Il triangolo ideologico, Role libera per Ai Tachikawa, Chiaki Hyuga e Shin Akiyama

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view post Posted on 20/6/2017, 14:25     +1   -1
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Chi vive senza follia non è così saggio come crede...


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Il mantello nero da viaggio occultava la figura mingherlina che lo indossava. Se ne rimaneva in silenzio, godendosi gli ultimi tratti del giorno deliziandosi dei loro colori caldi. I suoi piedi scalzi non avevano smesso un attimo di camminare, se non per accurarsi che la strada che stesse seguendo fosse quella giusta. Nemmeno tirò fuori la cartina perché il cambio della flora le bastò per percepire dove si trovasse: doveva aver varcato da non troppo tempo i confini del Paese della Cascata ne era più che certa. Perché avesse deciso di fare un giro tanto largo per tornare a casa non sapeva dirlo nemmeno lei, infondo prima o poi sarebbe dovuta rientrare. Tirò un sospiro rassegnato, facendo tintinnare le boccette nella sua sacca medica. Non amava portare così tanto carico quando esistevano dei rotoli tanto comodi, eppure non ne aveva avuto voglia. Che volesse espressamente quel peso sulle sue spalle come punizione da autoinfliggersi? Nell’ultimo villaggio che aveva lasciato, una donna era morta per mano sua o almeno questo era quello che continuava a ripetersi mentalmente. Non era riuscita a trovare una cura nonostante avesse provato tutti i metodi possibili a sua disposizione. Essere una guaritrice permetteva il facile spostamento certo, ma la strumentazione era praticamente inesistente per questo doveva basarsi su ciò che la natura le regalava. Il suo paziente, come i famigliari, avevano insistito chiedendole di fare tutto quello che era nelle sue possibilità ma quando la vita dell’allettato le era sfuggita via dalle dita, si era sentita abbandonata ed inutile. Un’infezione di una tale portata era impossibile da riprendere persino in una clinica specializzata; doveva essere presa dal principio utilizzando i giusti metodi, evitando per l'’appunto che la ferita s’infettasse. Invece l’unico consiglio che aveva potuto dare ai parenti era stato quello di pregare, ed alla vittima di rimanere vigile, forte e sopportare. L’unica che aveva nutrito speranze fino all’ultimo era stata lei, gli altri sembravano rassegnati all’evidenza, probabilmente perché fatti del genere non erano così inconsueti nel tempo in cui vivevano. Aveva deciso d’intraprendere quella strada per allietare il genere umano, per potersi prodigare a rendere il mondo migliore ma non si era mai soffermata a pensare in principio a quanto fosse difficile esercitare quel mestiere. Che cos’era lei? A quanti corpi aveva dovuto serrare gli occhi mentre fissavano il cielo fermi con stampato in volto quell’espressione carica di dolore?

- Aaaaahi! - esclamò una voce infantile riversa a terra.

Talmente occupata a combattere con i suoi pensieri la fanciulla non aveva minimamente visto arrivare quel piccoletto che adesso si massaggiava il fondoschiena sofferente. Iniziò a guardare l’erba spaesato come se avesse appena perso qualcosa, un oggetto che la kunoichi notò subito grazie al suo doujutsu attivo.

- Stavi forse cercando questo? - disse afferrando una moneta d’argento di piccole dimensioni tra l’erba.

Probabilmente nemmeno lo sconosciuto si era accorto della sua presenza perché non appena sentì quella voce sconosciuta, sobbalzò. Non doveva avere più di dieci anni e vedere un ragazzino in una foresta come quella non era sicuramente una cosa da tutti i giorni. Dopo un attimo di titubanza, questo allungò una mano, cercando d’afferrare quello che prima era di sua proprietà.

- Grazie, grazie. Non so come avrei fatto se lo avessi perso... - disse lui imbarazzato, cercando di scorgere chi si nascondesse sotto l’indumento.

La diciassettenne dal canto suo allontanò le due dita con le quali stringeva il manufatto luminoso. Non aveva la benché minima intenzione di rubarglielo ma voleva sapere con precisione perché corresse con qualcosa che reputava così prezioso in mano. Non l’aveva visto arrivare questo era vero, ma la sua fronte bagnata, gli abiti zuppi ed il fiatone che aveva, erano un chiaro segno di quanto sforzo avesse fatto.

- Dove andavi così di corsa? - domandò lei continuando a mantenere l’anonimato.

La situazione stava mettendo il povero pargoletto parecchio in agitazione, si sentiva responsabile per quello che era successo e adesso rischiava anche di perdere tutto quello che era riuscito a racimolare in così poco tempo. Fissò il suolo con le lacrime agli occhi, cercando nonostante tutto di trattenere i goccioloni che rischiavano di oltrepassare le barriere da un momento all’altro.

- Io... ecco... stavo andando al villaggio di Karama. Devo trovare un medico, mio fratello sta male. Quello è tutto ciò che ho, ti prego restituiscimelo - rispose lui tutto d’un fiato, tornando a fissare il monile.

- Capisco. Vengo dal villaggio di Karama e per arrivare qui mi ci è voluto quasi un giorno, pensi di avere tutto questo tempo a disposizione? Credi che con quest’oggetto riuscirai a comprare delle cure? Ma soprattutto chi ti dice che arriverai a destinazione sano e salvo? Il tuo percorso potrebbe anche finire qui - commentò il ninja con una risolutezza inaudita, facendo tremare chi aveva di fronte - Naturalmente sto scherzando...

Dopo aver lasciato un po’ di suspense, decise finalmente di rivelarsi dando una bella arruffata di capelli al suo interlocutore. Si levò il cappuccio con naturalezza, sorridendogli cordialmente.

- Tieni questo è tuo, non mi occorrono pagamenti di sorta - disse dando una schicchera con le dita a ciò che teneva in mano, facendo volare il prezioso in direzione del tipetto con la chioma rosa - Insomma dove hai detto che si trova tuo fratello?

- Eh?! E perché te lo dovrei dire? - continuò lui interdetto sulla piega strana che aveva preso la conversazione.

- Mi sembra ovvio, voglio visitarlo - rispose l’evocatrice con tono scontato, alzando gli occhi al cielo - Puoi chiamarmi Chiaki.

- Tu?! - continuò esterrefatto il moccioso.

- Su muoviti - a quel punto senza troppe formalità la ragazza lo afferrò per l’orecchio, trascinandolo nella direzione dalla quale era venuto.

Adesso stava a lui dargli delucidazioni, nella speranza che la destinazione non fosse troppo lontana, così da poter risolvere la situazione nel minor tempo possibile e poter fare finalmente ritorno a casa.



Edited by Karen91 - 21/6/2017, 10:02
 
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view post Posted on 21/6/2017, 20:30     +1   -1
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Si avvicendano tranquilli i passi della giovane Kunoichi. La precedente andatura, frenetica, l'ha abbandonata da quando ha messo piede nel cuore di Taki - un po' di attenzione...è quasi arrivata, ormai. E i movimenti sono di fatto decisi, sicuri: ha sempre potuto avere il vanto di un solido orientamento, qualcosa che risiede un po' nell'istintiva capacità di trovare la giusta strada, un po' nel fissare dei punti di riferimento, un po' nella conoscenza più che a grandi linee delle caratteristiche ambientali di un luogo geografico. Gli occhi le guizzano a destra e a manca, un po' perché curiosi di scrutare in giro, un po' ad analizzare proprio quell'ultimo punto: alle lande deserte di Suna si sono venuti a sostituire prima i prati erbosi di Kusa no Kuni, poi le terre pressoché desolate e piatte di Ame, infine la rigogliosa foresta che sta attraversando ora.

Le ricorda l'altipiano verdeggiante sulla strada per Shikareta, pensa con un sorriso: sfocia nell'amaro quando i pensieri tornano al villaggio, ai cinghiali, a Tamafune, tanto che d'un tratto si pente di quel collegamento che voleva essere un semplici ritorno a ricordi nostalgici - belli, anche.

Le dita iniziano a torturare il sacchetto di carta che stringe tra le mani: magari ha fatto male ad accettare...non è riuscita a salvare la Saggia, neanche sotto la guida del dottor Netsu. E se andasse male, anche stavolta? E se...se creasse altri danni ir-irreparabili...

"Danni ireparabili". Ha un brivido solo al pensarci, tanto che l'involucro cartaceo prende a essere scosso assieme a lei: poi i tremolii s'interrompono all'unisono e la presa di Shin, affievolitasi, diventa ferrea sull'oggetto, stropicciandone il bordo ripiegato.

Tamafune-sama non vorrebbe questo da uno dei suoi figli, uno dei "forti" - lo sono giusto? Deve esserci qualcosa, in fondo. Lei l'ha trovato.

Percorre un altro breve tratto, stavolta tenendo gli occhi ben fissi davanti a sé, con sguardo pensoso - arresta i suoi passi sulle sponde di un fiume, una delle tante fonti che affiora nel villaggio della Cascata: si inginocchia sul terreno, ripone il sacchetto a fianco a sé e immerge le mani nel limpido ruscello; si sciaqua il viso, beandosi dopo un lungo viaggio della freschezza dell'acqua, poi porta il liquido anche alla bocca per dissetarsi.

Sospira.

Molto meglio.

Resta inginocchiata, una mano poggiata sulle cosce e l'altra immersa fiume, intenta a delineare figure temporanee nel corso d'acqua scostandosi di tanto in tanto.

Takigakure è un posto davvero...meraviglioso.

Scruta il paesaggio a attorno a lei come un bimbo ammaliato da qualcosa di mai visto prima: e in effetti quel paese è qualcosa di mai visto prima, un luogo in cui i vari villaggi si uniscono tra loro in quello spettacolo di foresta, corsi d'acqua, picchi montuosi e cascate.

Seduta dov'è, non più riparata dagli innumerevoli alberi che costellano la zona boschiva, gli ultimi, oramai attenuati, raggi di un sole calante le baciano la pelle chiara. Si prende un attimo, un attimo ancora per osservare il crepuscolo, mentre la mano continua a scostare l'acqua fresca e la mente è momentaneamente presa solo dalla natura che le sta attorno: le trasmette tranquillità, quel posto, e se non tenesse ben fisso in mente il suo compito, quasi se ne sarebbe rimasta lì ancora ore, in semplice contemplazione.

È proprio l'incombenza di quel che ha da fare che la smuove: si ridesta con uno scossone, quasi come se le acque della fresca fonte le siano state gettate addosso - "passa stavolta, di essere svegliata così le è già capitato" riflette con un sorriso, alla memoria dell'esperienza più devastante ma per lei più importante e motivante della sua carriera da Shinobi: amara quanto necessaria perché potesse capire - forse, dovrebbe ringraziare la Raikage un giorno, sperando di non arrecarle disturbo...

Asciuga la mano immersa nel corso d'acqua su una delle ampie maniche, strofinando prima palmo e dorso, poi ad una ad una le quattro dita, lasciando il tessuto umidiccio - solo una volta fatto ciò recupera il sacchetto che gelosamente custodisce da ore di viaggio, non più in rischio di impregnare la carta di cui è fatto: ne stira i bordi precedentemente stropicciati, poi si rimette in cammino a passo molto più sostenuto - un eufemismo definirlo tale visto che ha quasi preso a correre, ma deve recuperare il tempo perduto.

È il primo compito che le viene affidato in qualità di medico vero e proprio - e...uno dei suoi primi dopo il fallimento della missione: normale dedurre l'agitazione della già spaurita ragazza. Portare delle erbe mediche presso un orfanotrofio - un'opera di volontariato più che una missione affidata, a dire il vero: è stata lei a proporsi, di lì la sua partenza prima per Suna attraverso Konoha, poi verso il suddetto istituto.

"Dovrei esserci quasi..." si dice, poi accelera ancora un po' - non un compito difficile il suo, ma è di certo importante faccia in fretta: delle condizioni dei bimbi non è informata - se qualcuno avesse bisogno di urgente aiuto?

Ci ripensa, a quando il dottor Netsu le aveva parlato della necessità di qualcuno che si prendesse questa responsabilità - come rifiutare, lei che farebbe di tutto perché gli altri possano star bene?

D'altronde è questo che di giorno in giorno aumenta la sua dedizione, e rende la medicina non una vocazione ma oramai uno stile di vita - è anche quello che non l'ha fatta crollare e rinchiudere dopo la morte della Saggia Tamafune: ha...ha fallito. L'ha uccisa. Ci ripensa spesso, a quello che avrebbe potuto evitare, ma colpe non se le addossa, e l'autocommiserazione, stavolta, non l'accompagna: la felicità, questa è riuscita a donarle; forse era l'unica a poter giocare con quel barlume, l'unica a poter donaglierlo, ciò ha fatto, e per questo, nonostante tutto, non rimpiange.

Semplicemente, eviterà di commettere lo stesso errore - stavolta porterà avanti solo quello che è diventato il suo nindo.

Nonostante sia ancora presa dai propri pensieri, non può non notare la costruzione che si trova giusto nel punto in cui gli alberi si diradano: media in grandezza, ne scruta attenta la forma rettangolare, fino a che gli occhi non si posizionano su una figura che non può appartenere a quella di un bambino; è ancora piuttosto distante, ma distingue un uomo e, tra le sue braccia, una bimba - dev'essere svenuta, visto quanto mollemente è poggiata: un'orfana che si è sentita male?

Accelera preoccupata, tanto che forse potrebbe perfino allarmare quel ragazzo - una piccola ragazzetta dall'aria terrorizzata che si affanna a raggiungerli non deve trasmettere il massimo della tranquillità.

Eppure eccola, davanti a loro, con il sacchetto stretto con forza tra le pallide manine e gli occhi puntati prima sulla bimba, poi sul ragazzo, poi ancora sulla piccola: è svenuta, ma non sembra ferita, mentre colui che la tiene in braccio è più giovane di quanto pensasse - forse troppo per essere il rettore dell'orfanotrofio, come ha in un primo momento pensato.

"B-buongiorno, so-sono Shin Akiyama. S-sono stata mandata da Kumogakure no sato per portare delle erbe m-mediche prese a Suna" vomita fuori le parole in fretta, a momenti perfino troppo velocemente per essere seguita, balbettando: se ne rende conto, si prende un attimo e continua più lentamente, cercando di non far vacillare la propria voce:

"Voi...lavorate per l'orfanotrofio? La bimba sta bene?"

E s'avvicina ulteriormente con un piccolo, incerto passo, mentre li scrutano gli occhi rosastri.

Accordata con Fran sul trovare il suo pg e la bambina davanti alle porte dell'orfanotrofio. Per il resto, buona role a tutti e due ^^
 
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Fran_Calore
view post Posted on 9/7/2017, 15:26     +1   -1




Ai aveva camminato per ore con la piccola Kurenai tra le braccia, alla ricerca di qualcuno a cui lasciarla, qualcuno che si potesse prendere cura della bambina prima che la fame lo colpisse nuovamente, prima che il mostro delle fibre si svegliasse cercando di trangugiare il piccolo cuoricino della nipotina di Goro.
I suoi passi si muovevano lenti e stanchi, ogni tanto trascinava semplicemente avanti il piede rimasto indietro, mentre il suo sguardo fissava un punto indefinito nello spazio, le sue braccia erano ancora rosse del sangue di Goro come quando gli aveva estirpato il cuore del petto, il suo volto invece nero dello schifo che era uscito dal padre di Kurenai...quello stesso schifo che ora gli invadeva le vene,
se ancora ne aveva. Di sicuro molti viaggiatori si sarebbero solo spaventati ad incontrarlo per strada o avrebbero chiamato delle guardie nel tentativo di salvaguardare quella dolce bimba per cui aveva fatto tutto ciò.
Il giovane alzò gli occhi al cielo, nella speranza che potesse arrivare la pioggia non solo per cancellare ciò che aveva fatto, ma anche per dissetare la propria gola. Era sfinito, al limite delle forze, se avesse proseguito insieme alla bimba non ce l'avrebbe fatta nessuno dei due, e, in fondo, era tentato di abbandonarla lì, in modo da poter tornare dalla sua Yuri, in modo da poterla riabbracciare finalmente. Eppure non se la sentiva, non riusciva a lasciarsi dietro Kurenai,
forse anche perché il cuore del buon Goro ora batteva nel suo petto.
Quando oramai stava perdendo ogni speranza e ogni forza ecco che riuscì a vedere un edificio in lontananza, forse la salvezza.
I suoi piedi strusciarono sul terreno sempre più rapidi, mentre con le sue ultime forze teneva sopiti quegli istinti che lo spingevano a saziarsi immediatamente:
è un po' come quando si è in equilibrio su un filo, molti pensano che il pericolo sia maggiore quando la meta è lontana, ma la maggior parte cade ad un passo dal traguardo, quando oramai è certa di avercela fatta.
Si avvicinò ancora e ancora, finché le porte non furono a quasi due metri. Rimase immobile a fissarle, come se ancora non credesse alla possibilità di aver trovato un rifugio.
Si sentì arrivare da dietro una presenza e subito si allertò, un altro mostro l'aveva seguito? Possibile, ma non aveva le forze per reagire in quel momento,
sarebbe morto lì, a un passo dalla salvezza.
Quando infine sentì la voce acuta di una ragazzina gli scappò una leggera risata,
mentre le forze lo stavano abbandonando.


Orfanotrofio...eh?

Disse il giovane prima di crollare a terra svenuto mentre con le mani ancora teneva al sicuro la piccola Kurenai.
 
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view post Posted on 11/7/2017, 20:43     +1   -1
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Si muovevano a passo rapido nel bosco. Il ragazzino per quanto titubante sulla sua accompagnatrice manteneva un'andatura più spedita della giovane, anche se i suoi occhi guardinghi non l’abbandonarono un attimo. Nonostante Chiaki si sentisse osservata cercava di non dare a vedere il suo disagio, odiava essere fissata in quel modo. Completamente concentrato sulla sconosciuta il fanciullo inciampò; si sarebbe sicuramente ritrovato con il volto per terra se la kunoichi non lo avesse afferrato al volo.

- Ehi piccoletto guarda dove metti i piedi, altrimenti dovrò occuparmi anche delle tue cure - disse lei con sguardo serio facendogli intuire che avesse colto la dinamica - Non vorrai perdere minuti preziosi sottraendo tempo a tuo fratello?!

Non era solita essere così dura con qualcuno di così piccolo ma non sopportava proprio essere squadrata con diffidenza. La vita da nukenin era già impervia di suo, ma quando si trovava in borghese non accettava quella sorta di astio covata nei suoi confronti, senza un’apparente motivo. In realtà sapeva che il mondo popolato dai ninja risultava essere piuttosto spietato con chi considerava troppo debole per sopravvivere; la colpa era la sua, che si ostinava con la sua bontà d’animo a dargli delle sfumature troppo colorate.

- Sì, hai ragione... scusami - rispose il giovane di rimando, sentendosi chiaramente in colpa - Mi chiamo Nissho comunque, piacere.

L’evocatrice gli sorrise questa volta, dandogli modo di tranquillizzarsi. Dopo l’episodio i due iniziarono ad andare maggiormente d’accordo, scambiandosi qualche informazione in più. Il moccioso aveva intrapreso il suo viaggio da un orfanatrofio che a quanto sembrava non se la stava vedendo bene finanziariamente. L’oggetto che aveva rischiato di perdere davanti al ninja era una proprietà personale, ma quando suo fratello si era ammalato non ci aveva pensato due volte a darlo in pegno purché lui tornasse a sorridergli come faceva sempre. Per questo motivo si era preso a carico un fardello del genere, convincendosi di poter trovare un medico che lo aiutasse a trovare una cura. In realtà quello che lui osannava come un familiare non aveva nessun rapporto di sangue con lui ma forse era un po’ come succedeva all’eremo, nonostante la razza diversa si condivideva la stessa casa e lo stesso nindo. Purtroppo il discorso s’interruppe nell’istante esatto in cui la coppia mise a fuoco quella che doveva essere una specie di casupola in legno e mattoni, non più alta di due piani. All’esterno c’era una specie di rimessa per gli attrezzi ed un giardino non proprio nel suo massimo splendore. L’infante iniziò a correre preso dall’entusiasmo ma ben presto i suoi passi rallentarono notando due figure riverse a terra. C’era anche un’altra ragazzina... qualcuno che la Hyuga aveva già visto. Cercò di ricordare ma l’appello del suo compagno di viaggio la riportò immediatamente alla realtà come una secchiata d’acqua gelida.

- Kurenai? - interrogò più se stessa che il piccoletto dalla chioma salmone - E l’altro chi sarebbe?

Accelerò anche lei il passo, giungendo ai piedi della scalinata. La situazione era confusa ma bisognava rimanere calmi, evitando per l’appunto che anche i presenti andassero in panico. Posizionandosi in ginocchio la bella dalla chioma blu portò l’indice ed il medio della mano destra all’altezza della carotide, mentre con l’altra monitorò il respiro d’entrambi gli atterrati.

- Cos’è successo? - domandò con curiosità all’albina lanciandole solo qualche occhiata per non perdere la concentrazione sui pazienti.

Nonostante la sua aria familiare, quella che aveva davanti era una potenziale testimone dell’evento; le presentazioni potevano aspettare anche dopo. Fu proprio mentre si apprestava ad eseguire le prime manovre sanitarie che una strana presenza le fece drizzare i peli della schiena. Si voltò di scatto in direzione della foresta e seguendo il suo istinto primordiale si rivolse al resto della combriccola.

- Portiamoli dentro - esordì con calma, afferrando il ragazzo più pesante, nonostante il fisico di lei fosse all’apparenza minuto - Tu ce la fai con la bambina?

In realtà non riusciva a ricondurre all’età di quella giovane per quanto il suo corpo fosse acerbo, che facesse parte di quella comunità? Che si fosse sbagliata sul suo conto ed in realtà non la conoscesse? Eppure non ricordava la sua voce... che cosa strana.

- Nissho facci strada. Riesci a metterci a disposizione due letti liberi? - chiese al ragazzino che tutto preoccupato prese la testa del gruppo.



Edited by Karen91 - 13/7/2017, 18:40
 
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view post Posted on 21/7/2017, 18:25     +1   -1
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Sbatte le palpebre una, due volte - la vista offuscata tanto dalla lontananza quanto da frenesia e preoccupazione diventa più nitida ora che si concede un secondo sguardo alle due figure davanti a sé: l'uomo, apparentemente distrutto, ha le mani impregnate di sangue, il volto coperto di nero e due grosse protuberanze in mostra sulla schiena. Si allerta alla sua presenza, e altrettanto fa Shin, sia per l'improvvisa reazione, sia per il liquido cremisi che lo sporca - uno scatto all'indietro, un flebile squittio: la Kunoichi porta le braccia davanti a sé, a schermare il corpicino - non un gesto analitico, una posizione di difesa pronta e ben precisa, bensì la semplice reazione di una ragazzina spaventata e colta di sorpresa che, terrificata, balza portando istintivamente gli arti superiori per proteggersi.

Chiude gli occhi, quel breve istante in cui il ragazzo potrebbe avventarsi su di lei, sguainare una lama e squarciarle la pelle, usare la forza bruta e...e...

Eppure, nulla di tutto ciò accade.

Il giovane parla ancora e la magnetista abbassa appena le braccine, quanto basta perché possano ancora tenerla in posizione difensiva ma le lascino gli occhietti rosa far capolino al di sotto dalla disordinata frangia biondastra: lo scorge l'ultima volta in piedi, ancora ridanciano; poi, un sordo rumore segue l'impatto del suo corpo col suolo.

Definitivamente, lascia che gli arti le cadano mollemente lungo i fianchi: scossa da un fremito, è immobile un attimo , solo uno, poi scatta verso i due, lasciandosi cadere sulle ginocchia.

Io...perché l'ho fatto?

Prima che possa pensare alle figure accasciate dinanzi a lei - e si pente e mortifica anche per aver lasciato che altri pensieri soppiantassero quello fondamentale di capire come stessero - si chiede il perché di quello scatto ingenuo, incosapevole, spaventato, vulnerabile: contro qualcuno in piena forma e con l'effettiva volontà di farla del male, ecco...non sarebbe andata altrettanto bene.

Ha affrontato un mostro che avrebbe dovuto far parte solo della fantasia, combattuto in una sanguinaria arena e contro dei kappa...eppure mai come questa volta, sola, spaventata e senza allerta e guardia costante, si è sentita la morte sfiorarla come una tenera carezza - quel sangue che sporca le mani del giovane uomo l'ha così tanto impressionata?

Sì, si direbbe.


Forse l'idea di avere davanti qualcuno col coraggio di uccidere a sangue freddo, e ancor peggio far male a un'innocente come una bimba - ha un flash la magnetista: scatta verso la bimba come se avesse rotto la barriera dietro cui si rintana quando prende a pensare, quella che la trattiene lontano, chiusa nella propria mente, ne controlla le condizioni a cuor palpitante.

È solo quando riconferma la sua idea dello svenimento e nota che a pulsare non è solo il suo di cuoricino che può vomitare fuori l'orribile peso con un grosso sospiro - finalmente l'aria le fluisce di nuovo nei polmoni, come se prima fosse stata senza fiato, con la testa sott'acqua - <i>o come quando l'acqua le arrivò dritta addosso a causa della Raikage.

Tanto riposo, è debole la bimba...ma altro non dovrebbe servirle, nonostante non ci penserebbe due volte a far valutar meglio la condizione da occhi più esperti - non ha la presunzione di dirsi medico fatto e finito, ed ha anzi ancora tanto da imparare: è felice di farsi da parte per vedere un paziente aiutato da qualcuno che può bene occuparsi di lui e perché no, le piacerebbe apprendere da qualcuno che ne sa più di lei, vuoi per interesse nel campo, vuoi soprattutto per il desiderio di migliorare in quella professione che tanto ama.

Ancora inginocchiata, muove qualche passo a gattoni per accostarsi al ragazzo, intenzionata a scansionare anche la sua di situazione; gli si porta a fianco con titubanza, preoccupata, ma incapace di negare il proprio aiuto, neanche fosse il più infido degli assassini: tuttavia lo sfiora con cautela, si sposta lentamente quasi voglia star attenta a non farlo svegliare per...per paura possa succedere qualcosa.

Tuttavia, non si sveglierà - lo sa bene lei che ha controllato: è debole e fiacco anche lui, e ciò di cui ha bisogno, come la bimba, è un lungo riposo ristoratore.

Non ha ferite il giovane uomo, solo quel sangue che gli impregna le mani, la sostanza nera che gli insozza la fronte e...cosa sono quelle due protuberanze lì, sulla sua schiena?

È solo dopo che l'ha delicatamente voltato affinché stia in posizione prona che le nota: hanno in tutto e per tutto delle maschere dalle particolari espressioni, nulla più. Shin allunga la mano, per poi allontanarla quando è a pochi centimetri dalla ceramica bianca: le osserva ancora inquieta, in bilico tra lo sfiorarle e il lasciar stare per concentrarsi su altro - uno scatto del braccio, una sfida alla sua tensione, e la sue dita tuttavia toccano la bianca superficie. Poi, quasi come se si fosse appena resa conto di ciò che ha fatto, se ne stacca subito - eppure, nulla è accaduto: una tradizione del luogo in cui viene? Un semplice ornamento di gusto? Qualcosa legato a un'eventuale capacità innata?

Non se la cava male nel notare i dettagli di quel che le sta intorno: nota così che quello è uno Shinobi del paese della Nebbia, poi pensa ancora a come l'ha trovato.

Certo, il sangue gli copre le mani, ma la bambina di ferite non ne ha - e se invece avesse solo ferito qualcuno per legittima difesa sua e della piccola?

Rilassa la schiena, abbandonando la postura rigida, uno di quei tanti segni della sua agitazione, e lo scruta con occhi più incuriositi, addolciti: d'altro canto, potesse anche non essere come ha appena pensato, Shin è di cuore tenero. Auspica sempre abbiano fatto il meglio le persone, e in questo caso, che sia come pensa lei.

Una lieve sensazione di colpa - e ora non dovrebbe star qui a pensar a questo... - la prende al pensiero di come ha agito con il giovane.

"Non se lo meritava..." si dice. Gli avrebbe porto le sue scuse, una volta si fosse ripreso.

Di nuovo volta il ragazzo, per far sì che torni a stare in una più comoda posizione supina: dovrebbe portarli dentro ora, in modo che possano essere entrambi curati. Si accosta di più al "pesce grosso", quello che avrà più fatica a portar fin lì. Poi, storce il naso.

Un puzzo le riempie le narici: simile all'odore di un corpo in putrefazione, proviene dal giovane - e fortunatamente, ancora troppo pungente non lo è diventato.

Il sangue? Ma è ancora troppo fresco quello che ha addosso. Vecchie ferite che non ha notato? Ma ancora, il suo corpo è perfettamente integro...


Solo avvicinandosi maggiormente ne deduce la provenienza - quel liquido nero, che cos'è?

Ci intinge appena un dito, poi veloce lo scosta, avvicinandoselo al dito, poi storce il naso nuovamente: quale sostanza possa essere non ne ho idea - e quello no, non può essere sangue...

Si volta di scatto - irrigidita nuovamente, i passi rapidi che sente la mettono sull'attenti, ora per davvero: è pronta a difendere con i denti le due persone svenute dietro di le se sarà necessario.

Invece, quello che sbuca è un bambino, uno di quelli che con tutta probabilità è parte integrante dell'orfanotrofio, seguito da una figura minuta, dalla lunga chioma blu: si affianca come aveva fatto pochi attimi prima lei stessa, per valutare come stanno.

Shin, nel frattanto, osserva prima il bambino, poi la giovane, che lascia controllare mettendosi da parte.

Decide quindi di rivolgersi al primo, abbassandosi al suo livello e carezzandogli la testa per tranquillizzarlo dalla vista dei due corpi accasciati: "Tutto bene piccolo? Siete di questo posto voi?"

Poi, torna a osservare la ragazza chinata - le ricorda qualcosa. L'ha magari già conosciuta? E in un lampo, l'unica persona da i capelli di tale sgargiante colore le balena in mente: la ragazza che poco tempo prima li ha aiutati nell'arena!

Il suo stupore è troncato dalla domanda che le pone:

"So-sono arrivata qui per dare sostegno medico e portare delle erbe prese a Suna. Li h-ho incontrati prima di entrare, la bimba era tra le braccia del ragazzo, che è svenuto. Ho controllato quanto ho potuto, n-non sono espertissima, ma penso siano entrambi provati da un lungo e faticoso v-viaggio. La bimba non è ferita, e neanche il ragazzo, nonostante le mani. L'unica cosa che non riesco a c-capire è cosa sia il liquido che gli cola dalla fronte"

Mette anche lei da parte i convenevoli per prendere a parlare spedita, tradendo con quei piccoli balbettii la propria agitazione.

"...e quelle maschere sulla sua schiena" aggiunge in fine, pensosa.

È giusto appena nel momento in cui finisce di parlare che un brivido le scuote la schiena, la trafigge come mille spilli: non è paura - ha sentito...qualcosa.

"E quel qualcosa deve averlo percepito anche lei" conclude quando l'altra si volta di scatto, consigliando di entrare.

Lo sguardo di Shin cerca assorto la risposta nei meandri della foresta, ed è la giovane dalla chioma blu che, di nuovo, la riporta a sé: la magnetista annuisce, riafferra la preziosa busta di carta che ha lasciato inavvertitamente prima e prende in braccio la bimba, stringendosela al petto.

"S-serve una mano?" aggiunge alla ragazza, constatando la sottile fisicità che possiede quest'ultima.

"Grazie...grazie mille per l'aiuto"

Avranno pur da pensare prima ad altro, ma questo non può trattenerlo. Ringrazia di cuore la giovane dagli occhi perlacei, lasciando che le presentazioni slittino ulteriormente. Poi, spedita segue i due.
 
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Da una Lacrima di Luna

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Il loro ingresso in scena irrigidì per un’istante la viaggiatrice, prima di riconoscere in quegli occhietti vispi e fanciulleschi un abitante dell’orfanatrofio. Per quanto evitava di mettersi a piangere Nissho sembrò notevolmente scosso per l’accaduto. Se era partito per aiutare solo suo fratello, vedere ai suoi piedi Kurenai lo lasciò turbato. Quando la biondina gli si avvicinò in modo affettuoso, la sua reazione rimase distaccata e timorosa. Chi era tutta quella gente straniera che lo circondava? Si allontanò indietreggiando di un passo, come temendo il peggio da un momento all’altro. La domanda della fanciulla si perse nel vento, mentre Chiaki lanciò una semplice occhiata al piccoletto seguita da degli ordini per spronarlo a reagire alla situazione. Sapeva quanto potesse essere temibile il panico, soprattutto verso un soggetto così giovane e con poca esperienza del mondo. Lo voleva lucido vista l’assenza di coscienza della bambina, lui sarebbe stato il loro lasciapassare per varcare la soglia della struttura. L’efebica figura femminile in sua compagnia invece riuscì a mantenere il sangue freddo ed a narrarle nel minor breve tempo possibile tutte le informazioni utili del caso. Era un sollievo sapere che un altro medico era giunto lì e che poteva contare sul suo aiuto in quella situazione. Il modo di balbettare di lei le ricordava molto il suo lato caratteriale di diversi anni addietro, quando la diciassettenne vagava continuamente nelle sue insicurezze. Le sorrise amabilmente come può fare una madre con una figlia, vedendola camminare per la prima volta, senza nemmeno rendersene conto.

- Hai fatto bene a portare delle erbe da un villaggio attrezzato come Suna, so che c’è un altro ragazzino che sta male all’interno dell’orfanatrofio - commentò stupendosi del tanto coraggio della più piccola - Grazie per il tuo pronto intervento. Non ho avuto modo d’osservare i loro corpi ma i parametri sembrano a posto, se le cose stanno come immagini, non dovremmo fare altro che aspettare che si sveglino.

A quel punto vigorosamente il moccioso dalla chioma rosata bussò alla porta, dovette farlo più volte prima che un’ingenua figura sui quindici anni rispondesse alla sua chiamata. Le braccia conserte, un po’ scocciata e la capigliatura fucsia da ribelle che le contornava il viso altezzoso. Chissà in cosa era tanto impegnata per avere quell’espressione sul volto, che mutò non appena ebbe inquadrato i volti familiari dell’incosciente e di Nissho.

- Che cosa sta succedendo? - per l’ennesima volta quella domanda coinvolse tutti.

Questa volta però la Hyuga non aveva tempo per delle spiegazioni, così un po’ brutalmente si fece largo con una spallata, oltrepassando la nuova arrivata. Il piccolo alle sue spalle la seguì immediatamente mantenendo anche lui un rigoroso silenzio ed ubbidendo alla richiesta della kunoichi, cercando di accelerare il passo per farle strada. Mentre salivano le scale una goccia del liquido denso e nero proveniente dalla vittima maschile le scivolò lungo il braccio, facendole corrucciare il volto. Lo osservò intensamente cercando allo stesso tempo di non inciampare in qualche ostacolo scomodo comparso all’improvviso.

- Non ho mai visto niente del genere - rispose di rimando alla sua interlocutrice, riferendosi al liquido nero in netto contrasto con la sua pelle candida - Sembra quasi inchiostro eppure fa un odore disgustoso.

Rimuginò sulle informazioni in suo possesso, mentre incrociava nei vari corridoi i piccoli abitanti di quel posto. L’età era molto varia e sembravano essere numericamente più di quanto esternamente l’edificio dava a vedere; sempre che non ci fosse stata qualche stanza celata agli occhi esterni.

- Ma avete un tutore, un mentore, in questo luogo? - chiese con curiosità l’evocatrice, trovandosi smarrita in un posto come quello composto unicamente da minorenni.

- Sì ormai è rimasta solo la proprietaria a farci da balia - rispose inaspettatamente la più grande appena incontrata, che aveva preso a seguirli silenziosamente nel tragitto - E non ci permette nemmeno d’abbandonare quest’orribile posto.

- Che dici Shioko, non sopravvivremo un giorno là fuori - rispose la guida indignata per quella mancanza di rispetto per la loro protettrice, così almeno lui la considerava.

- Parla per te moccioso... io ce la farei - rispose di rimano l’altra biascicando qualcosa di gommoso che masticava dal loro arrivo.

E mentre la sua bocca cercava delle spiegazioni la sua mente continuava con ragionamenti e congetture. Il minuto medico aveva parlato riguardo a delle maschere sulla schiena di quel misterioso soggetto che stava trasportando. In quella posizione era difficile tastarle, osservarle e capirne l’origine ma la curiosità d’entrarci a contatto le faceva trepidare le viscere. La testa di una ricercatrice era sempre in funzione, nell’elaborazione di nuove scoperte da studiare ed analizzare. Quelle ferite superficiali poteva occuparsene anche la tenera ninja, lei doveva avere assolutamente un campione di quel materiale sconosciuto. Se qualcuno avesse letto quel suo pensiero morboso forse l’avrebbe trovato un tantino egoistico ed ossessivo ma proprio attraverso la scienza si potevano risolvere enigmi inspiegabili, né era sicura. Doveva rimanere aperta ad ogni follia pur di adempiere al suo compito di portare la pace tra gli uomini. Il corpo del paziente dormiente le scivolò leggermente dalla spalla, e con un piccolo spostamento brusco lo sistemò meglio, così da potersi muovere più agilmente. Forse fu solo un’impressione ma notando il volto preoccupato della figura al suo fianco, non riuscì a rimanere seria.

- Sono più forte di quanto possa sembrare - disse inclinando il braccio libero a novanta gradi, ed irrigidendo il bicipite - Tu piuttosto non sei stanca dopo il lungo tragitto che hai percorso?

Finalmente a destinazione i due si sarebbero trovati in una stanza sobria con un mobilio rosicato il minimo indispensabile, ed una lunghissima serie di letti disposti in ordine parallelo nei lati opposti della camera. La finestra aperta faceva entrare un delicato soffio d’aria a dare refrigerio ai suoi ospiti, mentre un secchio riposto al lato dell’ambiente, pieno d’acqua, faceva intuire che quel posto avesse qualche perdita piovana. Bastava osservare il soffitto per notare il legno delle travi non proprio trattato, ed uno di questi persino spezzato sotto il peso del tetto. Quando parlavano di problemi economici probabilmente intendevano anche le condizioni in cui vivevano; sarebbe bastato una scossa di terremoto per far venire giù gran parte della soffitta. Quanto più delicatamente possibile appoggiò il giovane su uno dei giacigli, fissandolo con sguardo vuoto mentre continuava a navigare nei suoi pensieri. Velocemente estrasse il rotolo che aveva allacciato alla gamba, posizionandolo lungo il materasso di fianco, sciogliendo il sigillo di contenimento così da far materializzare tutta l’attrezzatura necessaria. Una serie di fialette vennero alla luce, sterili e completamente sigillate; con queste anche gli strumenti del mestiere e delle erbe medicinali prelevate nel corso dei suoi lunghi viaggi.

- Scusa sono stata scortese... non ci siamo nemmeno presentate. Il mio nome è Chiaki - esordì alla fanciulla dalla chioma candida - Se desideri riposarti qui è pieno di letti, altrimenti se ti va, mi farebbe piacere un tuo aiuto. Posso chiederti che tipo di erbe hai con te? Sei pratica di tonici?



Edited by Karen91 - 11/8/2017, 14:39
 
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5 replies since 20/6/2017, 14:25   311 views
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