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| Una realtà effimera che sviluppa tutto il suo fascino e mistero intorno a scene immaginarie, frammenti di vita vissuta o spazi astratti creati dall’instabilità della coscienza. A volte si può prestabilire ciò che si sogna a volte no, alcuni momenti si riescono a concepire come fuori dal comune mentre altri la mente ti convince che siano veri, tangibili. Si finisce per perdersi, confondersi e con il passare del tempo impazzire nel ricordare l’effettiva concretezza di ciò che è stato veramente vissuto. Chi è intorno a noi può essere una guida, gli indizi che si lasciano lungo il percorso dell’esistenza un appiglio, ma solo la pazienza e la pratica sanno rilevare l’inganno dell’attimo. C’è chi ci si abbandona di sua spontanea volontà, chi li teme per via di un passato turbolento e chi li ricerca disperatamente tramite l’utilizzo di specifiche sostanze poco salutari. Ogni strada conduce sempre allo stesso punto, confermando la teoria di molti studiosi: ogni uomo sogna ed ognuno lo fa a modo suo. Il fascino di un elemento di così difficile analisi si trova proprio lì, nella mente del singolo individuo. Yume aveva una certa familiarità con questo genere di cose, dato il possesso di questa abilità da secoli, eppure ogni volta rimaneva affascinata da quanto potessero essere complicati ed instabili gli esseri umani. Una divinità non poteva avere il benché minimo senso della riservatezza quando considerava una specie inferiore alla sua, per questo quella pratica veniva svolta con la massima naturalezza possibile. Il mondo di Sadou risultò subito contorto e indefinito alla figura eterea che osservava la scena come una spettatrice guarda un’esibizione teatrale. Figure geometriche, bianco, spazio nebuloso... ogni cosa sembrava creare un senso di vuoto, di solitudine quasi di inadeguatezza. Poi quel fallimento venne riempito da un colore vivo: il rosso. La stessa figura del ragazzino era perseguitata dalla tonalità accesa. Molteplici erano i significati simbolici che trasmettevano un simile dettaglio ma pochi quelli che si addicevano a quella giovane creatura. Sembrava voler apparire calmo e padrone di se stesso davanti agli occhi della sua protetta il dodicenne, ma lo Spirito della Luna sentiva che non era così. C’era qualcosa di più profondo e deleterio che macchiava la serenità dell’argenteo. Amore, passione, femminilità non c’entravano nulla... quanto frustrazione, confusione, ribellione ed impulsività. Il silenzio regnava nell’aere, l’assenza di altre persone accentuava il senso d’abbandono. Nemmeno il regista dell’ambientazione sentiva questa necessità... tanto che non aveva nemmeno azzardato a chiamare il nome di qualcuno nel suo infinito tragitto. Nulla rimaneva invariato e ben presto il colore per eccellenza venne completamente dominato dal rosso che, come impossessatosi di un potere corrosivo, iniziò a divorare ogni spazio bianco nel suo cammino. Anche il bianco aveva un suo approfondimento: in molte culture veniva considerato la tonalità della morte, del cambiamento, della distanza o mancanza di qualcosa, ma anche della purezza. Osservava con pazienza e riflessiva la divinità prima di muovere i fili del suo regno, prima di scegliere come procedere in quella scacchiera senza caselle. Il rosso aumentava, faceva da scia al giovane dovunque si spostasse. Sadou stava distruggendo tutto da solo, quel poco che aveva creato scompariva sommerso dal cremisi. Il senso di turbamento aumentò sfiorando picchi irrazionali finché qualcosa non attirò l’attenzione del piccolo. Dei passi leggeri creavano una melodia serena al loro passaggio, infrangendosi con la superficie umida color fuoco. Li avvertì sempre più vicini alle sue spalle, finché non ebbe la forza di voltarsi e svelare da chi provenissero. Adesso davanti a lui aveva una donna, distante solo alcuni metri, che gli sorrideva dolcemente, ma quello che più avrebbe colpito gli occhi al ragazzino sarebbero state le orme che lei stessa aveva lasciato: trasparenti come l’acqua limpida di un ruscello. Se lui si fosse fermato anche lei avrebbe cessato il suo percorso, mantenendo quella distanza, come a non voler invadere il suo spazio. Quei tratti femminili erano inconfondibili: chi aveva davanti era sua madre. Edited by Karen91 - 7/2/2017, 19:26
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