Eterno è chi ha scelto di vivere a suo modo, Chiaki Hyuga - Sessione Autogestita #3

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view post Posted on 18/7/2017, 13:23     +1   -1
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Chi vive senza follia non è così saggio come crede...


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Atto I ~ Addii

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[x] Le bare erano state allineate alla perfezione davanti all’altare, di un colore bianco candido intagliate con una precisione magistrale allo stesso modo delle targhette nelle stanze della residenza. La magnificenza di un tale evento si poteva anche solo respirare nell’aria ormai pregna di incenso dalle diverse sapidità. Ogni presente occupava la parte retrostante della zona adibita come scenario immacolato. Solo qualche familiare più stretto si avvicinava al proprio caro per rendergli omaggio un’ultima volta. L’unico punto di riferimento disposto era la foto del defunto che era stata riposta davanti ad ogni feretro, così da dare sollievo ai parenti nel guardare per l’ultima volta la vittima nel suoi ultimi momenti di splendore. Chiaki quella scena l’aveva già vissuta e per quanto avesse cercato di mostrarsi forte davanti ai suoi confratelli pelosi, in realtà aveva sfogato la sua disperazione negli incubi che notte dopo notte non smettevano di passare a trovarla. Non avrebbe mai pensato di trovarsi di nuovo in una situazione del genere, non dopo l’episodio vissuto non troppo tempo addietro. Proprio come aveva immaginato a troneggiare al centro del prato, nello stesso spazio dove si era allestito lo scontro c’erano solo coloro della Casata Principale. Vedere con i suoi occhi quanto non avessero imparato nulla dai loro errori, le creò una specie di tormento interiore. Avrebbe voluto andarsene e lasciare quel posto distruggersi con le sue stesse mani. Per quanto si sentisse in debito nei confronti del loro capoclan, una parte di lei lo disprezzava per quella presa di posizione da superiore nei confronti della razza pura. Ma il motivo del perché lei fosse lì aveva un significato ben più profondo: voleva rendere omaggio a quelle persone che anche se innocenti avevano dovuto sottostare ad una mente rancorosa che aveva accumulato odio per colpa di chi non credeva all’uguaglianza dei diritti. Persino il Kage non faceva differenza tra i civili ed i ninja, perché avrebbero dovuto farla loro? Una nascita non poteva prevedere se un soggetto fosse stato più dotato di un altro ad elevare la fama del clan, quella era una base insensata per poter decidere le sorti dell’intera vita di un soggetto. Chie aveva insistito parecchio nella sua presenza proprio per dare forza ai sopravvissuti, che nella disperazione più totale, si erano lasciati guidare da quella figura che fino a pochi attimi prima disprezzavano. Una guastafeste che aveva rovinato il matrimonio più importante dell’anno per un membro praticamente inesistente ai loro occhi. La stessa persona che aveva deciso d’accompagnarla nonostante non avesse la benché minima intenzione di rimettere piede lì dentro. Il terrore che potessero cambiare idea e separarla nuovamente dalla sua protetta la ossessionavano. Si era sempre dimostrata una persona forte ma mai come in quell’ultimo periodo mostrava apertamente le sue debolezze, cercando di nascondere inutilmente la sua più segreta paura di rimanere di nuovo sola ed abbandonata. Quando gli occhi diafani della kunoichi misero a fuoco la figura sfinita e asciutta di Momo accanto a suo padre, non esitò nemmeno un attimo a prendere la sua direzione. Mirai fece lo stesso, un po’ a disagio per la situazione. Probabilmente lei era una delle poche della Casata Cadetta che avesse avuto il permesso di mettere piede lì. Che pensassero veramente provasse qualcosa per la morte di Kizoku? Se non si fosse dovuta trattenere per il tipo di invitati, probabilmente avrebbe sputato persino sulla sua tomba. La sposa lasciata all’altare fissava la foto del suo ormai defunto consorte ma il suo sguardo era perso, come se stesse fissando un punto vuoto ma in quella direzione.

- Mi dispiace per la tua perdita - esordì la bella dalla chioma blu, sfiorando il braccio dell’altra figura femminile - Non avrei mai pensato che fosse questo l’epilogo del nostro scontro.

Notando la ragazza il capofamiglia si allontanò, lasciando rimanere da sole le donne per scambiarsi alcune parole. Infondo lui aveva diverse faccende di cui occuparsi e molti presenti a cui fare le condoglianze personalmente. La Hyuga dalla chioma corta non si voltò, forse per non far notare i suoi occhi rossi consumati dalle lacrime. Che desiderasse veramente unirsi a lui? Infondo non sempre si poteva decidere chi amare. La diciassettenne si sentì un po’ a disagio per l’assente interazione dell’altra ma non per questo si demoralizzò.

- So di non essermi comportata correttamente con te, ho rovinato uno dei momenti più speciali della tua vita ma ho bisogno di confessarti una cosa: sono felice che tu non ti sia accompagnata con un uomo del genere. Probabilmente non crederai alle cose che ho detto durante la cerimonia sul suo conto, ma ti giuro che non ho mai mentito al riguardo. Meriti di più. Una vita felice e qualcuno che ti ami sul serio. Non lasciarti offuscare la mente dagli altri e scegli con la tua testa, perché con quella persona potrai condividere molte cose, non solo dei figli. Fai i tuoi sbagli, complicati l’esistenza ma sii tu a deciderlo. Io non ritirerò la mia proposta... se avessi bisogno di consiglio o una spalla su cui piangere sai dove trovarmi - concluse infine il jonin, cercando di fare da pilastro alla conoscente.

Il silenzio continuò a dominare sulla scena e persino la castana non riuscì a sbloccarsi. Accennò un lieve “condoglianze” prima di voltare le spalle come stava facendo Chiaki.

- Sono stata troppo cieca nonostante la verità fosse chiara ai miei occhi - un fil di voce quasi impercettibile raggiunse le orecchie delle due ragazze in procinto di congedarsi - Grazie.

Non spostò minimamente il volto ma rimase nella sua identica posizione iniziale come una statua impossibilitata a muoversi. Il ninja le sorrise di rimando, complice del fatto che avesse percepito le sue scuse. Una volta tornata alla sua postazione accanto a sua nonna, il bonzo raggiunse il centro del prato stringendo in mano il suo mālā. Non aveva libri con se né altro, a lui bastavano i suoi sutra. La cantilena iniziò incessante mentre a passi lenti e cadenzati percorreva l’intero percorso tra gli involucri. I pianti si fecero più consistenti, soprattutto dalla folla che circondava la guaritrice. Il petto le doleva nonostante quel dolore non le appartenesse. Yume, probabilmente aveva deciso di lasciare aperta la porta della sua anima per entrare in sintonia con il malessere generale. Le preghiere la nutrivano, infondendole un vigore al di fuori della comprensione dell’evocatrice. Si sentiva scombussolata la kunoichi, ma allo stesso tempo assuefatta da quella sensazione che diventava sempre più piacevole. L’amica vedendola un po’ vacillante le sfiorò la mano, facendola tornare bruscamente alla realtà ed interrompendo il contatto con lo stesso spirito racchiuso nel suo corpo. Quando le preghiere giunsero al termine, i presenti afferrando un fiore dalle decorazioni messe a disposizione, si sparsero ordinatamente raggiungendo ognuno il punto di loro interesse. Lei però rimase lì, insieme alla sua accompagnatrice, cercando di dare meno nell’occhio possibile; anche se molti sguardi incuriositi puntavano verso di lei. Proprio in quel momento di tranquillità un ragazzo dall’aria familiare le si avvicinò, mostrandosi piuttosto cortese con lei. Ci mise un po’ per relazionare chi fosse ma poi ricordò la danza e la sua pessima esibizione dovuta per l’appunto all’esclusione dal comitato organizzativo. Lui era stato l’unico che l’aveva integrata, chiedendole di prepararsi per cominciare. A quanto le parve questa volta aveva una nuova proposta per lei. Infatti con più confidenza le chiese se volesse omaggiare i defunti con qualche discorso. La bella dalla chioma blu non si era preparata nessuno scritto ma dopo un momento di tentennamento non rifiutò la richiesta. Infondo aveva già avuto modo d’esporsi in un contesto simile. Nonostante tutto non fu la sola ad acconsentire alla proposta ma anche altri famigliari e membri di rilievo si esposero. Molti decantarono qualcuno di specifico, altri si tennero sul generale ma onorarono il clan, per non parlare di chi riuscì a far trasparire il suo odio anche durante le onoranze funebri. Quando toccò a lei un chiacchiericcio confuso si alzò tra il pubblico fino a trasformarsi in immenso silenzio al suo arrivo a destinazione. Mutamente si guardò intorno, passando in rassegna di tutti quei volti più sconosciuti che altro. Le dispiaceva in parte essersi allontanata così tanto da quel mondo, dall’altro però sapeva di aver guadagnato delle consapevolezze diverse con la sua crescita fuori dagli schemi predisposti. Doveva trovare le parole giuste per esporsi ma quell’agglomerato di gente era tanto diversa quanto imprevedibile. Come avrebbe recepito il suo messaggio?

- Vi sono grata per avermi dato la possibilità di porgere questo addio a tutti i miei confratelli - iniziò con la voce tremante, di chi è emozionata per quello che sta per dire - Questa è la seconda catastrofe consecutiva che riduce molti dei nostri cari a piangere le vittime perdute.

Fece una pausa, lasciando che il suo tono calmo giungesse alle orecchie di tutti gli auditori. Lei per prima doveva ponderare bene sui termini più corretti da utilizzare in un discorso del genere.

- Avrei voluto essere un supporto per voi e per il villaggio anche quel giorno, mi dispiace non essere potuta intervenire preventivamente evitando il susseguirsi degli eventi - disse facendo riferimento all’attacco di Hyou al villaggio - Purtroppo non facciamo parte della ristretta cerchia dei Kami e come esseri umani sbagliamo, continuamente. Non negherò che la loro morte non è avvenuta per mano nostra, dobbiamo semplicemente prenderci le nostre responsabilità come adulti.

Il preambolo iniziale cominciò a mutare, provocando qualche espressione confusa tra il clan. Che cosa stava cercando di dire quella ragazza? Di nuovo silenzio ed eccola la seconda ondata di dubbi provocati da quella lingua troppo sciolta.

- Questo sarà soltanto uno degli episodi che potrebbero portare definitivamente allo sfacelo del clan. Finché la Casata Cadetta verrà arginata in questa maniera, le nostre speranze di sopravvivenza sono molto basse. Non possiamo vantarci di fronte agli altri rinomati clan, quando il maggiore dei nostri problemi deriva dalla stabilità precaria al suo interno. L’attacco del leader di Akatsuki poteva essere prevedibile solo da chi ne conosceva i piani, ma una guerra civile era stata predetta già da parecchio tempo. Il fatto che il ramo secondario non sia stato invitato a questa cerimonia se ne deduce che non abbiate imparato molto dai vostri errori. Io porto i segni della mia insubordinazione sulla mia pelle ma voi porterete il vostro errore per sempre nel cuore. Abbiamo lo stesso sangue e gli stessi diritti - continuò imperterrita iniziando a metterci sempre più passione nel suo sproloquio.

Fu nell’attimo esatto in cui si fermò per prendere ossigeno che sentì delle braccia afferrarla da dietro. Mirai la stava trascinando via con se mentre alcuni membri del clan si avvicinavano impettiti, con sguardo serio. Per la seconda volta aveva miseramente fallito. Rimase in silenzio mentre le voci del chiacchiericcio diventavano sempre più flebili, fino a scomparire. Che forse un giorno avrebbero creduto alle sue parole?

Spero solo che la loro morte non sia stata inutile...


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Atto II ~ Integrazione

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Dal funerale passarono alcuni giorni, in cui Chiaki cercò d’informarsi meglio sulle nuove cariche che avrebbe potuto ricoprire in quell’enorme macchina che era il villaggio. Il fatto che adesso fosse considerata ufficialmente un jonin portava con sé dei pregi ma anche dei difetti. I primi problemi arrivarono già dai principi base. Chiaki rifiutò categoricamente d’indossare il giubbotto dato in dotazione ai suoi ninja e stessa cosa successe per i calzari che nonostante tutto continuava ad accantonare in un armadio a casa sua. Un giorno avrebbe potuto persino rivenderli, per quanti ne possedeva. Che pensassero che li avesse dimenticati in missione? Non sapeva nemmeno lei darsi una spiegazione. Fuyuki ancora non aveva fatto il suo ritorno e le prime scartoffie burocratiche non tardarono ad arrivare. A chi avrebbe dovuto chiedere consiglio per tutta quella roba? C’erano tanti di quei plichi che se avesse saputo quel ruolo fosse tanto complicato probabilmente avrebbe declinato volentieri la carica. Lo stupore e la gioia iniziale erano andati completamente a farsi benedire, per lasciare una nota amara in bocca alla giovane. Senza contare la casa così grande e con tutte quelle persone al suo interno a condividerla. Mirai le stava dando una grossa mano nel tenerla in ordine anche se aveva odiato sin da piccola quella mansione alla residenza. Almeno lì non avrebbe dovuto farlo per obbligo ma solo di sua iniziativa. Tanto che ormai sembrava totalmente a suo agio in quel posto, quasi come se ci avesse sempre vissuto. Dopo l’inconveniente alla residenza l’aveva trovata più solare ed energica, propositiva a volersi buttare tutto alle spalle. Finalmente si sentiva libera dalle catene del clan e poteva realizzare qualsiasi cosa desiderasse. Insieme ad Aiko, la castana, aveva intrapreso lo studio accademico con un insegnante privato che veniva spesso a fare lezione. La bella dalla chioma blu aveva il suo bel da fare mentre l’eremita aveva una serie di missioni da portare a termine per il consiglio. Questo non significava che l’evocatrice ignorasse i bisogni della sua famiglia, tanto che nel tardo pomeriggio si metteva volentieri a disposizione dei due per illustrare loro qualche tecnica base. Il moretto e la Hyuga della Casata Cadetta entrarono immediatamente in competizione, al punto che entrambi si sentirono spronati l’una dall’altro. Anche l’aspetto trasandato adottato per ripicca dalla castana venne accantonato lasciando uscire un suo più leggero lato femminile. Gli abiti logori vennero bruciati, ormai irrecuperabili dopo averci messo ago e filo così tante volte, sostituiti invece da un kimono pratico e leggero perfettamente adatto per gli allenamenti, delle stesse tonalità rosate. Solo il verdetto finale per il cappello dalle lunghe orecchie da coniglio venne rimandato più volte, finché non arrivarono al compromesso di poterlo tenere, naturalmente dopo averlo lavato, ma non indossare. Nonostante il carattere forte della castana il segno verde che imbrattava la sua pelle candida rimaneva un emblema di vergogna; da ciò derivò la volontà di risolvere il problema in un’altra maniera. La calma e pazienza della kunoichi portò ad un risultato piuttosto soddisfacente. Ormai gli anni dimostrati dalla coetanea erano troppi per simili agghindamenti, da renderla ridicola, così optò per un taglio occultante e qualcosa che non ne scomponesse la disposizione. Ebbe parecchi problemi con il taglio dritto della frangetta, non essendo lei pratica del mestiere, ma molti di meno nel far vedere all’amica come creare una corona di fiori. Senza volerlo la rese irriconoscibile, un’altra persona agli occhi di chi l’aveva sempre vista poco propensa a queste cose. Nella dimora riusciva a sentirsi a suo agio, ma al primo ospite improvviso non rinunciava al suo outfit. La loro abitazione iniziava a diventare sempre più affollata senza che se ne rendessero conto, e pensare che fino a pochi anni fa suo padre detestava che lo disturbassero nella sua proprietà. Lo stesso non poteva dirsi per Chiaki, che iniziava a sentirsi parte integrante della comunità. Le visite di Chie diventarono sempre più assidue ed iniziò a viziare i piccoli senza ritegno. Non c’era volta che arrivasse senza qualche dono tra le mani, che fosse anche solo un dolcetto. Proprio partendo da questo punto d’interesse Yin la prese stranamente in simpatia, evitando di borbottare solo quando arrivava lei. Keigo invece, da come raccontò l’anziana donna, stava passando un brutto periodo con la sua malattia; per questo motivo era costretto a letto sotto pesanti dosi di antidolorifico. Nonostante quell’informazione le avesse trasmesso un’immensa tristezza, soprattutto per come si era conclusa la loro ultima conversazione, il ninja non demorse; la mattina iniziò a svegliarsi prima per fare una scappata alla residenza. Il sentimento nei suoi confronti tornò ad essere come al principio: c’era chi la stimava e chi la osservava di sottecchi con disprezzo. Le persone cambiavano idea con una tale velocità che era persino difficile rimanere al passo. Ultima, ma non per importanza, fu Amane, che con il suo ritardo di comunicazione stava preoccupando i suoi genitori da un po’ di tempo. Anche se avevano già ascoltato i dovuti specialisti, entrambi i coniugi avevano preferito aspettare una sua totale ripresa psicologica prima di soffermarsi sull’interazione. Le molte figure confidenziali che frequentavano ormai la loro dimora l’avevano fatta aprire notevolmente. Persino gli incubi ed i rispettivi risvegli bruschi erano diminuiti, portandola a delineare nuovamente un suo carattere. L’arrivo a Konoha si era pensato potesse crearle un effetto negativo, spostandola dal suo luogo originario ad uno praticamente sconosciuto, ed invece con tutte quelle interazioni il suo spirito era in mutamento. Presa di determinazione la Hyuga aveva deciso di portarla da una delle figure più di rilievo nel villaggio: le bastò un colloquio per giungere insieme al compromesso di utilizzare l’alfabeto muto nel caso non ci fossero stati progressi in quel campo. Se non ci fossero stati progressi, un passo alla volta avrebbero potuto imparare insieme. Dopotutto una famiglia fa anche questo: ci si sostiene e ci si aiuta a vicenda.


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Atto III ~ Perseverare

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Passeggiava tranquilla per le vie del villaggio ma già dai suoi occhi e dalla sua determinazione si poteva intuire avesse una chiara meta. I passanti più informati si voltavano a fissarla mentre lei non degnava loro nemmeno di uno sguardo, anzi l’unico spostamento dei suoi occhi era rivolto al suo percorso ed al blocchetto che stringeva tra le dita affusolate. All’interno una cartina disegnata del posto ed un cerchietto su un edificio ripassato in neretto.

- Sinistra, destra, poi lungo la strada principale e di nuovo a sinistra - borbottava tra sé il jonin, continuando per la sua strada.

Arrivata ad un certo punto della mappa qualcosa di inaspettato la mandò in difficoltà. Quella via non era inserita nel suo schizzo... che la documentazione di suo padre fosse un po’ troppo vecchia? Si guardò intorno in panico, prima di ricordarsi della distruzione avvenuta tempo prima con l’invasione di Hyou. Probabilmente molte strutture erano state persino ricostruite, determinate strade modificate approfittando dell’occasione. Si morse il labbro nervosamente, rendendosi conto che nonostante fosse cresciuta si ritrovava nella stessa identica situazione di quando aveva dodici anni e non trovava la residenza del clan. Dopo aver girovagato un po’ a vuoto, approfittando del tempo libero per scrutare le ultime novità, decise di rimettersi in marcia affrontando verbalmente un abitante. La situazione era piuttosto imbarazzante e dopo uno sguardo perplesso da parte dell’uomo, indeciso se fosse uno scherzo oppure no, gentilmente con l’indice mostrò la direzione più breve. Il primo passo fu tracciato ed in poco tempo finalmente le sue gambe la portarono spedita fino all’immenso edificio bianco, la cui estetica si ripeteva a moduli identici per tutta la facciata. Non era mai entrata lì dentro per quanto potesse risultare assurdo per un ninja. C’era parecchio via vai già all’ingresso e presa dall’adrenalina si avventurò al suo interno seguendo la popolazione. I pazienti in attesa erano un’infinità ed una donna urlava alla collega per la gestione dei casi di maggiori rilievo. Rimase qualche secondo impalata come una statua, studiando ogni loro modo d’agire. Infondo per lei quello era un mondo completamente nuovo. Da anni lavorava in solitaria, studiando sugli appunti del suo sensei, oppure “prendendo in prestito” libri dai villaggi vicini. Preferiva di gran lunga la parte pratica rispetto a quella teorica, ma non si era trovata a collaborare con così tanti colleghi nello stesso momento. Vedere la loro coordinazione, il loro affiatamento ed anche le litigate momentanee: era un insieme d’emozioni totalmente nuove.

- Posso fare qualcosa per te? - domandò una ragazza poco più grande di lei.

Gli abiti erano completamente identici come il resto dei dipendenti ed infossava un paio di guanti protettivi. La kunoichi la scrutò per qualche secondo prima di declinare l’offerta ed avviarsi verso la parte più interna della struttura sanitaria. La giovane ricambiò lo sguardo piuttosto perplessa, ma non riuscì a bloccarla perché già qualcun altro la stava chiamando in una stanza accanto, evidenziando il dolore insopportabile che provava in quel momento. Probabilmente si trattava di un’infermiera; i dottori, anche se ne era riuscita a scorgere soltanto uno, sembravano più evidenti con il loro camice lungo ed il fonendoscopio intorno al collo. Quanta professionalità e come erano vestiti tutti nella stessa maniera, le apparì subito come un mondo curioso. Al centro del posto un piccolo rettangolo con delle logge metteva in risalto uno spazio erboso con alcuni tavolini in metallo, che fosse utilizzata per i ricoverati non era poi così improbabile. Cominciò a salire le scale come una tranquilla turista in visita, iniziando a fare mente locale di ogni tipo di reparto allestito per gli interventi. La divisione era netta, anche se il punto più affollato rimaneva il pronto soccorso che non riusciva sempre a smaltire facilmente i casi, soprattutto per l’occupazione delle stanze. Non le sfuggì il notare qualche letto nel corridoio, né i pazienti che vagavano trascinandosi il palo con la flebo. Lei era abituata a casi singoli, soprattutto di civili, e quando le capitava di passare per i piccoli villaggi mai aveva negato il suo aiuto, nemmeno alle popolazioni meno abbienti. Lì sentiva che avrebbe potuto imparare molto sia con la tecnologia, sia rapportandosi con gli altri. Il percorso di un medico non sarebbe mai potuto divenire statico, nemmeno con l’avanzare dell’età. La passione per fare del bene l’avrebbe accompagnata sempre nel suo tragitto. La diciassettenne era convinta che un giorno avrebbe potuto trasmettere i suoi ideali: “dare per poi raccogliere”. Forse solo in questo modo l’oscurità avrebbe smesso d’essere così opprimente sopra le teste d’ognuno di loro. Ci mise parecchio per arrivare all’ultimo piano, proprio perché aveva voluto essere minuziosa con il suo controllo dell’area. Una volta giunta all’ultimo scalino si meravigliò dell’affluenza che c’era nel corridoio. Come uno sciame di api impazzite, il personale si muoveva da una stanza all’altra trasportando materiale, sul volto espressioni preoccupate. Una donna aveva alzato la voce ed andava chiedendo in giro dove si trovasse il medico del reparto, nel caos più totale. Alcuni la ignorarono, altri alzarono le spalle mentre una sua collega, forse appena libera dai suoi incarichi, si prodigò nel darle una mano. Cosa stava succedendo? Delle voci si fecero largo nella stanza accanto e la Hyuga aguzzò le orecchie per scandirne il significato. L’ospedale di Yu no Kuni sembrava essere andato in sovraffollamento ed alcuni pazienti, i più gravi erano stati trasportati d’urgenza nella sezione di Konoha. Chiaki non aveva la benché minima idea di cosa stesse accadendo, ma il nome del reparto parlava da sé: “Grandi ustioni”. Cercando di non dare troppo nell’occhio si avventurò al suo interno, ma immediatamente venne bloccata da un’altra infermiera che questa volta non la lasciò proseguire.

- Ehi, signorina dove sta andando? Non è l’orario di visite e dubito che il reparto per oggi rimarrà aperto. Se ha qualche familiare ricoverato qui, cerchi di pazientare nella sala d’aspetto - commentò accelerata la donna di mezza età, come se quell’imprevisto rischiasse di farle perdere minuti preziosi.

- In realtà stavo cercando il dottor Nishihori... avremmo dovuto incontrarci qui oggi a quest’ora - si giustificò la fanciulla.

La dipendente corrucciò la fronte basita, borbottando qualcosa tra sé prima di scappare via senza dirle nulla. L’evocatrice rimase un attimo interdetta per quel comportamento ambiguo, ma dopo qualche secondo d’attesa riprese il suo tragitto lungo il corridoio. Non riuscì a fare che qualche passo prima che la sua interlocutrice tornasse con del materiale stretto tra le braccia. Che cosa significava?

- Il dottore non si è presentato oggi a lavoro. Ha detto che sarebbe venuta una sua collega esterna a sostituirlo, quindi avremmo dovuto consegnarle tutto l’equipaggiamento necessario - continuò sempre con lo stesso ritmo precedente.

- Cosa?! - esclamò il jonin trovandosi improvvisamente a sostenere il materiale in dotazione, cedutole frettolosamente.

Non le era stato detto nulla da quell’uomo... perché mai avrebbe dovuto riservarle quello sconvolgente comitato di benvenuto? Dovette scuotere il viso per tornare alla brutale realtà che la vedevano come protagonista all’interno di un intero reparto nel disagio più totale. Che la stesse mettendo alla prova, oppure si era semplicemente preso una vacanza dalle sue responsabilità? Chiaki non conosceva di persona quella figura medica ma tramite Mirai ed il suo conoscente apprendista era riuscita ad entrare in contatto con il sanitario. In quei giorni si erano riusciti a scambiare solo delle missive, presi com’erano entrambi dai loro compiti, ma lui le aveva dato l’impressione d’essere interessato alla sua candidatura. Sapeva perfettamente chi fosse la ragazza, ma nello scritto non sembrò essere particolarmente impressionato da dove avesse passato gli ultimi quattro anni. Infondo nell’ospedale quello che contava sul serio era una mente allenata e mani che si impratichivano esercitando la professione. Forse per la prima volta la bella dalla chioma blu si era sentita apprezzata dopo il suo ritorno, soprattutto per lo scambio di conoscenze su alcune erbe che aveva avuto modo di studiare fuori dai confini del villaggio. La notizia quindi l’aveva destabilizzata, ma dopo i primi attimi di tentennamento riuscì immediatamente a ritrovare la lucidità necessaria per prendere in mano le redini della situazione. Quelle che avevano tra le mani erano vite umane e non oggetti, il tempo determinava il gioco delle probabilità di sopravvivenza.

- Va bene - intervenne fissando dritta negli occhi l’altra, carica di determinazione - Sei in grado di farmi il quadro generale della situazione?

Fortunatamente l’impiegata sembrò essere all’altezza delle sue responsabilità, forse proprio il grado di anzianità giocava a suo favore. Questo evitò al ninja la ricerca di un altro collaboratore e allo stesso tempo l'aiutò farsi un’idea più dettagliata. A quanto pareva il reparto era in sovraccarico ed i medici senza la consultazione del primario responsabile della sua area facevano il loro lavoro, ma non agivano al massimo delle loro potenzialità per paura di prendersi a carico la responsabilità di qualche errore fatale. L’eccessivo numero dei pazienti aveva condotto al richiamo di altri professionisti nei vari reparti, dove i feriti e gli ammalati in quel momento erano in un numero contenuto. Questo equilibrava le cose ma chi esercitava la professione da anni in determinati settori si sentiva un tantino perso in quell’ambito. Considerando poi che nessuno aveva mai visto ustioni così gravi dovute alle terme, facevano del loro meglio per prevenire il peggio ma a detta dell’infermiera non abbastanza. C’erano casi che dovevano essere operati d’urgenza ma ognuno delegava un altro, finendo per vie burocratiche lunghissime. La questione lasciò a bocca aperta la diciassettenne, abituata da anni a lavorare in solitaria; adesso si rendeva conto di quanto però fosse necessario un punto d’incontro per poter intervenire su più vittime possibili.

- Hai modo di radunare tutta l’équipe medica disponibile? Io intanto mi preparo velocemente - concluse lei infine dopo aver prelevato dalla quarantenne tutte le informazioni utili.

Raggiunse uno stanzino vicino, poggiando quello che aveva a ridosso di uno scaffale. Capiva perfettamente che le ferite da ustione erano anche le più delicate, soprattutto perché il rischio d’infezione era piuttosto alto già dal secondo grado. Le vescicole dovevano rimanere intatte per un’analisi più attenta nei giorni a seguire, finché il liquido contenuto al loro interno non si fosse riassorbito. Per quelle dove la necrosi invece fosse evidente avrebbero dovuto intervenire chirurgicamente, eliminando lo strato in eccesso, rinfrescando il corpo con dell’acqua fresca dai dieci ai venticinque gradi, ma senza scendere troppo di temperatura, in modo da non far finire il paziente in ipotermia. Ma queste infondo erano le basi e in cuor suo la giovane sperava che fossero già state applicate. La parte più complicata rimanevano proprio le operazioni e la forza di volontà dell’ustionato nel volersi aggrappare alla vita. Purtroppo il buon successo di un intervento non era determinato solo dalle mani di chi ci si applicava, ma anche da colui che si trovava sotto i ferri, che a volte non sopportando più il dolore si lasciava abbindolare dalla Dea Nera. Lanciando qualche occhiata al materiale in suo possesso, estrasse un rotolo posizionato al suo fianco. Con i dovuti sigilli ne estrasse un kimono comodo e pulito realizzato per l’occasione. Non aveva benché minima intenzione di muoversi con un camice che sapeva tanto d’importante, né tantomeno di mettersi dei calzari scomodi che le avrebbero rallentato i movimenti. La stoffa era bianca e dei bordini rossi davano l’apparenza di una vera e propria divisa. Prese con se solo la mascherina per il volto, la cuffietta per i capelli e i rispettivi guanti, tutto accuratamente sigillato. In pochi minuti era già pronta e si diresse a passo deciso verso l’uscita. Colse immediatamente la stanza dove la bionda aveva portato tutti, perché il fluire di gente ancora si andava susseguendo. Una volta raggiunto il luogo dell’incontro, non esitò a prendere un posto al capo della sala, dove fosse ben in vista. Solitamente non amava posizioni di spicco ma quando in mezzo c’erano delle vite i suoi timori non rivolgevano la loro attenzione verso altro.

- Salve a tutti... so che non è il momento migliore per le presentazioni ma mi chiamo Chiaki Hyuga - esordì lei rivolgendosi alla platea - Oggi è il mio primo giorno, ma se non chiedo troppo mi farebbe comodo uno schema generale dei pazienti, delle loro lesioni e di chi deve essere operato d’urgenza.

Il vociferare si fece persistente ma nessuno osò rivolgersi direttamente a lei, quasi la stessero già giudicando ancor prima di conoscerla. Sapeva perfettamente d’essere nuova in quel posto, ma non per questo meritava d’essere ignorata quando in ballo c’era qualcosa di così importante.

- Forse non sono stata chiara, ma non stiamo giocando con la vita della gente. Qualcuno si degna a rispondermi? - domandò con più freddezza di quanto avesse mai fatto in vita sua.

L’infermiera che l’aveva accolta nel reparto si fece immediatamente avanti, consegnandole alcune cartelle reperite nello studio principale. Silenziosamente la kunoichi passò in rassegna di ogni individuo scorrendo ogni foglio esplicativo della sua patologia. Alcuni dei presenti, scocciati già dalla sua presenza, iniziarono ad abbandonare il posto, tornando a fare quello che loro reputavano più giusto. Se non volevano collaborare seguendo un itinerario specifico non poteva certo costringerli. Non ci mise molto ad intercettare i due stranieri maggiormente colpiti, la loro convalescenza era già stata data per terminata viste le ustioni riportate.

- Hideo Ryusaki, il suo intervento deve essere fatto nell’immediato. Mi occorrono almeno due medici e cinque infermieri che sappiano utilizzare il chakra. C’è qualcuno tra di voi che si mette a disposizione? - domandò con serietà la fanciulla, passando in rassegna di ogni volto.

L’unica che alzò la mano nell’immediato fu colei che le aveva dato l’accoglienza, poi a seguire arrivarono le sue colleghe. Quello che mancavano erano i due medici: un’operazione di tale calibro non sarebbe potuta essere eseguita da un’unica figura medica. E se le energie fossero finite nel momento più delicato? O se qualcosa fosse andato storto? Prendendosi di coraggio anche un giovane della stessa età della ragazza alzò il braccio in segno d’approvazione, seguito da un uomo più anziano che lo scrutava da lontano. Il medico annuì con convinzione, prima di passare tra i colleghi ed uscire dalla stanza. I suoi occhi erano fissi sul foglio mentre rifletteva, studiando minuziosamente ogni terapia assunta, a cosa fosse allergico e quale potesse essere la manovra migliore per intervenire. Per una volta non si perse ma riuscì a trovare il numero esatto della stanza senza problemi, probabilmente aiutata anche dall’andamento lineare del conteggio.

- Sai già come muoverti? - la affiancò il coetaneo, non appena lei si fermò per aprire la camera.

- Io so sempre quello che faccio, il problema è come reagirà lui alla nostra azione invasiva - disse lei meravigliandosi del suo stesso autocontrollo - Ed invece tu hai pensato ad un piano B?

A quella domanda lui rimase in silenzio, non sbilanciandosi sull’effettivo suo pensiero. Si vedeva che era alle prime armi e forse proprio la situazione che stava vivendo lì dentro gli aveva fatto decidere per una volta una strada alternativa. L’altro lo continuava ad osservare da lontano in silenzio e con un certo distacco, e questo non sfuggì minimamente alla diciassettenne. Una volta varcata la soglia il gruppo si immerse in un ambiente totalmente sterile e ben illuminato. Ognuno di loro si sistemò il relativo equipaggiamento, facendo particolare attenzione che nulla rimanesse fuori posto. Il corpo praticamente pallido dello schedato si trovava su di un letto con tutti i relativi monitor attaccati per supervisionare le funzioni vitali. La pelle nel punto della ferita non esisteva più, era rimasto solo il derma completamente bianco. La stanza non era molto grande, si vedeva che era organizzata per ospitare casi particolari. Dopo aver spostato in un angolo tutto ciò che poteva intralciarla la fanciulla iniziò a disegnare con il proprio sangue dei sigilli al suolo, creando un‘enorme spirale che si diramava su ben cinque punti diversi.

- Datemi una mano a portare il paziente al centro con la barella pieghevole, e gli infermieri si dispongano nelle cinque ramificazioni del segno, da lì dovrete convogliare il chakra al suo interno quando ve lo dirò io - il metodo non era tra il più convenzionale ma tutti sembrarono impressionati da quell’iniziativa.

Una volta eseguite le direttive, ognuno di loro prese la sua postazione. I due dottori affiancarono il jonin al centro, anche se rimanere in ginocchio non era proprio la cosa più comoda, soprattutto per l’uomo di una certa età. Fortunatamente delle coperte, accuratamente sistemate negli spazi liberi del sigillo, attutirono la sofferenza. Una volta allontanato il lenzuolo, Chiaki poté notare come il corpo fosse completamente ricoperto di ustioni, persino sul viso l’unico spazio lasciato libero furono le narici in cui respirava a fatica nonostante l’aiuto del macchinario predisposto. Le ritornò in mente il documento clinico in cui veniva sottolineato uno svenimento per il dolore, direttamente nell’acqua termale. Se il suo stato era così grave probabilmente il motivo era proprio questo: nessuno si era immediatamente accorto della sua perdita di coscienza e questo lo aveva portato a rimanere diversi minuti in acqua bollendo vivo. Ma come la temperatura si era alzata così tanto in quella maniera? Quale era stata la causa principale? Dovette bloccare le sue riflessioni per l’ennesima volta, prima di mettere mano su quel corpo. La frequenza cardiaca era bassissima come anche quella respiratoria. Per quanto sarebbe riuscito a resistere dopo il trasporto che aveva dovuto subire? Le cicatrici sarebbero comunque rimaste, per quelle avrebbero potuto pensarci solo i genetisti più preparati sicuramente nello studio cellulare e dei geni. Immettere un corpo estraneo in un soggetto era un rischio perché poteva creare un rigetto, non ne conosceva tutte le sfumature ma qualcosa aveva avuto modo di leggere a tal proposito.

- La ricostruzione sarà dolorosa, ma vedo che il paziente è già stato messo in coma farmacologico. Questo faciliterà le cose... - commentò lei posizionandosi con le mani davanti.

Ripristinare i tessuti in tale profondità non sarebbe stato una cosa da poco. Ognuno si era preso a carico una parte del corpo divisa in tre sezioni uguali. Lei avrebbe pensato alla testa, quella più delicata e complicata. Il suo vantaggio risiedeva proprio nel Byakugan che le dava modo di guardare più in profondità. Il chakra messo a disposizione dagli altri dipendenti in circolo aiutava l’accelerazione del processo rigenerativo, ma nonostante tutto sembrava non bastare mai. Prima furono minuti, poi questi divennero ore... vide il giovane al suo fianco parecchio affaticato dall’emanazione di chakra azzurro.

- Com’è che ti chiami? - chiese intavolando un discorso il ninja.

- Eijiro - rispose lui, annaspando a corto di fiato, con la fronte lucida.

- Eijiro-san, credi di potercela fare per un altro po’? - domandò lei preoccupata dal suo malessere.

- Penso proprio di sì - continuò lui concentrandosi sul suo obiettivo - Non posso permettermi figuracce davanti a mio padre.

Adesso capiva tutto sul perché entrambi avessero preso parte alla sua iniziativa. Probabilmente il giovane dottore voleva dimostrare le sue reali capacità davanti al medico più attempato, che nonostante l’età rimaneva impassibile davanti allo spreco d’energie che stava avendo. Le sue doti dovevano essere encomiabili, ma perché non era lui responsabile del reparto? Forse per via dell’età di servizio troppo avanzata? Le era stato riferito che ultimamente l’ospedale aveva chiesto maggior personale, anche solo per quello accaduto nella residenza Hyuga. Che lui facesse parte di quel gruppo di persone? Non rivolse più parola agli altri, affaticata anche lei dal grave compito e dall’attenzione minuziosa con cui doveva applicarsi. Erano passate quasi quattro ore quando finalmente dichiararono concluso l’intervento. Chiaki si allungò al suolo esausta, mentre il ragazzo rischiò di svenire per essersi rialzato troppo in fretta. Suo padre dal canto suo attese pazientemente che qualcuno lo aiutasse a prendere una posizione eretta, piuttosto dolorante dagli acciacchi del tempo.

- Sembra che tutto sia andato bene... potremmo diminuire le quantità di morfina così che possa risvegliarsi in questi giorni - commentò lei rilassata e solare.

In quel preciso istante un’ombra varcò la porta in cui erano stati confinati fino a quel momento. Una figura maschile con il camice completamente pulito entrò serioso, scrutando tutti i presenti visibilmente distrutti.

- Un po’ di compostezza in questa stanza, rimettete a posto tutto - disse autoritario il nuovo giunto - Avete cinque minuti di tempo per rendervi presentabili e reperibili. Il lavoro è ancora tanto e la giornata è solo all’inizio.

Tutti scattarono in piedi, lasciando allibita la giovane. Chi era quell’essere diabolico che con un singolo comando metteva ogni singolo individuo in riga? La stanza tornò in ordine in pochissimo tempo, lasciando di stucco per l’ennesima volta la kunoichi che iniziò a realizzare le sue prime teorie. Sembrava essere stato usato un justu, per quanto erano stati rapidi ed impeccabili i suoi sottoposti. Quando rimasero da soli, la loro interazione fu breve ma molto significativa.

- Chiaki Hyuga, sei ufficialmente in prova - esordì lui pieno di sé - E adesso alza anche tu i tac... quei piedi sporchi e vai ad aiutare i tuoi colleghi in difficoltà.

Non lo disse con cattiveria, ma il suo modo di fare lasciava esattamente senza parole. Tutto avrebbe pensato tranne che il suo corrispondente avesse poco più di lei ed esteticamente fosse così avvenente. Possibile che già avesse raggiunto vette tanto elevate? Annuendo esterrefatta la bella dalla chioma blu si rialzò, dandosi una sistemata e proprio come gli era stato ordinato si allontanò dalla sua presenza.

Come nelle sessioni precedenti ho voluto sviluppare un po' il cambio progressivo che sta vivendo il mio PG; il master mi ha dato parecchi spunti su cui lavorare. In realtà la parte effettiva da valutare è l'Atto III, che rappresenterebbe una specie di Allenamento Medico se vogliamo chiamarlo così nel mondo di Naruto. ^-^

 
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view post Posted on 20/7/2017, 10:15     +1   -1
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Bene così, +1000 px e sessione convalidata. Belli gli spunti per il bg, con una storia così articolata sarebbe uno spreco non approfittarne. Qualcosa mi dice che rivedremo il dottorino stronzo presto o tardi...
Buon proseguimento ^^
 
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1 replies since 18/7/2017, 13:23   209 views
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