Detective Conan Forum

Naufraghi, Tripudio di metafore e follia XD

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Neiro Sonoda
view post Posted on 5/10/2014, 09:57     +1   +1   -1




Salve!

Qualche giorno fa sono stata vittima di un’ispirazione repentina… e appena ne ho avuto l’occasione ho buttato giù questa fanfiction. A chiunque sia interessato/a a leggerla, faccio degli avvertimenti:
1) Se non capisci il senso, non c’è problema… forse un vero e proprio senso non c’è
2) Se ti fa schifo non c’è problema… forse è una storia che fa schifo
3) Se pensi che sono pazza non c’è problema… forse lo sono

Afferrato?


Scherzi a parte, non riesco a capire cosa possa avermi portato a scrivere una storia del genere…. In effetti non ha una vera trama e all’inizio non si capisce nemmeno chi sono i protagonisti. Diciamo che, sostanzialmente, è un insieme di metafore… anzi, più specificamente, le cose pratiche sono rappresentazioni “traslate” di cose astratte (sentimenti, caratterizzazioni di un dato personaggio, ecc.). In altre parole, ciò che avviene non è da interpretare alla lettera, perché anche se sembra voler significare una cosa in realtà nove volte su dieci allude a un’altra. Sì, molto chiaro :D
Ne approfitto anche per sottolineare che, se riesco, vorrei realizzare un disegno a tema e aggiungerlo in questo topic, quindi forse è meglio non aggiungere la fanfiction all’elenco, perché si può dire che sarà completa solo con l’aggiunta del disegno… se non cambio idea.
Be’, credo che l’introduzione sia finita. A voi la lettura di questo scempio racconto!



P.S. Non sorprendetevi se trovate la ripetizione di alcuni termini. In molti casi è voluta, in altri no, ma il risultato non mi sembra così male dal punto di vista del linguaggio.



Naufraghi



Lei, sottili ciuffi bagnati incollati alla fronte, occhi chiari, camicia bianca maschile e pantaloncini verde militare.
Lui, jeans strappati, capelli umidi e in disordine, sguardo intenso, lividi e lacerazioni sul corpo.
S’incontrano su una spiaggia abbandonata da tutti, soli, stanchi e infreddoliti. Non hanno meta, sono due naufraghi miracolosamente sfuggiti alla tempesta. Sopra di loro il cielo è ancora grigio , coperto di nubi temporalesche. Il vento soffia, facendoli rabbrividire. Sulla sabbia, campeggiano alcuni resti di nave.
Quando s’incontrano, lei è seduta poco lontano dalla riva, si stringe forte le ginocchia e guarda le onde. Il mare si sta calmando del tutto, ormai. Il peggio è passato, ma adesso il futuro è un gigantesco punto interrogativo. Lei non sa cosa fare né dove andare. E non riesce a muoversi da lì, resta raggomitolata sulla sabbia a tremare, scossa da brividi gelidi, i capelli zuppi d’acqua salata appiccicati al viso e al collo, gli occhi puntati sull’orizzonte.
“Ciao”.
Si volta di scatto, colta di sorpresa da quel saluto. Da dietro gli scogli alla sua destra spunta un ragazzo.
E’ a piedi nudi come lei. Non ha nulla addosso, a parte un paio di jeans laceri. Avanza lentamente, fino a coprire in parte la distanza fra loro. La fissa.
“Pure tu…?” azzarda lei, senza terminare la frase, inconsciamente convinta che verrà compresa ugualmente. I suoi occhi s soffermano per un attimo sul corpo di lui, terribilmente segnato dalle conseguenze del naufragio. Deve aver sbattuto più volte contro qualche scoglio… Lei distoglie lo sguardo in fretta, per poi tornare a incrociare quello del ragazzo. La colpisce la straordinaria fermezza che traspare dalle sue iridi. A che cosa può essere dovuta? Si trovano entrambi n una brutta situazione perché si sono salvati, d’accordo, ma ora non hanno idea di cosa fare. Sarebbe normale provare confusione, sentirsi disorientati, smarriti, magari anche disperati… eppure lui conserva la propria sicurezza, non soffoca quella scintilla di determinazione che probabilmente lo spingerà a reinventarsi seduta stante, a riemergere dai flutti per ricostruire ciò che è andato distrutto.
Lei è affascinata e impressionata positivamente da tutto questo.
Non vuole piangersi addosso per quello che è successo, ma ha bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare le cose. Lui sembra averlo già fatto… a meno che non sia solo un’illusione. Forse lei vede nei suoi occhi solo ciò che vuol vedere, però l’effetto è comunque incredibile.
“Pure io, sì”. Arriva la risposta alla domanda incompleta formulata poco prima. Semplice, breve e senza enfasi. Lui si siede sulla sabbia a gambe incrociate, poi si passa distrattamente una mano dietro la nuca. “Credo di averti già vista” aggiunge. “Non ricordo bene, ma…”
Lei annuisce. “Sembra anche a me di averti già visto”. Nota una ferita vicino alla sua tempia, ancora imbrattata di sangue, e porta istintivamente una mano alla propria, nascosta dai capelli. Le due lesioni si trovano esattamente nello stesso punto, come se, nel momento in cui se le sono procurate, loro si fossero trovati insieme, fusi in un unico essere.
“Non ricordo quella camicia, però” dice lui, accennando al bizzarro abbigliamento della ragazza che gli sta di fronte. Il principio di un sorriso affiora sulle sue labbra, svanendo subito dopo, forse a causa del vago sentore di aver fatto un’osservazione inopportuna.
“E’ di mio padre” risponde lei. “Me l’ha data prima che partissi… Diciamo che volava lasciarmi qualcosa per non dimenticarlo”. Gli angoli della bocca si piegano all’insù: questo non è un sorriso fugace, ma di chiara espressività, sebbene malinconico e un po’ nostalgico. “Che sciocco, come se io potessi dimenticarmi di lui… Ad ogni modo, ho pensato che sarebbe stato carino indossarla. Se non sbaglio, l’ho messa prima di andare a schiacciare un pisolino…”
“Capisco”. Lui fa un breve cenno d’assenso col capo. Per fortuna non ha toccato un tasto eccessivamente dolente… Scruta la figura di lei, i suoi occhi straordinariamente limpidi, il profilo delicato del viso, le braccia serrate attorno alle ginocchia, le gambe nude. Scorge la ferita nei pressi della tempia quando lei cerca di sistemarsi un po’ i capelli fradici e prova l’inspiegabile sensazione di conoscerla da sempre.
“Ehi, sta per tramontare il sole”. Un sospiro, un forte brivido che scuote dalla testa ai piedi, mentre il vento si alza ulteriormente. Lei ha freddo, sempre più freddo. Non riesce a nasconderlo, per quanto cerchi di riscaldarsi appena raggomitolandosi su se stessa… Il suo corpo non ha calore, è un susseguirsi di tremori.
“Non possiamo rimanere” osserva lui con buonsenso. Avverte l’ara gelida sulla pelle come se si stesse insinuando n tutti i suoi pori. e deve sforzarsi per non battere i denti. “Ci conviene cercare un riparo…” Si alza in piedi, incurante della stanchezza e del fastidio che gli causano le ferite.
“Sembra non esserci nulla, qui” fa notare lei. “Certo, passare la notte all’aperto non è fattibile…”
“Dai, vieni con me”. Lui la interrompe, ma in tono amichevole. Si avvicina di più per tenderle la mano e aiutarla a rialzarsi, lo sguardo adombrato da una punta di preoccupazione. “Non ti lascio da sola” dice con fermezza.

Come previsto, sull’isola sembra non esserci proprio nulla. E’ impossibile trovare rifugio da qualche parte, quello che circonda i due naufraghi ha l’aria di non essere mai stato toccato da un essere umano. C’è solo natura, selvaggia in tutte le sue forme. E intanto sta calando il buio.
Un tentativo di accendere il fuoco con i resti della nave… ma fallisce. E’ una serata umida e ventosa e l calore sembra irraggiungibile, per quanto si possa desiderarlo.
Alla fine ci si accampa, per modo di dire, non molto distanti dal mare. Il gelo penetra nelle ossa, implacabile. Forse qualcosa di terribile è in agguato.
Lei è stanca, vorrebbe solo riposare. Si lascia cadere lunga distesa, le mani strette attorno alle braccia, nel vano tentativo di scacciare il freddo. Per di più una sensazione di disagio comincia a dominarla, nell’istante in cui si rende conto di quel che le sta accadendo, dell’imprevisto che si sta beffando di lei.
Accipicchia, proprio ora… Alla faccia della mensilità…
Le si chiude lo stomaco e serra subito le gambe. Com’è possibile che le succeda adesso? E’ sempre stata piuttosto regolare… Stupidi ormoni che si fanno condizionare dalle emozioni più disparate.
“Va tutto bene?” chiede lui, notando la sua espressione strana.
“S-sì”. Risposta poco convincente, è lampante.
“Hai bisogno di un po’ di sonno, mi sembra ovvio. Se riesci ad appisolarti monterò io la guardia”.
“Grazie, sei gentile” mormora lei sempre più impacciata, puntellandosi sui gomiti. Se fino ad allora ha pensato che fossero entrambi esattamente sulla stessa barca, ora si sta ricredendo… Purtroppo certi guai capitano solo alle donne.
Lui si siede al suo fianco, affondando il piede destro nella sabbia, l’avambraccio appoggiato sul ginocchio. L’altra gamba è invece distesa, piegata appena, cosicché lei può vedere la pianta del piede sinistro. Ma non vuole guardare nemmeno quella, né tanto meno correre il rischio di posare i propri occhi su qualunque altra parte del ragazzo che le sta accanto… E’ troppo in imbarazzo, per un lungo istante desidera solo scomparire.
Si stende nuovamente, in modo tale che il suo sguardo sia puntato verso il cielo. Il crepuscolo è ormai inoltrato, presto non ci sarà più luce, se non il chiarore debole e tenue di una luna che sfugge alla coltre delle nubi. E intanto la temperatura è sempre troppo bassa, sebbene il vento si sia calmato.
Che ne sarà di… noi?
E’ strano quel vocabolo, quel ‘noi’, applicato, sia pure col pensiero, a due semi-sconosciuti. Ma l’intera situazione è strana, per non dire folle. E poi, nonostante tutto, permane la netta sensazione di essersi già incontrati. O di essere destinati a farlo. Forse, in fondo, non è nemmeno così diverso.
Lui tace, immerso in chissà quali pensieri. Sembra che non voglia più parlare. E cosa c’è da dire, del resto? Sebbene non sia a suo agio, adesso lei sente il desiderio di guardarlo. Quasi per assicurarsi che si trovi davvero lì.
Volta il capo. Lui è immobile, gli occhi fissi davanti a sé. Non si gira, non batte ciglio. Lei lo osserva, spinta da uno strano impulso, tanto irrazionale quanto repentino. Lo osserva con attenzione.
E’ bello. Anzi, molto bello. Prima lo avrebbe definito ‘bello’ e basta, ora no. E questo anche considerando l’abbigliamento, le condizioni dei capelli e tutto il resto. D’altra parte, una persona attraente non si sforza di esserlo… o comunque non dovrebbe. Lo è, punto.
Nella penombra che gradualmente va trasformandosi in oscurità, lei si ritrova a studiare alcune caratteristiche in particolare. Il profilo del naso d lui, le sue labbra. Le spalle nude, che se potessero desidererebbero di sicuro un indumento per coprirsi. I lividi e le escoriazioni sul torace, sulle braccia, sul fianco.
Chiaramente gli è andata peggio che a me, durante la tempesta… Chissà che dolore…
Com’è possibile che l’imbarazzo sia svanito così? Che la voglia di non attirare l’attenzione su di sé si sia sciolta nella contemplazione di lui? Che un barlume d’apprensione per le sue condizioni sia in grado di soffocare l’ansia e il disagio per le proprie?
“Non dormi?”
Lui si volta di colpo, prendendola alla sprovvista. I suoi occhi luminosi sono tinti di nero dalle ombre della sera. Lei arrossisce, per un attimo percepisce il calore affluire alle guance, in barba alle condizioni climatiche.
“Sono un po’… scomoda”. Tenta un sorriso, ma si sente una stupida. Da quel che può vedere, lui ha un’espressione particolarmente enigmatica. Non riesce a interpretarla.
“Forse hai bisogno di una posizione migliore. Pensi che riuscirei a trovare qualcosa che ti faccia da cuscino?” Domanda abbastanza normale, che chiunque, o quasi, farebbe. Allora perché quello sguardo difficile da decifrare?
“Non serve. Anche perché dubito che ci sia e comunque con questo buio non riusciresti a combinare nulla” replica infine lei, ostentando un tono tranquillo.
“Uhm… non è detto. Magari ho un bel colpo di fortuna”. Ora la sta prendendo in giro, è evidente.
“Buonanotte” taglia corto lei, non sapendo come comportarsi di fronte a un ragazzo praticamente estraneo che la tratta come una vecchia amica. Riceve una risatina sommessa in risposta, poi cala di nuovo il silenzio.
Forse davvero mettersi a dormire è la cosa giusta. Non è facile, in queste condizioni, ma almeno per un po’… Se solo la temperatura si alzasse…
I capelli e il corpo bagnati, la sabbia, il freddo, gli imprevisti… Peggio di così non può andare. Eppure, a poco a poco, uno stato di semi-incoscienza e di torpore si fa strada in lei. Forse le sta venendo la febbre o qualcosa del genere… oppure è Morfeo che la chiama silenziosamente, lentamente?
Fatto sta che quando torna alla consapevolezza, intirizzita e per metà stordita, c’è qualcosa di diverso. L’oscurità è pressoché totale, ma lei capisce che quel ragazzo si è addormentato. Al suo fianco.
Mio Dio…
Doveva essere esausto, sarà crollato pure lui senza rendersene conto. Ne avverte il respiro a poca distanza, non è perfettamente regolare, forse sta avendo un sonno agitato. D’altra parte, la situazione è quella che è…
Qua moriamo, mi sa.
Certo, non sono prossimi al congelamento, ma non possono trascorrere l’intera nottata all’addiaccio. Intanto, dove andare? Il posto in cui si trovano è indiscutibilmente dimenticato da tutti, isolato dal resto del mondo.
Lei sospira, forte. Sente una specie di sbuffo e si pente di aver rischiato di disturbare il suo compagno di sventure.
“Cavolo…” Un borbottio infastidito indica che si è appena svegliato.
“Scusa” dice lei con una voce piccola piccola. Ecco, lo sapevo, aggiunge fra sé.
“Figurati, non è colpa tua…” Lui sbadiglia, poi replica: “Mi sa che c’è un solo modo per passare la notte”.
Che cosa traspare dal suo tono? Vergogna… Possibile?
“In realtà… n-non è una proposta… da fare a una ragazza…”
Esitazioni, cenni di balbettio. Lei capisce e avvampa.
“Vuoi dire… dormire a… abbracciati?” chiede, grata al buio della notte che cela il suo rossore, certamente violento a giudicare dall’improvvisa accelerazione dei battiti cardiaci e dalla velocità incredibile con cui il sangue sembra scorrerle nelle vene.
“Sì” ammette lui, quasi scusandosi. Poi cerca di buttarla sullo scherzo: “Se preferisci patire il gelo non ti biasimo, eh…” Ridacchia, in evidente imbarazzo.
“Oh”. Lei deglutisce, i nervi a fior di pelle. L’idea di stare tra le braccia di uno che conosce appena dovrebbe spaventarla, invece le provoca emozioni bizzarre, contrastanti. Come se non volesse… e nello stesso tempo lo desiderasse.
D’accordo, sono matta…
Cerca di scacciare quelle sensazioni sconclusionate, frutto di un inspiegabile delirio mentale. Non ci riesce e in qualche modo comprende che lui sta aspettando una risposta. Cede.
“Pro… proviamoci”.
Riesce facilmente a immaginare la sua reazione incredula. Intanto gli occhi cominciano ad abituarsi alle tenebre della notte… Si avvicina a lui, goffa e timorosa, imponendosi di non stargli eccessivamente attaccata, considerato lo stato in cui si trova.
Spero almeno di non aver macchiato troppo i pantaloni…
All’inizio sono entrambi molto meccanici. Non si stringono granché, né riescono a provare nulla se non un forte senso d’inadeguatezza. Hanno il cuore a mille, ogni fibra del loro essere si trova in tensione. La timidezza li sommerge.
Poi, pian piano, qualcosa cambia. Ognuno non si concentra più soltanto sulle proprie, scomode emozioni, perché c’è dell’altro in ballo. E tutto ciò ha sapore di nuovo, di inconsueto.
Lei percepisce in modo netto il contatto con il corpo seminudo di lui, anche attraverso la camicia. L’epidermide è praticamente ghiacciata, registra. I muscoli del braccio sono solidi. L’odore dell’oceano gli avvolge le membra. E’ assurdamente piacevole, rassicurante; fa star bene.
Lui sente la carezza insolita di capelli non suoi. gli inumidiscono una spalla. Ha il polso premuto contro il fianco di lei e le appoggia delicatamente una mano sulla schiena. Preferirebbe abbracciarla un po’ meglio, ma non osa farlo.
Lei si muove appena, probabilmente nel tentativo di sistemarsi in maniera più comoda. Sfiora col seno il petto di lui, senza volerlo. Entrambi s’irrigidiscono per un momento, istintivamente cercano di allontanarsi. Poi s riavvicinano. Si ritrovano avvinghiati. Qualche istinto travolgente ha avuto la meglio su di loro.
Si stringono l’uno all’altra. Le labbra si cercano, impazienti d entrare in collisione, e da fredde diventano calde. A lei manca il respiro quando sente la lingua di lui insinuarsi nella propria bocca… Risponde al bacio con tutta se stessa, un fuoco improvviso che arde dentro l’anima. Quando si staccano per riprendere fiato, le gira la testa.
Vorrebbe accarezzare la pelle di lui, però esita. Appena comincia a toccargli la spalla, per poi far scorrere le dita verso il basso, avverte un inceppo ruvido lungo il cammino lineare e armonico che i polpastrelli hanno seguito: è una delle ferite più profonde, ancora lontana dal rimarginarsi. Sussulta, temendo di avergli fatto male.
Lui storce appena le labbra, ma non dice niente. Sì, le lacerazioni e le contusioni che ha riportato dopo il naufragio sono tante, e lo sente, il dolore… però non gli dà fastidio essere toccato. Non da lei.
Vorrebbe arrivare a conoscere il suo corpo e baciarla di nuovo. Non sa se la cosa è reciproca, per cui aspetta. E spera di sì, che il suo desiderio venga soddisfatto… ma solo, solo se lo vuole anche lei.
“Puoi continuare” la esorta, accorgendosi che si è bloccata. Si sorprende lui stesso per aver avuto il coraggio (o la sfacciataggine?) di pronunciare quelle parole e si rende conto che le guance gli vanno a fuoco.
Lei per tutta risposta lo coinvolge in un altro bacio. Ancora più appassionato del primo. Gli accarezza i capelli e il viso… Le mani di lui s’infilano d’impulso sotto la sua camicia.
Bene, adesso mi manderà via, ne sono sicuro…
Sbaglia. Lei non lo caccia, lo asseconda. Lascia che sollevi anche la magliettina che porta sotto e che le tocchi la schiena nuda, poi i fianchi. Ha dei bei fianchi, nota lui. Non troppo larghi né troppo stretti. Torniti al punto giusto.
Quest’abbraccio è più intenso del primo e porta con sé una percezione inspiegabilmente amplificata della vicinanza con l’altro: a lei sembra di recepire ogni singolo particolare del corpo attaccato al suo e la stessa cosa vale per lui. Arrivati a tal punto, è facile prevedere quale sarà la conclusione…
Non posso, è una pazzia, non posso!, si dice lei, cercando di pensare con lucidità. Ma è difficile essere lucida nel bel mezzo di un bacio così colmo di ardore.
Ragiona!, s’impone freneticamente. Ma è difficile ragionare quando si è dominata dagli istinti.
Reagisci!, si auto-esorta. Ma è difficile reagire, a meno che non lo si faccia in un determinato modo… Sente il membro di lui contro di sé, il profumo di mare della sua pelle le stuzzica le narici, il suo respiro sembra diventato l’ossigeno di cui lei ha bisogno, la sua stretta l’appiglio giusto a cui aggrapparsi. Gli accarezza la schiena, facendo più volte su e giù con la mano, desiderando una vicinanza totale e indissolubile.
Ancora una volta le bocche si separano, affinché i loro proprietari possano recuperare un po’ di fiato. Ormai la bassa temperatura dell’ambiente non è più tanto importante, così come non è importante trovarsi immersi fra i granelli di sabbia su un’isola sconosciuta al mondo intero. Conta solo il calore generato da quel contatto intimo e sconvolgente.
Lei riesce ad avvertire i battiti accelerati del ragazzo che le st accanto. Resta per un attimo n ascolto. Lui se ne accorge, le appoggia una mano sul petto, quasi volesse accertarsi che i due cuori seguano lo stesso ritmo. Poi le massaggia il seno con movimenti delicati, seppure attraverso gli abiti. Infine cerca il bottone dei suoi pantaloncini verdi.
Oh, no!
Lei sapeva che sarebbero arrivati a quel punto. Lo sapeva e in qualche modo sperava di cavarsela. Ma adesso che il momento fatidico è arrivato, si rende conto con terrificante chiarezza che sarà costretta a rifiutare.
“Non posso” sussurra con vece spezzata. Lui ha un piccolo sussulto.
“Perché non puoi?”
Ha parlato in un mormorio delicato e pieno di stupore. Lei deglutisce. “Mi piacerebbe, ma non posso” le esce detto, prima che possa riflettere su come rispondere.
Le dita di lui percorrono i bordi del suo bottone. “Hai… paura?” chiede con gentilezza.
“No, no…” Lei scuote la testa, anche se è consapevole che sarebbe normale avere paura. Ma, assurdamente, non ne prova affatto. Sente soltanto una profonda vergogna.
Nessuna risposta, questa volta. Silenzio carico di attesa, mentre la mano si allontana dall’apertura dei pantaloncini.
“Sto… sanguinando” confessa infine lei. Non avrebbe mai osato ammetterlo in un’altra occasione… ma in un’altra occasione avrebbe fatto ben poco di ciò che ha combinato in quelle ultime ore. In ogni caso, si aspetta una reazione precisa, se non di orrore quasi.
“Ah… capisco” commenta lui. “Sì, capisco”.
Tutto qui?
“Comunque… cosa importa?”
Lei strabuzza gli occhi, sommersa dall’incredulità. “C-come, scusa?” balbetta, spiazzata.
“Non m’importa”.
Impossibile! Sto sognando o…?
“T-tu hai…”
“Ho detto che non m’importa” ripete lui con fermezza.
Bene, è ufficiale. Il mondo si è definitivamente capovolto.
Cosa rispondere? Non c’è proprio nulla da esprimere a parole, in un momento simile. I pantaloncini vengono sfilati, così come quel che c’è sotto. I jeans di lui vengono prontamente abbassati. Ancora un altro paio di movimenti, ignorando deliberatamente la sensazione di appiccicosa umidità fra le gambe; poi si giunge al dunque.
Si comincia, si prosegue. Non c’è il minimo desiderio di smettere, solo di continuare. Esiste unicamente la voglia di andare avanti, insieme. Per sempre, se è possibile. Il tempo si ferma, sembra congelarsi. E’ la sensazione di un attimo, perché in realtà esso scorre implacabile. Ma che scorra pure, alla fin fine. In un certo senso, è come se non contasse.
E’ tutto così strano. Non c’è un piacere puro e assoluto. No, c’è un piacere ibrido, fatto anche di cose poco belle. I granelli di sabbia che s’infiltrano tra le dita dei piedi e tra i capelli, che restano incollati alla schiena, alle cosce, ai polpacci. L’alternanza esasperante fra in sentire caldo e il sentire freddo. La bocca che pizzica per i troppi baci. La presenza di crampi mestruali, seppure non molto forti, e le ferite sul torace e sulle braccia che fanno male.
C’è dolore, eppure questo dolore fa parte del piacere e lo rende completo, totalizzante, follemente meraviglioso.
E’ Amore.
Quando la luna fa capolino oltre le nubi, i due naufraghi sono distesi l’uno accanto all’altro, più esausti di quanto forse siano mai stati nella loro vita, ma stupefatti e felici. Se la luna fosse un sole ne illuminerebbe chiaramente i corpi ansimanti ed eccitati, enfatizzando la sinfonia di bianco e rosso presente qua e là sulla loro pelle.
Lui guarda lei. Lei guarda lui. Si sorridono nello stesso istante, automaticamente. E’ un sorriso gioioso, ma anche vagamente incerto, sbalorditi come sono dall’audacia che li ha dominati, storditi dal senso d’irrealtà provocato dalla situazione. Poi lui allunga la mano e scosta i capelli dalla fronte di lei, sfiorandole la lesione vicino alla tempia. Lei compie il medesimo gesto con lui, giacché tutti e due hanno questo insolito punto in comune, questa insolita ferita alla testa. Continuano a guardarsi, gli occhi grandi e cristallini non mollano un attimo quelli profondi dal taglio deciso, e viceversa. Il colore è differente, l’azzurro tenue striato di lilla contro quello intenso simile alla tonalità delle onde del mare… però c’è una radice comune. Entrambi se ne sono resi conto durante l’incontro sulla riva, prima che la luce del giorno iniziasse ad affievolirsi. Perciò adesso lo sanno, conoscono queste diversità che tuttavia, in qualche modo, finiscono per percorrere la stessa via. E sapendolo, non la smettono di scrutarsi, anche se il flebile chiarore lunare non permette loro di distinguere nettamente ogni reciproco dettaglio del viso.
Infine… sette parole bisbigliate nella notte, coperte dal vento che ha ripreso a sussurrare. Parole che dovrebbero segnare un inizio e invece costituiscono un coronamento.
“Comunque, io sono Shinichi”.
“Io sono Ran”.





C'è qualcuno ancora vivo???
 
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Neiro Sonoda
view post Posted on 23/11/2014, 19:32     +1   +1   -1




Visto che mi è stato mostrato un po’ apprezzamento per questa storia via mp, ho deciso di “svelare” ufficialmente tutte le metafore che la costituiscono
Alcune sono tutt’altro che facilmente intuibili, perciò se non sono state comprese non mi stupisco affatto… Spero comunque che il senso di quelle più “immediate” e importanti (qui di seguito evidenziate in grassetto) sia stato afferrato. in modo tale che l’insieme sia risultato godibile, nonostante l’accozzaglia di stranezze che ho raccontato :D



Le metafore di Naufraghi



La tempesta = l’avvento dell’Organizzazione, che cambia le vite di Shinichi e Ran
Il naufragio della nave = la lotta contro gli Uomini in Nero
Le ferite fisiche di Shinichi = le conseguenze dell’incontro e della lotta contro l’Organizzazione, chiaramente più incisive per lui che per Ran
La “scintilla di determinazione” che “spinge a reiventarsi seduta stante” = Shinichi che vuole riprendere completamente possesso della sua vita dopo aver sconfitto gli Uomini in Nero
La sensazione di essersi già visti senza ricordare dove = il legame che univa Shinichi e Ran nell’infanzia, che adesso è cambiato maturando in amore, e ha in un certo senso soppiantato ciò che era prima
La camicia che il padre ha regalato a Ran per non essere dimenticato = il timore istintivo che lui ha di vedere sua figlia crescere e allontanarsi
Il ciclo di Ran e la naturalezza con cui Shinichi accetta ugualmente di fare l’amore con lei = la prova che lui la ama anche nella sua diversità (non è un riferimento al fatto che lei è donna e lui uomo, ma al fatto che lei è una persona molto diversa da lui, più sensibile e insicura, ecc.)
Le esitazioni che precedono il rapporto = la loro imbranataggine negli affari di cuore
L’amplesso = l’amore finalmente sbocciato e vissuto
La sintesi fra piacere e piccole dosi di dolore = l’Amore, fatto di alti e bassi, momenti “sì” e momenti “no”, ma sempre bello perché vero

La lesione che sia Ran che Shinichi hanno sulla fronte = la loro comunione di ideali di vita (ideali che possono procurare sofferenze e/o problemi)
Gli occhi che s’incontrano e il loro colore differente, che però ha “ una radice comune” = l’interazione fra gli opposti che si attraggono e hanno qualcosa di simile, nonostante le grandi diversità
La presentazione finale = l’ufficializzazione del rapporto di coppia, quando gli si dà il nome di fidanzamento o matrimonio, e che a volte sembra la cosa più importante ma in fondo non lo è (prima di tutto c’è il sentimento che lega le due persone :) )
 
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marty=shinichi x ran fan
view post Posted on 22/12/2014, 21:18     +1   -1




Neiro, è un vero spettacolo complimenti
 
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Neiro Sonoda
view post Posted on 29/12/2014, 15:15     +1   -1




Marty! Non mi ero manco accorta del tuo commento :doh: Grazie mille, sono felice che ti sia piaciuta la storia :)
 
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3 replies since 5/10/2014, 09:57   366 views
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