stare, le mie funzioni cerebrali devono essere andate in sciopero per qualche secondo”.
“Ma di che stai parlando?” proruppe Ran, ormai di nuovo in piedi.
“Di niente” tagliò corto Shinichi. “Adesso, per piacere, torniamo a noi…”
Benché quel ‘noi’, che ora aveva tutto un significato diverso rispetto al passato, facesse venire il batticuore a Ran, lei non intendeva darsi per vinta. Qualcosa le suggeriva di aver toccato involontariamente un punto debole di Shinichi… o, per meglio dire, un tasto che il suo orgoglio rendeva sensibile. Voleva scoprire quale, perciò esclamò, quasi con veemenza: “Che hai pensato?”
Shinichi assunse un’espressione torva. “Che fosse qualcun altro” si limitò a mugugnare, guardando lo stipite della porta.
“Qualcun altro e non Sonoko? Chi?”
“Ran…” tentò Shinichi, ma lei era partita per la tangente.
“Chi? Dai, voglio saperlo. Poi torneremo al nostro discorso, te lo prometto”.
Shinichi storse le labbra in una smorfia. “Ho creduto… che fosse quell’amico tuo e di Sonoko. Kyosuke, o come si chiama…”
Ran spalancò la bocca, stupefatta. “In pratica, tu saresti…” cominciò, appena fu in grado di articolare una frase sensata.
Shinichi la bloccò, sollevando le mani: “Alt, alt, non aggiungere una sola sillaba! Riprendiamo da dov’eravamo rimasti prima”.
Senza riuscire a trattenersi, Ran scoppiò in una risata. Shinichi geloso… Le sembrava tutto così incredibile! Lui la guardò male, risentito, ma dopo qualche istante si aprì in un sorriso.
“Vogliamo piantarla, adesso? Hai capito esattamente in che situazione spinosa ci troviamo? Sia chiaro che io non voglio costringerti a fare nulla, però…”
“Shinichi”. Ran lo interruppe con dolcezza, chinandosi verso di lui e dimenticando l’attacco di ridarella. Si stupì di essere stata tanto pronta a troncare le sue frasi pronunciando il suo nome con naturalezza, sebbene avesse davanti colui che, per lungo tempo, si era ostinato a mantenere con lei un’altra identità.
“Che c’è?” Lui la studiò come se volesse leggerle fin dentro l’anima.
“Non mi costringerai a niente” puntualizzò Ran sicura. “Io scelgo di aspettare con te la creazione dell’antidoto… perché sono sicura che si troverà, dobbiamo solo avere pazienza. Sarò al tuo fianco in questa lotta, non dubitarne… Se tu rimani accanto a me, ovviamente” concluse, arrossendo.
Shinichi sbatté le palpebre, un po’ confuso. “Ran… pensavi che me ne volessi andare?”
“Be’, immaginavo che preferissi tornare a casa tua” ammise lei. “Ora che io conosco il tuo segreto e l’Organizzazione non è più un problema… Perché non è più un problema, vero?”
“Non come prima, certo. Bisogna comunque stare attenti, non dimenticarlo. Molto dipende dal processo e dalle indagini future”.
“Allora sei libero di…”
“Ran, io non voglio andarmene da qui” chiarì Shinichi. “Lo farei unicamente se mi venisse chiesto… In apparenza sono ancora un bambino, purtroppo, quindi non è molto fattibile per me abitare da solo. Per di più, finché non si trova un’altra sistemazione, il signor Subaru resta a casa mia. E non credo che desideri coinquilini, sinceramente”.
“Io… io non potrei mai chiederti di andartene!” protestò Ran, sempre più rossa in viso. “Noi dobbiamo… rimanere insieme, ecco”.
Anche se per me sarebbe meno complicato stare con qualsiasi altro ragazzo, io voglio solo te, Shinichi…“Senti, ma davvero sei disposta?” la sollecitò lui che, pur ignorando ciò che era stato taciuto, forse riusciva in qualche modo a immaginarlo. “Non ti stancherai di me?” Gli brillavano gli occhi come quando faceva una battuta, eppure era evidente che stava ponendo una domanda che considerava importante.
“No, non credo” rispose Ran, ostentando anche lei in tono leggero e scherzoso. “Forse sarà un po’ difficile mantenere il segreto con mio padre, ma credo sia necessario almeno fino al processo, quando conosceremo meglio il destino dei membri dell’Organizzazione”.
“Hai ragione” approvò Shinichi. “Be’, vedi di recitare come si deve la tua parte, non credo molto nella tua capacità di tenere la bocca chiusa”.
Ran inalberò un’aria offesa. “Non ho recitato bene, finora? Fingendo di non conoscere il segreto della tua identità dopo averlo scoperto, facendo l’indifferente quando mi hai raggiunto sulla spiaggia?”
Shinichi ridacchiò. “Va bene, diciamo che guadagni qualche punto. In effetti, eri convincente come Donna delle Nevi… Un cuore gelido, incapace di sciogliersi di fronte ai problemi di un uomo che, nella sua vita, ha scelto di rischiare tutto”.
“E di non essere sincero con la ragazza che dice di amare” rimbeccò Ran.
Shinichi scrollò le spalle, cercando di scacciare l’imbarazzo. “Alla fine ti ho detto tutto quel che c’era da dire, no?”
“Alla fine il mio cuore si è sciolto” controbatté lei.
“Non si era mai indurito davvero. Però sei stata brava a farmelo credere… Ti sei impegnata parecchio, eh?”
Ran distolse lo sguardo e raddrizzò la schiena. “Potrei avere esagerato” mormorò. “Forse c’era una parte di me che desiderava tenerti sulle spine… Quando ti ho visto mi sono sentita mancare la sabbia sotto i piedi, però sono riuscita a trattenermi dal correrti incontro”.
“Nonché dal rovesciarmi addosso tutta la tua rabbia” soggiunse Shinichi, per nulla impressionato.
“Ehm, già. L’ho fatto… dopo”.
“Quando ti sei resa conto che ero stato abbastanza sulle spine ed era il momento perfetto per aggredirmi”.
“Shinichi, io…”
“Ehi, Ran, tranquilla! Non ti sto mica rimproverando”.
Lei abbozzò un sorriso timido. “Sembrava quasi di sì”.
“Hai dimenticato cosa ti ho detto sulla spiaggia? ‘Penso di poter capire un minimo come ti sei sentita’… È così, sul serio” affermò Shinichi.
“Va bene, ti credo. Del resto, ho imparato che posso sempre fidarmi di te… o comunque quasi sempre” precisò Ran, più allegra. Non lo poteva sapere, ma quelle parole ricordarono a Shinichi una parte del discorso che gli aveva fatto Yukiko in ospedale… ‘Se davvero vuoi mantenere un certo rapporto con quella ragazza, non dimenticare che dovrete affrontare insieme i problemi che verranno. Come lei ti offre la sua fiducia tu devi essere pronto a darle la tua… anche quando è difficile e doloroso’.
Il giovane con le sembianze di bambino capì con chiarezza cosa c’era fare. Non doveva formulare o pretendere giuramenti di eterno amore, né consigliare a Ran di stargli lontano per il suo bene. Doveva soltanto gioire del sentimento che li legava, con la consapevolezza che tutti e due avrebbero combattuto fianco a fianco gli ostacoli che si sarebbero presentati sul loro cammino. Non poteva essere sicuro che li avrebbero superati senza troppo dolore, però poteva contare sull’impegno che entrambi avrebbero messo nel dare battaglia, finché avrebbero creduto nella forza del loro rapporto. E lui si augurava che ci credessero per molto, molto tempo… Un’espressione determinata si dipinse sul suo volto, accompagnata da una tenace luce di speranza, mentre esordiva: “Verso il futuro, Ran?”
E lei, prima di ricordare che aveva ancora il cellulare in mano e doveva sbrigarsi a mandare il suo sms a Sonoko, se non voleva che si facesse notte inoltrata, rispose serenamente: “Verso il futuro, sì. Insieme”.
FINE